Sono stato in vacanza, finalmente. Istria. Che dici: potrebbe essere italiana. Per fortuna o purtroppo non lo è. Che bella scoperta Rovigno, piccola città dolcissimo posto, turistica ma non troppo, gioiello che se avesse una multisala furba (ossimoro?) sarebbe il paradiso. E che belle le spiagge di Monsena, naturismo tranquillo e facile da raggiungere, autunno di sole e di mare, anche nei due giorni di pioggia, e una birra al tramonto fra tende bianche e una poltrona di vimini. Pola no, già troppo sputtanata. Tanti tedeschi, pochissimi italiani, qualche anglofono. Gli abitanti un po' liguri: chiusin chiusini, ma dagli tempo e si aprono come fiori in primavera. Sulla via del ritorno, poi, tutto un susseguirsi di incontri vicini e lontani, blogghici e non, da quelli più o meno concordati (il signor Fascino, assiduo commentatore della poison, esiste sul serio, e poi la signora Middlemarch che è sempre uno splendore, per non parlare di Simonetta che finalmente ha un volto), e poi gli elementi sorpresa: la mia amica P., che non riesco mai a pensarla in Triveneto anche se sta solo qualche decina di chilometri più su di Venezia, ed E., che mi dice «pranziamo insieme» ed è bello sapere che c'è, dopo anni e nonostante la mia antica stupidità, ed è altro da allora ma è sempre uno star bene e una felicità parlarci. Insomma sono tornato. E sto già pensando ai prossimi weekend in attesa del Tff.
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lunedì 5 ottobre 2015
mercoledì 15 aprile 2015
l(’)ago del leone
Per l’invenzione del titolo di cui nessuno capirà il sottotesto non è stato maltrattato nessun animale; al massimo è stata pacioccata (nei limiti permessi dalla medesima) una gatta stronza e un po’ puttana, che mi è sembrata ottimista ma non so quanto di sinistra. Ho fatto una cosa che, colpevolmente (forse), non facevo da tempo: andare a conoscere qualcuno che ha un blog. Nella fattispecie, roceresale. Ché mi piace come scrive da un sacco: le diedi anche dei premi quando lei non sapeva manco p’o cazzo chi fossi. Gli è che, di recente, complice fb, ci siamo anche conosciuti meglio. Indi(e) (sì, lo so, ho già dato con ’sto gioco di parole!), sono andata a trovarla sul lago. Quello grande, ma non abbastanza: una di quelle nozioni inutili che però sembrano sopravvivere all’analfabetismo di ritorno. Ho ragione, roce’? Perché questa donna insegna, quindi lo sa. E, oltre a essere molto divertente, ha molto altro in comune col sottoscritto, compreso il disprezzo per buona parte dell’umanità (vero poison?). Vabbè, ma come si dice in Lombardia (o nei posti che vorrebbero essere lombardi), «chi si loda s’imbroda», quindi cambiamo discorso e parliamo proprio di lombardi. I milanesi al lago sono precisi a quelli di 1992, ma rinchiusi dentro Vacanze di Natale, il primo. E pazienza se non sono a Cortina, parlano uguale. Disturbano uguale. Occupano uguale: aria, terra. Lago, no. E sì che io almeno un pediluvio l’avrei fatto tout de suite. Però ho preso una bella tinta, vivaddio, che in questo momento serve anche alla mia pelle un po’ provata (avete mai provato la mia pelle? adesso non ve la consiglio). Ho suonato delle maracas un po’ giocattolo tentando di stare a tempo con lo djembe, ma senza smettere un attimo di pensare a Parco Sempione degli Elii: la cosa fica è che mi hanno fatto delle belle foto. Quasi a mia insaputa, peraltro. E poi che altro? Musica varia, che è sempre un piacere. Scalini e ascensori dentro la montagna, tacchi altrui e intervalli di pranzo. Mangiato, tanto. Meglio a casa che fuori. Parlato, pure troppo, ché non sono abituato. Conosciuto una bella persona, di cui adesso, almeno, so un po’ di più.
