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Leggenda privata

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L'Accademia dei Ciechi ha deliberato: Michele Mari deve scrivere la sua autobiografia. O, come gli ha intimato Quello che Gorgoglia, «isshgioman'zo con cui ti chonshgedi». Se hai avuto un padre il cui carattere si colloca all'intersezione di Mosè con John Huston, e una madre costretta a darti il bacino della buonanotte di nascosto, allora l'infanzia che hai vissuto non poteva definirsi altro che «sanguinosa». Poi arriva l'adolescenza, e fra un viscido bollito e un Mottarello, in trattoria, avviene l'incontro fatale: una cameriera volgarotta e senza nome che accende le fantasie erotiche del futuro autore delle Cento poesie d'amore a Ladyhawke... Ma è davvero una ragazza o un golem manovrato da qualche Entità? Assieme a lei, in una «leggenda privata» documentata da straordinarie fotografie, la famiglia dell'autore e il suo originalissimo lessico. E poi la scuola, la cultura a Milano negli anni Sessanta e Settanta, e alcune illustri comparse come Dino Buzzati, Walter Bonatti, Eugenio Montale, Enzo Jannacci e Giorgio Gaber. Chiamando a raccolta tutti i suoi fantasmi e tutte le sue ossessioni (fra cui un numero non indifferente di ultracorpi), Michele Mari passa al microscopio i tasselli di un'intera esistenza: la sua. Un romanzo di formazione giocoso e serissimo che è anche un atto di coerenza verso le ragioni più esose della letteratura.

176 pages, Hardcover

First published April 1, 2017

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About the author

Michele Mari

65 books226 followers
Michele Mari è nato a Milano nel 1955.
Figlio del designer e artista Enzo Mari, insegna Letteratura Italiana all'Università Statale di Milano. Dal 1992 risiede a Roma.

Filologo, cultore di fantascienza e di fumetti, il suo stile letterario, estremamente composito, sembra richiamare scrittori quali Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi e Giorgio Manganelli, e fuori d'Italia, Louis-Ferdinand Céline.

Oltre alle opere narrative, va segnalata la produzione poetica. Rilevante anche l'attività critico-filologica e saggistica, volta soprattutto alla letteratura italiana del Sette-Ottocento e alla letteratura fantastica in chiave comparatistica.

Alcuni suoi libri sono Di bestia in bestia (Longanesi 1989), Io venía pien d'angoscia a rimirarti (Longanesi 1990; Marsilio 1998), La stiva e l'abisso (Bompiani 1992; Einaudi 2002), Euridice aveva un cane (Bompiani 1993; Einaudi 2004), Filologia dell'anfibio (Bompiani 1995; Laterza 2009), Tu, sanguinosa infanzia (Mondadori 1997; Einaudi 2009), Rondini sul filo (Mondadori 1999), I sepolcri illustrati (Portofranco 2000), Tutto il ferro della torre Eiffel (Einaudi 2002), I demoni e la pasta sfoglia (Quiritta 2004; Cavallo di Ferro (2010), Cento poesie d'amore a Ladyhawke (Einaudi 2007), Verderame (Einaudi 2007), Milano fantasma (2008, in collaborazione con Velasco Vitali), Rosso Floyd (Einaudi 2010) e Fantasmagonia (Einaudi 2012).

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Profile Image for lorinbocol.
262 reviews387 followers
June 21, 2018
un padre geniale, ostico negli affetti quanto illuminato nel lavoro. una figura di paternità abramosaica, che muove ad ammirato terrore (per dire: bandisce la pratica del bacio della buona notte al michelino settenne). una madre che come in un suo libro gli ha dato la fragilità, «e ti assicuro, ne è bastata pochissima». che adesso si porta appresso una malinconia filtrata, in chiaroscuro, abitando pensieri e ricordi quale un precipitato di stilemi, una grazia che molto tempo fa fu persona (chi pensa si tratti di vezzi formali può serenamente fermarsi qui) e che nutriva la sua tristezza infantile intonando, tra le poche canzoni, «oh gorizia» (e a leggerlo ho capito di nuovo, con un tuffo, quante possano essere a dispetto degli anni le somiglianze e le cure onde meco il mari si strugge).
e poi lui, michele, la vita come un'arena in cui affrontare ancora e ancora gli stessi fantasmi. quelli con cui da bambino ha intrapreso il primo cimento, facendo definitivamente sanguinare l'infanzia nel nostro immaginario. e quelli che poi ha riversato massicciamente nei suoi romanzi, quando ha iniziato a scrivere per riprendersi la vita per anni traslata nei libri.
da vero ossessivo, michele mari deve aver ben compreso di essere lui stesso sovente oggetto di ossessione, e per raccontare se stesso sceglie l'unico modo possibile: non una normale autobiografia (che poi con asterusher già ne realizzò una affatto particolare, inanellando feticci ad uso nostro e suo) ma una leggenda che dicendo trasfiguri, e trasfigurando dica moltissimo. anche se: auto-bio-grafia, messa così in effetti c'è ciò che più caratterizza mari. ovvero solipsismo-materia viva-scrittura. nel termine non sono invece compresi, e per questo vorrei sottolinearli con particolare cura, i sorrisi e l'ironia fendente e a tratti proprio le risate scomposte, di un'opera che riporta al sapore gotico del primo di bestia in bestia, al mondo salvato dai ragazzini di verderame, agli orrori ingigantiti di tu, sanguinosa infanzia.
leggendo lo seguiamo competere tra sé, puntigliosamente, coi vicini della casa di famiglia a nasca - per inciso, amo molto ritrovare spesso gli stessi luoghi nelle sue opere, e guardarlo intrecciare finzione e realtà - come un bambino che spia le merlature del castello di sabbia cinque metri oltre il suo. ci rigiriamo nella sua lingua preziosa, impossibilitata a essere diversa da com'è (c'è un che di necessità percepibile, quando MM scrive) poiché deve porsi come mezzo per esprimere quell'alterità che resta la letteratura, anche quando il suo oggetto è, molto molto da vicino, la vita.
spiamo i suoi amori, per quanto a lungo in guisa di erotismo fantasticato e/o mottarelli galeotti (che erano reali e acquistati nel bar trattoria del paese, ma la cui simbologia mari non manca di cogliere, e prendendosi in giro farci rilevare). la mia impressione più forte è che leggendo si intuisca quel che l’autore stesso a un certo punto butta lì come domanda ai mostri che gli intimano di scrivere: a cosa serve il lievito romanzesco quando già le giornate e gli anni hanno avuto elementi di orrore degni del kurtz conradiano, spaventose entità nomate (vorrebbero tutte la maiuscola) il mucògeno, i ciechi o la vecchia, e sono state attraversate dalla scia di comete che si chiamavano dino buzzati o walter bonatti? poi ci si chiede perché è venuto fuori geniale e ossessivo pure lui.

noticciola petulante. più che mai in un libro così, risultano urticanti alcune sviste di rilettura/taglio/correzione delle bozze (MM sostiene di non rileggere i suoi scritti, quindi felice attribuisco la colpa agli editor einaudi) quali un "dò" accentato o una preposizione semplice che salta, invalidando la costruzione sintattica. non si fa, non è bello, e in un libro di michele mari anzichenò.
Profile Image for Davide.
498 reviews121 followers
December 21, 2017
Finora per me il miglior "libro nuovo" dell'anno. Vedremo nella seconda metà se arriveranno sfidanti all'altezza!

La Leggenda privata che ci troviamo tra le mani è il risultato della guerra con l’ipotesi di autobiografia imposta dalla mostruosa lovecraftiana Accademia per bocca di Quello che Gorgoglia: «isshgioman’zo con chui ti chonshgedi».
E quindi subito si inizia a leggere temendo che sia la fine, proprio quando in realtà si va a parlare dell'inizio: di tutti gli inizi, di tutte le origini.

