Confraternite

Durante il II convegno internazionale di studi dedicato a s. Francesco di Paola (7-9 dicembre 1990) fu posto in evidenza il contributo derivante dalla storia delle confraternite in rapporto con il culto, con la pietà popolare e con la devozione riservati al Santo paolano. Per iniziare l'indagine su questa forma associativa di vita cristiana, evocatrice dell'eremita calabrese, venne esaminato un campione, costituito dalle tredici confraternite pugliesi intitolate a s. Francesco di Paola e individuate grazie alla possibilità di disporre di un dettagliato censimento delle confraternite sorte sul territorio della regione in epoca moderna e contemporanea 1 .

The so-called Laudario Eugubino (MS. Landau Finaly 39) has been attributed to date to the brotherhood of Santa Maria del Mercato in Gubbio. This paper aims to demonstrate that, instead, it belonged to the brotherhood of Santa Maria Vergine in Costacciaro, a small burg of the Eugubian contado on the ancient Via Flaminia. This conclusion derives from the analysis of three Laude dedicated to Blessed Tommaso da Costacciaro (ca. 1262-1337), as well as from the discovery that some names listed on one of the last sheets of the codex are found in notarial records as residents of Costacciaro.

CFP: Beyond the Microcosm: The Impact of Confraternities on the Civic Sphere.

Since the formation of the Society for Confraternity Studies, which celebrates it 30th anniversary in 2019, the subject of Confraternity Studies has moved on from what Konrad Eisenbichler once described as an “invisible history” to become an authoritative sub-field of late medieval and early modern scholarship. Accordingly, in order to encourage a discourse that places confraternities at the center of essential historical developments rather than at their periphery, we invite proposals for papers that explore the amplitude and impact of lay sodalities in Europe, the Americas, the East and Asia in relation to the activities of wider late medieval and early modern society. Papers might focus on, but are not limited to the following topics:
• The reach and range of lesser traversed sodalities. For example, slave confraternities.
• The relationships between lay companies and non members. For instance, confraternal liaisons with artisans, food merchants or second-hand clothes sellers.
• Confratelli and consorelle entrusted with public service, healthcare and the custody of people or objects.
• The influence of confraternal ritual and recreation on urban spaces.
• Individual and familial investment in lay companies in order to garner social influence or to gain political power.
• Associations between the devotional lives of non-clerics and the ordained: how these affinities played out in rituals, drama and music.
• The impact of art, architecture and ephemera commissioned by confraternities on public spaces and/or the popular conscience.
Papers should concentrate on confraternal activities between 1300 and 1700. We are however, also particularly interested in proposals that discuss retrospectively, the value of studies that have emerged since the conference in 1989 and consider how Confraternity Studies will advance into the twenty-first century.
Proposals should include the presenter’s name, academic affiliation, email, the paper title (no longer than 15 words), the abstract of the paper (no longer than 150 words), a brief academic C.V. (not longer than 300 words), and a series of key-words that suit the presentation. Please be sure all nine (7) categories of information are clearly provided.
Please submit your proposal to Dr Samantha J.C. Hughes-Johnson at [email protected] by 1 August 2018.

Le suppellettili liturgiche delle confraternite e delle compagnie di Polizzi Generosa, così come quelle di altri centri siciliani, sono la chiara testimonianza della fede e della devozione dei confrati che, talora spinti da esigenze liturgiche, hanno commissionato numerose opere ad argentieri ed orafi attivi in Sicilia. Parte di questi manufatti, come rivelano i documenti, si sono perduti nel corso dei secoli sia per il loro naturale utilizzo sia per l’incuria. Alcune di queste opere, come i reliquiari dei Santi, unitamente ai simulacri lignei talora adorni di ex-voto, vengono portati in processione durante le feste. Tra le più antiche congregazioni del centro madonita, le fonti locali annoverano quella del Santissimo Sacramento che, composta essenzialmente da nobili, aveva sede, almeno sino agli inizi del XVII secolo, in Chiesa Madre. Alla citata compagnia appartiene, infatti, la custodia d’argento firmata da Nibilio Gagini nel 1586, argentiere palermitano a cui sono riferite altre opere. La commissione di suppellettili liturgiche continua pure nel Sei e nel Settecento, restituendoci opere di pregevole interesse, come quelle volute dal nobile Francesco Mudaro.

