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G. Demuro

2020, La democrazia regionale come misura della differenziazione

La presente opera è stata sottoposta a revisione da parte di una Commissione di Lettura di docenti del Dipartimento nominata dal Comitato Scientifico della Collana.

Memorie del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università̀ degli Studi di Torino 16/2020* Comitato scientifico delle Memorie del Dipartimento di Giurisprudenza Raffaele Caterina (coordinatore), Alessandra Algostino, Roberto Cavallo Perin, Elena D’Alessandro, Paolo Gallo, Enrico Grosso, Michele Graziadei, Edoardo Greppi, Daniela Izzi, Pier Giuseppe Monateri, Ugo Pagallo, Anna Maria Poggi, Michele Rosboch, Dario Tosi, Michele Vellano, Ilaria Zuanazzi. Scritti in onore di Franco Pizzetti a cura di Cristina Bertolino, Tanja Cerruti Marco Orofino, Annamaria Poggi Volume I UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TORINO Edizioni Scientifiche Italiane Opera finanziata con il contributo dei Dipartimenti di Giurisprudenza e di Filosofia e Scienze dell’Educazione dell’Università di Torino. La presente opera è stata sottoposta a revisione da parte di una Commissione di Lettura di docenti del Dipartimento nominata dal Comitato Scientifico della Collana. Bertolino, Cristina; Cerruti, Tanja; Orofino, Marco; Poggi, Annamaria (a cura di) Scritti in onore di Franco Pizzetti - volume I Memorie del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino - 16/2020 Napoli-Torino: Edizioni Scientifiche Italiane - Università degli Studi di Torino © 2020 by Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a. 80121 Napoli, via Chiatamone 7 www.edizioniesi.it [email protected] © 2020 Università degli Studi di Torino 10124 Torino, Via Verdi 8 www.collane.unito.it/oa/ [email protected] pp. XIV+698; 24 cm ISBN 978-88-495-4479-4 ISBN 9788875901790 Prima edizione: dicembre 2020 Due volumi in lingua italiana Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale Non opere derivate 4.0 Internazionale I diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume/fascicolo di periodico dietro pagamento alla siae del compenso previsto dall’art. 68, comma 4 della legge 22 aprile 1941, n. 633 ovvero dall’accordo stipulato tra siae, aie, sns e cna, confartigianato, casa, claai, confcommercio, confesercenti il 18 dicembre 2000. Sommario Volume I Poggi Annamaria Premessa 1 Il regionalismo Bifulco Raffaele I limiti del regionalismo differenziato 7 Bilancia Paola Lo stato attuale del regionalismo italiano tra scarne prospettive di autonomia differenziata e potenziamento della leale cooperazione 37 Bin Roberto L’attuazione dell’autonomia differenziata 63 Carli Massimo Il regionalismo differenziato come sostituto del principio di sussidiarietà 77 Castorina Emilio Riflessioni sul «principio di sussidiarietà» nel pensiero di Franco Pizzetti 91 Costanzo Pasquale Quale regionalismo differenziato? Note per una discussione 99 © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 VI Sommario Demuro Gianmario La democrazia regionale come misura della differenziazione 115 Grosso Enrico Differenziazione e uguaglianza: un equilibrio difficile 127 Luther Jörg † La «sussidiarietà» come principio «sussidiario» del diritto pubblico 141 Morelli Alessandro Fonti e procedimenti dell’asimmetria 157 Olivetti Marco La secessione nel diritto costituzionale 181 Padula Carlo Aggiornamenti in tema di ridondanza 217 Palici Di Suni Prat Elisabetta Federalismi in Europa tra omogeneità e differenziazione 241 Rivosecchi Guido L’autonomia finanziaria regionale alla prova: il diritto alla salute tra Stato e Regioni 255 Spadaro Antonino Appunti sul «regionalismo differenziato»: una «buona idea» che può diventare un «disastro» 277 Tondi della Mura Vincenzo Per un regionalismo differenziato rispettoso della coesione nazionale. Prime note 305 Vipiana Patrizia Statuti regionali ordinari e principio di sussidiarietà 327 Gli enti locali Cavallo Perin Roberto L’ordinamento giuridico della città ISBN 978-88-495-4479-4 353 © Edizioni Scientifiche Italiane Sommario VII Crosetti Alessandro Beni forestali, ambiente, territorio e paesaggio nel nuovo T.U.F. 371 Forte Pierpaolo Istituzioni culturali e rigenerazione territoriale 411 Gallo Carlo Emanuele L’attività amministrativa negli Statuti delle autonomie 431 Louvin Roberto Il diverso approccio di Francia e Italia nella fusione dei territori regionali 443 Mangiameli Stelio Province e Città metropolitane nel sistema regionale 461 Forma di governo e riforme costituzionali Bertolissi Mario Il Presidente della Repubblica e la crisi della forma di governo parlamentare 499 Catelani Elisabetta L’influenza dell’evoluzione dell’Unione europea sulla Presidenza del Consiglio e sul suo Presidente nel nuovo secolo: dal Trattato di Nizza al Governo Conte II 523 Clementi Francesco La riduzione del numero dei parlamentari: il primo tassello di un domino di riforme costituzionali? 547 De Marco Eugenio Sull’annoso problema del bicameralismo paritario. Un istituto obsoleto rimasto sostanzialmente immutato nonostante i numerosi progetti di riforma nel corso della storia costituzionale repubblicana 571 Di Cosimo Giovanni Trasformazioni partitiche 595 Dogliani Mario A quale principe ridare lo scettro? 