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Alberto Crielesi

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Alberto Crielesi: Storico dell’Arte e Archivista, Autore di libri e di articoli su varie riviste. Consulente storicoartistico in importanti restauri da parte di Sovrintendenze, Enti, Comuni, come: Rocca di Papa: S. Maria di Palazzolo; Albano: Palazzo Lercari, Casino Capizucchi Rospigliosi; Mandela: S.Vincenzo Ferrer; Licenza: S. Maria Immacolata (Chiesa Vecchia); Ciciliano: S. Maria Assunta; Roiate: S. Tommaso Apostolo; Vicovaro: S. Cosimato, Cappella di S. Giacomo; Velletri: S. Antonio Abate, S. Francesco; etc.Conservatore di Archivi e Beni storico-artistici di Enti pubblici e religiosi. Docente per varie istituzioni culturali italiane ed estere, tra cui il Pontificio Antonianum di Roma. Ispettore Onorario per decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali dal 2003. Collabora alla Strenna dei Romanisti. È membro del Gruppo dei Romanisti dal 2007.

Alberto CRIELESI: Historic of Art and Archivist, Author of books and articles on various magazines. Artistic consultant in important restorations by Superintendencies, Cultural Institutions, Municipalities, such as Rocca di Papa: S.Maria di Palazzolo; Albano: Palazzo Lercari, Casino Capizucchi Rospigliosi; Mandela: S. Vincenzo Ferrer; Licenza: St. Maria Immacolata (Old Church); Ciciliano: St. Maria Assunta; Roiate: S.Tommaso Apostolo; Vicovaro: S. Cosimato: Cappella di San Giacomo; Velletri: S. Antonio Abate, S. Francesco, etc. Conservative of Archives and of the Historical-Arts Heritage of Public and Religious Bodies. Teacher for various Italian and foreign cultural institutions, including the Pontifical Antonianum of Rome. Honorary Inspector by decree of the “Ministero dei Beni e delle Attività Culturali” since 2003. Collaborates to the Strenna of Romanists.He has been a member of the Romanist Group since 2007.

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Papers by Alberto Crielesi

Giuseppe Troys y Barba. Scultore, cospiratore, affarista e quant'altro (da Strenna dei Romanisti 2023)

A chi diletta il girovagare per il centro storico di Roma suggerisco una pausa: soffermarsi per u... more A chi diletta il girovagare per il centro storico di Roma suggerisco una pausa: soffermarsi per un attimo nell'atrio di S. Eustachio a Roma. Rimarrà incuriosito della presenza, in sì breve spazio, di memorie, accomunate come in un salotto letterario, d'importanti personalità della Roma ottocentesca. A destra dell'ingresso, noterà quella di Filippo Maria Renazzi, storico dello Studium Urbis (1898); del 昀椀lologo Gian Francesco Cecilia (1787-1839) e, vicino all'edicola con la Vergine col Bambino, incorniciata da festosi angioletti in marmo, quella di Michelangelo Mondani, studioso e viaggiatore (1815). A sinistra, invece, il marmo del medico e poeta Filippo Chiappini (1836-1905) sormontato da un ritratto a medaglione, e, in basso, il cenota昀椀o di Giovanni Giraud col busto dello stesso. Indugio, perdonatemi, su quest'ultimo. Ebbene, è opera dello scultore Giuseppe Barba, personaggio sbrigliato e pronto a tutte le avventure, e pressoché dimenticato, che, al paro del destinatario del cenota昀椀o, ossia il Giraud, ricalcò un modello di vita fatto di arte, di ribellione e sregolatezza, rasentando, nelle vesti di spigliato uomo d'affari, il limite della legalità delle cose. È una stele anticheggiante, con un prominente timpano centinato e decorato da una corona lemniscata. Il busto, inserito frontalmente entro una nicchia tonda, ha il volto incorniciato da una zazzera 1. G. bArbA. Cenota昀椀o di Giovanni Giraud (1839-1841), marmo, Roma, portico della Basilica di S. Eustachio.

Grand Tour: il caso della Pensione Rinaldi in Ariccia (da Strenna dei Romanisti 2024)

Nella storia del Grand Tour è risaputa la stretta relazione che legò Roma ai Colli Albani: tant'è... more Nella storia del Grand Tour è risaputa la stretta relazione che legò Roma ai Colli Albani: tant'è che i suoi paesi furono, oltre che meta di escursioni, anche luoghi di soggiorno, più o meno lungo, per i visitatori d'Oltralpe in visita nella Città Eterna. E Ariccia fu tra i preferiti, anche se lo sforzo dei tanti studiosi si è incentrato prevalentemente su un'unica struttura ricettiva, la locanda Martorelli 1 , tanto da farne un polo irradiante cultura ed arte. Sarà in parte vero, ma ciò ha messo in ombra altre realtà analoghe preesistenti, compresi i tanti ospiti che vi soggiornarono riconducibili, in gran parte, proprio nell'orbita del Grand Tour e tutti di provenienza soprattutto nordica. Tra le realtà ignorate figurano la Pensione Rinaldi e la sua conduttrice, la signora Marianna, che svolse, con impeccabile dedizione, il compito di locandiera (e non solo) precorrendo, in sostanza, l'istituzione del più noto albergo sulla piazza, tenuto da Antonio Martorelli ed entrato nel novero delle locande vere e proprie solo dopo il 1826.

Palazzo Corsini Dai Borboni di Spagna e di Napoli ai Feoli ( da Dimore Storiche di Albano)

Iniziando il percorso per il Borgo della Stella (odierno Borgo Garibaldi), dopo il Teatro Alba Ra... more Iniziando il percorso per il Borgo della Stella (odierno Borgo Garibaldi), dopo il Teatro Alba Radians (sorto sullo spazio dell'ex Casino Poniatowski), giungiamo in questo Palazzo che, se all'esterno sembra immutato dall'epoca della sua creazione, non così ci apparirà negli interni, completamente sconvolti dalle traversie del tempo, frutto di una lunga serie di vicende storiche. L'ingresso è composto di un bel portale in travertino fiancheggiato da colonne tuscaniche, sostenenti un balcone balaustrato che immette in un androne: da qui si ha l'accesso ai piani superiori e la visione obbligata del parco sottostante che inizia dalla vasta terrazza ad emiciclo in cui è inserita una fontana fiancheggiata da due bei leoni in marmo. Anche l'area del giardino, se si confronta con la mappa del Piani (1817-1818)-la più vicina cronologicamente all'epoca della sua realizzazione-rivela di aver subìto varie restrizioni e rimaneggiamenti, sino all'attuale e triste stato d'abbandono. L'unica parte ancora ben leggibile ed analizzabile rimane, dunque, la facciata prospiciente la strada che nella sua schiettezza di linee, interrotta solo dalla sporgente presenza del portale d'ingresso e dai timpani delle finestre del piano nobile con moduli decorativi d'impronta borrominiana, crea un effetto d'insieme d'estrema semplicità ed eleganza. Unico punto discorde, un ridondante stemma con baldacchino e manto d'ermellino, tutto in travertino, scalpellato: suggello dell'origine regale del Palazzo e delle sue vicende. Orbene, anche se il monumento giuntoci è, come vedremo, settecentesco, l'origine di tutto il complesso risale, invece, alla fine del Cinquecento, quando-come modesto edificio con corte-era di pertinenza di Ludovico (†1594) del fu Pietro Aquilani. Conservatore di Roma e Cavaliere di S. Stefano, l'Aquilani apparteneva ad una nobile famiglia di mercanti di origine pisana trapiantata in Roma, 1 così come ricorda l'Amayden: "vennero [...] in Roma modernamente mercanti Pisani; conforme la permissione di quella Repubblica lasciarono il negozio, e Albano, esterno dell'ex Palazzo Corsini. Cartolina d'epoca.