Introduzione Introduzione SIGLE E ABBREVIATURE ACM ARCHIVIO COMUNALE MOLFETTA ADM ARCHIVIO DIOCESANO MOLFETTA AOP ARCHIVIO OPERA PIA MOLFETTA ASB ARCHIVIO DI STATO DI BARI ASOM ARCHIVIO STORICO OSPEDALE DI MOLFETTA ASV ARCHIVIO SEGRETO VATICANO Atlante Atlante degli Ordini, delle Congregazioni religiose e degli Istituti secolari in Puglia», a cura di A. CIAULA -F. SPORTELLI, Modugno 1999 BCM BIBLIOTECA COMUNALE MOLFETTA BPB BIBLIOTECA PROVINCIALE DE GEMMIS -SANTA TERESA DEI MASCHI DI BARI BS Bibliotheca Sanctorum, 13 vol. Roma 1961-1969 CC Capitolo Cattedrale CGO Consiglio Generale degli Ospizi CV Curia Vescovile DBI Dizionario Biografico degli Italiani, 82 vol., Roma 1925-2015 DEOM Prier et Combattre. Dictionnaire européen des ordes militaires au Moyen Âge, Paris 2009 DIP Dizionario degli Istituti di Perfezione, a cura di G. GC Genio Civile GU Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana LChI Lexicon der christlichen Ikonographie, 8 vol., Rom-Freiburg-Basel-Wien 1968-1976 LVD Luce e Vita Documentazione NDI Nuovissimo Digesto Italiano, 13 vol., Torino 1937-1940 OM Ospedale di Molfetta SAST SEZIONE ARCHIVIO DI STATO TRANI «DEDICATEVI ALLA PREGHIERA… CONSERVATE TRA VOI UNA GRANDE CARITÀ… PRATICATE L'OSPITALITÀ» (1Pt 1,7-9)

Mancava uno studio che lasciasse emergere l’antichità e la rilevanza della ritualità drammatica e penitenziale della Quaresima e della Settimana Santa a Terlizzi. Il volume colma la lacuna, indagando scientificamente i riti sotto l’aspetto storico, artistico ed etnoantropologico-cultuale. Il costante rapporto fra il contesto generale e particolare, rende organica la trattazione e apprezzabile il metodo adottato. Il lavoro si configura come un viaggio alla riscoperta della storia, delle tradizioni, della pietà popolare, dei canti e della musica, della gastronomia e dell’arte che caratterizzano la Quaresima e la Settimana Santa nella “Città dei fiori, dell’olio e della ceramica”. La scrupolosa ricerca archivistica compiuta dall’Autore consente di annoverare i riti penitenziali terlizzesi tra i più antichi di Puglia. Il viaggio è in quattro tappe o capitoli. Nel primo, di carattere storico, viene evidenziato lo scenario complessivo, l’humus culturale dei rituali e delle “primordiali” processioni della Settimana Santa. Il secondo, di carattere descrittivo/analitico, riguarda lo studio strutturale del tempo quaresimale, dei singoli giorni della Settimana e della Pasqua, con ampio spazio dedicato alle ritualità scomparse. Nel terzo vi è la lettura delle immagini della Passione a Terlizzi. Fulcro del compendio iconografico sono i simulacri processionali, prodotti da abilità artistiche differenti e indagati con spirito critico, ora con audaci raffronti ora con accostamenti a prototipi emblematici della statuaria locale e regnicola. L’ultimo capitolo è dedicato ai suoni e ai canti che costituiscono la colonna sonora dei riti liturgici e paraliturgici della Settimana più importante dell’anno, definita altrimenti come “Settimana Maggiore” o “Grande Settimana” nell’introduzione di don Michele Amorosini, direttore dell’Ufficio diocesano per l’Arte Sacra e i Beni Culturali. L’appendice raccoglie i più importanti documenti inediti rintracciati dall’Autore. L’Opera è impreziosita dalla fotografia di Francesco Rubini.

Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica Rivista telematica semestrale MATERIALI PER LA STORIA DELLA CULTURA ARTISTICA ANTICA E MODERNA a cura di FRANCESCO GRISOLIA Roma 2013, fascicolo I UniversItalia I presenti due tomi riproducono i fascicoli I e II dell'anno 2013 della rivista telematica Horti Hesperidum. Studi di storia del collezionismo e della storiografia artistica. Autorizzazione del tribunale di Roma n. 315/2010 del 14 luglio 2010 Sito internet: www.horti-hesperidum.com La rivista è pubblicata sotto il patrocinio e con il contributo di Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" Dipartimento di Scienze storiche, filosofico-sociali, dei beni culturali e del territorio Serie monografica: ISSN 2239-4133 Rivista Telematica: ISSN 2239-4141 Prima della pubblicazione gli articoli presentati a Horti Hesperidum sono sottoposti in forma anonima alla valutazione dei membri del comitato scientifico e di referee selezionati in base alla competenza sui temi trattati. Gli autori restano a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non individuate. PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA A norma della legge sul diritto d'autore e del codice civile è vietata la riproduzione di questo libro o parte di esso con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilm, registrazioni o altro. Horti Hesperidum, III, 2013, 1 3 INDICE SIMONETTA PROSPERI VALENTI RODINÒ, Presentazione 7 FRANCESCO GRISOLIA, Editoriale 9 FASCICOLO I SIMONE CAPOCASA, Diffusione culturale fenicio-punica sulle coste dell'Africa atlantica. Ipotesi di confronto 13 MARCELLA PISANI, Sofistica e gioco sull'astragalo di Sotades. Socrate, le Charites e le Nuvole 55 ALESSIO DE CRISTOFARO, Baldassarre Peruzzi, Carlo V e la ninfa Egeria: il riuso rinascimentale del Ninfeo di Egeria nella valle della Caffarella 85 4 ISABELLA ROSSI, L'ospedale e la chiesa di Santa Maria dei Raccomandati a Cittaducale: una ricostruzione storica tra fonti, visite pastorali e decorazioni ad affresco 139 MARCELLA MARONGIU, Tommaso de' Cavalieri nella Roma di Clemente VII e Paolo III 257 LUCA PEZZUTO, La moglie di Cola dell'Amatrice. Appunti sulle fonti letterarie e sulla concezione della figura femminile in Vasari 321 FEDERICA BERTINI, Gli appartamenti di Paolo IV in Vaticano: documenti su Pirro Ligorio e Sallustio Peruzzi 343 FASCICOLO II STEFANO SANTANGELO, L' 'affare' del busto di Richelieu e la Madonna di St. Joseph des Carmes: Bernini nel carteggio del cardinale Antonio Barberini Junior 7 FEDERICO FISCHETTI, Francesco Ravenna e gli affreschi di Mola al Gesù 37 GIULIA BONARDI, Una perizia dimenticata di Sebastiano Resta sulla tavola della Madonna della Clemenza 63 MARTINA CASADIO, Bottari, Filippo Morghen e la 'Raccolta di bassorilievi' da Bandinelli 89 FRANCESCO GRISOLIA, «Nuovo Apelle, e nuovo Apollo». Domenico Maria Manni, Michelangelo e la filologia dell'arte 117 FRANCESCA DE TOMASI, Diplomazia e archeologia nella Roma di fine Ottocento 7 GUIDONI 1985, p. 170. Per la bibliografia sull'argomento, cfr. FIORE 1980, CITTADUCALE E LA SABINA 1981, CAPEZZALI 1990, CITTADUCALE: LA FONDAZIONE 1992, MARINELLI 1996. 8 Il capitolo di San Giovanni possedeva anche la chiesa di San Giuseppe e a Santa Rufina, frazione di Cittaducale, la chiesa di Santa Maria del Popolo. 9 DI FLAVIO 1990, pp. 75-79. 10 Per Gavini la facciata è contemporanea a quella di Santa Cecilia e pertanto databile all'ottavo decennio del XV secolo, mentre l'interno è dubitativamente assegnato al Trecento. Lo studioso supponeva l'esistenza di strutture più antiche sotto le decorazioni moderne. Cfr. GAVINI 1927-1928

rivista di storia regionale 4/2015 L'Appennino marchigiano economia, tradizioni, prospettive di sviluppo t I Templari fuori dal mito: la presenza nelle Marche (XII-XIV sec.) t Tracce documentarie del pittore Ludovico Urbani a Montecassiano nel 1490 e altre spigolature d'archivio rivista di storia regionale

Ho scelto come argomento di ricerca i dipinti del XVII secolo della chiesa di Santa Vittoria di Carsoli commissionati dalle confraternite, spinta da curiosità suscitatami, nel corso di altri miei studi, nel rilevare specifici stili ed iconografie di alcune opere, determinati sia dal contesto storico, geografico e culturale, sia dai diversi committenti. Avendo constatato, al meglio delle mie possibilità conoscitive, che non esistevano studi in proposito, ho ritenuto necessario considerare i dipinti oggetto del presente lavoro di ricerca, estendendo, nel contempo, lo sguardo sull'ambiente, sui committenti e sugli artisti che vi hanno operato. Ho svolto le ricerche bibliografiche presso