605 © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 VIII Sommario Sicardi Stefano I dilemmi della partecipazione politica nelle società in trasformazione: un recente confronto nel Parlamento italiano 621 Sterpa Alessandro La frammentazione del processo decisionale e l’equilibrio costituzionale tra i poteri 667 Volume II Debito pubblico e Stato regolatore Clarich Marcello Populismo, sovranismo e Stato regolatore: verso il tramonto di un modello? 3 Merusi Fabio Il debito pubblico nell’euro. Convergenza e percorsi speciali 21 Sorrentino Federico Debito pubblico e indirizzo politico. Profili critici 33 Storia del diritto Camerlengo Quirino Riflettendo sul negazionismo, tra realtà e verità 43 D’Amico Marilisa La continuità tra regime fascista e avvento della Costituzione repubblicana 61 Di Giovine Alfonso Dallo Stato liberale alla democrazia costituzionale. Riflessioni critiche sul concetto di sovranità popolare 91 Di Plinio Giampiero Il finto «effetto Marx». Ascesa, deriva keynesiana, e declino del socialismo giuridico in Italia 115 Lanchester Fulco L’Italia, la Germania e l’incubo di Weimar 129 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane Sommario IX Pegoraro Lucio Las raíces de las «Constituciones con constitucionalismo»: la Resistencia al nazi-fascismo y la construcción de las Constituciones europeas 151 Pene Vidari Gian Savino † Note storiche su enti locali e potere centrale nello Stato sabaudo 167 Prisco Salvatore Letteratura e altre arti. Un ruolo decisivo per un nuovo giurista critico 181 Roselli Orlando Rigidità e garantismo nella Costituzione spagnola 201 Ruggeri Antonio Appunti per uno studio su memoria e Costituzione 207 Diritti costituzionali Cavino Massimo Il lavoro nella Costituzione repubblicana 231 Ferrari Giuseppe Franco I diritti sociali nel costituzionalismo della crisi: una prospettiva comparata 257 Gambino Silvio Verso lo statuto europeo dei diritti fondamentali 279 Groppi Tania «Sempre daccapo». La sfida delle diseguaglianze alla democrazia costituzionale nel XXI secolo 301 Massa Pinto Ilenia Rileggendo «L’ordinamento costituzionale per valori» di Francesco Pizzetti 335 Pollicino Oreste Is the right to access to the internet a fundamental right? © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 X Sommario An analysis, in the light of prof. Pizzetti’s legacy, beyond the rhetoric of fundamental rights 355 La decisione giudiziaria per algoritmo Donati Filippo Intelligenza artificiale e giustizia 377 Ferrara Rosario Il giudice amministrativo e gli algoritmi. Note estemporanee a margine di un recente dibattito giurisprudenziale 405 Luciani Massimo La decisione giudiziaria robotica 423 Diritto amministrativo Bottari Carlo, Laus Federico Sport e tutela della salute 451 Cassetti Luisa L’Antitrust, la regolazione e la funzione amministrativa «tradizionale». (Riflessioni a margine di Corte cost. sent. n. 13/2019) 477 Foà Sergio La trasparenza amministrativa e i suoi limiti 497 Gasparri Wladimiro Mutamenti e trasformazioni del sindacato sul potere discrezionale nell’esperienza francese 527 Midiri Mario Privacy e Antitrust: una risposta ordinamentale ai Tech Giant 553 Vipiana Piera Maria Riflessioni su alcune recenti riforme e mancate riforme nel diritto amministrativo 587 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane Sommario XI Le Corti Falcon Giandomenico La controversia tra i Fairfax e gli Hunter e il consolidamento della Corte Suprema al vertice del sistema giudiziario degli Stati Uniti 621 Lupo Nicola La Corte costituzionale nel sistema «a rete» di tutela dei diritti in Europa, tra alti e bassi 641 Mainardis Cesare Illegittimità consequenziale e giudizio in via principale 669 Troilo Silvio Le regole della coabitazione: Presidente, Vicepresidente e Comitato di presidenza nella «forma di governo» del Consiglio Superiore della Magistratura 701 Postfazione Zagrebelsky Gustavo Qualche ricordo e un augurio © Edizioni Scientifiche Italiane 731 ISBN 978-88-495-4479-4 GIANMARIO DEMURO La democrazia regionale come misura della differenziazione SOMMARIO: 1. Regionalismo e differenziazione – 2. Geografia della specialità – 3. Democrazia regionale e differenziazione – 4. Dimensioni territoriali e differenziazione eguale – 5. Sintesi conclusiva 1. Nel momento in cui scriviamo non sappiamo quale futuro avrà il regionalismo in Italia; se si placherà la polemica tra regioni del Nord e regioni del Sud sulle autonomie differenziate, se le autonomie speciali saranno ridimensionate. Oggi siamo immersi in un contesto istituzionale fondato su una differenziazione egoistica, sempre in bilico tra diseguaglianza e disunità di fatto dei cittadini della Repubblica. Un sistema regionale che si sarebbe dovuto sviluppare nella differenziazione e nella sussidiarietà, base dell’idea stessa di Costituzione, ma che, in questi anni, è andato dissolvendosi nonostante il tentativo di rilancio del 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione. Il regionalismo è, come d’altronde lo stesso federalismo, fondato sul principio di differenziazione e se non si condivide il rispetto della diversità, è difficile sostenere una prospettiva futura della democrazia regionale. Il principio della differenziazione, se dovessimo proporre un ideale lessico del XXI secolo, può essere lo strumento per ridurre la distanza rispetto alla globalizzazione, uno