Alcune opere inedite di Lorenzo Ottoni e di Felice Festa (da Albano Dimenticata)

Soffermiamoci un attimo nella Piazza, Pia per intenderci; la sua creazione risale alla prima metà... more Soffermiamoci un attimo nella Piazza, Pia per intenderci; la sua creazione risale alla prima metà del Seicento da parte dei Savelli che per realizzarla si disfecero di una loro vigna qui piantata ai bordi della proprietà Barberini; nacque sicuramente in concomitanza del convento delle "Farnesiane", un lungo fabbricato con annessa chiesetta, che venne a completare-col vecchio Palazzo Adami (Serlupi), la fiancata destra del Duomo, e, verso "Le Grazie", una schiera di case di notabili-le sue quinte; si chiamò allora "Piazza di S. Pancrazio", o "piazza avanti il monastero nuovo che prima era vigna della corte", poi, sempre in riferimento al convento, "Prato, o Campo delle Monache". Riguardo a questo convento, che ne occupa tutto il lato a nord, l'aveva caldamente voluto Caterina Savelli, moglie di Paolo, primo principe di Albano. Personaggio munifico e pio, Caterina: poco prima del 1611 aveva fatto decorare con immagini e stucchi una cappella nel Duomo dedicandola ai SS Antonio e Martino, divenendo così di giuspatronato dei Savelli. Aveva, quindi, continuato i programmi di sua madre Artemisia inerenti a S. Pietro: tant'è che a lei sono da attribuire i lavori di restauro dell'intera chiesa iniziati nel 1579 e lasciati insoluti con la morte del Cardinal Giacomo. In seguito, aveva voluto costruire dalle fondamenta questo convento, dedicandolo alla Ss. Immacolata Concezione, da affidare ad una comunità 351 Albano dimenticata Albano. Il Convento delle Farnesiane a Piazza Pia. A sinistra la chiesetta della Concezione.

Una Cappella nella quiete: l'ultima impresa castellana dei Barberini (dalla Strenna dei Romanisti 2022)

già amena e decantata strada alberata che da Castel Gandolfo conduce ai Cappuccini di Albano-si p... more già amena e decantata strada alberata che da Castel Gandolfo conduce ai Cappuccini di Albano-si può notare, poco oltre i Riformati (attuale Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide), una cancellata che chiude uno spazio reso impenetrabile a qualunque sguardo: era l'unico accesso per una striscia di terreno che, come la "terra di nessuno", segna il confine tra il territorio della Santa Sede e quello italiano. Così, per potervi accedere, dobbiamo entrare nella proprietà di Propaganda Fide, inoltrarci in un uliveto e giungere in quell'esiguo spazio. Qui si erge una cappella neogotica a pianta quadrata col fascino di chiesetta da fiaba, con tre monofore e sovrastanti rosoni per lato, e il prospetto rivolto a ovest, verso il mare; sull'architrave dell'ingresso, sotto il lunettone con lo stemma dei Barberini in maiolica, alla maniera robbiana, corre, in caratteri gotici, la data della sua edificazione, il 1881: A(Anno)D(Domini) MDCCCLXXXI. Certo, un'opera così, in quest'angolo dei Colli Albani, appare un elemento completamente estraneo a tutto il contesto fatto di antichità e di verde, ma ciò non toglie che attrae egualmente l'attenzione al punto di spingerci a ricostruirne la storia. Così, prima

Il Casino di Flaminia Pamphilij Principessa di Venafro (della Prelatura) sulla “strada di S. Martino”. (da Albano Dimenticata)

Percorrendo l'attuale Via Cavour ad Albano mi ha sempre intrigato la presenza di quel grosso fabb... more Percorrendo l'attuale Via Cavour ad Albano mi ha sempre intrigato la presenza di quel grosso fabbricato antistante l'ex cinema, ossia il Palazzo della Prelatura. Lo ricordo sempre austero e distaccato, quasi avulso dal resto dell'abitato, l'unica nota goffa era un ... busto di Mazzini tinto di porporina che s'intravedeva in un angolo del tenebroso pianoterra adibito a sezione di partito: la possente volta a botte che copriva l'intero vano denunciava in primo acchito già le remote origini dello stabile ricollegabili a parecchi secoli addietro. La mole dell'edificio s'innalza per due piani, con la facciata ritmata da una trentina di finestre, di cui, quelle alle estremità del piano nobile, veramente leziose per via dei graziosi balconcini in ferro su mensole di marmo bianco: una nota, se volete, di frivolezza in tanta parsimonia architettonica. Sopra il portone d'ingresso spicca lo stemma dei principi Doria con la loro aquila coronata; già, perché questo stabile, con tutto il terreno antistante di là della strada, fu proprietà, sino all'anteguerra, di questa nobile famiglia, anzi per l'esattezza della Prelatura Doria Pamphilj Pallavicini. Tracciare le vicende di questo Palazzo è, quindi, rincorrere a ritroso la storia di questa istituzione che risale alla fine del secolo XVII e che finì, per questioni ereditarie, a far parte dei beni inalienabili di Casa Doria. Ebbene questo beneficio della Prelatura lo dobbiamo alla Principessa di Venafro, Donna Flaminia Pamphilj (Roma 1651 † 1709), figlia del Principe Camillo, nipote di Innocenzo X, e di Donna Olimpia Aldobrandini, la Principessa di Rossano. Questa nobildonna seguendo l'esempio del fratello Giovan Battista (1690), il quale costruì i due Casini Facchinetti alla Stella, 1 ed anticipando di qualche anno, l'altro, il Cardinal Benedetto (1707), 2 che innalzò l'omonimo Palazzo a San Paolo, volle avere uno stabile "di diporto", tutto suo, nella nostra cittadina, il che avvenne il 28 luglio 1697, comprando da Antonio Cerri con "Istrumento rogato dall'allora Olivieri, poi Fratocchi, Not. Capitolino" un preesistente edificio ed annessi giardini per la somma complessiva di 6300 scudi, così definito nell'atto: 3 "Casino palatiato (sic) con pian terreno consistente in due appartamenti con doi fontane nel cortile, Stalla con otto posti da cavalli, e rimesse, e con tutti li comodi necessari per la Villeggiatura, posto nel Borgo di S. Ambrogio appresso li Beni di Giovanni Chiarini verso San Pancrazio, e di Prospero Silvestroni di sopra, e la strada pubblica". 4 Qui è da sottolineare che la predilezione dei Pamphilj per Albano fu analoga a quella che nutriva la gran parte delle grandi famiglie romane le quali, a partire dalla metà del Seicento, scelsero la nostra località per costruirvi i cosiddetti "casini di diporto", adibiti maggiormente alla villeggiatu

Il Casino e la Cona a Castel Gandolfo: dagli Odam ai Bompiani. Dalla Strenna dei Romanisti 2021

Tipografica Renzo Palozzi Via Capo d'Acqua, 22b-Marino (RM) Gli articoli proposti per la pubblica... more Tipografica Renzo Palozzi Via Capo d'Acqua, 22b-Marino (RM) Gli articoli proposti per la pubblicazione nella rivista sono sottoposti al parere vincolante del Comitato dei curatori. Si ringrazia la Fondazione Sorgente Group per aver sostenuto l'edizione 2021, la Fondazione Roma e la Fondazione Salvatore Rebecchini. Il Gruppo dei Romanisti ringrazia il Caffè Greco e l'Istituto Centrale per la Grafica per la costante collaborazione alle proprie attività.

Alberto Ziveri a Vicovaro nei miei ricordi. Da Lazio Ieri e Oggi.

Gli inediti del Carimini - Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano: Da Albano Dimenticata

Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano Chi entra nella cattedrale di Albano, a sini... more Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano Chi entra nella cattedrale di Albano, a sinistra, nei primi pilastri che dividono la navata centrale da quella laterale, noterà sicuramente due splendide memorie marmoree, rispettivamente dedicate, una a Francesco Ciocca, e l'altra, di fronte, al figlio Luigi. Eccezionali monumenti veramente nella loro esecuzione, che maggiormente emergono per il loro nitore quando, ai primi barlumi del giorno o al crepuscolo della sera, la luce che piove dai finestroni della navata li invade di striscio, cosicché i volti dei Ciocca, sporti in fuori dai clipei, sembrano ancor più esprimersi in reconditi linguaggi... Già, i Ciocca, solerti personaggi di un'Albano ottocentesca di cui si erano perse da decenni le tracce, un mondo che la coltre del tempo aveva messo a tacere. Così il ricordo di questa famiglia, qui, rimaneva legato soltanto ad un vasto isolato tra il Corso Matteotti e la retrostante Via S. Ambrogio, composto da un semplice caseggiato e, collegato da un arcone, dall'elegante palazzetto vero e proprio con la facciata principale prospiciente il Corso e l'ingresso corrispondente all'odierno numero civico 197. Mi è molto caro questo palazzetto sul Corso, appartenuto ai Ciocca: ripulito ultimamente, anche se ha acquistato un pò più di nettezza, ha però sicuramente perduto anche quella patina del tempo che gli dava un alone di chissà quale mistero... Chi scrive vi ha abitato per una quindicina di anni tant'è che abbondano nelle mente molti dettagli e ricordi personali: così, varcato il portone, si entrava in un corridoio con volta a botte, con in fondo un magazzino eternamente chiuso; a sinistra di questo iniziavano le scale, superati due pianerottoli per i piani nobili, l'ultima rampa ci portava all'attico, o se volete mansarda, con luminose finestre comunicanti con uno stretto ballatoio corrente, a mo' di cornice, per l'intera facciata a strapiombo sul Corso. E la visuale che si godeva da quella ringhiera compensava l'ardua ascesa e la penuria dei vani: là affacciati, si spaziava su tutto, sia verso Roma, sia verso Ariccia, per non dire poi nel lato del mare: spettacolo a dir poco meraviglioso, con le sue tinte forti al tramonto per quel rosso "incendiario" frequente qui ad Albano... Dunque, questo è il palazzetto dei Ciocca, stabile, segnato già nel Catasto Gregoriano del 1816-1819 con la part. 546, come proprietà di certi "conti Donati di Roma", e tenuto in enfiteusi perpetua dal possidente Pietro Giorni fu Emiliano; 1 e proprio da quest'ultimo, poco prima della morte († 1845), l'aveva rilevato Francesco Ciocca dandogli l'aspetto attuale, tant'è che nel 1855, divenuto, come ricordano due targhe marmoree tuttora in loco, "libera proprietà di Francesco Ciocca", fu elevato a residenza ufficiale della famiglia e a sede del frequentatissimo "Officio postale e diligenze" di Albano. 2 Già, perché il Ciocca fu Maestro delle Poste Pontificie, e proprio in concomitanza della sua attività si scelse questo punto strategico di Albano per erigervi una residenza adeguata al suo rango e stabilirvi gli uffici e fondachi: al bordo dell'Appia, proprio allo sbocco della "Strada Napoletana Vecchia", ossia l'odierna Via Trilussa, e di fronte alla Locanda della Posta (poi Hotel d'Europe), ab antiquo stazione di posta per il cambio dei cavalli e alloggio occasionale per i viaggiatori.

Il Casino Lovatti. Da: "Le Dimore Storiche di Albano"

Pancrazio) ci colpisce maggiormente per quella curiosa altana a foggia di torre merlata che l'aff... more Pancrazio) ci colpisce maggiormente per quella curiosa altana a foggia di torre merlata che l'affianca; il progetto originale è da attribuire al fondatore della fortuna di famiglia, Francesco Antonio Lovatti, per poi essere realizzata, con varianti, dal figlio, l'architetto Matteo. Sino a qualche anno fa, il nome dei Lovatti rimaneva legato soltanto alle due opere più note di Matteo (quelle di Marino e di Velletri); mentre rimanevano oscuri gli altri membri di questa famiglia di capomastri ed imprenditori romani. D'origine settentrionale, i Lovatti rappresentano il tipico esempio di personaggi, in origine di non eccelso lignaggio, ascesi vorticosamente-in special modo sotto i pontificati di Gregorio XVI e Pio IX-ai più alti gradi della scala sociale ed economica della Città, ostentando munificenze e titoli nobiliari. Una "scalata", quella dei Lovatti, che ebbe, però, la durata solo di qualche generazione tant'è che, una decina d'anni dalla morte di Matteo (1860), iniziò il loro inesorabile declino economico che sarebbe culminato con l'alienazione di tutti i beni e con la minaccia, sempre più consistente, dell'estinzione del Casato. Già agli inizi del Novecento, del ramo romano dei Lovatti rimanevano solo alcuni esponenti: Giulia, sposata Prampero, figlia di Antonio ed unica della linea del Conte Clemente, e, come discendenti di Matteo, due apprezzati pittori, Augusto Alessandro (n. Roma 1852), e Matteo junior (n. Roma 1861). Con la morte di questi ultimi due-il primo a Capri (†1921), il secondo a Roma († post. 1911)-e non essendoci, quindi, eredi maschi, il ceppo romano dei Lovatti trovò il suo triste epilogo, anche se rimanevano fuori della nostra Regione, ma ancor per poco, la Contessa Giulia (†Udine 1929) e le due figlie del pittore Augusto, Elena e Adele, a Capri. Dei Lovatti incominciai ad interessarmi fortuitamente qualche decennio fa, con qualche ricerca e pubblicazione, poi fu determinante la "scoperta" della cappella gentilizia in S. Lorenzo in Lucina, in cui fan bella mostra gli stemmi del casato: le uniche superstiti testimonianze giunteci di quella grandezza raggiunta e poi svanita, e quasi a monito della fugacità delle cose. 1 Anche questo bel Palazzetto, a due passi dal Duomo, rimane la testimonianza più diretta di questo Casato. Da chiarire l'origine dell'edificio, che è molto più antica, essendo sorto sui resti di costruzioni precedenti abbattute successivamente; così, tracceremo la storia del primo nucleo del futuro Casino, partendo dal 1716, 18 aprile, quando un certo Carlo Ghezzi creò un censo annuo di scudi 1 e baiocchi 25-ossia ipotecò-a favore del Reverendo Capitolo dei Canonici della Cattedrale, una casa composta "di una stanza a tetto, e cantina posta in questa città nel borgo di S. Pancrazio a confine allora con i beni di

Johann Friedrich Overbeck... quella lettera dai Colli Albani...Da Albano Dimenticata

Ormai è noto-e questo senza offuscarne minimamente la consolidata fama d'ospitalità per artisti, ... more Ormai è noto-e questo senza offuscarne minimamente la consolidata fama d'ospitalità per artisti, esercitata per decenni-che il poeta e fiabista danese Hans Christian Andersen (1805-75) non soggiornò mai nella locanda Martorelli di Ariccia 1 : un perdonabile errore-dettato (sicuramente) dal suo eccesso d'amore-commise il poeta e romanista Vincenzo Misserville quando ratificò questa presenza, annoverandola sull'epigrafe fatta affiggere nel 1965 all'esterno dell'edificio. E questo vale anche per l'Infiorata della vicina Genzano che francamente Andersengiacché la sua presenza non coincise mai col Corpus Domini-non ebbe mai modo di vedere anche se, e questo riprendendo delle annotazioni tratte dai suoi Diari, la fa dettagliatamente descrivere dal suo Antonio nel L'Improvvisatore. Il novelliere danese era, per precisare, stato in Italia, quindi a Roma, ben quattro volte: la prima fu dall'ottobre del 1833 rimanendovi sino ai primi mesi dell'anno successivo; la seconda iniziò dal Natale del 1840 con un soggiorno che si protrasse per circa due mesi; quindi una terza scesa, nell'aprile del 1846; ed infine un'ultima presenza che va dall'aprile al maggio del 1861. In quei periodi di permanenza nel Bel Paese, l'esimio scrittore aveva visitato Roma e tutto il soave circondario: i Monti Sabini, Tivoli con le sue cascate e le sorgenti maleodoranti di zolfo, l'orrido di Olevano, l'irta Cervara nel sublacense ecc. ed ovviamente i nostri Colli Albani. Di tutte queste località si era goduto la bellezza e lo spirito: sensazioni, che da buon romantico qual era, avrebbe poi citato nei suoi romanzi a sfondo autobiografico (L'Improvvisatore, Il Bazar d'un poeta), menzionato sulle ripetute missive al suo immancabile amico e mecenate, J. Collin, e maggiormente annotato sui suoi inseparabili "Diari". E proprio su questi ultimi ad onor del vero, una-anche se brevissima-sosta nella nostra cittadina castellana è documentata: è quella del 25 ottobre del 1833, quando reduce di una rituale visita a Nemi insieme con i suoi amici, il poeta Bødtcher, i pittori Blunck, Fearnley, Küchler ed altri (Dinesen, Neergaard, Leth, Zeuthen), 2 ripassò a serata inoltrata, appunto, ad Ariccia, ove "...un italiano di bell ' aspetto ci ha invitati a cena, ma ci siamo limitati a bere del vino...", e quindi speditamente proseguire per una locanda di Albano già prenotata nella mattinata ove avrebbero cenato e pernottato "...abbiamo poi mangiato ad Albano, dove Bødtcher, Leth ed io abbiamo dormito in un unico letto...". 3 Un ostello quest'ultimo, a quanto pare, idoneo a tutti i ranghi sociali ed a tutte le tasche comprese quelle, non sempre floride, dei nostri romantici visitatori oltramontani. Quale sia stato il nome di questa pensione d'Albano in cui pernottò il drappello d'artisti danesi rimane per la verità ancora un dilemma: la Locanda Reale-nell'ex Palazzo Corsini, divenuta di Filippo Giorni (da qui Locanda Giorni) nel 167 F. OVERBECK, Ritratto di Vittoria Caldoni, (1821), olio su tela, eseguito per Ludwig di Baviera. Munich, Bayerische Staatsgemaldesammlungen.

