Philologie Romane

Il testo del Devisement dou monde (o Milione, secondo la tradizione italiana) trasmesso dal codice parigino fr. 1116 rappresenta la forma linguisticamente più vicina alla superficie discorsiva originale dell’opera poliana. Dopo l’edizione del 2010 Mario Eusebi ne ha rivisto la lezione: il frutto di tale revisione (già disponibile al lettore nell’edizione digitale di Dei viaggi di Messer Marco Polo di Giovanni Battista Ramusio, in questa collana, vol. 5) torna alla tradizionale forma-libro, accompagnato dal glossario integrale e dagli indici dei nomi e dei toponimi, curati da Eugenio Burgio.

After the 2010 edition (Il manoscritto della Bibliothèque Nationale de France fr. 1116, Rome-Padua: Editrice Antenore), Mario Eusebi reviewed the text of the Franco-Venetian redaction (F) of the Devisement dou monde (in collaboration with Eugenio Burgio and Samuela Simion). The result of this revision has long been available to the reader in the digital edition of Giovanni Battista Ramusio’s Dei viaggi di Messer Marco Polo (Simion, Burgio 2015): here the text goes back to the traditional book-form; the second volume, already promised in the subtitle of the 2010 edition, is dedicated to the full glossary and indexes (names and toponyms), edited by Eugenio Burgio (with a linguistic note by Mario Eusebi).

L’obiettivo del contributo è porre l’attenzione sulla presenza di allusioni alla materia arturiana nella produzione lirica in antico-francese attraverso alcuni esempi. L’esame muove da una riflessione sulle differenti tipologie di riferimenti rilevate all’interno del corpus lirico. In primo luogo è presa in considerazione la tipologia delle expressions figées legate alle figure esemplari, successivamente lo studio si sofferma su alcuni rimandi puntuali alle vicende di personaggi come Tristano e Merlino. Infine vengono esaminati tre motivi narrativi comuni alla lirica antico-francese e a opere letterarie relazionate con l’universo arturiano.

Nel presente contributo si focalizza inizialmente l’attenzione sul carattere eterodosso delle chansons di Jehan Bretel (Prince del Puy di Arras), nelle quali il poeta esprime la sua insoddisfazione nei confronti dei dettami dell’amore cortese proponendo una ideologia amorosa fondata su principi più pragmatici, opposta a quella adottata dai trovieri tradizionalisti (come ad esempio Robert del Castel). Allargando il campo di indagine ai jeux-partis e ad altre liriche composte da autori vicini a Jehan Bretel (in particolare Jehan de Grieviler e Lambert Ferri) è possibile delineare una comune linea critica, coerente per termini e temi, che oppone alla vacuità della fin’amor un amore in cui l’amata è vista come compagna adatta all’amante, con cui costruire una solida relazione destinata a perfezionarsi con il matrimonio. Dopo aver inquadrato questa nuova ideologia amorosa, a cui si dà il nome di amour soufisante, all’interno di una generale tendenza anti-cortese presente nella letteratura di Arras, si fornisce un’ipotesi storico-sociologica sulle cause che possano aver contribuito alla sua definizione.

In this paper I examine at first the heterodox nature of Jehan Bretel’s (Prince of the Arras’ Puy) chansons, in which he expresses his frustration relative to the precepts of courtly love, offering a love ideology founded on a more pragmatic value, in opposition to the ideology accepted by traditionalist trouvères (for example Robert del Castel). Analyzing more texts, as the jeux-partis and other verses composed by some poets near to Jehan Bretel (especially Jehan de Grieviler and Lambert Ferri), it’s possible perceiving a common line, expressed by coherent topics and vocabulary, that opposes at vacuity of fin’amor a love where the woman is a partner appropriate to the lover, with whom achieving a committed relationship that will become perfect with the marriage. Then I contextualize this new love-ideology, called amour soufisante, in a general anti-courtly tendency of Arras literature, and I try to express a historic-sociologic hypothesis that could explain the origin of this heterodox love ideology.

Ghismonda e Beatrice. Il cuore mangiato e l'idea dell'amore tra Boccaccio e la Vita Nuova Il motivo tradizionale del "cuore mangiato", contenuto nella vida di Guillem de Cabestanh, unisce il primo sonetto della Vita Nuova dantesca, A ciascun'alma presa e gentil core, a due novelle della IV giornata del Decameron (IV, 9 e IV, 1). Una sostanziale rielaborazione del tema è al centro della novella di Tancredi e Ghismonda, esposizione della teoria d'amore e nuovo inizio del Decameron dopo l'intervento dell'autore. Partendo da un'analisi della visione e delle sue implicazioni nel libello dantesco, il saggio si propone di illustrare la centralità della novella e i suoi rapporti intertestuali con la Vita Nuova.

