Alberto Crielesi
FRANCESCO SCACCIONI
Scultore e mercante d’arte:
tra Roma e Abruzzo
Città di Albano Laziale 2018
F. Scaccioni, Monumento funebre a Felice Giorni (part.).
In copertina: F. Scaccioni, Monumento funebre a Felice Giorni, 1832 – 33, marmo. Albano Laziale,
ex chiesa S. Maria delle Grazie, marmo, firmato lato a sinistra: F. Scaccioni Inv. Scolpì.
STRENNA
DEI ROMANISTI
NATALE DI ROMA
2018
Ab U. c. MMDCCLXXI
Apolloni CeCCArelli - BAri - BArtoloni M. - BArtoloni r. - BenoCCi
Berri - Borghetti - CAntAtore - CArro - CiAMpAgliA - Crielesi - De rosA
DeBeneDetti - Di CAstro - Digilio - DoMACAvAlli - FAgiolo - FAzzini - gigli
giuliAni - guerrieri Borsoi - iMpigliA - lAvAgnino - lotti - MAMMuCAri
MArConi - MArini Di suBiACo - Moretti - onoFrio - onorAti F. - onorAti u.
pAnFili - severi - stACCioli
strennA Dei roMAnisti
NATALE DI ROMA
MMDCCLXXI
Edizione 2018
Direttore responsabile:
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Si ringrazia la Fondazione Sorgente Group per aver sostenuto l’edizione 2018,
l’Istituto Centrale per la Grafica per la costante collaborazione alle proprie attività
ed il Caffè Greco per l'ospitalità.
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ISSN: 0391-7878
2
FONDAZIONE TERZO PILASTRO
ITALIA E MEDITERRANEO
MMDCCLXXI
AB VRBE CONDITA
3
4
Francesco Scaccioni, scultore e
mercante d’arte: tra Roma e Abruzzo
AlBerto Crielesi
A Idolo e Angelo
«Vissi d’arte, vissi d’amore [...]
e diedi il canto
agli astri al ciel che ne ridean più belli». Da La Tosca
Nell’ormai sconsacrata chiesa delle Grazie di Albano, prima
che un discutibile restauro dell’interno la facesse rimuovere e
smembrare, si poteva ammirare, in tutta la sua integrità, una magnifica stele scolpita da Francesco Scaccioni1.
Era posta a sinistra, sul primo pilastro che divide le cappelle
laterali, quasi frontistante ad un’altra bella opera, quella del Tenerani voluta dal marchese Lorenzana, rimossa anche questa ma
scampata allo scempio2. Un filo d’impalpabile tenerezza sembrava legare queste due opere, bellissime, ambedue dedicate a due
bambini defunti, Felice e Teresa, poste a testimonianza della cristiana rassegnazione dei genitori, inermi davanti alla crudeltà del
destino.
1
Per la realizzazione di queste note, rivolgo un doveroso ringraziamento: al dottor Vincenzo Scaccioni, il cui sussidio è stato veramente determinante; all’inseparabile e solerte Giancarlo Gramiccioli; a Edoardo
Silvestroni; e al dottor Gilbert Coutazde, Direttore delle Archives cantonales vaudoises, Chavannes-près-Renens, Lausanne.
2
Albano Laziale, ex chiesa S. Maria delle Grazie, marmo, già h. 135
cm x largh. 78 cm, firmato lato a sinistra: F. Scaccioni inv. Scolpì.
5
F. sCACCioni, Monumento funebre a Felice Giorni, 1832 – 33, marmo. Albano
Laziale, ex chiesa S. Maria delle Grazie, marmo, firmato lato a sinistra:
F. Scaccioni Inv. Scolpì.
Riguardo all’opera dello Scaccioni, fu commissionata allo
scultore dal possidente locale Pietro Giorni di Emiliano3 e dalla
moglie Maddalena Calpini, in ricordo del loro unico figlio, Felice,
deceduto a Roma (luglio 1832)4, ove era alunno del seminario, e
sepolto proprio qui nella piccola chiesa della cittadina castellana.
La memoria marmorea, coronata da un frontoncino affiancato da
3
A. Crielesi, La famiglia Giorni ed Albano, in F. giorni, Storia di Albano, ristampa ed introduzione a cura di A. Crielesi, Albano Laziale, 2008,
pp. 19 e sgg.
4
A. Crielesi, Andrea Busiri: il Pio Stabilimento de’ poveri infermi ad
Albano, Albano Laziale, 2007, pp. 18 e segg.
6
acroteri, riproponeva nel bassorilievo centrale leggermente rastremato in una grazia tutta canoviana e nell’elegante nudità del Thorvaldsen il tema dell’Angelo Custode con la piccola Anima, o se
volete, dell’Arcangelo Raffaele con Tobiolo, quest’ultimo impersonato dal piccolo Felice, seminudo e scalzo, condotto per mano
verso la Luce dell’Eternità.
A guarnire il bassorilievo, un noto passo della Bibbia (Sap.
4,11) che esaltava il candore di Felice, rapito alla Vita ed all’amore dei suoi appena undicenne:
RAPTVS EST NE
MALITIAM VT ARET INTELLECTVM EIVS
Era da notare, al centro del frontone, una ghirlanda di fiori, incorniciata da due nastri svolazzanti, racchiudente l’emblema per
eccellenza della metamorfosi della Vita, il bruco terreno trasformato in un’aerea e tenue farfalla.
F. sCACCioni, il Monumento funebre a Felice Giorni, allo stato attuale, dopo lo
scempio. Albano Laziale, ex chiesa S. Maria delle Grazie.
7
Ho voluto soffermarmi su quest’opera, ormai mutilata e mortificata per inettitudine umana, perché rappresenta sin ora l’unica opera firmata giuntaci dello scultore Francesco Scaccioni, del
quale, a parte qualche sommaria citazione, non ci erano pervenuti
nemmeno i suoi più elementari dati biografici. Dati, in parte restituitici, grazie ad un piccolo memoriale autografo dello stesso
Scaccioni, rintracciato dagli eredi5.
