Magnetic Fields - Stephin Merritt

Magnetic Fields - Stephin Merritt

Il variety pop dei campi magnetici

Dagli esordi agli albori dei Novanta al capolavoro delle "69 canzoni d'amore", fino agli ultimi esperimenti pop: viaggio nella carriera ultraventennale di Stephin Merritt, vero professionista del pop e mente di uno dei gruppi più influenti di tutto il panorama indie: i Magnetic Fields

di Veronica Rosi

Avviso al lettore: questa monografia non è strutturata in ordine cronologico bensì in ordine alfabetico, e mira a offrire una panoramica dell'opera ventennale di Stephin Merritt, una delle migliori menti del pop americano contemporaneo.

A come "Absolutely Cuckoo"

"Absolutely Cuckoo" è una canzone dei Magnetic Fields il cui titolo vuol dire "completamente pazzo". Stephin Merritt è un uomo tanto colto e geniale quanto complicato e difficile. Un compositore che scrive le canzoni in sordidi bar gay con disco music di bassa lega in sottofondo, al punto che alcune canzoni vengono cestinate per essere palesemente influenzate da quel certo pezzo passato dal jukebox, non è a posto. Un musicista che soffre di iperacusia tanto da doversi tappare le orecchie se il pubblico applaude, e che se potesse non si esibirebbe mai dal vivo, non è a posto. La storia del ragazzino introverso e solitario cresciuto da una madre hippie in una comune giustifica solo fino a un certo punto la sua mania di vestire monocolore, di anteporre a qualsiasi risposta lunghi e imbarazzanti silenzi e di rispondere a monosillabi ai giornalisti che gli fanno domande stupide. Eppure questo brutto anatroccolo invecchiato male è probabilmente l'autore pop più geniale degli ultimi vent'anni. Un uomo che, senza mai aver parlato di se stesso, è riuscito e riesce ancora a emozionare chiunque si accosti alla sua musica.

B come "Born On A Train"

Merritt bambino viene trascinato in trentatré case diverse in 23 anni. Lungi dall'essere autobiografica, una canzone come "Born On A Train" è però l'inno ufficiale allo sradicamento sentimentale: "And I've been making promises I know I'll never keep/ One of these days I'm gonna leave you in your sleep/ I'll have to go when the whistle blows, the whistle knows my name/ Baby, I was born on a train".
The Charm Of The Highway Strip, l'album che contiene questo singolo ormai culto negli ambienti indie (celebre la cover degli Arcade Fire) esce nel 1994 ed è il disco con cui i Magnetic Fields, il gruppo principale di Merritt, escono dall'ombra e si affacciano in un panaroma musicale che, sebbene ancora genuinamente "indie" e sconosciuto al grande pubblico, sta esplodendo.
L'album è assolutamente fuori dal tempo ed è totalmente anomalo rispetto a tutte le tendenze dell'epoca. Merritt recupera il folk bianco americano e ne distrugge gli stilemi a colpi di sintetizzatore (emblematica "Two Characters In Search Of A Country Song"): è pop sperimentale, synth-folk romantico, volutamente lo-fi. Il tema del disco è la solitudine del viaggio e il dramma dell'abbandono, un leit-motiv del folk e del country che qui è usato in chiave metaforica a descrivere il doloroso percorso di cercare instancabilmente sé stessi. Innumerevoli i riferimenti alla musica tradizionale americana, il disco è un concept unico nel suo genere che passa da momenti di assoluto lirismo come "Crowd Of Drifters" ad autoironici pezzi da line-dance come "Fear Of Trains". E' uno dei pochi album dei Magnetic Fields cantato interamente da Merritt, e il binomio dolce-amaro che caratterizza tutta la sua produzione è perfettamente incarnato dalla sua voce inconfondibile, bassissima e indolente (lui si autodefinisce "un'ottava sotto Gene Martin"): "Some people don't believe in dying, but some of us don't believe in life".

