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Anima e stato. Heidelberg 1910

2008

Oltre alla rinascita dell'interesse per l'ebraismo e per il cattolicesimo delle origini, si affermava in Germania e nella Heidelberg d'inizio secolo la ricerca di una prospettiva diversa dall'individualismo europeo, e dal neokantismo fino a quel momento imperante e rappresentato da Emil Lask, Heinrich Rickert, Wilhelm Windelband e altri. Il Weber-Kreis viene ricordato come uno dei centri nevralgici del cosiddetto "romanticismo anticapitalistico" d'inizio secolo. Esso si configura come un laboratorio sperimentale che unisce all'utopia romantico-rivoluzionaria la riscoperta dell'ebraismo primordiale. L'articolo si occupa inoltre della figura di Lukács, del suo spiccato interesse per la letteratura, e dell'utopismo estremo formulato da Ernst Bloch.

Gli anni dell'anima

Gli anni precedenti lo scoppio della prima guerra mondiale sono animati da intense discussioni e accesi dibattiti nella cerchia di Max Weber e nell'ambiente di Heidelberg. È questa una sede universitaria che, accogliendo intellettuali di diversa nazionalità (Polonia, Ungheria, Russia, Balcani), si caratterizza come un crocevia di correnti politiche, di movimenti filosofici e di confessioni religiose. Di un volto culturale così composito, come quello della Heidelberg d'inizio secolo, è impossibile tracciare una fisionomia nitida. Se di una qualche "somiglianza di famiglia" tra i pensatori che vi presero parte si può parlare, tale affinità concerne una domanda di spiritualità, che investe la tradizione mistica. Il progetto di rinnovamento culturale, che costituì un costante punto di riferimento per gli intellettuali che gravitavano intorno al "Weber-Kreis", presenta senza dubbio una composizione stratificata. Parafrasando una nota di Lukács sul romanzo, ci si può riferire a tale affresco progettuale come a una «peculiare amalgama" di elementi cristiani, ebraici e induisti "in un organismo di continuo messo in discussione» 1 .

Oltre alla rinascita dell'interesse per l'ebraismo e per il cattolicesimo delle origini, si affermava in Germania e nella Heidelberg d'inizio secolo la ricerca di una prospettiva diversa dall'individualismo europeo, e dal neokantismo fino a quel momento imperante e rappresentato da Emil Lask, Heinrich Rickert e Wilhelm Windelband, oltre che da Georg Jellinek ed Ernst Troeltsch 2 .

Il Circolo di Max Weber viene ricordato come uno dei centri nevralgici del cosiddetto "romanticismo anticapitalistico" 3 d'inizio secolo -con tutti i paradossi e le contraddizioni connessi a una temperie culturale così variegata e stratificata 4 . Basta pensare al fatto che talvolta il motivo romantico del ritorno al passato si andava configurando in termini nazionali (la germanità primigenia), sociali (aristocrazia medievale) e religiosi (cristianità protestante o cattolica) estranei alla componente ebraica appartenente al circolo. Nella maggior parte dei casi la risposta degli intellettuali di origine ebraica (tra gli altri: Ernst Bloch, Hans Ehrenberg, György Lukács e Franz Rosenzweig) fu un peculiare connubio tra l'adesione all'utopia romantico-rivoluzionaria e la riscoperta dell'ebraismo primordiale. Il "Weber-Kreis" si configura allora come un laboratorio sperimentale, nel quale la religione ebraica ha trovato una sua peculiare riforma, ammorbidendosi nei suoi tratti e aprendosi anche agli inf lussi esterni, come quelli neoromantici, cattolici, anarchici. Emblematico è il caso di Bloch e di Lukács, che frequentarono Heidelberg negli anni 1911-1914, e che, seppur con diverse modalità, declinarono in una prospettiva di ateismo religioso il loro ebraismo 5 .

Ma, al di là delle innegabili differenze, un tratto diffuso all'interno del "Weber-Kreis" è l'attenzione nei confronti dell'Oriente. Molti tra gli intellettuali di Heidelberg che andavano a bussare alla porta di Weber condividevano con lui, seppur partendo da diverse prospettive ed ascendenze filosofiche, la curiosità per il mondo orientale, e in particolar modo per la Russia 6 . Il sensibile spostamento di orizzonte verso Oriente era caldeggiato anche dalla nutrita comunità russa presente a Heidelberg 7 . A ricordarlo e a testimoniarlo è la stessa moglie di Weber: «L'atmosfera intellettuale creata da questi uomini alimenta l'interesse già forte di Weber per i russi» 8 .