Monumento funebre al Cardinal Ludovico Altieri: Ignazio Jacometti. Da “Le Memorie marmoree della Perinsigne Basilica di San Pancrazio di Albano”

La Locanda della Posta (poi Hotel d’Europe) Da Boguet a D’Annunzio e Trilussa. Da Dimore Storiche.

Di certo, il pittore francese Boguet, dal suo "belvedere" doveva godere delle visioni più belle c... more Di certo, il pittore francese Boguet, dal suo "belvedere" doveva godere delle visioni più belle che poteva offrire l'Albano dell'epoca: le pittoresche Terme di Cellomaio, il boschetto di Villa Doria, i resti di Castel Savello, l'allora desolata, ma solenne, landa della Campagna Romana, e poi il Mare con gli impareggiabili tramonti, ecc. Un paesaggio talmente vibrante di emozioni, che più di qualche volta lo volle immortalare nelle sue splendide opere. Lo percepiva da quel terrazzo pensile annesso al piano nobile di questa splendida casa, idilliaco asilo pure per i tanti amici artisti, suoi abituali ospiti in Albano. Ora sarà inutile cercare questa residenza che-alla luce dei documenti ritrovati dallo scriventealtro non era che l'Hotel d'Europe à la Poste, la vecchia Locanda della Posta. Sorgeva, difatti, sul Corso della cittadina, proprio all'incrocio con la "Via per Nettuno" (odierna Via Trilussa) raggiungendo con un braccio del fabbricato l'attuale Piazza A. Gramsci: per gli amanti della storia e dell'arte, o per gli occasionali visitatori di Albano in cerca di un buon albergo, al suo posto non troveranno che un anonimo condominio. Del vecchio stabile col suo terrazzo proiettato verso la Campagna ed il Mare nulla più rimane, l'ultima guerra l'aveva danneggiato a tal punto che sarà sembrata la più … incoraggiante ed economica delle soluzioni il distruggerlo completamente ed al suo posto ricostruirvi di sana pianta altri edifici. È andata, così, irrimediabilmente perduta l'attività alberghiera che vi si svolgeva da sempre, e secoli e secoli di storia. E non solo. Perché il vecchio Albergo-punto d'obbligo per la sosta delle diligenze e poi dei tramway che percorrevano la consolare Appia-vantava, nella secolare attività, d'aver ospitato nelle sue stanze oltre il Boguet, tante altre illustri personalità, artisti e principi, come rammentavano le numerose piccole lapidi apposte nell'atrio, che poi, con la solita incuria, andarono disperse proprio durante i lavori di demolizione dell'edificio. Albano, lo scomparso Albergo della Posta o Hotel d'Europe, cartolina d'epoca.

La Chiesetta del Buon Consiglio e la Villa Venosa, il Paradiso perduto. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

La Locanda di Emiliano a S. Rocco: Antonio Canova e Madame Récamier. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Il Casino Bartolini Giraud: la casa natia dei pittori Von (De) Blaas. Da Le Dimore Storiche di Albano

Questo stabile è stato già parzialmente descritto in un articolo del precedente volume, ma non di... more Questo stabile è stato già parzialmente descritto in un articolo del precedente volume, ma non dispiace aggiungere ulteriori note a quanto già trattato. 1 È il secondo edificio che incontriamo sulla via di San Paolo, a destra-appena incrociata Via Propaganda. Dai Bartolini ai Giraud Il Palazzetto odierno è una costruzione di tre piani, esteriormente senza particolari richiami architettonici e decorativi, lo contraddistingue, appena, l'ingresso, al civico 86, col suo arco ribassato in peperino. Il pesante portone di legno immette in un corridoio, da qui, in fondo, l'ingresso alla corte, ossia al giardino, che in passato si espandeva sino a Via dei Cappuccini, e, a destra, le scale per i livelli superiori. Incerto, per ora, chi fu il committente del primo nucleo di questo edificio, sappiamo con certezza che, nella metà del Seicento, al culmine di quell'urbanizzazione che coinvolse Albano da parte delle grandi famiglie romane, fu dei Bartolini, per l'esattezza di un Marco. 2 Questi aveva elevato a rispettosa residenza il precedente e più modesto caseggiato. I Bartolini lo detennero negli anni successivi, con un Francesco, 3 per giungere agli inizi del Settecento con un Paolo, titolare, per il Catasto dell'epoca (1715), di questa costruzione: "Ill.mo Sig. Paolo Bartolini, una Casa nella Strada di S. Paolo da essa parte confina con li Beni del Sig. Capitano Domenico Riccione, e dall'altra della Sig.ra Artemisia Donati". 4 E da Paolo, ma verosimilmente da un Antonio, figlio ed erede di Francesco Bartolini, il Casino fu venduto all'Abate Giovanni Dionigi Giraud, che lo permutò (1728) con la tenuta, Torretta in Secciano, in territorio di Castel Gandolfo (vedi Atti Lorenzini). 5 I Giraud erano una famiglia di banchieri originaria di Lione stabilitasi a Roma sullo scorcio del Albano, Via A. Saffi, veduta, secondo a destra, dell'ex Casino Giraud.

Il Cimitero della Stella e... le colonne di Vejo. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Cercatori di Dio, banditi ed illustri fuggiaschi nell’incanto di Palazzolo. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Cecchina: La cappella rurale di S. Antonio da Padova. da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Casino Della Porta, poi Gavotti-Verospi e Franz in Albano, Corso G. Matteotti e il “Fregio di Alessandro” del Thorvaldsen : da "Dimore Storiche"

Attiguo al palazzetto dei Lezzani, ma ancora più maestoso, è questo dei Gavotti-Verospi. Imponent... more Attiguo al palazzetto dei Lezzani, ma ancora più maestoso, è questo dei Gavotti-Verospi. Imponente l'androne e l'intero stabile, anche se manomesso nel rifacimento per i danni subiti dalla guerra, che portò, tra l'altro, alla scomparsa di quel fitto bugnato che lo caratterizzava nella bella facciata ed alla ... superfetazione di un piano.

Giuseppe Troys y Barba. Scultore, cospiratore, affarista e quant'altro (da Strenna dei Romanisti 2023)

A chi diletta il girovagare per il centro storico di Roma suggerisco una pausa: soffermarsi per u... more A chi diletta il girovagare per il centro storico di Roma suggerisco una pausa: soffermarsi per un attimo nell'atrio di S. Eustachio a Roma. Rimarrà incuriosito della presenza, in sì breve spazio, di memorie, accomunate come in un salotto letterario, d'importanti personalità della Roma ottocentesca. A destra dell'ingresso, noterà quella di Filippo Maria Renazzi, storico dello Studium Urbis (1898); del 昀椀lologo Gian Francesco Cecilia (1787-1839) e, vicino all'edicola con la Vergine col Bambino, incorniciata da festosi angioletti in marmo, quella di Michelangelo Mondani, studioso e viaggiatore (1815). A sinistra, invece, il marmo del medico e poeta Filippo Chiappini (1836-1905) sormontato da un ritratto a medaglione, e, in basso, il cenota昀椀o di Giovanni Giraud col busto dello stesso. Indugio, perdonatemi, su quest'ultimo. Ebbene, è opera dello scultore Giuseppe Barba, personaggio sbrigliato e pronto a tutte le avventure, e pressoché dimenticato, che, al paro del destinatario del cenota昀椀o, ossia il Giraud, ricalcò un modello di vita fatto di arte, di ribellione e sregolatezza, rasentando, nelle vesti di spigliato uomo d'affari, il limite della legalità delle cose. È una stele anticheggiante, con un prominente timpano centinato e decorato da una corona lemniscata. Il busto, inserito frontalmente entro una nicchia tonda, ha il volto incorniciato da una zazzera 1. G. bArbA. Cenota昀椀o di Giovanni Giraud (1839-1841), marmo, Roma, portico della Basilica di S. Eustachio.

