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Il Trovatello di Heinrich von Kleist – Analisi critica

Gran parte del fascino di Kleist risiede nella sua ambivalenza tra il genio e la sregolatezza, e nonostante siano stati condotti studi d'ogni genere (psicoanalitico, sociologico, biografico), la sua figura rimane ancora avvolta in un'aurea di mistero che l'autore trasla direttamente sui personaggi da lui creati: questi sono sempre dotati di una sensibilità acutissima (basta un piccolo fattore emotivo per frantumare certezze e stabilità mentali), talmente recettiva che sfiora la patologia. Personaggi sempre immersi in un'atmosfera magica, nella quale è facile oltrepassare il limite dell'ordinarietà mentale e cadere nel campo del delirio e dell'allucinazione, spiazzati come sono da una realtà di cui non sanno accettare le coordinate.

Maselli Matteo Il Trovatello di Heinrich von Kleist – Analisi critica Gran parte del fascino di Kleist risiede nella sua ambivalenza tra il genio e la sregolatezza, e nonostante sia o stati o dotti studi d’og i ge e e psi oa aliti o, so iologi o, iog afi o , la sua figu a i a e a o a avvolta i u ’au ea di iste o he l’auto e t asla di etta e te sui pe so aggi da lui eati: uesti so o sempre dotati di una sensibilità acutissima (basta un piccolo fattore emotivo per frantumare certezze e stabilità mentali), talmente recettiva che sfiora la patologia. Pe so aggi se p e i e si i u ’at osfe a agi a, ella uale fa ile olt epassa e il li ite dell’o di a ietà e tale e ade e el a po del deli io e dell’allu i azio e, spiazzati o e so o da u a ealtà di ui o sa o a etta e le oo di ate. A he i uesto a o to pa ti ola e te hia a l’asse za di a o ia psi ologi a i Kleist. La a a za di misura porta alla creazione di violente pagine che lo opporranno a Goethe, il nume classico per eccellenza, che Kleist venerava servilmente, per poi odiare furiosamente, ferito com' era rimasto dal rifiuto del supremo poeta, disgustato dalle sue rappresentazioni dell' orrore. Ossessionato dalla verità e sconvolto dalla tesi kantiana secondo cui la verità oggettiva è inconoscibile, Kleist racconta con violenta intensità il tragico momento che sconvolge la vita di un uomo quando la sua certezza viene improvvisamente meno, smentita dalla realtà stessa. (es. la Marchesa di O. violentata in stato d' incoscienza, si trova persa nel contrasto tra la convinzione di non aver avuto rapporti con alcun uomo e la certezza di essere incinta). L’i o t o o Ka t s o volge Kleist pe h apis e he la ve ità i aggiu gi ile i ua to og i conoscenza è condizionata dal pensiero umano. Con leggere trasmutazioni letterarie, questo stesso pensiero potrebbe essere alla base del motivo per il quale Kleist introduce la forza travolgente di Nicolò nel condizionare i sentimenti degli altri presentandolo mascherato (Elvira sviene quando lo vede travestito). La maschera di Colino potrebbe essere una rappresentazione concreta di quella che decenni dopo, Jung defi i à Pe so a . Pe Ju g l’uo o i dossa gio al e te u a as he a Pe so a , he as o de il ost o vero essere. La Persona non è reale, perché è un compromesso tra individuo e società: l'individuo si presenta come la società gli dice di essere (appunto la conoscenza è condizionata dal pensiero umano). L’uo o a etta i sugge i e ti sul vive e gio alie o p oposti dalla so ietà, pe h iò fu zio ale al suo adattamento. Ciò comporta, però, dei rischi: la Persona può identificarsi con l'Io. Quando ciò avviene, l’uo o pe de la sua i hezza affettiva, e ozio ale e og itiva, a iva do a o pie e delle azio i he lo annienteranno. Ciò avviene con Nicolò quando sfruttando la maschera di Colino, identificandosi nel cavaliere genovese, decide di tendere verso una passione carnale nei confronti di Elvira, che lo porterà alla morte. Nel T ovatello l’utilizzo del t avesti e to las ia i tatta la fu zio e della eazio e di u o st ato di mistero. Nel testo ito a o oggetti he i hia a o l’at osfe a di vaghezza e os u ità, o e la t ipli e o pa sa delle chiavi, strumento che garantisce per antonomasia la segretezza: Nicolò cerca il mazzo di chiavi tra le vesti di Elvira svenuta al ritorno dalla festa del carnevale; Elvira entra in camera di Nicolò e la chiude a chiave; Piachi apre la porta della stanza da letto della moglie chiusa a chiave e scopre i perversi intenti di