Era nato a Roma, lo Scaccioni, secondo figlio, dopo un Giuseppe
(n. 1794), di Don Bernardo o Bernardino fu Giuseppe e di Rosa Cataldi. Il giorno della sua nascita fu il 4 settembre del 1796, così come
testimonia una Fede, “levata” il 5 maggio del 1852 che riporta il documento redatto dal parroco di S. Marcello al Corso al suo battesimo:
Fede di Nascita. Fede faccio io sottoscritto parroco della venerabile
chiesa parrocchiale di S. Marcello de Urbe, Lib. 46 battesimale, p.
164.
Giorno 4 mese settembre 1796 – nato di sabato 3 ore di sera, padre
Bernardino Scaccioni romano del quondam Giuseppe, madre Rosa
Cataldi romana, figlia del fu Felice coniugi, fu posto il nome Francesco, Vincenzo, Luigi. Patrino Nicola Brizi, e Rosa Palloni, levatrice
Gertrude Ricci6.
Da notare il nome del padrino, l’avvocato Nicola Brizi, uomo
dalle molteplici attività e costantemente alla ribalta della vita
pubblica; al tempo dell’Impero francese, sarà avvocato presso la
Corte Imperiale di Roma, giudice supplente al Tribunale di prima
Istanza di Perugia, ecc.
5
Teramo - Roseto degli Abruzzi, ArChivio FAMigliA sCACCioni, Memoriale di Francesco Scaccioni, ms. (post 1874), d’ora in poi Ms. Scaccioni, p. 4.
6
Ibid. Cfr. pure Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno
delle Due Sicilie, 1856, p. 84.
8
Riguardo agli Scaccioni, facevano parte dell’indotto degli Acquaviva d’Aragona, una delle sette grandi casate del Regno di Napoli, cui apparteneva anche il ceppo dei duchi di Atri. Bernardino
aveva sposato, come accennato, Rosa di Felice Cataldi, ritenuta
dai documenti erede beneficiaria di parte dei beni terrieri nel Teramano (Notaresco, Grasciano, Mosciano, ecc.) appartenuti proprio agli Acquaviva d’Aragona, duchi di Atri7. Don Bernardino
Scaccioni morì a Napoli il 28 gennaio del 1826, mentre il fratello
di Francesco, Giuseppe, già fallito «negoziante di carboni» nella
stessa città partenopea, si spegnerà nel 1859 a Notaresco.
Quale sia stato il luogo della prima formazione culturale di
Francesco, nulla sappiamo, e questo senza escludere Napoli dove
gli Scaccioni sembrano aver risieduto nei primi decenni dell’Ottocento. E ciò giustificherebbe l’intervento di Gioacchino Murat,
allora re di Napoli, che con decreto del 30 giugno del 1814 nominò: «Francesco Scaccioni […] alunno della scuola di perfezione
stabilita in Roma per le belle arti». Questa era stata istituita nel
palazzo Farnese, adibito, appunto, a sede dell’Accademia di belle
arti. Qui lo Scaccioni nel «concorso reale» tenutosi in quell’anno per l’ingresso conquistò il secondo premio: «211, Scaccioni
(Francesco), Romano, pensionato napoletano, settembre 1814
(2° ex aequo)»8. Al rientro dei Borboni a Napoli, il decreto fu confermato dal re Ferdinando, tant’è che lo Scaccioni, il «4 di ottobre
1815, per grazia sovrana veniva destinato in Roma con una pensione onde perfezionarsi nello studio della scoltura»9. Ed insieme
a lui furono nominati tre pensionanti per sezione, che avevano
superato il concorso con lui: Pietro Valenti, Francesco Saponieri e
7
Ms. Scaccioni, p. 4.
La sculpture en Occident: études offertes à Jean-René Gaborit, réunies
sous la dir. de G. Bresc-Bautier par F. Baron et P.-Y. Le Pogam, Dijon, 2007,
p. 246.
9
Collezione delle leggi e de’ decreti reali del regno delle Due Sicilie
1856, p. 84.
8
9
Nicola D’Aprezzo in architettura; quindi, Gaetano Roberti, Antonio Cali, ed appunto lo Scaccioni, nella scultura10.
Giungiamo al 1818, quando tra i saggi esposti dagli allievi nel
palazzo Farnese, troviamo i primi lavori dello Scaccioni, consistenti in un bassorilievo con un Paride che consegna il pomo ad
Elena ed un ritratto in busto di marmo, come documenta il Giornale del Regno delle Due Sicilie dell’aprile di quell’anno:
Saggi di belle arti esposti nel palazzo Farnese nel marzo del 1818 da
pensionati di S.M. Ferdinando I Re del Regno delle Due Sicilie […].
Da Francesco Scaccioni:
Figura di rilievo di palmi 7,1/2 napoletani: Paride seduto dopo aver
giudicato della bellezza delle tre Dee, sta in atto di consegnare il
pomo alla vincitrice.
Busto di grandezza naturale scolpito in marmo rappresentante un ritratto11.
Da precisare che il Paride fu realizzato in marmo successivamente, sette anni dopo, per essere venduto all’Estero, lo testimonia un catalogo che lo riporta con le misure in piedi e pollici inglesi, definendolo un fine lavoro in marmo: «A fine marble statue
of Paris signed F. Scaccioni 1825»12.
Ora nell’ entrare nelle vicende personali dello Scaccioni, notiamo che questi, già nel 1816, allora ventenne, aveva sposato, a
Roma, Carolina figlia di Silvestro Pericoli «fabbricatore di vetri e
cristalli» il quale, oltre a tre mole «per materie tannanti», ossia per
conce, possedeva ben due vetrerie (una a via della Chiavica del
Bufalo e una al vicolo della Petacchia) ed una coloreria.
10
Cfr. pure p. levillAin - F.C. uginet, Il Reale Palazzo Farnese in
Roma 1799-1874, in Le palais Farnèse, I, 2, Roma 1982, p. 680.
11
«Giornale del Regno delle Due Sicilie», vol. I, martedì 7 aprile 1818,
pp. 331 -332.
