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Efrem il Siro

in A. di Berardino, G. Fedalto & M. Simonetti (eds.), Letteratura patristica (Dizionari San Paolo), Edizioni San Paolo, Cinisello Balsamo, 2007, pp. 469-474

Anche chiamato Efrem di Nisibi, è il più importante teologo del cristianesimo di lingua siriaca del quarto secolo e il massimo poeta dell'epoca dei Padri.

Dizionario di lettura patristica, ed. Paoline, Milano 2006 Efrem il Siro (ca. 306 ‑ 373) Anche chiamato Efrem di Nisibi, è il più importante teologo del cristianesimo di lingua siriaca del quarto secolo e il massimo poeta dell’epoca dei Padri. Soprannominandolo “L’arpa dello Spirito”, le varie Chiese sire lo hanno sempre considerato quale rappresentante per eccellenza della tradizione cristiana di lingua siriaca che precedette le loro divisioni dogmatiche ed ecclesiastiche nei secoli successivi. Anche per gli studiosi moderni Efrem occupa una posizione unica, in quanto testimonia, con la sua vastissima opera di grande maturità letteraria e teologica, di una tradizione cristiana molto vicina alle radici giudaiche e orientali del cristianesimo. Nel cristianesimo occidentale Efrem fu conosciuto, come Ephraem Syrus, solo a partire dal ’400, grazie alle traduzioni di Ambrogio Traversari (1386‑1439) di testi greci lui attribuiti. Negli anni 1589‑1598 Gerard Vossius (1577‑1649) pubblicò un gran numero di altre traduzioni dal greco, mentre Edward Thwaithes (1677‑1711) curò la prima edizione di testi attribuiti a Efrem, anche questi in greco (1709). Come autore di testi siriaci Efrem fu conosciuto solo a partire del 1737, l’anno in cui lo studioso maronita Yūsūf Sim‘ān al‑Sīm‘ānī (Assemani, 1687‑1768) pubblicò il primo di tre volumi di testi siriaci contenuti nel suo Sancti Patris Nostri Ephraem Syri Opera Omnia (gli altri due volumi sono del 1740 e 1743, mentre nel 1732, 1743 e 1746 furono pubblicati tre volumi di testi greci). Dopo la pubblicazione di quattro volumi di testi armeni, curata dai Mekhitaristi di Venezia nel 1836 (Srboyn Efremi xorun suri matenagrut‘iwnk‘), la seconda metà del sec. XIX vide uscire le prime edizioni critiche di testi siriaci, notevolmente i quattro volumi di 1 Thomas Joseph Lamy, Sancti Ephraem Syri Hymni et Sermones (1882‑1902) che complementarono i tre volumi di Assemani con testi siriaci. Alla fine del ’800 cominciarono anche a uscire i primi brevi studi su Efrem, che furono seguiti fino alla metà del sec. XX da un miscuglio di studi che fecero uso indiscriminato di tutte le fonti letterarie disponibili. La pubblicazione critica delle opere efremiane conservate nel siriaco originale, realizzata principalmente dal monaco benedettino Edmund Beck dal 1955 fino al 1979 e quasi tutte pubblicate nel Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium (CSCO), diede finalmente una base testuale assai affidabile allo studio di Efrem e a un numero sempre crescente di traduzioni, anche italiane. Perciò, è solo da qualche decennio che Efrem attira sempre di più l’attenzione degli studiosi della letteratura patristica, grazie anche a un numero di brevi ma eccellenti studi introduttivi pubblicati negli anni 70 e 80 da Sebastian Brock, Robert Murray, André de Halleux e altri specialisti. La valutazione storica e teologica della produzione letteraria di Efrem è attualmente in pieno sviluppo. Partendo da schemi tradizionali quali il supposto divario tra la cultura intellettuale greca e quella biblico‑poetica orientale, molti studiosi hanno fino a pochi anni fa interpretato Efrem in chiave anti‑greca o addiritura anti‑intellettuale. Riducendo la forma letteraria dei suoi scritti a semplice involucro estetico‑didattico e identificando l’intelligenza umana (e quella teologica) col semplice pensiero razionale, si sono spesso ignorate sia l’importanza fondamentale della costruzione letteraria per il pensiero di Efrem, sia la straordinaria qualità intellettuale di questo suo pensiero. Grazie all’opera filosofico‑teologica di Tanios Bou Mansour, La pensée symbolique de saint Éphrem le Syrien (1988), e agli numerosi saggi letterari e retorici di Phil Botha (1988 fino a 2 oggi), è diventato possibile di avvicinarci molto di più al cuore o nodo del pensiero simbolico di Efrem. 