Altera pars laboris
Studi sulla tradizione manoscritta delle iscrizioni antiche
a cura di Lorenzo Calvelli, Giovannella Cresci Marrone e Alfredo Buonopane
Le iscrizioni dell’album
del Louvre di Jacopo Bellini
Una fonte attendibile
per epigrafia e iconografia?
Donato Fasolini
Università del Molise, Italia
Abstract Even if Jacopo Bellini may not quite be compared to his son-in-law Andrea
Mantegna for his reputation as a ‘lover of antiquities’, his drawing book, now kept at the
Louvre, contains two famous sheets of Roman inscriptions, which deserve special attention. This essay assesses the reliability of Bellini’s drawings in order to understand how
much and what kind of information he can give us about some inscriptions, which are
currently for the greater part lost.
Keywords Epigraphy. Jacopo Bellini. Antiquarianism. Iconography. Lost inscriptions.
Sommario 1 Foglio 45. – 2 Foglio 44.
Come annotava Marcel Röthlisberger,1 tra i pittori del primo Rinascimento, è
certo con Jacopo Bellini (c. 1400- c. 1470) che abbiamo ancora oggi una delle
più ampie collezioni sopravvissute di disegni. Eppure per i due album, ricche
raccolte di repertori di bottega e studi di prospettiva, uno oggi di proprietà del
British Museum e l’altro del Louvre, non si può parlare di una ‘esistenza facile’,
dal momento che tortuosi sono stati i cammini che li hanno consegnati a noi.
Ringrazio la prof.ssa C. Ricci per i suggerimenti e le indicazioni.
1 Röthlisberger 1956, 358-9. Fondamentale Eisler 1989. Sul rapporto tra Jacopo e l’antico si veda Tamassia 1958, 159-66.
Antichistica 24 | Storia ed epigrafia 7
Edizioni
Ca’Foscari
e-ISSN 2610-8291 | ISSN 2610-8801
ISBN [ebook] 978-88-6969-374-8 | ISBN [print] 978-88-6969-375-5
Peer review | Open access
Submitted 2019-07-12 | Accepted 2019-10-02 | Published 2019-12-11
© 2019 | cb Creative Commons Attribution 4.0 International Public License
DOI 10.30687/978-88-6969-374-8/007
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Donato Fasolini
Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Punto di partenza del loro viaggio è senza dubbio il 1471,2 ovvero il
testamento della vedova di Jacopo, Anna, dove leggiamo che omnes
libros de dessigniis passarono al figlio Gentile e certo i due album dovevano essere tra quei volumi.
Il presente studio si concentrerà sui due fogli dell’album parigino,3
il 44 e 45, contenenti i disegni di alcune epigrafi (quasi tutte del territorio di Ateste, regio X) con l’intento di valutare se si tratti di riproduzioni attendibili delle iscrizioni per quanto riguarda il testo e
soprattutto le decorazioni dato che, nella maggior parte dei casi, si
tratta di iscrizioni oggi perdute.
Nel foglio 45,4 descritto semplicemente nell’indice dell’album come «Molti altri Epitaffi antichi romani»,5 troviamo la riproduzione
di quattro iscrizioni distinte, anche se le ultime due vengono accorpate come se facessero parte del medesimo monumento. Si tratta di
due iscrizioni oggi perdute CIL V 2623 e 2542, entrambe dal territorio di Este, di CIL V 3464, da Verona, solo parzialmente conservata;
e dell’iscrizione dell’obelisco vaticano CIL VI 882, posta nel disegno
al disopra della precedente.
Questo è un sintetico quadro delle iscrizioni contenute nei due fogli in questione:
Bibliografia
Luogo di provenienza
Stato attuale
di conservazione
CIL V 2623
Megliadino San Fidenzio
nella chiesa di San Fidenzio
perduta
CIL V 2542
Este
perduta
CIL V 3464
Verona, Arco dei Gavi
Conservata (Verona,
Corso Cavour)
CIL VI 882 = EDR074450
Roma, Piazza S. Pietro
Conservata (Roma,
Piazza S. Pietro)
Sull’altro foglio troviamo invece la perduta CIL V 4653 (Brescia), la
perduta CIL V 2528 (Este), CIL V 2669 (territorio di Este) e la perduta CIL V 2553 (Este).
Gentile poi li lasciò in eredità al fratello Giovanni (1507). In merito alle vicende dei
due album cf. Tiezte-Conrat 1944, 107. Riguardo Gentile cf. Meyer zur Cappellen 1985.
2
3 RF 1512, 52 e RF 1513, 53 (Paris, Musée du Louvre, Département des Arts graphiques).
4 Dato che la sequenza cronologica, come notato dagli Studiosi, non trova necessariamente corrispondenza con la numerazione dei fogli ho deciso di iniziare con il foglio
45 che presenta una maggiore disomogeneità, spia, a mio parere, forse di una risalenza rispetto al foglio 44. Si veda Röthlisberger 1956, 360 ss.
