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Pino Maniaci intercettato: "Sono una potenza. Mi ha chiamato pure Renzi, mi sono toccato". Lo Voi: "Disprezzava le autorità"

Pino Maniaci intercettato: "Sono una potenza. Mi ha chiamato pure Renzi, mi sono toccato

Il paladino dell'Antimafia inchiodato dalle intercettazioni. Pino Maniaci si definiva una "potenza", si vantava del potere della sua tv, TeleJato, e prendeva in giro chi gli manifestava solidarietà per le presunti intimidazioni mafiose che riceveva. Per dirla con le parole del procuratore di Palermo Francesco Lo Voi "ha più volte manifestato totale disprezzo per le autorità costituite, le forze dell'ordine e la magistratura. Ha utilizzato diversi epiteti, definendo 'nucleo aperitivo' la squadra dei carabinieri e offendendo anche il presidente del consiglio Matteo Renzi che poco prima lo aveva chiamato per esprimergli solidarietà".

Maniaci è indagato per estorsione ai danni dei sindaci di Borgetto e Partinico e sottoposto al divieto di dimora nelle province di Palermo e Trapani. L'indagine Kelevra che ha portato peraltro oggi all'arresto di esponenti della mafia del Palermitano, ha spiegato Lo Voi, "è partita tra il 2012 e il 2013 e solo dopo, nel 2014, ci si è imbattuti sul direttore di Telejato, coinvolto in altre vicende ed estranee al contesto mafioso. Di fatto, utilizzando il ruolo di direttore di una televisione - ha detto Lo Voi - ha sottoposto ad estorsione i sindaci di Borgetto e Partinico. Non solo per ottenere denaro ma anche l'assunzione di una persona a lui vicina".

Si tratta dell'amante, sostengono gli inquirenti, per la quale aveva chiesto e ottenuto dal sindaco di Partinico Salvatore Lo Biundo un contratto a termine: "Tutto questo rispetto l'hai capito vero? Secondo te tutto questo rispetto da dove viene? Tu non l'hai capito. Questa è stata una minaccia mia!. Se si viene a sapere io è meglio che me ne vado dal paese", le diceva Maniaci al telefono.

Secondo gli investigatori Maniaci in cambio di piccole somme - 200-300 euro - assicurava ai sindaci di non trasmettere quelli che definiva scoop che avrebbero potuto danneggiarli. "Se non si fanno le cose che dico - diceva Maniaci non sapendo di essere intercettato - lo mando a casa". Non solo: dicono i pm che Maniaci "ha anche ricevuto una donazione gratuita per Telejato, un'auto, una Fiat Punto, da Andrea Impastato", imprenditore del calcestruzzo originario di Cinisi, titolare di una cava finita sotto sequestro.

Gli inquirenti confermano che il direttore di Telejato avrebbe minacciato più volte inchieste e servizi televisivi per mettere in difficoltà gli amministratori. "I sindaci - ha detto Lo Voi - hanno ammesso di avere dovuto sottostare a queste richieste estorsive". Il quadro su questa vicenda è inoltre arricchito dalla deliberata volontà di Maniaci di sfruttare il proprio status - di persona nota, autore di svariate presunte battaglie antimafia e vicino a soggetti politici, istituzionali magistrati ed ex - "per sostenere di avere subito minacce ed intimidazioni a causa della sua attività antimafia". Maniaci viene sentito per la prima volta intercettando il sindaco di Borgetto, nell'ambito di un'inchiesta di mafia. Da lì è apparso il vero profilo dell'uomo. Maniaci si sentiva un intoccabile: "Dopo questo premio nessuno mi può fare niente", diceva secondo quanto riferisce il capo della Procura.

L'avvocato di Maniaci Ingroia: "Può spiegare tutto". "Sulla base di ciò che leggo la parte penalmente rilevante riguarda l'accusa di estorsione, secondo cui Maniaci avrebbe chiesto denaro in cambio di un ammorbidimento della sua linea editoriale. Le prove sono a disposizione di tutti, Maniaci non ha mai ammorbidito le sue denunce in questi anni", ha detto all'Agi l'ex Pm antimafia, oggi avvocato, Antonio Ingroia, legale di Pino Maniaci.