lunedì 1 settembre 2014
è stato via
Cioè io, sono stato via. Cipro Nord, anzi Repubblica turca di Cipro del Nord, come recita la noia della politica. Vacanza di otto giorni. Non ce l’ho fatta a partecipare al day di Robin Williams, ma domani recupero, è già pronto, pardon. Che dire? Mare meraviglioso, spiagge belle ma trascurate, tra le quali una, spettacolare, Kaplica, che è sabbia ma anche e soprattutto una roba di scogli piatti e ondulati, paesaggi paralunari che se non la vedi non ci credi. Compagnia della ms e di mr Cì. Compagnia di giro, sì, ma anche un po’ difficile, che ti credi? Quasi come le responsabilità, i passati non ancora passati, a volte prossimi, a volte remoti, o quasi come la guida a sinistra (occhio allo specchietto!). Cibo meno vario che a sud e non così buonerrimo, ma ussignur quel posto a Mehmetçik che a vederlo da fuori, così pacchiano e solitario non gli avresti dato mezza lira (turca) e invece abbiamo mangiato da dio. Posto segnalato dall’ometto grasso in motoretta, presumibilmente spinto dal resto del paese (o almeno così ci piace pensare) a darci una mano mentre giravamo intorno in cerca della zivania. Sì, così dice la guida Lonely (che sarà sempre più lonely, se continua così) Planet: Mehmetçik paese della zivania. Una grappa spietata come il sole d’agosto: però se è fredda è una dolce morte, giuro. E noi l’abbiamo trovata a casa di uno che ci ha pure rimpinzato di canditi o giù di lì (sapete che io di dolci ne capisco come di astrofisica?). E poi? Burhan e il suo piccolo albergo-regno, gran fico e gran simpatico, cene a lume di candela, camerieri con quella faccia (e quelle capacità) un po’ così: chissà se hanno mai visto Genova. Tartarughe viste attraverso gli occhi e la mimica della ms che mi sembrava di essere lì, in mezzo al mar (senza camin che fumano). Donne con le cofane e gli occhi bistrati, bellissime. Ma anche donne coperte da capo a piè ammollo all’acqua: meglio musulmane costrette dall’integralismo o certi coglioni con la maglietta a guidare spetazzanti moto d’acqua? Chissà. Sicuramente meglio gli asini, tanti, ma quelli veri, che ragliano, mangiano carrube e tentano di scoparsi in mezzo alla strada, cazzo vuoi, noi eravamo qui molto prima delle macchine e della tua elemosina di pane o frutta, tsk! E poi Lois, che io pensavo fosse una donna, come quella di Superman, e invece era un poliziotto. Ma la vera superwoman era sua madre, santa donna meravigliosa, con le sue colazioni spettacolari a Büyükkonuk, un posto dimenticato dal mondo ma non dagli uomini (uh, che roba antropologicamente triste era il bar “degli uomini”) e sicuramente non da un dio, sempre ammesso che esista (sono sempre meno agnostico, sapevatelo). Cos’altro? Evitare Bafra e la sua musica del cazzo, sorta di Rimini con i templi greci finti e i colori di una stazione di servizio: un incubo. Famagosta è bella, Girne è carina, Nicosia è meglio al di là del muro. Raki come se piovesse, apre la fame meglio della maria. Tzatziki finto (senz’aglio), polpette meravigliose, agnello da sentir bestemmiare un vegetariano. Patate fritte basta, almeno per un anno. E sentire mr Cì che parla delle sue (dis)avventure di mare tra un sigaro e una zivania non ha prezzo.
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martedì 18 febbraio 2014
esterno berlinese
Dice il mio amico F. che Berlino non è Germania, e se lo dice lui che è mezzo tedesco forse è vero. Certo la pulizia e l’ordine, in certe zone, si vedono poco. C’è l’intransigenza, sì. C’è un buon senso civico, naturalmente, a volte persino fuori luogo: come fai a ricostruire con precisione quattro file costituite ciascuna da almeno 50 persone nel momento in cui rientri dopo un falso allarme per il quale hanno fatto evacuare la biglietteria? E, infine, nella mia piccola esperienza ho sperimentato l’efficienza, nel settore pubblico come in quello privato. Eppure ho visto gente di tutte le età bere in metrò qualsiasi cosa a qualsiasi ora. E il secondo giorno, in un corridoio del metrò, un barbone mi ha spintonato piuttosto male: gli ho abbaiato vaffanculo in italiano e m’ha mollato, ma un po’ mi sono cacato sotto. Detto ciò, ma quanto era narciso Helmut Newton? E quanto è bella la fondazione che ne porta il nome? Pazzesco come quel po’ di muro che rimane sembri una roba quasi di cartongesso, se non fosse per l’anima di ferro che s’intravede. Adoro le architetture contemporanee che convivono con il Bauhaus. Fa effetto vedere Alexanderplatz, Potzdamerplatz e la zona dello zoo come sono adesso e com’erano nei film di trent’anni fa. E mi fa impazzire che non ci siano tornelli o controllori, eppure la gente il biglietto dei mezzi lo paga. Bisognerà tornare da viaggiatore assoluto. Presto.
