Charlie
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Una newsletter sul dannato futuro dei giornali.
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Domenica 8 settembre 2024
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Torneremo da questa vacanza sparigliando, e segnalando stavolta un format dei più autorevoli giornali americani su cui avere delle diffidenze piuttosto che delle ammirazioni: ed è un tipo di articoli che espongono in maniera ingannevole e sproporzionata l'opinione e il comportamento di un numero limitatissimo di individui, dando l'idea che si tratti di una maggioranza, o di un fenomeno esteso. Voi direte che questa sopravvalutazione avviene anche sui media italiani, spesso: è vero, ma è un po' diverso, sui media italiani si esagerano esplicitamente le dimensioni di "tendenze" probabilmente assai limitate o di limitata durata. Invece su giornali come il
New York Times
o il
Wall Street Journal
o il
Washington Post
si riferisce correttamente che quello che viene riportato riguarda la persona A, la persona B e la persona C, per un totale di tre persone (o cinque, o otto): ma nei fatti il riportare il pensiero o l'esperienza di quelle tre persone, e farne un
titolo
, dà l'impressione non che si tratti di tre storie singolarmente interessanti ma statisticamente insignificanti, quanto di tre storie esemplari e prevalenti. Meglio essere diffidenti di quei
titoli
.
Fine di questo prologo.
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Le foto che non vediamo
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Tra i tanti aspetti della balenga storia che ha portato alle dimissioni del ministro Gennaro Sangiuliano, uno riguarda i giornali ed è
affiorato
solo parzialmente, ma abbastanza da incuriosire i profani che non conoscono queste consuetudini, tenute nascoste per loro definizione. È stato raccontato che sulla relazione tra il ministro e Maria Rosaria Boccia sono circolate delle fotografie di paparazzi che alcune riviste avrebbero ricevuto decidendo di non pubblicarle:
secondo
alcune dichiarazioni di Boccia questo avrebbe dato degli strumenti di ricatto alle riviste stesse nei confronti del ministro.
La pratica è in realtà assai frequente e riguarda personaggi pubblici di vario genere, e anche politici. Per ogni servizio fotografico scandalistico pubblicato che rivela ai lettori relazioni - o comportamenti - che i protagonisti avrebbero preferito non far conoscere, molti altri non vengono pubblicati, preferendo le riviste stesse conservare degli utili e preziosi rapporti coi protagonisti stessi. A volte questo avviene con una telefonata da parte dei responsabili della rivista che avvisa i soggetti di avere ricevuto la proposta di acquistare delle foto sgradite ai soggetti, a volte sono i soggetti stessi a intervenire quando ne vengono a conoscenza; a volte la rivista rifiuta quindi il servizio al fotografo, che però può allora proporlo a un'altra testata; quindi è frequente anche che la rivista - con ulteriore indulgenza per i soggetti fotografati - acquisti il servizio senza pubblicarlo.
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Dubbi sui podcast
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La sostenibilità economica dei podcast è stato ed è tuttora uno degli argomenti maggiori nelle attenzioni e nei dibattiti intorno alle generali sostenibilità dei prodotti di informazione, in questi anni. Perché i podcast sono un ennesimo - e grande - esempio della frequente contraddizione tra il "successo" di un prodotto digitale e la sua capacità di ottenere ricavi economici sufficienti a coprire i suoi costi.
E come in molti altri casi precedenti, nessun modello economico unico e universale è stato individuato che possa rendere "profitable" o almeno sostenibili i podcast in generale: chi li produce si è finora affidato - con risultati nella maggior parte dei casi insoddisfacenti - a raccogliere inserzioni pubblicitarie (poche, e povere), a farseli pagare dalle piattaforme che li distribuiscono (solo quando il podcast ha grandi attrattive), a produrre parallelamente podcast sponsorizzati da aziende interessate alla promozione dei propri interessi (oneroso, in risorse, tempo e denaro), a sperare in fortunate vendite di diritti televisivi (rare).
Per la gran parte dei giornali, in realtà, il processo auspicato è quello di un ricavo indiretto: che i podcast, ovvero, diventino parte di un'offerta che invita gli ascoltatori all'abbonamento al giornale. Sia perché il podcast può essere solo per abbonati, sia perché avvicina al prodotto editoriale complessivo e ad abbonarsi successivamente.
Ma il processo è, appunto, auspicato: alcune testate ne registrano risultati soddisfacenti (misurarli non è sempre facile, proprio perché il percorso è in parte indiretto), molte altre non ancora.