"So che ci sono elementi derivanti da intercettazioni telefoniche ma prima di dare un giudizio -ribadisce- bisogna tener conto anche delle modalità espressive di Maniaci nel quotidiano. Il suo è un linguaggio molto 'ruvido', è presumibile che siano state male interpretate le sue espressioni". E poi aggiunge: "Assieme all'avvocato Bartolomeo Parrino avevamo presentato qualche giorno fa la richiesta di essere ascoltati dal procuratore. La Procura, evidentemente, ha deciso diversamente -conclude- pensiamo che si potesse evitare tutto questo perchè Maniaci era in grado, come lo è oggi, di fornire tutti gli elementi".

Salvatore Borsellino: "Ferita che arma la macchina del fango". "Purtroppo mi erano giunte gia' voci di questo tipo da un po' di tempo -ha detto- un fatto che mi addolora e ne sono profondamente scosso. In questo mondo non ci si puo' fidare di nessuno. Noi parenti delle vittime di mafia siamo avvicinate da tante persone e non possiamo indagare su ognuno. Con Pino Maniaci sono stato ospite piu' di una volta in alcune trasmissioni e gli ho anche fornito dei video, contatti che ho abitualmente con tanti giornalisti. Mi rendevo conto che era un personaggio molto sopra le righe ma mai avrei immaginato che si sarebbe trovato al centro di queste vicende".

Pur con tutta la prudenza del caso, Borsellino non riesce a trattenere la sua rabbia e delusione: "Anche il semplice sospetto deve servire a isolare certe persone che purtroppo fanno un danno grandissimo al movimento. Una ulteriore ferita che si aggiunge a quelle che gia' abbiamo, che non si rimarginano. Il fatto che ci sia gente che sfrutta l'antimafia per i propri interessi personali, come sembra abbia fatto questo personaggio -ha concluso- ci colpisce e ci spinge quasi a non mescolarci e a gestire la memoria dei nostri familiari in privato piuttosto che davanti a tutti".

Claudio Fava: "Io gli espressi solidarietà, ora deve spiegarmi". "Quando qualcuno gli ha impiccato i

cani, ho preso un aereo e sono andato a Partinico per dargli solidarietà, conforto, amicizia. Adesso leggo, come voi, che Pino Maniaci avrebbe usato tutto questo (le amicizie, le solidarietà, gli attestati di stima) per gonfiarsi come un tacchino. Dei cento euro forse pretesi da un sindaco se ne occuperanno i giudici per dirci se fu estorsione, bravata o solo minchioneria. Ma di ciò che ci riferiscono le intercettazioni, la risposta non la voglio dai giudici ma da Maniaci. Non chiacchiere su complotti e vendette mafiose: risposte!". A scriverlo, sul suo profilo Fb, a proposito della vicenda che vede coinvolto il giornalista siciliano antimafia Pino Maniaci, indagato per estorsione, è il vicepresidente della Commissione Antimafia Claudio Fava (SI).

"Voglio che dica - a me e agli altri che in questi anni hanno messo la loro faccia accanto alla sua - se quelle trascrizioni sono manipolate o se è vero che all'amica del cuore raccontava '.. mi hanno invitato dall'altra parte del mondo per andare a prendere il premio internazionale del ca.. di eroe dei nostri tempi. Uno di quei premi del ca... era intitolato a Mario Francese, giornalista palermitano ammazzato dalla mafia. Glielo consegnarono sei anni fa. Ci dica Maniaci che è tutto falso, intercettazioni, verbali, parole sue e degli altri: tutto! Oppure quel premio lo restituisca subito", prosegue Fava.

"Tra tutti i miserabili pennacchi che l'antimafia può mettersi sul cappello - osserva - la morte di un giornalista è il più osceno. Quando ai Siciliani ci ammazzarono il direttore non arrivarono scorte della polizia né premi né visite di cortesia né telefonate dei presidenti del consiglio. Ma andammo avanti lo stesso, imparando a fare ogni mese, e per molti anni, un altro buco nella cintura. E quando a Catania un procuratore corrotto fece mettere sotto controllo i nostri telefoni, se ne tornò dai suoi padrini mafiosi con le corna basse: perché nelle telefonate dei giornalisti dei Siciliani c'era solo il rigore delle parole, la limpidezza dei comportamenti". "A noi resta il torto di una nostra colpevole ingenuità: esserci fidati in buona fede dei fumi d'incenso. Che con la lotta alle mafie non c'entrano mai nulla", conclude Fava.

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