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lunedì 17 febbraio 2014
interno berlinese
Enorme. Mi sono sentito un po’ Totò e Peppino a Milano, ma senza colbacco, ché un febbraio così mite, mi dicono, non c’era da tempo. Però, insomma, abituato al Tff (che è sempre nel mio cuoricino, sappiatelo), qui mi sono trovato di fronte a millemila sale, anche distanti tra loro, e con una programmazione infinita. Certo, non ci si abbona. Su internet i biglietti sono pochi e, se non sai i trucchi, ti tocca fare almeno un’ora di coda. Però. Sòle poche, ma di quelle serie. Molti buoni film, alcuni molto molto buoni. Diciamolo subito, poi ne riparlerò nel dettaglio: il vincitore Bai ri yan huo non mi è piaciuto, mentre, tra i premi minori e collaterali ho amato Kreutzweg e 52 tuesdays. Non ho visto tutto quello che volevo ma, fatta la tara di quelli che hanno già una distribuzione, mi avanzano cinque-sei titoli da pescare nel torrente. Vip intravisti, pochi (io guardavo film, mica cotiche): Ken Loach, Gianni Amelio, Catherine Deneuve. Ho capito che il tappeto rosso mi attrarrebbe solo se io ne fossi protagonista. I buttadentro del Berlinale Palast sono giovanissimi e, tranne che per la benda, sono vestiti come Capitan Harlock. L’unica incazzatura è stata per la versione restaurata de Il gabinetto del dottor Caligari con la musica di John Zorn: organizzazione di merda, alcuni posti da schifo, ho litigato con la maschera in un inglese che come mi è venuto così bene è un mistero, introduzione di un quarto d’ora senza traduzione con due che, parafrasando Tarantino, «si sono fatti i pompini a vicenda». Vabbuò, quand’è che si rifà?
martedì 27 agosto 2013
enoikiazetai
Rieccomi. Mancato tantissimo? Ok, lo so, basta dimostrazioni d’affetto, in fondo sono stato via solo due settimane. Com’è facile capire dal titolo (non lo è?), io e la ms siamo stati in Grecia. Dove “affittasi” è la parola dell’estate, un po’ come da noi “crisi”. Che poi sono in crisi anche loro, ma seria: insomma hanno guai troppo importanti per trastullarsi l’uccello sulle sorti di un vecchio satrapo che nessuno ha voglia di seppellire. Difficile da immaginare? Mannò, di questo passo ci arriveremo anche noi (su le mani, ché diventate ciechi!). Comunque, la Grecia vivaddio è anche altro. È ouzo e tzaziki e tsipouro e metaxa a un tot di stelle e pesce in ogni dove. È un mare che ti ci perderesti dentro. È un lago salato così salato che in questa stagione è solo una distesa grigia che ti viene voglia di zomparci dentro. È sole che non sudi e che non teme ombrelloni. È un posto che da fuori non potrebbe ispirarti di meno, con un maitre tabagista dal figlio scemo e un paio di avventori stile Cinico Tv, nel quale poi mangi da dio. È musica anni Ottanta remixata in greco. È un b&b giovane, colorato, rock e incinto che ti fa colazione in una busta di carta piena di ogni bendiddio. È pietre che a toccarle senti la storia. È sabbia che si infila dove non sospetteresti. È vento che ancora adesso senti il silenzio. È Mr. Cì e i suoi racconti. Siamo noi che facciamo gli adolescenti, non sempre nel senso migliore. Impareremo. È patìn patàn di giornate volate troppo in fretta.