5 L’ultimo foglio dell’album parigino contiene un indice dei singoli disegni, ma non si
tratta con tutta probabilità di una parte attribuibile a Jacopo, quanto ad un intervento successivo, come sembrano dimostrare i fraintendimenti nella descrizione di alcuni soggetti.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Bibliografia
Luogo di provenienza
Stato attuale
di conservazione
CIL V 4653 = EDR090456
CIL V 2528 = EDR130631
CIL V 2669 = EDR170055
Brescia, Monastero di S. Giulia
Monte Buso
Monselice, portico della chiesa
di S. Giacomo
CIL V 2553 = EDR130733
Este
perduta
perduta
Conservata (Vienna,
Kunsthistorisches
Museum)
perduta
Si deve prima di tutto rilevare che, al momento della schedatura delle iscrizioni per il quinto volume del Corpus Inscriptionum Latinarum,
Mommsen non poté tenere conto dei due fogli del Louvre, dato che
l’album venne riscoperto circa un decennio dopo;6 pertanto nell’apparato critico la fonte più antica è costituita per tutte le iscrizioni in
questione dalle raccolte del Marcanova.7 Il particolare non è irrilevante perché i fogli del Louvre vengono datati in un arco cronologico che va dal 1430 al 1460 circa; dunque rappresenterebbero la testimonianza più risalente delle iscrizioni in questione8 e, per alcune, un
testimone fondamentale, se non unico, dell’aspetto del monumento.
1
Foglio 45
Il foglio [fig. 1] inizia con l’iscrizione funeraria CIL V 2623,9 posta dal
liberto Marcus Eppius Ianuarius e dalla ingenua Cominia Procula per
il figlio Marcus Eppius Rufus. Le fonti10 ci dicono che il monumento si
trovava un tempo presso la chiesa di San Fidenzio a Megliadino San
Fidenzio (Padova), oggi risulta perduto.
6 L’album oggi al Louvre venne infatti identificato nel 1884, a Bordeaux.
7 Per quanto riguarda l’iscrizione di Tito Pullio venne ripresa negli additamenta la
versione riportata dal Mantegna negli affreschi della Ovetari a Padova, vedi CIL V 1072.
Oltre a Marcanova (Modena, Bibl. Estense, Cod. α L. 5. 15, Lat. 992, f. 159) si deve ricordare che per CIL V 2528 e CIL V 2542 la prima fonte è derivata da raccolte riconducibili a Ciriaco d’Ancona.
8 Eccetto ovviamente l’obelisco vaticano. La maggior antichità della fonte belliniana mi porta a non riprendere nei particolari la questione della tradizione testimoniata
nell’apparato critico del volume quinto del CIL.
CIL V 2623: D(is) Manibus / M(arci) Eppii M(arci) f(ilii) Rufi / qui vixit ann(os) XII
d(ies) XX / M(arcus) Eppius (mulieris) lib(ertus) Ianuarius / Cominia L(uci) f(ilia) Procula / parentes.
9
10 Partendo dalle raccolte del Marcanova, Modena, Biblioteca Estense, Cod. α L. 5. 15,
Lat. 992, f. 161.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Figura 1 Restituzione a tratto del foglio 45 dell’album di disegni di Jacopo Bellini.
Parigi, Musée du Louvre. Disegno dell’Autore
Per quanto riguarda la trascrizione nel foglio del Louvre dobbiamo rilevare diversi errori e fraintendimenti.
CIL V 2623 = Suppl.It. 15, 1997, p. 91
D(is) Manibus / M(arci) Eppii M(arci)
f(ilii) Rufi / qui vixit ann(os) XII d(ies)
XX / M(arcus) Eppius (mulieris) lib(ertus)
Ianuarius / Cominia L(uci) f(ilia)
Procula / parentes
Foglio 45
Manibus / M. Eppii M. f. / Rufi
qui / vixit ann. XIIIXX 11/ M. Eppius
CLIR / Irnuarius / Cominia L.
E. / Procula / parentes
La divisione delle righe è differente, ma non si tratta di un dato significativo visto che, come possiamo vedere nell’apparato del CIL,12 anche presso gli altri autori non vi è uniformità in tal senso. Per quanto
riguarda gli errori e i fraintendimenti, prendendo a modello per la divisione del testo quanto riportato nel CIL, la situazione è la seguente:
r. 1: assenza del Dis nella formula di invocazione degli Dei Mani;
r. 3: fraintendimento della indicazione degli anni e dei giorni di
vita del personaggio;
11 XINXX secondo Gallerani 1999a, 183 nota 16, Degenhart, Schmitt 1990.
12 Vv. divisio incerta.
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r. 4: invece di (mulieris) lib(ertus) leggiamo CLIR, invece di Ianuarius si legge Iarnuarius;
r. 5: Il patronimico di Cominia L(uci) f(ilia) viene frainteso come L. E.
Va rilevato che si tratta di errori che non trovano riscontro presso
le altre fonti e dunque frutto di un’osservazione diretta o ricavati da
una fonte a noi attualmente ignota.
Passando all’aspetto del monumento e alla decorazione: sulla sommità del supporto, una base secondo il disegno del Louvre,13 vi era
una statua equestre, cosa decisamente improbabile per il dodicenne Eppius Rufus,14 mentre decisamente più plausibili sembrano il festone e l’urceus collocati sul lato breve sinistro. Già da questo primo
esempio emerge quella che sarà una costante della riproduzione delle iscrizioni in questo foglio (e parzialmente nell’altro), ovvero l’aggiunta di statue non pertinenti, antiche o meno, al monumento, cosa
d’altro canto che ricorre anche in altri disegni di Jacopo.15
Segue l’iscrizione della liberta Lucretia Placida (CIL V 2542), sempre proveniente da Ateste.16 Anche in questo caso il monumento è oggi perduto.
