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2020, Lo Sguardo - Rivista di filosofia
https://doi.org/10.5281/zenodo.5018393…
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Nelle odierne scienze della mente l’attenzione è una funzione cognitiva assai studiata e tuttavia ancora sfuggente. La difficoltà peculiare con la quale si scontrano gli scienziati è data dall’ubiquità di questa funzione nella totalità dei processi di coscienza, al punto che una delle difficoltà maggiori è data proprio dal co-occorrere dei fenomeni attentivi e coscienziali, che ostacola precisamente la possibilità di isolare l’attenzione dalla coscienza. Specularmente, si potrebbe notare come la dimensione dell’abitudine - che così significativamente rende possibile, guida e influisce sulla nostra vita pratica, morale, cognitiva ed epistemica - soffra della medesima ubiquità e difficoltà di isolamento: in altre parole, si potrebbe dire che l’abitudine sta all’inconscio come l’attenzione alla coscienza. E tuttavia, lungi dal risolversi in compartecipazione a un rapporto puramente analogico, la relazione tra abitudine e attenzione si rivela quantomai organica e capace di assumere le sembianze di un peculiare nodo dialettico: non sarebbe errato leggere il decorso della riflessione moderna sull’abitudine come la storia della progressiva scoperta del suo ruolo di precondizione inaggirabile per liberare segmenti di attenzione verso nuove attività cognitive.
Nel presente articolo verrà analizzata la consuetudine. Se ne indagherà in particolare la natura al fine di delineare i contorni della figura ed i rapporti con le altre fonti del diritto, in particolare con la legge scritta (norma di diritto positivo). Verrà poi riproposta la classica e tradizionale classificazione della consuetudine: secundum legem, praeter legem e contra legem.
2021
This article analyses the conceptual triad habit-habitus-habitat along the twofold guideline of their common etymological root habere (to have) and its surrounding ambiguity. The analysis is developed on the basis of the film La dolce vita; actually, Federico Fellini's masterpiece turns out to be a particularly appropriate case-study: in fact, if framing the chaotic life of the characters in terms of habits may seem paradoxical, yet their habitats disclose the ambiguous system of their structured and structuring habitus, as well as of their unnerved and unnerving habits. The analysis starts pointing out the habere as a first passive moment, wherein the characters are settled in a peaceful, consolidated possession of habits and habitus that matches the habitat of the urban jungle. Then, within a second moment that has been termed haberi (to be had), the characters are possessed by the coactive force of habits and habitus rooted in the boggy and tedious habitat of Rome. In a third...
I Castelli di Yale, 2023
In this article I discuss the aesthetic sense of habits. I intend to propose that between habits and the aesthetic dimension of experience (including art) there is a close and constituent mutual relationship. In particular, I will suggest the following theses: (i) the way in which habits form and organize experience, and more precisely, the relationship between individuals and the environment, is aesthetic; (ii) aesthetic experience (and not only art) requires habits and is organized through habits that acquire normative force; (iii) habits are a source of aesthetic experience: everyday practices constitute an important dimension of practices with an aesthetic tenor. Riassunto. In questo articolo discuto il senso estetico delle abitudini. La tesi che intendo proporre è che tra abitudini e dimensione estetica dell'esperienza (arte inclusa) ci sia una relazione reciproca stretta e costitutiva. In particolare, suggerirò le seguenti tesi: (i) il modo in cui le abitudini si formano e organizzano l'esperienza e, più precisamente, il rapporto tra individui e ambiente, è di tipo estetico; (ii) l'esperienza estetica (e non soltanto l'arte) richiede abitudini e si organizza grazie ad abitudini che acquisiscono forza normativa; (iii) le abitudini sono fonte di esperienze estetiche: le pratiche quotidiane costituiscono una importante dimensione di pratiche a tenore estetico.
Possiamo ancora leggere la storia per interpretarne il senso, almeno in uno dei suoi significati? E’ possibile credere a versioni differenti di una medesima storia ? Non sarebbe desiderabile invertire la rotta e dirigersi verso orizzonti migliori? E’ quello che ci siamo chiesti nello sviluppare il presente lavoro, partendo dalle riflessioni di Andrea Poma e prendendo in considerazione i contributi dei filosofi citati nel saggio "Cadenze", approfonditi e messi a confronto con altri pensatori secondo noi utili per una ulteriore comprensione.
