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Il Pakistan nella morsa delle alluvioni
Alle elevate temperature che hanno surriscaldato l’Europa negli ultimi mesi, si è contrapposta la dura
estate pakistana, perseguitata da piogge senza precedenti.
Secondo le stime, infatti, la quantità di precipitazioni, cadute tra luglio e agosto 2022, ha superato il
volume totale delle piogge registrate a luglio, agosto e settembre 2021.
Il 31 agosto 2022, le analisi dei dati satellitari confermano che circa 86.600 km2 sono rimasti allagati,
un’estensione territoriale che corrisponde quasi al 10% del suolo nazionale pakistano. La maggior
parte delle superfici inondate segue il corso dell’Indo, il fiume che nasce dalla catena himalayana e
attraversa il Paese da nord a sud, ma anche dei diversi suoi affluenti, come i fiumi Chenab e Ravi.
Secondo i climatologi, il rapido scioglimento dei ghiacciai, causato dall’aumento delle temperature,
avrebbe contribuito a rendere queste inondazioni di proporzioni smisurate.
Le forti piogge si sono susseguite alla grave siccità che la scorsa primavera ha colpito il Paese.
Mehar a ovest del Lago Manchar e Johi a nord-est
https://www.bbc.com/news/world-asia-62811704
Il suolo, quindi, secco per i diversi mesi di aridità e di temperature primaverili record, non è stato in
grado di assorbire una tale quantità d’acqua. La chiara vulnerabilità del territorio pakistano concorre,
quindi, ad aggravare le conseguenze di questi eventi climatici estremi, a cui il Pakistan non è nuovo:
si ricordi, infatti, l’intensa alluvione del 2010. Tra i fattori concatenanti, è possibile menzionare la
deforestazione messa in atto negli ultimi anni, la costruzione di dighe e di sistemi di irrigazione
che hanno modificato i percorsi dei corsi d’acqua. Infine, c’è la fragilità delle infrastrutture, in
particolare delle case, spesso costruite in aree ad alto rischio idrogeologico. La combinazione della
violenza climatica e della fragilità territoriale ha procurato almeno 1.300 vittime.
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L’immagine satellitare sottostante, pubblicata da Planet Labs, Maxar Technologies e dal servizio
europeo Copernicus, rivela l’entità dei danni provocati da queste inondazioni: edifici, infrastrutture,
circa 900.000 capi di bestiame e più di 800.000 ettari di terreni agricoli (con oltre il 90% di raccolti
persi) sono scomparsi sotto la morsa dell’acqua in varie regioni del Pakistan.
Gudpur, provincia di Penjab – fotografata il 4 aprile e poi il 30 agosto 2022
https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2022/09/07/avant-apres-les-inondations-catastrophiques-au-pakistan-vues-de-lespace_6140573_4355770.html
Il territorio più colpito è stato quello del Sindh, nel sud del Ppaese, dove, in un certo momento, le
precipitazioni sono state superiori alla media del 508%. Nella provincia, il 57% degli abitanti non
ha accesso sufficiente all’acqua potabile e l’amministrazione si trova in grande difficoltà nella
gestione della catastrofe ambientale, non disponendo di piani per rafforzare le infrastrutture idrauliche
e il sistema fognario. Nei primi di settembre, la rottura degli argini del Lago Manchar, nella
provincia del Sindh, ha allagato due villaggi, costringendo l’evacuazione di oltre 100.000 persone.
Johi, una delle città vicino al lago, ha assunto la conformazione di un’isola e la quantità di acqua
circostante ha spinto i residenti a costruire una diga improvvisata per rallentare l’ingresso dell’acqua
nell’area.
Una zona residenziale allagata nel distretto di Dadu, nella provincia del Sindh
https://www.nytimes.com/es/2022/09/05/espanol/opinion/pakistan-inundaciones.html
Le intense alluvioni sopraggiungono in un contesto storico-sociale particolarmente sensibile in
Pakistan. Alla fine del 2021, migliaia di cittadini si sono riversati per le strade di molte città per
invocare il diritto all’acqua. Le gravi crisi idriche, che attraversano il paese, sono il risultato di una
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siccità prolungata che non solo riduce il flusso di acqua delle dighe, che rifornisce la popolazione, ma
impedisce anche il corretto funzionamento dei sistemi di irrigazione.
Il problema di penuria d’acqua non è imputabile esclusivamente al cambiamento climatico.
La malagestione delle infrastrutture idriche, infatti, contribuisce ad estremizzare gli effetti: già nel
2013, per soddisfare una domanda crescente di fabbisogno d’acqua, a fronte dell’esponenziale
aumento della popolazione, venivano prelevate dai serbatoi nazionali quantità d’acqua superiori alla
media. Inoltre, il sistema di irrigazione del Paese riceve un tasso di efficienza inferiore al 39% e, dei
143 miliardi di metri cubi disponibili all'impianto del canale, solo 55 miliardi arrivano nei campi.
L’ultimo disastro alluvionale ha messo in luce, ancora una volta, la cruciale necessità di prestare
attenzione alle infrastrutture idriche. Le attività di manutenzione e modernizzazione degli impianti
idrici locali e nazionali, non solo garantirebbe una equa distribuzione d’acqua alla popolazione,
ma anche una più efficace gestione delle risorse idriche in caso di emergenze, come siccità o eventi
climatici estremi.
Allo stesso tempo, le inondazioni del Pakistan hanno riproposto il tema della netta disparità tra i Paesi
che contribuiscono maggiormente al cambiamento climatico e i Paesi che ne subiscono l’impatto.
Il Pakistan produce meno dell’1% delle emissioni globali di gas serra, ma la sua geografia lo rende
estremamente vulnerabile ai cambiamenti climatici. È previsto che la questione dell’(in)giustizia
climatica sarà oggetto della discussione nella prossima Conferenza sui cambiamenti climatici (la
COP 27), attesa a Sharm-El Sheik il prossimo novembre.
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