Con il fallimento della rivoluzione del 1905, la colonia slava, radicata nella cittadina tedesca sin dal XIX secolo, aveva visto un ingente infittimento della sua componente. Gli intellettuali russi erano inoltre particolarmente attivi: dalla organizzazione di discussioni e incontri, alla fondazione di una biblioteca, e persino di una importante rivista, dal titolo «Logos». Obiettivo di queste iniziative culturali e redazionali -orchestrate da Nikolaj Bubnov, Sergej Hessen, Fedor Stepun, Georg Mehlis -era quello di rintracciare un'intesa teorica tra neocriticismo tedesco e mistica russa o anche, con le parole di Stepun, di prospettare una mistica dell'intelletto dai tratti apocalittici in cui «Dio e demone si scambiavano continuamente le maschere» 9 . In questo disegno rientra lo studio Vom Messias. Kultur Essays (1909), fascicolo speciale della rivista «Logos». Al centro di quest'opera è il tentativo di diffondere e sostenere una cultura filosofica sopranazionale. Dall'Europa orientale si affaccia sulla scena heidelberghese anche un giovane filosofo: l'ungherese György Lukács. Questi, trasferitosi a Heidelberg nel 1912 per preparare l'abilitazione, instaura un fecondo sodalizio intellettuale con Bloch. Ad accomunare le prospettive dei due giovani pensatori è il rifiuto del razionalismo borghese occidentale in nome di una rinascita della dimensione spirituale.

La storia si era però incaricata di frenare quell'euforia intellettuale che nella Heidelberg d'inizio secolo aveva contagiato le menti migliori. Lo scoppio della prima guerra mondiale segna un'irreparabile frattura all'interno del "Weber-Kreis", minando alla base l'atmosfera di sodalizio intellettuale e di fecondo dialogo che fino ad allora aveva dominato l'arco intellettuale del circolo. Il serrato confronto circa la partecipazione della Germania al conflitto determina una scissione profonda tra i partecipanti, e la loro conseguente diaspora. Se infatti Bloch e Lukács, e con loro pochi altri, dichiararono sin dai primissimi giorni dell'agosto 1914 la loro convinzione antibellicista, gran parte dei loro interlocutori si schierarono invece a favore della guerra. Tra coloro che salutarono con entusiasmo lo scoppio del conflitto vanno annoverati anche i nomi di Max Weber e di Georg Simmel 10 .

La Kriegeserlebnis, così come la rivoluzione russa determinano una svolta decisiva nel cammino di Bloch e di Lukács verso una radicalità rivoluzionaria dai tratti mistici. La delusione per il clima di generale esaltazione per gli eventi bellici e la speranza riposta nelle condizioni prerivoluzionarie in Russia si tradusse per entrambi in un accentuato interesse per il mondo orientale, nella ricerca di una dimensione diversa da quella militaristica offerta dalla Germania. All'amarezza per il dispiegarsi traumatico degli eventi bellici, si somma con il passare del tempo anche la delusione per il fallimento dell'ondata rivoluzionaria in Occidente, e per il conseguente trionfo della tradizione statalistico-autoritaria. "Come tutto ciò è stato possibile?": è questa la domanda che circola nei loro studi successivi allo scoppio della guerra, questione che, con il drammatico succedersi degli eventi storici, si sposa a un altro interrogativo: "Qual è la prospettiva di rinascita per l'Occidente?". Il paesaggio desolante offerto dalla Germania del primo dopoguerra, con il trionfo di un sistema imperialista, svolse il ruolo di cassa di risonanza nell'accentuare l'attenzione di Bloch e di Lukács verso la Russia. È così che, in diverse gradazioni, il motivo dell'"Ex Oriente lux" e l'intento di fondare una nuova cultura spirituale, sulla base di una prospettiva umanistica, rappresentano il filo sotterraneo interpretativo e concettuale che attraversa gli scritti giovanili dei due pensatori, e che al contempo li staglia a un comune, seppur sfrangiato, tessuto teoretico. Senza la mediazione dell'universo russo sarebbe impossibile cogliere a pieno, e al di là delle reciproche dichiarazioni di debito teorico, le innere Bindungen tra gli scritti politici giovanili, Spirito dell'utopia (1918 e 1923) 13 .

