ISTITUTO PER LA STORIA DELLA CHIESA DI BOLOGNA
LA CHIESA DI BOLOGNA
E LA CULTURA EUROPEA
ATTI DEL CONVEGNO DI STUDI
BOLOGNA - 1-2 DICEMBRE 2000
GIORGIO BARGHIGIANI EDITORE
In copertina: Vespri di S. Petronio, miniaturadi Giovanni BattistaCavalletti, 1510-151 l
(Museodi S. Petronio, corale 88, c. 3v), (particolare)
@)
,Il
セ
FO N DAZ IO N F
CASSA DI iセsparmo
IN BOLOGNA
La pubblicazionedellapresente opera è stata resa possibile
dal determinante contributo
della Fondazione Cassa di Risparmioin Bologna
LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE
DELL'EPISCOPATO BOLOGNESE DI G. LERCARO
di Giuseppe Battelli
Il porre l'accento sulla dimensione europea dell' episcopato bolognese di Giacomo Lercaro può essere correttamente inserito in un quadro di rif1essione e di
metodologia storiografica o non appartiene piuttosto, quasi congenitamente direi, a
una rilettura encomiastica del personaggio? Il problema non mi pare marginale, e
quando mi venne proposto di affrontare tale argomento accettai più per una sorta di
istintiva disponibilità che da vario tempo ormai provo nei confronti dello studio di
quella che viene giustamente valutata come una delle più interessanti esperienze
episcopali nel panorama italiano del Novecento che non per il convincimento di
trovarmi di fronte a un problema storiografico effettivo e perciò meritevole di una
ricerca specifica e, almeno nelle intenzioni, originale. Che è quanto dire: non inutile
per la sua genericità, non ripetitiva nei contenuti, o - ancor più - non improntata a
quella velata apologia del personaggio che anche la formulazione del titolo propostorni, una formulazione esplicita, dichiarativa, non problematica, poteva ulteriormente suggerire.
Mi ci sono così dedicato, inizialmente, con sostanziale perplessità: quasi si
trattasse di contribuire alla scrittura di una pagina pregiudizialmente oleografica e
quindi semplicemente sbagliata dal punto di vista storiografico. Tanto più che varie
notizie riguardanti i contatti ufficiali di Lercaro al di fuori dell' ambito italiano erano
già raccolte nel volume commemorativo edito dall' archidiocesi di Bologna in
occasione del 50° anniversario della ordinazione sacerdotale di Giacomo Lercaro l.
Certo: non un' opera metodologicamente ineccepibile, ma in ogni caso uno strumento utile per tracciare almeno la mappa essenziale dei viaggi compiuti e dei principali
contatti stabiliti.
Tale perplessità si è però rapidamente dissolta quando è giunto il programma
completo delle giornate di studio i cui Atti vengono ora pubblicati, e l'argomento
'biograficamente' lercariano è apparso inseribile in modo legittimo, pur con le
proprie specificità, in un percorso di ben più lunga durata. Dall'insieme delle
tematiche emergeva infatti con chiarezza che nel corso delle varie epoche la Chiesa
di Bologna ha alternato fasi di prevalente anonimato/marginalità a momenti ed
esperienze che l'hanno portata al centro delle dinamiche internazionali del tempo.
Se tuttavia per il tardo Medioevo e l'Età moderna la documentabilità del fenomeno
appare evidente, cosa dire dell'Età contemporanea e in particolare del Novecento
l) Archidiocesi di Bologna, Il Cardinale Lercaro.Genova 50° Bologna, Bologna 1964.
255
Giuseppe Battelli
bolognese? È dunque a partire dall'ampliamento dell'orizzonte cronologico che la
dimensione europea dell' episcopato dell' arcivescovo Giacomo Lercaro mi è parsa
assumere i connotati di vero problema storiografico, portando con sé una serie di
interrogativi attorno ai quali ruoterà questo contributo.
Esso si svilupperà secondo criteri che, perlomeno in due casi, ritengo necessario
chiarire sin d'ora.
Innanzitutto alI' originaria analisi della dimensione europea ho finito progressivamente per sostituire quella della più vasta e in parte più generica dimensione
internazionale. Se infatti la cornice problematica nella quale era stato originariamente concepito questo intervento risultava essere il rapporto tra la Chiesa di
Bologna e la cultura europea, orizzonte pienamente legittimo se riferito a epoche
storiche nelle quali in effetti l'Europa si autopercepiva come equivalente al mondo
conosciuto e comunque centro indiscusso di quello stesso mondo, tale prospettiva
non poteva avere la medesima congruenza se applicata all'età contemporanea e in
particolare al Novecento. Tanto più che l'analisi della documentazione sia edita che
inedita? relativa alla concreta esperienza di Lercaro conferma che il profilo europeo
di una parte certo cospicua dei suoi contatti internazionali non aveva affatto un
carattere esclusivo e tanto meno configurava nello stesso arcivescovo di Bologna
una sorta di consapevole sensibilità eurocentrica: se si eccettua la presenza -- assai
comune negli ecclesiastici cattolici dell'Otto/Novecento - di un sostanziale apprezzamento per la europea 'societas christiana' medievale, peraltro controbilanciato dal
chiaro rifiuto dell' altrettanto europea stagione umanistica e rinascimentale', Dimensione internazionale a tutto tondo dunque, e non solo europea, perché così fu il
concreto sviluppo dell'episcopato bolognese di Lercaro.
A proposito del quale - ed è il secondo criterio cui prima alludevo - si tenterà
qui di seguirne lo sviluppo interno,' cioè riferito espressamente alla figura
dell' arcivescovo petroniano e alle linee del suo ministero episcopale, tralasciando invece in larga misura l'analisi relativa all'eventuale dimensione internazionale della Chiesa di Bologna in quanto tale e anche rispetto alle linee espresse
in tal senso dal magistero di Lercaro. Non perché io pensi che la suddetta analisi
sia per sé priva d'interesse, ma piuttosto perché il discorso porterebbe assai
lontano. Ritengo infatti che negli anni dell'episcopato bolognese di Lercaro la
diocesi petroniana sia risultata - con eccezioni anche importanti nel suo clero e
nel suo laicato, ma pur sempre eccezioni - più spettatrice che diretta protagonista
di quella stagione indubbiamente particolare della sua storia; o per dirla con le
2) A tale riguardo esprimo sincera gratitudine a mons. Arnaldo Fraccaroli, presidente della
"Fondazione Giacomo Lercara" di Bologna, al prof. Giuseppe Alberigo segretario della "Fondazione
per le scienze religiose Giovanni XXIII" e al dr. Pietra Panizzi, archivista presso la medesima
.
istituzione.
3) Su tale lettura della storia, rimasta relativamente costante nella riflessione di Lercara, cfr. ad
es. nel 1949 G. LERCARO, Attualità della liturgia, in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, II: Liturgia
viva per gli uomini vivi, Roma 1965, pp. 3-14, spec. p. 6; e nel 1963 Idem, La liturgia culmine
dell'azione della Chiesa efonte della sua vita apostolica, ibid., pp. 34-44, in part. p. 34.
256
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
parole di un rappresentante di quel clero, "nella nostra Diocesi non è la base che
si muove, bensì il vertice che guida e 'tira' tutta la base'". Il problema meriterà
dunque di essere ripreso e in forma ben più approfondita rispetto ai pochi cenni
inseriti in queste pagine; ma ciò andrà fatto nel quadro della ricostruzione
complessiva del rapporto tra vescovo e chiesa locale nella Bologna del secondo
dopoguerra, e non come in questa circostanza con specifico riferimento alla
dimensione internazionale dell' episcopato lercariano.
1. La tradizione novecentesca bolognese precedente l'arrivo di Lercara
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercaro quali radici aveva? Si
sviluppò, in altre parole, sull'onda e per impulso di una tradizione ecclesiale
bolognese che egli trovò già impiantata e alla quale avrebbe tutt' al più dato ulteriore
sviluppo, oppure scaturiva da un' esperienza personale precedente?
A dire il vero - se si prescinde dall'episcopato del card. Svampa", conclusosi
peraltro nel 1907, dunque agli inizi del secolo - sappiamo abbastanza poco sulla
Chiesa di Bologna della prima metà del Novecento. Se tuttavia osserviamo ciò che
è stato finora ricostruito in sede storiografica" o scorriamo con le necessarie cautele
anche il materiale commemorativo e tendenzialmente 'agiografico' riguardante ad
es. il lunghissimo episcopato del predecessore di Lercaro (il piacentino Nasalli
Rocca, arcivescovo di Bologna dal 1921 al 1952f non mi pare azzardato avanzare
l'ipotesi che la Chiesa di Bologna possedesse un duplice prioritario e saldo ancoraggio: quello locale per ciò che riguardava larga parte del suo clero secolare - con
qualche eccezione non priva d'interesse, rappresentata per lo più da giovani preti
4) M. Lodi a G. Lercaro, 14 novembre 1961, in Fondo Lercaro, 8 NP c.
5) L'unico degli episcopati bolognesi di inizio Novecento sul quale si abbia ormai da tempo una
serie di studi specifici. Cfr. a riguardo A. ALBERTAZZI, Il cardinale Svampa e i cattolici bolognesi
(1894-1907), Brescia 1971; G. VENTURI, Episcopato, cattolici e comune a Bologna (1870-1904),
Imola 1976. Tra le edizioni di fonti D. SVAMPA, Lettere al fratello (1884-1907), a cura di A.
ALBERTAZZI, Roma 1982. Degli stessi autori sopra citati si vedano inoltre i contributi inseriti in
questo volume.
6) Oltre alle classiche pagine di taglio descrittivo di L. MELUZZI, I vescovi e gli arcivescovi di
Bologna, Bologna 1975, passim, si veda per una recente rilettura storiografica dell'intero periodo G.
BATTELLI, Fra età moderna e contemporanea (secoli XIX e XX), in Istituto per la storia della Chiesa
di Bologna, Storia della Chiesa di Bologna, a cura di P. PRODI e L. PAOLINI, voI. I Bologna 1997,
pp. 285-372, in part. pp. 319ss.
7) Cfr. tra l'altro il volume di taglio biografico/narrativo Il cardinale Giovanni Battista Nasalli
Rocca di Corneliano arcivescovo di Bologna (1872-1952), a cura di F. MOLINARI, [Roma 1974],
preparato in occasione del centenario della nascita di Nasalli Rocca. Un'ulteriore opera pubblicata a
Bologna alcuni mesi dopo (I. CASSaLI, Sulla cattedra di S. Petronio. Il card. G. Battista Nasalli
Rocca di Corneliano arcivescovo di Bologna [1872-1952], Bologna 1975) non è altro che la riedizione
- con brevi integrazioni in apertura e chiusura - dell' ampio contributo che nel volume apparso a Roma
l'anno precedente Cassoli aveva dedicato alla trentennale esperienza di Nasalli quale arcivescovo di
Bologna.
257
Giuseppe Battelli
interessati alle nuove istanze culturali di fine Ottocento/inizio Novecento e per tale
ragione coinvolti nella bufera modernista'' - e quello italiano e soprattutto 'romano'
per ciò che riguardava i suoi arcivescovi. Mentre sul fronte dellaicato si era venuta
largamente attenuando la spinta propulsiva delle generazioni di metà Ottocento, che
avevano contribuito alla nascita delle maggiori associazioni laicali italiane? e delle
quali, nell'ottica dell'argomento complessivo di questo convegno, va ricordata la
scelta di intrattenere rapporti con personalità del cattolicesimo francese di grande
rilievo intellettuale l0.
Tornando tuttavia alla componente ecclesiastica bolognese, credo che il suo
orizzonte relativamente circoscritto dipendesse in parte da una formazione culturale
nei seminari che - per quello che riguardava le discipline teologiche - non predisponeva ad allargare lo sguardo al di là di una manualistica rigorosamente filtrata
dal punto di vista dottrinale da Roma Il, e in parte da un contesto storico che - o per
ragioni di forza maggiore (le due guerre mondiali) o per precise scelte di carattere
ideologico (la sindrome autarchica che segnò il ventennio fascista) - impediva o
perlomeno non stimolava i contatti e gli scambi con le realtà extra-italiane, per
quanto interne al mondo cattolico.
Ciò non significa che risultassero del tutto assenti dei contatti con quel
mondo cattolico non italiano. Ce ne si può rendere conto scorrendo il "Diario
dell' Arcivescovo" edito nel bollettino diocesano: una rubrica certamente scarna
di contenuti dottrinali, ma ricca di informazioni. Le vicende alterne di questa
fonte, e soprattutto la sua presenza continuativa solo a partire dal 1922 12 , non
consentono un suo utilizzo se non marginale per il periodo che precede l' episco-
8) Lo studio più approfondito del fenomeno resta la tesi di C. COCCHI, Aspetti della chiesa
bolognese nel primo N ovecento. Fermenti innovatori e reazione antimodernista nella vicenda di Giulio
Belvederi e Alfonso Manaresi, Univo di Bologna, Facoltà di Scienze politiche, a.a. 1987-1988, rel, G.
Alberigo.
9) Penso in particolare al ruolo svolto dai vari G. Acquaderni, G.B. Casoni, A. Malvezzi
Campeggi, A. Rubbiani, A. Sassoli Tomba, M. Venturoli, nella fondazione della "Associazione
cattolica per la difesa della libertà della Chiesa in Italia" (1865), della "Società della Gioventù cattolica
italiana" (1867), dell' "Opera dei Congressi" (1874), della "Lega O'Connell" (1875). Per notizie e
riferimenti bibliografici in merito cfr. 'ad vocem' il Dizionario storico del movimento cattolico in Italia
1860-1980, a cura di F. TRANIELLO e G. CAMPANINI, volI. II-III, Genova 1982-1984.
lO) Per il rapporto con Ch. Montalembert si veda A. BERSELLI, Le relazioni fra i cattolici
francesi ed i cattolici conservatori bolognesi dal 1858 al 1866, in Rassegna storica del Risorgimento,
XLI, 1954, pp. 269-281.
Il) G. BATTELLI, Marcello Mimmi nell'ambiente bolognese di inizio Novecento, in Campania
sacra, XXIV, 1993, pp. 61..87. La realtà bolognese risultava d'altronde in linea con la situazione
italiana complessiva, per l'analisi della quale si veda M. GUASCO, Seminari e clero nel '900, Cinisello
Balsamo (Milano) 1990, soprattutto dove ci si sofferrna sulla volontà da parte di papa Pio X di pervenire
a un modello unico di sacerdozio (pp. 58ss.).
12) Il Bollettino della diocesi di Bologna (d'ora in poi: BDB) iniziò com'è noto le pubblicazioni
nell' ottobre 1910, durante l' episcopato di G. Della Chiesa. Già dal secondo fascicolo, novembre 1910,
conteneva una rubrica intitolata "Cronaca" che informava su iniziative ed avvenimenti della diocesi
senza tuttavia soffermarsi in modo specifico sulle attività dell' arcivescovo. Tale rubrica - di andamento
258
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
pato di Nasalli Rocca; e anche la sua peculiare fisionomia di rendiconto delle
attività dell'arcivescovo che 'potevano' essere rese pubbliche o che 'dovevano'
essere rese pubbliche, nell' ottica della valorizzazione di una certa esemplarità
dello stesso arcivescovo o di un suo impegno anche privato per obiettivi di
interesse collettivo l 3, non va ovviamente trascurata, Ma pur tenendo conto di
tutto questo ritengo che gli elementi che ne scaturiscono ad esempio per il lungo
episcopato di Nasalli Rocca siano senz'altro da considerare significativi: sia per
ciò che dicono che per ciò che tacciono.
Contatti tra la Chiesa bolognese e il mondo cattolico internazionale ci furono
pertanto in quei decenni, ma ebbero caratteristiche particolari. Si trattò infatti per
lo più del passaggio da Bologna di presuli (in genere impegnati in terra di
missione e nel secondo dopoguerra appartenenti a Paesi dell' est europeo!")
bisognosi del sostegno economico delle diocesi occidentali, e di contatti con
l'estero legati in larga misura alla diffusione del culto eucaristico e alla pietà
mariana (come i congressi eucaristici internazionali o i pellegrinaggi a Lourdes).
Lo stesso arcivescovo Nasalli Rocca prolungò nel 1930 il proprio pellegrinaggio
a Lourdes per trasformarlo in un inedito - e, per quello che mi consta, unico'? soggiorno in Francia di circa due settimane; ma anche in tale caso è interessante
notare come solo due dimensioni si stagliassero con nettezza sullo sfondo della
cronaca di quei giorni: l'aspetto strettamente devoto (celebrazione di messe,
recita pubblica di rosari, partecipazione a processioni) intercalato da pochi
momenti essenzialmente turistici (visita dei monumenti più famosi)!", Lo si tenga
presente, per metterlo almeno in parte a confronto - come poi vedremo - con il
programma del viaggio effettuato da Lercaro a Parigi nel 1959.
discontinuo - resterà fino al dicembre 1915. Dall' ottobre dell' anno successivo - dunque durante
l'episcopato di G. Gusmini - verrà introdotta la rubrica "Atti di S.E. il signor Cardinale Arcivescovo",
anch'essa discontinua e molto sommaria. A inizio 1922, invece, nascerà e diventerà sostanzialmente
definitiva la rubrica "Diario dell'Arcivescovo", che in un primo tempo recherà in calce l'elenco dei
presuli ospiti dell'arcivescovo o comunque di passaggio a Bologna. Il suddetto elenco verrà tuttavia
presto eliminato e le relative notizie (di notevole interesse dal nostro punto di vista) risulteranno inserite
alle rispettive date nel corpo della rubrica stessa.
13) Mi riferisco nel primo caso al netto prevalere di riferimenti alle attività di Nasalli Rocca legate
alla vita religiosa o più espressamente devota della diocesi; e nel secondo alla notizia che venne data
in più circostanze nel settembre-ottobre 1944 di incontri dell' arcivescovo con le autorità cittadine "per
risparmiare esecuzioni capitali" o "per interessi cittadini e religiosi nell'attuale momento" (BDB,
XXXV, 1944, pp. 157-158 e 191).
14) Degno di particolare nota, a tale riguardo, fu il soggiorno a Bologna del card. ungherese
Mindszenty nel marzo 1946. Soggiorno di cui peraltro si diede notizia generica in quella occasione,
parlando della visita dell'arciv. di Strigonia - nome latinizzato della città ungherese di Esztergom
(ibid., XXXVII, 1946, p. 52) -, e in forma esplicita solo nel 1949: dopo l'incarcerazione dello stesso
Mindszenty per la sua opposizione al regime comunista ungherese tibid., XL, 1949,24).
15) Non si trova traccia di soggiorni all'estero nell'appendice Apostolato e rappresentanze del
cardinale fuori diocesi, in Il cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca, cit., pp. 275-278.
16) In BDB, XXI, 1930, pp. 272-274, la cronaca delle giornate francesi. Lo confermano i cenni,
peraltro ancora più stringati, rinvenibili in Il cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca, cit., p. 182.
259
Giuseppe Battelli
Pochi rapporti con l'estero, dunque, e quei pochi segnati da motivazioni
assistenziali o incanalati nel solco devoto!". Provincialismo? Incapacità di guardare al di là del proprio orizzonte tradizionale? Pensando ad arcivescovi bolognesi come Svampa o addirittura Della Chiesa, che aveva lavorato a lungo a
Roma nella Segreteria di Stato prima di essere destinato a Bologna e poi diventare
papa con il nome di Benedetto XV, non sembra possibile insistere su una simile
valutazione. Ipotizzerei piuttosto l'effetto sul lungo periodo di due fattori. Da un
lato un modello episcopale - ancora ben vivo nell' episcopato italiano della prima
metà del Novecento" - che risaliva almeno al Tridentino e al suo decreto sulla
residenza dei vescovi; decreto certo non emanato a metà Cinquecento per
impedire a un vescovo del Novecento di superare i confini del proprio Stato, ma
ribadito in ogni caso dal C.LC. del 1917 (c. 338) e indubbiamente portatore di
una mentalità che non ammetteva, se non come eccezione, spostamenti che non
fossero legati alla cura pastorale della propria diocesi. Dall' altro la consuetudine
italiana, come conferma tra l'altro il grande ritardo rispetto agli altri Stati
moderni nella istituzione di una propria conferenza episcopale nazionale!", a
guardare a Roma e alla Santa Sede come all'unico necessario riferimento extradiocesano. Un fattore quest' ultimo di antica data ma che nel corso dell' Ottocento,
a sostegno di un papato in forte crisi sul piano dell'immagine internazionale,
aveva dato origine al cosiddetto "moto verso Roma", rinsaldando così in modo
cospicuo la sua centralità nell'immaginario collettivo delle generazioni ecclesiastiche successive.
Comunque sia, escluderei che Lercaro potesse essere sospinto a dare una
dimensione internazionale al proprio episcopato da una precedente tradizione bolognese ancora viva al momento del suo arrivo in città nel giugno 1952. Se c'era stata
in precedenza, tale tradizione, a quel momento era per lo più dispersa: lo conferma
indirettamente anche la diffidenza con la quale ampi settori del clero locale accolsero
le varie iniziative lercariane, comprese quelle che stavano già proiettando in uno
17) Un' eccezione - ma forse più apparente che sostanziale - venne rappresentata nel 1923
dali 'inaugurazione della cappella del Collegio di Spagna: cerimonia cui, oltre a Nasalli Rocca,
parteciparono i reali di Spagna e l'arcivescovo di Toledo e primate spagnolo card. Reig y
Casanova (EDE, XIV, 1923 p. 248).
