Polizza vita, se muore il contraente gli eredi devono pagare la tassa di successione? La risposta su «Chiedi all'esperto»
di Redazione Economia
di Andrea Carbone | Ultimo aggiornamento 4 novembre 2024
In questa guida troverai alcune informazioni utili per gestire l’evento “successione”, ma – soprattutto – alcuni consigli utili per conoscere in anticipo alcune dei principali temi da tenere a mente. Ecco le domande alle quali cercheremo di rispondere:
Con il termine “successione” o “passaggio generazionale” si intende solitamente il momento in cui una o più persone subentrano al posto di un’altra persona in una serie di rapporti giuridici e patrimoniali. La successione della quale stiamo parlando è quella “mortis causa”, che avviene cioè a seguito di decesso (quando invece avviene “inter vivos”, tra persone viventi, si parla di donazione), ed è disciplinata dal codice civile.
Di leggi che ne disciplinano il funzionamento se ne trovano fin dalla notte dei tempi, dal babilonese codice di Hammurabi, passando per il diritto successorio greco e romano, per arrivare poi ai nostri giorni.
Sembra quasi ogni società abbia sentito il bisogno di definire il “passaggio nell’al di là”, non solamente da un punto di vista emotivo, religioso o filosofico, ma anche in termini, molto più pragmatici, delle modalità di trasferimento delle proprie proprietà e ricchezze.
Tra gli aspetti che sono stati definiti vi è anche quello della tassazione dei beni trasferiti: l’imposta di successione. In Italia fu definita nel 1862, immediatamente dopo l’unificazione del nostro Paese, con tante modifiche a seguire nel corso del tempo.
Periodicamente nel nostro dibattito pubblico si parla dell’ipotesi di elevare le imposte successorie, che in effetti, come vedremo, non sono tra le più elevate al mondo. Il ragionamento “filosofico” dietro ad avere alte o basse imposte è se si voglia o meno effettuare una redistribuzione della ricchezza, dai privati alla collettività, o se al contrario si vogliano mantenere le risorse all’interno di una famiglia. Ad oggi, nel nostro ordinamento, sembra prevalere la seconda visione.
Conoscere alcuni principi di pianificazione successoria può servire ad almeno quattro cose:
Non bisogna essere necessariamente “ricchi e famosi” per finire sui media a causa di liti sull’eredità. E’ probabilmente esperienza comune di molti di noi che anche le “persone normali” possono finire per litigare, e parecchio, su aspetti successori. Alcune delle liti tra fratelli, sorelle, genitori e parenti in generale si potrebbero forse prevenire se ci fosse a monte la “voglia di lasciare ordine e armonia dopo di noi”: un pensiero che evidentemente non è sempre presente o gestito per tempo.
Uno dei principali motivi che stanno dietro alla pianificazione successoria è far sì che la situazione che si vuole lasciare sia conforme ai propri desideri: abitazioni, beni e ricchezze possono infatti essere, entro i limiti previsti dalla legge, assegnati alle persone che desideriamo.
L’altro grande motivo della pianificazione successoria è quello dei costi, per conoscerli, quantificarli e valutare le diverse opzioni previste dalla legge.
L’ultima finalità può essere quella di lasciare ai propri eredi le risorse necessarie per poter entrare in possesso del patrimonio: l’imposta di successione va infatti “pagata prima” e non sono infrequenti i casi di chi, ereditando patrimoni importanti, faccia fatica a trovare le risorse necessarie per riceverli.
Ma quando bisognerebbe pensare alla pianificazione successoria? Si tratta di pensieri che si possono fare a qualunque età – non è mai troppo presto – anche se naturalmente (e umanamente) vengono più spesso fatti con il passare degli anni, quando ci si avvicina agli anni della pensione.
Al crescere del valore economico del patrimonio aumenta anche la complessità e spesso esistono strumenti giuridici appositi, come i “trust”, fatti per gestire ricchezze elevate. Un altro genere di pianificazione successoria è inoltre quella che riguarda le aziende e i soci.