strumento di «territorializzazione» della democrazia, uno «spazio politico» rinnovato nel quale garantire luoghi di partecipazione concreta alla vita politica1. Spetta infatti al diritto regionale collegarsi alle esigenze territoriali proprio in un momento storico in cui il diritto è fortemente sganciato dalla territorialità perché l’assenza del territorio è la misura stessa della governance globale. Sul punto Luciano Vandelli2, citando la base dati di una ricerca oxfordiana sull’autonomia territoriale e sui suoi diversi livelli, ha sostenuto che il nostro Stato continua a essere accentrato, anche comparandolo agli altri Stati europei, come dimostra il Final Report on Regional Authority Index. Per una storia dello «spazio politico» cfr. C. S. MAIER, Dentro i confini. Territorio e potere dal 1500 a oggi, Torino 2019. 2 L. VANDELLI, Il regionalismo differenziato, in Rivista Aic, 2019, n. 3, p. 1. 1 © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 116 Gianmario Demuro In questa sede è interessante notare che, a fini comparativi, il Regional Authority Index considera quale livello intermedio della regolazione globale le Città metropolitane, non le Regioni, e che la territorializzazione del diritto è un elemento costantemente presente in tutta Europa. In questo contesto ciò che s’intende affermare è che «differenziare» è «territorializzare». L’art. 116 Cost. prevede la differenziazione proprio nello stesso testo in cui riconosce e garantisce l’esistenza delle autonomie speciali: autonomie certamente «preesistenti» all’entrata in vigore della Costituzione e a cui si affiancano, all’art. 116, comma 3, le «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia». Anche l’art. 118 Cost. presuppone il principio di differenziazione, insieme ai principi di adeguatezza e di sussidiarietà e, quindi, riafferma l’idea che la Repubblica debba rispettare la differenziazione mentre garantisce l’unità. Non a caso la differenziazione in tutta Europa è uno degli elementi che caratterizza il regionalismo e – come Roberto Bin ha scritto anche in polemica con altri colleghi – se non c’è differenziazione non c’è neanche regionalismo3. Fatte queste premesse, non è chiaro il motivo per cui nel 2020 dobbiamo ancora avere paura della differenziazione. Sulla base delle argomentazioni costituzionali richiamate, la differenziazione è costituzionalmente necessaria a condizione che non si dimentichi che l’adeguatezza e la sussidiarietà vanno insieme alla perequazione finanziaria di cui all’art. 119. Sono proprio le «differenziazioni» delle autonomie speciali contemplate nell’art. 116, comma 1, a radicare i motivi storici per cui le autonomie sono state previste; ragioni storiche direttamente espresse in Costituzione e negli statuti approvati con legge costituzionale. Come pure è previsto che alcune comunità nel territorio nazionale abbiano garantito il bilinguismo; un regime finanziario differenziato; materie legislative esclusive; norme di attuazione strettamente collegate alle ragioni della specialità e, quindi, all’esistenza stessa delle autonomie speciali. Una differenziazione che è stata definita «di fatto, pur in presenza di una differenziazione di diritto ancora in fase di attuazione», una differenziazione ancora in complesso divenire4. 2. Possiamo affermare, parafrasando Sassen, che la geografia della specialità si descrive e si rappresenta nella differenziazione5 e che non si può temere che le autonomie differenziate siano il futuro del regionalismo. La R. BIN, Prospettive della specialità, in Regioni, 2016, n. 3, p. 439 ss. Così G. CARBONI, Il regionalismo identitario. Recenti tendenze dello Stato regionale in Spagna, Italia e Regno Unito, Milano 2019, p. 44. 5 S. SASSEN, La città nell’economia globale, Bologna 2010, passim, laddove scrive di «geografia della centralità». 3 4 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane La democrazia regionale 117 prospettiva del regionalismo differenziato è del tutto diversa rispetto a quella delle autonomie speciali perché le autonomie differenziate hanno statuti approvati con legge regionale e perché il percorso di una eventuale differenziazione si costruirà con una legge della Repubblica e non con una legge costituzionale. Nessuna possibilità, dunque, di un intervento diretto nella trama delle regole di rango costituzionale, ma l’opportunità di dare nuovo slancio alla democrazia regionale che ha, invece, necessità della differenziazione. Anche nella prospettiva europea, la nuova dimensione del regionalismo, che è non solamente europea ma mondiale. Un giovane economista ha certificato che «per 52 paesi su 81 analizzati […] due terzi di questi stati presentano infatti una struttura amministrativa con un elemento di differenziazione, che si declina lungo le dimensioni fiscale, politica e amministrativa».6 Se si parte da questa consapevolezza, anche nella sua dimensione globale, la differenziazione è già nella nostra Costituzione e si tratta anzitutto di rispettarla e di attuarla, costruendo un percorso che possa portare ad una differenziazione costituzionalmente sostenibile, fondata su un radicamento popolare e con un’idea che possa dare forma all’autonomia. Un «indirizzo popolare» verso le autonomie è, dunque, una spinta strettamente legata alle necessità territoriali e deve