Il primo candidato alla frase-feticcio è questo:

«Excursus atavico. Conclusasi la gragnuola di sculaccioni sulle mie stanche terga (quando si dava il caso: cioè molto spesso), puntuale, l’ammonimento paterno: “E non frignare, perché a me il nonno dava le cinghiate”: così, una volta, poco prima della sua morte, intervisto il nonno chiedendo conferma, e lui: “Sì, e gli dicevo: ‘E non frignare, perché mio padre mi cinghiava dalla parte della fibbia’”.»

Poi non ho avuto voglia di trascriverne altre. Ma ce ne sono, oh se ce ne sono!

[letto in aprile 2017; al 20 novembre non direi che sono apparsi altri libri nuovi paragonabili; mi sa che vince; 21 dicembre: ormai è ufficiale]
Profile Image for Ubik 2.0.
1,006 reviews279 followers
December 4, 2017
Family Life
Trattandosi di autore molto versatile, quando apri un nuovo libro di Michele Mari “non sai mai quello che ti può capitare”, un po’ come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump.
Questo libro si inserisce subito nel filone di “Tu sanguinosa infanzia” ed allora, per quanto mi riguarda, il cuore si rassicura, anche se è limitativo ridurne la valenza ad una mera reminiscenza di ricordi principalmente adolescenziali, come del resto non era neppure la raccolta di racconti citata.
Certo che, come è già stato ricordato, il talento evocativo dell’autore è veramente eccezionale ed in grado di far vibrare le corde più profonde dell’anima del lettore soprattutto se appartiene più o meno alla medesima generazione: a Mari basta una filastrocca, un “Carosello”, una citazione per resuscitare un mondo come in una magia che ci mette a confronto con lancinanti madeleinettes del nostro vissuto: tanti altri autori, a dire il vero, si cimentano in questo esercizio, ma nessuno riesce come lui ad azzeccarne con esattezza e proprietà il punto giusto, il momento giusto , soprattutto il tono giusto.
Basti pensare alla figurina della Lori: cosa c’è di più banale di un’infatuazione adolescenziale, comune in un modo o nell’altro a noi tutti (mi ripeto: se si è nati negli anni ’50 funziona ancor meglio…), con il corredo di canzonette, slogan pubblicitari, modi di dire ormai desueti, sull’orlo dello scontato e sdolcinato… eppure… eppure in poche parole Mari ci rammenta, caso mai l’avessimo dimenticato, di essere anche un raffinato poeta, nella scelta delle parole, degli sguardi e dei pensieri.
Oltre a questo importante ingrediente, c’è in “Leggenda privata” un invidiabile coraggio nell’affondare il bisturi nelle crudeli e traumatiche contraddizioni di una famiglia molto difficile (e questo non è “invidiabile”) che riesce ad essere contemporaneamente anaffettiva e opprimente, un trattato di pedagogia in negativo, un monumento di inidoneità genitoriale in tempi in cui, a dire il vero, in generale non c’era la diffusa consapevolezza delle ripercussioni di ogni gesto sulla psiche di un bambino. Quel gergo generato all’interno di ogni famiglia che la Ginzburg definisce con tenera malinconia “il vocabolario dei nostri giorni andati” qui sembra diventare un’arma, uno strumento di reiterata e sottile perfidia verso i più fragili e indifesi.
Avere ripercorso senza censure le tappe di questa via crucis, nonostante lo status di persone note e pubbliche che la popolano, è una scelta quasi eroica e immagino tutt’altro che indolore, che va riconosciuta all’autore.
Fra i tanti altri motivi che il libro mette in campo c’è anche il Mari dei Fantasmi che fra queste pagine emergono ovunque e continuamente, in varie forme più o meno antropomorfe, talora benevoli più spesso ostili e agghiaccianti, poichè di “autobiografia horror” si parla esplicitamente nel testo, riallacciando il legame con “l’orrore dei giardinetti”, inteso sia nell’accezione letterale, “kinghiana” (oggi che It è riemerso dalle cripte), sia soprattutto in senso esistenziale perché il mal di vivere aleggia anche sulle pagine ironiche e gli episodi buffi.
(…e non ho più spazio per parlare anche del linguaggio, del mondo breriano, delle fotografie…)
Profile Image for Cosimo.
442 reviews
June 20, 2018
Grumo-nodi

“Tutto per la beffa suprema: essere aggredito qui, nella biblioteca di questa casa, da Loro. Fuggire dai piccoli orrori della vita, fuggire dalla famiglia per essere ghermiti dai demoni non è un grande affare: o meglio lo è sotto l'aspetto estetico-romanzesco, ma per il resto, credetemi, cinghia per cinghia... urlo per urlo...”

Michele Mari unisce due metà antitetiche e primarie, Iela e Enzo, genitore e genitrice, e pone l'immagine affettiva in gotica cornice, progetto di grottesca fantasia. Barbarico vitalismo e aristocratica convenzione, in un amplesso abominevole, danno origine a un diario tragicomico di riscatto e disperazione, nel quale Mari inscrive un'ironica e inaffidabile autobiografia: egli scrittore multipolare, obliquamente convinto di aver preso il peggio di entrambi, generosamente tende la memoria e la ragione verso l'intimità sotterranea, gli spasmi emotivi, i corridoi di menzogne e le difensive nostalgie. È presente la scissione, mai negata, la separazione storica introiettata, Michele stesso bambino e ragazzo testimone di sofferenza, spia del dramma frammentato; solo per intelligenza e sensibilità finzionale l'autore diverte il lettore con la materia tormentosa e brutale. Ed è sempre la sua penna a ricordarci: “fra gli attributi propri dell'infanzia non c'è solo l'irresponsabile gioco, c'è anche l'angoscia, l'immodulata e profetica angoscia di essere al mondo”.

“Il fatto è che scrivo al ribasso. Non invento, non enfatizzo: grado della mitopoiesi molto vicino allo zero. Semmai ometto, attenuo, eufemizzo. Ma questi mostri vogliono il carnevale, l'euforia della forma: per cogliermi lì, ignudo sotto un travestimento così sfarzoso da non poter diventare una seconda pelle. L'idea è che l'ingombro del travestimento sia tale da trasformarsi in una prigione: ma non lo è già questa casa?”