Qui di seguito ci occuperemo prevalentemente di famiglie.
La normativa serve in primis per definire ciò che accade quando “non si fa nulla”: si tratta della successione “legittima”, per legge. Come cittadini dovremmo quindi essere consapevoli del “punto di partenza” qualora non prendessimo alcuna iniziativa e valutare se i risultati sarebbero in linea o meno con i nostri desideri.
Le leggi definiscono infatti gli “eredi legittimi”, coloro che riceveranno a prescindere il nostro patrimonio. A livello di “mappa famigliare”, i primi soggetti tutelati sono i discendenti (figli, nipoti) e gli ascendenti (genitori e nonni) in linea retta. In second’ordine, se ascendenti e discendenti sono assenti, si passa alle linee cosiddette “collaterali”, legate ai propri genitori (fratelli e sorelle), ai nonni (zii e cugini), per poi allontanarsi fino al quinto e sesto grado di parentela.
Qualora l’indagine nella ragnatela di familiari si concludesse con un nulla di fatto, non trovando parenti in vita, sarebbe – in ultima istanza – lo Stato a ricevere i beni.
Un discorso a parte meritano i coniugi, che per avere diritti successori devono essere uniti in matrimonio o in “unione civile”: i conviventi infatti non hanno particolari tutele.
Facciamo qualche esempio delle casistiche più diffuse di cosa accade “quando non si fa nulla”:
Quando invece ci sono coniuge e figli:
Quando c’è un coniuge, ma non ci sono figli:
Ed ecco infine alcune combinazioni quando non c’è un coniuge (o è un convivente), sempre in ipotesi che non si faccia nulla e che sia la legge a decidere come ripartire il patrimonio:
In assenza di figli e di un coniuge, ci potrebbe essere il caso di:
Naturalmente la normativa parla di percentuali di ripartizione del valore e non dei singoli beni (case, oggetti, denaro, etc): in assenza di pianificazione o accordi, il patrimonio viene suddiviso e intestato pro quota ai diversi eredi.
Le cose cambiano invece in modo tangibile quando si decide di agire, per far sì che le cose siano maggiormente in linea con i propri desideri. Le strade per poter creare delle “quote disponibili”, in parte libere dalle quote legittime previste dalla legge, sono fondamentalmente due:
Le quote viste in precedenza cambiano, in quanto si riducono le quote “legittime” che devono andare agli eredi definiti dalla legge e si crea una quota “disponibile” che, come dice il nome, può essere indirizzata a qualunque soggetto. Naturalmente il patrimonio, nella sua assegnazione complessiva, deve rigorosamente rispettare tali quote, altrimenti si ricadrebbe nella cosiddetta “lesione delle quota legittima”, che invece di lasciare ordine e armonia dopo di noi, lascerebbe “caos e disordine”!
Ripercorriamo le casistiche viste in precedenza, ma in presenza di una quota disponibile creatasi grazie a un testamento o a un contratto assicurativo.
Se si hanno parenti esclusivamente di una tipologia, ecco le quote:
Quando invece ci sono coniuge e figli:
Quando c’è un coniuge, ma non ci sono figli:
Ed ecco infine alcune combinazioni quando non c’è un coniuge (o è un convivente), sempre in presenza di testamento o polizza vita:
In assenza di figli e di un coniuge, ci potrebbe infine essere il caso di:
L’impatto della quota disponibile che si viene a creare è quindi rilevante: in certi casi può arrivare anche alla metà del patrimonio.
Attraverso il testamento o una polizza vita si può infine iniziare a intervenire sulla ripartizione dei beni, che possono essere, nel rispetto delle quote legittime, indirizzati secondo le proprie preferenze.
I costi della successione sono divisi in due categorie principali:
Il punto di partenza per la definizione dell’imposta di successione è il censimento e la quantificazione del patrimonio complessivo netto. Si tratta di sommare tutti i beni e i valori che entrano nell’asse ereditario, quali:
Gli immobili vengono quantificati secondo una formula basata sulla rendita catastale e sulla destinazione d’uso (prima casa, altra abitazione, uffici, etc) e non secondo il valore di mercato.