Storia della Confraternita detta "Gli Scalzi" o della Morte di Orvieto (d: dalla sua fondazione alla decadenza del Novecento, passando per il primo insediamento nella piccola chiesa di Santa Mustiola, alla costruzione del proprio tempio dedicato ai Santi Giuseppe e Giacomo
Fu fondata in seguito alla predicazione quaresimale del 1615 in Cattedrale da parte di un francescano “esemplare” e conosciuto dal volgo, secondo Carlo Cartari, come «il Cappuccino dalle corde» (per
alcuni un certo padre Emanuele). Colpiti dalle sue omelie, un gruppo di orvietani richiese al vescovo la possibilità di istituire una Compagnia per seguirne i precetti di misericordia, di aiuto fraterno e di abbandono delle frivolezze terrene. Accordata la richiesta, venne concessa la fondazione nell’antica chiesa di Santa Mustiola (oggi civile abitazione in vicolo Pecorelli 3°), un piccolo tempio dove risiedeva già la Corporazione dei Sarti. Il vescovo Sannesio li pose sotto la protezione di San Giacomo
Maggiore. Nel 1625 questi si aggregarono all’Arciconfraternita della Morte di Roma, da cui dipendevano direttamente riguardo le disposizioni generali e le finalità, godendone i privilegi e le indulgenze. Di seguito,
con la costruzione della loro chiesa, la denominazione ufficiale divenne dei Santi Giuseppe e Giacomo o della Morte. Nel 1824, con l’erezione della Pia Opera dell’Agonia, fu definitivamente identificata in «Venerabile
Confraternita dei SS. Giuseppe, e Giacomo Maggiore detta della Morte e dell’Agonia dei Scalzi

Viene analizzato il caso di Giovinazzo in rapporto alla normativa che regolava queste confraternite in epoca post-tridentina, normativa non del tutto osservata a Giovinazzo a fine Ottocento.
In appendice inediti documenti relativi alla istituzione delle Confraternite del Rosario in Giovinazzo in epoca post-tridentina e post soppressioni del secolo XIX.

[IT] La Congregazione degli Eremiti di Monte Senario (1595-1778) è stata nel passato oggetto di studi che hanno preso in esame le vicende interne e i suoi rapporti con il resto dell’Ordine dei Servi di Maria, ma fino ad oggi poco si conosce dell’influsso che questo movimento ha esercitato ad extra.
L’articolo ripercorre la storia di una confraternita o compagnia laicale fondata dagli Eremiti di Monte Senario nella vicina località di Bivigliano, intitolata a san Filippo Benizi e attiva con tale nome per oltre due secoli (1595-1831). In particolare si rileva come le pratiche devozionali e l’attività caritativa del sodalizio evidenzino un legame tra la compagnia di san Filippo e la spiritualità dei Servi, offrendo anche elementi utili per conoscere la storia di Monte Senario.

[EN] In the past, the Congregation of the Hermits of Monte Senario (1595-1778) was the subject of studies which examined internal issues and their relationship with the rest of the Order of Servants of Mary. But up until today, little is known about the influence this movement generated ad extra. This article retraces the history of a confraternity or lay society founded by the Hermits of Monte Senario in the area of Bivigliano, which was named after St. Philip Benizi and was active with this name for more than two centuries (1595-1831). In particular, the article reveals how the devotional practices and charitable activities of the fraternity demonstrate a connection between the Society of St. Philip and the spirituality of the Servites. It also offers some useful points for the history of Monte Senario.

Il nostro lavoro riguarda una realtà storica, sociale e politica in gran parte differente da quella di Firenze. Molfetta è stato un centro urbano geograficamente collocato nel Regno di Napoli con tutte le peculiarità e le caratteristiche che ne derivano.
Lungi dal voler condurre ad un approdo retorico di stampo neocoloniale nei confronti del Meridione d’Italia, sarà necessario precisare che, usando le parole di Ernesto de Martino, “il termine “sud” non ritiene il valore di una designazione meramente geografica, ma politica e sociale. I comuni e le signorie del nord e del centro, lo Stato della Chiesa, il regno di Napoli presentano nella loro storia culturale differenziazioni, colorazioni e sfumature della loro vita religiosa che sono in connessione con le rispettive storie sociali e politiche […], una formazione, quella del regno di Napoli, delimitata fra l’acqua benedetta e l’acqua salata, fra lo Stato della Chiesa e il mare […] che anche in senso religioso comporta determinate specificazioni”  [corsivo mio]. Resta fondamentale, di conseguenza, quando si parla della storia religiosa de Las Indias de por acà, adottare un approccio etnografico relativista, il quale più che condannare moralmente alcune forme di sincretismo religioso pagano-cattolico, ne interroghi l’origine e la sua specifica funzione sociale.