C come "Crazy For You (But Not That Crazy)"

Sequel immaginario di "Absolutely Cuckoo", questa è una delle canzoni indimenticabili del capolavoro di Merritt e dei Magnetic Fields: il triplo album 69 Love Songs (1999). Celebre per la linea di synth "ring-mod" e la dichiarazione d'amore a contrario, pochi sanno che il basso suonato col Moog è "preso in prestito" dagli Sweet (per l'esattezza da "Lies In Your Eyes"), la batteria è rubata al sound Motown ma rallentata di 1/2, e il ritornello è ispirato a "Bette Davis' Eyes" di Kim Carnes. Questo per dire che non serve essere poi così originali per scrivere il disco pop del decennio. Per dirla con Merritt, che tra le altre cose è un critico musicale, il pop è fondato sul precedente, sulla copia creativa, sulla capacità di rielaborare le influenze. La forza principale di tutto 69 Love Songs è nella presa di coscienza di questo meccanismo e nella sua estremizzazione. L'album suona familiare come i Beatles, eppure è assolutamente unico, e non una delle 69 canzoni presenti somiglia all'altra.

D come Death

La morte, per il Merritt autore, non è che la necessaria conseguenza dell'amore. Il 99% del suo repertorio è fatto di canzoni d'amore, e non una è scevra da questo lato oscuro, da questo tragico effetto collaterale. In "The Death Of Ferdinand De Saussure", un altro pezzo di 69 Love Songs, l'autorevole linguista fa in tempo a dichiarare che dell'amore non si sa nulla, per poi venire brutalmente ucciso in nome di Holland-Dozier-Holland, il trio autore di buona parte del repetorio amoroso della Motown.
Quando Merritt fonda i Gothic Archies nel 1995 (vedasi G, più sotto), sostiene che la nuova band si distingue dai Magnetic Fields in quanto "ogni barlume di speranza è inesorabilmente spento". Se non altro, in "Underwear" ci viene detto in francese, giocando pesantemente sull'assonanza dei due termini, che la morte è solamente la morte, ma l'amore... è l'amore.

E come "Either You Don't Love Me Or I Don't Love You"

"Every time you feel wonderful, baby, I feel bad/ Either you don't love me or I don't love you, oh yeah". Questo è cioè che canta laconicamente Stephin nell'ormai storico Ep The House Of Tomorrow (1992). Personalmente, adoro questo Ep perché è la cifra di quello che i Magnetic Fields sono stati prima di 69 Love Songs: scanzonati, brevi, lo-fi, vagamente nerd, e con una buona dose di riverbero che male non fa. L'Ep è fatto di 5 loop-songs (ovvero canzoni basate sulla ripetizione di due accordi in croce), una formula che Merritt recupera constantamente, una migliore dell'altra, soprattutto se consideriamo i testi: "You look like Herbert von Karajan"; "Don't you know, love goes home to Paris in the Spring?"; "We're deprived and depraved" e "The record store is execrable" (dove la parola "esecrabile" fa rima con "tutto").

F come Future Bible Heroes

Stephin Merritt e Chris Ewen, DJ e musicista di Boston (ed ex-fidanzato, pare) formano i Future Bible Heroes nel 1997, ed esce Memories Of Love. Ewen è autore delle musiche e Merritt dei testi, anche se è difficile ignorare il tocco di quest'ultimo negli arrangiamenti. I Future Bible Heroes sono un gruppo synth-pop nel momento in cui il synth-pop è il genere più impopolare. Anche qui, pionieri: qualche anno dopo riesplode il sound anni 80 con il boom electroclash, e dopo aver fatto uscire un altro disco (Eternal Youth, 2002) e un paio Ep (I'm Lonely And I Love It e The Lonely Robot), il gruppo torna beffardamente in letargo nel 2003. I Future Bible Heroes sono come il loro nome: sono destinati a non essere mai famosi. E invece i dischi valgono eccome: Memories Of Love è Joe Jackson ubriaco che canta le canzoni rimaste fuori da un'immaginaria One Shot '80 Compilation (consigliatissimi la title track e il citazionismo kraftwerkiano di "Blond Adonis"). Eternal Youth ricorda quasi i Roxette, con degli arrangiamenti assolutamente anomali, quasi si fosse rotto il sampler. Il riferimento è alle dissonanze di "Dorisdaytheearthstoodstill", accompagnata dal suono di bolle di sapone che esplodono al centro della terra, e agli esperimenti à-laSakamoto di "Viennese Lift" e "Bathysphere". Impossibile non citare la dance decadente di "The World Is A Disco Ball" e la sua cosmogonia da depressione.