rispondere a due domande. La prima, posto che la differenziazione è una esigenza costituzionale, quale può essere il livello di regolazione nazionale di queste esigenze? La seconda, quali sono le garanzie che la differenziazione non diventi un veicolo di disuguaglianza? Per rispondere a queste domande i sentieri argomentativi sono diversi. Mi limito a uno: a chi spetta garantire l’eguaglianza nazionale? Certamente oltre al Governo spetta al Parlamento, ma nessuna eguaglianza potrà essere garantita senza che il supporto popolare sorregga gli organi che hanno il compito di garantire un livello nazionale di prestazioni; spetta infatti al consenso territoriale regionale vagliare l’appropriatezza degli interventi. Per evitare che la differenziazione si trasformi in una diseguale affermazione di privilegi io ripartirei dal d.d.l. Lanzillotta, che risale a circa 10 anni fa ed era un buon disegno di legge per la «ridefinizione a livello nazionale dei livelli nazionali delle prestazioni». Da questo punto di vista qualunque procedimento di differenziazione deve ripartire in Parlamento, nella Commissione bicamerale per gli Affari regionali, nella Commissione bicamerale per il federalismo fiscale. Voglio dire che, in assenza di un Parlamento con una Camera delle Regioni, esiste nondimeno una serie articolata di organi che si possono occupare dei 6 A. BALLABIO, Regioni sempre più autonome. In tutto il mondo, in laVoce.info, 14 febbraio 2020. © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 118 Gianmario Demuro progetti di differenziazione, e sin da oggi, non solo intervenendo sul percorso e procedimento di approvazione, ma anche consentendo al Parlamento di dire la sua in merito. E c’è poi sul versante degli esecutivi la Conferenza delle Regioni, che può lavorare su obiettivi di più democrazia e insieme di più efficienza. E c’è il Governo, ancora, che ha un compito di ricostruzione dei problemi e d’identificazione dei temi, sotto il profilo tanto delle funzioni quanto delle risorse. Spetta sempre al Governo di discutere con ogni Regione il singolo profilo. Ma, soprattutto, Conferenza delle Regioni e Parlamento possono fare moltissimo per riportare tutto il percorso della differenziazione nell’ambito del principio centrale di uguaglianza. A mio avviso, infatti, l’unico organo che possa far ciò, e bene, è il Parlamento. Tutto ciò è inutile «se l’equilibrio tra unità del principio di eguaglianza e di differenziazione dei servizi relativi ai livelli essenziali delle prestazioni appare sbilanciato verso quest’ultimo»7, la verifica del raggiungimento quest’equilibrio è affidata, a mio sommesso avviso, alla capacità di ogni singola regione di misurare l’attuazione del principio di eguaglianza. Quanto al profilo finanziario soltanto due battute. Intanto il residuo fiscale era una delle ipotesi di James Buchanan, che l’aveva utilizzato in riferimento agli Stati federali come meccanismo per valutare la possibilità delle regioni più ricche di aiutare le regioni più povere, una misura per riportare l’equità territoriale e, nel contempo, garantire che le regioni più ricche possano continuare a far fronte ai servizi che devono erogare8. Solo che il ragionamento sul residuo fiscale fatto in questo modo corre il rischio di incontrare grandissime difficoltà, anche perché, come ha spiegato Rivosecchi, «le entrate delle autonomie speciali sono quantificate negli statuti in percentuale predeterminata in relazione a quanto riscosso sul territorio, e solo successivamente vengono finanziate le funzioni»: pertanto, la differenziazione territoriale è già dentro il cuore territoriale della specialità ed essa concorre a «realizzare la vera eguaglianza nel segno della differenziazione»9. Sotto il profilo dei costi standard e della capacità fiscale, nonché dell’eguaglianza dei diritti dei cittadini parametrata al territorio, ricordo che la sentenza della Consulta 11 maggio 2017, n. 104, ha dichiarato l’incostituzionalità dei costi standard per studente per la determinazione del Fondo di finanziamento G. G. CARBONI, Il regionalismo identitario, cit., p. 218. Sul punto vedi l’interpretazione e la citazione di S. MANGIAMELI, A. FILIPETTI, F. TUZI, C. CIPOLLONI, Prima che il Nord somigli al Sud. Le regioni tra divario e asimmetria, Roma 2020, p. 172 9 G. RIVOSECCHI, Autonomia finanziaria ed equilibrio di bilancio degli enti territoriali, in C. BERGONZINI (a cura di), Costituzione e bilancio, Milano 2019, pp. 251 e 253 7 8 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane La democrazia regionale 119 ordinario delle Università. Trattare del profilo finanziario significa, dunque, in buona sostanza, garantire l’applicazione obbligatoria dell’art. 119 Cost. secondo un‘idea territoriale differenziata. Articolo che ha trovato un’applicazione con la legge sul federalismo fiscale, restando però lettera morta tutta la parte relativa ai livelli essenziali delle prestazioni (i cosiddetti LEP). Dopo dieci anni, si è riusciti, faticosamente, a definire i livelli essenziali di assistenza e lo Stato fa sempre più fatica a svolgere il ruolo di re-distributore del reddito. 