18) Su alcune conferme locali del fenomeno cfr. F. TRANIELLO, L'episcopato piemontese
in epoca fascista, in Chiesa, Azione Cattolica e fascismo nell 'Italia settentrionale durante il
pontificato di Pio XI (1922-1939), Milano 1979, pp. 111-139, in part, 121 e 128; B. BOCCHINI
CAMAIANI, Ricostruzione concordataria e processi di secolarizzazione. L'azione pastorale di
Elia Dalla Costa, Bologna 1983, p. 79. In generale G. BATTELLI, Santa Sede e vescovi nello
Stato unitario. Dal secondo Ottocento ai primi anni della Repubblica, in La Chiesa e il potere
politico dal Medioevo all 'età contemporanea, a cura di G. CHITTOLINI e G. MICCOLI, Torino
1986,pp. 809-854, spec. p. 836.
19) Sull'istituzione e successivo cammino della Conferenza episcopale italiana F. SPORTELLI, La Conferenza Episcopale Italiana (1952-1972), [Galatina 1994]. Per le ben precedenti
esperienze degli altri episcopati nazionali G. FELICIANI, Le conferenze episcopali, Bologna
1974, in part, pp. 15-57.
260
La dimensione internazionale del!' episcopato di Lercara
scenario internazionale il magistero episcopale bolognese di Lercaro". Occorre
dunque considerare altre ipotesi: la prima delle quali riguarda la sua personale
esperienza a Genova e Ravenna.
2.
L'esperienza lercariana a Genova e Ravenna
La lunga stagione genovese aveva portato a Lercaro due elementi, rispetto
all' argomento qui esaminato. Il primo era essenzialmente culturale; il secondo
più legato alla pastorale. Mi riferisco da un lato alla lunga esperienza dell'insegnamento di S. Scrittura e di Patrologia", e dall' altro al decisivo legame con
mons. Giacomo Moglia: raro esponente (nell'Italia del tempo) del movimento
liturgico internazionale'". Nessuna delle due esperienze spinse o consentì a
Lercaro di uscire fisicamente dall'Italia, ma entrambe di certo lo abituarono a
varcarne i confini con lo studio e la sensibilità pastorale. Roma restava per lui
l'indiscusso riferimento dottrinale: basterebbe a tale riguardo esaminare il suo
volume sulla lettera cattolica di S. Giacomo, dove pur nel ripetuto richiamo alla
necessi tà di un' omiletica incentrata sul commento effettivo dei brani della S.
Scrittura non si mancava ripetutamente di distinguere l'atteggiamento protestante nei confronti della Bibbia da quello cattolico richiamato dai documenti
pontificiè'; senza inoltre trascurare l'influsso svolto in tal senso dal pur breve
soggiorno di studio effettuato a Roma tra l'autunno del 1914 e l'estate 1915 24 ,
presso quel "Pontificio Istituto Biblico" fondato nel 1909 e affidato alla guida
del gesuita L. Fonck in una chiara funzione di contraltare rispetto alla domenicana "École biblique" di Gerusalemme": Ma gli strumenti del suo lavoro
20) Mi riferisco in particolare alla riforma della liturgia e ancor più specificamente alla pubblicazione del direttorio liturgico A Messa, figlioli! (cfr. qui nota 135 e più in generale G. BATTELLI,
Tra chiesa locale e chiesa universale. Le scelte pastorali e le linee di governo dell 'arcivescovo di
Bologna Giacomo Lercaro [1952-1968], in Chiese italiane e Concilio. Esperienze pastorali nella
chiesa italiana tra Pio XII e Paolo VI, a cura di G. ALBERIGO, Genova 1988, pp. 151-185, spec. pp.
167-171). Ma è anche significativo che gran parte dei collaboratori di cui si servì Lercaro per le nuove
iniziative pastorali appartenessero al clero giovane, e quindi meno legato alla tradizione locale, o
provenissero da fuori diocesi iibid., p. 166).
21) Su questo si veda ora N. BUONASORTE, Giacomo Lercaro: contributo alla conoscenza del
periodo genovese (J89I-1947), in Cristianesimo nella storia, XX, 1999, pp. 91-145, spec. 114ss.
22) Com' è noto, alla ricostruzione della biografia di Moglia lo stesso Lercaro dedicò il volumetto
Monsignor Moglia, Genova 1953.
23) G. LERCARO, La lettera cattolica di S. Giacomo. Commento omiletico, Brescia 1931,
passim. Per un'analisi dell'opera cfr. A. GIOVAGNOLI, Spiritualità e cultura in Giacomo Lercaro,
in lo 'eredità pastorale di Giacomo Lercaro. Studi e testimonianze, Bologna 1992, pp. 325-345, spec.
338ss.; BUONASORTE, Giacomo Lercaro, cit., pp. 125ss.
24) Alcuni dati in BUONASORTE, Giacomo Lercaro, cit., pp. 100s.
25) Per le tradizionali posizioni di Fonck in merito alla "Questione biblica" sviluppatasi tra fine
Ottocento e inizio Novecento cfr. L. FONCK, Der Kampfum die Wahrheit der Heiligen Schrifl seit
25 Jahren, Innsbruck 1905.
261
Giuseppe Battelli
intellettuale e didattico erano per lo più di matrice francese, come suggeriscono
i materiali bibliografici cui si fa di preferenza riferimento nel citato commento
alla lettera di Giacomo'"; mentre il contatto con Moglia voleva dire legami, ideali
se non proprio concreti, con le origini anch' esse francesi del movimento liturgico
ottocentesco e più da vicino con gli sviluppi svizzeri e belgi portati a quello stesso
movimento dal decisivo contributo di altre abbazie dell'Ordine benedettino -quali Einsiedeln, Mont-Vierge, Saint-André di Bruges - oltre a quella fondante
di Solesmes'".
Beninteso, non era una piena e concreta dimensione internazionale quella
che si respirava nelle pagine di omiletica biblica o di pastorale liturgica del
Lercaro quarantenne, ma era indubbiamente - soprattutto nel caso della liturgia
- un abituare lo sguardo a scenari non solo locali e non solo italiani. Perché tutto
questo si potesse tradurre in un vero e proprio e continuativo legame con le realtà
almeno d'oltralpe occorreva ovviamente altro: contatti diretti, riflessioni comuni,
verifiche sul campo di iniziative pastorali diverse da quelle conosciute nell'ambito italiano o più espressamente genovese. Al momento, però, tutto ciò non
risultava presente nell'esperienza personale di Lercaro e la stessa, dunque, non
poteva configurarsi come atipica o addirittura innovativa. A ben vedere, infatti,
molti altri ecclesiastici italiani appartenenti a quelle generazioni avevano o
avrebbero percorso un itinerario di studio e di insegnamento sostanzialmente
simile, fermandosi allivello di una prevalente quando non esclusiva conoscenza
intellettuale: senza cioè che la stessa fosse in certa misura veicolo di ulteriori e
più concrete forme di rapporto con la realtà internazionale. E anche Lercaro
poteva tutto sommato restare a quel punto.
Fu invece la nomina ad arcivescovo di Ravenna, intervenuta nei primi mesi
del 1947, a innescare alcuni elementi di novità. Tali elementi, tuttavia, si
svilupparono più all'interno della dimensione 'privata' del ministero episcopale
di Lercaro che non in riferimento a quella pubblica; anche per tale ragione
l'immagine esterna del suddetto ministero e le stesse fonti ufficiali che la
26) Cfr. tra l'altro i rinvii bibliografici contenuti nell'Introduzione (LERCARa, La lettera
cattolica, cit., pp. 17-28), dai quali emerge una insistita attenzione a opere francesi riguardanti lo studio
della S. Scrittura finalizzato a una più efficace predicazione. In part. GESLIN, Demiheure d'Écriture
Sainte; DaUBLET, s. Paul étudié en vue de la Prédication, Paris 1889; Idem, Les Psaumes étudiés
en vue de la Prédicatian, Paris 1891; 1. V. BAINVEL, Les contresens bibliques des Prédicateurs,
Paris 1895.
27) Lo stesso Lercaro, nella ricordata biografia di Moglia, accennerà alle visite effettuate da
quest'ultimo a inizio Novecento all'abbazia benedettina di Einsiedeln; all'invio in Belgio - presso la
comunità benedettina di Mont- Vierge - di tre discepole spirituali dello stesso Moglia al fine di porre
le basi per una futura fondazione in Italia di una casa affiliata a Mont- Vierge; infine alla traduzione
italiana voluta da Moglia del Petit missel quotidien di G. Lefebvre - edizione minore di G. LEFEBVRE,
Missel quotidien et vesperal. Grande édition, Bruges 1930 - curata dall'abbazia di Saint-André di
Bruges (LERCARa, Monsignor Moglia, cit., pp. 79-82). Questi ultimi avvenimenti si verificarono
attorno al 1930-1931, quando Lercara venne scelto da Moglia quale vice-direttore dell' "Apostolato
liturgico" da lui fondato e diretto.
262
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercara
potevano eventualmente documentare registrarono unicamente tracce che confermavano il prolungarsi senza apparenti novità del percorso finora tratteggiato,
I piani pubblico e privato mi pare vadano dunque esaminati separatamente: non
certo perché isolabili all'interno dell'unica esperienza lercariana, quasi che lo
stesso arcivescovo li vivesse come dimensioni tra loro separate del proprio
mandato, ma piuttosto per meglio cogliere in questa fase del cammino di Lercaro
uno sviluppo per così dire 'interno' che - a differenza di ciò che sarebbe poi
accaduto a Bologna - non diede vistosi segnali a livello ufficiale,
Sul piano pubblico il quinquennio ravennate registrava ad esempio, dal punto
di vista del nostro argomento, la consegna alle stampe del volume Metodi di orazione
meniale/", avvenuta nel 1948 ma come esito di un lavoro iniziato già prima dello
scoppio della guerra e prolungato durante la stessa e la fase di clandestinità trascorsa
tra il 1944 e il 1945 lontano dalla parrocchia della Immacolata". La pubblicazione
confermava - estendendola al piano delle diverse scuole spirituali sviluppatesi
nell'Europa tardo-medioevale e poi moderna - una conoscenza non occasionale in
Lercaro della cultura religiosa extraitaliana'"; e lo stesso si poteva dire dei contenuti
della lettera pastorale del marzo 1949, dedicata --ma con riferimenti anche di natura
storico-culturale - alla devozione al cuore immacolato di Maria, o dell'intervento
alla I Settimana liturgica nazionale (Parma, settembre 1949?1: intervento nel quale
28) G. LERCARO, Metodi di orazione mentale, Genova 1948. Forse anche per il suo legame
con la tradizione spirituale ignaziana, il volume venne tempestivamente recensito da La Civiltà
cattolica, IC, 1948, voI. IV, pp. 518-519. Per una recente analisi dell'opera cfr. G. DOSSETTI,
Memoria di Giacomo Lercaro, in Chiese italiane e Concilio, cit., pp. 281-312, in part. pp. 286-289,
dove si coglie acutamente il dualismo tra preghiera liturgica (comunitaria) e preghiera privata che
accompagnerà costantemente Lercaro e che sussisterà anche dopo il decisivo passaggio rappresentato dal concilio. Il contributo di Dossetti è stato poi riedito, con forte riduzione dell'apparato
di note e titolo mutato, in G. DOSSETTI, Lafìsionomia spirituale, in Giacomo Lercara. Vescovo
della chiesa di Dio (1891-1976), a cura di A. ALBERIGO, Genova 1991, pp. 185-218. Sul volume
lercariano si veda inoltre GIOVAGNOLI, Spiritualità e cultura, cit., pp. 331ss., che inserisce
efficacemente l'opera nel quadro del dibattito di inizio Novecento tra le diverse scuole di
spiritualità presenti all'interno del cattolicesimo.
29) G. BATTELLI, Da Genova a Ravenna (1891-1952), in Giacomo Lercara. Vescovo della
chiesa di Dio, cit., pp. 3-19, in part. p. 12.
30) Di un certo interesse, considerata la sensibilità liturgica di Lercaro, è l'accenno al contrasto
che si venne a creare a inizio Novecento tra alcuni esponenti del movimento liturgico - quali il
benedettino M. Festugière - e taluni appartenenti alla Compagnia di Gesù - in particolare J. Navatel
- (LERCARO, Metodi di orazione mentale, cit., pp. 28 e 332 della III ediz., Roma 1969). Su tale
controversia cfr. ora M. PAIANO, Liturgia e società nel Novecento. Percorsi del movimento liturgico
difronte ai processi di secolarizzazione, Roma 2000, pp. 22-23 e 63-73. Lercaro vi accennerà anche
l'anno successivo, nella prolusione da lui tenuta a Parma nell'ambito della I Settimana liturgica
nazionale (LERCARa, Attualità della liturgia, cit., p. 12).
31) G. LERCARO, Lettera pastorale per la S. Quaresima, 15 marzo 1949, in Rivista diocesana
ufficiale per gli atti ecclesiastici delle diocesi di Ravenna e Cervia, XXXIX, 1949, pp. 55-70. Se ne
veda la regestazione in Lettere pastorali dei vescovi dell'Emilia-Romagna, a cura di D. MENOZZI,
Genova 1986, p. 314.
263
Giuseppe Battelli
- accanto alla citazione di De Lubac, Marmion e Chautard" - emergevano probabili
reminiscenze di più remote letture fatte a Genova nell' ambito di quell'insegnamento
di filosofia che Lercara aveva tenuto a fine anni Venti presso l'istituto dei barnabiti
"Vittorino da Feltre"33 e che era sfociato tra l'altro nella curatela dell'edizione
italiana de El criterio di J. Balmes".
A frante di questo le fonti ufficiali riguardanti l'attività pastorale svolta da
Lercaro in quegli anni non lasciavano invece trasparire, forse anche a causa del
loro carattere non omogeneo, alcunché di particolare dal nostro punto di vista".
È certo vero che Lercaro assumeva allora per la prima volta il governo episcopale
di una diocesi, e che in questa il pesantissimo scontro ideologico con le sinistre
- fenomeno caratteristico negli anni della "Guerra fredda", ma tanto più presente
in una terra dalle consolidate tradizioni socialiste e nella quale dalla fine Ottocento e sino al predecessore di Lercaro gli arcivescovi avevano rinunciato
all' ingresso in diocesi in forma solenne." - fu in quegli anni (tra il 1947 e il 1952)
il principale problema del nuovo arcivescovo. Resta però il fatto che l'unico
indizio in qualche modo riconducibile alla tematica qui esaminata era rappresentato dalla notizia del viaggio a Lourdes fatto da Lercaro nel maggio 1948 37,
al seguito del treno dell'UNITALSI: un' esperienza dunque del tutto simile a
quella di Nasalli Rocca e di molti altri vescovi italiani dell' epoca e comunque
32) Si citavano, non è chiaro se nella versione originale o nella traduzione italiana allora già
disponibile, H. DE LUBAC, Catholicisme. Les aspects sociaux du dogme, Paris 1938 (trad. ital. Roma
1949); C. MARMION, Le Christ, vie de l'cime, Paris 1917 (Milano 1944); G.B. CHAUTARD, L 'cime
de tout apostolat, (Torino 1939) (LERCARO, Attualità della liturgia, cit., pp. 4-5 e 11-12). Marmion
e Chautard erano stati ampiamente utilizzati da Lercaro anche nell'opera Metodi di orazione mentale,
edita l'anno precedente.
33) Tra gli autori richiamati S. Kirkegaard, G. Marcel, E. Bergson, M. Blondel (LERCARO,
Attualità della liturgia, cit., p. 8). A Gabriel Marcel Lercaro avrebbe dedicato ulteriore attenzione
nell'intervento su "Pensée moderne et sens du mystère" tenuto a Parigi il 18 novembre 1959,
nell'ambito della "Semaine des intellectuels catholiques" (Discorsi del card. Giacomo Lercara, II:
Liturgia viva, cit., pp. 295-309, in parto pp. 298-299). Per l'insegnamento di Lercara al "Vittorino da
Feltre" BUONASORTE, Giacomo Lercara, cit., p. 115 e nota 80.
34) BUONASORTE, Giacomo Lercaro, cit., p. 116.
35) Mi riferisco in part. al bollettino diocesano di Ravenna Rivista diocesana (dal 1950: Bollettino
diocesano di Ravenna e Cervia) che nel pur breve lasso di tempo durante il quale contiene la rubrica
"Diario di S.E. Mons. Arcivescovo" (dall'arrivo di Lercara nell'aprile 1947 all'agosto 1948) e più in
generale fino al passaggio di Lercara a Bologna nel giugno 1952 non riporta notizie di attività o incontri
dell'arcivescovo riconducibili a legami extra-italiani. Lo stesso dicasi per il supplemento al Bollettino
diocesano che venne edito a maggio 1952 a sintesi del quinquennio di episcopato ravennate. In tale
supplemento comparivano infatti solo il richiamo della partecipazione di Lercara ai pellegrinaggi a
Lourdes e il seguente accenno alle sue attività extra-diocesane: "Né la sua attività si è ristretta ai confini,
non certo angusti, delle due Diocesi [Ravenna e Cervia]. Milano, Vicenza, Padova, Bologna, Salerno
ed altre città hanno beneficiato della presenza operasa del nostra Arcivescovo" (Cinque anni dopo:
27 aprile 1947-27 aprile 1952, in Bollettino diocesano di Ravenna e Cervia, XLII, 1952, pp. 15-40,
a p. 38 il riferimento a Lourdes e a p. 15 la citaz. sopra riportata).
36) BATTELLI, Da Genova a Ravenna, p. 13.
37) Rivista diocesana, XXXVIII, 1948, p. 77.
264
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
estranea - pur nelle sue encomiabili motivazioni - all' eventuale caratterizzazione internazionale di un episcopato.
Fin qui le fonti ufficiali, o comunque edite, come nel caso degli scritti lercariani
allora pubblicati. Sono tuttavia le carte personali di Lercaro - relative al suo
ministero episcopale - che non solo arricchiscono o confermano con dettagli in
alcuni casi la scarna documentazione ufficiale in merito ad iniziative pubbliche che
videro coinvolto Lercaro", ma soprattutto gettano luce sul lento aprirsi in quegli
anni di una prospettiva che, allo stato attuale delle conoscenze, mi pare si possa
definire nuova rispetto al passato genovese: lo stabilirsi cioè di una serie di diretti
contatti internazionali che avrebbero iniziato ad allargare l'orizzonte lercariano
anche dal punto di vista concreto e non più solo attraverso gli strumenti del lavoro
intellettuale. Non si trattò che di pochi casi e legati a circostanze per lo più
occasionali, ma è importante rilevarli perché anche se non avrebbero rappresentato
un tramite specifico rispetto alle future esperienze bolognesi ne costituirono in ogni
caso un indubbio antefatto.
Il primo di tali contatti - relativo in questo caso al mondo extra-europeo - si instaurò
già nel luglio 1947, all' indomani dell' arrivo di Lercaro a Ravenna, e si trattò di una sorta
di lascito dell' areivescovo predecessore: Antonio Lega. Questi era infatti originario
della provincia di Faenza" e tale circostanza gli aveva consentito di stabilire un rapporto
privilegiato con il conterraneo A.G. Cicognani, dal marzo 1933 delegato apostolico
della S. Sede presso il governo degli Stati Uniti d'America. Lercaro si mise in immediato
contatto con Cicognani e la risposta che ne seguì, per quanto non del tutto soddisfacente'", aprì di fatto le porte di un rapporto che avrebbe scandito con alterni esiti
l'intero successivo sviluppo dell'episcopato ravennate di Lercaro'". Un rapporto che
ruotò in quegli anni attorno alla richiesta lercariana di ottenere aiuti finanziari da parte
della comunità cattolica statunitense, ma che probabilmente non fu estraneo ai ben più
intensi contatti che si sarebbero stabiliti tra Lercaro e la stessa comunità cattolica
statunitense durante gli anni di episcopato bolognese.
38) La lettera di una pellegrina austriaca che si recò nel luglio 1951 a Lourdes ci informa ad es.
su alcuni aspetti della partecipazione di Lercaro al pellegrinaggio italiano tenutosi in quel periodo (R.
Poch a G. Lercaro, 22 dicembre 1951, in Fondo Lercara, Ravenna, b. 2), anche se le date (luglio,
invece di maggio) non corrispondono a quanto si legge in Bollettino diocesano di Ravenna e Cervia,
XLII, 1952, p. 38.
39) Ricavo l'informazione da Lettere pastorali dei vescovi dell'Emilia-Romagna, cit., p. 312.
40) "La Sua lettera mi dà occasione di porgere felicitazioni ed auguri per il Suo alto ministero
nella sede di Ravenna. Non ò [sic] il bene di conoscerl.a, ma speriamo d'incentrarci anche in questo
mondo. Vostra Eccellenza pure saprà che le intenzioni di Messe, che negli ultimi anni di guerra
abbondavano, sono ora piuttosto scarse, e non posso quindi ripetere le missive fatte al Suo predecessore, come desidererei [... ]. Non dimentico che appartengo un poco a Ravenna, ed ò potuto racimolare... " (A.G. Cicognani a G. Lercaro, 25 luglio 1947, in Fondo Lercara, Ravenna, b. 3).