Nicolò. La funzione della maschera, però, non è solo quella di celare, nascondere. Non funge da pura ed es lusiva ope tu a fisi a, a a ifesta. E’ u ’epifa ia dei deside i di Elvi a, he pa la alla affigu azio e pitto i a delle as he a hia a dola Coli o . Dato he Elvi a o ha ai pa lato dell’uo o he la salvò quando era una bambina, è necessario che il ricordo posseduto abbia una rappresentazione concreta (scritta o figurativa) per coinvolgere o sconvolgere il lettore. Ma il travestimento manifesta anche altro, ovve o gli i te ti e o diti dell’a i o di Ni olò: è con lo svenimento di Elvira dinanzi alla manifestazione di Ni olò t avestito, he l’adottivo figlio può te ta e di a usa e fisi a e te della do a, fa e do p e ipita e la s e a al suo ul i e fi ale. E’ evide te he, ua do Ni olò i dossa la as he a del cavaliere genovese, è descritto il desiderio del ragazzo di cambiare identità e di identificare se stesso nel ritratto che Elvira ha in camera. Il trovatello continua a riscrive la sua identità raggruppando le lettere del suo nome per dar vita a quello di Colino, che ha un grosso effetto emotivo su Elvira. Finché la figura di Colino funziona come canale di att azio e, a Ni olò o i po ta l’esse e o il o esse e eal e te uel agazzo. I uest’otti a, Coli o una figura neutrale, perché la sua somiglianza con Nicolò, o viceversa, è solo questione di prospettiva o punti di vista: fino a quando non viene rivelato apertamente il nome del giovane, che esclude Nicolò da ogni passione di Elvira, si poteva benissimo pensare che Nicolò potesse essere un alterego di Colino. Nel racconto di Kleist sembra tornare il mito greco di Pigmalione e Galatea: Pigmalione innamorato di Afrodite, fabbrica una statua a sua immagine e somiglianza, Galatea, che fa giacere accanto a se nel letto nuziale. La statua riceverà la vita solo att ave so l’i te ve to divi o: app ese te à la dea, a sa à u a sua copia e non si potrà mai identificare a pieno con essa. Lo stesso avviene nel Trovatello, dove figure inanimate sono sostituite da figure animate: Nicolò sostituisce il morto Paolo; agli occhi di Elvira Nicolò sostituis e il o to Coli o e lo stesso Ni olò o ette l’e o e di ide tifi a si o il defu to avalie e genovese. Ciò i po ta a iflette e sulle diffe e ti sfu atu e he può assu e e il te i e sostitui e , ui esso in elazio e o la fa iglia Pia hi. Ne essa ie al u e p e esse. Pa la do di sostituzio e , il sostitue te (Nicolò) dovrebbe riproporre, non necessariamente allo stesso livello, le medesime cose che erano proposte dal sostituto (Paolo). Ciò che fanno Elvira e Piachi per Nicolò dimostra che da parte dei genitori adottivi c'è l'intento di sostituzione: sono convinti di poter donare lo stesso affetto ad un figlio biologicamente non loro. Ma dal punto di vista del giovane non sembra esserci la stessa intenzione. Nicolò non sostituisce Paolo, ma riempie un vuoto lasciato dalla sua morte. Un riempire totalmente passivo. Non a caso, il ruolo di Nicolò nella famiglia Piachi non è mai del tutto chiaro: prima è il sostituito adottato di un bambino morto e al tempo stesso lo speculato di un ipotetico figlio di Elvira; successivamente assume il ruolo di potenziale amante della donna, facendo concorrenza a Piachi per il ruolo di Pater Familias (in questo modo si spiegherebbe anche la scena del funerale di Costanza e il macabro scherzo ordito da Piachi nei confronti di Nicolò: ribadire il ruolo di pater familias sul figlio disobbediente). Una conferma del passivo riempire un vuoto da parte di Nicolò la si ha quando Elvira sviene perché vede il giovane entrare in casa travestito come colui che tempo addietro le salvò la vita. Il non immediato soccorso di Nicolò nei confronti di Elvira svenuta conferma il fatto che Nicolò non ha intenzione di sostituire Paolo. Se avesse sostituito Paolo, avrebbe immediatamente aiutato la donna: un qualsiasi figlio che ha un buon rapporto con la p op ia ad e e fi o a uel o e to Elvi a aveva fatto di tutto pe da vita ad u uo appo to , l’aiuta in momenti di difficoltà, soprattutto se il dolore del genitore è provocato proprio dal figlio (qui Nicolò è passivo . E’ u o pa i e del p otago ista total e te opposto, pe i te ti e odalità di ese uzio e, alla a o i ità adottata da Kleist: l’e oe a geli o he si p odiga fi da su ito el so o e e il isog oso di tu o (si veda ad