When Johan Maurits of Nassau, Governor-General of Dutch Brazil (1630-54), sent out expeditions against the maroons of Palmares, he was informed by his intelligence officers that the inhabitants followed the “Portuguese religion,” that they had erected a church in the capital, that there were chapels with images of saints and the Virgin Mary and that Zumbi, the king of Palmares, did not allow the presence of “fetishists.” Portuguese sources confirm that Palmares had a priest who baptized children and married couples and that its inhabitants followed Catholic rite, although according to Governor Francisco de Brito, they did so “in a stupid fashion.” Many more examples of the existence of Afro-Catholic elements in maroon communities in Latin America can be found. They question the widespread assumption that Catholicism had been forced upon all African slaves and that, even among those who seemingly embraced the colonizer’s faith, it functioned merely as a veneer underneath which their truly African, indigenous beliefs remained hidden. As the case of Palmares indicates, slaves did not necessarily wish to liberate themselves from all “Catholic ballast” once they ran away but sometimes remained strongly attached to it. 
This conclusion corresponds to the assumption by the Brazilian historian Marina de Mello e Souza that upon arrival in the Americas, many slaves did not perceive Catholic elements as something foreign since “Catholicism represented a link to their native Africa.” Souza is but one of several scholars who in recent years contributed to a shift in the study of black performance culture in the New World. The new paradigm essentially consists in the acknowledgment that our understanding of black performance culture can be bettered if we take into consideration that many Africans had already adopted certain European—predominantly Portuguese—cultural and religious elements before they were shipped as slaves to the Americas.
In the context of this shift, there has been an increased interest in Afro-Iberian brotherhoods (irmandades/hermandades) and confraternities (confrarias/cofradías). While it was long assumed that these so-called “black brotherhoods” were associated with slave culture on the Iberian Peninsula and in Latin America only, it can now be confirmed that Afro-Catholic fraternities also flourished in parts of Africa during the Atlantic slave trade era. As Linda Heywood has argued, “many Kongos and not a few Angolans had been Christians before their enslavement in Brazil. Thus they would have been familiar with the brotherhoods in Luanda, Soyo, and Kongo, and the central role they played in the creole society of Kongo, Angola and São Tomé.” Nicole von Germeten’s research on black brotherhoods in Mexico also concluded that “some Central Africans probably took part in social and religious brotherhoods and sisterhoods before crossing the Atlantic.” 
Ira Berlin also observed that black brotherhoods played a crucial role in the intercontinental networks that developed in the context of the transatlantic slavery. However, like most scholars, Berlin perceives brotherhoods as an essentially Iberian phenomenon that was crucial to the development of black identity the Iberian World, differing from North America, where “numerous informal connections between black people” developed, but not brotherhoods. Although Berlin confirms that slaves “created an intercontinental web of cofradias … so that, by the seventeenth century, the network of black religious brotherhoods stretched from Lisbon to São Tomé, Angola, and Brazil,” he believes that those slaves who ended up in Dutch, French or English colonies refrained from developing brotherhoods since there were no “comparable institutional linkages” that allowed them to do so. Berlin’s assumption thus presupposes that brotherhoods could only be established with institutional support and excludes the possibility that slaves themselves may have taken the initiative to create such organizations.
This article questions this conclusion and explores the possibility that slave organizations modeled upon Iberian brotherhoods have existed in North America. In doing so, it follows a reasoning by Jorge Cañizares-Esguerra, Matt Childs and James Sidbury, editors of The Black Urban Atlantic in the Age of the Slave Trade (2013), according to whom “approved institutional structures authorized by the Catholic Church were not always necessary for Africans and their descendants to build fraternal structures.”  A first section provides an overview of the characteristics of Afro-Iberian slave brotherhoods. The following section presents a comparative analysis between king celebrations in Afro-Iberian brotherhoods and those at African-American Election Day and Pinkster festivals in New England and New York. The article ends with a reflection on the origins of Afro-Iberian cultural and religious elements among slave communities outside of the Iberian realm in the American diaspora.

Francesco Cimini nasce a Montasola nel 1626 (1), suo padre è Eusebio Cimini, la madre Anastasia (2) . Fin da giovane mostra interesse per la vita sociale e civile del suo paese, nel 1649 è uno dei due priori del consiglio della Comunità di Montasola, nel 1650 la sua firma  è tra i consiglieri (3)  . Probabilmente dopo la morte del padre, avvenuta tra il 1637 e il 1641 (4), si trasferisce a Roma. Attualmente non si possono definire i suoi legami con la capitale, néchi fu il suo primo appoggio nella Roma del tempo, ma rilevante è il fatto che un Francesco Cimino risulti lavorante presso la bottega di Albani Orazio cembalaro tra il 1641 e il 1647 (5), se fosse davvero lui, sarebbe possibile affermare con sicurezza in quali anni e dove avvenne la sua formazione come costruttore di cembali.