12
«Country Life», vol. 140(1966), p. 1416.
10
Lo annota, così lo Scaccioni nel suo Memoriale, con un pizzico
di amarezza:
25 agosto 1816 mi unii in matrimonio con Carolina Pericoli, avevo
io 20 anni ed essa 19 (passo stato senza riflessione, primo sbaglio
della mia vita), per far contenta mia madre, matrimonio senza genio,
così doveva terminare. Fui ingannato nell’interesse, mi si promise
una casa di [illeggibile] ma si fan tutto altro al licenziarmi dalla casa
paterna di mia moglie doppo scorso nemmanco un mese.
Mi fu stabilito in dote scudi 1000,00; encomio e mobilio sc. 300,00;
porzione della dote materna 221,80, questa somma stata ricevuta a
tozzi e bocconi di più una [illeggibile] di musaico della valuta di sc.
200,00; Una figura in marmo, valore circa sc. 15013.
Dall’unione con Carolina Pericoli nascevano a Roma: Achille
(n. 1817), futuro pittore, restauratore e mercante d’arte, e Carlo
(n. 1818), quest’ultimo «battezzato a s. Maria del Popolo, il suo
compare Monsignor Francesco Acquaviva d’Aragona»14. Il monsignore citato come padrino era nientemeno che il secondogenito
del 23º duca di Atri e conte di Conversano, Don Gio. Girolamo
(†1777), già cameriere d’onore pontificio dal 1773, prelato domestico del papa nel 1791, e protonotario apostolico dal 1794.
Ma tornando sull’operato dello Scaccioni di quegli anni, notiamo
che aveva intrapreso pure l’attività, non certo secondaria, di mercante d’arte, associata a quella del collezionista; già nel 1827, nel suo
studio presso piazza S. Silvestro venivano allestite mostre di quadri,
con relativa vendita, come documenta il Diario di Roma:
Nello Studio di Scultura del signor Francesco Scaccioni, situato sulla Piazza di S. Silvestro Via della Mercede numero 50, si trovano
13
14
Ms. Scaccioni, p. 2.
Ivi, p. 6.
11
esposti alcuni quadri di genere rappresentanti Vedute di alcuni antichi Monumenti di Roma, dipinti colla maggiore esattezza dal Pittore
Francesco Diofebj romano. Questi quadri resteranno alla pubblica
vista per tutto il futuro mese di marzo. Oltre di ciò nello stesso Studio
è visibile ancora una quantità di quadri antichi di buoni autori15.
Attività, quella del mercante d’arte, che verrà testimoniata anche negli anni successivi, come nel 1828, quando, già stretto da
necessità economica, inizierà a disfarsi pure della sua ricca collezione privata. Uno degli acquirenti, in quell’anno, sarà John
Waldie, intenzionato ad implementare una già cospicua raccolta
d’arte per la sua dimora ad Hendersyde Park vicino Kelso, nei
pressi di Edimburgo. A lui lo Scaccioni vendette due magnifiche
tele del pittore fiammingo Jan Frans Van Bloemen detto Orizzonte
o Orizonte, una rappresentante La Reggia di Plutone ed il fiume
Stige16, l’altra una Veduta della Baia di Napoli17. Opere veramente
importanti, se, al loro arrivo in Inghilterra, una somma cospicua
venne offerta per queste due tele da Woodburn, uno dei migliori
intenditori di pittura a Londra, intenzionato a destinarle alla collezione del marchese di Hertford18.
Oltre alle tele dell’Orizzonte, Waldie acquisì dallo Scaccioni
anche due opere del Vanvitelli, con le vedute del Tevere al Ponte
Rotto19 e con l’Isola Tiberina20. Intanto troviamo il suo studio, non
più in via della Mercede, ma nel vicolo dei Materazzari, tra piazza
Borghese e via dei Prefetti21.
«Diario di Roma», n. 7, 15 feb. 1827, p. 4 [Notizie del giorno].
J. WAlDie, A Descriptive Catalogue of the collection of pictures,
sculptures, bronzes, &c. at Hendersyde Park, the seat of J. Waldie, Edinburgh, 1835, p. 19.
17
Ivi, p. 21.
18
Ibid.
19
Ivi, p. 22.
20
Ivi, p. 24.
21
e. De keller, Elenco di tutti i pittori, scultori, architetti, miniatori,
12
15
16
E in questo studio, nel 1834, rinveniamo negli scritti alcune
sue opere, comprese le repliche dei due Leoni del Canova della
tomba Rezzonico, che suscitarono l’ammirazione dello storico e
critico d’arte Carlo Tito Dalbuono:
Leda. Amore. Leoni del monumento Rezzonico. Queste sono le opere principali e più recenti di Francesco Scaccioni napolitano, dimorante in Roma, le quali troviamo annunziate in un articolo di Carlo
Dalbuono, inserito nel Tiberino. La Leda e assisa nuda sul proprio
manto e, facendo al corpo non un braccio puntello, abbraccia coll’ altro il cigno, che cupidamente le si accosta. Bellissima è la esecuzione
e l’atto di questo, leggiadra e graziosa quella della donna, il torso
della quale in ispezieltà nulla lascia a desiderare per maestria e morbidezza di scalpello. — Amore scherza con una farfalla, coronato di
rose mostrare quanto sieno fugaci i diletti che da esso procedono: è
figura di somma grazia e delicatezza. — I leoni sono la quarta parte
dell’originale di Canova, e terminati anche nella parte posteriore;
aggiunta malagevolissima e lodevolmente operata22.
Riguardo alla Leda, sarà documentata ancora nel 1853, esposta
nientemeno che alla Great Industrial Exhibition di Dublino, e risulta di proprietà di un irlandese, certo Edward Cooper, che la custodiva nel castello di Markree a Collooney, contea di Sligo, come
testimonia il catalogo della mostra23. E la Leda dello Scaccioni,
doveva apparire veramente bella se, a quanto pare, seppe ispirare,
in un famoso sonetto, persino il grande poeta Yeats affascinato
davanti alla sua visione24.
incisori, incisori di gemme…, Roma, 1830, p. 93: «Scaccione, Romano. Via
de’ Materassari N. 14».