G come Gothic Archies

Terzo ma non ultimo eteronimo di Stephin Merritt, i Gothic Archies sbucano fuori nel 1995, e formalmente sono una one-mand-band  di Stephin, salvo l'aggiunta di Daniel Handler, fisarmonicista e autore di successo della serie per bambini "Una serie di eventi sfortunati", sotto lo pseudonimo di Lemony Snicket. Questo sconclusionato gruppo gothic-bubblegum partorisce un Ep eccezionale, The New Despair (Merge, 1996 e precedentemente uscito per la mini-etichetta dei They Might Be Giants).
The New Despair è talmente caricaturale nella sua tragica depressione che ottiene di fatto l'effetto opposto, aiutato da ritmi tutt'altro che lenti. La voce di Merritt raggiunge nuovi record di profondità nella sbilenca "The Tiny Goat" ("The tiny goat wanted a birthday party/ and sent out invitations to its friends/ but when the day came none of them remembered/ so it put out its eyes with fountain pens/ Suicide was not an option for the tiny goat"), ma il picco del disco è senza dubbio "The Dead Only Quickly", ballata al fulmicotone per pianoforte che non a caso verrà recuperata da Neil Hannon dei Divine Comedy.
Nel 2006 esce The Tragic Treasury, che trae ispirazione dai racconti comic-gothic di Lemony Snicket e lo accompagna nello spettacolo-presentazione degli stessi. L'umorismo nero e non-sense dei Gothic Archies si alleggerisce ulteriormente anche grazie ad arrangiamenti più teatrali e acustici, quasi da filastrocca ("Scream And Run Away", "Freakshow").

H come Holiday

Holiday arriva nel 1994, e anche se formalmente è il terzo disco per i Magnetic Fields, è di fatto il primo album del gruppo per come lo conosciamo oggi (manca solo John Woo), e uno dei dischi più amati. Holiday è uno dei precursori del suono dell'indie-pop come lo conosciamo oggi: recupero degli strumenti acustici, arrangiamenti toy-pop e produzione lo-fi. Oltre a tutto questo, è ricchissimo di pezzi veloci e adorabili, in primis la perla "Take Ecstasy With Me", ma anche "Deep Sea Diving Suit" e "All You Ever Do Is Walk Away". Il disco è un piccolo capolavoro e contribuisce a montare la popolarità del gruppo grazie anche all'originalità dei testi e degli arrangiamenti, che influenzeranno profondamente le generazioni successive. Una nota finale per il tributo synth-punk "In My Car", in cui John Foxx incontra i Rem.

I come I (l'album del 2004)

Temendo che gli ascoltatori interpretino le sue canzoni come autobiografiche se intitola un album I, Stephin Merritt pensa bene di giustificare il titolo facendo iniziare tutti i nomi delle canzoni con la lettera I. Con il senno di poi, sappiamo anche che I è il primo album della cosiddetta "trilogia no-synth", in cui Merritt esclude volutamente sintetizzatori ed effetti digitali dalla produzione dei Magnetic Fields (gli altri due album sono Distortion e Realism). I è infatti interamente acustico.
Pur vantando pezzi da novanta come "I Wish You Were My Boyfriend" che non potrebbe mancare in un immaginario "best of" della band, o "I Wish I Had An Evil Twin", il più bel brano pop per violoncello esistente, I paga il dazio di venire dopo 69 Love Songs. Al confronto, fa la figura di un album piatto a livello di produzione, e poco creativo a livello compositivo. Chiaramente, è tutto relativo, sebbene è percepibile nel disco una mutazione del "suono magnetic fields" storicamente spiegabile.
Contestualmente, infatti, Merritt comincia a lavorare come compositore teatrale in un paio di spettacoli neo-kabuki: il suo pop si fa hi-fi, si fa sofisticato. Tutt'altro che brutto, è la cosa più lontana da Holiday che i Magnetic Fields abbiano mai fatto. Agli ascoltatori più pazienti consiglio di sentire "Irma", un pezzo incredibile dove clavicembalo si sposa perfettamente con l'ukulele, e Brian Eno è plagiato così bene che se uno non lo sa, non ci arriva mai.

L come Love

La parola love compare 96 volte in 69 Love Songs. Vecchio o nuovo, triste o in fiore, ricambiato o vilipeso, l'amore è il grande protagonista della musica di Stephin Merritt. La definizione più espicita è senz'altro: "Love is like a bottle of gin/ but a bottle of gin is not like love" (da 69 Love Songs).