L’articolo presenta – e in parte pubblica, con commento linguistico, rinviando per l’edizione d’altri testi a successivi lavori – alcune lettere che documentano l’impiego di varietà italoromanze da parte di scriventi non italiani (segnatamente provenzali e catalani) tra la fine del secolo XIV e l’inizio del XV. Si tratta, al di fuori degli episodi di plurilinguismo letterario e di pochi altri esempi d’altra natura quali alcune traduzioni cancelleresche e pochi altri testi isolati, dei più antichi casi di scrittura in italiano da parte di scriventi stranieri, e di un esempio precoce di documentazione dell’apprendimento di varietà italoromanze attraverso canali verosimilmente non letterari, cioè per semplice contatto tra parlanti o scriventi in ambiente commerciale.

Oggetto del presente articolo sono alcune proposte relative alla forma metrica e all’interpretazione di alcuni luoghi della canzone Isplendiente di Giacomino Pugliese. Nelle varie edizioni di questa lirica si riscontra infatti una diffusa incertezza nell’individuazione della misura dei versi della fronte, interpretati perlopiù come singoli versi, versi doppi o versi con rima interna. Dopo aver riassunto i criteri che permettono di risolvere l’ambiguità di alcune serie di versi brevi interpretabili come emistichi di un verso più lungo, si individua l’ipotesi più economica in uno schema metrico che preveda una fronte formata da novenari con rima interna e si propone una nuova edizione ricostruttiva del testo.

In this essay, I offer some hypothesis on the Giacomino Pugliese’s song Isplendiente, especially about prosody and interpretations of some passages. In the previous editions, it is possible to observe a widespread wavering in the metric interpretation of the fronte, usually interpreted as single verses, double verses or verses with internal rhyme. Therefore, I discuss the main criteria useful to understand if a sequence of short verses can be interpreted as hemistiches of a single long verse or not. Then I identify the most economic hypothesis in a metric structure involving a fronte with two novenari with internal rhyme, and I offer a new reconstructive edition of the text.

Critical edition by Edvige Agostinelli and William Coleman.

The identification of the autograph Aut (ms. Laurenziano Acquisti e Doni 325) of the Teseida in the 1920s provided the authentic version of Boccaccio’s poem and his till then unknown commentary of more than 1300 glosses.The
manuscript was not without problems, which challenged the three 20th century editors: S. Battaglia (1938), A. Roncaglia (1941), and A. Limentani (1964).
While Boccaccio himself had retraced some fading and water-staining, a later hand substantially – and often inaccurately – retraced text in the poem and, in particular, the glosses. Since Aut was the only known copy of the Teseida with Boccaccio’s extended commentary, the editors were largely unable to correct any inexact or missing text in the glosses.
Infra-red and ultra-violet photography, however, have resolved these problems: Boccaccio’s original readings have been identified and more than a hundred examples of incorrectly over-traced text have been restored.The edition has also benefitted from the editors’ recent work on the Teseida manuscripts, first of all from the identification of NO (Napoli, Biblioteca Statale Oratoriana dei Girolamini, Cod. CF.2.8), a mid-15th century manuscript containing 1100 glosses, as a copy of a lost beta autograph of the Teseida.
Besides providing an improved text of the poem and glosses, the new edition publishes the three paratexts that Boccaccio used to adorn Aut, but which the previous editions omitted. These are the paraphs, the drawing-spaces, and the under-dotting for elision. The edition also includes reproductions of all the 35 drawings from NO, which are being published for the first time. In sum, it presents a version of the Teseida that is much more accurate than the earlier versions and that promises to be an important research tool for 21st century
scholars and scholarship.

Una iniziazione insolita allo studio delle lingue romanze, cioè discese dal latino (dall'italiano al portoghese, dallo spagnolo al francese, dal sardo al romeno), attraverso alcuni dei nodi fondamentali della riflessione occidentale sul linguaggio, sulle lingue e sulla letteratura. Da opposizioni concettuali ben presenti già nella cultura classica fino ai problemi che coinvolgono l'attuale dialogo tra linguistica, evoluzionismo e neuroscienze. Un percorso attraverso la cultura europea che culmina in una proposta di lettura della storia umana da un punto di vista linguistico. Non è la lingua a essere un oggetto storico. È la storia a essere nel suo insieme un fenomeno linguistico. Un saggio che invita a considerare lo studio delle lingue e delle culture romanze come componente fondamentale nel programma attuale degli studi umanistici, e con essi dell'agenda culturale dell'Europa di oggi, anche nel suo dialogo con il mondo.

