Theology of Church
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This is a review of the book "From embers to a flame: How can God revitalize your church" (P&R Publishing, 2004). The book was written by Harry Reder III, L. and David Swavely. The subject of this book is treat about church revitalization... more
This is a review of the book "From embers to a flame: How can God revitalize your church" (P&R Publishing, 2004). The book was written by Harry Reder III, L. and David Swavely. The subject of this book is treat about church revitalization through of a biblical and theological-centered perspective.
Per tracciare le linee della storia dei primissimi Papi, bisogna fare alcune puntualizzazioni previe. La prima verte sul fatto che essi vissero ancora nell'età apostolica: la morte di San Pietro non aveva chiuso la generazione dei... more
Per tracciare le linee della storia dei primissimi Papi, bisogna fare alcune puntualizzazioni previe. La prima verte sul fatto che essi vissero ancora nell'età apostolica: la morte di San Pietro non aveva chiuso la generazione dei testimoni oculari di Gesù. San Bartolomeo morì martire in Albania Caucasica tra il 60 e il 68, San Matteo subì il martirio nel Ponto Tolemiaco tra il 62 e il 70, San Tommaso fu ucciso in India nel 72, San Filippo fu martirizzato nell'86, San Giovanni morì tra il 98 e il 99. Ciò significa che da tre a cinque Apostoli morirono dopo di Pietro e Paolo, mentre a Roma sul Sacro Soglio sedevano i primi pontefici. Essi, nonostante l'indiscusso primato della Chiesa Romana che presiedevano, non potevano certo competere con l'autorità degli Apostoli, che erano più di semplici vescovi: erano ancora rivelatori del messaggio divino. Aggiungo che tra l'84 e il 94 morì l'evangelista San Luca, mentre l'ultimo dei "fratelli" di Gesù, San Simeone, fu martirizzato nel 107. Due degli Apostoli che ho citato, Filippo e Giovanni, vivevano e morirono nei confini dell'Impero Romano, avendo quindi la possibilità di contatti strettissimi con la Chiesa della Capitale. Giovanni poi esercitò il suo ministero apostolico a Roma forse per ben due distinti intervalli di tempo dopo la morte di Pietro e di certo il suo altissimo prestigio si fece intensamente sentire nella Chiesa capitolina. L'Apostolo ed Evangelista probabilmente si trovava in città negli anni della persecuzione neroniana perché la parte più antica dell'Apocalisse fu composta a Roma e fu in quegli anni che forse Giovanni ebbe per la prima volta a che fare con Domiziano, quando questi era reggente in nome del padre Vespasiano intento a reprimere la prima rivolta giudaica. Giovanni poi, come attestano unanimemente i Padri, fu di nuovo a Roma sotto Domiziano quando questi divenne Imperatore a tutti gli effetti e fu da questi mandato in esilio a Patmos dopo che il tentativo di martirizzarlo fallì miracolosamente. Questi eventi permettono di parlare di un carisma giovanneo, accanto a quello petrino e paolino, della Chiesa di Roma, un carisma che però non era stato tramandato ai Papi, in quanto l'Apostolo prediletto era ancora vivo. Il tempo e la monarchia papale l'avrebbero cancellato, ma in quei decenni dovette essere molto forte. In quanto alla Chiesa gerosolimitana, pur non avendo nessun primato sulle altre, aureolava il suo prestigio di madre di tutte le comunità con il privilegio di essere presieduta da un parente stretto di Gesù, che non poteva non incutere rispetto a qualsiasi Papa. Fino a quando la generazione dei testimoni oculari di Gesù non si fu estinta, il primato petrino non poté dispiegarsi pienamente nei Vescovi di Roma, che non a caso non furono subito considerati Successori di Pietro. Nell'età apostolica -e anche per un bel pezzo di tempo successivo -i Papi furono considerati una cosa diversa da Pietro, pur essendo subentrati a lui nel governare la Chiesa di Roma. Solo in seguito Pietro stesso fu considerato il primo Papa e gli altri i suoi successori. Un'altra puntualizzazione riguarda proprio il modo in cui Pietro aveva governato la Chiesa Romana. Suo vescovo indiscusso per venticinque anni -fu il primo Apostolo ad arrivarcinon vi risiedette costantemente e delegò l'esercizio fattivo del governo ecclesiastico locale ad un collegio di coadiutori, la cui esistenza si postula abbastanza chiaramente dalle fonti più antiche e che era evidentemente composto da quelli che poi furono i suoi successori: Lino, Anacleto, Clemente