Mancanze - Salonicco 2013, © Dantès
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martedì 9 luglio 2013
sull'eco del concerto che insieme ci trovò
Lei, Diana Krall, vestito nero e tacchi rossi, Celindiòn con il facciotto, moglie devota (le ha anche scritto una moscia canzone) di Elvis rivincitadeinerd Costello, parole, saluti, ringraziamenti ma mai fuori posto, come i suoi capelli. Calcolata, immobile al pianoforte, la voce col cappello e senza, come forse ci si aspetta da lei, come nel video in quel ristorante, ti ricordi? E noi a chiederci come oggi: quanta tecnica? quanto talento? Mai una zampata. E allora viva il suo imperfetto, matto chitarrista col capello pisciato primi Beatles. Memento: recuperare un'altra qualche versione di On the sunny side of the street tipo questa. Lui, Jan Garbarek, l'ho conosciuto con la ms, prima mai coverto. Non è mai troppo tardi, perché forse sarà lontano dalla musica che ascolto (?), ma a me è piaciuto oltre ogni aspettativa. Lui con quelle sopracciglia un po' sataniche, un po' Elio stravolto. Lui con i suoi pompini al sax fatti con tenerezza, un po' nascosti. Con quel pianista apparentemente impassibile ai giochi di rimando di un Trilok Gurtu in stato di grazia, genio numero uno della serata. Lui neanche una parola, lui con quella faccia un po' così di chi mancava 18 anni da Perugia. Ussignur, Perugia non me la ricordavo così bella. Musica ovunque, di ogni genere, per ogni orecchio. Belle scoperte da uno, due, cinque, dieci euro compresoilcd lanciati nella custodia, musicisti di strada che ti riempiono il cuore più di quelli che avresti pagato il triplo. Una mostra fotografica bellissima, trovata per caso, di quelle che dici «ancora!». Al posto dell'ex pugile scontroso, un ristorante che è piaciuto quasi solo a me, un po' come il chitarrista della Krall. Giardini ombrosi dove il rockabilly si fa cazzaro a dovere. Voglia di restare ancora una settimana. Voglia che ti va bene anche prendere tre treni. Si rifà. Oh sì, se si rifà.
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mercoledì 26 giugno 2013
fuga a sud-est
Siamo tornati. Già da domenica all’alba se è per questo. Ché, per essere sicuri di svegliarci alle quattro del mattino, siamo giusto andati a letto all’una e mezza dopo una serata catanese fatta di solido teatro comico con due sempiterni leoni e la benedizione di Camilleri, ma anche di un po’ di struscio studiato dal tavolino del locale meno frequentato con una cameriera adorabilmente fuori di testa. Sull’aereo, in compenso, avrebbe potuto esserci un commando terroristico, non ce ne saremmo accorti tanto abbiamo dormito. Comunque, tutto questo per dire che avrei potuto scrivere un post già tre giorni fa, ma ho preferito commentare qua e là: i neuroni, per quello, servono meno. La testa, anche la pigmentazione, stavano ancora al mare. Catania, Ragusa, Vittoria, Modica, Porto Palo di Capo Passero, Noto, Siracusa, Catania. Uh, e Marzamemi, che non s’incula nessuno e invece è un posto davvero molto carino, dove tra l’altro ha sede questa ficata qui. Un momento di leggerissima follia in cui entriamo alla Collegiata di Catania canticchiando «Collegiata, collegiata/collegiata, linda collegiata/collegiata, no seas tan coqueta/collegiata al decirme que sí...». La facciotta di Montalbano in ogni dove. L’inaccessibilità delle spiagge nudiste direttamente proporzionale all’imbecillità degli italiani strillanti nel ridicolo carnevale dei costumi da bagno. E poi un autonoleggio che sembrava un suk, pranzo e cena con pesce a catafottere, e cioccolato, e ciliegie, e gelo di limone per aperitivo, e scale, tante scale, e discese ardite, e risalite, e gambe di legno e (a volte) cuore di stagno. Ah, la Smart non sarà mai la mia prossima macchina.
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giovedì 20 settembre 2012
i’ll be your mirror
Cipro si sente piuttosto inglese, ma d’altronde
Verbania pensa di essere lombarda. Così lì si guida a sinistra (a Cipro, non a
Verbania). E tutto sommato è facile, proprio come rompere il vetro di uno
specchietto in una strada stretta. Meno facile è cambiare marcia con la mano
che solitamente giace beata sul volante: quasi come tentare di estirpare la
parte migliore di Rocco Siffredi, solo tirando qualche bestemmia in più. Comunque,
a parte 15 euro (!) e sette anni di disgrazia (?), sono stato proprio bravo. E
questo nonostante guidassi uno scassone Suzuki, che farà bene moto e suv, ma
quanto alle utilitarie sembra gestita da marchionne.