Carlo Mazza Galanti LP Il Tascabile
Gianluigi Simonetti LP Lplc
Alberto Volpi LP Doppiozero
Lorenzo Marchese LP La Balena Bianca
Profile Image for Ste Pic.
68 reviews33 followers
November 20, 2017
La macchina del tempo
Non voglio parlare di Mari, lo fa lui a sufficienza in questa autobiografia/romanzo che si ferma alla sua adolescenza, partendo dalla nota e sanguinosa infanzia, ma lo avvinghia, lo determina, lo avvolge per sempre nel suo mantello orrorifico, che è anche, incredibilmente, coperta di linus, protezione e ossessione, rammaricata nostalgia, piacere e sofferenza. Non voglio dire dei suoi personalissimi fantasmi, dei suoi riti, della sua mitologia familiare mostruosa, con genitori famosi e inadeguati, fino all'inverosimile, all'educazione dei figli. Di un padre anaffettivo che ti opprime con la sua personalità forte e ti terrorizza coi comportamenti autoritari, ti diminuisce e annulla la personalità, di una madre dolente e lontana, da un certo punto in poi quasi sempre ripiegata su se stessa. Non voglio parlare delle foto che trapuntano il libro e ritraggono tra gli anni sessanta e settanta il piccolo Michele e la famiglia Mari da sola o in compagnia (di Buzzati, di Montale...) o del luogo più evocato, la villa a Nasca, frazione di un paese sul lato orientale del Lago Maggiore. Vorrei invece parlare, se ci riesco, dell'enorme potenza di questo libro, in termini evocativi. Mari è riuscito, almeno io ho avuto questa esperienza, a farmi rivivere tanti istanti e situazioni e sensazioni perse nella memoria, più o meno volutamente, dell'infanzia e dell'adolescenza. L'odore delle vernici enamel con cui dipingevo i soldatini, le paure notturne, i fumetti e il mottarello, eppoi il rapporto coi genitori e familiari, i primi platonici innamoramenti, gli amici, le emozioni pure e assolute che solo a quell'età si possono vivere. È come se Mari avesse costruito una macchina del tempo, da cui lui peraltro non scende mai, sulla quale ti fa salire per un giretto (sempre e solo in retromarcia). Vedi la sua vita passata, ma assapori anche la tua. Certo la sua è s/oggettivamente tremenda, popolata di incubi e rimpianti, di cui scrive per liberarsene, la mia - per fortuna - molto meno...forse anche per questo il libro mi è piaciuto., molto.
Profile Image for Marica.
382 reviews175 followers
December 31, 2017
Q. lattina
La copertina introduce gli interpreti principali della storia, o leggenda: l’eroe Michelino che salvaguarda il bene più grande dal fotografo, vile e baro*, che immortala il momento per i posteri.
MM si fa portavoce delle schiere infinite di bambini che, invece di entrare nella vita a cavallo di un leone, sgattaiolano furtivi e sfuggenti fra le gambe di due adulti non cattivi ma litigiosi, distratti, convinti di aver da fare cose più importanti. Naturalmente ci sono anche infinite schiere di bambini che hanno problemi più grossi, ma ciò è di poca consolazione alla schiera precedente.
Devo dire che ho trovato le dis-avventure del sé dicente Chila molto più avvincenti di quelle di Roderick Duddle, non scherziamo. MM è al meglio di sé quando mette in scena l’infanzia, ma quella che conosce meglio, la sua. Per i lettori, più comica che tragica, grazie alle qualità dell’autore: di elaborazione dei sentimenti ( ehm, ci volessero 50 anni e la scomparsa di uno dei protagonisti principali), di costruzione di uno stile e mitizzazione dei personaggi, introduzione del coro greco degli accademici fantasmi, forse 19.
Credo che possa essere di consolazione, da essere umano a essere umano, per imparare a montare a neve e trasporre in modo divertente e tale da poter essere detto, cose che altrimenti hanno l’aspetto di lumache marcite nel vino o altra brodaglia immonda e che, come il famoso Ovosodo, non vanno né su né giù. Io l’ho letto così. Poi mi ha fatto ridere il discorso generazionale dell’amore per i nonni paterni, la nonna perché lieve e materna, il nonno perché era l’unico al mondo a intimorire il padre: nonostante le opinioni spesso discutibili (culattina?), il nonno era il nonno, scudo affettuoso contro il babbo. Per non parlare della storia da libro Cuore della partenza da Spinazzola a 13 anni col fratello piccolo.
Penso che il libro possa essere consigliato agli studenti di psicologia, ai mediatori familiari e agli aspiranti genitori, perché i tempi sono cambiati, ma la possibilità di avere dei figli sensibili (si diceva ai miei tempi) rimane.
Ohp, possiamo tornare al lavoro.

*citazione lb, rigorosamente minuscolo
Profile Image for cristina c.
58 reviews89 followers
August 8, 2017
È dai tempi della sanguinosa infanzia che Mari convive con dei mostri. Abitano le zone più scure della sua casa, la cantina, gli spazi sotto il letto, e sono dei compagni invadenti e pieni di pretese. Questa volta gli hanno ingiunto di scrivere una autobiografia e lui ha obbedito. La memoria selettiva e la necessità di colorire la trama per appagare le aspettative dei mostruosi coinquilini fanno sì che che nella maggior parte dei ricordi prevalga l'ombra, il malinteso, la inadeguatezza. Due genitori anticonvenzionali e pieni di talento, una famiglia di estrazione sociale allargata che si estende dal proletariato che ha salito la china grazie a capacità e determinazione fino all'estremo opposto della borghesia agiata che rinuncia ai suoi privilegi per una vita bohémienne. Una infanzia ricca di suggestioni e di stimoli, Montale è un anziano zio che strascica le consonanti e Buzzati il compagno di passeggiate in montagna della mamma da giovane. Ma prima di tutto il rapporto di ammirazione/ soggezione con un padre che è una via di mezze fra Mosè e John Huston e quello impotente e compassionevole con una madre autodistruttiva. Le amicizie, i primi palpiti amorosi, i giochi, i cibi e le parole di famiglia. Il tempo dell'infanzia e i suoi riti, le paure e i mostri del passato che nel tempo possono essere addomesticati per farli diventare una compagnia quotidiana e la centralità delle letture fin dai primissimi anni, a costruire una inesauribile vita a lato spesso più invitante di quella reale. " Se tento (di immaginare) giovani i miei genitori non ci riesco, mi vengono fuori già adulti: consapevoli. Eppure avranno giocato, avranno avuto le loro paure: ma tutto questo si è perso... Rispetto a loro mi sento un privilegiato, non solo perché da bambino ho giocato tanto, io, ma perché quel gioco me lo sono portato dietro ed è tuttora con me: la mia ricchezza". ...
Profile Image for Domenico Fina.
281 reviews88 followers
June 28, 2018
Eccomi, a libro chiuso, concordo con lorinbocol, questo è un gran libro. Avevo faticato ad apprezzare altri suoi libri, pur non potendo non notare la sua bravura. Come accade con Bufalino quando parla di colei che sarebbe diventata sua moglie (in "Argo il cieco"), l'argomento trattato è talmente pressante che mette da parte alcune pose e l'eccessiva verve linguistica diventa il cameriere premuroso della storia; ebbene in questo libro Mari fa la stessa cosa, con i suoi genitori, con se stesso, i suoi nonni e gli anni della prima giovinezza, sul finire degli anni '60. Tra i libri italiani più belli di questi ultimi anni, per me.
Quello che cerca di fare è di dire cose sentite, spesso forti, recitando la parte del ragazzo che deve rendere conto a una serie di fantasmi, l'Accademia che reclama le sue memorie, quello di giù in cantina, quello di su che gorgoglia, e nel farlo gioca seriamente inscenando una "leggenda privata", superando così tutto ciò che comporta di doloroso un libro di autoconfessione.
il titolo è giusto, esatto, molto bello peraltro.
Le foto all'interno non solo soltanto toccanti, sono congiunte al sentimento del libro. I suoi genitori non ridono, in quegli anni non si usava fare foto sorridenti, ma sua madre non ride nemmeno in vita, la presenza di suo padre (il noto designer internazionale Enzo Mari, quello che ha scelto tra l'altro il logo Adelphi), era sciamanica di chi ti penetra nella testa e ti plasma. Sua madre, Iela (Gabriela) Ferrario, disegnatrice, figlia della buona borghesia piemontese, si arrampicava in montagna con Dino Buzzati. Ma due persone intimamente diverse, saranno sposati dal 1955 al 1965. Suo figlio Michele e sua sorella, eccoli qui, in mezzo, coi loro sogni storti.

"Mio padre, non si pensi non gli abbia voluto bene: solo, non è mai stato facile dirlo (dirmelo-dirglielo) questo bene: più facile da lontano, in absentia: e difficile, in ogni caso, sceverare il bene dall'ammirazione. Esattamente come nei confronti di mia madre è difficile distinguere il bene dalla compassione".

In sua presenza bisognava star molto attenti anche ai propri pensieri, come uno sciamano penetrava negli altri, sua madre un ultracorpo, una persona occupata da una presenza ulteriore. "Mia madre era comunque destinata ad essere colonizzata, se non da un baccellone, da lui, lui che occupava le persone come un inquilino occupa un appartamento, ristrutturandolo secondo razionalissime leggi".