O. SERGI, Orditi di Fede. Trame di storia nei ricami e nei tessuti della Reale Arciconfraternita del SS. Rosario di Gagliano, Catanzaro, Grafiche Simone, 2010 - contiene:

- O. SERGI, Orditi di Fede. Trame di storia nei ricami e nei tessuti della Reale Arciconfraternita del SS. Rosario di Gagliano pp. 6 -10.

- O. SERGI, 1. Velo del calice (scheda), pp. 14 - 15.
- O. SERGI, 2. Pianeta della Madonna del SS. Rosario (scheda), pp. 16 - 17.
- O. SERGI, 3. Pianeta (scheda), pp. 18 - 19.
- O. SERGI, 4. Pianeta (scheda), pp. 20 - 21.
- O. SERGI, 5. Dalmatica (scheda), pp. 22 - 23.
- O. SERGI, 6. Pianeta (scheda), pp. 24 - 25.
- O. SERGI, 7. Pianeta (scheda), pp. 26 - 27.
- O. SERGI, 8. Piviale (scheda), pp. 28 - 29.
- O. SERGI, 9. Pianeta (scheda), pp. 30 - 31.

Gli studi sulle «minoranze indesiderate» nello Stato Pontificio hanno dimostrato come il «fare confraternita» sia stato un’efficace strategia di integrazione che gli “stranieri” di religione cattolica hanno utilizzato per essere accettati e inseriti nel tessuto sociale del nuovo contesto cittadino. La committenza di queste associazioni si manifesta in genere nella promozione del culto e dell’iconografia di specifici santi, talvolta importati dalla madrepatria o altre volte riutilizzati con nuove funzioni.
Il caso della committenza della confraternita di San Biagio di Ancona, fondata nel XV secolo da Schiavoni, mostra come, nella lunga durata, il massiccio fenomeno dell’assimilazione, che si verifica soprattutto a partire dal XVI secolo, abbia provocato un radicale cambiamento nei caratteri e nelle funzioni della confraternita, la quale tuttavia continua ancora nel Settecento a ricordare orgogliosamente, nella committenza e nella produzione documentaria, le proprie origini schiavone.

O. SERGI, Il seicentesco Oratorio della Reale Arciconfraternita di Maria SS. del Rosario di Catanzaro: tra stucchi e intagli lignei, in «Obiettivo Calabria», XLVII, 4, 2009, pp. 48 - 51.
Rivista bimestrale della Camera di Commercio di Catanzaro.

Tratto da: AA.VV., "La Puglia dall’esperienza giacobina alla seconda Restaurazione borbonica (1799-1815). Studi per il Decennio francese", a cura di Dora Donofrio Del Vecchio, Centro Ricerche di Storia Religiosa in Puglia, Grenzi, Foggia 2011, pp. 105-125. ISBN: 978-88-8431-425-3.

The aim of this paper is to analyze the phenomenon related to the migration of the cult as well as the iconography of St Blaise towards the Italian Adriatic coast, due to individuals or groups of people who moved from the Dubrovnik Republic, where the saint
was venerated as patron. In the paintings produced in the town between the 15th and the 18th century, St Blaise is always represented as a bishop carrying a model of the town in his hand, to show the protection offered by the saint to the Republic. Because of different
reasons and patronages, the cult of St Blaise is quite spread in Italy and Europe, however, as for the Italian Adriatic coast, it was promoted by the citizens who came from Dubrovnik for business reasons, as shown by the paintings commissioned to Titian by Alvise Gozzi
(Ancona, in the Marche) and to Padovanino by Nikola Radolović (Polignano a Mare, in Puglia), both Ragusans. The essay eventually aims at proposing an analysis of some wooden compartments by Giovanni Antonio da Pesaro (15th century), representing the stories of St
Blaise, as a probable commission by the documented confraternity of St Blaise of Ancona, established by some Schiavoni people in the 15th century. The compartments, preserved in various museums and collections, could be the remnant panels of the documented altarpiece belonging to the chapel of the Schiavoni confraternity in the church of St Dominic.