41) lbid., bb. 2 e 3, si conservano lettere di Cicognani a Lercaro - invariabilmente legate alla
richiesta di aiuti finanziari, o da parte dello stesso Lercaro o da parte di altri esponenti del mondo
cattolico ravcnnate - recanti le date: 21 dicembre 1948, 11 settembre 1949, 25 novembre 1949, 28
aprile 1950, 29 giugno 1950, 29 marzo 1951.
265
Giuseppe Battelli
L'anno decisivo, soprattutto per i contatti internazionali nell'area europea, fu
tuttavia il 1950. Nell'ambito delle celebrazioni per l'Anno santo si svolsero infatti
innumerevoli pellegrinaggi aventi quale destinazione principale Roma. Nel viaggio
di andata o di ritorno taluni ecclesiastici passarono in visita a Ravenna. Alcuni
restarono ospiti per taluni giorni dello stesso Lercaro, come nel caso del vescovo di
Namur (Belgio) A.M. Charue'", altri - tra i quali un gruppo di seminaristi francesi
della diocesi di Poitiers - ebbero un grave incidente stradale e, ricoverati a Ravenna,
ottennero da Lercaro un premuroso aiuto, che valse negli anni successivi all' arcivescovo ravennate una ripetuta serie di inviti. Nel corso dello stesso anno, poi, Lercaro
conobbe a un Congresso internazionale mariano l'areivescovo di Ottawa A. Vachon,
presidente del Consiglio permanente per l'organizzazione dei congressi eucaristici
internazionali, allacciando con questi un rapporto che si sarebbe presto consolidato
anche grazie all'invio di proprie pubblicazioni da parte di Lercaro".
Ed è proprio la lista dei destinatari delle copie omaggio del "Piccolo dizionario
liturgico" allora edito da Lercaro'" a confermare in dettaglio il delinearsi di questa
prima serie di contatti internazionali. Accanto infatti ai nominativi dei ricordati
vescovi Charue e Vachon, e del delegato apostolico negli Stati Uniti Cicognani,
compariva un nutrito elenco di ecclesiastici di Poitiers: dal vescovo E. Mésguen, al
suo ausiliare H. Vion, ai sacerdoti G. Réné e P. Compain del locale Seminario
maggiore".
Se i rapporti con Cicognani e Vachon avevano soprattutto un profilo legato al
sostegno finanziario della diocesi di Ravenna", quelli con Charue e con la diocesi
di Poitiers - almeno nelle intenzioni degli interlocutori di Lercaro - avrebbero potuto
42) AI soggiorno a Ravenna si accenna in diverse lettere di A.M. Charue a G. Lercaro. In
quella in particolare del31 dicembre 1951 (ibid., b. 2) si puntualizza che erano trascorsi da allora
circa 14 mesi. In una successiva lettera del 18 febbraio 1956 (ibid., 43 LS, b. 1955-1963) Charue
ricorda che il loro rapporto e il conseguente soggiorno ravennate ebbero origine dal carteggio che
intercorse tra i due vescovi a proposito del santuario di Beauraing: luogo di apparizioni mariane
nel 1932-1933. L'affermazione si riferisce evidentemente al loro rapporto diretto, perché già da
vari anni Charue conosceva il commento alla lettera di s. Giacomo edito da Lercaro nel 1931.
Come infatti Charue ricorderà anni dopo, egli lo aveva inserito in un proprio studio di fine anni
Trenta: "Lorsque parut, en 1938, mon commentaire des Epitres catholiques dans la Bible de Pirot
(Lethouzey),je n'imaginais pas que quinze ans plus tard, devenu évèque de Namur.je serais l'h6te
du Cardinal de Bologne et que celui-ci serait l'écrivain dont je signalais, dans ma bibliographie,
'la lettera cattolica di s. Giacomo:" (A.M. Charue a G. Lercaro, 8 febbraio 1954, ibid., 43 LS, b.
1952-1954).
43) Cfr. A. Vachon a G. Lercaro, 2 novembre 1950, ibid., Ravenna, b. 3, dalla quale si ricava
sia il riferimento all'occasione nella quale i due presuli si erano conosciuti sia la notizia che Lercaro
aveva successivamente inviato all'arcivescovo di Ottawa una copia del proprio volume Metodi di
orazione mentale.
44) G. LERCARO, Piccolo dizionario liturgico, Genova 1951.
45) Fondo Lercara, Ravenna, b. 2.
46) Ma nel caso di Vachon si estenderanno anche a una più puntuale informazione riguardante
lo svolgimento dei congressi eucaristici internazionali (A. Vachon a G. Lercara, 8 settembre 1951,
ibid.).
266
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
tradursi in un legame più profondo". A rendere in parte irrealizzabili quei progetti,
che prevedevano tra l'altro soggiorni a breve termine di Lercaro a Poitiers e a
Namur", sarebbe però intervenuta nell'aprile 1952 la nomina ad arcivescovo di
Bologna.
3. La prima fase bolognese: l'effetto "cardinalato"
e l'immagine sulla stampa
Al momento dell' arrivo a Bologna erano dunque già riscontrabili nell' esperienza di Lercaro corpose tracce di un suo non sentirsi legato al solo mondo
cattolico italiano, sia per ciò che concerneva l'ambito culturale che dal punto di
vista del vissuto religioso. E mi pare fortemente fondata l'ipotesi che si stesse
ormai delineando nei suoi confronti una certa fama di uomo dagli ampi orizzonti:
proprio a seguito della nomina del nuovo arcivescovo petroniano, da lui conosciuto durante l'episcopato ravennate di Lercaro'", una personalità del calibro e
della ricchezza intellettuale di Giuseppe Dossetti scelse infatti Bologna nel 1952
quale città nella quale dar vita all'iniziativa del "Centro di documentazione".
Eppure, nonostante questo, non ritengo si possa affermare che in quelle pur
corpose tracce ci fosse qualcosa di tanto specifico e di così chiaramente palese
da valutare come ovvio, scontato, in larga misura inevitabile, il decisivo e
qualificante passaggio che si sarebbe verificato negli anni successivi. In fin dei
conti, tra i numerosi segni di stima e di congratulazione inviati a Lercaro nella
tarda primavera del 1952 in riferimento alla nomina a Bologna, quelli che
giunsero dall'estero non fecero altro che confermare i legami già ricordati con il
delegato apostolico Cicognani, con il vescovo Charue e con la diocesi di Poitiers:
non lasciando pertanto seri margini, per ciò che riguarda lo scorcio di fine anni
Quaranta/inizio anni Cinquanta, ad ipotesi di contatti a più largo raggio".
Qualcosa tuttavia accadde. Nell'arco di pochi anni Lercaro sarebbe infatti
risultato il destinatario di una fama internazionale che gli avrebbe aperto le porte
per un reticolo di contatti extra-italiani e spesso anche extra-europei ben altri-
47) "C'est vous dire que je crois très fort au Iien d'amitié et de fraternité qui désormais unit
l'Église de Ravenne et l'Église de Poitiers" (E. Guignet a G. Lercaro, 31 ottobre 1950, ibid.).
48) E. Mésguen a G. Lercaro, 28 marzo 1951, e A.M. Charue a G. Lercaro, 31 dicembre 1951,
ibid. Nel caso del previsto soggiorno in Belgio, si deduce dalla lettera di Charue che Lercaro aveva
proposto di compierlo in occasione del pellegrinaggio al ricordato santuario di Beauraing.
49) D. MENOZZI, Le origini del Centro di documentazione (1952··1956), in "Con tutte le tue
forze". J nodi dellafede cristiana oggi. Omaggio a Giuseppe Dossetti, a cura di A. e G. ALBERIGO,
Genova 1993, pp. 333·369, spec. 344 e 346.
50) Cfr. in Fondo Lercaro, b. Felicitazioni in occasione ingresso Bologna, le lettere spedite a
Lercaro da A.G. Cicognani (lO maggio 1952), dal rettore e da un allievo del Seminario maggiore di
Poitiers (rispettivamente 17 e 16 giugno 1952). Per le congratulazioni del vescovo di Namur si veda
A.M. Charue a G. Lercaro, 3 maggio 1952, ibid., Ravenna, b. 1.
267
Giuseppe Battelli
menti significativo e qualificante rispetto a ciò che abbiamo registrato nelle
precedenti stagioni di Genova e Ravenna.
A favorire questa svolta furono probabilmente, come vedremo in dettaglio,
anche talune circostanze specifiche e alcune condizioni legate al contesto sia
religioso che sociale e ideologico del periodo. Ma un fattore d'innesco complessivo ritengo vada ricercato non tanto nel fatto che in quella fase Lercaro mutò
indirizzo pastorale o intraprese strade del tutto inedite rispetto agli orientamenti
da lui espressi in un passato più o meno recente, quanto piuttosto nella maggiore
messa in luce e ricaduta pubblica di quegli stessi orientamenti. Vale a dire nella
cassa di risonanza decisamente più vasta che veniva ora offerta al dinamismo
pastorale già da lui manifestato a Genova e a Ravenna: una cassa di risonanza
alimentata dopo il giugno 1952 dal ricoprire la funzione di arcivescovo di
Bologna e dopo il gennaio 1953 dall'elevazione al cardinalato. Svolta quest'ultima che, oltre a inserirlo in qualità di membro in diversi dicasteri della Curia
romana e a investirlo progressivamente della funzione di 'protettore' di varie
istituzioni e congregazioni religiose, segnalava Lercaro all' opinione pubblica
internazionale come appartenente a quel gruppo cardinalizio italiano che all' epoca ancora rappresentava (per numero e autorevolezza complessiva) la porzione
largamente più 'forte' del Sacro Collegio e in ogni caso il settore nel quale almeno dal 1522, anno nel quale il conclave elesse papa Adriano VI, cardinale
di origine fiamminga - veniva invariabilmente scelto il futuro pontefice.
Eco indubbia di questa crescente notorietà e - nello stesso tempo - veicolo
ulteriore della medesima furono interviste e articoli che nel corso degli anni
Cinquanta apparvero sulla stampa internazionale a frequenza sempre più incalzante. A ospitare i suddetti scritti era un panorama estremamente variegato di
testate: a conferma di un interesse che assumeva gli stessi connotati multiformi
che i giornalisti ritenevano di vedere nella fisionomia di colui che agli occhi di
un articolista dello statunitense "The Catholic Worker" appariva nel 1955 come
il più controverso prelato nella Chiesa di quei tempi 51. In Europa, ad esempio,
tale panorama si estendeva dai periodici direttamente impegnati nel settore
liturgico - notoriamente vicino agli interessi di Lercaro - "Revue grégorienne"
(dell'abbazia di Solesmes), "La Maison-Dieu", "Liturgy" -; alle testate specializzate in problematiche religiose "La Croix", "La Documentation catholique",
"La Semaine religieuse", "Church Times", "Revue de l'Action populaire"; ad
organi di stampa non legati al mondo religioso quali la svizzera "Di e Weltwoche"
o l'olandese "De Volkskrant". E non mancavano infine giornali che venivano
citati in lettere di corrispondenti di Lercaro ma senza fornire elementi utili a
individuarne con certezza il tìtolo'". E lo stesso fenomeno complessivo si
51) "There is probably no more controversial prelate in the Church today" (V.R. TORTORA,
Cardinal Lercaro o/Bologna, in The Catholic Worker, maggio 1955, p. 5).
52) È il caso ad es. di una corrispondente cattolica proveniente dalla Germania, ma emigrata in
Canada, che scrive di aver appreso da una rivista tedesca che Lercara è interessato al giudizio dci
268
La dimensione internazionale del!' episcopato di Lercara
registrava negli Stati Uniti, dove alla presenza di quotidiani o periodici di profilo
generale e dalla larghissima tiratura quali il "Ne w York times", "Time" o il
"Readers Digest", si affiancava quella di testate del settore religioso come "The
Catholic Herald" e "The Catholic Worker", o la rivista liturgica specializzata
"Worship".
Materiale assai ricco, dunque, e tuttavia non del tutto utile a seguire in dettaglio
l'eventuale e più o meno coerente costruirsi nel corso di quegli anni - e con
riferimento specifico ai soli 'media' - di una data immagine internazionale di
Lercaro. Anche perché se talvolta è possibile documentare il percorso seguito da
alcune chiavi di lettura sviluppatesi a monte dei ricordati interventi sulla stampa
extra-italiana'", quasi sempre risulta difficile incrociare tra loro le diverse analisi e
soprattutto identificare il legame di debito/credito tra i vari scritti. Nondimeno due
elementi di fondo mi sembrano individuabili con sufficiente precisione. Penso
innanzitutto al carattere decisamente sfaccettato che tale immagine ebbe per gran
parte degli anni Cinquanta: quasi che la effettiva multiformità delle sue iniziative
costringesse a presentare un Lercaro dai molti volti'", pur nel prevalere di una
tipologia di vescovo intento a far ruotare il proprio ministero attorno al binomio
liturgia e impegno sociale. Anzi - ancora più propriamente - a una liturgia intesa
tra l'altro come veicolo per un recupero di spazi sociali e di riavvicinamento alla
chiesa da parte di popolazioni inserite in un contesto sociale, come quello emilianoromagnolo, ideologicamente avverso. Lo rilevava tra l'altro la scheda relativa a
Lercaro che - a presumibile uso della stampa - era stata preparata dagli organizzatori
della XX "National Liturgical Conference" degli Stati Uniti, ospitata dall'università
di Notre Darne a fine agosto 1959 e ai cui lavori era stato invitato come relatore lo
stesso arcivescovo di Bologna:
1. His Eminence is visiting this country to speak at the National Liturgical
Conference being held at the University of Notre Dame, August 23-27.
2. Pope Pius X has referred to a renewed vigor and participation in the liturgy as
the "prirnary and indispensable source of the Christian Iife", Pope Pius XII issued a
special instruction on the subject shortly before his death. It is speculated that the
Cardinal will comrnent on this instruction and show how moral recovery in his own
diocese has been directly connected with a renewal of the participation in Divine
giovani sul rapporto tra cattolicesimo e mondo moderno (R. Herbeck a G. Lercaro, 2 settembre 1954,
in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1952-1954). Un corrispondente svizzero scrive invece di aver letto in una
rivista del suo paese che Lercaro è impegnato nelle problematiche sociali e teso al miglioramento delle
condizioni del popolo (G. Stieger a G. Lercaro, 5 settembre 1954, ibid.i.
53) A riguardo si veda tra l'altro l'intervista apparsa su La Documentation catholique, 28
novembre 1954, pp. 1513·1518, che riprendeva in traduzione francese il testo già apparso in Italia a
inizio giugno 1954 su La Rocca, XIII, 1954, nr. II, e poi sullo stesso bollettino diocesano di Bologna,
con titolo "Come guarisce una diocesi malata". Su tale intervista BATIELLI, Tra chiesa locale e
chiesa universale, cit., pp. 153·154 e note.
54) Il Daily American del 23 febbraio 1958, p. 7, titolava ad esempio: "Busy churchman in a red
area ofItaly. Bologna's cardinal: theologian, preacher, social worker".
269
Giuseppe Battelli
Worship and extra-liturgical functions which focus the attention of people, especially
the young, on the life of Christ. The enthusiasm created in Bologna far these activities
was very important in reducing the status of Cornmunism in Northern Italy. The title of
his main address will be "Liturgy and Social Action't":
In realtà però, ed è il secondo elemento di fondo che mi pare emerga con
evidenza dalla ricordata documentazione, molti interventi apparsi sulle testate
nord-americane - ma anche in qualche caso su quelle europee'? - sottolinearono con
enfasi l'intensa attività anticomunista dispiegata dall'arcivescovo di Bologna". Si
trattava certamente di un aspetto caratteristico del Lercaro di inizio anni Cinquanta
- emblematizzato tra l'altra dalla nota iniziativa dei "Frati volanti", spesso ricordata
sui giornali citati -, ma che sulla stampa statunitense del tempo subì una sensibile
enfatizzazione nel clima generale di "Guerra fredda" e di specifico "maccartismo"
allora diffusi, portando Lercara a essere destinatario sia di finanziamenti chiaramente alimentati dal suddetto presupposto ideologico" sia dell' attenzione da parte di
più o meno pittoreschi autori di piani per sconfiggere il comunismo e prevenire la
Terza guerra mondìale!".
Se questo fu l'effetto dell'immagine consegnata in prevalenza dai giornali e
periodici ricordati (immagine che lo stesso Lercaro, va rilevato, tentò in parte di
riequilibrare'? ma che al medesimo tempo alimentò nelle corrispondenze private
destinate agli ambienti nord-americani e riguardanti richieste di finanziamento'") va
55) Copia in Fondo Lercara, 43 LS, b. 1955-1963.
56) Kardinal Lercara, der "Don Camillo" im roten Bologna, in Die Weltwoche, 12 novembre
1954; Kardinaal Lercaro, modern strijder tegen communisme, in De Volkskrant, 9 maggio 1958.
Questo secondo articolo venne redatto sulla base di un' intervista concessa da Lercaro al giornalista
olandese M. Verdegaal, nel clima alimentato dalla condanna del vescovo di Prato Fiordelli; condanna
alla quale Lercara rispose facendo addobbare a lutto i portali di tutte le chiese della diocesi e decretando
il suono a morto delle campane delle medesime chiese ogni sera alle ore 18.00 a partire dal giorno di
emissione del decreto e fino alla domenica delle Palme (O. BATIELLI, Annotazioni in margine, al
problema continuità/svolta nel! 'episcopato bolognese di Giacomo Lercaro, in L'eredità pastorale di
Giacomo Lercaro. Studi e testimonianze, Bologna 1992, pp. 423-450, p. 433, nota 41).
57) Cfr. tra l'altra New York Times, 16 marzo 1954; Readers Digest, settembre 1954; The Catholic
Herald, 15 ottobre 1954; The Catholic Worker, maggio 1955; The Register, 23 dicembre 1956.
58) Diverse tracce di corrispondenza in tal senso in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1952-1954.
59) 1bid., J. Still a O. Lercara, 14 giugno 1954.
60) Un indizio in tal senso è ricavabile dall'intervista concessa al Catholic Herald e così riassunta:
"Cardinal Lercara, who is known in the daily Press for his radical attention to social reform and for
the audacious methods by which he steals the Communists' thunder in the capitai of Red Italy, is
primarily an authority on the Liturgy and an exponent of its relation to the life of the community"
("Attend Mass as a Family". Conversation with Cardinal Lercaro, in The Catholic Herald, 15 ottobre
1954, p. 5).
61) "Pardonnez, mon Père, mais il y a ici maintenant beaucoup d'entreprises de charité, de culte
(19 paraisses nouvelles dans la périferie de la ville; deux asyles seulement qui existent là), de defense
du Communisme" (Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1952-1954, copia della lettera di O. Lercaro a? [un
religioso canadese non identificabile dalla minuta dattiloscritta], 14 giugno 1954).
270
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercara
peraltro chiarito che il quadro dei rapporti internazionali effettivamente intrattenuti
da Lercaro - per ciò che è ricostruibile attraverso le carte da lui conservate, le tracce
presenti nelle fonti ufficiali del suo ministero episcopale e altri materiali - denotava
il contemporaneo svilupparsi di un profilo dell' arcivescovo di Bologna non del tutto
contrastante rispetto all'immagine pubblica delineata dalla stampa nel senso sopra
indicato'", ma certo assai più caratterizzato da accenti propriamente religiosi o in
ogni caso meno legati alle dinamiche ideologiche del tempo. Un profilo al cui interno
trovava naturale spazio anche l'attenzione alle dinamiche sociali - come confermava
il legame risalente perlomeno ai primi mesi del 1954 con J. Cardijn e l'organizzazione belga della lO.C. 63, o con i rappresentanti della "Mission de France", alla
ricerca di importanti referenti ecclesiastici italiani che consentissero loro di riprendere in futuro l'esperienza dei preti-operai dopo la sconfessione romana del 195464
- ma che soprattutto rimarcava in Lercaro il ruolo progressivamente sempre più
importante di promotore della riforma della liturgia.
Nel corso dei dieci anni che sarebbero intercorsi tra l'ingresso a Bologna a
l'apertura del concilio Vaticano II, pur nell' infittirsi di contatti alimentati da un
episcopato come quello di Lercaro che esprimeva un dinamismo raro nelle
62) Sul parziale fraintendimento della figura di Lercaro da parte della stampa estera si è soffermato
G. HUBER, Le Cardinal reçoit toujours!, Paris 1959, in part. p. 131, in quella che - assieme al più
sintetico ritratto My door is always open, edito nei mesi successivi e presentato nell'ambito del
soggiorno lercariano negli USA dell'estate 1959 - può essere considerata l'unica 'biografia autorizzata' scritta all' estero su Lercaro. Huber si riferiva in particolare alla fama prevalente di 'vescovo
sociale' e indicava come esempio negativo un articolo che dal titolo sembra corrispondere all'intervento apparso nel 1954 sul periodico svizzero Die Weltwoche (cfr. sopra nota 56). Resta altresì vero
che la stessa ricostruzione di Huber, al di là del genere giornalistico e della forte impostazione
encomiastica, si sofferma per lo più a descrivere episodi, a citare aneddoti, a proporre frasi ad effetto:
come quella, appunto, che diverrà il titolo dell'intera opera.