"In casa mia si citavano, pertanto, la Fortezza Bastiani e Dora Markus, come fossero luoghi e persone di famiglia: il che non ha certo fatto bene all'animo spugnoso di mia madre, fatto apposta per imbebirsi per ogni dolenza del mondo".

Lui, Michele, ebbe diversi disturbi, pipì nel letto fino alla tarda adolescenza, "enuresi notturna". Tic di ogni sorta, e crescendo i tic sono diventati immaginazione, orrorifica, sensuale, alcune volte sgradevole e folleggiante.

Sua madre: "Crebbe attorno a se stessa come un'altra persona, spingendo la sua parte più dolce sempre più in fondo, fino a dimenticarsene. Divenne aspra, polemica, cinica (con improvvisi rigurgiti di sentimentalismo, sempre sopra le righe, però)".

"Catíf, ma catíf! diceva in primis a mio padre".

Sua madre persona colta (personaggio commovente) che subiva suo marito, prese col tempo a parlare storpiando le parole, sia italiane che straniere.

Uno bello pane grandioso, uno bello cavolo fiore, un golfino di casimiro, uno bello etto di presiutto, uno iogurto, "appena poteva infilava in una frase la formula francese comme il faut (come si deve): vorrei una formaggella commilfó, lei è proprio un negoziante commilfó, sa? (al droghiere allibito)".

"I miei genitori non hanno mai avuto né automobile né televisione: come degli Amish. Per mio padre in particolare la televisione era come la Chiesa. Un ente dimolto malvagio, nemico dell'intelligenza".

"La reticenza tende all'autismo, sigillando gli individui (che si parleranno in silenzio) in mondi separati, tanto più separati quanto più ravvicinata è la distanza".
Profile Image for Paolo.
152 reviews184 followers
April 27, 2018
Data per scontata la scrittura meravigliosamente virtuosistica di fronte alla quale non si può che restare ammirati, è un libro che parla di cose troppo vissute da noi che apparteniamo alla stessa generazione di Michele.
La cosa che mi ha prodotto un effetto veramente straniante è il constatare come in una famiglia anticonformista e piena di talento si riproducessero tutte quelle interdizioni ed imposizioni proprie dell'ambiente familiare borghese in cui sono cresciuto io.
Una certa familiarità con l'impostazione abramosaica (la mia famiglia è protestante) nel mio piccolo l'ho avuta anch'io, quindi: niente squadretta di calcio della parrocchia, al sabato scuola biblica con figuri bergmaniani (i pastori) che parlavano per ore di profeti (top di gamma, guarda caso, la storia di Abramo e Isacco), gettando sale sulla ferita di non poter correre dietro al pallone come i miei "sfortunati" coetanei cattolici e proletari.

Ho maturato nel ricordo della mia infanzia agiata ma non felice il programma educativo che ho (abbiamo) attuato con i nostri figli: fare l'esatto contrario di quello che i miei hanno fatto con me.

Oltre alle reminiscenze infantili con esattamente le stesse icone, Leggenda privata mi ha riproposto domande a cui ancora non so dare risposte sull'essere-figlio/essere-padre e che padre ? padre - padrone o padre - amicone ? Meglio essere temuto/ammirato o amato ?
La bellezza della scrittura ed i frequenti squarci brillanti non hanno fugato il disagio di rivedersi
riproposti questi quesiti che ancora mi visitano adesso che il mio compito di genitore si sta esaurendo, e che è già una mestizia di per sé.

Quindi per un fatto esclusivamente soggettivo lesino un paio di stelle a Michele Mari che, tanto, ai castighi mi sembra abituato.

P.S. anche a me da piccolo cantavano brigitte (brigici) bardò, bardò, con un secondo verso inventato ma pertinente (avec la peugeot, peugeot). Quindi, a pensarci bene tutto negativo non è stato e magari ho sbagliato io.
Appunto, disagio.
Profile Image for Antonella.
109 reviews18 followers
May 17, 2021
È impossibile parlare di Michele Mari senza provare un profondo senso di inadeguatezza. Tentare di spiegare cosa è Leggenda privata o, in generale, la narrativa dell’autore, è un’impresa semplicemente folle quindi non ci proverò nemmeno.

Nessuno avrebbe potuto scrivere questo libro a parte lui. E non posso che essere in un certo qual modo grata ai suoi demoni che gli permettono di pubblicare opere come questa.
Scrivere è denudarsi. Nessuno riesce a rendere meglio questa idea di Mari.
Profile Image for Josef Del Processo.
48 reviews40 followers
January 3, 2018
Se c’è una cosa che non sopporto sono le persone che parlano continuamente e soltanto di sé, dunque partiamo maluccio.
Scritto con un bell’equilibrio di malinconia e umorismo, o direi meglio con nostalgico disincanto, scorre assai bene anche se stilisticamente non mi fa impazzire, e anche quando si compiace di citazioni dotte e allusioni la cui profondità non è alla portata di tutti (quantomeno non alla mia), che più di una volta rasentano (ma senza mai superare, onestamente) un vanitoso manierismo.
Molto coraggioso mettersi a nudo in questo modo, anche se la presenza degli spiriti attenua la crudezza del racconto rendendolo almeno in parte onirico. Credo che un po’ tutti ci si possa essere rivisti in qualche brano o in qualche aneddoto, magari sepolto nella memoria, e questo credo che sia in fin dei conti il pregio maggiore del libro: senza arrivare alle sue vette, anch’io ho subito una certa freddezza paterna che probabilmente mi porterò dietro per tutta la vita. Di certo però avrei più apprezzato questo libro-confessione senza troppi richiami esplicitamente biografici, insomma espresso in una forma più romanzata, non ne avrebbe perso, anzi dal mio punto di vista ne avrebbe guadagnato in universalità. Devo dire che mi ha un po’ infastidito il continuo riferimento alle frequentazioni di famiglia (e Buzzati, e Montale, e questo e quell’altro) come a dire, ok, io vi scrivo queste cose, ma non dimenticate che i miei genitori erano comunque due geni e che io ho sempre frequentato l’élite e che ne sono parte.
Credo che dovrei leggere un libro-più-romanzo, se romanzi ha scritto, per apprezzare questo autore.
Per il momento siamo sul 3 e spicci
Profile Image for Francesca.
1,725 reviews154 followers
June 19, 2017
Mille stelle, semplicemente superbo.

“Specchio, specchio delle mie brame, qual è il maggiore scrittore italiano vivente del reame?”
Michele Mari, senza dubbio (per me, almeno), e questo suo ultimo libro lo conferma.

Cos’è Leggenda Privata?
Detto con parole normali una sorta di autobiografia particolare.
Con parole mie: uno dei più strabilianti trip mentali − acidi e lucidi al contempo, dolorosi ma mai patetici − attraverso il proprio passato che un autore possa dare alla luce.

Mari si mette a nudo sul palcoscenico di un teatro dell’assurdo, dove gli spettatori sono i lettori, avidi, mentre sulla scena si rappresenta il suo processo: lui alla sbarra degli imputati, giudici e testimoni surreali creature, spesso contraddistinte da pennellate orrorifiche, o i ricordi delle persone della sua vita.
Non è il Dottor S. de La coscienza di Zeno a costringere l’autore a scrivere la propria storia, bensì un’enigmatica e inquietante Accademia dei Ciechi.

Mari sa già cosa ne verrà fuori e con una singolare captatio benevolentiae avvisa il lettore che il suo sarà un romanzo dell’orrore, “un romanzo triste/angosciato e dunque caratterizzato da una certa quota di divertimento e di virtuosismo”.