22
«Giornale di belle arti», a.2, n. 9 (gennaio 1834), Venezia, 1834, p. 41.
23
Official Catalogue, Great Industrial Exhibition, Dublin, 1853, p. 92:
«1040, Leda, by Scaccioni».
24
A.n. JeFFAres, New Commentary on the Poems of W.B. Yeats, Stan13
Tornando nel 1834, di quell’anno troviamo uno dei pochi contatti dello scultore con l’Accademia di San Luca: è registrazione di
una istanza presentata all’Istituto per avere una copia di una decisione inerente una sua proposta andata, a quanto pare, respinta25.
Proseguiva, intanto, l’inesorabile dispersione della sua collezione; nella primavera dello stesso 1834, ancora John Waldie acquisì
dallo Scaccioni altre importanti opere: il bozzetto originale dell’Annunciazione di Ippolito Scarsella, (Scarsellino di Ferrara)26, la cui
tavola finale è esposta nella Pinacoteca Capitolina; Un paesaggio
con rovine del Locatelli27; ed alcuni marmi antichi.
Sono quegli anni in cui più acuta si manifestò la decadenza
economica che aveva colpito il nostro scultore, crisi che lo porterà
ad interrompere il suo rapporto con l’arte – del 1833 è proprio la
stele di Albano – e con la stessa Roma.
Già nello stesso 1833, il 9 maggio, in via della Chiavica del
Bufalo 125, moriva il suocero Silvestro Pericoli, evento che allo
Scaccioni, separato di fatto da Carolina, procurò ulteriori ostilità
con gli eredi del defunto. A queste contrarietà era da aggiungere
un pizzico di risentimento per il fallimento di un’attività intrapresa proprio col cognato, certo Carlo Bossi. È lo Scaccioni stesso a
parlarne chiarendo così la causa determinante che lo porterà nel
1838 ad abbandonare Roma:
Dalla eredità paterna di mia moglie nelle mie mani non mi è pervenuta neppure un centesimo anzi ebbi tutte le opposizioni immaginabili per aprire la fornace di vetri alla Petacchia in società con Carlo
Bossi che aveva preso un’altra figlia di Pericoli e il fallimento di
ford University Press, 1968, p. 248.
25
Cfr. A. BArtoli, Gregorio XVI le antichità e le belle arti, in «Miscellanea historiae pontificiae», XIII (1948), p. 54.
26
WAlDie… cit., pp. 54-55.
27
Ivi, 85.
14
costui trascinò anche me in una perdita oltre il migliaio di scudi in
questo stato di cose dovetti abbandonare Roma e nel 1838 mi portai
in Abruzzo per accudire agli affari della eredità di mia madre avuta
dal fu Monsignor Acquaviva, la quale se non fossi stato contrariato
da mio fratello Giuseppe avrei potuto formarmi una mediocre sussistenza quantunque la suddetta eredità non avesse presentato una
perfetta fallita di circa 3000 mila ducati. Pur non di meno, questo
mio contrario fratello è stato mantenuto da me per circa 10 anni,
1000 ducati à avuto da me contanti28.
Così, come abbiamo letto, questa fu la causa che spinse lo
Scaccioni a “emigrare” in Abruzzo insieme al resto della famiglia, esclusi la Pericoli ed Achille che rimasero a Roma; riguardo
a quest’ultimo era già avviato nella professione di pittore e decoratore, alla quale avrebbe aggiunto da lì a qualche anno anche
l’attività di mercante d’arte ereditata dal padre.
A tal proposito cito una nota sempre del Memoriale, in cui
Francesco, tornato tra le poche volte – forse l’unica – a Roma, visita Achille: «1845, 2 ottobre, ritornai a Roma, mi trattenni giorni.
Lasciai a mio figlio Achille sc. 30 che ci comprai un suo picciolo
quadro»29.
Un altro viaggio fu quello intrapreso il 6 gennaio del 1852,
destinazioni questa volta Napoli, Bari e Conversano (un viaggio
sicuramente inerente ai rapporti di Francesco con gli Acquaviva)
ritornando a Notaresco il 24 aprile dello stesso anno: le spese appuntate sommarono a 357 scudi, di cui 12,50 mandati proprio ad
Achille a Roma30.
Francesco, quindi, si stabilì definitivamente a Notaresco, nel
Teramano, ove, come ricorda una sua istanza per divenire suddito del Regno, aveva «una possidenza dello imponibile di ducati
28
29
30
Ms. Scaccioni, p. 3.
Ibid.
Ibid.
15
centodiciannove e grana 71»31 e qui amministrò le proprietà appartenute a quel monsignor D. Francesco Acquaviva, già padrino
del figlio Carlo, passate alla sua morte (Conversano 1830) alla
madre dello Scaccioni, Rosa Cataldi, in base ad un testamento del
lontano 175532.
Il 13 febbraio del 1856, lo Scaccioni ottenne finalmente il sospirato decreto divenendo suddito napoletano, così: «si ottenne la mia naturalizzazione in questo Regno, la spesa ammontò oltre 60 ducati»33.
Ma la sua attività di amministratore degli Acquaviva non fu
certo facile, i pochi documenti pervenutici sono tempestati di contenziosi legali intrapresi contro terzi, ritenuti usurpatori dei beni
dei duchi. E le controversie dovevano essere veramente cruente.
È il caso della famiglia dei Di Mattia, che decise persino di assassinarlo:
[…]la famiglia degli Di Mattia in generale che hanno spoliato il patrimonio Acquaviva di un centinaio di tommolate di terreno, e per tal
motivo gli ho dovuto fare la guerra civilmente.
[…] Tennero consiglio e risolvettero farmi assassinare per mezzo di
un sicario in Teramo nella mia permanenza che stavo ad assistere le
cause, per il prezzo di ducati 70 e già ne avevano anticipata la caparra in ducati 5. Il sicario e persona conosciuta, non avendo potuto eseguire questa operazione proposero di consumare il delitto per mezzo
di un individuo della loro stessa famiglia il più riprovato di pessimi
31
Collezione delle leggi e de’ decreti reali del Regno delle Due Sicilie,
1856, p. 84.