3. Se volessimo prendere sul serio la democrazia regionale e la differenziazione, e io penso debba essere fatto rapidamente, dovremmo capire, dal punto di vista parlamentare, da quale forma politica esso sarà governato. Oggi appare probabile che la revisione costituzionale che prescrive una cospicua riduzione dei parlamentari sia confermata dal Referendum popolare indetto per marzo 2020; tuttavia detta riforma manterrà il bicameralismo così com’è senza che sia chiara la finalità della revisione costituzionale, se non quella di cancellare anche la «elezione su base regionale» del Senato. E il Senato, certo, non sarà più eletto «su base regionale» e, di conseguenza, potrebbe non svolgere più quel ruolo che Bruce Ackerman, nel libro Revolutionary Constitutionalism riferendosi alla Costituzione italiana ed a quella tedesca, ha definito di contrappeso al potere centrale10. Allora da questo punto di vista il principio di differenziazione, nella mia lettura e in quella che credo debba essere una lettura seria del regionalismo, ci indica che a trasformarsi più facilmente in una democrazia illiberale è uno Stato ipercentralizzato e lontano dalle comunità che lo compongono. I cittadini hanno maggiori garanzie, maggiori anticorpi, nei contesti in cui vive una democrazia diffusa sul territorio e oggi questa democrazia diffusa passa attraverso le Regioni, le Città metropolitane, i Comuni che possono fungere da eventuale contrappeso allo Stato centrale. Naturalmente una contrapposizione che abbia un senso per l’efficacia degli strumenti di cui può valersi. Come è scritto nel testo dell’art. VI dei Principi fondamentali della Costituzione della Repubblica romana del 1849: «La più equa distribuzione possibile degli interessi locali, in armonia con l’interesse politico dello stato è la norma del riparto territoriale della Repubblica», vi è, in nuce, «una idea di autonomia che tornerà a circolare nella lotta antifascista […] ma che non troverà mai realmente spazio nel panorama costituzionale statutario e repubblicano»11. Una idea antica, ma non realizzata che comunque 10 B. ACKERMAN, Revolutionary Constitutions. Charismatic leadership and Rule of Law, Haward 2019. 11 G. BASCHERINI, L’eredità dell’esperienza © Edizioni Scientifiche Italiane costituzionale romana del 1849, in Rivista AIC, 2020, ISBN 978-88-495-4479-4 120 Gianmario Demuro ha come presupposto l’autodeterminazione; un regionalismo come differenziazione che ha come obiettivo maggiore democrazia e, nello stesso tempo, più efficienza nella risposta ai bisogni delle persone12, una «differenziazione possibile»13. In questa prospettiva vi è chi la dà semplicemente per presupposta: «una Repubblica caratterizzata dalla differenziazione territoriale, atteso che – nonostante una struttura di governo fortemente centralizzata – la realtà sociale italiana non è affatto uniforme, né omogenea, considerando anche che l’unità giuridica e l’unità economica sono permanentemente minacciate e l’eguaglianza delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali tutt’altro che raggiunta»14. Si pone cioè nella posizione di chi fotografa un mancato raggiungimento della perequazione territoriale e una costante diseguaglianza territoriale e, di conseguenza, propone l’asimmetria come soluzione della diseguaglianza: «nella condizione presente della Repubblica abbiamo troppo Stato per le Regioni del nord e troppo poco Stato per quelle meridionali, appare evidente che la soluzione che può potenziare l’intero ordinamento, verso un livello maggiore di efficacia ed efficienza, è dato dalla differenziazione, nel senso di una necessaria, maggiore e differenziata flessibilità per il Nord e per il Sud, nelle materie e nella determinazione delle politiche».15 L’unità nazionale la garantisce il Parlamento, e soprattutto una legislazione seria, in un contesto semplice e chiaro rispetto all’attuazione dell’art. 5 Cost. Se non passiamo da qui, dall’art. 5, che racchiude il significato della differenziazione come è scritta negli artt. 116 e 118, rischiamo che per motivi contingenti, e per la preoccupazione di garantire l’eguaglianza, si torni a una Repubblica che non è più una Repubblica delle autonomie, ma uno Stato iper-accentrato. 4. Quale è, dunque, la scala che aiuta una Repubblica a costruire autonomie capaci di diventare il contrappeso di una possibile involuzione centralista? Qual è la misura razionale delle Regioni in grado di contrastare la capacità di aggregare verso il centro da parte dello Stato? Come si riesce a n. 1. 12 Soprattutto nella soddisfazione dei diritti a ricevere prestazioni tramite servizi pubblici. Un esempio può trarsi dalla gestione dei servizi idrici: cfr. M. BETZU (a cura di), Diritto all’acqua e servizio idrico integrato, Napoli 2019. 13 L’espressione è di D. GIROTTO, L’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario. Tentativi di attuazione dell’art. 116, comma 3, Cost. e limiti di sistema, Torino 2019, p. 179. 14 S. MANGIAMELI , A. FILIPETTI, F. TUZI, C. CIPOLLONI, Prima che il Nord somigli al Sud, cit., p. 8. 15 O.c., p. 166. ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane La democrazia regionale 121 mantenere la ricchezza del pluralismo delle città in Italia sotto la spinta della capacità attrattiva delle città metropolitane dal Sud verso il Nord? Se si accede all’impostazione di chi sostiene che «il discorso sulla differenziazione è una battaglia di tasse e servizi condotta da alcuni territori nei confronti di altri in nome dell’efficienza e del risparmio», sarebbe una semplice rivendicazione territoriale di più poteri per territori maggiormente attrezzati dal punto di vista economico e sociale16. Certamente questo è un dato nel quale la differenziazione è dimostrabile con dati economici e potremmo continuare con i dati relativi al numero dei laureati che si trasferiscono dal Sud al Nord, o al numero dei pazienti che si sposta dal Sud al Nord per accedere alle cure mediche e molte altro ancora. Tuttavia, sarà difficile tracciare la dimensione ottimale della partecipazione democratica anche perché il tema della dimensione del potere è storicamente risalente. Scrive C. F. Lane che la Repubblica di «Venezia trionfava soltanto entro i limiti posti dalla sua struttura di città-stato e dai canoni diplomatici, finanziari e militari del sistema degli stati italiani»17. Tradotto in termini odierni gli Stati italiani del 500 e le altre città-stato avevano una dimensione tale da non rischiare di essere o troppo piccole o troppo grandi. Oggi, come dimostra lo scritto di R. Louvin in questo volume18, la dimensione conta, forse anche più e, probabilmente, dobbiamo tener conto delle dimensioni rinascimentali per perseguire il «buon governo» territoriale e ragionare delle dimensioni territoriali delle funzioni da utilizzare per definire il grado di oscillazione di una autonomia territoriale per garantire la convivenza pacifica tra «l’eguaglianza nella differenziazione»19. Un esempio tratto dalla giurisprudenza costituzionale potrà aiutarci a capire come il principio di eguaglianza e di differenziazione territoriale regionale possono convivere. Secondo una costante interpretazione costituzionale l’eguaglianza è garantita dal cd. «vincolo di bilancio» (sentt. 16 dicembre 2016, n. 275, e 20 dicembre 2017, n. 274) in cui è il centro a garantire il riequilibrio territoriale e, di conseguenza, un bilancio regionale è incostituzionale se non apposta somme sufficienti a garantire i servizi (sent. 29 gennaio 2016, n. 10); melius, la Corte dichiara l’incostituzionalità dell’insufficiente allocazione finanziaria perché la legge di bilancio della Regione Piemonte viola il «principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. per l’entità 16 A. MANGIA, L’eterno ritorno dell’autonomia differenziata, in Forum quad. cost., 4 ottobre 2019, p. 8. F. C. LANE in Storia di Venezia, Torino 2015, p. 282. R. LOUVIN, in questo Volume. 19 La bella espressione è di E. GROSSO, A. M. POGGI, Il regionalismo differenziato: potenzialità e aspetti problematici, in Piemonte auton., 2018, n. 2. 17 18 © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 122 Gianmario Demuro della riduzione in assenza di misure riorganizzative o riallocative di funzioni»; nonché «il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, secondo comma, Cost. per il pregiudizio alla fruizione dei diritti sociali causato dal mancato finanziamento dei servizi». Questa impostazione appare del tutto indifferente rispetto alla dimensione territoriale ma si limita a stabilire uno strict scrutiny per un livello insufficiente di scelta di bilancio compatibile con la dimensione territoriale. La decisione è, infatti, non tiene conto della dimensione territoriale della regione ma si limita a ribadire l’obbligo per le Regioni di finanziare interamente la prestazione territoriale. Lo Stato interviene ad obbligare la Regione a finanziare il servizio. In questa prospettiva è del tutto assente la possibilità di utilizzare modalità scientifiche per valutare l’equità territoriale e questo meccanismo non ci aiuta a misurare il livello di eguaglianza territoriale, né a capire a chi spetta perequare20. Seguendo l’impostazione della Corte costituzionale possiamo misurare l’eguaglianza a partire da chi spende le risorse pubbliche sul territorio secondo le varie voci della spesa pubblica, ma il criterio del vincolo di bilancio non fa che aumentare le diseguaglianze territoriali seminando quella insicurezza che in tanti ritengono sia alla base della crisi della democrazia liberale e della crescita esponenziale del populismo illiberale21 che invoca un ritorno agli Stati per garantire il welfare a prescindere dalle differenze territoriali. Tuttavia, se partissimo dall’idea dell’eguaglianza come cardine della identità politica potremmo prospettare una diversa soluzione. Scrive Bobbio: «Se vi è un elemento caratterizzante delle dottrine e dei movimenti che si sono chiamati e sono stati riconosciuti universalmente come sinistra, questo è l'egualitarismo, inteso, ancora una volta, non come l'utopia di una società in cui tutti gli individui sono uguali in tutto, ma come tendenza a rendere eguali i diseguali»22. Principio di eguaglianza che, come è noto, obbliga, prima di tutto, il legislatore e prescrive la necessità di trattare in modo equale situazioni eguali e in modo diseguale situazioni diseguali. Il principio di ragionevolezza definisce poi il divieto di discriminazione irragionevole che attiene alle persone, ai gruppi, ai diritti individuali. Vero è che, normalmente il principio di ragionevolezza non si riferisce alla sperequazione tra territori ma riguarda le persone e non le regioni ricche vs le regioni povere, non il Nord vs il Sud23. 20 Per tutti V. CEREA, Le autonomie speciali. Le vicende e i possibili sviluppi dell’altro regionalismo, Milano 2014. 