e forse Cleto, da intendersi come persona distinta da Anacleto, anche se non fu mai Papa, come si credette per secoli, perché premorì a Pietro. Che questo collegio esistesse lo dimostrano due cose: le date degli episcopati di alcuni di questi personaggi, che iniziano prima della morte di Pietro -e in alcuni casi finiscono anche prima di essa -e il fatto che dei primi Papi gli antichi biografi riportano atti compiuti per ordine di Pietro stesso, cosa che non poteva accadere se questi fosse stato già morto. Quando il Pescatore di Galilea fu martirizzato da Nerone, il collegio continuò ad esistere, perché, sebbene Pietro stesso avesse scelto Lino come suo successore nel governo di Roma, questi non osò abolire quanto l'Apostolo aveva istituito. Per questo motivo gli studiosi protestanti sottolineano che l'episcopato monarchico si affermò lentamente a Roma. Ma ciò non significa che non esistesse il primato romano. Significa che era avvertito come primato di tutta la Chiesa Romana sulle altre, come un lascito che sussisteva in tutta la comunità fondata da Pietro, e che trovava nel suo nuovo capo il suo segno tangibile. In poche parole, la presenza di un collegio di vescovi coadiutori scelti da Pietro accanto ad un capo designato da Pietro stesso non sminuiva il ruolo di questo stesso capo, che chiamiamo Papa, ma ovviamente ne determina in un modo storico preciso l'esercizio dell'autorità. Fu così che, fino a quando i membri del collegio non morirono tutti, nessun Papa osò sopprimerlo e forse alcuni suoi membri furono anche surrogati. E' presumibile che Pietro mise a capo del collegio Lino e che questa designazione fu la premessa alla scelta di questi come suo successore. Lo stesso sistema dovette funzionare nei papati successivi: il Vescovo di Roma sceglieva un capo del collegio dei coadiutori che poi veniva anche destinato a succedergli. Così Pietro designò Lino, Lino scelse come successore Anacleto, questi elesse Clemente e costui volle Evaristo. Dopo il quale, proprio in corrispondenza della morte di Simeone fratello del Signore, i Papi non nominarono più i Successori, facendoli eleggere dalla Chiesa stessa alla loro morte. Sappiamo poi per certo che tra i coadiutori di Pietro Clemente svolse la funzione insostituibile di segretario, in quanto la Lettera ai Corinzi che attesta per la prima volta il primato della Chiesa Romana porta la sua firma ma è di sicuro anteriore al suo pontificato vero e proprio. Un'altra puntualizzazione verte sul rapporto tra il Papato e la Chiesa madre di Gerusalemme. Gli Apostoli erano tutti ebrei, mentre i Papi non lo erano. La distruzione del Tempio significò la fine dell'ipoteca giudaico-cristiana sulla Chiesa nascente, ma lo strappo si era consumato dal 62, quando Giacomo il Minore fu ucciso dal sommo sacerdote Anano. Inoltre la scelta di Simeone come successore di Giacomo -avvenuta con una elezione in Gerusalemme alla quale parteciparono tutti gli Apostoli (Pietro incluso che lasciò Roma appositamente per un'ultima intensa e breve visita nella terra natia), i Discepoli e i Parenti di Gesù ancora in vita -al posto del dotto e ambizioso Thabuti, sacerdote esseno convertito al cristianesimo, avviò lo scisma ebionita, negando la preesistenza del Verbo Incarnato e facendo di Gesù solo il Figlio adottivo di Dio, in seguito alla discesa dello Spirito Santo. Insomma le lacerazioni della Chiesa ex circumcisione furono contemporaneamente un limite e una condizione per lo sviluppo del primato del Vescovo di Roma. Se il Tempio non fosse stato distrutto la Chiesa primordiale avrebbe avuto due poli di attrazione: la capitale imperiale e quella davidica. Se la Chiesa giudaica non si fosse lacerata la preponderanza dell'elemento greco-latino nella Chiesa universale avrebbe tardato ad affermarsi. A Roma furono bene informati sulla questione ebionita e fecero quel che poterono per fermare lo scisma, ma le radici giudaico-cristiane e il loro groviglio di contraddizioni erano troppo
L'età subapostolica è l'età nella quale la generazione dei discepoli degli Apostoli, il cui fior fiore è rappresentato dai cosiddetti Padri Apostolici, conserva viva la tradizione ecclesiastica che aveva ricevuto dai suoi maestri.... more