CIL V 2542
Sac(rum) dis Man(ibus) / Lucretiae
M(arci) l(ibertae) Placidiae / sarcinatrici
Foglio 45
Sac. Dis. Man. / Lucretiae M.
L. / Placidiae / sarcinatrici
Vale quanto detto per la precedente in merito alla differente divisione delle righe. La trascrizione è identica.
Per quanto riguarda il monumento: al di sopra di quella che, secondo il disegno, è un’ara coronata da un pulvino decorato con pentapetale, vi è l’incongrua presenza della statua nuda di Perseo che regge
la testa della Medusa, circondato da una serie di putti alati che sorreggono delle ghirlande.
13 Non specificata nelle altre fonti.
14 Non mancano statue equestri per minori, ma lo status sociale del defunto (figlio di
due liberti) e l’assenza di indicazioni specifiche in merito alla statua nel testo dell’iscrizione fanno pensare ad una invenzione, si confronti ad esempio con l’iscrizione bresciana del
giovane Publius Matienus Proculus Romanus Maximus CIL V 4441 = EDR090232: P(ublio)
Matieno P(ubli) f(ilio) / Fab(ia) Proculo / Romanio Maxim(o) / annor(um) VI mens(ium)
II / dier(um) V / ordo Brixianor(um) / funus publicum et / statuam equestr(em) / auratam
decrevit / Matienus Exoratus / pater infelix t(itulo) usus.
15 Non sono mancati studi volti a identificare i possibili gruppi statuari originali copiati dal Bellini, dato però che queste parti certamente non sono pertinenti alle epigrafi non me ne occuperò in questa sede, limitandomi a rimandare ad esempio a Fortini Brown 1992, 72 e Röthlisberger 1956, 70 e 77.
16 Dalla chiesa di San Martino, secondo quanto riporta il Ferrarini. La prima attestazione risale a materiale riconducibile alle raccolte di Ciriaco d’Ancona.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Più complesso appare il terzo monumento, un collage di almeno
due iscrizioni differenti con un vistoso problema di trascrizione. Alla base, incorniciato riccamente da motivi vegetali e da due coppie
di grifoni intenti a bere in un vaso, Bellini riproduce una delle iscrizioni che decoravano l’Arco dei Gavi a Verona (CIL V 3464).17
CIL V 3464
C(aio) Gavio C(ai) f(ilio) / Straboni
Foglio 45
C(aio) Gavio C(ai) f(ilio) / Straboni
Un raffronto con la superstite, seppur assai danneggiata, iscrizione
di Verona mostra che in questo caso il disegno di Bellini, pur presentando il testo correttamente, è circondato da decorazioni di fantasia,
compatibili con alcuni paralleli d’ambito romano,18 ma per nulla riconducibili alla iscrizione in questione. Si deve ricordare che nel medesimo arco dei Gavi troviamo l’iscrizione di Lucius Vitruvius Cerdo che comparirà successivamente negli affreschi di Mantegna della
cappella Ovetari.19
Come dicevo sopra, l’iscrizione di Gavius Strabo Bellini colloca un
secondo testo, un titolo imperiale introdotto però da un’incongrua invocazione agli Dei Mani. Il testo, con qualche variante, è quello del
celebre obelisco (CIL VI 882) fatto trasportare da Caligola a Roma da
Eliopoli, nel 37 d.C., e oggi collocato in Piazza S. Pietro.
CIL VI 882
Divo Caesari divi Iulii f(ilio)
Augusto / Ti(berio) Caesari divi Augusti
f(ilio) Augusto / sacrum
Foglio 45
D. M. / Divo Caesar/i Divi f. Augu/sto
Ti. / Caesari Divi / Augusti E Au/gusto / Sa
crum C(?)
In questo caso non vi è solo una distribuzione differente delle linee
del testo, come visto anche in esempi precedenti, ma una serie di aggiunte, omissioni ed errori: r. 0 in alto, sopra l’attuale r. 1, aggiunta
della invocazione agli Dei Mani; r. 1 omissione nella filiazione della
indicazione di Iulii; r. 2 al posto della F nel patronimico viene disegnata una E e vi è l’aggiunta di un nesso AV per Augusto; r. 3 punto
distinguente dopo la A di Sacrum e aggiunta di una C alla fine.
17 Testimoniata già nelle raccolte di Marcanova a partire dalle raccolte di Ciriaco
d’Ancona.
18 Per i grifoni ai lati di un vaso si veda tra i vari esempi disponibili CIL III 14106,
CIL V 5200, CIL XIII 8341.
19 Per la precisione nella parte alta dell’arco della oggi distrutta scena di «San Giacomo condotto al martirio». La decorazione e la distribuzione del testo non corrispondono all’iscrizione reale.