21 Per tutti v. D. RODRIK, La globalizzazione intelligente, Milano 2015. 22 N. BOBBIO, Destra e sinistra. Ragioni e significati di una distinzione politica, Roma 2014. 23 D. MONE, Autonomia differenziata come mezzo di autonomia statale: la lettura dell’art. 116, ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane La democrazia regionale 123 Eppure, la maggior parte delle critiche contro la differenziazione vengono portate sul trattamento diseguale tra territori che sarebbe perpetrato attraverso la differenziazione delle competenze. Si parla di diseguaglianza tra territori, ma il principale argomento polemico di Viesti e Villone sta nella presunta diseguaglianza nel trattare i diritti fondamentali dei cittadini, dal diritto allo studio al diritto al lavoro e al diritto alla salute, con accordi incostituzionali e separatisti delle regioni ricche «contro» le regioni povere24. Se utilizziamo il Pil territoriale delle regioni allora la dimensione di ciò che è eguale o diseguale non può essere trattata con riferimento alla regione, ente esponenziale di autonomia politica, quanto rispetto ai cittadini che vivono in quelle regioni. Se si continua ad usare il parametro dei Lep o dei Lea la misurazione sarà sempre su una ipotetica unità della Repubblica che viene riferita agli artt. 3 e 5 Cost., ma che non affronta nel merito le differenze che possono esserci anche all’interno di ogni Regione, siano esse del Sud o del Nord. Per fare un esempio, il reddito e le opportunità che offre Milano, non sono le stesse di altre parti della Lombardia; il reddito della città di Cagliari non è quello della provincia del Sud Sardegna. Quando Eurostat traccia una linea territoriale – la cd. Garlic line che richiama l’uso dell’aglio in cucina – il Nord Italia regge gli standard dell’Europa del Nord mentre il Sud Italia è al livello della Grecia. Allora la prima scelta da fare, se vogliamo prendere la differenziazione sul serio, è quali sono i parametri che ci aiutano a capire la sperequazione territoriale. La fruizione dei diritti sociali è certamente uno dei profili, ma attiene all’eguaglianza dei cittadini e non dei territori. I territori hanno necessità di essere analizzati e «rappresentati» con parametri più complessi che ci aiutino a capire quando i territori sono sperequati e quando le differenze sono costituzionalmente accettabili. Il tema è antico e, dal punto di vista ideologico, le destre hanno sempre propugnato un’idea di una «gerarchia tra le Regioni» che l’on. Cao nel discorso del settembre 1922 in cui, nel chiamare in causa Mussolini, e chiede che l’autonomia sia lo strumento per garantire l’eguaglianza democratica tra territori25. In sintesi, l’eguaglianza è certamente da valutare rispetto ad un interesse unitario, simboleggiato dal potere sovrano, ma distinguendo i contenuti della sovranità da quelli della autonomia, non ci si deve nascondere dietro comma 3, Cost., conforme a Costituzione, in Rivista AIC, 2019, n. 1. 24 G. VIESTI, Verso la secessione dei ricchi, Bari 2019; M. VILLONE, Riforme e controriforme in gialloverde, in Dir. pubbl. eur., 2019, n. 2. 25 On. U. CAO, Un discorso storico, in Raccolta di discorsi e atti parlamentari, Roma 1922. © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 124 Gianmario Demuro l’unità per negare l’autonomia solamente perché si parte da diverse realtà territoriali, asimmetriche ma tra loro eguali26. Abbiamo dunque affermato che l’applicazione del principio di eguaglianza attiene, soprattutto, al fine di perseguire la ragionevolezza che deve essere realizzata dal legislatore e di stabilire il limite di non discriminazione irragionevole nella tutela dei diritti fondamentali. Parliamo dunque di diritti e non di enti esponenziali della autonomia costituzionalmente garantita perché, ad esempio, la asimmetria delle autonomie speciali è, invece, del tutto presupposta dal testo costituzionale. O meglio è la Costituzione che assume il valore della differenziazione come valore stesso della specialità. Tutte le regioni speciali nascono diverse e la garanzia di questa diversità è negli statuti approvati con legge costituzionale. Il progetto costituzionale è sempre stato quello di differenziazione della specialità tanto che vi è chi ha sostenuto che la differenziazione dell’art. 116, comma 3, dovesse essere applicabile anche alle autonomie speciali27; una specialità differenziata per poter usufruire della flessibilità del riparto delle competenze regionali senza, necessariamente cambiare gli Statuti speciali28. Anche per le autonomie speciali la differenziazione è la ragione prima dell’eguaglianza nella democrazia regionale perché diversi erano i motivi di legittimazione della autonomia. Sono consapevole che questa idea della «specialità come corretta differenziazione» non è più accettata pacificamente ed è contestata a partire, anche in questo caso, dalla sperequazione territoriale nei confronti dei cittadini che vivono in altre regioni. In questo caso a lamentarsi sono le Regioni del Nord ad invocare il nucleo duro dell’unità della Repubblica per sostenere che la specialità è un privilegio, inaccettabile soprattutto dal punto di vista finanziario29. L’unità della Repubblica s’invera nel principio del coordinamento della finanza pubblica nonché nel dovere di solidarietà in concreto nella corresponsione del debito pubblico. Ma allora quando la differenziazione, come abbiamo detto intrinsecamente legata alla democrazia regionale, diventa diseguaglianza? Quali sono i criteri di misurazione? Il Pil pro R. TONIATTI, L’autonomia regionale ponderata: aspettative ed incognite di un incremento delle asimmetrie quale possibile premessa per una nuova stagione costituzionale del regionalismo italiano, in Regioni, 2017, n. 4. 