Precipitato delle esperienze formative precedenti e della lezione di Heidelberg è il volume Sulla povertà di spirito 14 : i saggi qui raccolti, in parte pensati e redatti nel periodo di dialogo con Bloch e con Weber, presentano una peculiare lettura dell'aspirazione messianica, del misticismo di Meister Eckhart e di quello indiano. In primo luogo circola in queste pagine il rinnovato interesse di Lukács per gli aspetti "romantici" dell'ebraismo e per le correnti messianiche ebraiche "eretiche" 15 . Nel motivo della "povertà di spirito" si innestano poi due diverse componenti: da un lato l'attenzione verso una tradizione cristiana di ascendenza francescana, e dall'altro il riferimento al misticismo indiano, che Lukács conosce tramite Rudolf Kassner. Il debito teorico contratto con la lezione kassneriana (soprattutto de L'idealismo indiano. Uno studio del 1903) affiora soprattutto nella dottrina delle caste, o meglio nel tentativo di "ricostituire le caste su di un fondamento metafisico". Se infatti ogni etica è formale, allora la vita ordinaria si colloca al di qua della forma, a differenza della vera vita che si situa al di là di essa. Di qui la distinzione tra la "casta della vita comune", cioè della vita inessenziale e sempre indefinita, la "casta delle forme" costituita da coloro che tentano di dare forma al caos attraverso la loro opera (artisti e filosofi), e la "casta della vita vivente" che ruota intorno alla categoria non-etica della "bontà" (die Güte). Per Lukács, infatti, «la forma è un ponte che ci distanzia», e che quindi deve essere tolto, laddove «la bontà è la grazia per spezzare queste forme» 16 . E tale grazia è assoluta, perché prescinde sia dalla dimensione della vita comune sia dalla dimensione della forma. In questi termini si traduce la casta dei buoni, che per un verso gode della prerogativa di trasgredire la norma etica kantiana e di muoversi al di là della gnoseologia tradizionale, ma per l'altro si vede costretta alla rinuncia di ogni garanzia, a una continua esposizione al rischio.

Sono questi per Lukács gli ingredienti essenziali della Zweite Ethik, di un'etica della bontà che rivela una indubbia affinità con alcuni snodi del pensiero di Max Weber 17 e che trova nelle figure di Dostoevskij la sua esemplificazione letteraria. E infatti è proprio all'opera dostoevskijana che Lukács dedica i suoi studi heidelberghesi, con l'intento di scrivere un libro di cui la Teoria del romanzo (1916) 18 avrebbe dovuto costituire l'introduzione 19 .

Ma lo spessore teorico dello studio su Dostoevskij non può essere compreso in tutta la sua pregnanza senza essere calato nel suo contesto storico, ossia senza il riferimento a quel "peccato mortale contro lo spirito" che è rappresentato per Lukács dalla prima guerra mondiale 20 . La posizione lukácsiana è netta: se con la partecipazione al conflitto la Germania si è resa teatro dello scatenamento dei nazionalismi con il loro volto neobellicistico, si fa ora urgente il ritrovamento di una prospettiva umanistica. Una simile visione teorica non può più essere trovata nella spiritualità occidentale di Buber, che contrappone l'Io e il Tu, cadendo nell'individualismo, ma neanche in quella indiana, per la quale Io e Tu sono un'illusione. La risposta lukácsiana a un'Europa occidentale stagnante nello Spirito oggettivo e nell'individuo problematico, è la riscoperta della tradizione mistica russa, per la quale l'altro è mio fratello, e quando trovo me stesso trovo lui e viceversa 21 . Lukács si rivolge alla Russia di Dostoevskij in quanto depositaria della seconda etica, della comunità mistica paraclitica da contrapporre all'ideale egoistico occidentale: «Russia: la propria anima -nella comunità delle altre anime voluta e creata da Dio» 22 .

In questa comunità utopica si collocano le figure dostoevskijane (ad esempio il principe Mischkin e Aljoscia), che possiedono la grazia della bontà, e che non interpretano l'altro, ma diventano l'altro. Una conferma di questa posizione ci viene dall'importante saggio del 1914 Sulla povertà di spirito: «L'uomo buono non spiega l'anima dell'altro, ma vi legge dentro come nella propria, egli è divenuto uno con l'altro. Per questo è miracolo la bontà […] è la vita vera e autentica. […] La bontà invece è un ritorno alla vita vera, è per l'uomo un vero ritrovarsi in casa» 23 . E ancora nel Dostoevskij: «Russia: L'altro è mio fratello, quando trovo me stesso, in quanto trovo me stesso trovo l'altro» 24 .