63) Cfr. l Minoletti a G. Lercaro, 5 marzo 1954; l Cardijn a G. Lercaro, 23 aprile 1954 (ibid.);
e J. Cardijn a G. Lercara, 20 giugno 1957 (Fondo Lercaro, 8 HP c, b.1952-1961) contenente tra l'altro
l'invito a partecipare al raduno mondiale della lO.C. previsto a Roma per l'agosto-settembre di
quell'anno. Il legame tra Lercaro e la J.O.c. non era però estraneo, probabilmente, anche al ruolo che
la liturgia aveva nella spiritualità del movimento 'jocista'. Su questo cfr. M. PAIANO, Liturgia, società
e politica nella JOC belga, in Cristianesimo nella storia, XX, 1999, pp. 297-323.
64) Dal breve carteggio con il sacerdote francese R. Colliard (lettere a Lercara del 21 gennaio e
2 febbraio 1956, ibid., 43 LS, b. 1955-1963) si ricava che Colliard era stato ospite di Lercaro l'anno
precedente, che aveva esposto ai propri superiori della "Mission de France" il contenuto di quell'esperienza e che gli stessi avevano manifestato il desiderio di conservare rapporti con il presule italiano
pur nella differenziazione delle forme e dei metodi di intervento. L'incontro con Lercara è probabilmente da mettere in relazione con il viaggio in Italia compiuto nell'agosto-settembre 1955 da alcuni
preti-operai francesi, che si recarono oltre che a Bologna anche nella Milano dell' arcivescovo Montini
e nella Genova del card. Siri. Per la ricostruzione di tale esperienza cfr. M. GUASCO, Dai preti-operai
ai preti al lavoro: contributo per una storia, in Humanitas, XXII, 1967, pp. 1080..1099 e 1171-1179,
dove si rileva tra l'altro che la scelta delle tre sedi episcopali sopra citate venne effettuata sulla base
del convincimento che le cattive condizioni di salute di Pio XII rendessero imminente un conclave e
che gli arcivescovi di Bologna, Genova e Milano rientrassero a pieno titolo nella rasa dei papabili (p.
1085).
271
Giuseppe Battelli
gerarchie ecclesiastiche dell' Italia del tempo, questo sarebbe risultato senza
ombra di dubbio il settore trainante nel rapporto tra l'arcivescovo di Bologna e
il mondo cattolico internazionale. Occorre dunque che ci si soffermi più a lungo
su tale aspetto.
4. Il ruolo trainante della liturgia
Innanzitutto va chiarito che al momento dell'arrivo a Bologna nel giugno
1952 e dell'elevazione al cardinalato nel gennaio 1953 Lercaro non ricopriva
ancora un ruolo di particolare rilievo nel movimento liturgico internazionale. È
ciò che risulta sia dalla completa assenza di tracce documentarie che suggeriscano il contrario, sia dalla testimonianza delliturgista francese Martimort, che in
anni successivi ricondurrà ai lavori del convegno di Lugano (14-18 settembre
1953) - sul quale ritorneremo tra poco - il primo specifico contatto dei liturgisti
d'oltralpe con il pensiero e le iniziative dell'arcivescovo di Bologna65 . A livello
italiano invece, anche grazie ai rapporti e alle esperienze genovesi dei decenni
precedenti, Lercaro riscuoteva già un certo credito: come attesta tra l'altro la
partecipazione alla settimana liturgica di Parma del settembre 1949, nella quale
egli presentò un intervento su "L'attualità della liturgia't'". Proprio quella partecipazione peraltro, pur risultando in sé degna di nota, non può non essere valutata
alla luce del fatto che il contributo italiano allo sviluppo complessiva del
movimento liturgico internazionale non era stato sino ad allora di particolare
rilievo: o perlomeno si era mosso di preferenza all'interno di quella riforma
liturgica in prospettiva 'romana' che era stata alimentata dallo stesso pontefice
Pio XII con la pubblicazione dell'enciclica Mediator Dei (20 novembre 1947) e
la successiva nomina (28 maggio 1948) di una apposita commissione affidata
alla guida del card. C Micara, prefetto della congregazione dei Riti'".
La stessa iniziativa di Parma, d'altronde, si presentava come la prima
esperienza italiana di "Settimana liturgica nazionale" e seguiva di soli due anni
la nascita del CA.L.: quel "Centro di azione liturgica" che, sotto la precipua
guida del vescovo di Bergamo A. Bernareggi e del vescovo di Biella C Rossi,
avrebbe rappresentato negli anni successivi il punto di riferimento ufficiale per
65) A.G. MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, in Giacomo Lercaro pastore, maestro,
testimone. Atti delle giornate commemorative a dieci anni dalla morte (Bologna, 18-26 ottobre
1986), Cinisello Balsamo 1991, pp. 137-148, spec. 137.
66) Il testo dell'intervento in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, II: Liturgia viva, cit., pp.
3-14.
67) Il carattere volutamente 'romano' della commissione era confermato, oltre che dalla
ricordata presidenza del card. Micara, dalla sua composizione: legata in larga misura al suddetto
dicastero curiale. Per tutto questo, e anche per una sintesi delle attività della suddetta commissione
redatta dal segretario della stessa, cfr. A. BUGNINI, La riforma liturgica (1948-1975), Roma
1983,pp.20-23.
272
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercaro
le iniziative riguardanti in Italia lo sviluppo della riforma liturgica e del quale
Lercaro - una volta divenuto cardinale - avrebbe ricoperto la funzione di
'protettore'. Un Lercaro, si tenga conto, che non aveva partecipato in quegli anni
né al primo convegno internazionale di studi liturgici tenutosi nel 1951 nella
abbazia benedettina di Maria Laach (culla del movimento liturgico tedesco), né
al secondo convegno della medesima natura svoltosi in Francia l'anno successivo
a St. Odile, presso Strasburgo. Convegni organizzati in entrambi i casi dal
"Liturgisches Institut" di Treviri e dal "Centre de Pastorale liturgique" di Parigi:
a conferma della chiara leadership svolta sull'intero movimento internazionale
dalla componente franco-germanica'".
Il terzo convegno della suddetta serie si sarebbe dovuto tenere "dietro
espresso desiderio di varie personalità romane in un luogo più vicino all' Italia"69.
Venne scelta Lugano. Ma il vero problema è riassumibile nella domanda: il
suddetto desiderio scaturiva da esigenze meramente logistiche o da motivazioni
di natura 'politica', volte a segnalare la necessità - per un movimento che in
effetti risultava in prevalenza extra-italiano - di un maggiore legame con Roma
e con le ricordate iniziative di Pio XII concernenti la riforma liturgica? Problema
reale, tanto più che il convegno, dovendosi svolgere nel 1953, sarebbe coinciso
con le celebrazioni per il 50° anniversario della pubblicazione del motu proprio
di Pio X "Tra le sollecitudini": testo programmatico per antonomasia del movimento liturgico novecentesco.
Non conosco elementi utili a sciogliere in modo convincente, e dunque non
solo congetturale, il suddetto interrogativo. Due aspetti, tuttavia, mi pare inducano a propendere per la seconda ipotesi: il fatto che alla seduta di apertura fosse
prevista la presenza del card. Ottaviani?", a quel tempo pro-segretario della
suprema congregazione del S. Uffizio; e la decisione degli organizzatori di
affidare al cardinal Lercaro la relazione sul tema "La partecipazione attiva,
68) In particolare sul ruolo svolto dal "Centre de pastorale liturgique" quale "propulsore del
movimento liturgico mondiale" cfr. PAIANO, Liturgia e società nel Novecento, cit., p. 149. Sul
"Liturgisches Institut" di Treviri si veda S. SCHMITT, Die internationalen liturgischen Studientreffen
(1951-1960), Trier 1992, pp. 30-39.
69) Fondo Lercara, lO LI d, b. 1953-1960, circolare dattiloscritta dal titolo "Il terzo convegno
internazionale di studi liturgici", p. 1. La circolare non è datata, ma risale al più tardi all'inizio giugno
1953 - vi è infatti ancora inserito tra i relatori il nome del vescovo di Bergamo A. Bernareggi, mancato
il 23 giugno 1953 - e venne probabilmente inviata a Lercaro assieme alla lettera di L. Agustoni del 2
giugno 1953 (ibid.).
70) Ottaviani prese effettivamente parte alla giornata di apertura dei lavori. Così lo ricorda la
cronaca inserita negli Atti del convegno: "Acclamato dai partecipanti, prende la parola S. Em. Il Card.
Ottaviani, per dire come a Roma si seguano con interesse i lavori e le conclusioni dei Convegni liturgici,
per quelle future riforme auspicate già da Pio X e che Pio XII ha in parte attuato, anche con le più
recenti disposizioni concernenti la Veglia pasquale, il digiuno eucaristico e le Messe serali. Non si può
non vedere il carattere eminentemente pastorale che ha assunto oggi il movimento liturgico" (Partecipazione attiva alla liturgia. Atti del Ill convegno internazionale di studi liturgici. Lugano, 14-18
settembre 1953, a c. di L. AGUSTONI e 1. WAGNER, Lugano-Como 1953, p 22).
273
Giuseppe Battelli
principio della riforma pastorale e liturgica di Pio X", che sarebbe dovuta
risultare "fondamento ed apertura del convegno"?'. Decisione forse legata anche
al fatto che tra le istituzioni coinvolte nella preparazione del convegno risultasse
inserito quale rappresentante dell'Italia il C.A.L., del quale - come si è detto Lercaro aveva da poco assunto la funzione di cardinale 'protettore'.
Comunque sia il convegno di Lugano avrebbe rappresentato una tappa
decisiva nel consolidarsi definitivo in Lercaro di un orizzonte extra-italiano. Gli
avrebbe infatti consentito di entrare nel panorama del movimento liturgico
internazionale proponendosi all'attenzione degli specialisti dei vari Paesi, e gli
avrebbe offerto allo stesso tempo l'occasione per stabilire primi contatti - in
taluni casi molto significativi, se si pensa ai futuri ulteriori sviluppi extra-italiani
del ministero bolognese di Lercaro e allo stesso concilio Vaticano II - con
autorevoli rappresentanti dell' episcopato europeo fino ad allora a lui non conosciuti: dall'arcivescovo di Colonia Frings, all'arcivescovo di Rouen Martin, a
vari vescovi tedeschi fra i quali Weskamm (Berlino), Stohr (Mainz), Keller
(Mtinster), e in particolare quel mons. Konig -- allora vescovo coadiutore di St.
Polten - che una decina di anni dopo avrebbe affiancato Lercaro nel collegio dei
quattro Moderatori del concilio".
L'aspetto singolare in questa vicenda è rappresentato dal fatto che ciò
avvenne solo in seguito alla chiusura dei lavori del convegno e per effetto della
eco dei contenuti della relazione di Lercaro, non della sua presenza fisica a
Lugano. L'arcivescovo di Bologna, per ragioni che erano state comunicate agli
organizzatori solo a poche settimane dall'apertura dei lavori e che si richiamavano al sopravvenire di un intricato cumulo di impegni?", non poté infatti recarsi
nella località svizzera. Si stabilì dunque - attraverso un collegamento tra le sedi
radiofoniche di Bologna e Lugano - che l'intervento di Lercarc" venisse radio-
71) Circolare "Il terzo convegno internazionale di studi liturgici", cit., p. 1. La valutazione sulla
centralità ternatica dell'intervento di Lercaro sarebbe poi stata confermata sia nel carteggio intercorso
in quei mesi tra gli organizzatori e lo stesso Lercaro (in part. L. Agustoni a G. Lercaro, 19 luglio 1953,
in Fondo Lercaro, lO LI d, b. 1953-1960) che dalla cronaca dei lavori: "Data questa struttura del
programma, era evidente che la prima relazione [... ] non solo per la dignità del conferenziere, ma per
la struttura sua stessa fosse in qualche modo ad un tempo fondamento e larga cornice per tutti i
successivi lavori del Convegno" (Partecipazione attiva alla liturgia, cit., p. 26).
72) Si veda in Partecipazione attiva alla liturgia, cit., p. 12, l'elenco completo dei membri
dell'episcopato internazionale che parteciparono ai lavori di Lugano.
73) Lo si ricava dalla risposta di L. Agustoni a Lercaro del 20 agosto 1953 (Fondo Lercaro, lO
LI d, b. 1953-1960).
74) La versione italiana del testo sarebbe stata edita una prima volta negli Atti del convegno (G.
LERCARO, Partecipazione attiva: principio fondamentale della riforma pastorale-liturgica di Pio
X, in Partecipazione attiva alla liturgia, cit., pp. 73-81) e poi con alcune varianti nei titoli nel 1965
(Idem, La riforma di S. Pio X, in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, II: Liturgia viva, cit., pp. 79-85).
Alla maggiore diffusione internazionale del testo contribuì la versione francese dello stesso pubblicata
pochi mesi dopo il convegno di Lugano sulla rivista del "Centre de Pastorale liturgique" di Parigi (G.
LERCARO, La participation active. Principe fondamental de la réforme pastorale et liturgique de
PieXin La Maison-Dieu, X, 1954, fase. n° 37, pp. 16-24).
274
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercaro
trasmesso nella sede che ospitava i lavori del convegno, e - secondo la ricordata
testimonianza di Martimort" - ciò fece nascere nei liturgisti d'oltralpe l'interessamento per questo presule italiano che auspicava la lettura bilingue (in latino e
nelle lingue nazionali) dell'epistola e del Vangelo" e che sperimentava nella
propria diocesi particolari intrecci tra celebrazione liturgica e coreografie di
popolo: come nel caso della processione delle Palme, imperniata sul coinvolgimento di migliaia di fanciullino
Se dunque non possono sussistere ragionevoli dubbi sul ruolo che ebbe il
convegno di Lugano come circostanza decisiva per il definitivo allargamento degli
orizzonti pastorali dell' arcivescovo di Bologna - in un duplice senso: dell' interesse
di Lercaro per ciò che avveniva al di fuori dell'ambiente italiano e soprattutto
dell'interesse riscosso da Lercaro al di fuori d'Italia - mi pare occorra nondimeno
domandarsi in quale misura la tardiva decisione lercariana di non partecipare di
persona ai lavori del III convegno internazionale fosse dipesa realmente da un
accumulo di impegni" e non connessa piuttosto ad altri problemi, forse non estranei
alla sensazione che almeno una parte degli organizzatori di Lugano stesse tentando
di pilotare la prevista presenza di Lercaro verso il sostegno a posizioni già precostituite e probabilmente non del tutto condivise dallo stesso Lercara. Sensazione non
del tutto infondata, dato che l'ultimo contatto intervenuto tra Lercaro e gli organizzatori prima che l'arcivescovo di Bologna comunicasse loro la propria rinuncia
aveva offerto a questi l'opportunità di precisare:
2. La Commissione internazionale di studio si è nuovamente riunita e per avere una
unità di ispirazione e di intenti ha elaborato, oltre ai temi nella formulazione concreta,
anche degli appunti e delle note per ognuno dei principali conferenzieri. Mi permetto
allegare alla presente quanto riguarda il tema affidato a Vostra Eminenza.
75) MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit., p. 137.
76) Sulla particolare attenzione rivolta in quel periodo dallo stesso Martimort e da altri ecclesiastici francesi al problema della lingua volgare nella liturgia cfr. la documentazione edita in PAIANO,
Liturgia e società nel Novecento, cit., p. 220 nota 167.
77) Dello stesso genere era la coreografia prevista per il6 gennaio, con l'arrivo in città dei Magi.
Lercaro ne avrebbe espressamente parlato allo stesso Martimort in vista di un futuro soggiorno a
Bologna delliturgista francese: "Avrete occasione di vedere l'arrivo dei Magi; una manifestazione che
io stesso ho introdotto per evidenziare a questo popolo scristianizzato il senso tutto cristiano di
quell'usanza che chiamiamo con il nome di Befana" (G. Lercaro a A.G. Martimort, 7 dicembre 1955,
in MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit., p. 138). Il soggiorno, che poi non ebbe possibilità di
realizzarsi, avrebbe riguardato - oltre a Martimort - il domenicano A.M. Roguet, fondatore nel 1943
del "Centro de Pastorale liturgique" di Parigi (PAIANO, Liturgia e società nel Novecento, pp. 215ss.).
78) Nei giorni corrispondenti ai lavori di Lugano e in particolare alla mattina del 15 settembre,
quando era previsto l'intervento dell'arcivescovo di Bologna (la data esatta gli venne comunicata
perlo meno alla metà di luglio, cfr. L. Agustoni a G. Lercaro, 19 luglio 1953, in Fondo Lercara, 10 LI
d, b. 1953-1960, ma quella generale del convegno era nota da vari mesi), questi era in effetti coinvolto
nel Congresso eucaristico nazionale di Torino (EDE, XLIV, 1953, p. 157). Ma, anche a prescindere
dal fatto che Lugano era ben più comoda da raggiungere da Torino che non da Bologna, resterebbe
singolare il fatto che, pur conoscendo già da tempo le date dell'impegno svizzero, Lercaro non avesse
previsto una tale sovrapposizione.
275
Giuseppe Battelli
3. Come Vostra Eminenza stessa vedrà, il tema riservato alla Sua Venerata persona
è rimasto immutato. Gli appunti suddetti sono ben lontani dal voler tracciare uno
sviluppo obbligato o completo della conferenza; essi sono piuttosto gli elementi emersi
dalle nostre discussioni circa il programma e li rimettiamo a Vostra Eminenza per
quell'uso che riterrà più opportuno.
4. A Vostra Eminenza resta dunque riservata la conferenza introduttoria e prograrnmatica. Ella troverà elencato nelle note allegate quei punti che dovrebbero essere
espressi e che rappresentano ciò che ancora si deve raggiungere nel rinnovamento
liturgico e che è comunemente sentito come una forte esigenza o una vera necessità.
L'allegato II, poi (in latino), contiene le conclusioni formulate durante l'ultimo Convegno internazionale, le quali, purtroppo, non sono ancora state pubblicate, ma che molto
opportunamente potrebbero e dovrebbero essere ribadite nel Convegno di Lugano,
perché sono già passate al severo controllo di una discussione pubblica e qualificata".
Per quanto dunque si stesse tentando di raccordare tra loro le iniziative d'oltralpe
e quelle romane, il cammino da percorrere non era del tutto privo di insidie. Ne
sarebbe stato sintomo tra l'altro, e questa volta sul fronte degli orientamenti romani,
quel passaggio del saluto ai convegnisti da parte di Ottavi ani che aveva rimarcato il
carattere pastorale che stava assumendo il movimento liturgico'", quasi a esorcizzare ogni possibile conclusione dottrinale del convegno di Lugano. E che il problema potesse in fondo essere di tale natura sembra ricavabile dall' argomento 'estremo'
messo in campo dagli organizzatori svizzeri a fronte della notizia della indisponibilità di Lercaro: "Vostra Eminenza già fin d'ora avrà piacere di sapere che avrei
intenzione di sottoporre a S.E. Mons. Montini i tre grandi postulati del nostro
Convegno e anche quelli minori'?". E anche dal fatto che a inizio ottobre 1953,
qualche settimana dopo la chiusura dei lavori di Lugano, si informasse l'arcivescovo
di Bologna che l'auspicio dell'utilizzo immediato del volgare nelle letture della
Messa era stato inserito "nei voti finali del Convegno, sottoposti e umiliati al S.
Padre"s2.
Lercaro, cioè, si trovò probabilmente nella difficile situazione di rappresentare
almeno una parte delle istanze innovative del movimento liturgico - quelle tra l'altro
riguardanti l'introduzione delle lingue nazionali, come apparve con chiarezza dai
consensi raccolti in merito sia durante i lavori di Lugano che a distanza di tempo -,
spendendo in tal senso il peso e l'autorevolezza della recente porpora cardinalizia,
senza tuttavia andare contro in alcun modo non solo ai pronunciamenti ufficiali di
Roma ma anche a quel progredire della riforma liturgica in chiave 'romana' alla
quale lavorava dal 1948 la ricordata commissione istituita da Pio XII. Durante la
visita che tra la fine di agosto e l'inizio settembre 1953 avrebbero dovuto compiere
79) L. Agustoni a G. Lercara, 191uglio 1953, cit.
80) Cfr. sopra nota 70.
81) Fondo Lercara, lO LI d, b. 1953-1960, L. Agustoni a G. Lercara, 20 agosto 1953.
82) 1bid., L. Agustoni a G. Lercara, 2 ottobre 1953.
276
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
a Bologna il principale interlocutore lercariano a Lugano (il professore di Liturgia
del locale seminario, L. Agustoni) e il direttore del "Liturgisches Institut" di Treviri
J. Wagner - visita preannunciata dallo stesso Agustoni nella lettera a Lercaro del 20
agosto ma della quale non si trova traccia nelle fonti ufficiali - e quella che invece
certamente fece il 26 agosto il vescovo di Biella Carlo Rossi'", principale esponente
del C.A.L. italiano dopo la morte di mons. Bernareggi e invitato ai lavori di
Lugano'", Lercaro è ipotizzabile sia stato rassicurato sugli orientamenti romani in
merito a un suo coinvolgimento nel convegno in oggetto, aderendo dunque alla
richiesta della partecipazione indiretta attraverso lo strumento radiofonico.