L'età subapostolica è l'età nella quale la generazione dei discepoli degli Apostoli, il cui fior fiore è rappresentato dai cosiddetti Padri Apostolici, conserva viva la tradizione ecclesiastica che aveva ricevuto dai suoi maestri. Estintasi tale generazione, termina anche questa delicata fase di trapasso della storia della Chiesa. Tecnicamente, con la morte di San Policarpo di Smirne nel 155, martirizzato sul rogo, si estingue la generazione in questione. Il Santo Vegliardo aveva conosciuto l'Apostolo Giovanni e aveva raggiunto ottantacinque anni, per cui costituiva senz'altro il testimone più autorevole di quella schiera di personaggi che avevano animato la Chiesa nella prima metà del II sec. Tuttavia molte caratteristiche di questo periodo della storia ecclesiastica si prolungano almeno fino al 180. Per quanto invece riguarda la Chiesa Romana e il Papato, l'età subapostolica è più breve, in quanto coincide con quella fase nella quale i Pontefici Romani, pur non avendo più attorno il collegio di coadiutori di tradizione petrina del quale ho parlato nel mio contributo "Il Papato nell'Età Apostolica" su Theorein.it, ancora condividono ampiamente i processi decisionali col clero romano, espresso soprattutto dai presbiteri titolari e dai diaconi regionali. Quando l'episcopato romano si afferma in modo nettamente monarchico, riuscendo in un certo qual senso ad ipostatizzare in se stesso il primato petrino che pure appartiene a tutta la sua Chiesa, allora cessa l'età subapostolica nella Città eterna, in quanto l'ombra di Pietro smette di incombere talmente tanto sui suoi successori da impedire loro di sentirsi pienamente partecipi della sua autorità. Maturano così i tempi per cui i Papi possano considerarsi una dinastia spirituale il cui primo esponente era stato proprio l'Apostolo Pietro: ferme restanti le sproporzioni tra lui e i successori, era oramai chiaro che il suo primato era stato tramandato a chi gli era successo. In sintesi, i Pontefici non sono più solo Romani, ma anche Sommi e Universali. Questo processo appare concluso sotto papa Pio I, quando abbiamo notizia del primo Sinodo romano della storia, che appare quale strumento di governo esecutivo delle volontà papali, ma naturalmente si compì attraverso i pontificati dei suoi predecessori. Ed è proprio la loro storia che andremo a raccontare, includendo per completezza gli altri papi, successori di Pio, ossia Aniceto, Sotero ed Eleuterio, che ancora afferiscono al periodo subapostolico della Chiesa nel suo complesso e che si configurano come figure di trapasso tra una Chiesa Romana ancora sotto l'influsso orientale e una Chiesa Romana specificamente latina, che quindi rientra in un'altra narrazione, che spero sia possibile in un prossimo futuro. Un altro filone importante di ricerca che attesta il rafforzamento dell'identità della Chiesa Romana in questo periodo è la fissazione della data della Pasqua sulla base di una tradizione propria, ovviamente di matrice petrino-paolina, sulla base di precise decisioni dei Papi. Anche di questo progresso avremo modo di raccontare i dettagli. Tuttavia altre tre puntualizzazioni previe sono necessarie. Una verte sulla II Guerra Giudaica, dal 131 al 135, deflagrata dopo i cent'anni dalla Morte di Gesù per mano dei suoi connazionali. La distruzione del Tempio nel 70 aveva segnato la rottura tra la Chiesa e la Sinagoga. Ma la distruzione di Gerusalemme e l'annientamento del Giudaismo come realtà politica con la conseguente diaspora segnò la marginalizzazione del giudeo-cristianesimo all'interno della Chiesa stessa, lo spostamento dell'asse della Chiesa Matrice dalla Palestina al mondo greco-romano e la conseguente lenta ma costante accrebbe sensibilmente le potenzialità del Papato, che conservava il munus primaziale petrino, ma lo spinse anche a favorire, in chiave antiereticale, quella letteratura apologetica greco-latina di cui ho detto. Detto ciò, passiamo a trattare brevemente dei Papi del periodo: Alessandro I, Sisto I, Telesforo, Igino, Pio I, Aniceto, Sotero ed Eleuterio, tutti aureolati della santità rosseggiante del sangue del loro intrepido martirio. SANT'ALESSANDRO I (109-116) I primi elenchi dei Papi, ossia quelli di Sant'Ireneo di Lione [135/140-202/203] (del 180 ca.) e di Egesippo [110-180] (160 ca.), la cui credibilità è attestata anche da Eusebio di Cesarea (260 ca.-340 ca.) e che fanno di Pietro e Paolo i fondatori della Chiesa Romana, riportano quello di Alessandro come il quinto nome, mentre, a partire dalla consuetudine invalsa alla fine del II sec. di considerare Pietro quale primo Pontefice, quegli slittò al sesto posto.