M come Magnetic Fields

I Magnetic Fields sono Stephin Merritt (voce, arrangiamenti, composizione, produzione, ukulele, chitarre, synth e buona parte degli strumenti), Claudia Gonson (amica storica di Stephin, inizialmente manager, poi batterista, poi pianista, poi seconda voce), Shirley Simms (seconda voce da 69 Love Songs in poi, è talmente brava che negli ultimi album canta spesso da sola), Sam Devol (violoncello), John Woo (banjo, chitarre).

N come New York City

Città base dei Magnetic Fields prima che Stephin si trasferisse a Los Angeles (2007 circa), è una delle principali fonti d'ispirazione per le canzoni del gruppo. Primo, perché è patria delle storiche influenze musicali di Merritt: il movimento Tin Pan Alley, Irving Berlin, Leonard Bernstein, Stephen Sondheim e Broadway - in altre parole, il fior fiore del pop d'autore americano che gli ascoltatori moderni pare abbiano colpevolmente dimenticato. Secondo, perché è in questa città gloriosa e inquietante che Stephin si aggira per comporre. Le citazioni sono innumerevoli: la Bowery, ex-patria dello storico locale punk CBGB's, il sempre decadente e vagamente hippie Lower East Side, il Village (l'anima artistica e gay della città) e il Brill Building, fabbrica del bubblegum. Terzo, perché è a New york, e in particolare da Mandolin Brothers, che Merritt viene a comprare le chitarrine vintage che suona nei suoi dischi.

O come Original Soundtrack

Ovvero i lavori di Merritt solista:
1) musiche del film "Eban & Charlie" di James Bolton
2) musiche del film "Pieces Of April" di Peter Hedges
3) musiche dello spettacolo off-broadway "The Orphan Of Zhao", "Peach Blossom Fan" e "My Life As A Fairy Tale" di Chen Shi-Zheng, raccolte nell'album Showtunes;
4) musiche dello spettacolo off-broadway "Coraline" (nel quale ha utilizzato il "piano preparato" di John Cage)
5) musiche dello spettacolo muto "20.000 leghe sotto i mari" (che dovrebbe debuttare a San Francisco il prossimo maggio - omissis)

P come Pop

Secondo Stephin Merritt, non ha senso parlare di autenticità nella musica pop, né di originalità. Nulla si crea e nulla si distrugge nel pop, e tutto si finge. Dati tutti gli eteronimi di quest'uomo, può aver senso citare il poeta portoghese Fernando Pessoa: "Il poeta è un fingitore/ Finge così completamente/ che arriva a fingere che è dolore/ il dolore che davvero sente".
Nel calderone di questo frutto contaminato che è il pop, Merritt ama due cose: la varietà, intesa come "tutti i generi tranne heavy rock" (vedi anche lettera V), e la brevità, intesa come "formato 45 giri", ovvero circa 3 minuti.

Q come Queer

Queer = gay. Esistono due diverse concezioni di "musica gay". Può essere musica gay quella composta da gay, o quella che piace ai gay. Nessuna di queste definizioni è soddisfacente, e le pubblicazioni in materia non vanno molto oltre il mero elenco di musicisti omosessuali. Premesso che a mio parere la musica gay esiste eccome, Merritt è un personaggio illuminante in questo senso. Non ha mai avuto bisogno di come out, perché, a suo dire, nessuno si aspettava che lui fosse eterosessuale. Di conseguenza, Merritt è il primo autore pop "naturalmente" gay, e la sua musica rispecchia esattamente questa concezione: nessuna delle sue canzoni d'amore dà mai per scontato che si tratti d'amore eterosessuale o viceversa, anzi, spesso le parti sono invertite doppiamente (in "Papa Was A Rodeo", Mike è una donna), e tutto questo senza ricorrere alla forzosa spersonalizzazione della canzone per renderla politically correct nonché tristemente neutra. Di converso, se è vero che le canzoni di Merritt nascono nei bar gay, anche un omofobo vi si può identificare in un secondo, a dimostrazione che l'amore non distingue. Quando Claudia canta "Acoustic guitar/ I am gonna make you a star/ Just bring me back my girl" o Stephin canta "When my boy comes down the street/ ... / And he's gong to be my wife" e insieme cantano "Yeah! Oh, Yeah!" non c'è alcuna differenza, non c'è alcuna politica, non c'è alcuna indagine sociologica da fare. Stephin Merritt si aggira con un chihuaua bianco e riesce comunque a essere queer senza tuttavia essere queer. E' un genio.