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L’iscrizione ha, per la sua rilevanza e per le implicazioni di carattere storico, una vasta letteratura e un ricco apparato di fonti, fin dal codice di Einsiedeln.20 Si deve notare anche in questo caso come le differenze di cosa rispetto al testo superstite non trovino di fatto riscontro
in altre testimoni. L’aggiunta del Dis Manibus iniziale, formula propria
di un testo funerario, potrebbe essere legata alla ben nota credenza
medievale21 che l’obelisco custodisse le ceneri di Cesare e dunque ne
fosse il monumento funebre: con una tale premessa un erudito, fonte ignota del disegno di Jacopo, avrebbe potuto pensare bene di anteporre la classica formula di invocazione ai Dei Mani all’iscrizione.
Resta la seconda aggiunta, giusto alla fine del testo: dopo sacrum,
ben messo in evidenza dalla chiara indicazione di punti distinguenti,
troviamo una C isolata. Anche in questo caso mancano testimonianze che attestino questa curiosa aggiunta. Se dovessimo proseguire
con l’ipotesi della mano di qualche erudito, potremmo pensare, coerentemente rispetto a quanto ipotizzato a proposito dell’adprecatio,
che anche questa C fosse una abbreviazione con riferimento a Cesare. Il testo suggerito potrebbe essere stato dunque: sacrum C(aesari)?
Il primo foglio contiene dunque tre monumenti, con quattro iscrizioni, tutte reali. Due del territorio di Este, una di Verona e una di Roma. Le trascrizioni, eccetto che per quella di Roma per la quale sembrerebbe da escludersi nettamente una visione diretta, sono di buona
qualità, mentre alcuni dei supporti sembrano completamente di invenzione (l’iscrizione di Roma e di Verona), mentre nel caso dell’iscrizione
di Marcus Eppius Rufus la decorazione laterale risulta plausibile.22 I testi delle due iscrizioni del territorio di Este potrebbero dunque derivare, se non da una osservazione diretta, da una buona fonte intermedia.
2
Foglio 44
L’altro foglio [fig. 2], descritto nell’indice come molti Epitaffii antichi
romani, presenta caratteristiche comuni al foglio 45.
Si inizia con l’iscrizione CIL V 4653 posta da Metellia Prima per
sé, per il marito Valerius Ingenuus e i loro figli. Le fonti riferiscono
che il monumento, oggi perduto, si trovava a Brescia, presso il monastero di Santa Giulia.
Leggiamo infatti: «In obelisco Baticano Divo caesari divi iulii augusti caesari
aug(usto) sacrum» (Stiftsbibliothek Einsiedeln, cod. 326, f. 71v).
20
Valentini, Zucchetti 1946, 43: «Iuxta quod est memoria Caesaris, id est agulia, ubi
splendide cinis eius in suo sarcophago requiescit […]»; in merito all’iscrizione in Bellini Degenhart, Schmitt 1972, 146.
21
Ovviamente, come detto prima, considero le statue collocate al di sopra dei monumenti.
22
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Figura 2 Restituzione a tratto del foglio 44 dell’album di disegni di Jacopo Bellini.
Parigi, Musée du Louvre. Disegno dell’Autore
CIL V 4653
Metellia Prima / sibi et / P(ublio) Valerio
P(ubli) f(ilio) / Fab(ia) Ingenuo / viro
suo / P(ublio) Valerio P(ubli) f(ilio)
Primo / Valeriae P(ubli) f(iliae)
Firmae / C(aio) Valerio P(ubli) f(ilio)
Vitali / L(ucio) Valerio P(ubli) f(ilio)
Celato / filiis suis / v(iva) f(ecit)
Foglio 44
Metellia Prima / sibi et / P. Valerio P.
f. / Fab. Ingenuo / viro suo / P. Valerio P.
f. Primo / Valeriae P. f. Firmae / C. Valerio
P. f. Vitali / L. Valerio P. f. Celato / filiis
suis / v. f.
Divisione delle righe e testo corrispondono a quanto troviamo anche in CIL dove si segue la versione tramandata nella raccolta del
Marcanova.23
Per quanto riguarda l’iconografia, la questione è particolarmente interessante. Nella raccolta del Marcanova l’iscrizione di Metellia Prima è riprodotta anche per quanto riguarda l’aspetto del
23 Nello specifico si tratta del ms. oggi alla Biblioteca Estense di Modena (Bibl. Esten-
se, Cod. α L. 5. 15, Lat. 992), si veda Huelsen 1907. La versione sulla edizione oggi a
Princeton (Princeton University Library, MS Garrett 158) presenta il medesimo monumento, ma il testo è distribuito diversamente: Metellia Pri/ma sibi et P(ublio) / Valerio
P(ubli) f(ilio) Fab(ia) / Ingenuo / viro suo / P(ublio) Valerio P(ubli) f(ilio) Pri/mo / Valeriae
P(ubli) f(iliae) Firmae / C(aio) Valerio P(ubli) f(ilio) Vitali / L(ucio) Valerio P(ubli) f(ilio) Celato / filiis suis / v(iva) f(ecit). Vd. Dennis 1927. Sulla formazione delle sillogi marcanoviane si veda il recente Espluga 2012.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
monumento.24 Tra questo disegno e quello del foglio del Louvre si
possono trovare molte corrispondenze, ma anche dei punti di divergenza. Due sono fondamentalmente le differenze tra il disegno nella raccolta del Marcanova, attribuito alla mano di Felice Feliciano,
e quello di Jacopo Bellini. Mentre in Marcanova solo due dei sei busti sono isolati e gli altri quattro sono affrontati a due a due, in singoli clipei, in Bellini le coppie di busti riuniti nello stesso clipeo sono due. Altra differenza è che il clipeo superiore retto da due puttini
alati, a coronamento dell’iscrizione, in Marcanova è un rilievo inserito nel blocco del monumento, mentre in Bellini è una parte visibile a tutto tondo, libera e al di sopra del monumento. Questa seconda soluzione pare più ‘pittorica’ e meno probabile rispetta a quella
mostrata dal Marcanova. Si deve rilevare che una iscrizione25 oggi a Brescia, murata all’interno del Capitolium, ma data dalle fonti
di fine XVI secolo come proveniente da Casalmoro26 (prov. di Mantova) fornisce un ottimo parallelo tipologico: nella parte superiore
della stele, in un clipeo decorato retto da due putti inseriti a rilievo
nel monumento, vengono rappresentati i busti dei personaggi ricordati nel testo dell’iscrizione.