E siccome il tempo passa, e la diffusione dei podcast non è più una novità su cui poter fare ancora grandi esperimenti di monetizzazione, sono notevoli
la scelta e la considerazione
che ha fatto il
Boston Globe
, il maggiore quotidiano di Boston e uno dei più importanti e storici degli Stati Uniti. Che ha deciso nel giro di poche settimane di ritirare un investimento previsto sui podcast, spostando su altri ruoli tre persone appena assunte per occuparsi dei podcast, con la motivazione che i podcast "non attraggono abbonati". Non è una generale inversione di tendenza, è un caso finora unico tra le grandi testate: ma qualcosa dice delle insoddisfazioni di una parte - una parte - dei giornali con i podcast.
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Cancellare è un po' più facile sui siti GEDI
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Dallo scorso giovedì le testate del gruppo editoriale GEDI hanno introdotto un sistema di semplificazione delle pratiche di cancellazione degli abbonamenti. La
questione
è annosa e internazionale: molti abbonati a testate digitali
protestano
per quanto sia reso difficile disdire gli abbonamenti, procedura su cui tanti siti impongono una serie di ostacoli per cercare di demotivarla. E negli Stati Uniti più volte negli anni scorsi istituzioni governative hanno
ordinato
che le cancellazioni debbano avere la stessa semplicità delle attivazioni di abbonamenti.
Spesso le testate italiane chiedono agli abbonati di inviare un fax, o una PEC, o di telefonare, sapendo che questo disincentiva gli abbonati stessi: adesso GEDI ha infine inserito un tasto per cancellare l'abbonamento alle proprie testate online (
Repubblica
,
Stampa
), come già fanno diversi altri siti (il
Post
, per esempio). La possibilità non è visibilissima e il sito non fa niente per comunicarla meglio - per concludere la pratica serve poi superare le richieste di sette pagine successive - ma è un apprezzabile progresso.
"Per disattivare il Servizio, al fine di fornire data certa alla relativa comunicazione, l’Utente può, in via alternativa: i) contattare l’assistenza clienti al numero 06/89834120, dal lunedì al venerdì dalle 9:00 alle 21:00 e il sabato e prefestivi dalle 9 alle 15, festivi esclusi. La chiamata non avrà alcun costo aggiuntivo, salvo eventuali costi applicati all’Utente dal proprio operatore telefonico in base al piano tariffario prescelto. In questo caso l’Utente riceverà un’e-mail di conferma dell’avvenuta disattivazione; ii) inviare una PEC all’indirizzo [email protected], specificando l’oggetto e la User ID necessaria a identificare i Servizi di cui si chiede la disattivazione. Oppure attivare la procedura di disattivazione online, cliccando sull’apposito pulsante di disattivazione presente nell’area “Abbonamenti” all’interno dell’area personale utente. Si precisa che il pulsante di disattivazione non potrà essere selezionato per gli abbonamenti a tempo indeterminato già disattivati dall’Utente mediante una delle modalità di cui ai punti i) o ii) che precedono".
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I quotidiani a giugno
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Domenica prossima riferiremo i dati di diffusione dei quotidiani nel mese di luglio, che come di consueto vengono pubblicati poco più di un mese dopo. Rimandiamo quindi a questo prossimo aggiornamento, limitandoci a sintetizzare qui i dati relativi a giugno
per le testate maggiori
: leggermente migliori di quelli di maggio, ma più o meno con le solite perdite medie intorno al 10% rispetto a un anno prima per quanto riguarda il dato che privilegiamo abitualmente, ovvero quello che esclude le copie promozionali, quelle omaggio, quelle scontate oltre il 70% e quelle vendute in quote "multiple" ad aziende, organizzazioni e istituzioni.
Corriere della Sera
-6,6%
Repubblica
-12,6%
Stampa
-14,5%
Sole 24 Ore
-5,7%
Resto del Carlino
-9,2%
Messaggero
-9,9%
Nazione
-7,9%
Gazzettino
-5,3%
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Varie di cronaca
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Un po' di link a cose che sono successe, su cui siamo sbrigativi - scusate - per affollamento di notizie al ritorno dalle vacanze. Nelle settimane prossime ne riprenderemo altre.
- ci sono agitazioni all'
Espresso
, settimanale con
una ininterrotta storia
di agitazioni da quando è stato venduto dal gruppo GEDI due anni fa. La redazione ha
annunciato
uno sciopero lunedì scorso, l'editore e il direttore hanno
risposto
per le rime, i giornalisti si sono
arrabbiati
ulteriormente.