R come Reference

Reference è citazionismo. Se musicalmente Stephin è un citazionista professionista, uno talmente bravo a "farsi influenzare" che sebbene non riesca a trovare nulla di originale in quello che scrive non riesco nemmeno a citare tra le sue influenze nessuno in particolare, perché dentro c'è tutto e il contrario di tutto: dagli ABBA a Leonard Cohen, dai Kraftwerk ai Kinks, da Phil Spector agli Omd. Ma citazionismo vuol dire anche essere colti, nel caso di Merritt anche enciclopedici anche, e le sue liriche sono un continuo di personaggi della musica e dello spettacolo, di posti come il Boom Boom Room (storico locale gay di Laguna Beach), Elaine's nel Lower East Side, citazioni colte. I testi di Stephin Merritt sono pieni zeppi di figure retoriche sofisticate, rime poco scontate e vocaboli più da pubbicazione scientifica che da pop song. Celebri anche i suoi neologismi, tra cui mi permetto di citare "unboyfriendable" (da "All My Little Words").

S come Sixths

Ultimo e migliore eteronimo di Merritt, i The 6ths nascono perché nel 1992 lui non voleva cantare le sue canzoni. Così, i The 6ths sono di fatto il gruppo di Stephin Merritt dove Stephin Merritt fa tutto tranne cantare. Il primo disco è Wasp's Nest (1995), che vede come guest vocalist, tra gli altri, Lou Barlow dei Dinosaur Jr, Dean Wareham dei Galaxie 500, Rober Scott dei Clean, e Chris Knox dei Tall Dwarfs.
Insomma, una bella cricca di indies anni 90, messi a cantare pezzi distanti anni luce dalle loro normali produzioni, ovvero brani che appartengono al repertorio lo-fi bubblegum dei Magnetic Fields. Il risultato è un album fatto di alti e bassi, ma generalmente frizzante e coinvolgente al pari di Holiday, che vale un ascolto solo per "Falling Out Of Love (With You)" e "Here In My Heart".
Il secondo (e sin d'ora ultimo) allbum a nome The 6ths è Hyacinths And Thistles (1999), dove figurano Momus, il già citato Neil Hannon e un redivivo Gary Numan (che interpreta un pezzo che pare uscito dal suo stesso repertorio se mai fosse aggiornabile agli anni 90). Questo secondo disco in particolare sembra più accurato del precendente nel cucire addosso a ciascun interprete una canzone adatta alla sua interpretazione, e magistrale è Katherine Whalen degli Squirrel Nut Zippers che intona la dolcissima "You You You You You".

T come "The Desperate Things You Make Me Do"

Dopo un turbolento rapporto con varie case discografiche, per i Magnetic Fields il 1995 è l'anno della stabilità. Arriva John Woo, ex-compagno di università di Merritt e ottimo suonatore di banjo, e il gruppo fa uscire Get Lost come primo album per la Merge (1995) che resterà la loro etichetta fino a I.
Get Lost è quasi il fratello maggiore di Holiday, con qualche synth in più e meno lo-fi (ma mica tanto). Rispetto a Holiday è certamente più maturo, e, memorie affettive a parte, musicalmente migliore. Contiene un pezzo per ukulele come "With Whom To Dance" che potrebbe stare tranquillamente in 69 Love Songs, la ballata commovente di "Don't Look Away" e l'indie-synth-pop di "All The Umbrellas In London". Scherzi a parte, Get Lost è un disco senza errori e la miglior prova dei Magnetic Fields - 69 Love Songs a parte.

U come Ukulele

Per sfatare un mito, l'ukulele non è una chitarra. E neanche una chitarrina, è uno strumento con 4 corde e una cassa di risonanza di origine hawaiana con un suono acuto, brillante e leggermente stonato. L'ukulele fa parte della tradizione folk hawaiana ed è stato importato negli Usa in era pre-rock. Strumento di culto della scena Tin Pan Alley, è un classico dei Magnetic Fields. Tra le migliori ukulele songs a firma Merritt segnalo: "Queen Of The Savages", "This Little Ukulele", "You You You You You" (The 6ths) e "Smile, No One Cares How You Feel" (The Gothic Archies").