È questo il solco teoretico sul quale Lukács, aderendo a una tendenza diffusa dell'epoca, cala l'ateismo religioso dell'opera letteraria di Dostoevskij 25 . Di fronte a quel nichilismo che è l'esito del primo conflitto, l'eroe dostoevskijano non si appella alla redenzione del finito attraverso la forma, ma rovescia i termini della questione, radicalizzando il finito stesso, e con esso il nichilismo 26 : «Il Messia non può venire prima che gli uomini siano o tutti virtuosi o tutti peccatori» 27 .

Nella prospettiva di Lukács è solo a partire dal vuoto della Gottverlassene Welt che può generarsi il "Dio nuovo" di Dostoevskij, il Dio che al contempo riscatta e salva il nostro ateismo. Circola nel suo pensiero la speranza escatologica (diffusa tra molti dei suoi contemporanei di Heidelberg) in un Dio oltremondano, presente e assente, e capace di contrastare il Dio del mondo. In un significativo passo della sua Ariadne auf Naxos (1916), Lukács tratteggia la condizione esistenziale meta-etica degli atei che sanno di abitare l'interregno tra il vecchio Dio e il nuovo Dio e di combattere per il kommende Gott.

Ma se ci fosse un altro Dio? Se solo il vecchio Dio fosse morto, e un altro di razza più giovane, di altra natura e in un rapporto diverso con noi stesse nascendo? Se il buio della nostra mancanza di fini fosse il buio della notte tra il tramonto di un Dio e l'aurora di un altro? 28 .

Il senso dell'attesa apocalittico-messianica segna per Lukács il punto di contatto tra una certa riflessione di ambito mitteleuropeo e la cultura russa dostoevskijana 29 , come il filosofo ungherese sottolinea nella sua recensione a Vladimir Solov'ëv 30 . Ciò che accomuna le due prospettive teoriche è quello Streben verso la "nostra anima", che per Lukács si declina nei termini di una protesta cristico-luciferina contro la "consacrazione metafisica" dell'esistente. È quanto emerge da una lettera a Paul Ernst del 14 aprile 1915:

Il potere delle strutture [Die Macht der Gebilde] sembra in crescita più costante rispetto al realmente essente.

[…] Dobbiamo continuamente rimarcare che l'unica cosa essenziale siamo soltanto noi, la nostra anima, e che le oggettivazioni eternamente apriori di questa sono (secondo una bella immagine di Ernst Bloch) anch'esse soltanto carta-moneta, il cui valore dipende dalla convertibilità in oro. Il potere reale delle strutture non lo si può certamente negare. È però un peccato mortale contro lo spirito quanto ha riempito il pensiero tedesco a partire da Hegel: fornire una consacrazione metafisica al potere 31 .

un posto di rilievo l'idea di un'etica della bontà senza profitto, come sfera alternativa a quella dello stato e delle istituzioni borghesi 39 .

Il contesto è il medesimo: il primo conflitto ha portato sulla scena tedesca una rinascita di nazionalismi e di particolarismi e ha fatto dell'Occidente la culla dell'individualismo e della consacrazione del potere. In questo processo di disumanizzazione, la Germania ha scoperto le sue carte, rivelando il suo volto militarista e imperialista, la sua «tipica essenza coercitiva, pagana e satanica, contro ogni illuminismo borghese [bürgerliche Erhellung] e contro ogni equivoco socialista» 40 .

La risposta blochiana a un'Europa in piena disgregazione spirituale è la speranza nella Wiedergeburt di un nuovo umanesimo, sulla scia di una riscoperta delle tradizioni alternative a quelle dello stato e della chiesa occidentale. Bloch auspica la costituzione di una Chiesa nuova, improntata al modello del Socialismo e attenta a un nuovo contenuto di rivelazione: uno spazio nel quale «si leva un lontano soffio di vento, l'anima si rischiara e si ridesta l'autentico pensiero creativo» 41 . Si tratta di una comunità basata su un principio spirituale, metapolitico e metareligioso, come espressione della religiosità inespressa dell'epoca: «una chiesa senza Polis e tutta pervasa da Paracleto» 42 . È qui palese l'assonanza con il tema della "Zweite Ethik" e della "Chiesa invisibile", a testimoniare la comunanza intellettuale con il giovane Lukács, esito dei colloqui heidelberghesi 43 . Ad alimentare in Bloch l'interesse per una dimensione spirituale della religiosità è in questi anni anche la moglie Else von Stritzky, alla cui memoria è dedicata la seconda edizione di Spirito dell'utopia. Le pagine dell'opera denunziano inoltre il debito teorico contratto da Bloch nei confronti di Martin Buber. Al suo insegnamento risalgono quegli elementi della cabala e della mistica ebraica, intorno ai quali si snoda la prospettiva della fine messianica della storia e dell'eruzione verso la trascendenza. Giova ricordare che il testo blochiano avrebbe dovuto originariamente intitolarsi "Sistema del messianismo teoretico" e che nella prima edizione è ospitato un capitolo sugli ebrei (Symbol: die Juden) 44 .