Segue la perduta iscrizione CIL V 2528,27 posta dalla liberta Albia Myrine per sé e per il marito, il seviro augustale Titus Pullius Linus. Le fonti la collocavano in provincia di Padova, a Baone, presso
il Monte Buso.
CIL V 2528
T(ito) Pullio T(iti) l(iberto) Lino / IIIIII
viro aug(ustali) / Albia L(uci) l(iberta)
Myrine / sibi et viro v(iva) f(ecit)
Foglio 44
T. Pullio / T. L. Lino / IIIIII viro / aug / Albia
L. l. / Myrine / sibi et viro / v. f.
Come in casi precedenti la differenza nella divisione delle righe non
assume particolare significato, dato che le fonti in generale divergono in tal senso. Si deve rilevare che la suddivisione e la distribuzione del testo nello spazio nel disegno di Bellini restituisce l’eleganza
tipica delle iscrizioni romane di ottima fattura.
Il testo è identico e non presenta sviste o errori. Diversi invece gli
aspetti interessanti per l’apparato decorativo. Prima di tutto, si nota
una accuratezza nella resa del monumento che, pur a livello ipotetico
24 Modena, Biblioteca Estense, Cod. α L. 5. 15, Lat. 992, f. 141.
CIL V 4044: Q(uintus) Egnatius / P(ubli) f(ilius) sibi et / Philistiae Paullae / uxori
t(estamento) f(ieri) i(ussit).
25
26 A Brixia però abbiamo, sempre inserita nel Capitolium, l’iscrizione di Quintus Egnatius Blandus (CIL V 4593) che per decorazione e paleografia parrebbe ricollegabile a
quella di Quintus Egnatius.
27
Bassignano 1997, 68-9. Gallerani 1999a, 186 ss.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
in assenza dell’originale, appare pienamente plausibile. In particolare,
la presenza sul lato destro dei fasci littori trova precisa corrispondenza con il contenuto del testo, visto che si tratta di un seviro augustale.28
In ambito pittorico però il disegno del Bellini non è l’unica testimonianza di questa iscrizione, ve ne è una seconda ancora più celebre:
una delle scene affrescate da Andrea Mantegna a Padova, nella Cappella Ovetari: nel Giudizio di San Giacomo [fig. 3],29 sullo sfondo compare un arco di trionfo dove è inserita l’iscrizione di Titus Pullius Linus. Purtroppo l’affresco è tra quelli distrutti nel bombardamento del
1944, ma grazie al materiale fotografico precedente alla distruzione
siamo ancora in grado di analizzare il dipinto nella sua interezza.30
L’iscrizione nell’affresco del Mantegna si discosta per quanto riguarda l’apparato decorativo rispetto al disegno dell’album di Bellini, ma anche parzialmente nel testo (che comunque risulta in gran
parte coperto dalle figure).3132
CIL V 2528
T(ito) Pullio T(iti) l(iberto)
Lino / IIIIII viro aug(ustali) / Albia
L(uci) l(iberta) Myrine / sibi et
viro v(iva) f(ecit)
Foglio 44
T. Pullio / T. L. Lino / IIIIII
viro / aug / Albia L.
l. / Myrine / sibi et viro / v.
f.
Mantegna (Cappella Ovetari)
T. Pullio / T. L. Lino / IIIIIII(!)
vi vac31. / Aug vac. / Albi
vac. / vac. / (sibi)32 et vac.
Minime le differenze e varianti nel testo: a r. 2 IIIIIII invece di IIIIII;
a r. 4 s invertita per s(ibi).
Nel caso dell’affresco la maggior parte del testo risulta occultata
dalla scena che si svolge davanti all’arco di trionfo. Si rileva comunque che la divisione delle linee che segue Mantegna appare essere la
medesima testimoniata nel disegno di Jacopo Bellini. Per una curiosa
svista33 invece di un sevirato, nell’affresco viene indicato un settemvirato. L’ultima riga presenta una S invertita, abbreviazione del sibi
testimoniato dalla tradizione manoscritta e dal foglio del Louvre. Per
quanto riguarda la distribuzione del testo, dato non dirimente ai fini di
Tra i vari esempi di iscrizioni di seviri decorate con fasci laureati si vedano ad
esempio CIL V 6786, CIL V 7678, CIL IX 3443.
28
Nel disegno ho tentato di indicare anche la ipotetica posizione delle parti celate
dalle figure che compongono la scena.