V come Variety

Merritt è un autore pop. Sebbene parte della sua produzione solista sia molto vicina all'operetta e alla musica da camera, la sua anima e la sua carriera appartiene al pop. Non certo pop da classifica, ma un pop mutante, a volte vicino al folk, altre volte vicino al synth, spesso retrò. Il pop è un genere che fa della semplicità la sua bandiera, per restare orecchiabile e piacere a tutti. Ma a Stephin piace cambiare, piace sperimentare stili differenti, gli piaccono le sfide e i concept-album. E' ormai un produttore-arrangiatore con vent'anni di esperienza, e sa essere preciso come un George Martin. Se c'è una ragione per cui un cantautore che fa bubblegum non è in classifica, è perché il suo bubblegum non è mai banale, non è mai quello che ti aspetti. Variety è arte come intrattenimento, evasione e insieme identificazione, pop per professionisti, insomma.

W come Wayward Bus

The Wayward Bus, insieme a Distant Plastic Trees, fa parte degli albori dei Magnetic Fields, quando nel 1992 Stephin era troppo timido per cantare e c'era Susan Anway. I due album sono sostanzialmente equivalenti, e sebbene già rivelino chiaramente il sound Magnetic Field, sia negli arrangiamenti che nelle melodie, sono palesemente acerbi e tutto sommato prescindibili in mezzo a una produzione così ricca.
Canzoni valide, soprattutto per chi ama il pop lo-fi, sono "Jeremy", "Railroad Boy", "100000 Fireflies" e "Josephine" ("If I were Napoleon/ You would be my Josephine")

X come "Xavier Says"

Palesemente ispirata a una conversazione origliata in un gay bar di New York, "Xavier Says" potrebbe essere stata composta da Stephin nel 1995, se non fosse per la produzione da shoegaze estremo che la riconduce agilmente a Distortion (2008), semi-tributo ai Jesus And Mary Chain, che a parere di Merritt sono stati gli ultimi ad inventare un nuovo suono nel rock.
Distortion è tutto un riverberare, persino di strumenti acustici, e l'effetto finale può essere parzialmente disturbante. A un ascolto attento, però, la produzione è particolarmente interessante. Una canzone natalizia come "Mr. Mistletoe" versione shoegaze è effettivamente qualcosa di parecchio originale.
Non tutto il disco regge la prova di forza, ma un anthem come "Three-Way" o la ballata mid-tempo di "The Nun's Litany" e l'horror-pop di "Zombie Boy" entrano di diritto nel miglior repertorio Magnetic Fields.

Y come "You Must Be Out Of Your Mind"

Non pago dell'abuso elettrico di Distortion, Merritt passa all'estremo opposto. Arrangiamenti "formalmente folk", niente di elettrico, influenze chiamate in anticipo (Joshua Rifkin, arrangiatore MOR-psych-folk), come nel precedente disco, con qualche perplessità in più per la produzione, fatta di oscuri strumenti vintage-folk suonati senza particolare ambizione ed effetti-eco sulle parti vocali.
Opposto a Distortion, eppure in qualche modo simile, soprattutto a livello compositivo, Realism (2010) vanta singoli come "Better Things", "I Don't Know What To Say", "You Must Be Out Of Your Mind" e l'esilarante "We Are Having a Hootenanny". Merritt divide le parti vocali con le sue ormai storiche sparring partner Gonson e Simms, e il risultato finale è tutto sommato soddisfacente. La verità è che i Magnetic Fields ormai sono una cosiddetta bona fide band, ovvero un gruppo che gode di ottima fama, al punto che ogni nuovo disco è quasi una garanzia di qualità.

Z come Zebra

"Zebra", la traccia che "casualmente" chiude 69 Love Songs ed è certamente stata composta esclusivamente per avere una canzone che cominciasse per zeta. Allo stesso modo in cui Merritt strumentalizza le lettere a scopi compositivi, io strumentalizzo la zeta per chiudere la panoramica su questo artista complesso e tentacolare, sperando che il prossimo album dei Magnetic Fields inizi per zeta.