- il
Washington Post
ha pubblicato un lungo
articolo
dell'editore del
New York Times
, allarmato sui rischi per la libertà di informazione se Trump dovesse vincere le elezioni.
- ha fatto un ulteriore
progresso
verso l'introduzione ufficiale la
norma
italiana sulla pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare, quella chiamata "legge bavaglio" dai suoi critici, con
critiche
e
altre critiche
ai critici.
- gli ultimi dati di bilancio del
Guardian
, il più importante quotidiano britannico,
non sono buoni
: il giornale ha annunciato di volersi muovere verso altri ambiti di ricavo, a
cominciare
dalle affiliazioni coi siti di e-commerce.
- il direttore del
Foglio
ha
riassunto
mercoledì una serie di novità introdotte dal giornale negli ultimi mesi.
- si è
definita
la vendita del quotidiano genovese
Secolo XIX
all'azienda di navigazione MSC, e la
sostituzione
della direttrice Stefania Aloia (che resterà al gruppo GEDI) con Michele Brambilla, 65 anni, già direttore della
Gazzetta di Parma
e del
Quotidiano Nazionale
e prima ancora vicedirettore dei quotidiani
Libero
e
Giornale
.
- c'è una battaglia legale
in corso
sulla futura eredità di Rupert Murdoch, proprietario di un grandissimo e potentissimo gruppo editoriale (che possiede per esempio il
Wall Street Journal
,
Fox News
, il
Times
di Londra), e su chi dei suoi figli governerà quest'ultimo. I giornali americani hanno
protestato
che i documenti sulla contesa siano tenuti riservati.
- il
Fatto
ha sostenuto in un
articolo
che i ricavi della
Gazzetta di Parma
siano stati usati nel 2019 dalla proprietà per i suoi interessi in altre attività imprenditoriali.
- il primo agosto il sito del quotidiano
Repubblica
aveva
chiesto scusa
ai lettori per un
titolo
accusato di sessismo a proposito di un risultato delle Olimpiadi.
- la
Columbia Journalism Review
ha pubblicato un lungo
articolo
sui successi del sito di informazione sulla moda
Business of Fashion
e del suo
creatore
.
- l'ultimo numero del tabloid gratuito quotidiano
Evening Standard
sarà
distribuito
a Londra il 19 settembre. Dopo la testata diventerà settimanale con il nome di
London Standard
: la scelta era stata
annunciata
lo scorso maggio.
- il direttore del
Post
ha condiviso su Twitter un
paio
di
casi
di articoli di testate nazionali copiati identici o quasi dal sito del
Post
(ma la pratica non è rara, in giro).
- c'è stato un polemico confronto tra l'allenatore della squadra di calcio della Roma Daniele De Rossi e il quotidiano
Repubblica
, all'inizio di questo mese (con dei
precedenti
). De Rossi ha
accusato
il giornale di avere scritto delle cose false,
Repubblica
ha
replicato
- con una "Nota della direzione" e un "Comunicato del CdR" - contestando la scelta di De Rossi di "additare" il giornalista autore dell'articolo.
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Ogni contrada è patria
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Un modo antico e immortale di ottenere l'attenzione dei propri lettori da parte dei quotidiani locali è quello di fare leva su una frequente curiosità che i lettori possono avere per le relazioni con le loro città delle notizie di scala maggiore. Relazioni che a volte possono essere rilevanti e significative, mentre altre volte sono enfatizzate in modi piuttosto artificiosi, riferendo per esempio lontanissime parentele locali di personaggi famosi, o passeggere relazioni geografiche di protagonisti delle notizie (altre volte quelle relazioni esistono, ma sono comunque piuttosto insignificanti rispetto alla notizia). Nei giorni delle Olimpiadi la fragilità di queste "notizie" è stata assai visibile nelle scelte con cui due quotidiani dello stesso gruppo editoriale -
Corriere dell'Umbria
e
Corriere di Siena
- hanno riferito della medaglia d'oro della tiratrice Diana Bacosi, nata a Città della Pieve ma cresciuta a Cetona, città separate da pochi chilometri e dal confine di regione.