29
Non si deve dimenticare oltretutto la descrizione autoptica che ne fece, negli anni
Trenta, il Moschetti (1929-30); Gallerani 1999a, 187-8; Gallerani 1999b, 77-9.
30
31 Con i vacat indico le parti occultate dalle figure davanti all’epigrafe. Si veda la fig. 3.
32 Nel testo della Ovetari il SIBI è reso con una S invertita. Nella trascrizione presente negli Additamenta in CIL V veniva invece letto come una C con una linea sopra.
Bassignano 1997, 68; Moschetti 1929-30, 232, f. 2.
Sorprende pensando alla cura e precisione del Mantegna e ancora più alla necessaria e lunga fase preparatoria (studi preparatori, cartone e spolvero) che prevedeva
l’esecuzione di un affresco.
33
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Figura 3 Restituzione a tratto di un particolare dell’affresco di A. Mantegna, San Giacomo
in giudizio, un tempo a Padova, Chiesa degli Eremitani, Cappella Ovetari (distrutto).
Disegno dell’Autore
ricostruire l’esatta disposizione in considerazione della varietà di versioni fornite dai testimoni, ma interessante per valutarne il rapporto
con il disegno di Bellini, si rileva come, probabilmente, nella ricostruzione ideale dell’iscrizione, la versione del Mantegna presentava almeno una riga in più o uno spazio vuoto prima della formula conclusiva.34
34 Non tratto della seconda iscrizione, posta sullo zoccolo dell’arco perché non è in
rapporto con l’iscrizione di Titus Pullius e non si ritrova nei fogli di Jacopo.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
Esiste poi una terza attestazione dell’iscrizione che, a quanto pare, godé di una certa fortuna in ambito artistico: la troviamo a decorazione del frontespizio di un incunabolo di Livio conservato35 oggi
presso la Österreichische Nationalbibliothek di Vienna.
CIL V 2528
T(ito) Pullio
T(iti) l(iberto)
Lino / IIIIII viro
aug(ustali) / Albia
L(uci) l(iberta)
Myrine / sibi et viro
v(iva) f(ecit)
Foglio 44
T. Pullio / T.
L. Lino / IIIIII
viro / aug / Albia L.
l. / Myrine / sibi et
viro / v. f.
Mantegna (Cappella
Ovetari)
T. Pullio / T. L.
Lino / IIIIIII(!)
vi vac36. / Aug
vac. / Albi
vac. / vac. / (sibi)37
et vac.
Inc. 5.C.9
V. f. / T. Pullio T. / l.
Lino IIIIII / viro aug.
Albia L. l. / Myrine
sibi et viro
Anche in questo caso la divisione delle righe è differente e addirittura la formula v(iva) f(ecit) è collocata all’inizio. Il testo per il resto corrisponde a quanto trasmesso dalla maggior parte delle fonti antiche.
Quello che risulta particolarmente interessante è l’aspetto del
supporto che differisce sia da quanto visto nel disegno del Louvre
che dall’affresco del Mantegna. Collocata nella parte inferiore destra del frontespizio, dopo la scena di un corteo bacchico, l’iscrizione è incisa sopra una classica ara decorata con ghirlande e una
protome maschile;38 mentre il testo è inserito all’interno di una tabella, eccetto che per la formula v(iva) f(ecit), collocata al di fuori,
nella parte superiore, ai due lati della protome. Al di sopra dell’ara, è poi rappresentato un bacile ricolmo di messi e un vaso terminante con una fiaccola accesa.
L’iscrizione CIL V 2528 è oggi perduta e tranne che per la testimonianza di Bellini, quella di Mantegna e dell’autore della miniatura,39
ignoriamo per completo come potesse essere decorata. Come si diceva, c’è da rilevare che la presenza dei fasci sopra uno dei due lati nel disegno del Louvre fornisce una soluzione plausibile, vista
la carica di seviro del personaggio, diversamente dalla più generica decorazione dell’incunabolo e soprattutto da quanto era visibile
35 T. Livius, Historiae Romanae I III IV decades, Ed: Johannes Andreas, Vindelinus
de Spira, Venetiis 1470 (Inc. 5.C.9). Vd. Bassignano 1997, 68-9. Gallerani 1999a, 186.
36 Con i vacat indico le parti occultate dalle figure davanti all’epigrafe.
37 Nel testo della Ovetari il Sibi è reso con una S invertita. Nella trascrizione presente negli Additamenta in CIL V veniva invece letto come una C con una linea sopra. Bassignano 1997, 68; Moschetti 1929-30, 232, f. 2.
38 Simile a quanto si vedrà per il disegno del Bellini dell’iscrizione CIL V 2553.
Si attribuisce alla mano del cosiddetto Maestro dei Putti. Bassignano 1997, 69;
Gallerani 1999a, 186 nota 32.