Tale decisione, come si è detto, sarebbe risultata decisiva: non solo perché
confermava la volontà lercariana di allargare il proprio orizzonte pastorale, ma
soprattutto per l'immagine che si venne rapidamente costruendo di un Lercara
"cardinale romano't" che sembrava poter farsi interprete della realizzazione delle
speranze di ecclesiastici in cura d'anime alle prese con l'ostacolo frapposto dal latino
liturgico alla comprensione della Messa da parte dei fedeli:
Eminentissime Princeps:
Iam diu ad Eminentiam Vestram has litteras scribere volebam; quotiescumque
enim cogito de rebus liturgicis de quibus Eminentia Vestra concionem habuit via Radio
apud "Lugano, Switzerland" non possum diutius tacere. Verbis quidem vestris perlectis
in Periodico Liturgico cui titulus Anglice "Worship" penitus permotus sum. Multis
annis abhinc enim optavi atque oravi ut tempore aliquo futuro laici Catholici Liturgiam
vemaculam possiderentur. Nam hac in patria scio Christifideles die Dominica Missam
audire vix bene attentos atque cum parva scientia huius augusti Sacrificii. Itaque mihi
videbatur hanc ignorantiam infelicem esse tribuendam usui linguae Latinae laicis
ignotae. Cum igitur certior factus essem Cardinalem Romanum rogasse ut hoc impedimentum linguae Fidelibus ignotae esse removendum, Domino nostro gratias agebam
ac porro laetitia mea non poterat contineri [... ]. Obsecro praeterea Dominum nostrum
ut auctoritas Eminentiae Vestrae ita valeat et crescat ut ab omnibus cum clericis tum
laicis vel maxime habeatur".
Lercara, dunque, era divenuto in breve tempo uno dei maggiori referenti del
movimento liturgico internazionale. Tale considerazione va tuttavia precisata.
Tra gli esponenti di tale movimento egli ottenne infatti la stima e l'ammirazione
soprattutto di quelli che erano precipuamente interessati alle problematiche e alle
83) Diario di S. Em.za il Card. Arcivescovo, in BDB, XLIV, 1953, p. 156.
84) Partecipazione attiva alla liturgia, cit., p. 12.
85) L'espressione si ritrova sia nella lettera citata di seguito e proveniente dagli Stati Uniti, sia in forma leggermente mutata, ma con lo stesso significato - nella ricordata biografia di Huber: "Créé
cardinal, il a continuésa catéchèse liturgique dans le peuple, heureux de mettre au service de la liturgie
le surcroit d'autorité etde prestige attaché à la pourpre romaine" (HUBER, Le Cardinal reçoit toujours,
cit., p. 108).
86) C. Hoefner s.j. a G. Lercaro, 7 febbraio 1954, in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1952-1954.
277
Giuseppe Battelli
ricadute pastorali della liturgia. Fu in questa luce che, dopo la tempestiva e già
ricordata pubblicazione in francese del suo intervento a Lugano, gli venne
insistentemente chiesto di partecipare al II congresso liturgico nazionale tedesco
convocato per il 29 agosto-2 settembre 1955 a Monaco'". E fu ancora in questa
luce che il direttorio liturgico A Messa, figlioli! da lui edito a inizio autunno dello
stesso 1955 88 ricevette segni di largo consenso nei più diversi contesti linguistici
e religiosi.
In Francia, ad esempio, il "Centre de Pastorale liturgique", non potendolo
tradurre interamente dato che lo stesso episcopato francese si accingeva a editare un
volume con le medesime caratteristiche, chiese di divulgarne un'ampia parte attraverso uno dei periodici organi del centro e di utilizzarne altre pagine per un'ulteriore
pubblicazione'". Il vescovo di Tournai scrisse a Lercaro allegando il direttorio
liturgico da lui promulgato nella propria diocesi e dichiarando di averlo redatto sul
modello di quello lercariano'". In Spagna il testo dell'arcivescovo di Bologna venne
tradotto?' e successivamente commentato nell'ambito del corso di Pastorale tenuto
presso la pontificia università di Salamanca". In Inghilterra si ebbe una recensione
particolarmente favorevole sulla rivista "Liturgy"?'. Negli Stati Uniti alla parziale
edizione del direttorio lercariano sul periodico liturgico "Worship,,94 fece seguito la
richiesta di una copia integrale in italiano da parte dei vertici della diocesi di New
Orleans'". In Iugoslavia mons. F. Seper, coadiutore di Zagabria e presidente del
"Consiglio liturgico interdiocesano", chiese di poterlo tradurre in sloveno e croato
87) Glielo chiesero a distanza di poche settimane l'uno dall'altro: illiturgista svizzero che era
risultato nel 1953 il principale interlocutore di Lercaro in vista del convegno di Lugano (L. Agustoni
a G. Lercaro, 20 giugno 1955, ibid., lO LI d, b. 1953-1960); il coadiutore dell'arcivescovo di Monaco,
diocesi ospitante (J. Wendel a G. Lercaro, 28 giugno 1955, ibid); il direttore del "Liturgisches Institut"
di Treviri (G. Wagner a G. Lercaro, 18 luglio 1955, ibid.i.
88) G. LERCARO, A Messa, figlioli! Direttorio liturgico per la partecipazione attiva dei fedeli
alla santa Messa letta, Bologna 1955.
89) A.M. Roguet a G. Lercaro, 29 ottobre 1955, in Fondo Lercaro, lO LI f Non ho potuto
verificare quale effettiva soluzione venne alla fine adottata. In ogni caso alla traduzione francese del
direttorio lercariano si farà riferimento in occasione del viaggio di Lercaro in Francia nel corso del
1959 (cfr. oltre), quando in una parrocchia parigina egli celebrerà la messa "eseguendosi, durante il
S. Sacrificio, il Direttorio, composto da S.E., tradotto in francese" (EDE, L, 1959, p. 487). In L.
GHERARD!, Giacomo Lercaro nocchiero della riforma liturgica, in L'eredità pastorale di Giacomo
Lercaro, cit., pp. 233-249, spec. 243, se ne puntualizza il titolo (À la Messe, mes enfants!) nel senso
già indicato da HUBER, Le Cardinal reçoit toujours, cit., p. 109.
90) Ch. M. Himrrier a G. Lercaro, 20 giugno 1956, in Fondo Lercaro, 10 LI e, b. 1953-1962.
91) La notizia della traduzione spagnola si trova in Gherardi, Giacomo Lercaro nocchiero, cit.,
p. 243; mentre Huber (Le Cardinal reçoit toujours, cit., p. 109) puntualizza che la richiesta venne
avanzata dal p. G. Rozo.
92) C. Sanchez Alisenda a G. Lercara, Il luglio 1956, in Fondo Lercaro, 10 LI e, b. Varie.
93) Liturgy. The Quarterly ofthe Society ofSt Gregory, aprile 1956, pp. 74-75.
94) La traduzione riguardava il I" capitolo (G. Diekmann a G. Lercaro, 30 gennaio 1956, in Fondo
Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963). Vi accenna anche HUBER, Le Cardinal reçoit toujours, cit., p. 109.
95) Ch. J. Plauche a G. Lercaro, 6 settembre 1957, in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963.
278
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
al fine di effettuarne una distribuzione a ciclostile". Si ha poi notizia di altre richieste
di traduzione provenienti dal "Centre liturgique" della Svizzera romanda e dall'università di Ottawa'",
La diffusione internazionale del direttorio lercariano, sviluppandosi tra la fine
del 1955 e i primi mesi del 1957, venne a intrecciarsi con due ulteriori e decisivi
avvenimenti: la pubblicazione da parte della S. Sede il 23 marzo dello stesso 1955
del decreto sulla semplificazione delle rubriche, con conseguenze dirette sulla
riforma del Breviario - problema particolarmente sentito dal clero in cura d'anime
-, e nel settembre 1956 la convocazione ad Assisi di un convegno internazionale di
liturgia pastorale. Un convegno chiaramente voluto da Roma per assumere in via
diretta la guida di quel movimento internazionale che nel secondo dopoguerra
rischiava di procedere in maniera più affiancata che congiunta rispetto al programma
di riforma romano. Lo confermavano, a mio parere, almeno tre aspetti: il titolo
generale del convegno ("La restaurazione liturgica nell' opera di Pio XII"), dove si
poteva anche giocare sul senso dall' instauratio proclamata a inizio secolo da Pio X
ma che certo non poteva valere per riforma; la decisione di affidarne la presidenza
al card. Gaetano Cicognani, subentrato a Micara nella guida della congregazione
dei Riti e nel presumibile prosieguo del suddetto programma; la scelta di far seguire
alla conclusione dei lavori il trasferimento a Roma e la partecipazione a una speciale
udienza riservata ai convegnisti da parte di Pio XII.
Lercaro venne invitato sia a ricoprire una delle vice-presidenze nazionali del
convegno" sia a svolgere una relazione riguardante il decreto di semplificazione
delle rubriche emanato l'anno precedente'", argomento sul quale egli era già
intervenuto a luglio 1955 alla VI settimana liturgica nazionale di Oropa'?". Se si
considera che durante i lavori di Assisi le due tematiche che più suscitarono interesse
e anche "vivace polemica" furono il problema della lingua volgare (sul quale Lercaro
era intervenuto a Lugano) e appunto la riforma del Breviario legata a quella delle
rubriche'?', si può facilmente dedurne l'ulteriore incremento di fama internazionale
che ne derivò all'arcivescovo bolognese. Tanto più che per il verificarsi ad Assisi
di fatti che non contribuirono a rasserenare gli animi, evidentemente già preparati a
un probabile contrasto tra le posizione romane e quelle degli ambienti internazionali
impegnati nella riforma liturgica, il cardinale presidente Cicognani abbandonò al
96) F. e per a G. Lercara, 18 gennaio 1957, ibid., 10 LI e, b. Varie.
97) Huber, Le Cardinal reçoit toujours, cit., p. 109.
98) Cfr. in merito G. Cicognani a G. Lercara, 12 aprile 1956, in Fondo Lercaro, lO LI! Oltre a
quella italiana le altre vice-presidenze nazionali spettarano a Francia, Germania, Spagna e Stati Uniti.
99) Il testo in La Restaurazione liturgica nell'opera di Pio XII. Atti del primo Congresso
internazionale di pastorale liturgica. Assisi-Roma, 18-22 settembre 1956, Genova 1957, pp. 243··263;
e successivamente in G. LERCARa, La riforma del breviario nella prospettiva del decreto di
semplificazione delle rubriche, in Liturgia viva, cit., pp. 96-110.
100) Il testo in G. LERCARa, Il rinnovamento degli studi liturgici e il decreto di riforma delle
rubriche, ibid., pp. 111-114.
101) BUGNINI, La riforma liturgica, cit., p. 24.
279
Giuseppe Battelli
secondo giorno i lavori del convegno per rientrare a Roma e la presidenza venne
così assunta da Lercaro, cui tra l'altro spettò il compito di chiudere con un proprio
discorso le giornate di studio'".
Risulta dunque confermata in linea di massima l'interpretazione di Martimort,
secondo il quale la partecipazione al convegno di Assisi "assicurò notorietà mondiale all' arcivescovo di Bologna'"?'. Ritengo tuttavia che tale affermazione senz' altro fondata sulla percezione che ebbe di quel percorso illiturgista francese,
testimone diretto di quella stagione e di quei dibattiti - vada ulteriormente precisata
alla luce della documentazione finora presa in esame. Se si guarda infatti principalmente all'aspetto della notorietà lercariana al di fuori dei confini italiani mi pare che
già gli anni precedenti - e in particolare il triennio 1953-1955 - avessero largamente
preparata all'arcivescovo petroniano, sia a livello generale dell'opinione pubblica
sia per quello che riguardava il settore specifico del movimento liturgico, un' accoglienza internazionale che il convegno di Assisi non fece altro che ribadire e certo
allargare ulteriormente'?'; anche in considerazione del fatto che le precedenti
iniziative scaturivano da istituzioni di ambito nazionale e avevano inoltre un profilo
quasi esclusivamente centro-europeo; mentre quella di Assisi aveva chiaramente
l'avallo di Roma e un profilo almeno nelle intenzioni mondiale.
Se questo è vero, allora la novità per Lercaro venne semmai rappresentata in
quella circostanza dal fatto che si delineò con maggior evidenza il suo ruolo di
possibile mediatore tra le due 'anime' (quella romana e quella del movimento
liturgico internazionale) della perseguita riforma liturgica. Se infatti dopo i lavori di
Lugano gli organizzatori riconobbero a Lercaro e alla sua relazione su Pio X il merito
di aver conferito al convegno un notevole pesol'" - nel senso, io credo, di aver
valorizzato l'iniziativa del movimento internazionale con la propria adesione; e non
era certo stata casuale, in questa prospettiva, l'insistenza con la quale si era poi
invitato Lercaro a Monaco per il convegno liturgico nazionale tedesco del 1955 -,
ora, dopo gli avvenimenti di Assisi, l'arcivescovo di Bologna si presentava come
un possibile mediatore anche agli occhi degli stessi ambienti romani impegnati in
102) Cfr. ibid., pp. 24-25 e nota 16, una sintetica ricostruzione di quegli avvenimenti offerta
dall' allora segretario della commissione liturgica 'romana' istituita da Pio XII. Le motivazioni addotte
in tale ricostruzione - chiaramente mirate a minimizzare i contrasti tra il presidente Cicognani e almeno
una parte dei convegnisti - non sembrano del tutto convincenti. Le parole conclusive di Lercaro si
possono leggere sia nell' edizione italiana degli atti (cfr. sopra, nota 99) che nella versione francese
tempestivamente edita nel periodico del "Centre de Pastorale liturgique" di Parigi La Maison-Dieu,
XII, 1956, fase. doppio n° 47-48 (G. LERCARO, Paroles de dature, pp. 323-325). Nelle successive
citazioni mi servirò di questa versione.
103) MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit., p. 138.
104) In Fondo Lercara, lO LI e, S. Messa, 1953-1963, si trovano vari attestati di riconoscenza
per l'intervento di Lercaro a favore della riforma del breviario. Tra questi, accanto a scritti inviati da
aree nelle quali la figura di Lercaro era già conosciuta come la Francia o gli Stati Uniti, spicca per la
sua provenienza una lettera dall' Argentina. Sulla eco latino-americana del ministero episcopale di
Lercaro cfr. oltre nota 155.
1(5) L. Agustoni a G. Lercaro, 2 ottobre 1953, cit.
280
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercara
una 'restauratio' liturgica che, al di là delle maggiori o minori aperture, intendeva
in ogni caso circoscrivere l'ambito della riflessione dell'intero movimento liturgico
al solo piano della pastorale rispetto a quello - potenzialmente ben più delicato delle questioni dottrinali.
5. L'allargamento tematico del profilo internazionale
dell 'episcopato di Lercara
Non conosco fonti che consentano al momento di focalizzare la consapevolezza
di Lercaro rispetto al ruolo che gli veniva progressivamente riconosciuto nelle
dinamiche complessive e nel delinearsi delle diverse tendenze maturate all'interno
degli ambienti a vario titolo riconducibili alla riforma liturgica. Un elemento mi pare
tuttavia ricavabile dalle sue parole di chiusura del convegno di Assisi. Esse esprimevano infatti una posizione che definirei intermedia e forse, ancor più, guardinga:
mirata, cioè, per un verso a confortare i convenuti sull'importanza del trovarsi
insieme e "d'entendre parler et de parler d'un intérét qui nous unit profondément
au-dessus de si grandes différences'v'", ma nello stesso tempo altrettanto esplicita
nel dichiararsi in sintonia con il presidente Cicognani 107 e soprattutto - per ciò che
poteva riguardare i futuri sviluppi del movimento liturgico - nel confermare il ruolo
centrale di Pio XII "grand pontife du renouveau Iiturgique", nel ribadire l'impegno
"de nous mettre l'ceuvre pour que les grands actes du renouveau accompli par le
Saint-Père atteignent en nous et autour de nous leur sainte finalité pastorale", e nel
puntualizzare da ultimo - facendo proprie le parole del defunto vescovo di Berlino
Weskamm, in contatto diretto con Lercaro sin dall'indomani del convegno di
Lugano e mancato poco prima dello svolgimento dei lavori di Assisi lO8 - "nous
voulons travailler pour que le congrès d'Assise laisse derrière lui un écho non pas
révolutionnaire mais efficace"!".
à
106) LERCARa, Paroles de clàture. cit., p. 323.
107) "Comrne vous le voyez sur le programme, c'est notre Eminentissime Président, le Cardinal
Cicognani, préfet de la Sacrée Congrégation des Rites, qui devait parier [... ]. Sans ètre digne dc le
remplacer, je reprends sa pensée et je commence par les paroles qu'il se promettait de dire ce soir:
Ecce quam bonum et quamjucundum habitare fratres in unum!" (ibid.). Era peraltro una sintonia che
nella sua voluta genericità evitava di toccare i punti -. in particolare quello della lingua liturgica:
rigorosamente latina per il prefetto della congregazione dei Riti, in volgare per molti dei partecipanti
stranieri al convegno - che durante i lavori avevano sollevato contro Cicognani il malumore di parte
dei presenti (BUGNINI, La riforma liturgica, cit., pp. 24-25).
108) Weskamm, già relatore a Lugano (PAIANO, Liturgia e società, cit., pp. 237-238), si recò
in visita a Bologna a metà novembre 1953 (EDE, XLIV, 1953, p. 255). Il 7 maggio 1955 Lercaro gli
scrisse per informario della stesura in corso del direttorio A Messa, figlioli! e per chiedere materiali
riguardanti il canto liturgico praticato a Berlino (copia in Fondo Lercaro, l OLI e, S. Messa). Ad Assisi
era previsto un intervento di Weskamm sulla celebrazione della Settimana santa 'restaurata' (programma provvisorio in Fondo Lercaro, lO LI j).
109) LERCARa, Paroles de clàture, cit., p. 325.
281
Giuseppe Baite/li
Nel successivo corso degli anni Cinquanta e poi nei primi anni Sessanta la
fama internazionale del Lercaro sostenitore della riforma liturgica continuò ad
estendersi, ma confermò nello stesso tempo quelle caratteristiche di apparente
equidistanza e di posizione mediana che il convegno di Assisi aveva in certa
misura fatto emergere, e che peraltro - nel ricordo di suoi collaboratori riguardava anche altri settori della pastorale pur innovativa di Lercarc'!". Da un
lato infatti egli pubblicò ulteriori lavori relati vi alla riformai l I , acconsentì alla
diffusione all' estero di una propria passata opera di argomento liturgico 112,
partecipò con un contributo e soprattutto con la propria autorevole presenza a
convegni di liturgia anche oltreoceano, come nel caso della ricordata settimana
liturgica nazionale statunitense della tarda estate 1959: una circostanza che
poteva essere considerata gratificante soprattutto per Lercaro, e che invece - a
conferma della sensibile crescita del suo prestigio internazionale - gli organizzatori nord-americani giudicarono della massima importanza piuttosto per loro:
sia rispetto allo svolgimento dei lavori dell' estate 1959 113 sia più in generale nei
confronti della serie ventennale di tali eventi tenutisi negli Stati Uniti '!". Ma
dall'altro lato egli parve rinunciare ad iniziative di profilo nazionale del movimento liturgico europeo.
A tale proposito e sulla base della documentazione a tutt' oggi consultabile,
risulta difficile capire se si trattasse di una indisponibilità per così dire 'programmatica', riguardante cioè la non partecipazione a tutti i convegni liturgici di singoli
Paesi europei; o se vi fossero problemi di altra natura, magari legati alla volontà
lercariana - già ipotizzabile come s'è detto in riferimento al convegno di Lugano
del 1953 - di non dare credito con la propria presenza a iniziative dai contenuti
110) Per quello che riguardò ad es. il settore della catechesi cfr. G. CATTI, Come parlare di Dio
agli uomini del nostro tempo, in Il Cardinale Lercaro.Genova 50° Bologna, cit., pp. 169-180, in parto
p. 178.
111) Cfr. tra l'altro G. LERCARa, 1 giorni dell'amarezza. Commento storico-liturgico e note
pastorali al nuovo ordine della Settimana santa, Bologna 1956. Preceduto di pochi mesi anche da
Idem, Il giorno del sole. Catechesi liturgica sulla santa Messa, Bologna 1956.
112) Mi riferisco a G. LERCARa, Piccolo dizionario liturgico, Genova 1951, la cui traduzione
in inglese venne effettuata nel 1957 dall' editore Burns Oates con titolo A small liturgical dictionary.
Vi si fa riferimento nella lettera con la quale il giornalista irlandese G.K. Brady chiese in data 4 aprile
1957 un'intervista a Lercara (Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963). In allegato a una ulteriore lettera
del 30 giugno 1959 iibid., lO LI e, Varie) il vice-console inglese a Milano P. Thompson inviò a Lercaro
copia della recensione apparsa sul Church Times del 29 giugno precedente.