Non rientrano invece nell’asse ereditario e quindi su di essi non viene pagata alcuna imposta di successione:
Alla somma dei valori costituenti l’asse ereditario, per renderlo netto, vanno sottratti:
L’imposta che va pagata è in funzione di chi sono gli eredi e del valore: al di sotto di una certa soglia per erede, chiamata “franchigia”, non è infatti dovuta alcuna imposta. Ecco le casistiche:
Per i portatori di handicap le franchigie sono elevate a 1,5 milioni. In sintesi, gli eredi diretti (coniuge, figli e genitori), quando ricevono una quota fino a un milione di euro ciascuno, non pagano nulla. All’estremo opposto, i conviventi pagano invece l’8% della quota ricevuta.
Come accennavamo, nel mondo il quadro è piuttosto vario: si va dall’assenza completa di imposte per certe tipologie di eredi, fino ad aliquote del 40%, 50% e 60% per alcuni eredi in Paesi come Regno Unito, Germania e Francia.
In aggiunta all’imposta di successione, ci sono infine delle spese specifiche da prevedere per il passaggio di immobili, differenziate a seconda dell’uso che si fa dell’unità abitativa. Quando viene usata come prima casa, si paga:
Quando invece non si tratta dell’abitazione principale, bisogna pagare delle percentuali del cosiddetto “prezzo-valore”, calcolato attraverso apposite formule basate sulla rendita catastale e sulla tipologia di immobile, così definite:
Queste imposte sono dovute a prescindere: in cifra fissa per la prima casa, in proporzione al valore dell’immobile, per il 3%, negli altri casi.
Come visto, sia il testamento che alcuni strumenti assicurativi consentono di effettuare pianificazione successoria, creando delle quote disponibili che possono essere assegnate a chi si desidera, purchè non vengano lese le quote di legittima previste dalla legge.
I testamenti possono essere fondamentalmente di quattro tipi:
Gli strumenti assicurativi devono invece caratterizzarsi per la sottoscrizione di un contratto (polizza vita, solitamente) che in caso di decesso dell’assicurato dia il diritto al pagamento di una prestazione agli eredi designati. Questi strumenti racchiudono in sé due caratteristiche:
Trattandosi di prodotti assicurativi di risparmio, possono prevedere garanzie aggiuntive o la possibilità di riscattare la polizza prima dell’eventuale decesso, in funzione delle caratteristiche. Le somme dovute ai beneficiari non sono né pignorabili né sequestrabili e sottostanno al vincolo di segretezza. Le risorse accantonate possono essere investite con profili di rischio finanziario diversi in funzione della tipologia di prodotto.
Chi ha già avuto l’esperienza diretta di una successione lo sa: è come uno tsunami. Alla dimensione emotiva e umana si affiancano tutta una serie di adempimenti impensabili e inimmaginabili fino a qualche secondo prima: non solamente l’iter per funerale e sepoltura, ma anche quello successorio.
Ecco perché arrivare “pronti” almeno alle parti burocratiche del processo, o affidarsi a professionisti di qualità diventa essenziale in un momento di grande turbamento e choc.
La successione si apre il giorno del decesso e la dichiarazione di successione deve essere presentata all’Agenzia delle Entrate entro 12 mesi dall’evento. L’eredità può essere accettata, rifiutata o accettata con beneficio di inventario (in questo caso, in presenza di debiti, l’erede è tenuto a rimborsare i debiti solo nella misura di quanto è stato ricevuto).
Prima si svolgono tutti i passaggi burocratici richiesti, incluso il pagamento delle imposte, e prima:
La dichiarazione di successione deve essere presentata esclusivamente per via telematica e sono esentate solamente le successioni dove l’attivo ereditario non superi i centomila euro e non siano presenti beni immobili.
Ultimo aggiornamento 4 novembre 2024
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