39
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
nell’affresco del Mantegna: due profili maschili clipeati, nella parte superiore del testo, a fronte di una iscrizione dove vengono nominati due sposi. Si è rilevato40 che proprio al di sopra della iscrizione di Titus Pullius Linus, Jacopo Bellini riproduce il fronte ed il
retro di un sesterzio di Domiziano.41 Questo particolare ha portato ad ipotizzare che questa immagine sia alla base della invenzione delle due teste di profilo clipeate presenti a decorazione dell’epigrafe nell’affresco.42
I legami tra Mantegna e Bellini sono certi a partire dal 1453,
anno in cui il pittore sposò la figlia di Jacopo, Nicolosia, mentre la
prima fase degli Affreschi alla Ovetari, all’interno della quale si
deve collocare anche la scena del giudizio di San Giacomo, è certo precedente, senza che però questo renda improbabile dei contatti pregressi,43 anche sulla base del comune interesse con Jacopo
per le antichità romane e la precoce fama acquisita dal Mantegna.
Si deve rilevare d’altro canto che l’intento di ‘ricostruire l’antico’ anche attraverso una sapiente opera di combinazione e riutilizzo di elementi originali è una costante della presenza di antichità nell’opera del Mantegna. Anzi, se si osserva l’iscrizione di Pullio
pensando al ‘Mantegna epigrafista’ è rilevabile che in questa fase44
accanto ad un autentico gusto per gli aspetti grafici dell’antico, il
pittore sembra non avere intenzione di riprodurre ‘filologicamente’ il monumento, ma di inserirlo in un contesto plausibile, abbellendolo ‘all’antica’, con una ferrea determinazione di ricreare un
mondo che forse, per quel che restava non suscitava entusiasmo.45
L’iscrizione CIL V 2669 consente di vedere e confrontare il disegno di Bellini con una iscrizione che ci è pervenuta: si tratta dell’epitaffio posto dal liberto Titus Pomponenus Gratus alla liberta Clo-
40
Gallerani 1999a, 186 ss.
41 RIC 397. A margine si deve notare che mentre il pittore riproduce la legenda del
retro, Germania Capta S. C., non riporta nulla di quella sul fronte, forse perché il testo,
tutto continuo senza alcun segno distinguente, rappresentava un’incognita. Per il resto Bellini riproduceva del profilo perfino i particolari come l’egida.
Corrado Ricci, in uno studio dedicato all’album del Louvre, avanzava l’ipotesi che
l’ispirazione per le due teste clipeate fosse invece il disegno dell’iscrizione di Metellia
Prima che, in effetti, è proprio accanto a quella di Pullio nel foglio del Louvre, cf. Ricci 1908, 70.
42
43 Contra Tosetti Grandi 2010, 281-2.
44 Circa 10 anni dopo Felice Feliciano dedicherà la sua famosa Sylloge al Mantegna
ricordando una celebre gita (23-24 settembre 1464) a caccia di epigrafi compiuta da lui,
dal pittore, dal Marcanova e da Samuele da Tradate, resta plausibile ipotizzare dunque
che per quella epoca il pittore avesse ulteriormente approfondito il suo interesse per
l’antico e la sua esperienza in ambito epigrafico.
Resta significativo che Mantegna non parli di monumenti e antichità nelle lettere
scritte durante il suo soggiorno a Roma (1487-90).
45
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
dia Arche, sopravvissuta allo scorrere dei secoli ed oggi conservata
a Vienna, al Kunsthistorisches Museum.46
CIL V 2669
T(itus) Pomponenus / (mulieris)
l(ibertus) Gratus / Clodiae C(ai)
[l(ibertae)] / Arche / t(estamento) f(ieri)
[i(ussit)]
Foglio 44
T. Pomponenus / (mulieris) l(ibertus)
Gratus / Clodiae C. [- ] / Arch47 / t. f.48
La trascrizione non solo risulta accurata,49 rispettando sia la reale
divisione delle righe che il testo (compresa la C rovesciata alla riga
2) ma tiene conto della frattura che, a quanto risulta dal disegno, è
da datarsi dunque già fin da questa epoca. L’apparato iconografico
è riprodotto in ogni suo aspetto con grande precisione nei dettagli.
Chiude la serie un’altra iscrizione oggi perduta di Este, CIL V 2553.
CIL V 2553
M(arco) Acutio M(arci) f(ilio)
Rom(ilia) / Marcello C(aio)
Acutio / M(arci) f(ilio) Rom(ilia) / Se[c]
undo
Foglio 44
M. Acutio M. Rom. / Marcello C. Acuts / M.
f. Rom. / Secundo
La trascrizione non risulta perfetta: r. 1 omissione di f(ilio); r. 2 Acuts
per Acutio.
Vi è però una particolare cura nella resa del monumento. Jacopo
Bellini riproduce un cippo circolare ornato con festoni e un mascherone. Al di sopra, secondo le già descritte abitudini dell’epoca, colloca un gruppo statuario composto da due menadi intente a danzare
e suonare. Tralasciando però questa parte superiore che, si è detto,
non deve essere considerata come realmente facente parte del monumento, possiamo notare che non solo la descrizione trova corrispondenza nella indicazione presente nel volume del CIL «corollae
cum personis»50 ma in special modo si ritrova nella incisione ediL’iscrizione, un tempo vista dai testimoni presso Monselice (Padova), è conservata oggi presso il museo viennese (nr. di inventario III 1148). Una buona foto è visibile
attualmente sul sito Ubi erat Lupa dove è schedata con il nr. 9588: http://www.ubierat-lupa.org/monument.php?id=9588 (2019-12-12).
46
47 Nell’iscrizione la E finale è quasi totalmente scomparsa a causa della frattura, giustificando l’assenza nel disegno del Bellini.