113) "Unquestionably, the high light of the Iiturgical gathering - a gathering in whieh there were
so many remarkable facets - was the presence of His Eminence, James Cardinal Lerearo, Archbishop
of Bologna and an iIIustrious leader in the Iiturgical movement" (The Bishop 's commission on the
liturgical apostolate. Annual report, p. 13, copia ibid., lO LI e, Varie).
114) "I ean only repeat what was said by Father Shawn Sheenan at the 1959 Liturgical Week,
that the presence of Your Eminenee was the highest point in the twenty years during which these annual
Weeks have been held in the United States" (F. McManus a G. Lercara, 16 dicembre 1959, ibid., 43
LS, b. 1955-1963). Si noti, per inciso, che 1'autore della lettera qui citata avrebbe fatto parte assieme
a Lercara della eommissione liturgiea coneiliare.
282
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercaro
troppo innovativi o comunque già in parte precostituiti'P. Un nodo difficile da
sciogliere, pertanto, ma che non impedisce di vedere taluni pur esili indizi rivelatori
delle sue posizioni. Come quando, prima a Parma nel 1949 e poi ad Assisi nel 1956,
Lercaro aveva preso pubblicamente le distanze da un'inchiesta relativa a questioni
liturgiche effettuata in Francia nel 1946116 ; o quando, attorno al 1960, in una
corrispondenza privata e quindi libera dall'ufficialità Lercaro aveva risposto in
termini assai moderati e invitanti all' equilibrio a un interlocutore statunitense
segretario di un'istituzione (''The Vernacular society" dell'Illinois) impegnata
nell'introduzione della lingua volgare nella liturgia!".
In ogni caso, dopo aver rinunciato a partecipare nel 1955 al ricordato
convegno di Monaco!", l' arei vescovo di Bologna confermò negli anni successivi
questa linea di indisponibilità in almeno altre due circostanze, entrambe coinvolgenti come organizzatore il "Centre de Pastorale liturgique" di Parigi: quella
riguardante il convegno nazionale francese di pastorale liturgica previsto a
Strasburgo per la fine luglio 1957, e l'altra relativa al convegno liturgico di
Angers del10-l3 luglio 1962. La partecipazione alla prima delle due iniziative
era già stata proposta verbalmente da Martimort a Lercaro durante i lavori di
Assisi e venne ripresa alcuni mesi dopo: con la sottolineatura dell'emblematica
partecipazione - simile a quella che si richiedeva nella circostanza all' arcivescovo di Bologna - avuta da Romano Guardini nel precedente convegno di Lione
del 1947, e con la lusinga insita nel dichiarare che "actuellement tous les
chrétiens de France s' intéressent à l' ceuvre que vous accomplissez à Bologne"119.
L'invito al convegno di Angers, egualmente presentato da Martimort, conteneva
invece un interessante richiamo al ruolo avuto in precedenza dalla Germania
nella guida di tali incontri - ruolo rispetto al quale, parrebbe interpretabile, la
115) Nella lettera d'invito a un convegno francese del 1957 si leggeva tra l'altro: "Jc joins deux
documents: le pIan d'ensemble du Congrès, tel qu'il se présente six mois de distances; le pIan plus
détaillé de la journée de clòture, avec l'indication du sens dans lequel pourrait ètre envisagée la
conférence terminale que nous aimerions entendre prononcer" (A.G. Martimort a G. Lercaro, 21
dicembre 1956, in ibid., lO LI j).
116) Nel 1956, in particolare, egli aveva chiarito che la riforma del breviario da poco introdotta
non si poneva nella linea delle richieste emerse nell'inchiesta francese del 1946 quanto piuttosto nel
solco già tracciato da Pio X (LERCARa, La riforma del breviario, cit., p. 98).
117) "lo sono certo che col tempo si raggiungerà l'equilibrio desiderato tra il bisogno di
comprendere che il popolo sente e la necessità di una lingua universale, come universale è la Chiesa
di Dio; di una lingua quindi morta e nella quale le parole e il loro significato sono ormai resi immutabili
dalla tradizione. Occorre attenersi frattanto con piena docilità alle prudenti direttive dell' Autorità e nel
tempo stesso cercare i mezzi migliori per far capire - pur restando fedeli alle disposizioni superiori -la S. Liturgia" (G. Lercaro a J.K. Ross-Duggan, 18 giugno 1960, copia in Fondo Lercaro, lO LIf).
118) Non ho rinvenuto tracce esplicite di tale rinuncia, ma di fatto le fonti ufficiali riguardanti gli
impegni pubblici dell' arcivescovo di Bologna confermano, per almeno una parte dei giorni del
convegno di Monaco - per gli altri giorni mancano notizie, ma è in ogni caso del tutto irnprobabile
che non venisse registrato l'eventuale viaggio a Monaco - la presenza di Lercaro a Bologna e poi ad
Assisi (BDB, XLVI, 1955, p. 247).
119) A.G. Martimort a G. Lercaro, 21 dicembre 1956, in Fondo Lercara, lO LI!
à
283
Giuseppe Ballelli
Francia intendeva ora riguadagnare terreno - e non mancava di ricordare che in
circostanze simili (probabile allusione al carattere nazionale di tali convegni)
Lercaro si era recato due anni prima negli Stati Uniti 120.
L'arcivescovo di Bologna non aderì comunque a tali iniziative, deludendo
ovviamente ambienti che, nella fama ormai larghissima che si era venuta costruendo
attorno a Lercara in relazione alle problematiche liturgiche, si attendevano dalla sua
partecipazione una ricaduta pressoché automatica di prestigio e di autorevolezza a
beneficio delle proprie proposta'?'. D'altra parte va rilevato che, oltre a questioni di
opportunità che talvolta - pur nel trasparente disappunto - vennero ammesse dagli
stessi richiedenti'V, il profilo internazionale dell'episcopato di Lercara stava assumendo il medesimo carattere tematicamente variegato ed estremamente multiforme
che traspariva dal quadro complessivo delle sue iniziative diocesane. La liturgia,
cioè, fattore indubbiamente innescante, trainante e tuttora senza dubbio al centro
nella proposta pastorale dell' arcivescovo bolognese, risultava progressivamente
affiancata da altri settori di impegno, e questi comportarono sviluppi altrettanto
significativi nei rapporti internazionali di Lercaro,
Non è possibile individuare con precisione un anno nel quale tutto questo
iniziò a verificarsi, ma dalla metà anni Cinquanta il fenomeno si manifestò con
sempre maggiore chiarezza, pur nella sua fisionomia tumultuosa e non sempre
lineare. Penso alla costruzione delle nuove chiese nella periferia urbana'F', che
diede il via a iniziative e contatti che a partire dal 1955 124 avrebbero posto il
120) A.G. Martimort a G. Lercaro, 17 novembre 1961, ibid., 43 LS, b. 1955-1963.
121) Indicativa a riguardo la lettera del segretario della statunitense "The Liturgical conference",
che chiedendo un contributo di Lercaro per una Festschrift ruotante attorno alla tematica della liturgia
per il popolo dichiarava che sarebbero state sufficienti poche parole di incoraggiamento per le iniziative
dell'associazione (W.J. Leonard a G. Lercaro, 13 settembre 1961, ibid., IO LI e, Varie).
122) "Dans une lettre du 17 novembre 1961,je demandais à Votre Eminence s'i! ne vous serait
pas possible d' accepter de prendre part au Congrès que nous préparons pour juillet 1962 à Angers, sur
le thèrne "Liturgie et vie spirituelle". C'eùt été pour nous un éclatant honneur. Mais nous avons bien
compris que des difficultés s' opposaient à ce que vous veniez en France et que ce déplacement exigeait
une perrnission du Saint-Siège. N'ayant pas reçu de vous à la date présente une réponse sur ce sujct,
nous avons bien compris qu'il vous était impossibile daccepter. Nous en somrnes évidemrnent très
contrariés, mais nous devons nous rendre à cette impossibilité, d'autant que la proximité du Concile
rend évidemment beaucoup plus délicate l'intervention d'un cardinal à un Congrès de pastorale
liturgique" (A.G. Martimort a G. Lercaro, Il aprile 1962, ibid.i.
123) Tra i vari resoconti di quel vasto programma di iniziative cfr. G. GRESLERI, Per un
rinnovamento dell 'architettura sacra (1955-1965), in Giacomo Lercara. Vescovo della chiesa di Dio,
cit., pp. 99-111.
124) In quell'anno si registrò a maggio il primo appello dell'arcivescovo alla diocesi per il
sostegno dell'iniziativa; nel giugno successivo, con l'effettuazione del cosiddetto "carosello nuove
chiese", si ebbe la presa di possesso dei terreni sui quali sarebbero stati costruiti i nuovi edifici sacri;
a settembre, infine, si svolse in città il Congresso nazionale di architettura sacra, con annessa Mostra
internazionale dell'arredo sacro. AI suddetto congresso prese parte, tra gli altri, Gaston Bardet,
presidente dell'Istituto internazionale di urbanistica (L. GHERARDI, Rapporto nuove chiese, in Il
Cardinale Lercara. Genova 50° Bologna, cit., pp. 117-136, in part, 117-122).
284
La dimensione internazionale dell'episcopatodi Lercara
relativo programma bolognese al crocevia di esperienze che coinvolgevano sul
tema dell' architettura sacra contemporanea varie diocesi europee e anche ambienti nord-americani, e al cui interno risultò privilegiato il legame instauratosi
con la diocesi tedesca di Colonia e con il suo arcivescovo Frings 125; al rinnovamento della catechesi, nel cui ambito Lercaro - o personalmente o attraverso
propri collaboratori - intrattenne rapporti con ambienti francesi, olandesi e
tedeschi 126; all'utilizzo delle rnetodologie della sociologia religiosa 127, che collegò l'esperienza di Bologna - dove tra l'altro si svolse nel settembre 1959 la VI
Conferenza internazionale di sociologia religiosa - con quella pionieristica
sviluppatasi in Francia sin dagli anni Trenta del Novecento'".
Da questo punto di vista il soggiorno negli Stati Uniti dell'agosto-settembre
1959 per la ricordata XX Settimana liturgica statunitense e il successivo soggiorno
parigino del novembre 1959 per la partecipazione alla XII Settimana degli intellettuali cattolici francesi esemplificarono in modo concreto i molteplici contenuti di
quella prospettiva episcopale. Se infatti negli Stati Uniti il centro della presenza di
125) Il rapporto con Frings, a partire dalla metà anni Cinquanta e fin oltre la chiusura dci concilio,
risulta documentato - seppure in modo frammentario - in varie sedi. Per le iniziative comuni di fine
anni Cinquanta ibid., p. 123; per il sostegno economico dell'arcivescovo di Colonia in vista della
costruzione delle nuove chiese bolognesi FRACCAROLI, Il cardinale che io ho conosciuto, cit., p.
141; per i frequenti contatti durante i lavori del Vaticano II G. LERCARO, Lettere dal concilio
1962-1965, a cura di G. BATTELLI, Bologna 1980, pp. 110-111, 157, 180, 197,289,375,383-384,
395. Lo scambio di visite c reciproca ospitalità dei due arcivescovi è documentato anche in BDE, L,
1959, pp. 90-91; LI, 1960, p. 276; LII, 1961, p. 386; LIII, 1962, p. 315.
126) CATII, Come parlare di Dio, cit., passim; e più recentemente Idem, Il cardinale catechista,
in Giacomo Lercaro: pastore, cit., pp. 90-97. L'autore dei suddetti resoconti entrò tra l'altro, per
iniziativa di Lercaro e in qualità di direttore dell'Ufficio catechistico diocesano di Bologna, nella
commissione pre-conciliare pcr la disciplina del clero e del popolo cristiano (Pontificie commissioni
preparatorie del concilio ecumenico Vaticano 11, II ediz. Città del Vaticano 1961, p. 76).
127) Una bussola per l'orientamento pastorale, in Il Cardinale Lercaro. Genova 50° Bologna,
cit., pp. 315-328. Per l'orientamento di Lercaro in tale ambito cfr. G. Lercaro, Sociologia religiosa e
azione pastorale, in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, I: Cristianesimo e mondo contemporaneo,
Roma 1964, pp. 201-211, dove si pubblica il testo della sua prolusione al I Convegno nazionale di
studi di sociologia religiosa (Milano, marzo 1954).
128) Cfr. in particolare il famoso contributo di G. LE BRAS, Statistique et histoire religieuse.
Pour un examen détaillé et pour une explication historique de l'état du catholicisme dans les
diverses régions de France, in Revue d'histoire de l 'Église de France, XVII, 1931, pp. 425-449.
Senza ipotizzare un legame diretto con le ricerche di Le Bras, ma collegandolo piuttosto allo
sviluppo che le indagini di profilo statistico ebbero tra fine Ottocento e inizio Novecento anche
in Italia in relazione al problema del calo delle vocazioni e al reclutamento del clero (X.
TOSCANI, Gli studi sul clero, metodi e risultati, in Idem, il clero lombardo dali 'Ancien régime
alla Restaurazione, Bologna 1979, pp. 15-41, spec, 15-18) mi paiono significativi - pensando
agli sviluppi bolognesi degli anni Cinquanta - due fatti: nel 1932 Lercaro sottopose ai giovani da
lui seguiti a Genova nel gruppo elci "Focolare" un questionario mirato a conoscere le esigenze
spitiruali dei propri allievi; nel 1936 tenne sempre a Genova una relazione alle "Giornate
catechistiche del Clero" sul tema "Censimento, reclutamento, frequenza degli alunni" (BUONASORTE, Giacomo Lercaro, cit., pp. 117 e 128 nota 107).
285
Giuseppe Battelli
Lercaro venne rappresentato dalla problematica Iiturgica-", per poi estendersi però
alle questioni dell'arte sacra e a sviluppi che avrebbero tra l'altro portato alla
istituzione di un premio intitolato a Lercaro!", a Parigi il quadro degli impegni
sarebbe risultato ancora più emblematico. A parte infatti i doveri del cerimoniale e
gli obblighi legati ufficialmente alla sua venuta in Francia 13l, il programma di
Lercaro venne scandito dalla celebrazione della messa in una parrocchia urbana
dove era stato adottato in lingua francese il direttorio A messa.figliolil, dall' incontro
con il personale delle riviste di attualità religiosa "La Croix" e "Documentation
catholique", dalle visite al "Centro di catechesi" di Parigi e allocale "Salone dell' arte
sacra"!". Ma tutto il 1959, a ben vedere, si sviluppò su questa linea. L'anno, infatti,
si era aperto con il viaggio a Colonia e Salisburgo dellO-13 febbraio per iniziative
legate alla promozione dell'arte sacra'P; era proseguito tra 1'1 e il4 luglio con la
presenza a Lisbona in occasione del Convegno internazionale per l'assistenza
all'jnfanzia'r'"; si era poi sviluppato negli Stati Uniti con il soggiorno tra la metà
agosto e l'inizio settembre per la XX Settimana liturgica nazionale; per concludersi
a Parigi tra ilI8 e il 20 novembre in occasione della XII Settimana degli intellettuali
cattolici.
E si potrebbe indulgere ancora a lungo sui dettagli e sugli aspetti concreti del
profilo internazionale che venne assumendo in quella fase l'episcopato di Lercaro:
129) Gli era stato chiesto di intervenire sul tema "Liturgy and soci al action''. Il testo, proposto
presso l'università di Notre Dame (Ohio) in lingua inglese, è disponibile in italiano in G. Lercaro,
L'azione educativa della liturgia, in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, II: Liturgia viva, cit., pp.
15-33.
130) Sui contenuti del viaggio negli Stati Uniti abbiamo varie e frammentate testimonianze, che
possono tuttavia risultare in parte complementari. Cfr. BDB, L, 1959,p. 480; A. SPICUZZA, "Per
civitates et castella", in Il Cardinale Lercaro.Genova 50° Bologna, cit., pp. 373-384, spec. 382-383;
FRACCAROLI, Il cardinale che io ho conosciuto, cit., pp. 185-188, dove vengono pubblicate lettere
che Lercaro scrisse dagli Stati Uniti ai ragazzi ospiti dell'Opera Madonna della Fiducia informandoli
sui contenuti dell' esperienza. Sul "premio-Lercaro" - in effetti denominato "Lercaro-Spaeth Catholic
Church Awards" (lo si può ricavare tra l'altro dalla lettera del direttore dell'iniziativa P. A. Goettelmann a G. Lercaro, 26 febbraio 1962, in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963) - destinato a progetti
riguardanti l'architettura sacra, varia documentazione ibid.
13 I) L'intervento alla XII Settimana degli intellettuali cattolici è edito - nella versione francese
presentata in quella circostanza dall'arcivescovo di Bologna - in G. LERCARO, Pensée moderne et
sens du mystère, in Discorsi del card. Giacomo Lercaro, II: Liturgia viva, cit., pp. 295-309.
132) Viaggio di Sua Eminenza a Parigi, in BDB, L, 1959, pp. 487-488. E anche SPICUZZA,
"Per civitates et castella ". cit., p. 383.
133) A Colonia Lercaro aprì con una conferenza sull'arte sacra la "Mostra di architettura sacra
italiana contemporanea". A Salisburgo - dove già era stato nel 1956 in qualità di cardinale "protettore"
- gli venne conferito un riconoscimento da parte della "Biennale internazionale di arte sacra". Qualche
scarna notizia su tutto questo in BDB, 1959, pp. 90-91, e SPICUZZA, "Per civitates et castella ", cit.,
p.382.
134) Lercaro vi tenne una conferenza il cui titolo è proposto in forma diversa dalle fonti
disponibili. In BDB, L, 1959, p. 479, si parla di: "L'aspetto teologico nell' orientamento professionale".
SPICUZZA, "Per civitates et castella", cit., p. 382, indica invece: "Il fanciullo e il suo avvenire
professionale: i dati della teologia". Non conosco, in ogni caso, un'edizione di tale testo.
286
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
portando a Bologna idee, personalità e iniziative connesse al respiro largo e culturalmente aperto della sua pastorale, e irradiando l'immagine della Chiesa di Bologna
e delle sue realizzazioni al di fuori dei confini nazionali. Fenomeno tanto più
sorprendente se collocato a fianco del fatto - già accennato in apertura - che proprio
allora l'arcivescovo petroniano verificava i dati inequivoci su quanto scarsa fosse
all'opposto la risonanza e l'accoglienza di quella stessa linea pastorale nella sua
diocesi e principalmente nel suo clero parrocchiale'Y. Ritengo tuttavia più in linea
con il taglio complessivo di questo contributo accennare a un altro aspetto dell' argomento che stiamo esaminando: vale a dire l'evoluzione che stava subendo tra la
fine anni Cinquanta e l'inizio anni Sessanta l'immagine internazionale di Lercaro
per effetto dell' allargamento di contatti con ambienti, istituzioni, singole personalità
del cattolicesimo estero, ma anche grazie all'estendersi di una fama che, spesso
veicolata dalla stampa, raggiungeva i destinatari più impensati.
Nel corso degli anni Cinquanta, e soprattutto durante la prima fase di quel
decennio, si era registrata, come si è detto in precedenza, una sorta di divaricazione:
da un lato, infatti, la rete di effettivi rapporti internazionali che Lercaro veniva
costruendo rimandava in modo largamente prevalente al carattere religioso del suo
impegno pastorale, rivelando inoltre al suo interno l'indubbia priorità assegnata alla
problematica liturgica; mentre dall'altro l'immagine fissatasi sulla stampa internazionale risultava per lo più focalizzata sull' attenzione al sociale e sulle singolari
iniziative di Lercaro in chiave di pastorale anticomunista. Non si trattava, beninteso,
di una divaricazione netta. Il principale corrispondente lercariano in vista del
convegno liturgico di Lugano non aveva ad esempio mancato di congratularsi con
l'arcivescovo di Bologna per le notizie che - apparse appunto sulla stampa presentavano le iniziative dei 'frati volanti', della costruzione di un villaggio per
giovani sposi e dell'arrivo dei Magi in città". Ma era pur sempre una chiara e
distinta collocazione d'accento.
Ora invece, tra la fine anni Cinquanta e l'inizio anni Sessanta, la centralità del
discorso religioso nella fisionomia di Lercaro era riconosciuta in modo pressoché
uniforme: sia grazie alla circolazione nelle varie lingue di suoi discorsi, conferenze,
relazioni a convegni, che confermavano tale prospettiva, sia per effetto della
pubblicazione di opere - come la ricordata biografia di G. Huber Le Cardinal reçoit
toujours! o la meno corposa My door is always open - che intrecciando tra loro le
maggiori scelte pastorali e taluni emblematici episodi del suo vissuto quotidiano
conferi vano un carattere più unitario e consequenziale all' opera complessiva dell' arcivescovo bolognese. Ma era lo stesso discorso religioso, così come era portato
135) Ho esaminato in parte il problema in Tra chiesa locale e chiesa universale, cit., pp. 169-171,
riferendomi tra l'altro ai dati emersi dall' indagine statistica effettuata nelle chiese della città il giorno
15 novembre 1959, dati dai quali risultava che in poco meno del 90% delle suddette chiese a quattro
anni dalla sua pubblicazione ancora non veniva utilizzato il direttorio lercariano A Messa, figlioli!.
