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Il di Guittone d'Arezzo

1984, Carte Italiane

La straordinaria vitalità della poesia italiana della seconda parte del XIII secolo ci ha lasciato una abbondante e varia produzione di cui a tutt'oggi restano inesplorate vaste zone d'ombra. La lacuna non riguarda soltanto scrittori misconosciuti di cui ci sono rimasti solo pochi e brevi frammenti, ma anche personaggi la cui fama nei secoli ha salvato dall'oblio cospicue raccolte poetiche. E' il caso di Guittone d'Arezzo, vero e proprio dittatore letterario per almeno trent'anni, dal 1250 al 1280, nell'Italia dei Comuni. Di lui ci resta un ricco corpus che consta di duecentocinquanta sonetti e di cinquanta canzoni oltre ad una serie di trenta-quattro lettere. Le rime sono state raccolte per la prima volte in modo organico dalle fonti manoscritte nel 1828 (Rime di Fra Guittone d'Arezzo, a cura di Ludovico Valeriani, voli. 2. Firenze: Morandi). Un riesame della stessa materia veniva compiuto all'inizio del secolo da Flaminio Pellegrini (Le rime di Fra Guittone d'Arezzo. Bologna: Romagnoli-Dell'Acqua, 1901) cui comunque la prematura scomparsa impedì di proseguire oltre il primo volume dell'opera, dedicato alle rime amorose. Il testo base delle rime, su cui si fonda ogni moderna analisi, è oggi quello approntato de Francesco Egidi nel 1940 (Guittone d'Arezzo: Rime. Bari: Laterza. Voi. LXXV della serie "Scrittori d'Italia"). Importante opera di riferimento è anche l'antologia di Gianfranco Contini (Poeti del Duecento. Milano-Napoli: Ricciardi, I960) che, sebbene contenga solo una parca 33

UCLA Carte Italiane Title Il trobar clus di Guittone d'Arezzo Permalink https://escholarship.org/uc/item/0sk3f6sr Journal Carte Italiane, 1(5) ISSN 0737-9412 Author Guardiani, Francesco Publication Date 1984 DOI 10.5070/C915011219 Copyright Information Copyright 1984 by the author(s). All rights reserved unless otherwise indicated. Contact the author(s) for any necessary permissions. Learn more at https://escholarship.org/terms Peer reviewed eScholarship.org Powered by the California Digital Library University of California IL TROBAR CLUS DI GUITTONE D'AREZZO Francesco Guardiani La straordinaria poesia italiana della seconda parte una abbondante e varia produzione di cui a tutt'oggi restano inesplorate vaste zone d'ombra. La lacuna non riguarda soltanto scrittori misconosciuti di cui ci sono rimasti solo pochi e brevi frammenti, ma anche personaggi la cui fama nei secoli ha salvato dall'oblio cospicue raccolte poetiche. E' il caso di Guittone d'Arezzo, vero e proprio dittatore letterario per almeno trent'anni, dal 1250 al 1280, nell'Italia dei Comuni. Di lui ci resta un ricco corpus che consta di duecentocinquanta sonetti e di cinquanta canzoni oltre ad una serie di trenta-quattro lettere. Le rime sono state raccolte per la prima volte in modo organico dalle fonti manoscritte nel 1828 (Rime di Fra Guittone d'Arezzo, a cura di Ludovico Valeriani, voli. 2. Firenze: Morandi). Un riesame della stessa materia veniva compiuto all'inizio del secolo da Flaminio Pellegrini (Le rime di Fra Guittone d'Arezzo. Bologna: Romagnoli-Dell'Acqua, 1901) cui comunque la prematura scomparsa impedì di proseguire oltre il primo volume dell'opera, dedicato alle rime amorose. Il testo base delle rime, su cui si fonda ogni moderna analisi, è oggi quello approntato de Francesco Egidi del XIII secolo ci vitalità della ha lasciato nel 1940 (Guittone d'Arezzo: Rime. Bari: Laterza. Voi. LXXV serie "Scrittori d'Italia"). Importante opera di riferimento è l'antologia di Gianfranco Contini (Poeti del Duecento. della anche Milano- Napoli: Ricciardi, I960) che, sebbene contenga solo una parca 33 CARTE ITALIANE 34 selezione del materiale vagliato dall'Egidi, offre una cospicua serie di note riferibili all'intera produzione poetica dell'aretino.' In