* * *


Postfazione (i Magnetic Fields dopo il 2010)


Il 2011 vede l'uscita di un disco a nome del solo Merritt, Obscurities. Si tratta, citando la recensione, di "una pubblicazione interlocutoria buona per recuperare dal mucchio una manciata di pezzi minori solo per modo di dire". Un disco prescindibile sia per i nuovi adepti al culto Merritt (a parte la commovente "Forever And A Day", candidata a mia marcia nuziale, il resto è veramente oscuro: solo b-sides e outtakes), sia per i cultori, che già si sono procurati ogni chicca unrealeased per vie più o meno legali. Insomma, salvo manie di completismo, evitabile. Nota storica: con questo disco il gruppo cambia etichetta, tornando alla storica Merge Records.

Nel 2012 esce l'atteso nuovo album Love At The Bottom Of The Sea. I Magnetic Fields rompono in maniera decisa col precedente repertorio: arrangiamenti sperimentali ed elettronici, testi sarcastici, e durata media per canzone 2 minuti e mezzo. La combinazione ha un effetto insieme euforico e straniante. Pochi se ne accorgono, ma è un cambiamento stilistico piuttosto radicale, che vira verso estremismi e sperimentalismi. Stephin Merritt annuncia un nuovo disco dei Future Bible Heroes in arrivo, facendo presagire una potenziale trilogia synth-pop.

Merritt torna invece al pieno controllo della propria carriera con il quintuplo 50 Song Memoir (2017), di nuovo a nome Magnetic Fields. Merritt suddivide così la propria esistenza in cinque età, infanzia, giovinezza, maturità, età adulta e presente, dedicando a ciascuna un disco, e una canzone a ogni singolo anno dei suoi cinquanta appena compiuti. Primo e più ovvio referente sembra essere il celebrato 69 Love Songs, per ambizione e respiro, ma l’autobiografismo riporta anche al Mark Everett di Blinking Lights. Nel primo Cd, piuttosto improntato all'imitazione vi sono almeno due highlight, il ballo di "’69: Judy Garland" e "’72: Eye Contact", costruito in uno scenario degno di Lol Coxhill. A parte una "’66: Wonder Where I’m From" che ricalca la "Jingle Bell Rock", e una vaticinante e quasi Doors-iana "’70: They’re Killing Children Overe There", l’autore imita anche sé stesso in "’71: I Think I’ll Make Another World", con il suo tipico refrain angelico. Il secondo disco frana un po’, ma si riscatta poi in “’83: Foxx And I” e “’84: Danceteria!”, dadaista quanto la “Da Da Da” dei Trio. Una delle più ambiziose di questo ciclo Balzac-iano di vita è il melodramma di “’77: Life Ain’t All Bad”. La scricchiolante “’78: The Blizzard Of ‘78” sembra una sua canzone passata a un grammofono a 78 giri che gracchia e perde giri. Il terzo Cd è quello più sbizzarrito, meno agganciato all’insistito uso della rima e del ritornello. La flottante “’86: How I Failed Ethics”, cantata col suo più tipico baritono più grave, è praticamente un flusso di coscienza sui suoi dubbi negli studi scientifici. Un tocco di psichedelia, “’87: At The Pyramid”, hippismo, “’88: Ethan Frome”, e di reggae fatato, “’94: Haven’t Got A Penny”, aprono i fronti stilistici, fino a una “’89: The 1989 Musical Marching Zoo” e alle loro degenerazioni, i passi hare-krishna robotizzati di “’90: Dreaming In Tetris” e “’95: A Serious Mistake”. Un altro picco è “’93: Me And Fred And Dave And Ted”, ma il colpo di genio qui è “’91: The Day I Finally…”, con Merritt che canta da crooner Sinatra-esco accompagnato seccamente solo da percussioni metalliche e concertina. Quarto e quinto disco fanno più che altro sentire i limiti fisiologici di cotanta durata. Alla fine il bollettino un po’ sconcerta: metà delle canzoni poteva forse essere omessa, e dai cinque dischi se ne poteva fare uno solo che avrebbe fatto parte della sua carriera più felice. Ramificato e capillare, non ha però la statura del classico. Un ascolto senza malizia vi può estrarre mini-filoni che concorrono a definire l’autore, e la sua persona, pure più delle liriche e del dispersivo disegno primigenio: favolistico, sperimentalista, d’intrattenitore, di danza, d’autoparodia, e altri ancora.