1. Vita Efrem nacque a Nisibi (oggi Nusaybin, in Turchia sudorientale, ai confini con la Siria), o nei suoi dintorni, da genitori cristiani. Benché non ci sia alcun indizio sicuro, si è sempre supposto che sia nato verso gli anni 306/307. Nisibi era il principale centro commerciale internazionale sulla frontiera romana‑persiana e aveva un certo carattere cosmopolita. Il vescovo Giacomo, attivo tra il 303 circa et il 338, fondò a Nisibi una scuola esegetica e teologica, forse seguendo il modello delle scuole ebraiche della Mesopotamia, una delle quali esisteva allora da qualche decennio proprio a Nisibi. Efrem crebbe sotto la tutela di Giacomo, che lo ordinò diacono e lo chiamò a insegnare l’interpretazione cristiana delle Scritture alla sua scuola. Giacomo partecipò al Concilio di Nicea (321) ed Efrem lo celebra come colui che aveva generato la comunità cristiana niceana di Nisibi e datole un orientamento molto forte verso le Chiese dell’impero romano. Efrem apparteneva ai “Figli e Figlie del Patto” (bnay wa‑bnāt qyāmā), un’istituzione di vergini e di sposati votati a una vita di continenza che vivevano in città in piccole comunità, anche miste, e costituivano il cuore della chiesa siriaca. Sotto i successori di Giacomo, Efrem divenne il principale animatore della scuola di Nisibi e l’autore di innumerevoli madrāšē o “componimenti dottrinali”. Fu Efrem a introdurre l’istituzione innovativa del coro liturgico femminile delle Figlie del Patto, a cui affidava il compito di cantare questi madrāšē in quanto veicoli ufficiali dell’insegnamento ecclesiastico — fenomeno unico che nessun’altra tradizione cristiana all’infuori del mondo siriaco ha mai osato imitare. 3 Come il suo coetaneo più grande Afraate (ca. 270 – ca. 345), Efrem doveva mediare le antiche tradizioni cristiane della sua terra con le nuove correnti teologiche e i nuovi problemi di politica ecclesiastica. Tuttavia, non era soltanto la cristologia ariana in genere e il razionalismo radicale degli neo‑ariani di tipo eunomiano in particolare a scatenare la sua critica, ma anche altre correnti di pensiero. Infatti, egli polemizzava pure con marcioniti, manichei e bardesaniti, trattando argomenti come l’interpretazione veterotestamentaria, il libero arbitrio e vari temi filosofici quali la cosmologia platonica, stoica e bardaisanita, il rapporto tra Dio e spazio, e concetti come kyānā (natura) e āsōmā ā (concetti astratti). Dopo la sconfitta di Gioviano nel 363 i romani si trovarono costretti a cedere Nisibi ai Sassanidi (che più volte l’avevano assediata invano) e la comunità cristiana lasciò la città. Forse dopo un breve soggiorno ad Amida (oggi Diyarbakýr, sul fiume Tigri), Efrem si trasferì a Edessa (oggi Urfa), dove portò avanti la sua opera di poeta, esegeta e controversista. Secondo la Cronaca di Edessa Efrem vi morì il 9 giugno 373. 2. Opere A seguito di Beck si è pensato di poter chiaramente distinguere due periodi nella produzione letteraria di Efrem: un lungo periodo nisibeno di carattere piuttosto pacifico e “primitivo” (306‑363), e il decennio finale della sua vita (363‑373) caratterizzato da un’intensa attività polemica e un da un pensiero teologico più sviluppato. Questa congettura esclude uno sviluppo graduale della visione teologica di Efrem che, invece, sarebbe stata profondamente cambiata con il suo trasferimento ad Edessa. Recentemente vari studi hanno dimostrato la debolezza di questa ipotesi, che si basa su pochi indizzi vaghi ed è piuttosto semplicista. Le raccolte dei madrāše ai noi pervenute sono state fatte probabilemente solo dopo la sua morte e racchiudono spesso materiale molto eterogeneo che è difficilmente 4 classificabile e databile. Altre opere, come a esempio gli importantissimi cinque Discorsi per Ipazio, non sono mai stati studiati sistematicamente. Bisogna anche considerare che Efrem, per molti anni, è stato interpretato come un autore “semitico” completamente ignaro della cultura filosofica ellenistica, che soltanto nei suoi anni edesseni si è scontrato con una teologia ariana impregnata di schemi intellettuali nei confronti dei quali era mal preparato. Lo studio innovatore di Ute Possekel, Evidence of Greek Philosophical Concepts in the Writings of Ephrem the Syrian (CSCO 580), ha invece dimostrato che Efrem era partecipe della cultura filosofica diffusa nel vasto territorio orientale dell’impero romano e che ebbe addirittura occasione di vantarsene di fronte ai suoi avversari che considerava meno preparati di lui. Allo stato attuale della ricerca è quindi impossibile stabilire una cronologia delle opere di Efrem ed è preferibile classificarle secondo i loro generi letterari. Benché numerosi commenti scritturistici (turgāmē) vengono attribuiti ad Efrem (vedi den Biesen, Bibliography §§ 121‑154), sono considerati autentici solo il Commento sulla Genesi e il Commento sull’Esodo (Tonneau, CSCO 153), mentre il famoso Commento sul Diatessaron (Leloir, Commentaire de l’Évangile concordant, Dublin 1963) è stato edito dai suoi discepoli ed è solo parzialmente riducibile a lui. In traduzione armena sono stati conservati un Commento agli Atti degli Apostoli (Akinian, Meknut‘iwn gorgoc‘ aŕak‘eloc, Vienna 1921) e un Commento sulle Lettere di S. Paolo (Mekhitaristi, 1836), che sono appena stati studiati. Altri testi in prosa (Den Biesen, Bibliography §§ 155‑173) sono il Discorso su nostro Signore (Beck, CSCO 270), la Lettera a Publio (Brock, Le Muséon 1976), i cinque Discorsi per Ipazio e gli altri scritti raccolti nelle cosidette “Prose Refutations” (Mitchell, London 1912 e 1921). 5 Dei numerosi discorsi metrici (mēmrē) attribuiti a Efrem (Den Biesen, Bibliography §§ 47‑120) sono da ricordare qui i sei Discorsi sulla fede, che trattano soprattutto di temi cristologici in chiave anti‑ariana (Beck, CSCO 212), i Discorsi sulla Benedizione della Mensa, che si riferiscono all’eucaristia (Mariès e Froman, L’Orient Syrien 1959), e i Discorsi su Nicodemia, tramandati soltanto in traduzione armena, che danno un’interpretazione teologica del terremoto che nel 358 aveva devastato la città di Nicomedia, residenza imperiale (Renoux, PO 37,2‑3). La parte principale dell’opera di Efrem consiste di centinaia di madrāšē, raccolti in una quindicina di collezioni. Sono componimenti strofici di singolare qualità poetica che costituiscono la fonte principale per la nostra conoscenza del pensiero simbolico dell’autore. La collezione degli Inni di Nisibi (Beck, CSCO 218 e 240) raccoglie materiali assai diversi, giacché soltanto i primi 21 madrāšē si riferiscono alla città di nascita dell’autore, mentre gli altri 56 risalgono al periodo edesseno e trattano di vari temi. Gli Inni contro le dottrine erronee (Beck, CSCO 169) riflettono il suo confronto con il mondo religioso particolarmente eterogeneo della Siria romana, mentre la piccola collezione degli Inni contro Giuliano (Beck, CSCO 174) contiene le sue riflessioni sull’esperienza vissuta dai cristiani sotto Giuliano l’Apostata (361‑366). La vita liturgica della comunità di Efrem si riflette direttamente nelle raccolte Inni sulla natività (Beck, CSCO 186), Inni sugli azzimi, Inni sulla crocifissione e Inni sulla risurrezione (Beck, CSCO 248), e anche, pur indirettamente, negli Inni sul Digiuno (Beck, CSCO 246). Altre collezioni, come gli Inni sulla Chiesa (Beck, CSCO 198) e gli Inni sulla verginità (Beck, CSCO 223), trattano di una grande varietà di temi, anche se i loro titoli non rispecchiano questa ricchezza tematica. Questo è pure vero della collezione di madrāšē che è stata preservata in traduzione armena e che è chiamata Inni armeni (Mariès e Mercier, PO 30,1). La principale opera poetica di Efrem è senza dubbio la famosa 6 raccolta Inni sul Paradiso (Beck, CSCO 174) che comprende quindici madrāšē, composti come un’unica grande opera che rappresenta non soltanto la sua lettura di Gen 2 e 3, ma sintetizza le dimensioni protologiche, storiche/ecclesiali ed eschatologiche della sua teologia