questo breve saggio ci interesseremo di alcuni aspetti delle Rime poco studiati e discussi. Precisamente, punteremo l'attenzione sul trobar clus di Guittone soprattutto in relazione alle liriche amorose. Per quello che concerne l'integrità del materiale d'indagine, a sembra sorgono quando si seguito delle ricerche linguistiche compiute fino ad oggi, che non ci siano grossi problemi. Questi, invece, un nesso coerente tra la complessa poetica di numerose strutture formali da lui impiegate. Molti tenta di stabilire Guittone e le sono stati compiuti in direzioni specifiche: è ormai chiaro che si deve a Guittone l'inizio della gloriosa tradizione della "canzone morale"^; allo scrittore è anche da attribuire l'adozione del metro della ballata per la poesia religiosa, il che servì a precisare la forma della laudai Di Guittone è anche stato studiato a fondo il rapporto che intercorre tra lui e gli stilnovisti: la sua corrispondenza con Guinizzelli,^ le invettive di Dante contro la sua lingua nel De Vulgari Eloquentia e il rifiuto del suo gusto poetico in Purgatorio XXIV.5 Sono stati rilevati, inoltre, modi dell'aretino che mostrano affinità con Provenzali e con Siciliani. Ma la vasta e varia produzione di Guittone, che rispecchia la sua complessa personalità capace di un improvviso cambiamento di direzione poetica coincidente con la studi i i i conversione del 1265 (l'abbandono della famiglia e l'iscrizione all'ordine dei Cavalieri di Santa Maria, mette in guardia contro ogni facile i cosiddetti "frati gaudenti"), riduzione definitiva. Proprio a mostrare quanto fallace, o comunque ingiustamente restrittivo, sia il un Guittone "voce morale" dell'Italia municipale del Duecento o di un Guittone "provenzale e siciliano," mostreremo giudizio di come attraverso scrittore vada il ben trobar clus della sua poesia al di là della mera funzione la figura dello di "ponte" o di "transizione." La sua arte è essenzialmente centripeta, tendente prepotentemente verso l'essenza stessa della poesia intesa come realizzazione del potere evocativo della parola. L'intima connessione di signifiant e signifié espressa nei brani poetici su cui più sotto appunteremo la nostra attenzione richiedono un esame linguistico da sviluppare almeno in due sensi: IL TROBAR CLUS da un DI GUITTONE d'aREZZO occorrerà chiarire lato ricostruire il opportuno 35 valore semantico dei termini per il significato letterale degli enunciati, dall'alttro sarà stabilire un nesso tra i vari termini individuati nella loro precipua posizione nel testo ed il testo stesso, visto come forma significante. Questa analisi semantico-retorica ci permetterà di risalire all'idea guittoniana della poesia e chiarire, ipotizzare attendibilmente, il o almeno sostrato ideale che sottende alcune delle composizioni più enigmatiche e impenetrabili dello scrittore. Una fondamentale della poesia di Guittone, che rimane pertinente alla sua intera produzione nonostante lo spartiacque della "conversione" del 1265, è rappresentata dalla marcata dicotomia tra sentimento e intelletto, che prende la forma caratteristica dialettica di amore (o Amore) opposizione è vs. ragione. La sintesi di questa verbo poetico che, consciamente sentito come artificio e costruzione meccanica del pensiero, mostra una propensione al ragionamento logico tendente all'evasione dalle ragioni del sentimento. E' chiaro, comunque, che il sentimento resta come polo di riferimento, come elemento di confronto destinato ad assicurare la la parola, cioè il tensione poetica dell'enunciato. Esempi di questa opposizione che risulta in favore dell'intelletto si possono trovare quasi ad ogni pagina delle Rime. Ci limitiamo a riportare due lucidissimi brani esplicativi: 6 O tu, de nome Amor, guerra de fatto, segondo tuoi cortesi eo villaneggio, ma segondo ragion cortesia veggio s'eo blasmo te, o chi tec'ha contratto. Per che seguo ragion, non lecciaria, und'ho già mante via 7 portato in loco di gran ver 8 ed 9 in loco di saver rabbi' e follia.