martedì 18 settembre 2012
nostos
Il gelo penetra nelle birki ma io non demordo. Ho ancora Cipro addosso, con il mare, le spiagge, le camminate, il cibo, le bevute (i chili, porcazzozza!), l’assenza di notizie italiane e le poche straniere filtrate da due minuti di tv prima di cena. Per il mio compleanno ero a Nicosia, l’ultima città divisa in due. Non c’è un muro, e non ho ancora capito cos’è più triste, se un muro vero o una sfilza di case diroccate con il filo spinato in cima e un tot di sbarbatelli con il mitra a far la guardia. E pensare che Nicosia è una città quasi perfetta, culturalmente ricca, antica e moderna al tempo stesso. Ai faraglioni di Petra Tou Romiou donne giovani e non, specie dell’Est, si fanno fotografare abbrancicate alle rocce come pensavo non si facesse più dai tempi del calendario della Ferilli. Gli altri turisti si fanno fotografare e basta, sullo sfondo i faraglioni, il mare – bellissimo – non lo vedono neanche: scendono dal pullman, il tempo che ci metterebbero a pisciare e si riparte. Ho saputo chi ha vinto a Venezia domenica sera, finalmente non ho letto nessuna cazzata antitaliana durante il festival né quelle avvelenate e patriottiche post verdetto: so solo che ho un botto di roba da vedere. L’inutile film di una specie di Alan Smithee ha scatenato l’ira di mezzo mondo musulmano? Per dio, eliminate le religioni! Sempre domenica ho scoperto che sono uscite delle foto a tette scoperte della futura regina d’Inghilterra: mi è tornato in mente questo post, scusate l’autocitazione.
(Andarsene è un peccato però ciao ciao, © Dantès)
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sabato 30 giugno 2012
volver
Eh, la Spagna. Quel loro aver buttato nel cesso clero e duce, quel loro saper vivere, quella lingua che
tutte le volte sembra che l’hai dimenticata, poi ti accorgi che
visto che non l’hai mai avuta è un po’ difficile perderla, e
tiri fuori le parole più difficili da chissà quale cassetto del
cervello. Lanzarote: sottotitolo «e io che mi pensavo che fosse
tutto un ciabattare mare-spiaggia-mare». Cosa mi è rimasto?
Vediamo. I colori: una sequenza pressoché ininterrotta di rosso e
nero e bianco e grigio macchiati di verde. Il nostro grande
appartamento pagato quasi un cazzo. Lo spumante a colazione. L’uomo
con la birra in mano, sempre. Il sosia di Peter Griffin. Le opere
della sala principale del museo d’arte contemporanea di Arrecife e
la sua guida surreale. La sciatteria del ristorante stile James Bond
del medesimo museo. Famara che ti fa venir voglia di saper surfare. I cinque chilometri di strada sterrata per andare a Papagayo. Charco de Palo con il suo naturismo totalmente libero da dogmi. Il panorama lunare di Timanfaya, ancora più spettacolare in
quella perfetta giornata uggiosa. La spiaggetta nel centro di
Playa Blanca. Gli arredi della Fondazione César Manrique. Le chiese
chiuse come le cosce tese quando ti vuoi confessare (non era così?). La
degustazione di vini lungo La Geria. Il pesce, il mojo verde, l’aglio
in ogni dove. Lo spettacolare ristorantino fighettino in uno dei
posti più sfigati dell’isola. Il ronmiel, che sarà anche dolce ma
freddo ha il suo perché. La partita di chissacchì con chissacché
che stava lì in sottofondo mentre noi facevamo qualcosa di molto più
vero, più bello, più importante.
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martedì 5 giugno 2012
io c'è (e ha visto chiavari)
Ci sono giorni in cui fissi la pagina bianca. Altri in cui fissi il bianco degli occhi e ti perdi la pupilla. Altri che sudi su altre pagine che ti danno uno stipendio. E poi ci sono dei giorni... e delle lune, e del cinema (ma guarda!). Io c'è, e ha scoperto che dai e dai le strade che portano a Zena e dintorni non sono poi così scomode. Cominci a chiamare le curve e i paesi, e miss tomtom è solo uno iato tra «omminchia ancora tutta 'sta strada» e «guarda, siamo quasi arrivati». Chissà dov'è l'ex Piaggio. Ma in fondo il cielo era grigio, o forse comunque sempre più blu.
mercoledì 11 aprile 2012
un'idea come un'altra?