RECENSIONI:

R. Tagliani in "Carte Romanze": https://www.academia.edu/44784911/_rec_a_Lorenzo_Tomasin_Il_caos_e_lordine_Le_lingue_romanze_nella_storia_della_cultura_europea_Torino_Einaudi_2019

Tra i monumenti letterari che attestano la fase più antica del fortuna-to mito medievale di Tristano e Isotta si colloca il breve testo anti-co-francese in octosyllabes della Folie Tristan, tramandato in due diverse redazioni risalenti al xii secolo: una più corta, detta di Berna (che qui si presenta), l'altra più lunga, detta di Oxford. Travestito da folle, Tristano torna alla corte di re Marco per rivedere l'amata Isotta. Da lei tenta di farsi riconoscere, rievocando con un discorso apparen-temente insensato gli episodi salienti della loro storia. La regina-dapprima diffidente-finirà per cedere, e dopo l'agnizione finale gli amanti riusciranno a ricongiungersi per un'ultima breve stagione. Ennesima maschera tristaniana, la simulazione della follia permette la messa in atto di un geniale dispositivo della "ricordanza", che restitui-sce nella miniatura di un breve poemetto le vicende più note degli amanti di Cornovaglia. Chiara Concina insegna Filologia romanza all'Università di Verona. Si occupa principalmente di lirica antico-francese, di scritture odeporiche e della ricezione francese, italiana e catalana di Boezio in età medievale.

Fin dalla testimonianza congiunta di "Morgante", "Inamoramento de Orlando" e "Orlando Furioso", Orlando risulta inequivocabilmente affetto da strabismo. Nella prima parte dell’articolo si propone di attribuire l’invenzione del difetto ad Andrea da Barberino, che ne farebbe menzione per la prima volta nel VI libro dei "Reali di Francia". Successivamente, si avanzano alcune ipotesi per spiegare l’eziologia di tale scelta. Oltre all’innovativa 'umanizzazione' di Orlando già promossa dalle chansons de geste franco-italiane, la nuova fisionomia del paladino potrebbe essere indicativa di un intento contaminatorio con un altro eroe notissimo nel Medioevo, a sua volta strabico: Ettore di Troia. Nel caso di Orlando, così come per Ettore, lo strabismo (che è, secondo una tradizione consolidata, una manifestazione somatica della superbia) assumerebbe dunque un valore simbolico-prefigurativo, preannunciando il tragico destino dell’eroe.

Since the joint testimony of "Morgante", "Inamoramento de Orlando" and "Orlando Furioso", Orlando unequivocally seems to have suffered from strabismus. In this article, we propose to attribute the invention of Orlando’s defect to Andrea da Barberino, who seems to mention it for the very first time in the sixth book of his "Reali di Francia". Subsequently, we try to explain the reasons of Andrea’s choice. Beyond the original 'humanization' of Orlando already introduced by Franco-Italian chansons de geste, Orlando’s new physiognomy might reveal an attempt to contaminate with another cross-eyed hero who was very well-known in the Middle Ages: Hector of Troy. In Orlando’s case, as well as for Hector’s, strabismus (which is, according to an established tradition, a hallmark of haughtiness) might thus correspond to a prefiguration, forewarning about the tragic destiny of the hero.

This paper focuses on the Nine Worthies and Nine Heroines fresco in the main hall of La Manta castle (Cuneo), with the aim of shedding light on the relation between the inscriptions painted below the figures and the text of a Middle French romance, "Le Livre du Chevalier Errant", traditionally regarded as the literary source of both the iconography and the written apparatus of the paintings. A new edition of the inscriptions is followed by a collation with the two surviving manuscripts of the romance, pointing out the independence of the painted texts from those copies, and suggesting their belonging to a more complex tradition, which involves a literary attestation of the dits of the Nine Heroines not yet taken into consideration. At the same time, a compared analysis of the texts, the fresco and the illuminations of one of the manuscripts makes it possible to separate the painting from its supposed figurative model, and to specify some debated aspects regarding its iconography.