^ 1 2 3 4 5 i in loco menzogna d'onor propia vergogna, Notiamo una certa abbondanza con o senza und' (v 7), gran (v 7), ver (v 7), onor (v 8), rabbi' (v 9). Nelle rime in trobar clus ritroveremo costantemente numerosissime elisioni che spesso pongono difficili problemi di ricostruzione della parola. sinalefe: ragion (w di parole tronche, 3,5), tee (v 4), CARTE ITALIANE 36 1 2 Ora parrà s'eo saverò cantare e s'eo varrò quanto valer già soglio, Amor fug[g]h' e disvoglio 3 poi che del tutto 4 e più che cosa mai forte mi spare7 Si noti, il prefisso separativo dis di disvoglio (v 3) ridotto a 5 in spare (v 4), ("non pare"); Guittone usa questo prefisso con grande frequenza soprattutto nelle rime più enigmatiche; esso è certamente un segno del procedere per antitesi dell'enunciato "difficile." L'antitesi procura uno sconvolgimento del flusso regolare di un argomento ed inoltre, creata col prefisso separativo, spesso comporta una replicatio. Questa figura all'orecchio di Guittone non suona come una stonatura da fuggire, ma piuttosto come un artificio retorico raffinato che serve a rendere il verso aspro, stimolando così lettore a concettualizzare il contenuto della composizione. E' un'acutezza, insomma, che tira dalla parte dell'intelletto cui Guittone, "mente esercitata alla meditazione e al ragionamento,"^ il affida i suoi più alti valori poetici. La "ragione" nel poeta diventa un vero e proprio fatto formale ed i modi espressivi sono esasperatamente concettualizzati. Lideale poetico di Guittone, comunque, non è da rintracciare nel concetto (il suo pensiero risulta poco profondo e per niente originale), ma nel fatto che questo venga misteriosamente evocato da raggruppamenti verbali ordinatamente disposti in forma poetica, stessa — quasi fosse la forma non il veicolo di una verità, ma la verità medesima della poesia più pura, spremuta da ogni "decadente" artificio gratificante. Quanto Guittone avesse coscienza di ciò ce lo dice questo brano di canzone: 1 E dice alcun ch'è duro 2 e aspro 3 e potè esser vero. Und'è cagione? il mio trovato a savorare; 4 che m'abonda ragione, 5 perch'eo gran canzon faccio e serro motti 6 e nulla fiata tutti 7 locar 8 und'eo rancuro, dnun picciol motto potè un gran ben fare. ^ li posso; IL TROBAR CLUS DI GUITTONE D 'AREZZO 37 La sottolineatura è nostra ed è per mettere in evidenza l'appassionata ricerca di una potente espressività da incastonare all'interno della codificata struttura formale dell'opera. Osserviamo che serro (v. 5), forse originalmente serro mutti (sicilianismo, rima con tutti), indica l'azione del restringere che s'intona alla denunciata incapacità di inserire tutte le parole ?notti in perfetta forma (w. 6,7). A causa di questa incapacità il poeta avverte rammarico (rancuro, v 7) "poiché," dichiara, "un piccolo motto può fare un gran bene," cioè: poche parole perfettamente combinate possono fare una gran canzon. E' chiara la tendenza dello scrittore a riversare nell'opera, condensando e restringendo, una gran quantità di sapere. Di nuovo, non è la conoscenza che sta a cuore a Guittone, ma la bella canzone che essa produce. Il significato diventa il significante ed il significante il significato: il senso, il messaggio, non è che l'impalcatura su cui costruisce il poeta, mentre l'agglomerato verbale diventa ciò che la nell'ossatura della poesia vuole esprimere. Con la "poetica della ragione" abbiamo visto finora alcuni caratteri generali del trobar clus di Guittone. insieme ad riscontrarli, altri, in misteriosi, definito dal Contini uno 1 Deporto e gioia e'mmi desporta nel mio core apporta, 3 mal ch'aggio portato, che de porto saisina aggio, ed aporta 4 ch'entr'a la porta ov'e' for gie aportato. 