27 M. CECCHETTI, Attualità e prospettive della specialità regionale alla luce del regionalismo differenziato come principio di sistema, in Federalismi, 2008, n. 23. 28 S. AGOSTA, L’infanzia «difficile» (...ed un’incerta adolescenza) del nuovo art. 116, comma 3, Cost. tra proposte (sempre più pressanti) di revisione costituzionale ed esigenze (sempre più sentite) di partecipazione regionale alla riscrittura del quadro costituzionale delle competenze, in E. BETTINELLI, F. RIGANO (a cura di), La riforma del titolo V della Costituzione e la giurisprudenza costituzionale, Torino 2004. 29 Per tutti L. ANTONINI, L’autonomia finanziaria delle Regioni tra riforme tentate, crisi economica e prospettive, in Rivista AIC, 2014, n. 4. 26 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane La democrazia regionale 125 capite? La popolazione attiva? Il tasso di disoccupazione? Con la spesa controllata interamente dal centro e con un rapporto deficit/pil che è oltre il 133% quando i rapporti territoriali sono diseguali? Non esistono risposte immediate ma occorre un approccio sistematico che possa mettere insieme un test per valutare la diseguaglianza. Un test che metta insieme più variabili: per esempio la crescita del Pil non è eguale dappertutto, ma, come hanno dimostrato Ciani e Torrini della Banca d’Italia, nel 2016 la divisione geografica e la diseguaglianza con il Sud ha contribuito per almeno un quinto della diseguaglianza nazionale30. Il test dovrà essere costruito a partire da un’equità tra territori di tipo orizzontale (e non, come durante il fascismo, gerarchica) e, una volta perequati, il federalismo cooperativo e fiscale scritto nell’art. 119 è la chiave per garantire la differenziazione e riequilibrare il presunto privilegio. 5. Se volessimo concludere con una parola chiave, potremmo dire che la soluzione è l’interdipendenza e l’integrazione delle politiche pubbliche31. In un contesto territoriale ad «entrate fiscali diseguali» non è possibile valutare in astratto l’eguaglianza territoriale, ma essa deve essere valutata nel concreto della ragionevolezza di una Repubblica unitaria. Anche gli algoritmi ad apprendimento automatico alla base delle valutazioni, persino pubbliche, possono replicare le diseguaglianze e, pertanto, nessuna valutazione può essere sottratta dalla rappresentazione massima espressione della territorialità della democrazia perché è autonomo chi è responsabile rispetto alla comunità governata32. La democrazia regionale può garantire la conoscenza al centro di ciò che è diverso, evitando una conoscenza fondata sull’invarianza digitale che presuppone, a sua volta, una invarianza territoriale e una standardizzazione che esclude, sempre, la differenziazione a favore dell’adattamento automatico. L’autonomia è, dunque, la garanzia costituzionale del pluralismo perché ognuno potrà essere diverso; continuare a discutere di differenziazione regionale significa rinvigorire la democrazia costituzionale. Possiamo dare per scontate le autonomie a più velocità ma, come dimostrano una serie di studi politologici recenti, è nelle forme di differenziazione territoriale della democrazia deliberativa a livello locale una delle modalità in cui possono essere evitati «i cd. salti di scala» nei livelli di decisione: ciò che è adatto per il livello Ciani e Torrini in https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2019-0492/index.html. Parafrasando M. DEANDRIS, S. CAPASSO, A. CASOLARO, L’interdipendenza economica e produttiva tra il Mezzogiorno e il Norditalia. Un paese più unito di quanto sembri, Napoli 2014. 32 F. BARCA, Sarà l’Europa ad arginare lo strapotere degli algoritmi?, in laVoce.info, 12 aprile 2019. 30 31 © Edizioni Scientifiche Italiane ISBN 978-88-495-4479-4 126 Gianmario Demuro locale, viene sottolineato, può non essere utile per il livello europeo33. Se dovessimo partire dalla richiesta di più eguaglianza che viene dai comuni, il sindaco di Milano Sala sostiene che essi hanno diminuito il debito e lo Stato lo ha aumentato: «Più poteri ai sindaci significa ripristinare l’equilibrio tra poteri e responsabilità. Noi sindaci abbiamo meno poteri e più responsabilità». L’esatto opposto di chi sostiene che la sperequazione territoriale debba essere affrontata al centro34. D. RUNCIMAN, Così finisce la democrazia. Paradossi, presente e futuro di una istituzione imperfetta, Milano 2019. 34 In Corriere della Sera, 1 settembre 2019. 33 ISBN 978-88-495-4479-4 © Edizioni Scientifiche Italiane LA BUONA STAMPA Questo volume è stato impresso nel mese di dicembre dell’anno 2020 per le Edizioni Scientifiche Italiane s.p.a., Napoli Stampato in Italia / Printed in Italy red.nignat - ftc.intpie Per informazioni ed acquisti Edizioni Scientifiche Italiane - via Chiatamone, 7 - 80121 Napoli Tel. 0817645443 - Fax 0817646477 Internet: www.edizioniesi.it