In tutte le sue diverse sfaccettature, ciò che Spirito dell'utopia ci prospetta è una forma raffinata di estremismo mistico: un incontro tra Oriente e Occidente, basato sulle categorie della bontà e della non-violenza. Anche Bloch come Lukács ravvisa nella Russia di Dostoevskij la depositaria di questi valori: «è la sfera di Dostoevskij e di Strindberg, la sfera di una pura realtà delle anime, di una "trascendenza" soltanto morale degli incontri, delle volte e delle prospettive [Durchblicke] di un Umano anche sovrasociale» 45 . È ancora nello scritto Über den sittlichen und geistigen Führer (1920), apparso sulla rivista «Die weissen Blätter», che Bloch assimila l'"union universelle en Christ" di Dostoevskij alle improvvise ribellioni degli uomini contro ogni forma statalistico-autoritaria 46 .

Che l'Oriente sia per lui la Russia, viene poi ribadito in un altro importante passo di Spirito dell'utopia:

Ma anche noi, prima di tutto, tardi uomini dell'Occidente continuiamo a cercare; e come un sogno nuovo si avvicina l'Oriente. Anche le nostre anime malate e vacue [siech und leer] vanno verso un Ex oriente Lux.

[…] Nel suo calore e nella sua attesa tutta la Russia sconfinata ci appare come un susseguirsi di grandi fiumi e di pianure, come un'India avvolta nella nebbia. Ma ciò che più conta è che la sua mistica speculativa e la stessa metafisica, spirito del nord, sono di nuovo strettamente connesse alla magica Asia dall'affinità dell'approfondimento interiore e dalla pietas [Frömmigkeit] autenticamente teurgica 47 .

Sono questi i vettori interpretativi adottati da Bloch, sempre in Spirito dell'utopia, per la sua lettura della spedizione di Alessandro Magno. Questi rappresenta un modello di mediazione, in quanto la sua spedizione in Persia non è volta ad assoggettare un popolo, ma piuttosto a proporre una società paritetica, formata dall'unione di orientali e occidentali. È per questa ragione che la figura di Alessandro Magno viene salutata da Bloch come Träger del sogno tedesco di una luce capace di illuminare il fosco Occidente.

Su queste stesse basi teoriche si edifica il libro su Thomas Müntzer (1921) 48 , che può essere a giusto titolo considerato un'appendice di Geist der Utopie. Le categorie che in Thomas Münzer teologo della rivoluzione vengono chiamate in causa -la "fratellanza", la "bontà" e l'ateismo religioso -sono proprio quelle che costituiscono la cornice teoretica entro la quale Lukács analizza l'opera dostoevskijana. È lo stesso Bloch a denunciare l'intima parentela che vige tra il suo eroe e lo spirito orientale: «Münzer ha anticipato l'uomo russo, l'uomo più interiore» 49 .

Al centro dello studio su Thomas Müntzer non è tanto l'intento di vagliare nei suoi contorni storico-politici la figura del teologo e del condottiero della guerra contadina, ma piuttosto la volontà d'identificarlo con l'"eroe espressionista" par excellence. Müntzer condensa in sé quella Gesinnung messianica, che non è riconducibile né al solo popolo ebraico, né alla sola anima russa, ma che si riscontra anche nelle correnti eretiche e millenariste del passato, nel Cristianesimo delle origini e nelle correnti plebeo-rivoluzionarie, nel Protestantesimo al tempo della riforma, nei movimenti socialisti-anarchici 50 . Nell'importante passo di chiusura del Thomas Münzer, Bloch si appella all'impulso vitale del suo tempo, e a quella eredità presente che i russi e i tedeschi devono saper ereditare. Vengono così evocati nomi e correnti religiose quali: i fratelli della valle, i catari, gli albigesi, Gioacchino da Fiore, i fratelli del buon volere, i fratelli del libero spirito, Meister Eckhart, gli ussiti, Müntzer e gli anabattisti,