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Un altro colpo agli endorsement
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Da alcuni anni la pratica degli "endorsement" elettorali (è un termine che è bene usare in inglese: ormai lo conosciamo, e non ha corrispondenti italiani con identiche specifiche accezioni) è molto
in discussione
nei giornali americani. Il dibattito più ampio riguarda la sempre maggiori difficoltà di fare comprendere ai lettori la possibile convivenza, all'interno dell'offerta giornalistica complessiva, tra il racconto dei fatti e gli articoli di opinione: e nel caso degli endorsement - pratica comune alla vigilia delle elezioni - questa difficoltà ha conseguenze sulla credibilità dei giornali. Quindi alcune testate stanno tirando i remi in barca,
da qualche tempo
.
Ma questa settimana ha fatto notizia che il giornale dei giornali - il
New York Times
- abbia
annunciato
che abbandonerà almeno gli endorsement relativi alle elezioni newyorkesi (non ancora quelli sulle elezioni presidenziali, che durano da più di un secolo e mezzo).
"In recent years, The Times has also cut back on the number of editorials it publishes. In a February 2020 note to readers, the Opinion editor said that instead of publishing multiple times a day, the editorial board would reserve its view "for matters of great significance". Still, The Times’s decision to end local endorsements is likely to make waves in the cutthroat world of New York politics, where the editorial board’s view has been closely watched by generations of candidates and voters.The Times has made an editorial endorsement in every New York City mayor election since 1897, backing Democrats and Republicans. Campaigns for mayor, governor and other local offices have developed elaborate strategies to win over the board".
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Schiavi della rete
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Lo scorso 13 agosto un "
malfunzionamento
" di Fastweb - l'azienda che fornisce connessioni e infrastrutture digitali a un gran numero di utenti e imprese in tutta Italia - ha impedito la pubblicazione di quattro dei quotidiani del gruppo Caltagirone, il
Messaggero
di Roma, il
Mattino
di Napoli, il
Quotidiano di Puglia
e il
Corriere Adriatico
di Ancona. I giornali hanno pubblicato
articoli
e
comunicati
particolarmente severi e indignati nei confronti di Fastweb.
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Settant'anni e un po' sentirli
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Il
Post
ha
raccontato
storia e recenti sviluppi (ne
scrivemmo
su Charlie nei mesi passati) della rivista americana
Sports Illustrated
, che ha compiuto 70 anni.
"Il 16 agosto del 1954, settant’anni fa, fu esposta per la prima volta nelle edicole americane una rivista sportiva destinata ad avere una popolarità enorme: Sports Illustrated. Costava 25 centesimi e aveva in copertina la foto di una partita di baseball tra i Milwaukee Braves e i New York Giants giocata nel giugno di tre anni prima. L’aveva scattata il fotografo sportivo Mark Kauffman, e raffigurava tre giocatori di baseball in delle pose ormai molto familiari agli appassionati: il terza base dei Braves Eddie Mathews in fase di battuta, il ricevitore dei New York Giants Wes Westrum e l’arbitro Augie Donatelli".
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Inventare paga
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La tendenza di molte delle più note testate giornalistiche italiane a enfatizzare o falsificare banalità qualunque che avvengono su Facebook con toni allarmisti e capaci di generare curiosità e polemiche del tutto sterili, ha avuto un esempio assai chiaro sabato. Una coppia ha
raccontato
su una pagina Facebook di avere messo un annuncio
, sempre su Facebook,
per cercare un appartamento a Torino, aggiungendo una propria foto: e di avere ricevuto dei commenti di critiche e insulti per i tatuaggi dei due, tra cui uno che diceva "
se avessi
una casa la brucerei piuttosto che darla a due che fanno così schifo". Una reazione orribile e stupida di "body shaming", ma come ne avvengono purtroppo ogni giorno a migliaia sui social network. Il racconto di un commento demente però è stato trasformato (da
Repubblica
, dal
Corriere della Sera
, da
Open
, da
Fanpage
, tra gli altri) in un caso di razzismo sulle case in affitto, da inserire nel solco delle case non affittate a stranieri o ad altre categorie umane soggette a discriminazioni. In realtà nessun proprietario di casa ha rifiutato di affittare una casa ai due: gli articoli che però riferivano questa versione hanno ovviamente ottenuto sui social attenzioni maggiori ancora, clic, e ulteriori insulti e commenti stupidi. Di fatto vedendo premiata la scelta di prendere le decisioni giornalistiche a partire da questo tipo di risultati.