L'un des critères suivis pour la répartition des territoires de langue romane consiste à reconnaître des macro-régions en les distinguant selon la période d'émergence des langues néolatines qui y sont parlées. Ainsi, la Romania antiqua correspond aux territoires dans lesquels elles se sont développées par continuité ininterrompue avec l'Antiquité; la Romania nova correspond aux territoires où les langues romanes ont été exportées durant l'Âge moderne (l'Amérique ou l'Afrique hispanophone et francophone). Ainsi, la Romania submersa comprend les terres où la latinisation ancienne a été éradiquée pendant le Moyen Age (comme dans l'Afrique septentrionale), ou plus récemment, mais après une très longue permanence (p. ex. la Dalmatie).

The study of regional lexical variation is increasingly taken into account by philologists and linguists who deal with medieval texts, particularly French ones. There is, however, a lack of a tradition of methodological reflection on the subject, which has been partially filled by recent contributions of a mainly theoretical nature. Through this 'laboratory experiment' conducted on the Middle French translation of Riccold de Monte di Croce's Liber peregrinationis by Jean le Long d'Ypres (in 1351), the present article aims at establishing effective methodological approaches for the ecdotic, lexicological and stylistic treatment of the marked lexicon of a medieval text, whereby the main focus will be on diatopic variation, although the other axes will also be considered. The potentialities and the limits of such an analysis will thus be shown, allowing its subsequent application to other texts.

RESUMEN
En un período de seis meses en 2004 y 2005, la publicación electrónica de diccionarios de lengua fran-cesa ha conocido una renovación importante con la publicación del Grand Robert électronique en mayo de 2005 y la primera edición del Trésor de la langue française informatisé en disco compacto de la versión on line (aparecida en noviembre de 2004). Es recomendable examinar algunas carac-terísticas de estos dos diccionarios evocando la génesis de sus dos proyectos lexicográficos hasta las innovaciones electrónicas recientes. Palabras clave: lexicografia (historia), edición electronica, diccionarios franceses, Trésor de la lan-gue française, Grand Robert.
RÉSUMÉ En l'espace de six mois en 2004 et 2005, l'édition électronique des dictionnaires de langue française a connu un profond renouvellement avec la réédition du Grand Robert électronique (désormais GRE) en mai 2005 et la première édition du Trésor de la langue française informatisé en version cédérom (paru en novembre 2004). Il convient d'examiner quelques caractéristiques de ces deux dictionnaires en évoquant la genèse des deux projets dictionnairiques jusqu'aux innovations électroniques récentes. Mots-clé : lexicographie (histoire), édition éléctronique, dictionnaires français, Trésor de la langue française, Grand Robert.

Il ms. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, Fr. Z 13 (siglato V13 dagli specialisti) conserva, acefala e in attestazione unica, la Geste Francor, opera di un ignoto rimatore veneto attivo intorno agli anni Trenta-Quaranta del XIV secolo. Informata da un'impostazione squisitamente lignagère, questa monumentale compilazione - nella quale trovano posto, in una veste largamente rimaneggiata, le chansons di Bovo d'Antona, Berta da li pè grandi, Karleto, Berta e Milon, Rolandin, Ogier le Danois e Machario - spicca nel panorama epico franco-italiano non solo per originalità, ma anche e soprattutto in virtù di una natura sfuggente e problematica. La Geste Francor pone infatti un cospicuo numero di difficoltà filologico-interpretative, che spaziano dalle componenti prosodiche, stilistiche e tematiche ai rapporti che essa intrattiene con le fonti perdute, giungendo infine alla singolare ambiguità della scripta, contraddistinta da un marcato ibridismo tra francese antico ed italiano. Allo studio di questi tre versanti - stile, tradizione e lingua - è dedicato il presente volume, nel quale, partendo dalle caratteristiche materiali del codice, ci si addentra progressivamente tra le maglie del testo per indagarne le strutture più profonde, con l'ambizione di restituire la Geste Francor e il ms. V13 al loro primitivo contesto storico-ricezionale e di delineare per questa via le strategie compilative e le competenze linguistiche dell'anonimo autore/rimaneggiatore.