Lo scopo di questo saggio è analizzare il fenomeno della migrazione del culto e dell’iconografia di San Biagio verso la costa adriatica italiana, grazie al movimento di singoli o gruppi di persone provenienti dalla Repubblica di Dubrovnik, dove il santo era venerato
come patrono. Nella pittura prodotta in questa città tra il XV e il XVIII secolo, San Biagio è infatti sempre rappresentato come vescovo con il modellino della città sulle sue mani, per dimostrare la protezione offerta dal santo alla Repubblica. Per diverse ragioni e patronati, il
culto di San Biagio è abbastanza diffuso in Italia e in Europa, ma sulla costa adriatica italiana è stato promosso, in particolare, da cittadini trasferitisi da Dubrovnik per motivi economici, come testimoniano ad esempio i dipinti commissionati a Tiziano di Alvise Gozzi (Ancona, nelle Marche) e al Padovanino di Nikola Radolović (Polignano a Mare, in Puglia), entrambi
ragusei. Il saggio si propone da ultimo di analizzare alcune tavole di Giovanni Antonio da Pesaro (XV secolo), rappresentanti storie di San Biagio, come probabile commissione della confraternita di San Biagio di Ancona, costituita nel XV secolo da Schiavoni. Gli
scomparti, ora conservati in diversi musei e collezioni, potrebbero essere ciò che resta della documentata pala d’altare della cappella della confraternita degli Schiavoni nella chiesa di San Domenico.

Summary
All’interno della struttura gerarchica degli Ordini religioso-militari vi erano anche dei laici associati (confratelli/consorelle, oblati/e) che costituivano una componente semi-religiosa che si affiancava alle classi di cavalieri, sergenti e cappellani (frati professi). L’associazione prevedeva la condivisione degli ideali degli Ordini e comportava benefici spirituali e materiale per gli associati e vantaggi di natura economica per Templari e Giovanniti che vedevano accrescere il proprio patrimonio fondiari grazie alle donazioni di questi particolari benefattori. Il presente studio si prefigge di esaminare il fenomeno dell’associazione al Tempio e all’Ospedale nel Mezzogiorno italiano tra XII e XIV secolo, mancando in questo contesto territoriale studi specifici dedicati all’argomento.

Keywords: Ordini Militari, confraternita, associazione laicale, oblati, Mezzogiorno

Omaggio agli studi della professoressa Mimma Pasculli Ferrara dell'Università di Bari.
Il volume (800 pagine illustrate) raccoglie oltre cento contributi di studiosi italiani e stranieri, tra i quali Vittorio Sgarbi, Riccardo Lattuada, Marcello Fagiolo, Cosimo Damiano Fonseca, Francesco Abbate, Giovanni Dotoli, Gerardo Cioffari, Regina Poso, Gian Giotto Borrelli, Edoardo Nappi, Salvatore Buonomo, Nuccia Barbone Pugliese, Pietro Sisto, Mario Spedicato, Arnauld Brejon de Lavergneè, Jesus Urrea, Cristobal Belda Navarro.

Relazione al 29° Convegno Nazionale sulla Preistoria - Protostoria - Storia della Dauna, a cura della Città e dell’Archeoclub di San Severo, San Severo, Museo civico “A. Minuziano”, 16 novembre 2014, in «Atti del 29° Convegno Nazionale sulla Preistoria - Protostoria - Storia della Dauna», a cura di Armando Gravina, vol. II, San Severo 2015, pp. 391-402.