5 Fé' 6 ma me 7 ch'on porto 8 ella, 9 10 11 al de lei che non comporta ov'eo son porto tal me non fa a "un caso limite dell'enigmistica guittoniana." 2 Andiamo ora dei suoi sonetti più belli e trasporta, trasportato; più se'mm'aporta du' porta su' estar diportato. Comportat'ho de mal tanto ch'eo porti: deporti opo me fanno a trasportare de portar morto 'v'eo s'on mi portara. CARTE ITALIANE 38 Non comportara ch'altri 13 nei porti, qua! vole a portare, 14 che del portar mei 12 s ei sia lei mi comporti m adesportara.i^ Tentiamo, sulla base delle note del Contini e del Pellegrini di rendere il senso letterale del sonetto prima di analizzarne gli aspetti linguistici e strutturali. Diporto e gioia nel mio cuore arreca, w. 1-4 e mi allontana dal male che ho portato in me, il fatto che che ora ho un porto, e ciò mi apporta per la porta ov'ero prima fuori io entri ora apportato. Verso di w. 5-8 lei (che amo) porto una tale fede che mi lascia immobile, ma mi fa stare di buon grado dove sono trasportato, poiché un porto non mi si addice più se mi sta bene che apporti dove comporta il comodo suo. ella mi (Fino ad ora) ho sofferto tanto male quanto ne posso w. 9-11 sopportare: (ormai) mi fanno d'uopo diporti per differire (impedire?) che io approdi morto colà dove andrei se qualcuno mi ci portasse. w. 12-14 Non tollererei che altri mi portasse con sé nei porti — qualunque fosse costui (o costei) a portarmi perché mi disporterebbe (mi terrebbe lungi) dall'essere portato io da lei. — Deporto e gioia (v comune binomio provenzale: — meo (v — core toscano antico non conosce dittongo nel linguaggio 1): 1): latinismo: iy. 1): il popolare; core è dunque, come opo (v. 10), una forma tipicamente toscana e non una forma latineggiarne; termini simili sono "foco," "rota," "voto," "ovo," "omo" che compaiono spesso anche in Dante, Petrarca e Boccaccio (Rholfs); ^^ IL TROBAR CLUS DI GUITTONE D 'AREZZO 39 — e*mmi doppia m esprime graficamente rafforzamento se*mm' aporia, avviene — saisina francesismo, da ("possesso"); — ov'e'forgie aportato ("dove ero apportato); è 2): la (v. il sintattico; lo stesso (v. al v. 7, "saisine" 3): (v. 4): io fuori e' una contrazione dell'ego latino; gie è un meridionalismo dal verbo gire ("andare"), (Cielo d'Alcamo in Rosa fresca aidentissima: "a letto ne gimmo"): tempo e persona della voce verbale g/e sono dubbi: l'imperfetto dovrebbe essere g/tw, gie per Contini singolare, ma non può che indicare la se consideriamo gie "vai" o "andavi" dell'emistichio con quello dell'intera quartina impone di postulare poeta) con cui non si un la e di seconda persona il senso si sconvolge e "tu" impersonale (o, forse, un amico del trova alcuna corrispondenza all'interno del sonetto; — ch'on (v — du (v 7): la 8): vocale u u mutata in o mostra un influsso meridionale; ("dove"), l'elisione avrebbe dovuto lasciare do,' indica l'affinità dell'avverbio con il più la comune u che è forma contratta del latino ubi; estar (v. 8): ("suo comodo"), provenzalismo; 'v'eo (v 11): ("dove vado"), la forma avverbiale 'v' è preferita alla più comune u' per evitare la cacofonia; eo è un latinismo, da ire, che Contini rifiuta suggerendo che eo valga "io"; Contini legge l'intero emistichio 'v'eo so'mmi portara ("dove so che ella mi porterebbe"); abbiamo preferito la lectio facilior di Pellegrini perché ci pare che traduca più coerentemente il senso della la — su' — terzina; — s'on (v 11): ("se che è dubbio interpretata, nel V 7, —portara uno, qualcuno"); da quanto detto sopra vediamo il valore della vocale troncata, l'abbiamo comunque come se fosse e; on ("uno"), la o, come indica l'influenza meridionale; (v 11): condizionale da piuccheperfetto come i due successivi sulla stessa rima (Contini). Da un punto di vista strutturale notiamo che il sonetto è dominato diporta sporto. La replicatio è chiaramente molto più che una figura retorica ornamentale, è il banco di prova del parlare chiuso ed esprime lo sforzo di evocare dalle parole loro dall'ostentata replicatio i CARTE ITALIANE 40 Il senso del mistero della parola lo notiamo bene nell'esempio che riportiamo di seguito, un commiato di canzone in cui la rima baciata e composta crea l'equivoco e l'oscurità più reconditi significati. del trovato proprio attraverso la ripetizione: Scuro saccio che par lo mio detto, ma' che parlo a chi s'entend' ed ame: che lo 'ngegno mio dame ch'i' me pur provi d'onne mainerà, e talento ònne.