La Légende du boix de la Croix est sans doute l’un des récits apocryphes les plus célèbres et les plus répandus du Moyen Âge religieux. Et cela vaut aussi pour le contexte occitan médiéval. L’histoire du bois de la Croix, au moins dans la rédaction la plus large et développé au Moyen Âge, se trouve dans une œuvre en latin datant de la fin du XIIe siècle ou du début du XIIIe siècle: le Post peccatum Adae. La contribution concerne les rédactions occitanes de la Légende issues directement du Post peccatum Adae, à savoir les textes en prose Apres que Adam fon gitatz de paradis (ex. XIIIe siècle) et E pueys que Adam ac fag le peccat e ffon gitatz de paradis (XIVe siècle). En particulier, dans l’article on essaie de mettre en évidence les relations entre les deux rédactions occitanes et la source latine. Ce serait une étude préparatoire pour une future édition critique commentée des deux textes occitans.

Nous avons voulu, au seuil de ce bulletin proposer une synthèse, dépassant le cadre de l’introduction, sur le rôle qu’ont pu et peuvent encore prendre les trois notions en jeu dans les débats internes aux sciences philologiques. Cette synthèse sera, espérons-le, utile pour comprendre l’histoire de la discipline, permettant de nous interroger sur le regard que nous portons sur ces différentes notions et sur les filtres au travers desquels nous percevons les sources médiévales. Nous reprenons à cette fin la distinction parfois faite, au sein des disciplines philologiques, entre basse et haute critique, la première renvoyant à l’établissement du texte et aux disciplines afférentes (ecdotique, critique textuelle, stemmatologie), la seconde à l’étude de la provenance et du style, d’un texte ainsi qu’aux études attributionnistes.

The chanson de geste known as Chanson de la reine Sebile or Chanson de Macaire seems to have been widely known during the Middle Ages, as far as it can be judged from its indirect tradition and its translations. Nevertheless, except for some fragments dispersed in Switzerland, England and Belgium, the French version has been lost. The fragment kept in Brussels, at the Bibliothèque Royale de Belgique, presents a very interesting episode, which gives, to some extent, the key to understanding of the whole geste. Starting with a very close analysis of the Belgian fragment, this article suggests a new reading of this little known geste and some new hypotheses about its origin, its inspiration and the way it reflects the 12th-century political context, in the reign of Philip II of France.

L'article se propose d'explorer le rôle que vidas et miniatures jouent dans le projet porté par les chansonniers occitans ― d'origine vénète voire vénitienne ― A, I, et K, dans leur structuration, et dans le phénomène de réception et de relecture de la lyrique occitane dont témoignent ces manuscrits. Reposant sur une mise en série de ces « biographies » et de ces « portraits », réalisée par la constitution d'une base de données et la mise en œuvre de divers types d'analyses statistiques (analyses factorielles notamment), l'article propose une lecture sérielle des vidas et des miniatures, fondée sur le statut social du troubadour tel qu'évoqué dans le texte biographique, en cherchant à décrire et à analyser tant le vocabulaire du texte que celui de l'image, pour mettre en lumière la façon dont ces manuscrits cherchent à établir une interprétation de la matière lyrique qui s’axe sur le rôle du troubadour comme auteur.

The article aims to explore the role assigned to vidas and miniatures by the project of which the Occitan ― but of Venetic, or even Venetian origin ― chansonniers A, I and K keep trace, by their structuration, and by the phenomenon of reception and reinterpretation of the Occitan lyric of which these manuscripts give testimony. Based on a serial analysis of these « biographies » and « portraits », done through the building of a database and several statistical tests (notably factor analyses), the article offers a serial interpretation of the vidas and miniatures ― founded on the social status of each troubadour, as mentionned in the biography ― in order to describe and analyse both the vocabulary of the text and of the picture, to bring out the way these manuscripts seek to establish an interpretation of the lyric texts builded around the attribution of an authorial status to the troubadours.

Cet article propose une nouvelle étymologie à la famille lexicale que Wartburg avait classée dans les volumes des Étymons inconnus à différents endroits, sans en reconnaître l’unité. Après avoir récupéré toutes les attestations disponibles du lexème naier “souder” et de ses dérivés, nous enquêtons et discutons toutes les propositions étymologiques et lexicographiques avancées au cours de ces dernières décennies. Grâce à l’identification des trajectoires de diffusions sur les axes diatopique et diachronique, nous souhaiterons proposer un nouvel étymon anéerl. *nājan à insérer parmi les germanismes du FEW.

This article proposes a new etymology in the lexical field that Wartburg relegated to various different parts of the volumes of Étymons inconnus, unaware of their unity. Having recovered all the available attestations of the lexeme naier ‘to solder, stitch together’ and its derivatives, we investigate and discuss all the etymological and lexicographical proposals of the past few decades. Thanks to identification of the diffusion paths on the diatopic and diachronic axes, we wish to propose a new Old Dutch etymon *nājan for inclusion among the germanisms in FEW.