esempio il primo arrivo del Conte F. nella Marchesa di O…) . Nonostante ciò, la relazione tra Elvira e Nicolò è talmente forte che diviene strumento di auto identificazione di entrambi i personaggi. Risulta comunque difficile specificare il tipo di relazione tra i due. Si sarebbe portati a definirli sconsiderati amanti che non trovano una corrispondenza sociale alla loro passione extraconiugale (la società non avrebbe mai accettato una relazione tra due amanti, per di più con legami di parentela). Tuttavia, si potrebbe considerare la loro passione come il socialmente accettato amore in senso romantico, quello in cui il desiderio della sessualità vince sulla paura di una morte incombete nata da quelle azioni passionali. Nicolò, seppure decide di mettere in atto il suo piano i estuoso i asse za di Pia hi, sa i is hi he o e, a l’i po ta te aggiu ge e il pia o della sessualità, anche se questa potrebbe presupporre la morte, che sopraggiungerà come vendetta dello stesso Piachi. Anche Nicolò vorrà assaporare la ve detta ei o f o ti di Elvi a. La sua u a so ta di ve detta etafisi a : Ni olò usa o e pu to di pa te za pe la ve detta ual osa di ui o e to. Tutto uota intorno a supposizioni. Normale questo sentimento se si tiene conto che il rapporto tra Elvira e Nicolò è impostato anche sulla classica antiteticità amore-odio. Anche in questo caso si tratta di una sfumatura caratteriale che rientra nei tentativi di trovare una identità. Elvira nasconde la sua vera essenza passionale incarnata in un ritratto nella sua camera da letto, ma al tempo stesso nutre un intenso interesse nella vita sessuale di Nicolò. Ed è proprio quando Nicolò si rende conto che Elvira sta iniziando a introdursi nella sua privacy che le sue emozioni indirizzate alla donna iniziano a cambiare (primo capoverso pag. 910). Elvira risulta essere infastidita dalle movimentate attività sessuali di Nicolò, perché, pur non dandolo a vedere, è una donna repressa che ha una non soddisfacente vita sessuale con Piachi. Anche nel Trovatello la repressione erotica conduce alla malattia. Al di là della Peste Nera (Black Death), espediente letterario per innescare gli eventi narrati e chiaro riferimento alla cornice decameroniana di Boccaccio, interessanti sono gli sviluppi delle malattie psicologiche che attanagliano i personaggi qui presentati. In Elvira si sviluppano reazioni nervose nate a seguito di un possibile trauma infantile. Elvira deve aff o ta e la o te di olui he l’ha salvata e del uale si i a o ato. Eppu e, diet o i pia ti per la morte di Colino, Elvira sviluppa una solida temperanza che viene, però, scalfita alla ricomparsa di Colino t avesti e to di Ni olò . Il t au a i fa tile aggiu ge la sua defi itiva atu azio e ell’ulti o o f o to con la controparte maschile (scena di Nicolò ed Elvira nella stanza da letto), che ha un effetto fatale sulla do a: Elvi a o i à a seguito di u a u ia te fe e so ta dope le o itate fasi di uell’i o t o. La agio e dell’i te sità di tale alattia, pot e e de iva e dalla ep essio e del desiderio sessuale. Come Elvira, anche Nicolò in molti casi assume un comportamento pacato e congruo alle buone norme, ma ciò non esclude la comparsa di segni di una fragilità psicologica: ne è un esempio il mutevole atteggiamento che spesso ha nei confronti di Saveria (ad esempio, si imbarazza e impallidisce alla rivelazione del nome dell’uo o a ato da Elvi a . Ciò o fe a he la ep essio e del deside io e oti o o du e alla alattia e a pe tu azio i psi hi he: l’E os pulsio e alla vita sostituito dal Thanatos (pulsione alla morte). Il piacere sessuale è inoltre implicitamente menzionato da Kleist facendo riferimento alla metafora della frusta nella vita di Elvira, trasposta in fendenti di vento nel momento del salvataggio di una Elvira bambina. La frusta, che ritorna concretamente nelle scene finali del racconto è anche un sostituto materiale della o u i azio e ve ale el o e to i ui Pia hi, di a zi all’i ipie te s e a di adulte io, la p e de dalla parete della camera da letto e la mostra a Nicolò in segno di minaccia. La frusta, quindi, apparentemente riguarda potere e sessualità, ma la sua è una funzione meramente speculativa, in quanto non è mai effettivamente usata, facendo solo da monito ai lettori più spregiudicati. Proprio il mancato utilizzo dell’oggetto e de pu a e te ipoteti a