^^ (So che pare oscuro il mio detto, mai che io parli a chi si ama: il fatto il mio ingegno mi suggerisce che io provi me stesso in ogni è che maniera, e ne ho piacere). Tornando al sonetto, notiamo che gli elementi della replicatio sono distribuiti con grande regolarità e con una simmetria impressionante. Portare {o, porto, o un termine derivato) compare esattamente ventotto volte nella poesia: regolarmente, due volte per ogni verso la prima volta esprime la rimalmezzo, la seconda la — rima regolare del sonetto. do modello Il sonetto è perfettamente rimato secon- ABAB, ABAB, CDE, CDE. La rimalmezzo, invece, non sembra obbedire ad alcuna regola precisa né avere una particolare funzione strutturale; questo, almeno, è il siciliano più antico: commentatori delle Rime le cui opere abbiamo consultato. A noi, che ci siamo fermati a considerarla estremamente funzionale nella definizione della forma di questo particolare sonetto, la rimalmezzo ha offerto lo spunto che ci ha permesso di compiere una interessante scoperta. Abbiamo osservato che gli elementi della replicatio, nella prima parte di ciascuno dei quattordici versi, rimano talvolta con l'elemento finale del verso immediatamente precedente (w. 2, 4, 6, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14), e talvolta tra loro stessi senza mostrare corrispondenza con gli elementi finali (w. 1, 3, 5, 7). Questo se consideriamo identica la rima di trasportare (v 10), portar (v 11), portare (v 13) e portar (v 14); se invece consideriamo le due parole tronche come fossero di rima diversa (come sembra più giusto dal quanto è parso a tutti i IL TROBAR CLUS DI 41 GUITTONE d'aREZZO momento che portar è tronco di per sé stesso e non per sinalefe) avremo che gh elementi interni che rimano con il finale del verso precedente sono quelli contenuti nei 2, 4, 6, 8, 9, 10, 12, mentre quelli che rimano solo internamente sono nei w. 1, 3, 5, 7, 11, 13Insomma, la rimalmezzo di tutti versi pari più quella del v. 9 è ordinata in un modo, mentre la rimalmezzo di tutti versi dispari meno quella del v 9 è ordinata in un altro: Il v 9 non rispetta l'evidente simmetria. Come mai? La cosa deve essere parsa un'imperfezione di poco conto perché, evidentemente, si è creduto che la replicano fosse soltanto un fregio ornamentale senza alcun valore strutturale; n^Wornatio "comune" di una composizione poetica, infatti, la replicano ha soprattutto una funzione allitterativa e, nella valanga di allitterazioni contenute nel sonetto, una rima w i i diversa è finita per passare inosservata. La struttura peculiare del sonetto è sfuggita anche a Contini che pure ha riconosciuto alla rimalmezzo guittoniana una grande importanza, al punto di tracciare graficamente la separazione di ogni emistichio del sonetto primo elemento della replicatio; ma proprio al v 9 il trattino di Contini cade in un punto che attenua graficamente la rimalmezzo: dopo il V 8 v. 9 ella, du' porta comportat'ho — su — de mal tanto ch'eo estar diportato. porti: troncamento di comportat'ho è chiaramente di sinalefe e / comportato/ rima perfettamente con diportato, ma la coincidenza, Il ripetiamo, non è stata giustificata. Abbiamo così questa rima centrale quartine e all'inizio delle terzine) di cui abbiamo (alla fine delle voluto darci ragione escludendo che essa sia capitata per caso in tale posizione. Ecco