Grand Tour: il caso della Pensione Rinaldi in Ariccia (da Strenna dei Romanisti 2024)

Nella storia del Grand Tour è risaputa la stretta relazione che legò Roma ai Colli Albani: tant'è... more Nella storia del Grand Tour è risaputa la stretta relazione che legò Roma ai Colli Albani: tant'è che i suoi paesi furono, oltre che meta di escursioni, anche luoghi di soggiorno, più o meno lungo, per i visitatori d'Oltralpe in visita nella Città Eterna. E Ariccia fu tra i preferiti, anche se lo sforzo dei tanti studiosi si è incentrato prevalentemente su un'unica struttura ricettiva, la locanda Martorelli 1 , tanto da farne un polo irradiante cultura ed arte. Sarà in parte vero, ma ciò ha messo in ombra altre realtà analoghe preesistenti, compresi i tanti ospiti che vi soggiornarono riconducibili, in gran parte, proprio nell'orbita del Grand Tour e tutti di provenienza soprattutto nordica. Tra le realtà ignorate figurano la Pensione Rinaldi e la sua conduttrice, la signora Marianna, che svolse, con impeccabile dedizione, il compito di locandiera (e non solo) precorrendo, in sostanza, l'istituzione del più noto albergo sulla piazza, tenuto da Antonio Martorelli ed entrato nel novero delle locande vere e proprie solo dopo il 1826.

Palazzo Corsini Dai Borboni di Spagna e di Napoli ai Feoli ( da Dimore Storiche di Albano)

Iniziando il percorso per il Borgo della Stella (odierno Borgo Garibaldi), dopo il Teatro Alba Ra... more Iniziando il percorso per il Borgo della Stella (odierno Borgo Garibaldi), dopo il Teatro Alba Radians (sorto sullo spazio dell'ex Casino Poniatowski), giungiamo in questo Palazzo che, se all'esterno sembra immutato dall'epoca della sua creazione, non così ci apparirà negli interni, completamente sconvolti dalle traversie del tempo, frutto di una lunga serie di vicende storiche. L'ingresso è composto di un bel portale in travertino fiancheggiato da colonne tuscaniche, sostenenti un balcone balaustrato che immette in un androne: da qui si ha l'accesso ai piani superiori e la visione obbligata del parco sottostante che inizia dalla vasta terrazza ad emiciclo in cui è inserita una fontana fiancheggiata da due bei leoni in marmo. Anche l'area del giardino, se si confronta con la mappa del Piani (1817-1818)-la più vicina cronologicamente all'epoca della sua realizzazione-rivela di aver subìto varie restrizioni e rimaneggiamenti, sino all'attuale e triste stato d'abbandono. L'unica parte ancora ben leggibile ed analizzabile rimane, dunque, la facciata prospiciente la strada che nella sua schiettezza di linee, interrotta solo dalla sporgente presenza del portale d'ingresso e dai timpani delle finestre del piano nobile con moduli decorativi d'impronta borrominiana, crea un effetto d'insieme d'estrema semplicità ed eleganza. Unico punto discorde, un ridondante stemma con baldacchino e manto d'ermellino, tutto in travertino, scalpellato: suggello dell'origine regale del Palazzo e delle sue vicende. Orbene, anche se il monumento giuntoci è, come vedremo, settecentesco, l'origine di tutto il complesso risale, invece, alla fine del Cinquecento, quando-come modesto edificio con corte-era di pertinenza di Ludovico (†1594) del fu Pietro Aquilani. Conservatore di Roma e Cavaliere di S. Stefano, l'Aquilani apparteneva ad una nobile famiglia di mercanti di origine pisana trapiantata in Roma, 1 così come ricorda l'Amayden: "vennero [...] in Roma modernamente mercanti Pisani; conforme la permissione di quella Repubblica lasciarono il negozio, e Albano, esterno dell'ex Palazzo Corsini. Cartolina d'epoca.

Alcune opere inedite di Lorenzo Ottoni e di Felice Festa (da Albano Dimenticata)

Soffermiamoci un attimo nella Piazza, Pia per intenderci; la sua creazione risale alla prima metà... more Soffermiamoci un attimo nella Piazza, Pia per intenderci; la sua creazione risale alla prima metà del Seicento da parte dei Savelli che per realizzarla si disfecero di una loro vigna qui piantata ai bordi della proprietà Barberini; nacque sicuramente in concomitanza del convento delle "Farnesiane", un lungo fabbricato con annessa chiesetta, che venne a completare-col vecchio Palazzo Adami (Serlupi), la fiancata destra del Duomo, e, verso "Le Grazie", una schiera di case di notabili-le sue quinte; si chiamò allora "Piazza di S. Pancrazio", o "piazza avanti il monastero nuovo che prima era vigna della corte", poi, sempre in riferimento al convento, "Prato, o Campo delle Monache". Riguardo a questo convento, che ne occupa tutto il lato a nord, l'aveva caldamente voluto Caterina Savelli, moglie di Paolo, primo principe di Albano. Personaggio munifico e pio, Caterina: poco prima del 1611 aveva fatto decorare con immagini e stucchi una cappella nel Duomo dedicandola ai SS Antonio e Martino, divenendo così di giuspatronato dei Savelli. Aveva, quindi, continuato i programmi di sua madre Artemisia inerenti a S. Pietro: tant'è che a lei sono da attribuire i lavori di restauro dell'intera chiesa iniziati nel 1579 e lasciati insoluti con la morte del Cardinal Giacomo. In seguito, aveva voluto costruire dalle fondamenta questo convento, dedicandolo alla Ss. Immacolata Concezione, da affidare ad una comunità 351 Albano dimenticata Albano. Il Convento delle Farnesiane a Piazza Pia. A sinistra la chiesetta della Concezione.

Una Cappella nella quiete: l'ultima impresa castellana dei Barberini (dalla Strenna dei Romanisti 2022)

già amena e decantata strada alberata che da Castel Gandolfo conduce ai Cappuccini di Albano-si p... more già amena e decantata strada alberata che da Castel Gandolfo conduce ai Cappuccini di Albano-si può notare, poco oltre i Riformati (attuale Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide), una cancellata che chiude uno spazio reso impenetrabile a qualunque sguardo: era l'unico accesso per una striscia di terreno che, come la "terra di nessuno", segna il confine tra il territorio della Santa Sede e quello italiano. Così, per potervi accedere, dobbiamo entrare nella proprietà di Propaganda Fide, inoltrarci in un uliveto e giungere in quell'esiguo spazio. Qui si erge una cappella neogotica a pianta quadrata col fascino di chiesetta da fiaba, con tre monofore e sovrastanti rosoni per lato, e il prospetto rivolto a ovest, verso il mare; sull'architrave dell'ingresso, sotto il lunettone con lo stemma dei Barberini in maiolica, alla maniera robbiana, corre, in caratteri gotici, la data della sua edificazione, il 1881: A(Anno)D(Domini) MDCCCLXXXI. Certo, un'opera così, in quest'angolo dei Colli Albani, appare un elemento completamente estraneo a tutto il contesto fatto di antichità e di verde, ma ciò non toglie che attrae egualmente l'attenzione al punto di spingerci a ricostruirne la storia. Così, prima

Il Casino di Flaminia Pamphilij Principessa di Venafro (della Prelatura) sulla “strada di S. Martino”. (da Albano Dimenticata)