DOMENICO RIDENTE Il mondo infestato dai demoni. Scienza e pregiudizio nel terzo millennio pag. 5 CONTRIBUTI E INTERVENTI LUCIANO CELI La "marmitta di Gaia": quante emissioni tra Parigi e Marrakesh? Una foto dell'IEA per capirlo pag. 9 GABRIELA CULTRERA «Provando e riprovando». Il motto distintivo degli accademici del Cimento pag. 14 ANNA TOSCANO "La Morale d'Épicure" di Charles Batteux ed il principio del "secondo natura" pag. 20 VINCENZO CROSIO Novum theatrum orbis terrarum: scritture, immagini, simboli ed iconografie (note di epistemologia semantica 2) pag. 30 DANIELE DI GIOVENALE Sensibilità e negazione nella Fenomenologia dello Spirito di Hegel pag. 38 CLAUDIO PALUMBO DReCT: un nuovo strumento per la valutazione di importanti competenze trasversali pag. 45 GIOVANNA POTENZA La sperimentazione sugli embrioni umani: verso il superamento del limite fissato dal Comitato Warnock pag. 49 ADRIANO ANGELUCCI, ALESSIA CALGANI, ALESSANDRO PIETROSANTI, PATRIZIO FELICIONI, LUCA VALERII, GIANFRANCO CAVALIERE, MARCO IARLORI, VINCENZO RIZI, MAURO BOLOGNA Facciamo luce sulla vitamina D pag. 55 ALESSANDRA PALISI La persona come valore pag. 70 MARIA PIA LATORRE Animare la lettura è faccenda di cuore pag. 74 LIVIA LIBERATORE Università per la cittadinanza europea pag. 75 n. 42 (1° dicembre 2016) 38 55 49 74 4 ISSN 2283-5873 Scienze e Ricerche Rivista bimensile (esce il 1° e il 15 di ogni mese) n. 42, 1° dicembre 2016 Coordinamento • Scienze matematiche, fisiche, chimiche e della terra:
Lessico ed etica nella tradizione italiana del primo Cinquecento, a cura di Raffaele Ruggiero, Lecce, Pensa Multimedia (ISBN 978-88-6760-368-8), 2016
Indagine sulle osservazioni lessicali, e non solo, presenti nell'Aegidius di Giovanni Pontano.
Musica di ieri esperienza d’oggi. Ventidue studi per Paolo Fabbri
“Doktor Faustus” of Thomas Mann, as explained by its author, is a novel on German civilization in which music plays the role of paradigm. Nevertheless the author grasps a lot of quotations from different disciplines and topics, ― e.g., theology, policy, philosophy, music, chemistry ― with the aim of depicting the creation of a second nature in music according the rules of twelve-note composition established by Arnold Schoenberg. The starting point of this complicated narrative is the reinterpretation of Theodor W. Adorno’s “Philosophie der neuen Musik”, a book that inspired Mann in tracing the idea of “second nature” created by the composer Adrian Leverkühn. The article focuses on some keywords used in the famous novel, and taken from inorganic chemistry and geology, working as metaphors on the thin line between nature and nurture. This analogy is retraceable in the biography of Adrian Leverkühn, whose music is the result of a demiurgic, daemonic power he gained after his deal with the devil.
L a mano fa la sua prima comparsa all'interno di una ri essione loso ca articolata con Le parti degli animali di Aristotele (384/2-322 a.C.), nell'ambito di un confronto tra corpo umano e corpi degli animali: se Platone (427-347 a.C.) aveva interpretato la postura eretta come segno dell'origine divina dell'anima umana ed emblema della superiorità dell'uomo rispetto agli animali, ripiegati con la testa e il ventre verso terra 1 , Aristotele allarga la prospettiva e si sofferma sulla mano che costruisce, afferra e utilizza strumenti: grazie al gioco che le dita esprimono aprendosi e chiudendosi, nell'«essere divisa» della mano «è compreso anche l'essere unita» e così essa, afferrando e lasciando, «diventa anche artiglio, chela, corno, lancia, spada e qualsivoglia altra arma o strumento: potrà essere tutte queste cose, infatti, perché può prendere e tenere ogni cosa» 2 . Come «strumento prima degli strumenti» 3 , potendo diventare ogni strumento che afferra, la mano appare analoga all'anima (psyché), che esercitando la facoltà sensitiva e quella intellettiva «è in certo modo tutti gli esseri» 4 . Il nesso tra mani e intelletto, tuttavia, non è soltanto analogico: al riguardo, Aristotele introduce un dilemma a struttura circolare, contrapponendo la propria concezione a quella di Anassagora (V sec. a.C.): si tratta di stabilire se l'uomo sia «il più intelligente degli animali grazie all'avere mani» o se abbia ottenuto le mani essendo il più intelligente 5 . Adottando la seconda opzione, Aristotele sostiene che la natura ha dato le mani a un essere capace di servirsene, come conviene dare auti e assegnare l'arte autistica a chi è au-tista; Anassagora, al contrario, avrebbe individuato nell'attività della mano che separa