Se tu scruterai a lungo nell’abisso, anche l’abisso scruterà dentro di te.
(Friedrich Nietzsche)

Leggi la recensione
Profile Image for Schnier.
42 reviews26 followers
November 24, 2023
Intanto, una premessa. Lo scorso 12 ottobre, a Treviso, ho assistito a una conversazione fra Michele Mari e Tiziano Scarpa, nell'ambito di un incontro col pubblico per presentare questo libro. Prevedibilmente, Scarpa si è rivelato interlocutore inadatto a esplorare la Golconda interiore di Mari, che per la gioia dell'uditorio si è abbandonato a uno spontaneo flusso di rimembranze e citazioni. Serata piacevole e emozionante, per me, suo appassionato lettore, poiché al termine del colloquio l'ho avvicinato e sono riuscito a far autografare la mia copia di Tutto il ferro della Torre Eiffel, romanzo eletto. E ora, il commento.
Leggenda privata potrebbe essere l'opera definitiva di Mari: lo comandano i mostri, lo adombra lui stesso. Del resto, quale miglior congedo di un'autobiografia horror, per un autore che attraverso centinaia di pagine ha sempre tematizzato la finzione orrorifica come rifugio della giovinezza affralita? Egli ne fa un romanzo straordinario, nel quale sono interamente compendiate le sue consuetudini espressive unite a una sincerità, a una trasparenza talvolta reticente, infatti nessuna epopea sfugge alla regola dell'arcano. Il solito, disarmante umorismo permea il racconto, con un'efficacia che ho trovato più veritiera che se avesse usato un registro autenticamente comico: la volontà di essere lapidario, fermo, freddo è aiutata dalla scelta di un linguaggio a un tempo sfarzoso e rigido, rigoroso - circostanza che amplifica l'effetto e induce un eccellente buonumore. Libro che esalta il cultore perché ammicca, anzi dichiara una relazione diretta con tutti i libri precedenti, quindi stabilisce una circolarità combinatoria degli elementi fondanti la nota cosmogonia: il padre opposto al figlio, il figlio richiuso in sé stesso, Milano, il lago, i nonni, i giornalini, la biblioteca, il calcio, il cinema; e la madre, le fotografie, la sorella, l'amore, le manie, le nevrosi, Montale, Buzzati, il design in sovrappiù. Ogni nuovo incrocio con lo Scrittore rinnova la felicità d'essergli contemporaneo e conterraneo, di poterlo leggere in italiano, di ravvisare somiglianze e concordanze rispetto alle di lui esperienze e opinioni circa il mondo esterno, la contingenza, la sostanza di cui siamo parte e predicato. La forma memorialistica, ardua e gravosa in quanto dissotterra la larva del passato, richiede uno sforzo che non è immaginativo bensì di onestà, e implica uno slancio di compassione verso quel sé fantasticamente vivificato dal pensiero e poi disanimato nella pagina, perciò sempre evocabile, risvegliabile come in un empio rito esoterico. Infine, un paradosso: lo scrittore proteiforme e tassonomico, discendente di una famiglia di uomini risoluti, d'azione, accusa l'eredità di una tara sia affettiva sia psicologica che comporta l'incapacità di dirsi, di sciogliersi, in specie col padre modello-giudice. Quel che siamo da piccoli lo restiamo, solo che il divenire ci offende, tenta di ucciderne il candore, e finiamo col trascinarci un fagotto d'irrisolti dilemmi: ma se da un lato questo ci trattiene ghermendoci, dall'altro lato ci definisce e può fortificarci. Quale strada, però, è più sicuro o meno doloroso percorrere, se vogliamo evadere da un passato tormentoso? Non si sa. Qui la celebrazione/riscatto del prima avviene per via letteraria, evenienza che se non medica le lacerazioni almeno ne dona la coscienza e, forse, la speranza del lenimento.
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August 5, 2017
A CHI VUOI PIÙ BENE: A PAPÀ O A MAMMÀ?

Se l’Accademia richiede un’autobiografia a Michele Mari, questa non può certo aspettarsi uno di quei libri che sono ormai presenza fissa, gradita o meno, a seconda della firma, nella nostra narrativa. Chiedere una cosa simile a chi ha riscritto, plasmandole e rimodellandole a suo piacimento, nonché per sollazzo del lettore, le vite di uomini straordinari quali Giacomo Leopardi, Walter Benjamin e Syd Barrett, significa un pochino scherzar col fuoco; specie quando si tratta di un autore che ha disseminato la sua opera di indizi e frammenti del proprio vissuto, addentrandosi perlopiù nelle fisse, nelle passioni, nei demoni; che, come tutte le ossessioni degne di tal nome, tornano in maniera ciclica, e lo fanno anche in Leggenda privata, ultimo tassello di quello splendido e variopinto puzzle che è il corpus dello scrittore milanese.

È appunto un’autobiografia atipica, concentrata sui primi anni di vita di Mari: ne abbraccia l’infanzia, giocosa, ridente ma altresì sanguinosa, spingendosi rarissime volte oltre la tarda adolescenza; sporadici sono infatti gli accenni a quanto avverrà – ed è già avvenuto – in seguito, anche perché l’età adulta, nel testo, è rappresentata dai genitori.
Figlio del celebre designer Enzo Mari e dell’illustratrice-scrittrice Gabriela Ferrario, meglio nota come Iela Mari (ma sarà di origine slava, con quel nome?), da primogenito, Michele mette a nudo idiosincrasie, qualità e difetti di sua madre e suo padre.
Un padre che viene dal basso, di origini pugliesi, poi vincitore di quella «borsa su cinquecento» che ne muterà per sempre la vita: imponente, severo anche nell’aspetto, colto, geniale e intransigente; uomo col quale è impossibile rivaleggiare. La madre, invece, sottile e androgina, di tutt’altra provenienza ed estrazione; scalatrice di vette assieme a Dino Buzzati e Walter Bonatti, frequentatrice del giro di Brera, di quel Bar Jamaica di bianciardiana memoria, dove conosce, tra i tanti, anche Enzo Jannacci.

C’è poi, qua e là, anche la sorella Agostina: al contempo vicina e distante, progressista, femminista, schierata contro le chiusure politiche e mentali dei nonni, che invece Michele difende sempre a spada e a penna tratta, come (quasi) tutti i nipoti farebbero coi loro nonni – e viceversa. Sì, ovviamente ci sono anche i nonni, figure ben più rassicuranti, le cui case sono a loro modo dei rifugi, una sorta di fuga dalla dicotomia madre-padre, specie dopo la separazione di questi ultimi.
Attraverso la memoria e il ritratto familiare prende vita un testo denso e multiforme, dove il dettaglio scabroso è motore essenziale: vedi, ad esempio, la figura della domestica Velia, donna dalla dubbia igiene evocata a più riprese.

Il risvolto privato prende dunque a più riprese pieghe orrorifiche - sottolineate tra l’altro anche dai riferimenti cinematografici nelle note a piè di pagina -, andando a comporre un racconto, anche in questo caso, per oggetti, per feticci, veri fili conduttori della narrazione: gli zoccoli della prima fanciulla desiderata e dal nome sconosciuto, il gelato-Mottarello da lei servito all’autore-ragazzino; i fumetti, gli albi di Topolino proibiti dal babbo e accettati dalla mamma; gli Urania del nonno, come qualcuno ricorderà. E poi, i giochi: soldatini, biglie, disegni e biciclette; ma soprattutto la letteratura: oggetto di studio, di lavoro e ricerca, di chiodi fissi, di evasione e divertimento – una cosa frin-frin, direbbe il padre Enzo.

Michele Mari, che afferma d’aver sempre a suo modo continuato a giocare, mette di nuovo in risalto gli aspetti ludici del mestiere di scrivere, valorizzandoli grazie a una prosa pressoché perfetta, che sposa il colto col popolare, il moderno con l’arcaico, arricchita da rimandi intertestuali che incarnano il passaggio di palla tra chi scrive e chi legge; una scrittura che sa essere sia fuori sia dentro al tempo, la migliore possibile nella noiosa contemporaneità, senza mai cedere alla maniera.
Alla fine, poco importa se Mari abbia scritto o meno una autobiografia: quel che conta è che siamo davanti a un altro gioiello, a un piccolo capolavoro: a voler esser poco filologici, al suo ennesimo grande romanzo.