32
«Copia decreto della Vicaria chiesto da monsignor D. Francesco
Acquaviva datata 23 aprile 1802 che i beni sottoposti a maggiorascato del
quondam D. Carlo Acquaviva duca di Atri in forza del testamento e cavillo
aperto ai 21 gennaio 1755 che spettino a D. Francesco Acquaviva figlio
secondogenito del conte di Conversano D. Gio. Girolamo Acquaviva.Ms.
Scaccioni, p. 4.
33
Collezione delle leggi… cit.,p. 84.
16
costumi per essere rivoltato contro di loro stessi, esistono le querele.
Non hanno pure mancato di farmi delli ricorsi per farmi esiliare dal
Regno. Nel 5 ottobre 1856 si portarono in Roma per essere appoggiati dalla mia famiglia che pensarono lasciata (sic) 34.
Da notare che negli scritti non vi sono più tracce della sua attività di scultore! Né si menzionano opere precedenti.
Nel gennaio del 1866, si spegneva a Parigi, ove esercitava l’attività di incisore e mercante di gemme35, Carlo Scaccioni; è sempre il padre a ricordarlo nelle sue annotazioni: «14 gennaio 1866
cessò di vivere alle ore 4 doppo mezzogiorno in Parigi mio figlio
Carlo Scaccioni, lascia la moglie Madame Eugenia ed un maschio
Errico Scaccioni, la sua età circa 48 anni»36.
Due anni dopo, il 27 dicembre del 1868, moriva infine a
Roma, ove abitava con l’altro figlio Achille, la moglie Carolina
Pericoli: «7 dicembre 1868 cessò di vivere Carolina Pericoli
alle ore 9 matt.na in braccio di suo figlio Achille Scaccioni
nel ritorno che fece dalla messa nello spazzio (sic) di pochi
minuti»37.
Rimasto ufficialmente vedovo, Francesco si poteva risposare civilmente a Mosciano con la sua convivente Anna Capanna, la stessa che gli aveva dato negli anni: Enrico (1842), Rosa
Tomassina (1844), Edoardo (1846), Amalia Blandina (1848),
Augusto (1850), Adelaide (1852), nati tra Notaresco, Ripattoni,
e Mosciano:
10 di dicembre 1869 ho sposato alla Cancelleria Comunale con Anna
Capanna di anni 59 – Provincia dell’Aquila, Amatrice da 16 fin dal
34
Ms. Scaccioni, p. 5.
«Scaccioni, lapidaire, Faub. St-Honoré, 34». Cfr. Annuaire-almanach
du commerce, de l’industrie…, Paris, 1864, p. 77.
36
Ms. Scaccioni, p. 6.
37
Ibid.
35
17
1858 à vissuto con me, abbiamo avuto i seguenti figli: Enrico, Edoardo, Rosa, Amalia, Adelaide, e uno morto piccolo38.
Tra le ultime annotazioni dello Scaccioni sul suo Memoriale,
la morte del figlio Achille, in Roma, accompagnata, questa, da una
breve nota di mestizia: «l’ultima l’altra del 24 marzo del 1874 del
povero Achille che à cessato di vivere, il mio dispiacere ha penetrato il mio cuore; figlio eccellente»39.
Lo Scaccioni morì a Grasciano, una frazione di Notaresco, il
5 agosto del 1880, e fu inumato in un deposito nella sacrestia della
piccola chiesa di S. Maria Assunta. La vedova, Anna Lucia Capanna, lo seguì, sempre a Grasciano, alla distanza di pochi mesi: il 20
novembre dello stesso anno.
Tra i prosecutori della stirpe degli Scaccioni a Notaresco, quelli avuti da Anna Lucia Capanna (vedi AppenDiCe), ricordiamo i figli: Edoardo ed Enrico, quest’ultimo, arruolatosi ventenne (1862)
come volontario al seguito di Garibaldi, fu uno dei pochi garibaldini abruzzesi che si trovarono coinvolti nell’infelice vicenda di
Aspromonte40.
Concludiamo queste note ricordando, se pur brevemente, l’altro figlio dello Scaccioni, quello avuto dalla Pericoli, Achille, che,
come già accennato, fu pittore, restauratore e mercante d’arte, e
all’epoca «ben noto non solo come un pittore, ma anche come un
affidabile conoscitore e ottimo riparatore di danneggiate antichità
e opere d’arte». Ebbene, di Achille, al pari del padre, non ci sono
giunte molte notizie. Sappiamo che è indicato come alunno dello studio privato di Tommaso Minardi41, mentre non vi è nessun
documento inerente ad un suo presunto alunnato presso l’Accade38
39
40
41
18
Ibid.
Ibid.
Cfr. M.Muzii, Teramo e l’impresa dei Mille, Pescara, 1961, p. 102.
g. De sAnCtis, Tommaso Minardi e il suo tempo, Roma, 1900, p. 163.
mia di San Luca. In tutti i modi, le prime notizie giunteci sulla sua
attività artistica ci rimandano direttamente a dopo l’11 giugno del
1848, quando Achille Scaccioni rientrò a Roma dopo aver fatto
parte della 5a Compagnia della I Legione Romana, corpo di volontari che si era battuto con estremo valore alla difesa della cittadina
veneta assediata dagli Austriaci42. Ed a Roma la sua prima opera certa, commissionatagli (ante 1850) dal principe Marcantonio
Borghese, è la decorazione della Loggia delle Cariatidi in villa
Mondragone, a Frascati, ornamenti pittorici eseguiti con grande
garbo e maestria43.
Sempre per il Borghese, per il quale pare abbia eseguito
altri lavori nel suo palazzo romano, affrescò la volta della nave
maggiore nella chiesa di San Rocco con L’ossequio di san
Rocco alla suprema potestà della Chiesa Romana, ante 1864.