("Materiali di storia ecclesiastica lombarda"-secoli XIV-XVI, collana diretta da G. Chittolini). La realizzazione di un censimento degli enti ecclesiastici nel Cremasco dal 1450 al 1580, ossia dall'inizio della dominazione veneziana sul territorio sino alla fondazione del vescovato, ha inteso ricostruire la fisionomia di una comunità religiosa, con le gerarchie ed i soggetti che l'hanno a vario titolo popolata. All'interno della ricerca si è cercato perciò di esaminare il ruolo dei compartecipi della chiesa locale e le relazioni fra questi istituite, orientati da un'opera come quella di G. Le Bras, che ha introdotto alla conoscenza della gerarchia della Chiesa medioevale, al cui interno la coesione e l'ordine sono assicurati da un legame verticale, dal pontefice al popolo dei fedeli. In questa stessa direzione, lo scopo del repertorio è divenuto quello di mostrare l'interazione di molti personaggi all'interno dei due ambiti costituenti la chiesa locale: quello del clero secolare che opera nella chiesa maggiore, nelle parrocchie o negli oratori, e quello del clero regolare che opera nei conventi e nei monasteri. Questi ambiti, a loro volta, hanno agito in stretto rapporto sia con le autorità civilia livello generale il governo di Venezia, a livello locale il Consiglio dei cittadini -, sia con quelle ecclesiastichea livello generale i collettori e i visitatori apostolici, a livello locale i vescovi a cui Crema si trovava sottomessa, di Cremona, Piacenza e Lodi, e i loro vicari. L'indagine si è inserita nel solco già tracciato da altri repertori, tra cui quello della collana Helvetia sacra, che a partire dal 1972 ha avuto il pregio di elencare le istituzioni della chiesa svizzeravescovadi, chiese collegiate, monasteri -, e di descriverne gli archivi di riferimento. Il compito che quest'opera imponente si è assunta può essere accostato ad altre similari, che, nella prima metà del Novecento e in area tedesca, francese e belga, hanno definito la fisionomia di vescovadi, capitoli di cattedrali, collegiate e parrocchie, conventi ed istituti religiosi. Questi studi, considerati fondamentali per le ricerche del settore, hanno offerto stimoli decisivi anche a questo lavoro, intenzionato a fornire un quadro d'insieme della Chiesa cremasca, che consenta di alleviare, per quest'area lombarda e nell'arco cronologico indicato, la frammentazione che caratterizza, in genere, la conoscenza delle istituzioni ecclesiastiche delle diocesi italiane. Le ricerche condotte fino ad ora hanno semmai offerto dati su un insieme di enti religiosi, collocabili in realtà specifiche. Si pensi, ad esempio, a repertori di compilazione relativamente recente, come quelli di G. Zarri sui monasteri femminili a Bologna tra XIII e XVII secolo o di G. Spinelli su quelli benedettini della diocesi di Bergamo oppure ancora di F. Menant su quelli della diocesi di Cremona, che si sono assunti il compito di enumerare gli enti del clero regolare o secolare in differenti zone geografiche. Risultano mancanti, tuttavia, trattazioni unitarie ed omogenee, che consentano di ricomporre in un quadro organico date, nomi e luoghi, cui ricondurre nel suo insieme la vita religiosa di un intero territorio. È parsa efficace, sotto questo profilo, la considerazione posta a corredo della visita pastorale compiuta dal vescovo Domenico Bollani alla diocesi di Brescia, che ha sottolineato, in merito alla compilazione degli elenchi dei parroci, come questi non costituiscano "superflue e povere note di statistica o curiose notizie biografiche soltanto", ma siano invece un complemento indispensabile della storia parrocchiale, che ruota attorno alla figura del parroco e alle sue attività. Viene altresì rilevato che ciò che padre C. Eubel era riuscito a fare agli inizi del XX secolo nella sua Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, fondamentale opera di consultazione per le liste di papi, cardinali e vescovi, in proporzioni più modeste andrebbe riproposto per ogni diocesi, con la raccolta sistematica degli elenchi dei vescovi, dei vicari generali, dei parroci e dei sacerdoti, che "in più umile posto" rappresentano le "cellule prime e più attive" dell'organizzazione ecclesiastica, a contatto immediato con le popolazioni delle parrocchie e con le loro esigenze spirituali e sociali. Il censimento degli enti del Cremasco non è stato di facile compilazione, in quanto l'esame dei documenti disseminati in archivi di Stato e di istituzioni religiose o in raccolte di biblioteche di città diverse è imputabile alla peculiare situazione del territorio sottoposto ai tre vescovi e alla

Oreste Sergi Pirrò - LE ANTICHE CONSUETUDINI DELLA SETTIMANA SANTA A CATANZARO. IL CONTESTO E L'IDENTITA' URBANA TRA ARTE, CULTO E PIETA' POPOLARE. Conferenza organizzata nell’ambito dei “Mercoledì culturali” del Circolo di Cultura “Augusto Placanica”. Catanzaro 21 marzo 2018 – ore 18:00 – Circolo di Cultura “Augusto Placanica”, Via L. Settembrini, 26.
Catanzaro e i riti della Settimana Santa. Il passo cadenzato, il suono cupo dei tamburi, lo squillare della tromba, il fruscio dei sacchi e delle mozzette dei “fratelli” dei quattro sodalizi confraternali si mischiano alle litanie e allo sciorinare di ave marie e pater noster di vecchi, giovani, devoti e curiosi che nei giorni del triduo della settimana santa affollano le vie del centro storico, all’interno del quale riti popolari e liturgia sposano, da centinaia di anni, gestualità, ritualità e devozioni popolari di ispanica memoria. Fulcro di tutte le celebrazioni resta, ancora, di venerdì, la processione di penitenza della “Naca” che «con proprietà, decenza ed anche con lusso, segue un itinerario ormai secolare, col simulacro del Gesù Morto, su di una bara, che ogni sodalizio fa a gara per comporre ed adornare nel modo migliore, con serici drappi e damaschi a ricami d’oro, con merletti e veli pregiatissimi, con fiori bellissimi e aulenti, e col simulacro della Vergine Addolorata»(G. Fratea, 1937). La città e il suo territorio partecipano al rito con folle straordinarie, stipate tra i vicoli e tra le strade principali del centro storico, testimoniando la propria presenza alla Madre che accompagna il Figlio ed attendendo l’incontro con il corteo processionale che da secoli, ai fumi dell’incenso, innalza preghiere e litanie di una via crucis che è di tutti.