[questa mia recensione la trovate anche sul MUCCHIO di giugno 2017, in tutte le edicole]
Profile Image for ferrigno.
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July 27, 2017
Ritrovare dei vecchi amici
Ne ho letti un po' di libri di Mari, e a prima vista sembrano tutti diversi. Una storia romanzata dei Pink Floyd, un romanzo d'avventura, un romanzo di formazione, racconti d'infanzia, racconti non d'infanzia, eccetera. Poi ho letto questo, ed è come essere dentro una cattedrale gotica. Guardi, e pian piano capisci come funziona, come si regge. Quell'arco non è un decoro, serve a scaricare le masse. Le volte sono a punta per arrivare più in alto. Tutto ha un significato, tutto è funzionale. Ogni mostro, ogni personaggio dipinto in una cappella, ogni struttura dalla forma apparentemente folle. Questo romanzo è come il finale di Lost: ritrovi tutti i personaggi e le ossessioni di Mari, ed è come se lui ti spiegasse tutti gli altri libri che ha scritto. Ti confonde, come il finale di Lost. "Ancora le solite ossessioni di Mari declinate in una forma letteraria diversa": probabilmente è questo, nelle intenzioni. Ma ho la sensazione che questo libro gli sia sfuggito un po' di mano, che il gioco sia andato oltre le intenzioni e sia stato più rischioso di quanto lui pensasse. E ad ogni modo, al gioco si è prestato con generosità, portandolo fino in fondo.
August 11, 2021
… mi sono pensato come uno che scrive quello che vive e che vive per poterlo scrivere”

Bene. E alla fine ho comprato un libro di Heinrich Mann e uno di Casares: naturalmente ”L' invenzione di Morel”… ( di S.King ne ho tanti e meno male). E per non farmi mancare nulla ho pure visto a gratis ( sottolineo a gratis)��� La casa dalle finestre che ridono” il film cult di Pupi Avati: peccato per quel diminutivo “Pupi “che avrebbe fatto schedare, da papà Enzo Mari, il celebre regista tra le“culattine .
Dite: e che c’entra? C’entra in quanto “l’autobiografia” estorta a Michelino ( ma anche Danilo, Gheri, e qualche altro nomignolo che al momento non ricordo ) dagli ectoplasmi della mente traumatizzata dalla “sua sanguinosa infanzia” è scritta con le atmosfere di altrui autori, tra cui costoro.
Chissà se L’accademia dei Ciechi, quelli che lasciano i loro occhi qua e là per la videosorveglianza, o quello che Gorgoglia o l’altro che biascica ( per non parlare della Velia già serva sporcacciona di casa Mari e confidente della triste Jela, la mamma, ormai vecchia strega che gli si accuccia sotto il letto per raccogliere con i capelli l’urina del Michelino fu piscia sotto), chissà, dicevo, se tutti questi sono stati contenti del “come” la loro vittima ha messo nero su bianco la sua di lui sanguinosa, ripeto, infanzia.
Forse no. Forse avrebbero preferito un horror vero come quello di Kafka in “Lettera al padre”che ti fa arricciare la pelle per le sofferenze subite e non elaborate e per il lutto perpetuo dell’ormai uomo fatto Franz.

Io no. Io ho adorato Michele ( adoro Mari in generale sebbene alle prime pagine dico sempre: ora abbandono) e riso e riso tanto, come rido e rido tanto della mia di me sanguinosa infanzia.
E per accelerare anche in mio figlio il metabolismo del passato e l’elaborazione del lutto gli ho inviato una paginetta del libro, prima che mi diventi come F.Kafka: ha riconosciuto di sentirsi lui, Michelino, anche nel gesto di difesa anche quando mancava quello dell’offesa, e ci ha messo pure l’emoticon che ride a crepapelle. Ho tirato un sospiro di sollievo.

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Stelle a gogò.

P.S. E l’ho adorato perché tutti noi nati negli anni cinquanta, dalle Alpi a Carrapipi, dal Po al Simeto, abbiamo elaborato, ognuno per conto nostro, lo stesso sguardo su quel mondo della nostra giovinezza come se avessimo vissuto la medesima esperienza. Il suo mondo, al netto delle cinghiate - io le prendevo con il mestolo di legno - , è stato il mio: “lo stesso midesimo, pricisu”.
Profile Image for Frabe.
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June 11, 2019
Michele Mari propone ancora "pezzi di autobiografia"... "con lievito romanzesco" ("poco romanzo, in effetti, ma quando è già nelle cose, il romanzo, perché infiocchettare?"): proposta accettata, lettura apprezzata.
Profile Image for Daniele.
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March 17, 2021
Il mio "primo Mari", non sapevo da cosa partire e ho scelto la sua autobiografia di cui tanto si parlava. Credo sia stata una scelta azzeccata, mi sono trovato a leggere non una vera e propria autobiografia, ma un geniale esperimento di romanzo a forte componente autobiografica.
Così in una cornice a tratti fantastica con venature horror ci troviamo a scoprire episodi dell'infanzia del Michelino, dove si scopre che i veri mostri sono in realtà proprio suo padre Enzo e la madre Iela, genitori così ricchi di intelligenza e talento ma privi di empatia e pietà per i proprio figli, oltre che per se stessi. 

Prosa virtuosa. 

"Sai perché sei cosí?", disse mentre la sua mano disegnava un dodecaedro su un foglio. "Perché ti vuoi fare del male. E sai perché? Perché sei figlio di tua madre. Io ti ho dato l'intelligenza e la forza, e te ne ho dato tanto, dell'una e dell'altra: ma lei ti ha dato la fragilità, e ti assicuro, ne è bastata pochissima".

Io sono due: quello che vive e quello che scrive, e il primo vive solo perché l'altro scriva. Senza il primo, il secondo non avrebbe materia; senza il secondo, il primo non avrebbe scopo.