Nella stessa chiesa, lo Scaccioni, definito dal Leoni un «artista
che accoppia il merito, alla semplicità della vita, ed alle qualità migliori dell’animo»,44 eseguì, per il Pio Istituto della Via
Crucis45, pure la decorazione, opera terminata già nel 1858,
della cappella del Crocifisso, con le storie della Passione; e,
per la Confraternita di S. Rocco, tutti gli affreschi presso l’altar maggiore, di cui rimangono, ora, il Cristo benedicente nel
lunettone, e, nella volta del presbiterio, Il Padre Eterno con il
42
Nota dei graduati e militi componenti la 1° Legione Romana che il
giorno10 Giugno del 1848 difesero la Città di Vicenza redatta dal rapporto
ufficiale di S. E. il Sig. Colonnello Bartolomeo Galletti comandante la suddetta Legione, p. 11.
43
Per la decorazione pittorica della villa Mondragone, cfr. Lo“Stato
Tuscolano” degli Altemps e dei Borghese a Frascati. Studi sulle ville Angelina, Mondragone, Taverna-Parisi, Torlonia, a cura di M. B. guerrieri
Borsoi, Roma, 2012, p. 123 e sgg.
44
L’Album, giornale letterario e di belle arti, Roma 1858, Anno XXV, 7
agosto 1858, p. 196.
45
Ivi, p. 234.
19
Miracolo del cieco che recupera la vista e la Moltiplicazione
dei pani46.
All’inizio del 1860 lo troviamo impegnato nel rifacimento
della basilica Ostiense (assieme a molti altri allievi di Minardi);
e, verso il 1866, intervenne ancora una volta in un altro cantiere
a forte impronta minardiana come la basilica di Santa Maria in
Trastevere, ove eseguì un affresco (S. Dorotea) sulla parete sinistra
della navata centrale. E questa era, sino a qualche anno fa, l’ultima
notizia rintracciata sulla sua attività di pittore47. Ora, grazie ad alcuni studi recenti, possiamo aggiungere altre note alla sua biografia e,
maggiormente, sull’intensa attività di mercante d’arte48.
Ebbene, esaminando le opere della Galleria Strossmayer degli
antichi maestri, presso l’Accademia croata delle scienze e delle
arti a Zagabria, si sono trovati ben sedici quadri di antichi maestri forniti proprio da Achille Scaccioni per la collezione del
suo fondatore, Josip Juraj Strossmayer (1815 - 1905), vescovo di
Ðakovo, Bosnia e Sirmio. Come collezionista Strossmayer esordì
negli anni Sessanta dell’Ottocento quando, assistito dai suoi intermediari e consiglieri, raccolse intensivamente opere d’arte, per
lo più sul mercato antiquario italiano. Uno dei suoi più importanti
«Lo Scaccioni nominato eseguì tutti gli affreschi presso l’altar maggiore. Essi rappresentano il Padre Eterno nella volta dell’abside; il Signore
con una gloria di angeli nel lunettone; le città di Roma e di Gerusalemme;
il cieco che per miracolo di Gesù ricupera la vista; la moltiplicazione dei
pani, altro miracolo del Salvatore; la cena di esso con gli apostoli, e l’antico
sacrificio, ambedue soggetti simboleggianti il vecchio e nuovo testamento».
A. pellegrini, Itinerario o guida monumentale di Roma antica e moderna e
suoi dintorni, Roma, 1869, p. 344.
47
Cf. S. gnisCi, s. v. Scaccioni, Achille, La pittura in Italia. L’Ottocento, II, Milano, 1991, pp. 1010-1011.
48
Pasini Tržec - L. DuLibic, Formazione di collezione di opere d’arte
del vescovo Josip Juraj Strossmayer, contributo del pittore e restauratore
Achille Scaccioni, in «Zbornik za umetnostno zgodovino», n. v. 47 (2011),
pp. 120-139.
46
20
A. sCACCioni, Cristo benedicente nel lunettone, e, nella volta, Il Padre Eterno
con il Miracolo del cieco che recupera la vista e la Moltiplicazione dei pani.
Roma, S. Rocco, presbiterio, già 1864.
A. sCACCioni, Cristo sulla Via del Calvario, realizzato in affresco nella cappella
del Ss.mo Crocifisso in San Rocco, incisione tratta da L'Album; giornale
letterario e di belle arti, Roma 1858, Anno XXV, 7 agosto 1858, p. 195.
21
intermediari fu Nikola Voršak (1836 - 1880), canonico della collegiata di San Girolamo a Roma, fu lui a presentare sia Nicola Consoni (1814 - 1884), sia lo Scaccioni. Quest’ultimo, dapprima solo
procuratore e venditore dei quadri per la collezione di Strossmayer, dal 1867 divenne uno dei suoi consiglieri più fidati e con il
tempo non solo si assunse l’impegno dei restauri, ma divenne con
Consoni indispensabile consulente per quanto riguardava molte
questioni, che andavano dall’acquisto e valutazione dei dipinti,
fino alla loro collocazione, ecc.
Dall’interessante corrispondenza tra Voršak e Strossmayer conosciamo, così, come lo Scaccioni, negli anni ‘70 fosse stato incaricato dal vescovo della realizzazione degli affreschi della sua
cattedrale a Ðakovo, ma che, dopo solo due mesi di lavoro, il
30 giugno del 1873, fosse improvvisamente sparito, pretendendo però di essere pagato. Per la verità lo Scaccioni stava attraversando una grave crisi di esaltazione spirituale, causata, come
riferisce Voršak, da una sorta di “viaggio” nello spiritismo49. Lo
smarrimento spirituale di Scaccioni però non durò a lungo. Di lì
a qualche mese, già malato, si sarebbe spento a Roma il 28 marzo 1874, assistito dalla sorella Rosa in Armati e dal pittore Alessandro Marini, nella sua casa nel vicolo della Lupa. Sarà proprio
Voršak con sua la corrispondenza a fornirci indicazioni sulle circostanze della morte di Achille sottolineando pure che con la sua
scomparsa egli perdeva «un amico onesto e la collezione, una
persona meritoria»50. Alcuni giorni dopo, Voršak informò ancora
Strossmayer che i figli dello Scaccioni, ossia Augusto e Ludovico,
erano stati affidati ad una «famiglia aristocratica svizzera», e che
il pittore era morto pressoché povero e che le spese della sepoltura erano state divise tra gli amici, tra cui lo stesso canonico e il
vescovo Strossmayer51.