136) L. Agustoni a G. Lercaro, Ottava dell'Epifania [13 gennaio] 1954, in Fondo Lercara, lO LI
e, b. 1953-1962.
287
Giuseppe Battelli
avanti da Lercaro, a risultare decisamente sfaccettato se non talvolta addirittura
contraddittorio, e a creare pertanto le condizioni per una recezione altrettanto
variegata della sua figura e del suo ministero.
Un primo esempio - che mi pare rappresentativo di una creatività senza posa,
che poteva però correre il rischio di sfociare in esiti pastoralmente non del tutto
coerenti - può essere offerto dalla vicenda del volume di Lercaro Metodi di
orazione mentale, apparso come si ricorderà nel 1948. In quel contesto storico,
essendo tra l'altro stato scritto in buona parte nella particolare situazione di
clandestinità in cui si venne a trovare l'allora parroco dell' Immacolata di Genova
durante l'ultima fase del conflitto mondiale, è chiaro che l'opera aveva un dato
significato e anche, tutto sommato, un impatto relativamente circoscritto. Ma il
diffonderla verso la fine anni Cinquanta a livello internazionale, attraverso
edizioni in inglese, francese e tedesco'?", ritengo le facesse acquisire ben altro
significato e ben altro impatto. A questo punto, infatti, Lercara non era più il
semplice arcivescovo di Ravenna (funzione ricoperta al momento dell' edizione
italiana del 1948), e dunque un presule italiano pressoché sconosciuto a livello
internazionale, bensì un cardinale e ancor più un riconosciuto - anche se 'cauto'
- punto di riferimento mondiale per gli esponenti del movimento liturgico. Come
dunque affiancare tale immagine, e i contenuti riferibili alla preghiera comunitaria che necessariamente vi erano sottesi, alla proposta internazionale - riguardante anche settori esterni al puro ambito pastoralel'" - di un' opera che al
contrario valorizzava l'orazione indi viduale e dunque privata 139? L'interrogativo
non è astratto. Si tenga conto, tra l'altro, che nella circostanza della partecipazione alla XX Settimana liturgica statunitense Lercara aveva dedicato all' educazione allo spirito comunitario condotta attraverso la liturgia una parte fondamentale del proprio intervento all'università di Notre Dame il 24 agosto 1959 14
Ma quello stesso interrogativo era comunque destinato a rimanere per diversi
anni irrisolto: nel senso che tale contraddizione non parve allora essere percepita
come tale né da Lercaro, che ancora nel 1963 si dichiarava "heureux" della
°.
137) Trad. inglese: Westminster c Londra 1957; trad. francese: Le Puy 1958; trad. tedesca:
Friburgo 1959 (FRACCAROLI, Il cardinale che io ho conosciuto, cit., p. 27, nota 9).
138) L'edizione francese venne segnalata sulla più prestigiosa rivista internazionale di studi
storico-religiosi (Revue d 'histoire ecclésiastique, LIII, 1958, vol. II, p. 452*).
139) Si veda in merito l'analisi di Dossetti proposta nello scritto già citato a nota 28. A fine anni
Quaranta l'opinione espressa in merito da Lercaro era la seguente: "Sembra anzitutto, che il nostro
tempo presenti due esigenze apparentemente opposte: una esigenza comunitaria, cd un'altra personalistica. Un contrasto? L'ha detto qualcuno; in realtà l'urto c'è solo quando i due opposti termini sono
portati all'eccesso, così da pretenderli esclusivi" (LERCARO, Attualità della liturgia, eit., p. 3).
140) Può essere indicativa a riguardo l'intitolazione dei paragrafi nella versione italiana di quel
contributo: "Concezione plenaria della liturgia"; "Educazione al senso del mistero"; "Educazione al
senso escatologico"; "Educazione al senso della comunità"; "Forme c manifestazioni del senso
comunitario della liturgia"; "II canto espressione di coralità comunitaria"; "Altre espressioni dello
spirito comunitario" (G. LERCARO, L'azione educativa della liturgia, in Discorsi del card. Giacomo
Lercaro, II: Liturgia viva, cit., pp. 15-33).
288
La dimensione internazionale del!' episcopato di Lercaro
diffusione in lingua francese dei "Metodi", arrivati alla II edizione':", né dal
cardinale Gerlier - arcivescovo di Lione e, ciò che più conta rispetto a questo
problema, relatore come Lercara al convegno di pastorale liturgica di Assisi del
1956 - che firmò la prefazione alla suddetta edizione francese'V.
Un secondo esempio concerne la indubbia capacità lercariana di rivolgersi agli
ambienti e agli interlocutori più disparati. Una capacità che finiva però per tradursi
in un'alternanza di interventi che talvolta esprimevano un alto profilo problematico
e un significativo spessore culturale, mentre tal'altra seguivano invece e sviluppavano un discorso fortemente ancorato alle più tradizionali espressioni della pratica
devota. Penso da un lato al ricordato intervento parigino del novembre 1959 sul
senso del Mistero, o a quelle prese di posizione in favore di un rinnovamento
dell' arte sacra che vennero da lui manifestate pochi mesi prima negli Stati Uniti e
che suscitarono trai' altro un vero e proprio e positivo senso di stupore in ecclesiastici
non abituati a vedere tali idee sostenute da un "prelate of your position in the
Church'v'"; esempi, entrambi, di una fisionomia di pastore che in quello stesso
periodo aveva spinto un giovane e dinamico presule belga, l'ausiliare di Malines L.
Suenens - a venire in visita a Bologna e a instaurare con l'arcivescovo petroniano
un rapporto che poi si sarebbe rivelato decisivo durante i lavori del concilio Vaticano
II 144 • E penso da un altro lato all'assunzione da parte di Lercaro, nel corso dello
stesso 1959, della presidenza del comitato degli arcivescovi e vescovi italiani per la
consacrazione dell'Italia al cuore immacolato di Maria!": alla sua partecipazione
nel marzo 1960 al congresso eucaristico internazionale di Monaco di Baviera!"; al
viaggio da lui effettuato in Portogallo nell' ottobre dello stesso anno per presenziare
alle celebrazioni indette dal vescovo di Leira nell'anniversario dell'ultima apparizione di Fatima':".
E la serie degli esempi potrebbe continuare, a conferma di una progettualità
pastorale che non era più semplicemente riconducibile alla centralità del discorso
141) G. Lercaro a L. Chavoutier, 2 marzo 1963, in Fondo Lercara, 43 LS, b. 1955-1963.
Chavoutier era il traduttore dell'ediz. francese dei "Metodi".
142) Ricavo la notizia da HUBER, Le Cardinal reçoit toujours, cit., p. 161.
143) J. Hishen a G. Lercaro, 28 settembre 1959, in Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963.
144) La visita del21 settembre 1959 - rilevata anche nel BDB, L, 1959, p. 481, dove la si collega
al desiderio del vescovo belga di vedere alcune chiese costruite di recente alla periferia di Bologna nel
quadro del programma inaugurato da Lercara nel 1955 - venne preannunciata e poi ricordata con enfasi
nelle due lettere di Suenens a Lercaro del 17 agosto e 29 dicembre 1959 (Fondo Lercara, 43 LS, b.
1955-1963). Lercaro ne riparlerà brevemente ai ragazzi ospiti dell'Opera "Madonna della fiducia"
quando nelle prime settimane del concilio si incontrerà con il medesimo Suenens, nel frattempo
divenuto arcivescovo di Bruxelles (LERCARa, Lettere dal concilio, eit., p. 110).
145) La notizia spingerà il vescovo belga Charue, già in contatto con Lercara sin dagli anni di
Ravenna (cfr. sopra, nota 42) e responsabile del centro sorto a Beauraing a seguito delle apparizioni
là registratesi, a scrivere all'arcivescovo di Bologna per inviargli materiale di argomento mariano
(A.M. Charue a G. Lercaro, 9 marzo 1959, in Fondo Lercara, 43 LS, b. 1955·1963).
146) BDB, LI, 1960, p. 274.
147) SPICUZZA, "Per civitates et castella", cit., p. 383.
289
Giuseppe Battelli
liturgico, ma che si arricchiva e si intrecciava di sempre nuove intuizioni e iniziative.
Una progettualità che, divulgata più o meno correttamente dalla stampa, faceva sì
che la stessa immagine internazionale di Lercaro ne venisse conseguentemente
dilatata, portando l'arcivescovo di Bologna a risultare destinatario di notizie o
richieste che lo riguardavano, di volta in volta, nelle vesti di potenziale mediatore
presso il governo spagnolo in favore di prigionieri politici del regime franchista
appartenenti a locali organizzazioni cattoliche':"; di difensore della causa cattolica
nell'Ungheria comunista'"; di 'taumaturgo' ritenuto capace di guarire in Irlanda un
malato grave l 50 ; di successore di Giovanni XXIII. Aspetto quest'ultimo che in sé
risultava senz' altro meno atipico di taluni dei precedenti, e che venne tuttavia
richiamato non solo da chi da tempo apprezzava Lercaro per le sue scelte pastorali 151
o dalle religiose statunitensi del cui ordine Lercaro risultava a quel momento
'protettore' 152, ma anche da un corrispondente che affermava di aver visto in sogno
la successione lercariana a papa Roncalli l 53 !
6. Il coinvolgimento nelle dinamiche conciliari
Con i suddetti scambi epistolari riguardanti il conclave del giugno 1963 ci
troviamo tuttavia già oltre l'inizio dell'evento che, nel suo insieme, avrebbe aperta
l'ultima fase nell' affermarsi della dimensione internazionale dell' episcopato di
Lercaro: il concilio Vaticano II. Non si tratta certo in questa sede di censire in
dettaglio le ulteriori svariate opportunità di contatto con ambienti, esperienze e
personalità extraitaliane che si aprirono a Lercaro - come d'altronde a ogni altro
partecipante ai lavori del Vaticano II - per effetto dell'esperienza conciliare: sia
attraverso il rapporto diretto con l'episcopato delle diverse aree continentali, sia
grazie alla cassa di risonanza mondiale offerta dai resoconti della stampa nazionale
ed estera. Un'esperienza che, proprio per la sua fisionomia di 'evento' e nonostante
il ricco bagaglio internazionale già da lui maturato nei decenni precedenti, lo avrebbe
148) La richiesta, datata 11 febbraio 1962, era sottoscritta dai familiari di vari esponenti di
"Juventud Obrera Catélica", "Accién Cat6lica Obrera", e del movimento internazionale "Pax Christi"
(Fondo Lercaro, 43 LS, b. 1955-1963).
149) Ibid., l Belay a G. Lercara, 4 giugno 1963. Belay risultava a quell'epoca presidente della
"World Federation of hungarian freedom fighters".
150) Ibid., M. Elliott a G. Lercara, luglio 1963. La richiesta si fondava sulla notizia, ricavata dai
giornali, che Lercara era un "settimo figlio" e dunque era stato dotato da Dio di una grazia speciale
per aiutare gli afflitti.
151) Ibid., abbé Delgrange a G. Lercara, 22 giugno 1963. Delgrange era curato nella località
francese di Gandelu-Aisne. Non saprei dire con certezza se si trattava di quel R. Delgrange che negli
anni precedenti era stato in corrispondenza con Lercara in qualità di presidente del "Bureau international catholique de I'enfance",
152) Ibid., superiora generale delle Sorelle del Preziosissimo Sangue (O'Fallon, Illinois) a G.
Lercara, 14 giugno 1963.
153) Ibid., lA. Diat a G. Lercara, 18 giugno 1963.
290
La dimensione internazionale dell' episcopato di Lercara
tra l'altro portato a sottolineare quanto il "contatto con i Vescovi di tutto il mondo
[fosse] estremamente interessante ed anche edificante'v". Vorrei piuttosto soffermarmi nell'ultima parte di questo contributo su un altro problema: in che misura e
in quale modo l'esperienza del concilio abbia rappresentato un fattore di continuità
o al contrario di discontinuità rispetto a ciò che abbiamo finora focalizzato a
proposito della dimensione internazionale dell'episcopato di Lercaro.
L'aspetto di gran lunga più evidente, e nel pieno segno della continuità rispetto
all'immagine internazionale di Lercaro fino ad allora sviluppatasi, fu senz' altro
rappresentato dal coinvolgimento dell'arcivescovo di Bologna nel cammino conciliare della riforma liturgica; con tutte le implicazioni che emersero e che rappresentarono il naturale prolungarsi delle dinamiche e dei contrasti maturati in tale
ambito - come abbiamo visto nelle pagine precedenti - già dalla fine anni Quaranta.
Ma su questo ritornerò tra poco. Ora vorrei invece rilevare come la principale
differenza rispetto a quella immagine per così dire pre-conciliare consistette nell' allargarsi del credito e dell' autorevolezza internazionale lercariana presso aree prima
sostanzialmente estranee ai rapporti personali intrattenuti dal presule bolognese,
anche se raggiunte in alcuni casi dall' eco dei suoi scritti e delle sue inizìative'Y.
Sino ad allora infatti, come si è visto, l'ambito pur già largamente esteso di quei
rapporti e di quella eco non era uscito se non marginalmente dai confini del mondo
occidentale, interessando in modo decisamente prioritario l'Europa e il cattolicesimo nord-americano.
Se il veicolo di questo ulteriore dilatarsi di orizzonte era costituito in sé dalla
convocazione conciliare - con le sue implicazioni anche di natura meramente
logistica, come il soggiornare presso una residenza romana che ospitava vescovi di
altre nazioni 156 - alcuni specifici filoni di riflessione rappresentarono il tramite
specifico per l'approfondirsi di tali recenti rapporti. Dapprima la stessa liturgia,
come ci conferma un incontro che Lercaro ebbe con l'episcopato brasiliano ancor
prima di essere eletto quale membro della corrispondente commissione conciliare 157,
e poi soprattutto la tematica riguardante l'evangelizzazione dei poveri: suscitata al
154) LERCARO, Lettere dal concilio, cit., letto del 17 ottobre 1962, p. 76.
155) Riguardo ad esempio all' episcopato brasiliano Lercaro noterà nei primi giorni trascorsi a
Roma dopo l'apertura del Vaticano II: "Ho fatto il trasloco da S. Paolo alla "Domus Mariae", dove
adesso mi trovo con due Cardinali e pochi vescovi italiani e 120 vescovi brasiliani, più due vescovi
ungheresi. Stassera ho cenato qui ed ho avuto i primi contatti coi Brasiliani, dei quali, del resto, una
buona parte conosce di me tante cose" (Lercaro, Lettere dal concilio, cit., letto del 16 ottobre 1962, p.
73). E ancora: "Qui alla "Domus" c'è quasi tutto l'episcopato brasiliano, col quale ci siamo trovati
subito affiatati: tutti mi conoscevano già per gli scritti e per notizie pubblicate dalla stampa" (ibid.,
letto del 17 ottobre 1962, p. 75).
156) Era il caso sopra ricordato dell' episcopato brasiliano, ospitato al pari di Lercaro preso la
"Domus Mariae".
157) Ancora in relazione all'episcopato brasiliano Lercaro affermerà: "Abbiamo così contatti
molteplici, sempre su temi attinenti al Concilio e Venerdì mattina interverrà alla loro adunanza in
preparazione alla discussione sullo Schema di Liturgia prevista per la settimana prossima" (ibid., letto
del 17 ottobre 1962, p. 75).
291
Giuseppe Battelli
di fuori dei lavori ufficiali del concilio da un gruppo di vescovi europei e medioorientali guidati dall'arcivescovo di Lione Gerlier':", ma poi portata direttamente
all'interno dei dibattiti nell'aula conciliare dal famoso intervento di Lercaro del 6
dicembre 1962 preparato con Dossetti - chiamato a Roma proprio per seguire i lavori
del suddetto gruppo 159 - e dedicato appunto alla "chiesa dei poveri" 160. Un intervento
che venne ripreso rapidamente dalla stampa che seguiva i lavori del Vaticano n 16 1,
che suscitò specifiche ricadute pastorali nella riflessione di taluni vescovi 162, che
portò alla proposta allo stesso Lercaro di pubblicare un volume sull'argomentc'v'.
Dal punto di vista degli esiti dottrinali del Vaticano n questa specifica esperienza
non può essere considerata determinante. Non si registrò infatti, contrariamente ad
alcune attese che si tradussero anche da parte di Lercaro nella consegna a Paolo VI
di un apposito dossier'?', una diretta e ampia tematizzazione dell'argomento nei
documenti approvati dal concilio l65 ; e nemmeno l'arcivescovo di Bologna, se si
prescinde dalla conferenza da lui tenuta in Libano nell' aprile 1964 e dall' intervento
conciliare consegnato scritto nell' ottobre 1965 166 , riprese decisamente la problematica nella propria riflessione pubblica 167. Nondimeno la sua immagine internazionale
complessiva ne venne certamente arricchita: sia rispetto alle tematiche sulle quali
158) Cfr. a riguardo P. GAUTHIER, Consolez mon peuple. Le Concile et l'Église des pauvres,
Paris 1965; Idem, L 'Évangile de justice, Paris 1967.
159) LERCARO, Lettere dal concilio, cit., lctt. del 5 novembre 1962, p. 99.
160) Il testo dell'intervento, con le varianti deducibili dalle stesure preparatorie cui attesero
Lercaro e Dossetti, in Per la forza dello Spirito. Discorsi conciliari del card Giacomo Lercaro, a cura
dell'Istituto per le Scienze Religiose, Bologna 1984, pp. 113-122.
161) In part. La Croix dell' 8 dicembre 1962 (P. Gauthier a G. Lercaro, 17 gennaio 1963, in Fondo
Lercaro, 43 LS, 1955-1963). Anche altre testate si fecero in seguito avanti per riprendere il testo di
Lercara (G. von Mann a G. Lercaro, 22 dicembre 1962, ibid), ma questi - anche adducendo il segreto
conciliare - suggerì di ricorrere all'intervista sull'argomento da lui rilasciata alla televisione italiana
(G. Lercaro a G. von Mann, 3 gennaio 1962, ibid.i.
162) Il vescovo francese di Coutances inviò a Lercaro copia della propria lettera pastorale sul
tema, dichiarandone la dipendenza dall'intervento conciliare dell'arcivescovo di Bologna (lo si ricava
dalla risposta G. Lercaro a L. J. Guyot, 8 marzo 1963, ibid.i. Anche l'arcivescovo di Milano G.B.
Montini pubblicò sull'argomento una lettera pastorale di Quaresima che si richiamava esplicitamente
all'intervento conciliare di Lercara (G.L. POTESTÀ, L'episcopato di C.B. Montini a Milano [19551963], in Chiese italiane e Concilio, cit., pp. 91-128, in part. 126s.).
163) La proposta venne fatta dall'editore francese Mappus, tramite il traduttore dei "Metodi di
orazione mentale" (L. Chavoutier a G. Lercaro, 24 febbraio 1963, in Fondo Lercara, 43 LS,
1955-1963).
164) Il testo in Per la forza dello Spirito, cit., pp. 157-170.
165) Cfr. su questo D. MENOZZI, Li avrete sempre con voi. Profilo storico del rapporto tra
Chiesa e poveri, pref. di M. GUASCO, Torino 1995, pp. 181-182.
166) Entrambi i testi in Per la forza dello Spirito, cit., pp. 123-155 e 171-179.
167) Il progetto del libro avanzato dall'editore Mappus venne infatti da lui rifiutato (G.
Lercaro a L. Chavoutier, 2 marzo 1963, in Fondo Lercaro, 43 LS, 1955-1963) e la stessa iniziativa
di redigere una lettera pastorale di Quaresima sull' argomento non ebbe uno sbocco concreto, come
conferma l'elenco delle pastorali lercariane (Lettere pastorali dei vescovi dell 'Emilia-Romagna,
cit., p. 50).
292
La dimensione internazionale cieli'episcopato di Lercara
fino ad allora essa si fondava''", sia nei confronti di un consenso che ben più che in
precedenza configurava ora Lercaro come punto di riferimento conciliare non solo
per gli episcopati del centro Europa o per taluni ambienti del cattolicesimo nordamericano, ma anche per una larga parte del vescovi appartenenti al cosiddetto Terzo
Mondo.
Ritornando tuttavia alla prospettiva degli esiti dottrinali del Vaticano II è chiaro
che l'aspetto di gran lunga più evidente, e nel pieno segno della continuità rispetto
all'immagine internazionale di Lercara fino ad allora sviluppatasi, fu senz' altro
rappresentato dal suo diretto coinvolgimento nella 'battaglia' che venne combattuta
in concilio tra gli avversari e i sostenitori della riforma liturgica.