come ci è parso che la rima centrale si spieghi strutturalmente. Osservando una certa affinità tra questa rima e quella che di si trova alla metà della stanza della canzone, dove ha la funzione di legare la fronte con la sìrima, abbiamo ipotizzato che Guittone avesse voluto creare qui un ibrido "sonetto-canzone" utilizzando strutturalmente la rimalmezzo. E l'ipotesi si è dimostrata fondata quando abbiamo assegnato ad ogni emistichio il valore di un regola verso: 42 IL TROBAR CLUS DI 43 GUITTONE d'aREZZO rimalmezzo così aspra e ostentata non può essere giustificata solo come un elemento dell ornatio, né quella rima centrale può essere vista solo come un ponte per legare le quartine alle terzine perché in nessun altro sonetto questa liaison appare. In effetti, non si può che ritenere che quella rima è la "chiave" che egli ha dato al lettore per intendere la struttura quindi, quasi fosse spesso posto metrica della composizione, un simbolo, un vero e proprio verso chiave che, appunto, è tra fronte e sìrima nella stanza della canzone. Prove nuova e inconsueta che Guittone non ereditò la canzone ed il sonetto dai poeti precedenti quali forme "chiuse" e stigmatizzate da una "collaterali" della legittimità di questa struttura ce le offre il fatto antica tradizione come le vediamo noi adesso, ma piuttosto le Ed infatti troviamo nella accettò quali modelli ancora plasmabili. sua raccolta di rime combinazioni strutturali svariatissime: canzoni di diversa lunghezza composte ora di endecasillabi, ora di endecasillabi e settenari, ora solo di settenari, a volte con uno e a con due commiati e con rime distribuite nei modi più diversi; troviamo per la prima volta la lauda con il metro della ballata; troviamo sonetti rinterzati. E allora perché meravigliarci di questo volte i "sonetto-canzone"? Crediamo, a questo punto, di aver dato un saggio abbastanza convincente della raffinatezza formale dell'aretino. Ma, chiaramene, il trobar clus non è soltanto forma. La tradizione di questo stile di poesia derivava a Guittone direttamente dai tro\^tori provenzali prima generazione, quelli della scuola realistica fondata da Marcabru. L'oscurità del trovato era, almeno inizialmente, legata alla trattazione di temi lascivi. Questi venivano mascherati con un verseggiare misterioso pudoris causa ed erano quindi accessibili solo a menti sveglie esercitate alla poesia ed al ragionamento.^^ Con Guittone abbiamo visto che il ragionamento, il prevalere dell'intelletto sul sentimento, è una caratteristica costante. Non è fuori luogo ipotizzare che le sue composizioni poetiche del periodo precedente la "conversione" possano contenere anche l'altro elemeno del trobar clus, cioè una certa sensualità licenziosa. E' chiaro che questo topos \^ rintracciato soprattutto nel linguaggio della figurato. Ora, nel nostro "sonetto-canzone" se, come è lecito supporre, è presente una certa licenziosità, questa non può che CARTE ITALIANE 44 termine porta. E quale altro significato si può attribuire ad esso se non "organo sessuale femminile"? E porto cos'altro può essere se non un sinonimo metaforico? Anche prima di Freud tutto quello che è concavo e aperto simboleggiava ciò che è femminile. Del resto, in altri sonetti la stessa metafora appare ancora più trovarsi nel scoperta. In questo, per esempio: Ben meo saccio de verta, che'l trovare poco, e ha ragion de men valere, poi ch'eo non posso in quel loco intrare vai ch'adorna Tom de gioia e de savere. E non departo dalla porta stare pregando che, per Deo, mi deggia me allora alcuna voce audir dicendome ch'eo Ed eo sia di bon aprere: pare sofrere. sofert'ho tanto lungiamente che devisa' de me tutto piacere e tutto ciò ched era in me valente: per ch'eo rechiamo e chero lo savere di ciascun om ch'è prode e canoscente e l'aiuto del meo grande spiacere. ^^ che quel loco ch'adorna l'om de gioia e de savere (w 3,4) fa espressamente riferimento a\h porta del verso seguente attraverso cui il poeta vuole assolutamente entrare, lì savere di ciascun om che prode e canoscente (v 13) è senz'altro la carnai scienza [che] a suoi mostra e sol vale in carne provar dilettazione di un altro sonetto, è quindi la canoscenza dell'innamorato; altrimenti, che senso mai Si noti potrebbe avere quel prode? Altri segni di questa prorompente, ma celata, sensualità si ritrovano puntualmente in tutte le altre rime amorose "chiuse" di Guittone. Ci limitiamo a segnalarne un'altra giustamente famosa per la sua musicalità e per il suo pregio retorico, ma di cui a molti è sfuggita la sensualità tipica del trohar clus più raffinato: IL TROBAR CLUS DI GUITTONE d'aREZZO 45 Tuttor ch'eo dirò "gioì'," gioiva cosa, intenderete che di voi favello, che gioia sete di beltà gioiosa e gioia di piacer gioi[o]so e bello, e gioia in cui gioioso avenir posa d'adornezze e gioi' di cor asnello, gioi' gioia in cui viso e gioi' tant ched è gioiosa gioi' mirar in Gioi' di volere e gioi' di e gioi' di dire e gioi' e amorosa elio. pensamento gioi' di far gioioso d'onni gioioso movimento: per ch'eo, gioiosa gioi', sì disioso di voi mi trovo, che mai gioi' non sento se'n vostra gioi' il meo cor non riposo. ^^ Mario Marti vede in questo sonetto "un tono mistico d'abnegazione e di possesso."^^ Ma questa composizione è sicuramente di prima della "conversione" e il misticismo di Guittone, se di misticismo si può parlare, è quello stesso dei trovatori della scuola realistica, è il misticismo della carne. Si noti quanto l'esercizio dei sensi sia quasi ossessivamente chiamato in causa: accanto alla gioia del parlare (wl,10) e del guardare (w 3,8), c'è la gioia procurata dal corpo snello (v 6) (cor, dal francese cors; asnello, meridionalismo), la gioia dei fare (v 10) e quella "di ogni gioioso movimento." Si noti anche come la movimento compaia alla fine della prima un preludio alla gioia finale, quella che gioia del gioioso terzina che è quasi rappresenta "la punta" esplicativa dell'intero sonetto: il "core" (metafora dell'organo sessuale maschile sfruttatissima) del poeta cerca riposo nella "gioia" (l'organo sessuale femminile) dell'amata. In conclusione, vorremmo osservare che questa poesia di Guittone così vi\^ e appassionata e, allo stesso tempo, così conscia del valore potentemente evocativo e quasi senz'altro merita un attento riesame che interessati a restaurare autonomo della parola, non sia solo di linguisti un documento. Uno studio monografico CARTE ITALIANE 46 soddisfacente su Guittone d'Arezzo resta ancora da compiere. Non solo questo servirebbe a consacrare definitivamente Guittone tra i maggiori della nostra letteratura, serie di rapporti ideali che ma farebe forse luce su quella sembrano collegarlo ad altri scrittori, quali Ovidio, Boccaccio, Marino, D'Annunzio, i quali, sebbene distanti tra loro nel tempo, mostrano di essere profondamente interessati a fondere un certo realismo di contenuto con un vero e proprio culto della parola. University of Toronto Note: 1 . Abbiamo preferito citare subito rendere immediati i composizioni poetiche di Guittone rilievi sulla le opere più importanti per continui riferimenti ad essi che lingua sono il citati lungo il nostro studio in il faranno di seguito. si saggio sono risultato del nostro vaglio delle tratti da noi con I un termine, o una differenza d'opinioni è la che ci hanno indotto a preferire una lezione all'altra, o alle altre. si fa comunemente risalire alla "canzone guelfa" di questa tradizione L'inizio di Guittone "Ahi le ragioni delle dalla raccolta dell'Egidi. riportate in calce alle rime nelle loro rispettive opere antologiche; qualora 2. modo da testi note degli studiosi menzionati, particolare espressione, sia stato diversamente interpreuto, riportata I lasso, or è stagion de doler tanto," dopo scritta la vittoria dei Ghibellini di Manfredi a Montaperti (4 settembre 1260). 