49
50
51
22
Ivi, p. 132.
Ivi, p. 133.
Ibid.
Si chiudeva così, in una nebulosa finale, e lontano dai parenti
in Abruzzo, la parentesi terrena di Achille.
Ritratto inedito di Achille Scaccioni, foto A. Marianecci (post 1860),
Archives cantonales vaudoises, fondo Couvreu de Desckersberg,
Chavannes-près-Renens, Lausanne.
23
AppenDiCe
CArlo t[ito]. DAlBuono, Scultura – Intorno ad una Leda, ed altre opere del Sig. Francesco Scaccioni, in «Il Tiberino», anno secondo
(1834), n° 6, sabato, 22 febbraro 1834, p. 22.
Le belle arti, queste figlie del sorriso di Dio, queste sincere imitatrici
della natura furono mai sempre e saranno il più vago adornamento della
terra, non accadde soventi volte che dovessero restare neglette, tra per
l’ignavia e la stoltezza di coloro che non si sentono l’animo inclinato a
siffatte cose, tra per la colpevole noncuranza dei potenti alcuni stringeva
obbligo di favorirle ed incoraggiarle. Con tutto questo però esse sono
state ognora coltivate, segno manifesto che gli italiani apprezzano più la
fama che l’oro, e ci gode l’animo in vero di veder uscir tuttogiorno dalla
mano degli scultori ed i dipintori delle opere a cui forse sorriderebbero
Fidia ed Apelle se il cielo ancora li tenesse fra noi. E venendo a parlare
più particolarmente della scultura, ci è grato il vedere venirci dinnanzi
delle statue e dei gruppi, che mostrano appieno con quanto ardore si
vada studiando in questa bella parte d’Italia, negli originali greci ed in
quelli dell’immortale Canova. Tra i molti che si studiano di seguire le
tracce del bello e del sublime è da annoverarsi il signor Francesco Scaccioni Napolitano.
Nel suo studio non ha guari ci è venuto fatto da ammirare parecchie
sue cose: tra le quali un gruppo rappresentante una Leda con Giove tramutato in cigno. Ella è come assisa sovra il suo manto che lo scultore
sagacemente ha finto le fosse caduto, per mostrarne le belle forme. Abbandona tutta la persona trasversalmente, e si fa a sostegno di una mano
che ha come fissata al suolo. Raccoglie poi col sinistro braccio il cigno
che sembra col becco volersi accostare alle labbra, e lo considera col
capo graziosamente inclinato verso di lui. Ci sarebbe malagevole molto
il descrivere a parole con quanta grazia sia portato a termine quel cigno,
e come in lui chiaro si manifesti il desiderio di ricevere le carenze della
giovinetta, e di esserle vicino. Del pari malagevole molto ci tornerebbe
il descrivere di quanta grazia e leggiadria si adorna la figura di Leda; e
24
come ne siano peregrine le forme, gentili le membra, e graziose le attitudini. La parte dei reni segnatamente, la parte sinistra del corpo dal petto
in giù, ed il braccio destro procedono con tanta maestria e morbidezza
di scalpello, da non lasciar nulla a desiderare, ed a sperare moltissimo.
Segue questo vaghissimo gruppo la statua di un amore scherzante con
una farfalla, che l’autore ha voluto coronare di rose come per dimostrare
che l’amore è tanto soave, quanto di breve durata. Non ci facciamo a
parlare più ampiamente di questa statua poiché allora saremmo costretti
a lodarne la delicatezza delle forme, la somma grazia del braccio e della mano, e finalmente la naturalezza delle rose di cui ha cinto il capo,
che inviterebbero la mano a raccoglierle; se potesse obbliarsi per alcuno
poco ch’elleno suono l’opera dell’arte e non della natura. Vengono quindi altre statue e bassorilievi parte copiati e parte originali di cui sarebbe
troppo lungo il far menzione.
Presentemente il signor Scaccioni è occupato a ritrarre in marmo i
due celebri leoni posti alla tomba di Rezzonico. Essi sono di dimensione
la quarta parte dell’originale e l’autore per renderli compiuti ha voluto
terminarvi dalla parte di dietro che nel monumento del Canova non si
vede affatto. Quanto a attuarsi a quest’impresa, quanto lodevole, ognuno
senza aggiungere pure una parola può agevolmente conoscerlo di per se
stesso, poiché sebbene se ne vedono in piccolo delle copie, pure quasi
niuna conserva quell’espressione e quella forza di scalpello di cui mantieni questi due sublimi capolavori dell’arte.
Carlo T. Dalbuono
25
Scaccioni
Giuseppe † già 1796
Bernardo (o Bernardino)
Napoli † 1826
Sp. Rosa Cataldi † Notaresco 1850
Giuseppe
Roma 1794 † Notaresco 1859
ex 1 Achille1
Roma 1817 † Ivi 28 marzo 1874
ex 1 Carlo2
ex 2
Enrico3
sp. Caterina Fedeli già †1882
Augusto Filippo9
Ludovico10
Roma n. 1853 † ? viv 1904
Roma 1855 † ivi 1904
Sp. 1882, 11 aprile, Anna Louise di Gabriel Bouthillier
de Beaumont (Ginevra) †192211 .
Oliviero12
Ada
n. Parma? 1883 † Roma 1970
Sp. 1912 Lionello Venturi di Adolfo (1885-1961)
26
F. Scaccioni, Monumento funebre a Felice Giorni (part.).
Francesco Vincenzo Luigi
Roma 1796 † Grasciano 1880
1 Sp. 1816 Carolina Pericoli († Roma 1868)
2 Sp. 1869 Anna Lucia Capanna († Grasciano 1880)
Rosa Tomassina4
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
Odoardo5
Amalia6
Augusto7
Adelaide8
Pittore, decoratore, mercante d’arte ecc. Nel 1848, Achille Scaccioni risulta far parte della Nota dei graduati e militi della 1° Legione di Roma (5° Compagnia) che partecipò alla difesa di Vicenza il 10 Giugno del
1848.