Per mio padre in particolare la televisione era come la Chiesa: un ente dimolto malvagio, nemico all'intelligenza.
Profile Image for Vincenzo Politi.
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July 22, 2019
Com'è e come non è, qualche giorno fa, ho finito di leggere Leggenda Privata, di questo tal scrittore, Michele Mari, del quale alcune persone, a dire la verità, mi avevano accennato, sebbene un po' en passant: «Bravo, questo Mari, bravo!», mi dicevano, distratti, col sorriso a fior di labbra, salvo poi scuotere la testa, come per riprendersi, e tornare a parlare d'altro. Ora, l'unica domanda sensata che riesco a formulare è: Perché non mi hanno parlato di Michele Mari più spesso? O meglio: Perché tutti non parlano di Michele Mari tutti i giorni, come sarebbe giusto?
Non è data di saperla, ohibò, la risposta a queste (a mio avviso) legittime domande. Sicché, non mi rimane che parlare del libro. Ma per dire cosa?
Per esempio, che era da molto tempo che non rimanevo colpito da cotanta e potentissima ricchezza lessicale. Ogni pagina di questo libro è una primavera di suoni, segni e significati, che fiorisce sotto gli occhi del lettore e si cristallizza nelle sue emozioni. Appena terminato il libro m'è venuta voglia di ricominciare a leggerlo - cosa che, comunque, pianifico di fare - per soffermarmi con più attenzione sul mistero di quelle parole nuove dal respiro così antico, carpirne il segreto, provare a dominarle. Leggenda Privata non solo è un libro che ti insegna nuove parole italiane, ma che ti ricorda che cos'è la lingua italiana, ti illumina sulle sue possibilità, ti apre nuovi orizzonti e tu, povero lettore in balia di quel concerto semantico, non puoi far altro che arrenderti alla vertigine dello spettacolo.
C'è però da aggiungere che Michele Mari non è uno sborone della parola. Ogni sua acrobazia e infiorettata hanno il loro perché e, soprattutto, non infastidiscono. Al contrario, accarezzano. In pratica, Mari è il primo della classe e, allo stesso tempo, anche il più gentile, il più simpatico, il più amato, quello che magari ti fa copiare la versione e non ti fa pesare i bei voti. Anzi, sotto sotto, agli esami di maturità va a finire che fai il tifo per lui.
Finalmente, parliamo un po' di cosa parla, questa Leggenda Privata. Torturato da una serie di demoni accademici, Mari si decide a offrire in sacrificio all'altissima e mai contenta Dea della Letteratura la proprio autobiografia. I tempi sono maturi, e quest'autobiografia s'ha da fare, se no chi li placa, quegli spettri che si manifestano per molestarlo nel sonno, che lo minacciano, lo ricattano e gliene dicono di tutti i colori? Così, Mari si trova quasi costretto a scrivere della propria vita, che non appena la si scrive non è più nemmeno la propria. Di cosa scrive, dunque? Ricordi frammentari, e fra i frammenti troviamo pure fotografie, rivelatorie e iconiche, di due genitori tremendi, figli di altri genitori tremendi. Il padre di Mari era un genio, un uomo che si era fatto da solo, figlio di un uomo che si era fatto da solo, entrambi cresciuti a suon di mazzate e voglia di rivalsa sociale. La madre, una donna intelligentissima che frequentava artisti, scrittori e poeti, ma sprofondata in una depressione senza via d'uscita. Una depressione quasi compiaciuta, se non autoinflitta. Perché, in fondo, secondo lei, non sei veramente intelligente se non sei irrimediabilmente infelice. E poi: case, biblioteche, feticci, governanti repellenti, gelataie felliniane, la formazione della propria identità. E l'orrore. L'orrore di avere la consapevolezza di essere più compiuto, maturo e adulto dei propri genitori: due persone estremamente narcisiste, molto molto molto egoiste. Cioè, la consapevolezza di essere tu, figlio, il padre di tuo padre e di tua madre; e, quindi, di essere nato orfano, solo, con responsabilità che non sai nemmeno da dove ti siano venute, perché ti siano state attribuite.
Avrà mai fine, questo orrore? Oppure, anche a trenta, a quaranta, a cinquanta, a sessant'anni, si ritorna a tormentarsi con le solite voci, i soliti volti, le solite facce? Forse. O forse si può trovare un attimo di pace, si possono placare le voci e i volti degli spiriti che ti tormentano, nella biblioteca della porta accanto, assieme alla signora della porta accanto, che era sempre stata lì, accanto, ad amarti silenziosamente...
Così, si arriva alla fine di una storia che non è una storia, una confessione sui peccati di tutti e senza redenzione, se non quella della parola. Del resto, chi saremmo, noi tutti, senza tutte quelle parole?

«Così, come un paguro indifeso, mi sono dovuto cercare e trovare una bella coclea, spiraliforme, robusta, placcata di durissima madreperla: e lì stare, fra le mie parole e i miei libri».
Profile Image for Come Musica.
1,865 reviews532 followers
May 6, 2017
Il genio nella scrittura sta nello scarnificare il dolore, nel ridurre a parodia ciò che un tempo fu causa di lacrime amare.

Di stan zia re.

E così Michele Mari racconta di sé, come se fosse altro da sé, da ciò che fu, mestamente fiero di ciò che è diventato nonostante tutto, nonostante il suo passato, pieno di dolore, di ferite profonde.

Mi ha commossa profondamente, perché profondamente umano.

Le prime 70 pagine non scorrono perché bisogna adattarsi a questo suo lessico così forbito, così difficile, così inaccessibile. Bisogna capire quali sono i neologismi dai termini desueti. È un po' come imparare una nuova lingua. Una sua tecnica per proteggersi, esponendosi, senza farsi saccheggiare.

La seconda parte vola. Perché lui nel frattempo ha dato tempo al lettore di entrare in intimità con lui, si è creata una relazione basata sulla fiducia. I saccheggiatori sono stati messi in fuga all'inizio. Resta chi non può far male, chi in religioso silenzio sta lì pronto ad ascoltare questa personalissima storia famigliare. Privata, appunto, e tanto tanto provata.
Profile Image for Nostalgiaplatz.
165 reviews48 followers
August 2, 2017
Lessi tempo fa ‘Tu, sanguinosa infanzia’, e uno dei racconti era ‘La Freccia Nera’, in cui Mari raccontava come da bambino un giorno ricevette in dono dal padre suddetto romanzo. L’aveva già letto, ma non ebbe il coraggio di rivelarlo al genitore, e così procedette alla rilettura, da cui un discorso sulle diverse traduzioni e sulla differenza d’atmosfera e di sfumature che le scelte lessicali possono portare. Bellissimo racconto.
M’ero detta, quella volta “Che strano, per una tale sciocchezza, temere la reazione paterna” anche perché di solito, quando si regala un libro, è sottinteso “spero tu non l’abbia già, ma nel caso lo cambiamo”.
Dopo ‘Leggenda Privata’ capisco. Capisco molto più di Mari, delle sue ossessioni, del suo carattere, degli elementi ricorrenti nei suoi libri, del suo rapporto profondo con l’infanzia che tante volte è al centro dei suoi scritti.
Capisco la figura schiacciante che fu suo padre, e il modo in cui influenzò la sua crescita, e il sacro terrore che incuteva. Uomo severo, rabbioso, dai giudizi trancianti, che spadroneggia nelle vite di tutti coloro che lo circondano (un uomo che fa anche la figura del coglione, talvolta, come chiunque sia troppo convinto di esser nel giusto, e che le proprie fisime siano legge).
E la madre, fragile, incline a nevrosi e depressione, così mal assortita a quel marito che era un inscalfibile rullo compressore, pure lei ha lasciato un’impronta in Michele e nella sua sensibilità.
E qui, in questo libro, c’è molto, di quell’infanzia che lo ha plasmato: i terrori, le fantasie morbose, i sensi di colpa, le acerbe attrazioni erotiche, le fissazioni, le vergogne. Zoccoli rossi, mottarelli, cantine buie, serve laide, il Pigi, l’enuresi e la fimosi, il pancotto, bacini della buonanotte costretti alla clandestinità, cronache sportive ascoltate in altrettanta segretezza, e via così…
Questo libro non può essere giudicato come si giudicherebbe un romanzo, forse nemmeno come si giudicherebbe una normale biografia, e ha senso solo se già si è letto molto, di Mari: allora con lo scorrere della pagine ci si troverà ad annuire, a pensare “Ah, allora ecco, ecco perché”. Si ha la sensazione di essere messi a conoscenza di qualcosa di straordinariamente privato, senza remore o pudori, come si concederebbe a un amico.
Sono felice di averlo letto a poca distanza da ‘Asterusher’, che a meraviglia, con le sue foto, s’incastra con questa autobiografia: sì, la conosco la tua copia dei Canti Orfici! E le statuine sproporzionate che modellava tuo nonno! E i puzzle, e gli Urania, e la piranesiana cantina!
Profile Image for Bobparr.
1,077 reviews79 followers
November 23, 2017
In un elenco di miei ultimi libri dove faticano a spiccare le quattro stelle, questo di Mari è un bicchiere di acqua fresca. Storie terribili di minorenni e di genitori intelligentissimi, di cui uno incapace in somma maniera di tutto quello che vuol dire essere genitore (ovvio, secondo me). Mari scrive benissimo, con un italiano ricercato e intelligente. Il libro è ironico e in alcuni passaggi onirico. Come sempre quando si parla di questo autore, un regalo da farsi, foss’anche solo per scoprire i parenti di Michelino e le frequentazioni dei genitori.
Profile Image for Alessio.
57 reviews26 followers
June 30, 2017
Definita dall'autore stesso un'«autobiografia horror», Leggenda privata è il romanzo familiare che permette al lettore - qui in veste di scomodo voyeur - di esplorare i meandri più intimi e profondi dell'opera di Michele Mari e di decodificarne le componenti principali, quali il binomio vita-letteratura («Ci può essere dunque un nesso fra la Vecchia (la Sagoma, i Ciechi) e mia madre.») e la fascinazione per il racconto fantastico («Immaginai che due parvenze umane [...] si fossero esplicitate per quello che erano realmente: alieni ributtanti pieni di bocche, di ciglia, di opercoli e antenne, e ventose, e palpi protesi alla suzione.»).
Non una semplice biografia dunque, bensì la testimonianza più pura - c'è già chi parla di capolavoro - di come la propria esperienza (la leggenda del titolo) possa sublimare e tramutare nel demone della letteratura. Scrive Galanti: «La vena confessionale di Mari tocca in queste pagine alcuni dei suoi punti più alti, gli angoli più scabrosi della personalità sono messi a nudo in un viaggio infero nella vergogna affrontato con coraggio e spregiudicatezza [...]».
Un romanzo nero e feroce che, come un fiume in piena, restituisce pagine di una bellezza folgorante, tra le più alte che la letteratura italiana recente abbia saputo regalarci.