Percorrendo l'attuale Via Cavour ad Albano mi ha sempre intrigato la presenza di quel grosso fabb... more Percorrendo l'attuale Via Cavour ad Albano mi ha sempre intrigato la presenza di quel grosso fabbricato antistante l'ex cinema, ossia il Palazzo della Prelatura. Lo ricordo sempre austero e distaccato, quasi avulso dal resto dell'abitato, l'unica nota goffa era un ... busto di Mazzini tinto di porporina che s'intravedeva in un angolo del tenebroso pianoterra adibito a sezione di partito: la possente volta a botte che copriva l'intero vano denunciava in primo acchito già le remote origini dello stabile ricollegabili a parecchi secoli addietro. La mole dell'edificio s'innalza per due piani, con la facciata ritmata da una trentina di finestre, di cui, quelle alle estremità del piano nobile, veramente leziose per via dei graziosi balconcini in ferro su mensole di marmo bianco: una nota, se volete, di frivolezza in tanta parsimonia architettonica. Sopra il portone d'ingresso spicca lo stemma dei principi Doria con la loro aquila coronata; già, perché questo stabile, con tutto il terreno antistante di là della strada, fu proprietà, sino all'anteguerra, di questa nobile famiglia, anzi per l'esattezza della Prelatura Doria Pamphilj Pallavicini. Tracciare le vicende di questo Palazzo è, quindi, rincorrere a ritroso la storia di questa istituzione che risale alla fine del secolo XVII e che finì, per questioni ereditarie, a far parte dei beni inalienabili di Casa Doria. Ebbene questo beneficio della Prelatura lo dobbiamo alla Principessa di Venafro, Donna Flaminia Pamphilj (Roma 1651 † 1709), figlia del Principe Camillo, nipote di Innocenzo X, e di Donna Olimpia Aldobrandini, la Principessa di Rossano. Questa nobildonna seguendo l'esempio del fratello Giovan Battista (1690), il quale costruì i due Casini Facchinetti alla Stella, 1 ed anticipando di qualche anno, l'altro, il Cardinal Benedetto (1707), 2 che innalzò l'omonimo Palazzo a San Paolo, volle avere uno stabile "di diporto", tutto suo, nella nostra cittadina, il che avvenne il 28 luglio 1697, comprando da Antonio Cerri con "Istrumento rogato dall'allora Olivieri, poi Fratocchi, Not. Capitolino" un preesistente edificio ed annessi giardini per la somma complessiva di 6300 scudi, così definito nell'atto: 3 "Casino palatiato (sic) con pian terreno consistente in due appartamenti con doi fontane nel cortile, Stalla con otto posti da cavalli, e rimesse, e con tutti li comodi necessari per la Villeggiatura, posto nel Borgo di S. Ambrogio appresso li Beni di Giovanni Chiarini verso San Pancrazio, e di Prospero Silvestroni di sopra, e la strada pubblica". 4 Qui è da sottolineare che la predilezione dei Pamphilj per Albano fu analoga a quella che nutriva la gran parte delle grandi famiglie romane le quali, a partire dalla metà del Seicento, scelsero la nostra località per costruirvi i cosiddetti "casini di diporto", adibiti maggiormente alla villeggiatu

Il Casino e la Cona a Castel Gandolfo: dagli Odam ai Bompiani. Dalla Strenna dei Romanisti 2021

Tipografica Renzo Palozzi Via Capo d'Acqua, 22b-Marino (RM) Gli articoli proposti per la pubblica... more Tipografica Renzo Palozzi Via Capo d'Acqua, 22b-Marino (RM) Gli articoli proposti per la pubblicazione nella rivista sono sottoposti al parere vincolante del Comitato dei curatori. Si ringrazia la Fondazione Sorgente Group per aver sostenuto l'edizione 2021, la Fondazione Roma e la Fondazione Salvatore Rebecchini. Il Gruppo dei Romanisti ringrazia il Caffè Greco e l'Istituto Centrale per la Grafica per la costante collaborazione alle proprie attività.

Alberto Ziveri a Vicovaro nei miei ricordi. Da Lazio Ieri e Oggi.

Gli inediti del Carimini - Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano: Da Albano Dimenticata

Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano Chi entra nella cattedrale di Albano, a sini... more Palazzo Ciocca e Luca Carimini (1830-1890) ad Albano Chi entra nella cattedrale di Albano, a sinistra, nei primi pilastri che dividono la navata centrale da quella laterale, noterà sicuramente due splendide memorie marmoree, rispettivamente dedicate, una a Francesco Ciocca, e l'altra, di fronte, al figlio Luigi. Eccezionali monumenti veramente nella loro esecuzione, che maggiormente emergono per il loro nitore quando, ai primi barlumi del giorno o al crepuscolo della sera, la luce che piove dai finestroni della navata li invade di striscio, cosicché i volti dei Ciocca, sporti in fuori dai clipei, sembrano ancor più esprimersi in reconditi linguaggi... Già, i Ciocca, solerti personaggi di un'Albano ottocentesca di cui si erano perse da decenni le tracce, un mondo che la coltre del tempo aveva messo a tacere. Così il ricordo di questa famiglia, qui, rimaneva legato soltanto ad un vasto isolato tra il Corso Matteotti e la retrostante Via S. Ambrogio, composto da un semplice caseggiato e, collegato da un arcone, dall'elegante palazzetto vero e proprio con la facciata principale prospiciente il Corso e l'ingresso corrispondente all'odierno numero civico 197. Mi è molto caro questo palazzetto sul Corso, appartenuto ai Ciocca: ripulito ultimamente, anche se ha acquistato un pò più di nettezza, ha però sicuramente perduto anche quella patina del tempo che gli dava un alone di chissà quale mistero... Chi scrive vi ha abitato per una quindicina di anni tant'è che abbondano nelle mente molti dettagli e ricordi personali: così, varcato il portone, si entrava in un corridoio con volta a botte, con in fondo un magazzino eternamente chiuso; a sinistra di questo iniziavano le scale, superati due pianerottoli per i piani nobili, l'ultima rampa ci portava all'attico, o se volete mansarda, con luminose finestre comunicanti con uno stretto ballatoio corrente, a mo' di cornice, per l'intera facciata a strapiombo sul Corso. E la visuale che si godeva da quella ringhiera compensava l'ardua ascesa e la penuria dei vani: là affacciati, si spaziava su tutto, sia verso Roma, sia verso Ariccia, per non dire poi nel lato del mare: spettacolo a dir poco meraviglioso, con le sue tinte forti al tramonto per quel rosso "incendiario" frequente qui ad Albano... Dunque, questo è il palazzetto dei Ciocca, stabile, segnato già nel Catasto Gregoriano del 1816-1819 con la part. 546, come proprietà di certi "conti Donati di Roma", e tenuto in enfiteusi perpetua dal possidente Pietro Giorni fu Emiliano; 1 e proprio da quest'ultimo, poco prima della morte († 1845), l'aveva rilevato Francesco Ciocca dandogli l'aspetto attuale, tant'è che nel 1855, divenuto, come ricordano due targhe marmoree tuttora in loco, "libera proprietà di Francesco Ciocca", fu elevato a residenza ufficiale della famiglia e a sede del frequentatissimo "Officio postale e diligenze" di Albano. 2 Già, perché il Ciocca fu Maestro delle Poste Pontificie, e proprio in concomitanza della sua attività si scelse questo punto strategico di Albano per erigervi una residenza adeguata al suo rango e stabilirvi gli uffici e fondachi: al bordo dell'Appia, proprio allo sbocco della "Strada Napoletana Vecchia", ossia l'odierna Via Trilussa, e di fronte alla Locanda della Posta (poi Hotel d'Europe), ab antiquo stazione di posta per il cambio dei cavalli e alloggio occasionale per i viaggiatori.

Il Casino Lovatti. Da: "Le Dimore Storiche di Albano"

Pancrazio) ci colpisce maggiormente per quella curiosa altana a foggia di torre merlata che l'aff... more Pancrazio) ci colpisce maggiormente per quella curiosa altana a foggia di torre merlata che l'affianca; il progetto originale è da attribuire al fondatore della fortuna di famiglia, Francesco Antonio Lovatti, per poi essere realizzata, con varianti, dal figlio, l'architetto Matteo. Sino a qualche anno fa, il nome dei Lovatti rimaneva legato soltanto alle due opere più note di Matteo (quelle di Marino e di Velletri); mentre rimanevano oscuri gli altri membri di questa famiglia di capomastri ed imprenditori romani. D'origine settentrionale, i Lovatti rappresentano il tipico esempio di personaggi, in origine di non eccelso lignaggio, ascesi vorticosamente-in special modo sotto i pontificati di Gregorio XVI e Pio IX-ai più alti gradi della scala sociale ed economica della Città, ostentando munificenze e titoli nobiliari. Una "scalata", quella dei Lovatti, che ebbe, però, la durata solo di qualche generazione tant'è che, una decina d'anni dalla morte di Matteo (1860), iniziò il loro inesorabile declino economico che sarebbe culminato con l'alienazione di tutti i beni e con la minaccia, sempre più consistente, dell'estinzione del Casato. Già agli inizi del Novecento, del ramo romano dei Lovatti rimanevano solo alcuni esponenti: Giulia, sposata Prampero, figlia di Antonio ed unica della linea del Conte Clemente, e, come discendenti di Matteo, due apprezzati pittori, Augusto Alessandro (n. Roma 1852), e Matteo junior (n. Roma 1861). Con la morte di questi ultimi due-il primo a Capri (†1921), il secondo a Roma († post. 1911)-e non essendoci, quindi, eredi maschi, il ceppo romano dei Lovatti trovò il suo triste epilogo, anche se rimanevano fuori della nostra Regione, ma ancor per poco, la Contessa Giulia (†Udine 1929) e le due figlie del pittore Augusto, Elena e Adele, a Capri. Dei Lovatti incominciai ad interessarmi fortuitamente qualche decennio fa, con qualche ricerca e pubblicazione, poi fu determinante la "scoperta" della cappella gentilizia in S. Lorenzo in Lucina, in cui fan bella mostra gli stemmi del casato: le uniche superstiti testimonianze giunteci di quella grandezza raggiunta e poi svanita, e quasi a monito della fugacità delle cose. 1 Anche questo bel Palazzetto, a due passi dal Duomo, rimane la testimonianza più diretta di questo Casato. Da chiarire l'origine dell'edificio, che è molto più antica, essendo sorto sui resti di costruzioni precedenti abbattute successivamente; così, tracceremo la storia del primo nucleo del futuro Casino, partendo dal 1716, 18 aprile, quando un certo Carlo Ghezzi creò un censo annuo di scudi 1 e baiocchi 25-ossia ipotecò-a favore del Reverendo Capitolo dei Canonici della Cattedrale, una casa composta "di una stanza a tetto, e cantina posta in questa città nel borgo di S. Pancrazio a confine allora con i beni di