simbolica. Infine, gli Inni sulla fede raccolgono i madrāšē in cui Efrem si occupa esclusivamente dell’atteggiamento intellettuale e morale dei suoi contemporanei neo‑ariani. Già durante la sua vita alcune opere di Efrem furono tradotte in greco e si può dire che, per la quantità di traduzioni in tutte le lingue cristiane dell’antichità, è solo Giovanni Crisostomo a sorpassare Efrem. Esiste, in fatti, un enorme corpo di testi greci attribuiti a Efrem (conosciuto come Ephraem Graecus, vedi Geerard, CPG, pp. 366‑468), e anche numerevoli traduzioni armene, georgiane, arabe, slavoniche, latine, copte ed etiopiche (den Biesen, Bibliography §§ 10‑16). Grande parte di queste opere, finora poco studiate, sembra però essere spuria e presenta problemi di critica testuale e letteraria pressoché insolubili. 3. Arte poetica e pensiero simbolico Come accennato sopra, Efrem è generalmente considerato un autore anti‑ intellectualista, apofatico o semplicemente didattico e sprovvisto di qualsiasi profondità di pensiero. Attualmente però tali giudizi, sempre più criticati, sembrano derivare dall’incapacità di molti studiosi moderni, teologi e non, di concepire un modo di pensare diverso dal pensiero razionale e di apprezzare l’importanza fondamentale dell’arte della lingua con le sue molteplici strategie retoriche per la formulazione intellettuale della visione cristiana. Nell’interpretazione di un autore come Efrem, che ha prodotto una delle più vaste opere poetiche del cristianesimo, è in oltre in gioco il fatto che gli studi 7 patristici spesso si limitano a un approccio analitico‑descrittivo dei testi in quanto documenti storici e non approfondiscono il loro contenuto in una riflessione autonoma e creativa. Bou Mansour ha dimostrato che è impossibile interpretare il pensiero di Efrem se non si è capaci di «pensare in simboli», cioè di seguire e continuare i movimenti cognitivi scatenati dalla stessa struttura simbolica della realtà in cui viviamo. Efrem, infatti, concepisce la realtà di Dio, del mondo creato e degli esseri umani come un unico insieme fatto di rapporti analogici sia metafisici sia esistenziali e cognitivi. La Trinità e la creazione, la Bibbia e la storia della salvezza, la Chiesa e l’escatologia, tutte sono concepibili e interpretabili solo mediante il pensiero analogico, che rappresenta l’unico mezzo sia linguistico che intellettuale che ci rende capaci di scoprire ed esprimere la struttura stessa della realtà. L’aspetto apofatico del pensiero simbolico di Efrem è spesso stato evidenziato da studiosi che hanno preferito limitarsi ai polemici Inni sulla fede come principale fonte teologica, ignorandone le strategie retoriche e scambiando costruzioni letterarie per asserzioni dogmatiche. Bou Mansour ha spiegato che l’apofatismo di Efrem ha il lo solo scopo d’imporre all’aspetto catafatico gli indispensabili limiti e di mettere così il pensiero in grado di evitare la degenerazione in ideologia e di raggiungere pienamente il suo scopo, cioè la percezione ed espressione del mistero. Iniziando con una fase catafatica e passando poi per una fase apofatica, il pensiero simbolico di Efrem finisce con un’analogia e dimostra quanto sia sbagliato distinguere tra via affirmationis, via negationis e via eminentiae come tre tipi diversi di teologia. Per Efrem il pensiero simbolico è identico con l’essenza della teologia cristiana e allo stesso tempo con l’autentico pensiero umano. Nelle sue invettive contro il razionalismo neo‑ariano attacca proprio la loro idolatria del pensiero astratto e unidimensionale, che non percepisce la 8 struttura simbolica della realtà, è incapace di autolimitarsi, non rispetta il mistero ed è non soltanto futile ma anche destruttiva e priva di qualsiasi valore salvifico. Analizzando il pensiero efremiano dal punto di vista letterario, Botha ha dimostrato che la sua costruzione retorica calca la stessa struttura analogica del mondo che il suo simbolismo cerca di esprimere. Anzi, Efrem costruisce gran parte del suo simbolismo teologico proprio in vista della sua retorica. Non c’è