3. La famosa composizione "Vegna, vegna chi vole giocundare, l'esempio più ovvio che di solito si / offre per mostrare l'adozione del e a la danza se tegna" è metro della ballata per il genere della lauda, che era già vivo nel Duecento sotto forme strutturalmente (si pensi al "Cantico di Frate Sole" di San Francesco d'Assisi). meno precise 'O caro padre meo di vostra laude di Guido Guinizzelli, Guittone suo "Figlio mio dilettoso, in faccia laude." Questi versi da soli già danno un'idea dall'autorità carismatica che Guittone esercitò sui suoi contemporanei, la quale 4. Al sonetto rispondeva con " il spiega, in parte, l'impeto della reazione di Dante. 5. Nel De imlgari eloquentia Dante accusa Guittone di oscurità e di usare un volgare non illustre, mentre nel canto XXTV del Purgatorio, per bocca di Bonagiunta condanna la poetica dell'aretino esaltando la propria concezione dell'amore. Guittone d'Arezzo, Rime, a cura di Francesco Egidi, op. cit.; XXVIII, w. 1-9. Non ci sono "municipale, " Orbicciani, 6. qui difficoltà semantiche eccetto, forse, per alcuni dei termini che seguono: — segando (v 2): "secondo"; Valeriani preferisce secondo, ma l'Egidi restituisce la sonorità alla velare; — (v — mante lia (v lecciaria mante non 5): "malcostune," francesismo, da lochete (Contini); 6): "molte volte, spesso," deriva da mantis ("indovino"), dalla sovrapposizione di tantus e magnus forma sintagmatica molto comune in Guittone; dal francese maini che è un termine formato ma (Diz. Zingarelli, 1971); Op. cit.; XXV, w. 1-4. Anche qui il senso è chiaro. La lettera h di fug/g]h' (v 3) è ovviamente indispensabile per assicurare il suono velare una volta caduta la o finale; senza la 7. IL TROBAR lettera b la g potrebbe 47 Gl'ITTONE d'aREZZO CLL'S DI modo palatale, leggersi in rendendo Amor soggetto il che cambierebbe sostanzialmente il senso Sempre a proposito di fuglgjh', è discutibile l'inserimento della doppia g. Valeriani trascrive fugo dalle fonti manoscritte. Con la doppia^', inserita dall'Egidi, senso della proposizione è "Amore fuggo" (dal hi.fiigire), mentre con la^ scempia il senso è "metto in fuga Amore" (dal hi./ugare). della pnjposizione del vergo "fugge. " il Francesco 8. De Sanctis, Storia della letteratura italiana, Milano; Feltrinelli, 1970, p. 32. Il giudizio, sintetico, è stato ripreso dal Contini nella recensione alla raccolta dell'Egidi (Giornale Storico della Letteratura, CXVIII, 1941). Op. 9. cit.; XLIX, w 163-170. Op. cit.: 77 (I sonetti sono numerati con cifre arabiche, mentre le altre composizioni con cifre romane). 11. Grammatica storica della lingua italiana e dei suoi dialetti, "Fonetica," par. 107,p. 133 10. sgg w 61-66. 12. Op. 13 A Jeauroy, La poesie lyrique del Troubadours, cit.; II, 15. Op. Op. 16. In "Guittone d'Arezzo," Letteratura italiana, 14. cit.; 25. cit.; 31. Paris, 1934, cap. i minori, voi. II. I, Serie: Orientamenti culturali, Milano: Marzorati, 1969, p. 109. Nota bibliografica Nella stesura del saggio sono stati utilizzati questi indispensabili strumenti d'analisi: — Gerhard Grammatica della lingua italiana e dei suoi Einaudi, — Alfredo Tradizione e poesia nella prosa italiana dalla a Boccaccio, Genova: Emiliano — Cesare Segre, Lingua, e Milano: — Maria Studi sulla della lingua poetica avanti anche uso delle informazioni pertinenti nostro argomento è — Achille Manifesto di Guittone, Roma: Bulzoni, storica Rholfs, dialetti, Torino: 1968. d'arte Schiaffìni, stile Corti, Si latinità medievale degli Orfìni, 1934. G. società, fatto lo stilnoio, Firenze, 1953. stati consultati, inoltre, raccolte in al 1974. Tartaro, Il Sono Feltrinelli, 1974. sintassi i testi di Storia della letteratura italiana dei seguenti autori: Sapegno, Flora, Apollonio, Pompeati, Momigliano, Zonta, Petronio, Giuliani.