Johann Friedrich Overbeck... quella lettera dai Colli Albani...Da Albano Dimenticata

Ormai è noto-e questo senza offuscarne minimamente la consolidata fama d'ospitalità per artisti, ... more Ormai è noto-e questo senza offuscarne minimamente la consolidata fama d'ospitalità per artisti, esercitata per decenni-che il poeta e fiabista danese Hans Christian Andersen (1805-75) non soggiornò mai nella locanda Martorelli di Ariccia 1 : un perdonabile errore-dettato (sicuramente) dal suo eccesso d'amore-commise il poeta e romanista Vincenzo Misserville quando ratificò questa presenza, annoverandola sull'epigrafe fatta affiggere nel 1965 all'esterno dell'edificio. E questo vale anche per l'Infiorata della vicina Genzano che francamente Andersengiacché la sua presenza non coincise mai col Corpus Domini-non ebbe mai modo di vedere anche se, e questo riprendendo delle annotazioni tratte dai suoi Diari, la fa dettagliatamente descrivere dal suo Antonio nel L'Improvvisatore. Il novelliere danese era, per precisare, stato in Italia, quindi a Roma, ben quattro volte: la prima fu dall'ottobre del 1833 rimanendovi sino ai primi mesi dell'anno successivo; la seconda iniziò dal Natale del 1840 con un soggiorno che si protrasse per circa due mesi; quindi una terza scesa, nell'aprile del 1846; ed infine un'ultima presenza che va dall'aprile al maggio del 1861. In quei periodi di permanenza nel Bel Paese, l'esimio scrittore aveva visitato Roma e tutto il soave circondario: i Monti Sabini, Tivoli con le sue cascate e le sorgenti maleodoranti di zolfo, l'orrido di Olevano, l'irta Cervara nel sublacense ecc. ed ovviamente i nostri Colli Albani. Di tutte queste località si era goduto la bellezza e lo spirito: sensazioni, che da buon romantico qual era, avrebbe poi citato nei suoi romanzi a sfondo autobiografico (L'Improvvisatore, Il Bazar d'un poeta), menzionato sulle ripetute missive al suo immancabile amico e mecenate, J. Collin, e maggiormente annotato sui suoi inseparabili "Diari". E proprio su questi ultimi ad onor del vero, una-anche se brevissima-sosta nella nostra cittadina castellana è documentata: è quella del 25 ottobre del 1833, quando reduce di una rituale visita a Nemi insieme con i suoi amici, il poeta Bødtcher, i pittori Blunck, Fearnley, Küchler ed altri (Dinesen, Neergaard, Leth, Zeuthen), 2 ripassò a serata inoltrata, appunto, ad Ariccia, ove "...un italiano di bell ' aspetto ci ha invitati a cena, ma ci siamo limitati a bere del vino...", e quindi speditamente proseguire per una locanda di Albano già prenotata nella mattinata ove avrebbero cenato e pernottato "...abbiamo poi mangiato ad Albano, dove Bødtcher, Leth ed io abbiamo dormito in un unico letto...". 3 Un ostello quest'ultimo, a quanto pare, idoneo a tutti i ranghi sociali ed a tutte le tasche comprese quelle, non sempre floride, dei nostri romantici visitatori oltramontani. Quale sia stato il nome di questa pensione d'Albano in cui pernottò il drappello d'artisti danesi rimane per la verità ancora un dilemma: la Locanda Reale-nell'ex Palazzo Corsini, divenuta di Filippo Giorni (da qui Locanda Giorni) nel 167 F. OVERBECK, Ritratto di Vittoria Caldoni, (1821), olio su tela, eseguito per Ludwig di Baviera. Munich, Bayerische Staatsgemaldesammlungen.

Monumento funebre al Cardinal Ludovico Altieri: Ignazio Jacometti. Da “Le Memorie marmoree della Perinsigne Basilica di San Pancrazio di Albano”

La Locanda della Posta (poi Hotel d’Europe) Da Boguet a D’Annunzio e Trilussa. Da Dimore Storiche.

Di certo, il pittore francese Boguet, dal suo "belvedere" doveva godere delle visioni più belle c... more Di certo, il pittore francese Boguet, dal suo "belvedere" doveva godere delle visioni più belle che poteva offrire l'Albano dell'epoca: le pittoresche Terme di Cellomaio, il boschetto di Villa Doria, i resti di Castel Savello, l'allora desolata, ma solenne, landa della Campagna Romana, e poi il Mare con gli impareggiabili tramonti, ecc. Un paesaggio talmente vibrante di emozioni, che più di qualche volta lo volle immortalare nelle sue splendide opere. Lo percepiva da quel terrazzo pensile annesso al piano nobile di questa splendida casa, idilliaco asilo pure per i tanti amici artisti, suoi abituali ospiti in Albano. Ora sarà inutile cercare questa residenza che-alla luce dei documenti ritrovati dallo scriventealtro non era che l'Hotel d'Europe à la Poste, la vecchia Locanda della Posta. Sorgeva, difatti, sul Corso della cittadina, proprio all'incrocio con la "Via per Nettuno" (odierna Via Trilussa) raggiungendo con un braccio del fabbricato l'attuale Piazza A. Gramsci: per gli amanti della storia e dell'arte, o per gli occasionali visitatori di Albano in cerca di un buon albergo, al suo posto non troveranno che un anonimo condominio. Del vecchio stabile col suo terrazzo proiettato verso la Campagna ed il Mare nulla più rimane, l'ultima guerra l'aveva danneggiato a tal punto che sarà sembrata la più … incoraggiante ed economica delle soluzioni il distruggerlo completamente ed al suo posto ricostruirvi di sana pianta altri edifici. È andata, così, irrimediabilmente perduta l'attività alberghiera che vi si svolgeva da sempre, e secoli e secoli di storia. E non solo. Perché il vecchio Albergo-punto d'obbligo per la sosta delle diligenze e poi dei tramway che percorrevano la consolare Appia-vantava, nella secolare attività, d'aver ospitato nelle sue stanze oltre il Boguet, tante altre illustri personalità, artisti e principi, come rammentavano le numerose piccole lapidi apposte nell'atrio, che poi, con la solita incuria, andarono disperse proprio durante i lavori di demolizione dell'edificio. Albano, lo scomparso Albergo della Posta o Hotel d'Europe, cartolina d'epoca.