Roma 1818, † Parigi 1866. Incisore e mercante di pietre preziose. Sp. 1849, Eugenia Catellino, da cui
Enrico, n. 1858.
Notaresco 1842, † ivi 1914.
Notaresco 1844, † ?
Ripattoni 1846, † ivi 1917.
Ripattoni 1848, † ivi 1915.
Ripattoni 1850, † ivi Inf. 1851.
Mosciano 1850, † Castellamare 1934.
Citato nell’atto di morte di Ludovico.
Ludovico, Luc Robert, nato a Roma il 5 Settembre 1855; sposa (Roma, Aprile 1882) la ginevrina Anna
Louise Bouthillier de Beaumont (1848-1922). Colonnello, valdese, sepolto Cimitero Acattolico di Roma.
Nata il 4 Luglio 1848 a Les Eaux-Vives, Ginevra Svizzera. Valdese, morta a Torino l’ 8 May 1922 , all’età
di 73 anni.
Nato 1887 ca. Laureato in Ingegneria Industriale Meccanica. Valdese, morto a Torino il 4 febbraio 1956.
Sposa Linda Botti viv 1956. Senza prole.
27
Alberto Crielesi.
Laureato col massimo dei voti e lode, nell’Università della Sapienza di Roma. Storico
dell’Arte, Ricercatore, Saggista. Consulente storico-artistico in importanti restauri da
parte di Sovrintendenze, Enti, Comuni, come:
Albano: Palazzo Lercari; Casino Capizucchi Rospigliosi; Mandela: S. Vincenzo Ferrer;
Rocca di Papa: S. Maria di Palazzolo; Licenza: S. Maria Immacolata (Chiesa Vecchia);
Ciciliano: S. Maria Assunta; Roiate: s. Tommaso Apostolo; Vicovaro: S. Cosimato; idem:
Cappella di S. Giacomo (Orsini); Velletri: S. Antonio Abate; idem: S. Francesco; ecc.
Negli ultimi anni ha pubblicato diversi volumi, tra cui per il Lazio:
Il Complesso conventuale di San Cosimato presso Vicovaro, Roma 1995; Cerreto al suo
Patrono, Roma 1996; Vicovaro Sacra, la Cappella di S. Giacomo e la sua Madonna,
Roma 1996; Santa Maria “ad nives” di Palazzolo, Roma 1997; Le Fraternità del Tor
a Vicovaro: S. Maria del Sepolcro e S. Cosimato, Roma 1998; Composizioni e scritti
concernenti la Madonna di Vicovaro e viaggio fatto alla Stessa dalle Sorelle Mariane,
Roma 1998; Lazio Insolito: appunti di viaggio tra il sacro ed il profano, Montecompatri,
1998; Mandela, già Cantalupo e Bardella, spigolature d’archivio, Roma, 1999; Il pittore
fra Pietro da Copenaghen, al secolo Albert Küchler, Roma 1999; S. Maria di Palazzolo:
vicende storico artistiche, in “Il convento di S. Maria di Palazzolo sul Lago Albano”,
edito a cura della Soprintendenza ai Beni Ambientali e Architettonici del Lazio, Roma
2001; Ranuccio Farnese e la Croce di Vallecupola, in “Jacopo Del Duca “nell’hombra
di Missere”, catalogo della sezione romana della mostra ‘Michelangelo: grafia e
biografia, disegni e autografi del Maestro’, Roma, Palazzo Venezia, 26 luglio-6 ottobre
2002; Ranuccio Farnese und das prozessionskreuz von Vallecupola, in “Michelangelo:
graphie und biographie Zeichnungen und Schriften des Meisters Anhang Jacopo Del
Duca “im Schatten des Meisters”; Vincenzo Manenti: le commissioni degli Orsini di
Licenza- Roccagiovine, in “Il Cavalier Manenti ed il suo tempo”; Andrea Busiri: Il Pio
Stabilimento de’Poveri Infermi ad Albano, Albano 2007; Antonio Canova (1753-1822):
la locanda di Emiliano e Madame Récamier, Ariccia 2008; Francesco Giorni, Storia di
Albano, ristampa ed introduzione, Albano 2008; Albano Dimenticata, Dimore storiche,
personaggi e fatti, Albano 2009; Il Casino Capizucchi Rospigliosi e l’Istituto “Leonardo
Murialdo” in Albano, Albano Laziale 2011; Il Casino Maratti Zappi in Piazza S. Paolo
di Albano, il nido d’amore di Aglauro e Tirsi, Albano Laziale 2013; Le dimore storiche
di Albano, la città dimenticata, Albano Laziale 2015; S. Maria della Stella in Albano,
Storia e Sacralità nei secoli, Albano Laziale 2017; Filippo Gnaccarini, scultore romano,
Città di Albano Laziale 2017; Note sotto le Stelle, Ariccia 2017; Trilussa e Albano, Città
di Albano Laziale 2018.
Conservatore di Archivi e Beni storico - artistici di Enti pubblici e religiosi.
Docente per varie istituzioni culturali italiane ed estere, tra cui il Pontificio Antonianum
di Roma. Socio del Gruppo dei Romanisti; Ispettore Onorario per decreto del Ministero
dei Beni Culturali. Per meriti culturali è stato insignito della Cittadinanza Onoraria di
Vicovaro (2016) e di Albano Laziale (2017).
Prospetto della chiesa di Santa Maria delle Grazie in Albano,
come appariva prima della distruzione bellica (Da: Architettura Minore nel Lazio e Suburbio di Roma,
s.l. [Roma] 1940, tav. 40. Foto G. Pasolini dall’Onda)
La Chiesa di Santa Maria Assunta di Grasciano, frazione del comune di Notaresco (TE)
Luogo di sepoltura dello scultore Francesco Scaccioni (foto da Moving Teramo).
Arti Grafiche Ariccia
2018