e unisce un primo stadio del processo conoscitivo che contraddistingue l'intelletto (nous) 6 . Il punto di vista aristotelico torna in Plutarco (I-II sec. d.C.) e in Galeno (II sec. d.C.), per il quale le mani permettono all'uomo di sopperire alla mancanza di armi e tecniche congenite 7 . L'eco del dilemma risuona molti secoli più tardi, nelle posizioni di Marsilio Ficino (1433-1499) e Giordano Bruno (1548-1600). Contrapponendosi nella Teologia platonica (XIII, 3) a Epicuro e all'ipotesi di una "ragione latente" nelle bestie -che potrebbe esprimersi se soltanto queste disponessero di mani -Ficino sosteneva 8 che le mani sono forgiate dall'anima peculiare degli esseri umani, come da una sorta di artigiano che opera "dall'interno": in tale prospettiva, l'essere privi di mani segnala l'assenza di un artigiano "interno" in grado di farne uso. Nel secondo dialogo della Cabala del cavallo pegaseo (1585), Bruno sostiene attraverso il personaggio Onorio che all'uomo sarebbe inutile avere il «doppio d'ingegno», qualora «le mani gli venisser transformate in forma de doi piedi, rimanendogli tutto l'altro nel suo ordinario intiero»: senza mani, non ci sarebbero la «conversazion degli uomini», l'istruzione, le famiglie e le unioni; senza mani, saremmo andati e andremmo ancora incontro a rovina 9 , poiché le strutture materiali e simboliche in cui e di cui viviamo -dagli edi ci alle dottrine -poggiano, prima ancora che sul «dettato de l'ingegno», su quello della mano, «organo de gli organi» 10 . Dall'accento sull'anima intesa come "artigiano interno" si passa a un'attribuzione di priorità alle mani, presentate come una sorta di "artigiano esterno" che precede il dettato dell'ingegno, rendendolo possibile e sostenendolo: nella prospettiva bruniana, infatti, sono le mani capaci di apprendere -verbo che nell'italiano dello Spaccio signi ca ancora "afferrare" -a fare dell'uomo un dio terrestre 11 . Commentando le pagine di Bruno sulla mano, Michele Ciliberto ne ha evidenziato le assonanze con Arnobio, maestro di retorica vissuto nel III-IV sec. d.C., noto per essersi convertito al cristianesimo dopo averlo esplicitamente avversato: nel trattato Difesa della vera religione, scritto anche per convincere il vescovo di Sicca dell'avvenuta conversione, Arnobio rimarca 12 l'incolmabile distanza degli esseri umani da Dio sottolineandone la stretta vicinanza agli animali, che non mancano di ingegno ma hanno un corpo "tardo" e sono privi delle mani (II,(49)(50), che li renderebbero capaci di costruire mura e nuovi artefatti, non diversamente dall'uomo; che gli animali non siano carenti dal punto di vista dell'ingegno lo dimostrerebbe il fatto che con artigli e unghie sanno costruire cose che gli uomini non riescono a imitare, pur avendo le mani (II,. Alcuni decenni più tardi, nel 379, Gregorio di Nissa (355-394) avrebbe scritto il primo trattato sistematico della letteratura cristiana sul problema antropologico, L'uomo, nel quale la prospettiva biblica inglobava quella platonica e stoica, con una tesi suggestiva sul rapporto tra il linguaggio e le mani dell'uomo, «animale linguistico» (logikón ti zoon) 13 . Dopo aver associato la gura eretta dell'uomo alla superiore dignità attribuitagli dal Creatore -segno anche del potere umano di sovrastare la natura -Gregorio sostiene che le mani siano state progettate e articolate al corpo per la «facilità del linguaggio», intendendo peraltro tutto il corpo come strumento «predisposto all'uso del linguaggio» 14 . L'argomento centrale, che merita di essere riportato interamente, è il seguente: «Se infatti l'uomo fosse privo delle mani, le parti del viso sarebbero come
B@belonline, 2018
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(Cagliari, 30 settembre - 3 ottobre 2024) Università degli Studi di Cagliari - Facoltà di Scienze Economiche, Giuridiche e Politiche - Mediatori Mediterranei ONLUS - Fondazione di Sardegna, 2024
IntechOpen, 2024
Studi di Storia ecclesiastica e civile in onore di Giancarlo Zichi, 2024
In: Epigraphy, Iconography, and the Bible by M. Lubetski (ed.), 2022
International Journal of Research Publication and Reviews, 2024
Res Militaris, 2024
Monções: Revista de Relações Internacionais da UFGD, 2019
2020
IACR Cryptol. ePrint Arch., 2021
Physical Review E, 2008
Journal of Medical Internet Research, 2020
Biomarkers : biochemical indicators of exposure, response, and susceptibility to chemicals, 2016
Stem cells (Dayton, Ohio), 2018
Ciencia & Saude Coletiva, 2010
Circuits, Systems, and Signal Processing, 2019
Isalam and Health Journal, 2020