Per affrontare questo punto conclusivo - seguendo in ogni caso la linea tematica
complessiva di queste pagine, volta a ricostruire il profilo internazionale dell'episcopato di Lercara, pur dedicando attenzione come in questo caso alle dinamiche
interne a uno specifico ambito - farò una sorta di momentaneo salto cronologico
all'indomani del concilio: accennando all'attacco personale di cui fu bersaglio
Lercaro nella primavera 1967 da parte di un libello pesantemente ostile a11a riforma
liturgica approvata durante i lavori del Vaticano II e la cui attuazione era stata
affidata a uno speciale organismo (il "Consilium ad exsequendam Constitutionem
de Sacra Liturgia") che tra il febbraio 1964 e il gennaio 1968 operò sotto la
presidenza dell'arcivescovo di Bologna'F',
Il libello La tunica stracciata, redatto da un anziano scrittore e polemista
cattolico'P e recante la prefazione elogiativa di un cardinale di Curia che già alla
vigilia del concilio si era impegnato per ostacolare il cammino della stesura preparatoria del futuro documento conciliare su11a Liturgia!", era senza dubbio caratterizzato da una trasparente tendenziosità ma conteneva un elemento assai interessante
rispetto al nostro argomento: riconosceva, cioè, a Lercara - per usare le parole di
Casini - il ruolo di "insidiatore più temibile, dopo l'uomo di Wittenberg, e saltando
quel povero Scipione de' Ricci il cui campo d'azione fu una piccola diocesi,
168) È singolare constatare a riguardo come uno dei futuri principali esponenti del gruppo della
"Chiesa dei poveri", il vescovo belga Himmer, avesse scritto a Lercaro pochi mesi prima dell' apertura
del concilio per chiedere che, in vista di una missione regionale riservata ad ambienti operai composti
anche da italiani emigrati in Belgio, gli venisse messa a disposizione una delle équipes dei cosiddetti
"frati volanti" (Ch. M. Himmer a G. Lercaro, 23 febbraio 1962, in Fondo Lercaro, 43 LS, 1955-1963),
utilizzati a Bologna nel corso degli anni Cinquanta soprattutto a scopi di propaganda anti-comunista.
169) Sull'attività di tale organismo (il "Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra
Liturgia") durante la presidenza di Lercara cfr. BUGNINI, La riforma liturgica, cit., passim; MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit., pp. 141ss.
170) T. CASINI, La tunica stracciata. Lettera di un cattolico sulla riforma liturgica, Roma 1967.
171) Si trattava del card. A. Bacci. Per il suo impegno a favore della conservazione della lingua
latina nella liturgia e per i conseguenti ostacoli frapposti al cammino del testo preparatorio predisposto
dalla commissione liturgica pre-conciliare cfr. J. KOMONCHAK, La lotta per il concilio durante la
preparazione, in Storia del concilio Vaticano Il, dir. da G. ALBERIGO, vo!. I: Il cattolicesimo verso
una nuova stagione. L'annuncio e la preparazione gennaio 1959-settembre 1962, ediz. ita!. a cura di
A. MELLONI, Bologna 1995, pp. 177-379, spec. 223 e nota 169.
293
Giuseppe Battelli
dell'integrità, della compattezza, dell'UNITÀ della chiesa"l72. Un ruolo, dunque,
profondamente negativo ma di orizzonte ampio: internazionale, appunto, come
quello che aveva avuto Lutero in un'Europa che si sentiva allora equivalente a gran
parte del mondo conosciuto.
Non saprei dire quanto il modesto e malevolo autore di quel libello fosse a
conoscenza dei retroscena che avevano caratterizzato prima e durante il concilio
la battaglia pro e contro la riforma liturgica: anche se il presumibile legame con
il cardinale che aveva firmato la prefazione lascerebbe propendere per una
risposta afferrnativa'P. Di certo quell'involontario e polemico riconoscimento
del ruolo complessivo di Lercaro era in singolare - per quanto 'rovesciata' sintonia con quanto si era venuto manifestando sin dall'inizio anni Cinquanta
all'interno dei settori legati al movimento liturgico internazionale'?". Il cammino
compiuto da quest'ultimo nei decenni precedenti era infatti stato lento ma
continuo, e interventi come l'enciclica Mediator Dei, la ricordata istituzione da
parte di Pio XII di una commissione apposita, la riforma del breviario introdotta
dallo stesso pontefice, erano stati segnali chiari di una direzione che, senza
scosse, si intendeva perseguire anche a Roma. Ma le istanze di rinnovamento
portate avanti dal movimento liturgico erano più sostanziali e impegnative:
occorreva trovare nelle diverse sedi chi avesse il peso e l'autorevolezza per
esprimerle al massimo livello!".
Il problema non è risolvibile sul piano delle mere ipotesi di lavoro, tuttavia la
possibilità che l'arcivescovo di Bologna, alla luce delle sue prese di posizione degli
anni Cinquanta e della sua autorevolezza in quanto cardinale e per di più italiano,
sia stato progressivamente individuato come il destinatario ideale di quella necessità
sembra trovare conferma in almeno due circostanze direttamente riferibili - o per
vicinanza cronologica o per effettivo legame - con l'apertura del concilio. La prima,
già ricordata in precedenza, relativa al convegno di Angers dell' aprile 1962 organizzato dal "Centre de Pastorale liturgique" di Parigi; la seconda riguardante l'inizio
del Vaticano II e la formazione delle commissioni che avrebbero dovuto guidare il
dibattito sui vari schemi conciliari.
Sulla prima vicenda e sul sostanziale rifiuto di Lercaro di venirne coinvolto
si è detto. La seconda merita considerazioni più ampie. Innanzitutto Lercaro non
172) CASINI, La tunica stracciata, cit., p. 12.
173) Per l'inserimento del libello di Casini sullo sfondo delle diatribe conciliari e postconciliari
cfr. la ricostruzione non definitiva ma utile di L. BEDESCHI, Il cardinale destituito. Documenti sul
"caso" Lercaro, Torino 1968, pp. 37ss.
174) Alberigo ha parlato a riguardo di un Lercaro che "alla vigilia del concilio era uno dei massimi
leaders del movimento liturgico internazionale, l'unico italiano" (G. ALBERIGO, L'esperienza
conciliare di un vescovo, in Per laforza dello Spirito, cit., pp. 9-62, la citaz. a p. 14).
175) Per il cammino delle istanze di rinnovamento liturgico negli anni immediatamente precedenti
l'apertura del Vaticano II si veda M. PAIANO, Il rinnovamento della liturgia: dai movimenti alla
chiesa universale, in Verso il concilio Vaticano Il (1960-1962). Passaggi e problemi della preparazione conciliare, a cura di G. ALBERIGO e A. MELLONI, Genova 1993, pp. 67-140.
294
La dimensione internazionale del!' episcopato di Lercara
venne proposto quale candidato per la commissione liturgica da parte dell' episcopato italiano, riunitosi appositamente il 14 ottobre 1962 - per la prima volta
nella sua storia - per stabilire criteri in vista delle imminenti votazioni 176. Ha
certamente ragione Martimort quando nota che la lista italiana non conteneva per
nessuna commissione proposte relative a cardinali l77 e a riguardo dell' esclusione
del nome di Lercaro non si può dunque parlare di un diretto e personale
ostracismo. Ma c'era anche senz' altro un problema di orientamenti dottrinali di
certo non in sintonia con le linee prevalenti dell' episcopato di Lercaro. La
"Conferenza episcopale italiana" era infatti presieduta in quegli anni dall' arcivescovo di Genova G. Siri 178 , e il conseguente schierarsi in larga prevalenza dei
vescovi italiani su posizioni vicine a quelle della Curia romana avrebbe ad
esempio suggerito proprio in quei giorni all' arcivescovo di Milano G.B. Montini
di chiedere al patriarca di Venezia G. Urbani di intervenire a favore di un
orientamento non negativo dell' episcopato della Penisola in merito allo schema
sulla liturgia 179.
Lercaro venne al contrario inserito quale primo candidato per la commissione
liturgica nella lista presentata in comune dagli episcopati del cosiddetto "centro
Europa" (in effetti: Austria, Belgio, Francia, Germania, Iugoslavia, Olanda,
Scandinavia e Svizzera, più il Madagascar legato alla Francia per tradizione
coloniale), quella che di fatto coincideva con l'area di maggiore sviluppo del
movimento liturgico internazionale; e risultò eletto con un numero di voti che
restava comunque lontano sia da quello del primo assoluto degli eletti (il vescovo
di Linz F. Zauner) sia da quello che raggiunse il primo degli italiani: il vescovo
di Biella Carlo Rossi, responsabile del CAL italiano dopo la morte di Bernareggi
e durante la fase nella quale Lercaro ne era stato "cardinale protettore'tl'",
Il significato di quella elezione appari va trasparente: erano stati gli episcopati
'progressisti' dell'Europa a volere inserito l'arcivescovo di Bologna nell'organismo conciliare incaricato di seguire lo svolgimento del dibattito sulla liturgia.
Ma dato che quelle commissioni erano state composte a partire dallo scontro
verificatosi in concilio il 13 ottobre 1962, quando cioè l'iniziativa 'curiale' di
far confluire nelle commissioni conciliari i membri delle precedenti commissioni
pre-conciliari era fallita di fronte alla reazione di alcuni rappresentanti dell'epi-
176) Parziali notizie sui contenuti dell'incontro in G. CAPRILE, Il concilio Vaticano II, voI. II
Roma 1968, pp. 66s.; SPORTELLI, La Conferenza Episcopale Italiana, cit., pp. 167s.
177) MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit., p. 138.
178) Sulla presidenza Siri della cm cfr. SPORTELLI, La Conferenza Episcopale Italiana, cit.,
pp. 121ss.
179) G.B. Montini a G. Urbani, 23 ottobre 1962, in A. NIERO, La nomina di Giovanni Urbani
a patriarca di Venezia, in Chiesa, Società e Stato a Venezia. Miscellanea di studi in onore di Silvio
Tramontin, a cura di B. BERTOLI, Venezia 1994, pp. 289-311, in parto p. 304.
180) Questo il laconico commento privato di Lercara: "Ebbi due cose belle: l'inclusione della
[sic] Commissione di Liturgia (coi voti degli stranieri) e la Congregazione" (LERCARO, Lettere dal
concilio, cit., p. 81.
295
Giuseppe Battelli
scopato del centro-Europal'", quella particolare coloratura 'europea' nell'elezione di Lercaro acquistava anche, al di là ovviamente delle intenzioni dello stesso,
un senso marcatamente 'anticuriale'. Non tuttavia antiromano. Perché in effetti
all' apertura del concilio non si poteva pi parlare, come negli anni Cinquanta,
di una sorta di differenziazione di linee e di obiettivi tra gli esponenti del
movimento liturgico internazionale e quel settore del mondo romano cui Pio XII
aveva affidato il compito di condurre in chiave moderata una propria riforma
della liturgia. Singolarmente, mentre in altri settori della vita della Chiesa
l'ascesa al papato di Giovanni XXIII aveva aperto le porte al rinnovamento, o
all' aggiornamento, come lo stesso pontefice preferiva esprimersi, l'ambito della
liturgia non aveva assistito ad un eguale progresso. La pubblicazione nel febbraio
1962 dell' enciclica "Veterum sapientia", con la valorizzazione del latino in una
fase di aspri contrasti sul problema della lingua liturgica sviluppati si all'interno
della stessa commissione pre-conciliare sulla liturgial'", era anzi sintomo di un
processo di involuzione che aveva portato in auge - o perlomeno ad esercitare
un peso maggiore che in passato - gli ambienti più conservatori. A Roma si era
cioè verificata un'ulteriore differenziazione: con gli esponenti della riforma
'piana' ormai messi da parte dai sostenitori della chiusura più arcigna.
All' apertura del Vaticano II lo schieramento di orientamenti riguardante la
liturgia si presentava dunque non bipartito, bensì tripartito: con una tendenza
esplicita alla riforma da parte degli episcopati interpreti del movimento liturgico
internazionale, una via romana alla riforma nel solco delle iniziative di Pio XII,
una seconda e più recente via romana intesa a bloccare ogni riforma che non
risultasse riconducibile al profilo delle concessioni marginali. Tra gli esponenti
di quest'ultima posizione rientrava il prefetto della congregazione dei Riti card.
A. Larraona, presidente della commissione liturgica pre-conciliare e ora presidente della commissione liturgica conciliare. Il suo orientamento apparve da
subito evidente: nominò infatti propri vice-presidenti gli anziani cardinali di
curia Giobbe e Jullien, ignorando la presenza in commissione di un Lercaro che
era stato eletto - a differenza dei due sopra indicati - dai padri conciliari 183;
sostituì quale segretario A. Bugnini con F. Antonelli, seguendo un criterio
ù
181) Sulla vicenda, peraltro molto nota, si veda ora A. RICCARDI, La tumultuosa apertura
dei lavori, in Storia del concilio Vaticano Il, cit., val. II: La formazione della coscienza conciliare.
Il primo periodo e la prima intersessione ottobre 1962-settembre 1963, Bologna 1996, pp. 21-86,
spec. 46ss.
182) A. MELLONI, Tensioni e timori nella preparazione del Vaticano Il. La Veterum
sapientia di Giovanni XX111 (22 febbraio 1962), in Cristianesimo nella storia, XI, 1990, pp.
275-307, spec. 283ss.
183) Questa la reazione dei membri della commissione nel racconto posteriore di Martimort:
"Tutti gli assistenti, vescovi ed esperti, si risentirono vivamente per l'affronto che era così stato
fatto al cardinale Lercara: non si poteva più dubitare che fosse stato fatto oggetto di ostracismo
da parte di ambienti ostili al movimento liturgico" (MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, cit.,
p. 139).
296
La dimensione internazionale del l' episcopato di Lercara
diverso rispetto a quello di tutte le altre commissioni 184; rallentò di fatto i lavori
della commissione liturgica, spingendo vari suoi componenti, e infine lo stesso
Lercaro, a inviare al segretario di Stato un pro-memoria in merito 185 .
Non saprei dire, a questo punto, con quali obiettivi specifici l'arcivescovo di
Bologna avesse accettato la candidatura dell' episcopato centro-europeo. Gli
indizi di moderazione cui prima ho fatto cenno lascerebbero propendere per la
volontà di far procedere anche nell' ambito del concilio quella riforma prevalentemente pastorale che coincideva a Roma soprattutto con la linea 'piana' e che
faceva propria almeno una parte - non la più radicale - delle istanze del
movimento liturgico internazionale. E in tal senso si mosse anche la prima
partecipazione di Lercaro ai dibattiti conciliari sullo schema "De Liturgia": una
partecipazione tesa a rassicurare gli ambienti consevatori sul carattere dottrinalmente tradizionale del documento e, nel medesimo tempo, aprire la strada
all'approvazione di un testo comunque orientato verso la riforma'". Fu probabilmente la situazione concreta che si venne a delineare in commissione セ con il
chiaro obiettivo dello stallo dei lavori perseguito dal presidente Larraona - a
indurre Lercaro ad accettare una 'investitura' che dapprima si delineò all'interno
della medesima commìssione'f" e che poi si consolidò all' esterno, nei rapporti
tra la stessa e l'assemblea plenaria conciliare, soprattutto dopo che l'arcivescovo
di Bologna avrebbe assunto nell' agosto-settembre 1963 le funzioni di membro
dapprima della Commissione di coordinamento e in seguito del collegio dei
quattro Moderatori 188.
Il cammino conciliare della riforma liturgica passò dunque dall' ottobre 1963
in poi attraverso la leadership ormai indiscussa di Lercaro. Una leadership che
184) Nelle altre commissioni conciliari si era scelto quale segretario colui che aveva ricoperto
tale funzione nella corrispettiva commissione pre-conciliare. Nella caso della liturgia era appunto p.
Bugnini, che però era stato coinvolto nelle discussioni preconciliari riguardanti il latino e le lingue
volgari (MELLONI, Tensioni e timori, cit., p. 283).
185) M. LAMBERIGTS, Il dibattito sulla liturgia, in Storia del concilio Vaticano JJ, cit., voI. II:
La formazione della coscienza conciliare, pp. 129-192, spec. 166s. Per il pro-memoria dell' areivescovo di Bologna si veda LERCARO, Lettere dal concilio, pp. 104-105 nota 6.
186) Si veda l'analisi del suo intervento del 22 ottobre 1962 in LAMBERIGTS, Il dibattito sulla
liturgia, cit., pp. 136s., dove si sottolinea tra l'altro un passo chiave del tentativo lercariano di
rassicurare i settori più conservatori dell'assemblea conciliare in merito alle innovazioni che si
intendevano introdurre: "Non enim ex sterili archeologismo aut ab insano novitatis pruritu illae
promanant, sed ab instantia quotidiana pastorum et ad exigentiis pastoralibus, cum participatio actuosa
S. Liturgiae sit, iuxta memoranda verba S. Pii X, prima et insubstituibilis fons spiritus christiani" (ibid.,
p. 137 nota 45). La versione ufficiale dell'intervento di Lercaro è edita in Acta synodalia sacrosancti
Conci/ii oecumenici Vaticani II, voI. I pars I Città del Vaticano 1970, pp. 311-313. Il testo italiano,
con le varianti delle diverse stesure preparatorie, è consultabile in LERCARO, Per la forza dello
Spirito, cit., pp. 73-78.
187) MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, pp. 139-140.
188) Su questo decisivo passaggio nel ruolo complessivo svolto da Lercaro in concilio cfr.
ALBERIGO, L 'esperienza conciliare di un vescovo, cit., pp. 23ss.
297
Giuseppe Battelli
si era delineata grazie all'irrigidimento della posizioni curiali e che, proprio per
effetto di questo, finì per esprimere nei fatti l'alleanza - o ancor meglio la
collaborazione - tra la via romana nel solco delle riforme di Pio XII e gli
esponenti delle maggiori istituzioni richiamantesi al movimento liturgico internazionale. A riguardo sarebbe infatti risultata del tutto emblematica la costante
assiduità di rapporti che si instaurò in quel periodo tra Lercaro da un lato e
Bugnini, Martimort e Wagner dall'altro. Vale a dire l'antico segretario della
commissione liturgica istituita nel 1949 da Pio XII, il direttore del "Centre de
Pastorale liturgique" di Parigi e il direttore del "Liturgisches Institut" di Treviri.
Un'assiduità di rapporti che trovò una sorta di ratifica formale quando nel
gennaio 1964, dopo che nel dicembre precedente era stato definitivamente
approvato il testo della costituzione conciliare sulla liturgia Sacrosanctum Concilium, venne istituito il "Consilium ad exsequendam Constitutionem de Sacra
Liturgia": organo del quale Lercaro risultava presidente, Bugnini segretario,
Martimort e Wagner consultori.
L'ulteriore sviluppo della riforma liturgica, con il suo passaggio dalla fase
teorica del testo conciliare alle applicazioni specifiche, non sarebbe in realtà
risultata priva di ostacoli 189. La posizione ostile alla riforma ebbe modo di
riesprimersi attraverso l'iniziativa della stessa congregazione dei Riti, superata
dal "Consilium" nelle competenze relative alle suddette applicazioni, e non
mancò lentamente di farsi strada anche nella mente di Paolo VI: spingendo
Lercaro a una mediazione che non mancò di deludere in parte gli esponenti del
movimento liturgico internazionale a lui più vicini. Lo avrebbe ricordato nei
seguenti termini Martimort: "Devo confessare di avere avuto una controversia
con il cardinale stesso, al quale rimproveravo di fare sue troppo facilmente le
opinioni personali di Paolo VI"190. Tale disponibilità a proseguire sulla strada
della riforma ma non contro la volontà del pontefice non bastò in ogni caso a
fermare la reazione antiliturgica che sempre più chiaramente si tradusse tra il
1967 e il 1968 in una diretta reazione antilercariana.
Mi riferisco ovviamente al già ricordato libello di Casini, ad autorevoli prese
di posizione durante i lavori del sinodo dei vescovi dell'autunno 1967 191 e infine
alla rimozione di Lercaro dalla sede episcopale bolognese. Ritengo infatti che
anche la conclusione drammatica del suo episcopato nel gennaio/febbraio 1968
abbia avuto legami non accidentali con quanto ho tentato di proporre in queste
189) Una recente ricostruzione in R. KACZYNSKI, Verso la riforma liturgica, in Storia del
concilio Vaticano II, cit., voI. III: Il concilio adulto. Il secondo periodo e la seconda intersessione
settembre 1963-settembre 1964, Bologna 1998, pp. 209-276.
190) MARTIMORT, Ricordi di un liturgista, p. 146.
191) In particolare l'intervento del segretario di Stato A.G. Cicognani: "Sat sit experimentum,
sat sunt innovationes" (cit. in G. ZIZOLA, Il sinodo dei vescovi. Cronaca, bilancio, documentazione,
Torino 1968, p. 202; G. CAPRILE, Il sinodo dei vescovi. Prima assemblea generale [29 settembre-29
ottobre 1967], Roma 1968, p. 507).
298
La dimensione internazionale dell'episcopato di Lercara
pagine. Nel senso che dal punto di vista degli equilibri istituzionali generali del
cattolicesimo, nel clima particolare di tumultuoso cambiamento che segnò gli
anni immediatamente successivi alla chiusura del concilio'?', l'ampio credito
internazionale di cui chiaramente beneficiava l'arcivescovo di Bologna e la
progettualità inesausta che egli continuava ad esprimere cessarono di essere un
pregio e vennero ricondotti, in una parte importante degli ambienti romani, alla
stregua di un problema da rimuovere: come appunto il loro protagonista.
192) Per una efficace ricostruzione D. MENOZZI, L 'anticoncilio, in Il Vaticano II e la chiesa, a
cura di G. ALBERIGO e I.P. JOSSUA, Brescia 1985, pp. 433-464.
299