uesta iflessio e. Non ci sono freni inibitori nel racconto e tutti i tentativi di identificazione morale sono vani: seppure la voce a a te usa la te i ologia o ale, l’esito fi ale o o fo ta te. U ese pio di etto di te i ologia o ale il o e della a i a di “ave ia, o a al e te asuale: Chia a. Il ife i e to alla pu ezza e al a do e assu e u peso ileva te all’i te o della a azio e i ua to p op io la a i a he spala a la me te di Ni olò alla passio e ei o f o ti di Elvi a. E’ Chia a, i fatti, a oglie e la so iglia za fisi a t a Nicolò e il cavaliere genovese quando il trovatello mostra il quadro gelosamente custodito da Elvira a Saveria. La stessa struttura della tradizionale morale cristiana viene distrutta nel testo. I personaggi del a o to, i fatti, o so o o fo i alle t adizio ali o e istia e: o ’ la figu a del assi u a te Dio dietro i personaggi di Kleist che potrebbero porre fine alle circostanze ambigue da loro spesso create e a nulla servono i sottili riferimenti cristologici disseminati nel corso della narrazione (ricorrenza del sacro u e o 3: Paolo uo e dopo t e gio i dall’ave o t atto la peste, Coli o uo e dopo t e a i di sofferenza, Piachi ifiuta pe t e gio i o se utivi l’assoluzio e . La a a za della p ese za divi a ei pe so aggi di Kleist el a o to as e o la as ita dei pe so aggi stessi. I fatti il aos, l’i fe o, la to a minacciano di divorare le figure klaistiane, perché queste le portano costantemente dentro di se. Lo stesso Nicolò è giudicato ambiguamente quando entra nella vita del commerciante: è un orfano descritto come il figlio di Dio, eppu e Paolo, figlio di Pia hi, uo e a he a ausa sua. “e all’i izio del lavo o si scorgono ostacoli imposti dalla legge umana nei confronti di una qualsiasi forma di gentilezza e altruismo (Piachi, Nicolò e Paolo vengono arrestati perché vigeva il divieto di trasportare gente infetta), successivamente ci sa à a he u a e o di i giustizia divi a: uo e Paolo a o Ni olò. “eppu att ave so vie to tuose, alla fine, per Piachi, però, ci sarà un congiungersi di giustizia umana (impiccagione per l'assassinio commesso) e divina (punizione infernale) che, se prima si opponevano alla sua "felicità", ora concorrono per fargliela ottenere: solo andando all'inferno potrà vendicarsi ulteriormente di Nicolò e per farlo deve essere giustiziato. E' il motivo del doppio tanto amato da Kleist e ampiamente sviluppato con il tema della maschera. Fin dalla sua prima comparsa, Nicolò mostra caratteristiche associabili alla figura del demonio, così come è des itto elle t adizio i folklo isti he: apelli e i, he spa a e a gia o i. L’idea e e tata dalla chiesa dipinta in modo corrotto. L'agire corretto di Piachi non poteva combaciare con questo scenario: egli si oppone ad ogni forma di bigotteria. Paradossalmente agirà "correttamente" anche uccidendo Nicolò. Giustamente in ottica vendicativa (A fa un torto a B > B punisce A). Forse, implicitamente anche Elvira si oppone al mondo della chiesa (intesa come istituzione e non come credo) quando rimprovera al figlio la precoce inclinazione per il sesso femminile (relativamente precoce per le abitudini del tempo). La donna si oppone a questi desideri sia perché avrebbero minato i matrimoni combinati (e tutto ciò che ne conseguiva), sia perché il concubinaggio era una delle più scandalose critiche lanciate al mondo ecclesiastico. Notazioni di stile - La lingua di Kleist è impegnativa, in quanto struttura il periodo inserendo nella frase principale una serie infinita di subordinate. Una così estrema costruzione sintattica è arricchita, inoltre, da una punteggiatura irregolare, dove abbondano i trattini, usati come segni ritmici in un flusso incalzante, dove la te sio e se p e al assi o. Te sio e he stilisti a e te eata a he att ave so l’uso del discorso indiretto, che getta a capofitto il lettore nella trama. Il virtuosismo stilistico della prosa di Kleist, seppur ostico ad una veloce lettura, suscitò invece grande interesse in autori come Thomas Mann o Franz Kafka, he da Kleist app ese il gusto pe l’a eddoto e la p osa eve e ful i a te. Da ota e a he il sapiente uso del flash-back che interrompe la linearità diacronica del racconto, fondamentale per porre le asi dell’edipi o appo to t a Ni olò ed Elvi a o lusasi i odo dive so ispetto al ito, i ua to ui Piachi ad uccidere Nicolò e non viceversa).