48 Interessante che nonostante la frattura il disegno riporti la F finale, all’ultima riga, che pertanto andrebbe intesa come una integrazione.
Diversamente dal Marcanova che nel Cod. α L. 5. 15, Lat. 992 riportava (f. 160) solo la prima parte del testo e non corretta: T. Pomponenus D. L. Gratus.
49
50 Curiosamente corrisponde anche alla decorazione dell’ara di Tito Pullio Lino nella miniatura dell’incunabolo oggi a Vienna (vedi sopra).
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
ta da Sertorio Orsato nei suoi Monumenta Patavina (1652).51 La resa
del monumento è precisa a tal punto da indicare anche la presenza
della C nana52 nell’ultima riga, come conferma l’incisione nel volume dell’Orsato e come indicato anche nella schedatura nel Corpus.53
In conclusione, tenendo conto del fatto che l’album del Louvre contiene disegni di periodi diversi, con differenze stilistiche che gli studiosi hanno potuto apprezzare anche in altri fogli tra loro accostati, penso che si possa notare una certa discrepanza di qualità anche
tra il foglio 44 ed il foglio 45, riflesso forse di una esperienza dell’antico che andava consolidandosi di pari passo con una maggiore accuratezza di resa.
Se pur nel foglio 45 le iscrizioni di Marcus Eppius e di Lucretia
Placida presentino una buona fedeltà al testo originale e, per quanto
riguarda la prima, un plausibile apparato decorativo,54 il caso dell’iscrizione dell’arco dei Gavi e ancora di più l’obelisco Vaticano suggeriscono non solo la dipendenza da altre fonti, dunque non un controllo di prima mano del monumento, ma anche una maggiore incertezza
nell’intendere il senso del testo e nel distribuirlo nello spazio in un
modo compatibile all’armonia delle più eleganti iscrizioni romane.
Il foglio 44 invece non solo mostra una più accurata trascrizione
dei testi (pressoché corretti eccetto per qualche minore sbavatura
nell’altare di Marcus Acutius) e dell’apparato iconografico (che trova conferma nella sopravvissuta iscrizione di Titus Pomponenus Gratus e nella testimonianza del Marcanova della iscrizione bresciana),
ma è apprezzabile anche una più solida consapevolezza di come impaginare con pulizia un testo, tanto da far pensare in questo caso
che tutte e quattro le iscrizioni possano essere frutto di una visione diretta o almeno che derivino da una ottima descrizione da parte di una fonte ignota.55
Se dunque per il foglio 45 possiamo avere forti dubbi anche per
l’apparato decorativo dell’iscrizione di Marcus Eppius, dato che è seguita da una iscrizione priva di decorazione e da due evidentemente decorate a fantasia, il foglio 44 restituisce immagini affidabili (se
51 Orsato 1652, 61.
52
Piccole anche la D e la O ma sembrerebbe più una necessità di spazio.
53 L’indicazione della C nana nella scheda del CIL è stata a volte malintesa come indicazione di una integrazione: Se[c]undo.
54 Sempre escludendo ovviamente le statue poste al di sopra delle iscrizioni che pe-
rò, nel caso del foglio 44, si ritrovano solo nell’iscrizione di Marcus Acutius Marcellus
che probabilmente si prestava a tale aggiunta essendo priva di ulteriori decorazioni
nella parte alta, a differenza delle altre tre iscrizioni riprodotte.
55 Complesso immaginare chi potesse averne fornito così chiara immagine, le discre-
panze potrebbero spingere ad escludere il Marcanova e Felice Feliciano. Sulla questione se siano iscrizioni disegnate dal vero o dipendano da altre fonti, in particolare per
l’iscrizione di Metellia Prima, si veda Fortini Brown 1992, 69-71 e nota 19.
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Le iscrizioni dell’album del Louvre di Jacopo Bellini
non certe quando confermate dall’esistenza del monumento): che l’iscrizione di Titus Pullius Linus presentasse una serie di fasci sul fianco è perfettamente plausibile,56 dato che egli ricoprì sevirato; così la
decorazione dell’iscrizione di Metellia Prima trova conferma in Marcanova e in un parallelo della zona; analogamente l’altare di Marcus
Acutius Marcellus trova corrispondenza57 in descrizioni per iscritto,
ma anche nel controllo fatto secoli dopo da Sertorio Orsato. Queste
riflessioni mi spingono a ritenere, almeno per il foglio 44, più che attendibili i disegni di Bellini che riproducono tre epigrafi oggi scomparse. Tutto questo a riprova di quanto possano essere ancora preziose, ai fini dello studio scientifico di iscrizioni andate smarrite e
probabilmente irrimediabilmente perdute, le fonti manoscritte come
i due fogli dell’album del Louvre.
Abbreviazioni
CIL
EDR
RIC
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Contra Moschetti sia per la rappresentazione del Bellini che per quella del Mantegna, Moschetti 1929-30, 234-6. Per la miniatura altrettanto contrario era il parere di
Billanovich, Billanovich 1969, 243.
56
57 Ovviamente non sono mai riproduzioni ‘fotografiche’, il pittore compie sempre un
abbellimento secondo le sue capacità, la stessa iscrizione di Pompenus Gratus risulta,
confrontata con l’originale, più elegante di fattura.
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