Van Gogh e Gauguin, l'idea del viaggio (e noi, un viaggio? tre giorni, sette giorni, dieci? decidiamo dove?). Tre palazzi e quei quadri che non ti piacciono, io che ci entro dentro, dietro quell'albero, nel dettaglio del gruppetto sullo sfondo. Venere con le smagliature, forse all'epoca facevano sesso, chissà. Piazza delle Erbe è un piccolo trapezio con le sedie impilate, emozione nulla, ricordi zero. Boccadasse (sì, tutt'attaccato) quando il sole arriva dopo il gelo e c'è solo voglia di rimanere. Ricci, magari. Non è periodo? Frutti di mare, uno qualsiasi, dormire, svegliarsi qui. Farci l'amore, magari. Tornarci, ancora meglio.
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lunedì 2 gennaio 2012
andeira da madeira
Due chili di frutta esotica a 39 euro nel mercato dei lavoratori e la faccia di Unfattovéro alla notizia. Le strade per Santana (che non è un western), compresa l'orrida strettoia per Ponta Delgada. L'albergo di Sao Vicente, di notte, con la montagna sullo sfondo, le luci del ristorante, padre e figlio al biliardo, come un quadro di Hopper in riva al mare. Prego no prato che non è un'orazione bucolica. Il rito del pane all'aglio. La degustazione di dieci Madeira diversi da Blandy. La picanha fatiada nel ristorante fichissimo con la stanza dei sigari e il sosia del figlio di Gheddafi (perché l'originale è in galera in attesa di processo, vero?). Canal Hollywood con i film in originale e i sottotitoli in portoghese. L'orrido comico che conduce Ok il prezzo è giusto. I prezzi nei locali, quelli sì, giustissimi. Le statue inquietanti del giardino botanico. Il vitello nel nulla di Ponta do Pargo. Fare il bagno al mare anche se è dicembre. Le piscine naturali di Porto Moniz, purtroppo in uno dei giorni più freddi (16 gradi). La passeggiata sulla spiaggia a Porto Santo, ma anche la bruttezza delle ville di Porto Santo. Le scalinate e il pisolo a Jardin do Mar. Il quartiere popolare di Paul do Mar. Il signore italiano con cui era piacevole parlare a colazione (giuro, non c'è ironia). È stata dura, ma siamo tornati.
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lunedì 7 giugno 2010
malta portami via
Se non vi ricordate Ciro Sebastianelli, non capirete il titolo del post, ma ormai ci sono quasi abituato. Che dire di Malta? Condensare è come cercare un vino in un winebar di Xlendi (stesso paesino nella cui scalinata ho lasciato qualche centimetro di pelle); un po' come trovare un angolo tranquillo a Paceville alle dieci di sera, ascoltare con piacere i discorsi di un turista italiano, vedere qualcosa di esteticamente brutto a M'dina e Rabat, trovare sporcizia sul lungomare di Sliema. In una parola, che poi sono due, è impossibile. Ma ne riparleremo in altri post. Apprendo dai vostri blog (a proposito: Anna, Ganfione, Poison, troverete miei commenti recenti a post vecchi di una settimana) che sono morti Dennis Hopper e Gary Coleman (la maledizione di Arnold è compiuta, credo sia rimasta in vita e non in galera soltanto la tata): speravo se ne andasse via per sempre qualcuno che lo meritava. Peccato.
Sliema, quasi tramonto © Dantès 2010
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giovedì 7 gennaio 2010
cose turche/3
Un venditore ambulante di giocattoli che canta spaidermén spaidermén spaider spaidermén sulle note di Jingle bells. I negozi di moda finto italiana intorno al nostro albergo. Un chilo e quattro di pesce da dividere in due sotto il ponte di Galata. Togli le scarpe-metti le scarpe-togli le scarpe. Un tram ogni due minuti. La voce sexy che annuncia l'arrivo a Gülhane. Burqa e minigonne inguinali. Tony Manero (quello del film cileno, cara Poison) vive qui, ha un piccolo ristorante e pensa di essere Al Pacino. La gentilezza, la disponibilità, anche nei quartieri ritenuti pericolosi, basta non parlare di sinagoghe. Per il traghetto? Secundu scalo. Damla su: esortazione sessuale o acqua gassata? Ignorare i giudizi della guida Lonely Planet (ma che città avrà visitato Virginia Maxwell?).
Ma il signor Lavazza lo sa? © Montecristo 2009
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