«Nacqui d'inverno, otto mesi dopo l'increscioso viluppo primaverile: otto che è stigma di aberrazione. Non però mostro, fui: sibbene mostruoso fu il rapporto che fin dall'inizio intrattenni con me, mecomé metepsismo. Mi pensavo doppio, e così pensandoci eravamo già quattro, squartati. Ed io, ed io! volevo essere un ricamo, consistere nello stesso mio ricamarmi: povera sfera orgogliosa scagliata nell'onta! Nacqui, dunque; e crebbi sotto l'usbergo del nome Michele, che avrebbe dovuto proteggermi: avrebbe.»
Profile Image for Amaranta.
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July 1, 2019
Devo ammettere di aver fatto un po’ fatica all’inizio con la lettura. Non so perché ma qualcosa me lo ha reso di difficile digestione. Solo con l’andare avanti il nodo si è sciolto e mi è piaciuta l’idea di paure di bambino da esorcizzare con la scrittura.
Profile Image for Bruna.
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June 29, 2017
In realtà mi mancano 10 pagine, ma le voglio leggere lentamente, perché non voglio finisca subito. Mari è il più grande scrittore italiano. Intraducibile, come i più grandi, a meno che non lo faccia lui stesso, magari con el Donald, l'inglés.
Profile Image for Gabril.
892 reviews205 followers
June 11, 2021
Un’autobiografia per i mostri

Cosa succede a un bambino quando si scopre frutto di un abominevole amplesso primaverile, quando nasce d'inverno, stigmatizzato dall'aberrante numero 8, e quando si trova in balìa di genitori orrendamente geniali, artisti nevrotici, troppo in fretta mal combinati e ben presto separati?

Ecco quel che di mostruoso è accaduto a Michelino-Danilo (Gheri?), filatore della propria personalissima intimissima leggenda privata, culattina potenziale, privo di protezione davanti all'onnipotenza dell'orco barbuto (il padre Enzo, noto designer :"lui che occupava le persone come un inquilino occupa un appartamento ristrutturandolo secondo razionalissime leggi") e di fronte all'eclettica divergenza della madre-ragazzino, montanara dalla dura corazza che male nasconde l'intenso, intimo lavorio autodistruttivo dell'anima.

Così l'autore si narra e così ci appare : "nudo nella verminosa tenerezza di chi già secerneva lo stame bavoso di che intessere le infrangibili maglie delle proprie corazze future"... "l'anima affidata alle cose e a quella cosa fissa che è il tempo"... "Poi, ragazzino, incominciai a trasferire particole di anima nei libri che leggevo, fino a dislocarvela compiutamente: in questo modo potevo circolare nel mondo come un insensibile golem senza patir troppi danni..."

Insomma: abbiamo qui un concentrato dell'essenza biografica di MM : un distillato dei suoi fantasmi, della sua vocazione orrorifica, la cui genesi diventa esplicita ("serio nato da seria, triste da triste..."); una artigliante confessione delle mancanze e delle vergogne, delle ossessioni e delle fobie, di tutta la meraviglia-terrore sepolta nelle cantine, luoghi reali e fantasmatici dove (come il ragno intesse la tela) la vita si fa letteratura, trasformando la debolezza in potenza di invenzione e di ricostruzione del mondo. “Cristallizzandomi mi sono falsificato: e vivendo e scrivendo, e scrivendo della mia vita e vivendo nella mia scrittura”.

Un progetto esistenziale di pura sopravvivenza che ha prodotto effetti mirabolanti, dando come risultato finale Michele Mari, una voce tra le più originali del nostro panorama letterario. (E, per finire...sarà difficile dimenticare Velia, la serva sozza, una delle figure più ripugnanti descritte da Mari e che rivedremo sempre coi suoi occhi disgustati di bambino: e qual fatale attrazione ribolliva in quel disgusto!)
Profile Image for Federico Tommasi Zardini.
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June 30, 2021
Indeciso se quattro o cinque stelline, vado per il voto più soggettivo. Perché questo è oggettivamente un libro eccellente.
Non avevo ancora letto nulla di Mari e forse questo non era il punto di partenza migliore.
Non serve a molto spiegare di che cosa parla questo libro, si tratta "semplicemente" della sua autobiografia. Mari si racconta attraverso le relazioni con gli altri, con i suoi genitori, con la ragazza della Trattoria Bergonzi, con sua sorella, con i nonni, con le domestiche e addirittura con degli spiriti che lo tediano cercando di strappargli un'autobiografia in grado di compiacere i loro bisogni di verità e di messa a nudo dell'autore.
Mari si sente tirare da diverse forze contemporaneamente e il risultato è una vera e propria leggenda ricca di leitmotiv, per lo più fastidi e ossessioni, che ritornano per tutta la narrazione lasciando al lettore una vera e propria traccia di simboli che hanno segnato la vita dell'autore.
Un dettaglio interessantissimo di questo libro è l'importanza che esso dà ai nomi e a tutte le loro declinazioni; indirettamente, Mari esprime una vera e propria ossessione per la lingua ed i suoi manierismi.
Ho sottolineato pagine intere e detto porca miseria in diversi punti della lettura, ma nonostante questi picchi sorprendenti che lo inseriscono tranquillamente fra i migliori autori italiani viventi, non mi ha sconvolto né fatto impazzire.
Sarà per un'altra volta Chila.
Profile Image for Chiara Basile.
196 reviews131 followers
May 14, 2021
Ho amato tutto di questo libro: la prosa di Mari, che all'inizio può apparire ostica, mostra in realtà un uso magistrale della lingua, pur nei suoi virtuosismi ricorrenti. Non mi aspettavo una narrazione così ironica, ho riso di gusto più e più volte. È un libro che forse in autonomia non avrei mai letto, grazie gruppo di lettura per avermi "obbligata" ad acquistarlo.
Sicuramente ripenserò spesso a quello che ho letto e che ho trovato in quest'opera, per ora il miglior libro del 2021, sarà difficile trovare qualcosa di simile.
Profile Image for Beatrice Dalpedri.
19 reviews4 followers
May 11, 2021
Con una scrittura magistrale Mari ci regala un racconto intimo e autoironico, commovente e divertente. Felice di averlo letto e grata a chi me lo ha fatto leggere.
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