pensiero simbolico senza l’arte della parola, ed è precisamente questa interazione di arte letteraria e pensiero analogico a determinare le dinamiche essenziali della dottrina trinitaria e cristologica di Efrem, della sua soteriologia ed esegesi, ecclesiologia e dottrina sacramentaria, protologia ed eschatologia, ascesi e morale. In questa visione universale la realtà ha due dimensioni simboliche che coincidono in Cristo. La dimensione ontologica o verticale rappresenta il simbolismo naturale, che dal creato ci conduce al Creatore; la dimensione temporale od orizzontale rappresenta il simbolismo tipologico, che ci conduce dal Paradiso originale a quello finale attraverso tutta la storia della salvezza. Cristo, il Dio fatto uomo, l’Alfa e l’Omega, è colui in cui si adempiono tutte le prefigurazioni e in cui viene rivelato il significato di tutti i simboli. Per quanto è presente nella vita dei cristiani e della loro comunità, Cristo dà origine a un terzo genere di simbolismo ancora più importante, e cioè quello iniziatico e sacramentale che viene attualizzato nella liturgia. Nella celebrazione liturgica, infatti, spazio e tempo coincidono in un unico hic et hodie sacro che costituisce la piena rivelazione della potenza simbolica di tutto il creato. La liturgia è la culla dell’arte retorica e intellettuale del pensiero simbolico di Efrem ed è in essa che la sua opera trova il suo clima connaturale, artisticamente, intellettualmente e spiritualmente. In ultima analisi è la stessa liturgia a venir 9 creata dalle arti di architettura, coreografia, vestimenti, parola, musica e icone. Pertanto, gli scritti di Efrem esprimono una teologia cristiana fatta di dottrina, esegesi, retorica, poesia e spiritualità, che è totalmente immersa in un mondo rituale che attinge i suoi elementi costitutivi dalle arti, dal tessuto letterario della Bibbia e dai contenuti archetipici dell’inconscio umano. 10 Bibliografia Tutti i repertori bibliografici anteriori sono stati inclusi in K. den Biesen, Bibliography of Ephrem the Syrian, Giove in Umbria 2002, che presenta 169 edizioni e più di 1800 studi. Contiene l’elenco di tutte le opere in siriaco attribuite a Efrem (§§ 17‑173), indicando edizioni, traduzioni antiche e moderne, e studi. Segue un elenco di 75 opere di Ephraem Graecus (§§ 174‑250) e di alcune opere di Ephraem Latinus (§§ 251‑254). Sull’autenticità degli scritti attribuiti a Efrem, vedi J. Melki, ‘Saint Éphrem le Syrien, un bilan de l’édition critique’, in PdL 11 (1983) 3‑88. Vita e opere B. Outtier, ‘Saint Éphrem d’après ses biographies et ses oeuvres’, in PdL 4 (1973) 11‑33; W. Cramer, ‘Efrem (Afrēm), diacono, santo’, in DIP 3, Roma 1976, 1068‑1071; J. Gribomont, ‘Efrem Greco’, in DIP 3, Roma, 1976, 1071‑1073; R. Murray, ‘Ephräm Syrus’, in TRE 9 (1982) 755‑762; A. de Halleux, ‘Saint Éphrem le Syrien’, in RTL 14 (1983) 328‑355; A. Camplani, ‘Sant’Efrem’, in G. Bosio, E. Dal Covolo, & M. Maritano (eds.), Introduzione ai Padri della Chiesa. Secoli III e IV, Torino 1993, 457‑477. Introduzioni al pensiero R. Murray, Symbols of Church and Kingdom, Piscataway N.J. 22004; T. Bou Mansour, La pensée symbolique de Saint Éphrem le Syrien, Kaslik 1988 (vedi la discussione in den Biesen, Simple and Bold, cap. 1 e 6); S.P. Brock, L’occhio luminoso: la visione spirituale di sant’Efrem, Roma 1999; K. den Biesen, Simple and Bold: Ephrem’s Art of Symbolic Thought, Piscataway N.J. 2006. Per gli studi di P. Botha, vedi den Biesen, Bibliography, 149‑151, e Simple and Bold¸cap. 2. Traduzioni italiane S.P. Brock, L’arpa dello Spirito: Efrem il Siro. Diciotti poemi, Roma 1999; I. De Francesco, Efrem il Siro, Inni pasquali: Sugli azzimi, Sulla crocifissione, Sulla risurrezione, Milano 2001; I. De Francesco, Efrem il Siro. La gioia della mensa. «Memre» sulla benedizione della mensa, Monastero di Bose, Magnano 2002; E. Vergani, Efrem il Siro. Le arpe del Signore. Inni sulla verginità 27‑30, 11 Monastero di Bose, Magnano 1996; E. Vergani, Efrem il Siro, Il dono della perla: Gli inni sulla perla, Monastero di Bose, Magnano 2005. 12