La Chiesetta del Buon Consiglio e la Villa Venosa, il Paradiso perduto. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

La Locanda di Emiliano a S. Rocco: Antonio Canova e Madame Récamier. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Il Casino Bartolini Giraud: la casa natia dei pittori Von (De) Blaas. Da Le Dimore Storiche di Albano

Questo stabile è stato già parzialmente descritto in un articolo del precedente volume, ma non di... more Questo stabile è stato già parzialmente descritto in un articolo del precedente volume, ma non dispiace aggiungere ulteriori note a quanto già trattato. 1 È il secondo edificio che incontriamo sulla via di San Paolo, a destra-appena incrociata Via Propaganda. Dai Bartolini ai Giraud Il Palazzetto odierno è una costruzione di tre piani, esteriormente senza particolari richiami architettonici e decorativi, lo contraddistingue, appena, l'ingresso, al civico 86, col suo arco ribassato in peperino. Il pesante portone di legno immette in un corridoio, da qui, in fondo, l'ingresso alla corte, ossia al giardino, che in passato si espandeva sino a Via dei Cappuccini, e, a destra, le scale per i livelli superiori. Incerto, per ora, chi fu il committente del primo nucleo di questo edificio, sappiamo con certezza che, nella metà del Seicento, al culmine di quell'urbanizzazione che coinvolse Albano da parte delle grandi famiglie romane, fu dei Bartolini, per l'esattezza di un Marco. 2 Questi aveva elevato a rispettosa residenza il precedente e più modesto caseggiato. I Bartolini lo detennero negli anni successivi, con un Francesco, 3 per giungere agli inizi del Settecento con un Paolo, titolare, per il Catasto dell'epoca (1715), di questa costruzione: "Ill.mo Sig. Paolo Bartolini, una Casa nella Strada di S. Paolo da essa parte confina con li Beni del Sig. Capitano Domenico Riccione, e dall'altra della Sig.ra Artemisia Donati". 4 E da Paolo, ma verosimilmente da un Antonio, figlio ed erede di Francesco Bartolini, il Casino fu venduto all'Abate Giovanni Dionigi Giraud, che lo permutò (1728) con la tenuta, Torretta in Secciano, in territorio di Castel Gandolfo (vedi Atti Lorenzini). 5 I Giraud erano una famiglia di banchieri originaria di Lione stabilitasi a Roma sullo scorcio del Albano, Via A. Saffi, veduta, secondo a destra, dell'ex Casino Giraud.

Il Cimitero della Stella e... le colonne di Vejo. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Cercatori di Dio, banditi ed illustri fuggiaschi nell’incanto di Palazzolo. Da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Cecchina: La cappella rurale di S. Antonio da Padova. da Albano Dimenticata

Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi... more Questa pubblicazione doveva avere per titolo Omaggio ad Albano, appellativo che mi è sembrato poi un po' pretenzioso, per cui mi è stata suggerita una nuova intestazione, Albano dimenticata, dal sapore forse più letterario, ma il cui sottotitolo, Dimore storiche, fatti e personaggi, avrebbe spiegato la natura vera di questa raccolta. Perché di miscellanea si tratta, una collazione di piccole monografie o articoli, scritti in vari momenti-ecco il perché del ripetersi a volte degli argomenticon i soggetti tutti legati però da un denominatore comune: sono dimore demolite o alterate o obliate nel tempo con gli illustri inquilini, e i loro fatti, pressoché dimenticati dai più... Già, perché aggirandosi per l'Albano di adesso poco rimane di queste memorie e l'unico strumento per ritrovarle rimangono i documenti siano essi storici, artistici che cartacei, quelli degli archivi. E con questi strumenti, ho cercato così di ripopolarla Albano, di quei personaggi, colpevoli solo di appartenere ormai al Passato. Così come pure ho tentato di ridare un nome a quelle residenzenobili o no-che adornavano la Città negli anni d'oro, ricostruendone, ove possibile, la loro storia. All'apparenza la raccolta parrà un itinerario scomposto e senza logica topografica e cronologica: ma è il mio modo di gironzolare nella Città, un virtuale vagabondare tra piazzette e strade blandendo edifici senza più storia apparente. Ecco quindi sulla Via di S. Paolo-ora Via Saffi-le residenze dei Braschi, dei Giraud, dei Di Pietro, e degli Strozzi. E poi all'Antogna, l'Ospedale vecchio, S. Giuseppe, riservata e pudica realizzazione del Busiri. Quindi, sulla strada di San Martino (Via Cavour), il Palazzo della principessa di Venafro (o della Prelatura). Più oltre, lo stesso Palazzo Savelli-emblema prima del potere baronale e poi camerale ed ora sede del Comune-la cui storia era da sempre dimenticata. Proseguendo, il "Palazzo nuovo", poi quello del Lercari (Vescovado), coll'antistante Teatrino, svuotati degli arredi e del loro passato. Sfociamo a Piazza Pia, la vecchia e cara Piazza Pia: quante peripezie… Dal Corso, invece, l'ormai inesistente Locanda appartenuta a Emiliano Giorni, alcova, se pur spirituale, del Canova; e poi, all'incrocio con la strada per Nettuno, il palazzetto dei Ciocca, dal cui attico ho per anni rimirato il mare … Ed ancora il Casino Poniatowski, eremo distrutto del tormentato Don Miguel e nido d'amore di Elisa Thorvaldsen, per giungere sino a Villa Venosa, anche questa perduto "Eden dei fiori e delle piante". E poi i personaggi: gli stessi natii del luogo, Francesco Giorni, il Cardinal Michele Di Pietro, il Contini, ecc.; ed i forestieri illustri che elessero Albano a dimora prediletta come il marchese Lorenzana, la Marioni Corsini, Giuseppe Vannicola, il Blass, il Conte Giraud ecc.: anche loro, qui, dimenticati dal tempo. Un altro tragitto è nella penombra delle chiese, o belle e solenni come la Cattedrale-anch'essa con il suo incognito-, o sparite come S. Filippo agli Scotti, o dirute come la cappella di Cecchina, o mortificate, come il Buon Consiglio, oppure minute, ma ancora palpitanti di spiritualità, come la Concezione... E poi-immancabili-i luoghi della riflessione in cui aleggia l'Arcano, ideali per interrogarsi sul perché della Vita e sull'incognita della Morte...: così la Stella, in cui, anche tra lo strombazzare del quotidiano, si rimane colpiti dalla quiete che emana quel piccolo cimitero in disuso; oppure Palazzolo per godere in silenzio la solenne bellezza del Creato. Proseguo, oltre, sino alla Fajola, una volta impervia ed ostile, col suo Casale de'Còrsi, anche questo legato a doppio filo ad Albano ed egualmente lasciato al suo destino… Nel concludere non potevano mancare le vittime di quel terribile anno 1867, in cui perirono 442 persone, anche loro… dimenticate, giacché il luogo di sepoltura, in un terreno attiguo alla Stella, fu successivamente stravolto cancellando così ogni forma di memoria per i posteri... Questi, dunque, sono alcuni dei miei tragitti: un viaggio a ritroso nel tempo tra le cose care e dimenticate di Albano, anzi della nostra Albano. L'Autore Albano 5 Giugno 2009 4 Alla fine di questo lavoro un sincero ringraziamento va a coloro che, con concreto supporto, hanno fatto sì che questo libro fosse realizzato; grazie, quindi, al Comune di Albano, nelle figura del Sig. Sindaco, Dottor Marco Mattei, ed al Presidente del Rotary Club di Albano Laziale Albalonga, Dottor Mauro Gasbarri. Un grazie particolare va al "compagno e complice" in questa "faticata", il Dottor Agostino Santacroce per la bonaria sollecitudine espressami e per la sentita stima che ha sempre manifestato nei miei confronti. Un grazie doveroso agli amici: dott. Ferruccio Scoccia e al Dottor Mario Ascensi per la correzione della bozza finale e la sistemazione dell'Apparato; all'architetto Andrea Giudice autore delle elaborazioni grafiche su Palazzo Savelli; a Edoardo Silvestroni, cui si deve tra altro l'indice analitico. Un sincero grazie, va:

Casino Della Porta, poi Gavotti-Verospi e Franz in Albano, Corso G. Matteotti e il “Fregio di Alessandro” del Thorvaldsen : da "Dimore Storiche"

Attiguo al palazzetto dei Lezzani, ma ancora più maestoso, è questo dei Gavotti-Verospi. Imponent... more Attiguo al palazzetto dei Lezzani, ma ancora più maestoso, è questo dei Gavotti-Verospi. Imponente l'androne e l'intero stabile, anche se manomesso nel rifacimento per i danni subiti dalla guerra, che portò, tra l'altro, alla scomparsa di quel fitto bugnato che lo caratterizzava nella bella facciata ed alla ... superfetazione di un piano.

FRANCESCO SCACCIONI Scultore e mercante d’arte: tra Roma e Abruzzo

FRANCESCO SCACCIONI Scultore e mercante d’arte: tra Roma e Abruzzo, 2018

A Idolo e Angelo «Vissi d'arte, vissi d'amore [...] e diedi il canto agli astri al ciel che ne ri... more A Idolo e Angelo «Vissi d'arte, vissi d'amore [...] e diedi il canto agli astri al ciel che ne ridean più belli». Da La Tosca Nell'ormai sconsacrata chiesa delle Grazie di Albano, prima che un discutibile restauro dell'interno la facesse rimuovere e smembrare, si poteva ammirare, in tutta la sua integrità, una magnifica stele scolpita da Francesco Scaccioni 1 .