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Com'è triste Venezia
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Il lavoro di alcuni giornalisti che si occupano di cinema è giudicato ormai superfluo dai produttori di film, che finora ne erano stati i principali promotori: lo ha
raccontato
il
Post
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Due pesi, due misure, e due storie diverse
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Negli Stati Uniti è stata molto discussa - tra chi segue le cose dei giornali e della politica -
la scelta delle maggiori testate
di non pubblicare dei documenti riservati riguardanti Donald Trump e ottenuti attraverso un'intrusione informatica illecita. La questione centrale è il confronto con quello che avvenne otto anni fa, quando invece ci furono eccezionali attenzioni - si rivelarono sproporzionate e precipitose - intorno alle mail riservate della candidata Hillary Clinton, attenzioni che senz'altro favorirono l'elezione del suo avversario Donald Trump.
Molti hanno sostenuto che la maggiore cautela odierna possa essere giustificata, a partire dalla lezione di allora, ma che correttezza vorrebbe che i media interessati ammettessero l'errore di allora. Ma è anche vero che non tutto è uguale e paragonabile.
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A letto presto
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Il Comitato di redazione
del
Resto del Carlino
- il maggiore quotidiano bolognese -
ha comunicato una vivace preoccupazione della redazione stessa per la scelta dell'editore, il gruppo Monrif, di stabilire una tassativa "chiusura" dell'edizione del quotidiano alle 22, per ragioni di risparmio sui costi.
"Da luglio (quando è stato deciso il coprifuoco), abbiamo sollevato il problema con l'azienda più volte perché tutto questo sta avendo ricadute devastanti sul prodotto che va in edicola, già gravato dal 1 agosto da uno sconsiderato aumento del prezzo. Insomma, l'editore ha alzato il costo del giornale e come contropartita ai lettori ha tagliato anche l'informazione a loro disposizione. Un suicidio editoriale senza precedenti. L'azienda sostiene che questa decisione è frutto di una riorganizzazione del processo di stampa che impone chiusure anticipate per poter stampare in tempo le cronache locali da distribuire nei luoghi di villeggiatura, dal Trentino alla Sardegna. Il paradosso, anche in questo caso, è che molti lettori non trovano comunque le edizioni locali nei paesi di montagna o al mare.
Per questi motivi, la redazione è seriamente preoccupata di quanto sta avvenendo ai danni di una testata storica come il Carlino e soprattutto nei confronti dei lettori - seppur in drammatico calo - ancora affezionati e legati al giornale.
Abbiamo coinvolto tutta la redazione e non escludiamo proteste e mobilitazioni anche in questo periodo di ferie se non sarà subito trovata una soluzione, considerato che già nei prossimi giorni sono in programma importanti appuntamenti sportivi, a partire dal calcio".
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Trattenere il fiato
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Lo psicoanalista Vittorio Lingiardi ha scritto su
Repubblica
, di cui è frequente collaboratore, un
articolo
dissidente rispetto alla pratica giornalistica di chiedere ai suoi colleghi pareri su singolari casi di cronaca, e rispetto ai suoi colleghi che li offrono.
"È evidente che siamo di fronte a casi clinici, raccontati dalla cronaca, di cui conosciamo poco o niente. Molti dettagli fondamentali emergono nei giorni e nei mesi successivi. Ogni storia è diversa, si perde nell’intreccio biologico, psicologico e sociale di vite spesso segrete e sconosciute alle stesse persone che le vivono. Attorno a queste vite e a queste morti diversissime e incommensurabili (l’omicidio casuale di Sharon Verzeni, quello della famiglia di Paderno Dugnano forse progettato in poche ore, quello di Giulia Cecchettin pensato per giorni, cito casi su cui sono stato interpellato) ci sono genitori e amici. Una ragione della mia ritrosia è la difficoltà a parlare fuori da un contesto clinico di storie che non conosco. Una ragione deontologica e anche una forma di pudore nei confronti delle famiglie coinvolte (spesso colpevolizzate da commenti affrettati e approssimativi)".
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Giro di parole
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David Brooks, popolarissimo scrittore e
columnist
statunitense, ha
scritto
nella sua rubrica sul
New York Times
che anche il giornalismo è diventato succube delle più generali esigenze del pubblico di ricevere stimoli ed emozioni immediati e continui e di essere rassicurato sulle proprie opinioni, sollecitando i centri di piacere del pubblico stesso: "che somiglia a una più antica professione".
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I giornali spiegati bene
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Sabato prossimo
riprendono
al Circolo dei lettori di Torino gli appuntamenti con la rassegna stampa di Luca Sofri e Francesco Costa del
Post
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