Per un artista come Stephin Merritt la vera sfida non è essere sempre all’altezza della fama, quando mostrare a se stesso di poter affrontare limiti e regole, a costo anche di scontentare le attese, ed è quello che in sintesi rappresenta Quickies (2020).
Album della sintesi estrema, ricco di schizzi armonici contrabbandati per idee in possibile espansione, perfetto campionario di perfezione e frustrazione, un progetto che rischia di spingere l’ascoltatore alla follia o alla disperazione.
Nessuna canzone che si avvicini ai tre minuti (limite massimo 2:35), ventotto istantanee che mettono insieme un racconto di un’umanità surreale che sembra uscita dal film di Lars Von Trier “Idioti”, tra donne con tre seni, onanisti seriali, orgie e gangbang, relazioni pericolose, fughe in moto, brani i cui titoli sono perfino più geniali delle canzoni stesse (“The Biggest Tits In History”, “The Day The Politicians Died”, “I Wish I Were A Prostitute Again”, “Kraftwerk In A Blackout”). 
Difficile che qualcuno trovi in Quickies una melodia da amare o inserire in una playlist. Anche gli amanti della brevità resteranno sopraffatti da tanta irriverenza nei confronti dell'arte pop. Ed è proprio in questa avversione generata dall’ascolto delle 28 miniature di Merritt, che si nasconde il fascino discreto di un disco intelligente (“Castle Down A Dirt Road”) e nello stesso istante irritante (“Song Of The Ant”).
Solo dopo vari ascolti le canzoni assumono una forma definitiva (“The Best Cup Of Coffee In Tennessee”, “The Price You Pay”), alcune restano insignificanti e superflue (“Come, Life, Shaker Life!”), altre si palesano come geniali (“Evil Rhythm”) o dilettevoli (“When She Plays The Toy Piano”). 

E' dunque nello sforzo che viene chiesto all’ascoltatore, il senso di un album come l’ultimo dei Magnetic Fields. Quickies sono le sveltine, ovvero quelle avventure fugaci che possono avere il fascino dell’attimo fuggente (la già citata “The Day The Politicians Died” e “When The Brat Upstairs Got A Drum Kit”) o la vacuità del nulla (“Rock 'N' Roll Guy”), relazioni fisiche e mentali che lasciano un senso di piacere (“Kill A Man A Week”) o di vuoto (“Favorite Bar”), ma a volte da un breve incontro nasce l’autentica passione (“I Wish I Had Fangs And A Tail”), ed è quella che potrebbe provocare in alcuni, ma non in tutti, l’ascolto di questo ultimo diario scomposto di Merritt e C., un progetto non privo di difetti ma mai sprovvisto di quella lucidità progettuale che è il vero punto di forza dei Magnetic Fields.

Contributi di Marmoro Gianfranco ("Quickies")

Magnetic Fields - Stephin Merritt

Discografia

THE MAGNETIC FIELDS

Distant Plastic Trees (Red Flame, 1991)

6,5

The Wayward Bus (PoPup, 1992)

6,5

The House Of Tomorrow (Ep, Feel Good All Over, 1992)

7

Holiday (Feel Good All Over, 1994)

7,5

The Charm Of The Higway Strip (Merge, 1994)

8

Get Lost (Merge, 1995)

8

69 Love Songs (Merge, 1999)

9

I (Nonesuch, 2004)

7

Distortion (Nonesuch, 2008)

7,5

Realism (Nonesuch, 2010)

7

Love At The Bottom Of The Sea (Merge/Domino, 2012)

7,5

50 Song Memoir (Nonesuch, 2017)

6

Quickies(Nonesuch, 2017)

6,5


THE 6THS

Wasp's Nests (London Records, 1995)

6,5

Hyacinths And Thistles (Merge, 2000)

7


FUTURE BIBLE HEROES

Memories Of Love (Rykodisc, 1997)

7

Eternal Youth (Instinct, 2002)

7


THE GOTHIC ARCHIES

The New Despair (Ep, Merge, 1997)

7

The Tragic Treasury: Songs From A Series of Unfortunate Events (Nonesuch, 2006)

6,5


STEPHIN MERRITT

Eban And Charley OST (Merge, 2002)

6

Pieces Of April OST (Nonesuch, 2003)

7

Showtunes (Nonesuch, 2006)

6,5

Obscurities (Merge, 2011)

5,5

Pietra miliare
Consigliato da OR

Magnetic Fields - Stephin Merritt su OndaRock