The Othevien’s cycle includes four texts in prose and verse. The plot relates to the saga of the Roman emperor, Othevien, who banished his family during the course of events. The consequence of this action is the family’s separation and the development of individual undertakings of its members. In spite of the title of the octosyllabic version, the main character of the story is one of the emperor’s children, Florent, who has been brought up by a rich, Parisian bourgeois, named Climent. The clash between the noble origins of the young boy and the new, inconvenient reality where he lives generate a series of humiliating misadventures that comes to an end only when the hero becomes able to demonstrate his prowess by defeating the fearsome King of the Giants. My contribution is focussed on the evolution of Florent’s character and on the deep roots of his maladjustment into the villain’s society.

A cura di Sara Natale.
Questa prima edizione critica dei quattro volgarizzamenti italiani dell’«Ecclesiaste» latino, oltre alla classificazione genealogica dei quattordici testimoni manoscritti, offre un tentativo di identificazione degli ambienti di produzione e del pubblico, una descrizione dell’eterogenea fisionomia linguistica e codicologica dei manoscritti, e un’indagine stilistica delle soluzioni espressive, delle tecniche traduttive e delle strategie retoriche adottate dai quattro traduttori. La quantità delle versioni (tutte tendenzialmente «ad verbum», nonostante il netto scarto tra la dinamicità della prima e la quiescenza delle altre) e delle copie manoscritte, e l’eterogeneità delle «scriptae» sono il segno tangibile della circolazione relativamente abbondante e protratta nel tempo, e della precoce fortuna di questo libro veterotestamentario, probabilmente tradotto in Toscana, ma copiato dall’Italia meridionale al Veneto, dal primo quarto del Trecento agli anni Settanta del Quattrocento, ed eccezionalmente noto anche presso il pubblico laico, in virtù del carattere sentenzioso della sua prosa, divenuta presto proverbiale.

L’étude examine plusieurs actualisations de la légende d’Ami et Amile, en latin et en français. Les éléments les plus instables, voire incohérents, de la légende et de son prétendu ancrage historique permettent de formuler une série d’observations concernant ses origines et son attraction progressive au sein du chronotope carolingien et de l’univers épique.

Cette contribution retrace le parcours de Charles Bonnier (1861–1926), philologue français qui osa critiquer la doxa philologique de son époque. La sanction fut immédiate : Paul Meyer (1840–1917), l’un de ses représentants les plus influents, refusa son mémoire de fin d’études à l’École des chartes. Bonnier partit alors pour l’Allemagne où il rédigea, à l’université de Halle, une thèse sous la direction de Hermann Suchier (1848–1914) avant d’obtenir un poste d’enseignant en Angleterre (Oxford, Liverpool). Si Bonnier est considéré aujourd’hui comme l’un des précurseurs de la scriptologie moderne, son parcours académique et sa réflexion philologique restent largement méconnus.

This contribution is dedicated to the French philologist Charles Bonnier (1861–1926), who dared to criticize the philological doxa of his time. As a result, Paul Meyer (1840–1917), one of the most influential philologists, refused his thesis at the École des chartes (Paris). Bonnier went to Germany, where he completed his doctorate at the University of Halle under the supervision of Hermann Suchier (1848–1914) ; later on he held teaching positions in England (Oxford, Liverpool). While Bonnier is regarded today as a pioneer of modern scripta research, his ideas and academic career still remain widely unknown.

The Evangelium Nicodemi is one of the most famous and important apocryphal of Western Middle Ages. The stories of the Passion of Christ and of the Harrowing of Hell had a big success, as evidenced not only by the wide manuscript tradition of the latin gospel but also by its many vulgar translations, by its rearrangements and by its reworking in other texts. The diffusion of the Evangelium  Nicodemi has involved the introduction of particular topoi in the mentality of the European Middle Age. Unlike the studies concerning the extra-romance areas, the Romance Studies have shown a new interest in the Nicodemian apocryphal translations just in the last few years. Nevertheless, much still remains to be done, both in terms of textual criticism and in terms of interpretation. This paper investigates the features of the medieval reception of the Evangelium Nicodemi in the Romance area: it provides
an overview of metric translations and presents the first results of an analysis on the possible interferences between the different romance translations. A special place is intended to the question on the contexts of production and use of the texts. Moreover, starting from textual and codicological reflections, the contribution sheds light on the process of textual “adaptation”: on the ability of the text to re-create
itself according to the public expectation.