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2020_Renato Guttuso e il ciclo preparatorio della 'Fuga dall'Etna'

2020, Renato Guttuso. Nuovi studi

Indaga - attraverso i disegni, le fotografie, la ricostruzione del contesto - la lunga gestazione della 'Fuga dall'Etna' di Renato Guttuso, primo quadro 'grande' della sua carriera, elaborato tra il 1937 e il 1929 e vincitore del III posto al Premio Bergamo nel 1940.

Sommario Renato Guttuso. Un uomo innamorato Barbara Tomassi 8/ 9 Tre parole chiave per il Guttuso scrittore-pittore Flavio Fergonzi 10 / 17 «Tutti debbono capire e sentire». Guttuso e il ciclo preparatorio della Fuga dall’Etna Luca Baroni 18 / 31 «A Parma ci sono tutto intero, con la mia esistenza consumata sui quadri». Renato Guttuso alla Pilotta nel 1963 Fabio Belloni 32 / 37 Memoria e rimozione nell’Autobiografia di Renato Guttuso, 1966-1967 Chiara Perin 38 / 53 Alcune opere di Renato Guttuso nella Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma Emanuela Garrone 54 / 57 Opere 58 / 99 Apparati Biografia A cura di Barbara Tomassi 102 / 105 Principali mostre antologiche 106 / 109 «Tutti debbono capire e sentire». Guttuso e il ciclo preparatorio della Fuga dall’Etna Luca Baroni «Ho dipinto molto e soprattutto ho disegnato molto. Sebbene sia tra i pochi che in Italia oggi abbiano tentato dei quadri di composizione con più figure e di grandi dimensioni (la Fuga dall’Etna e la Crocifissione) non posso considerare questi due quadri che come tentativi nello sviluppo di un discorso che mi sta molto a cuore, e intorno al quale si svolgono tutti i miei sforzi»1. È in una pagina di diario datata 24 giugno 1943, il giorno dell’ultimo discorso ufficiale di Mussolini, che Guttuso si trova a riflettere sul lavoro dei passati cinque anni. Lo fa ragionando per addendi concreti (disegno, numero di figure, dimensioni), come un maestro del passato; e lo fa pensando a due quadri, che ritiene parte della medesima traiettoria creativa. La Crocifissione, terminata nel 1941 e premiata a Bergamo l’anno successivo, resta uno dei suoi lavori più noti e snodo imprescindibile per ogni discorso critico che lo riguardi. Diverso è il caso della Fuga dall’Etna (fig. 1), eseguita tra il 1938 e il 1939 e anch’essa vincitrice a Bergamo (III premio) nel ’40: una vasta composizione corale in cui figure disperate di uomini e animali cercano scampo dalla furia distruttrice della lava. Con i suoi due metri e mezzo di base, la Fuga è il primo quadro “grande” del pittore di Bagheria, culmine di una ricerca compositiva, tecnica ed espressiva durata oltre tre anni. Nonostante tale impegno, la tela ha incontrato minore attenzione da parte della critica, concentrata sulla meglio riuscita e politicamente più connotata sorella maggiore2. Ma proprio le esitazioni tipiche di un’opera prima, come la mancanza di unità stilistica e una certa grossolanità nell’esecuzione3, rendono la Fuga un fertile territorio d’indagine. I suoi punti deboli sono altrettanti squarci sulla palestra quotidiana del pittore, sui suoi dubbi, i momenti di esaltazione, i progressivi aggiustamenti. fig. 1 Fuga dall’Etna Firmata e datata 1940 (eseguita nel 1939) Olio su tela cm 144 x 254 Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea. 18 / 19 Luca Baroni Renato Guttuso. Un uomo innamorato Di nessun’altra delle opere guttusiane del periodo possediamo altrettanti schizzi, abbozzi e appunti: collazionando i materiali superstiti, possiamo riconoscere non meno di otto successive redazioni, accompagnate da un numero quasi doppio di disegni e studi preparatori 4. Per quanto arbitraria, la ricostruzione di tale stemma permette di gettare nuova luce su un dipinto così complesso chiarendo questioni ancora aperte come quella del soggetto, della cronologia e dei propositi con cui venne eseguito. La prima fase (1937 – estate 1938): dalla Spiaggia siciliana alla Fuga dall’Etna Il punto di partenza della nostra indagine è rappresentato da un dipinto, databile al 1936-37 e dal sibillino (e forse fittizio 5) titolo di Spiaggia siciliana (I). Più che di un dipinto si tratta, in effetti, di un disegno, eseguito a tempera su carta e lasciato in parte allo stadio di abbozzo. Ma le rilevanti dimensioni (70x97 cm) e la cura con cui il foglio è gestito (sotto la figura femminile seduta sulla sinistra si indovina la presenza di un accurato studio a matita), firmato e datato, lo elevano dal rango di semplice schizzo a quello di compiuto studio preparatorio. Come indica l’iscrizione apposta in basso 6, Guttuso lo donò alla principessa Topazia Alliata, sua prima protettrice nella cui cerchia aveva potuto conoscere, a partire dalla metà degli anni Trenta, il bel mondo dell’intelligenza siciliana 7. Egli doveva quindi attribuire all’opera un certo rilievo; ciò rende tanto più utile provare a capire cosa rappresenti. La scena è inconsueta: un gruppo di figure radunate su una spiaggia, in un campo lungo di sapore cinematografico, attorniate da carri, masserizie e immerse in un’atmosfera di sottile quanto rassegnata disperazione. L’ambientazione siciliana e gli indumenti moderni dalla primavera del 1936, tali immagini erano tornate di attualità, comparendo sui cinegiornali Luce 9 e nei rotocalchi: dopo sette anni di lavori, il governo fascista si accingeva infatti a ultimare la ricostruzione della nuova Mascali, una delle più rilevanti imprese edilizie condotte in Sicilia dal Regime 10. Per mandato diretto del Ministro dei lavori pubblici e dello stesso Mussolini, che lo visitò nell’estate del 1937, l’abitato era stato integralmente rifondato, entrando nei canali di propaganda come simbolo delle capacità tecniche e organizzative dello Stato fascista. Attorno alla metà degli anni Trenta, quindi, l’eruzione fig. 4 tono patetico da grande affresco verista: il tema dell’artista non è l’evento catastrofico in sé ma il dramma degli esiliati che hanno perso tutto. Solo in un secondo momento Guttuso decise di passare dal ritratto all’azione trasformando la scena inizialmente statica in una “fuga”. Due grandi tempere su carta (II, III), databili tra il 1937 e l’inizio del 1938 13, documentano tale passaggio. Sullo sfondo, l’orizzonte basso è sostituito dalla figura incombente del vulcano che erutta mentre in primo piano uomini e bestie corrono in direzione dell’osservatore, con una progressiva messa a fuoco delle figure tra il primo e secondo disegno che ricorda il movimento di una macchina da presa. L’immagine era diventata assai più ambiziosa e complessa da gestire: non solo per le difficoltà di composizione e gestione prospettica ma anche perché Guttuso aveva ormai fatto un salto dalla realtà storica, verificabile sulle fotografie, a una scena immaginaria, di pura narrazione tragica14. Come testimoniato dalle fonti, a Mascali non c’era stata infatti nessuna “fuga”. A differenza dell’eruzione vesuviana, esplosiva e imprevedibile (quella della finzione cinematografica e del dipinto di Rizzo), i vulcani di tipo stromboliano, come l’Etna, eruttano in modo lento e costante, con colate laviche che avanzano lentamente man mano che si solidificano. Il fenomeno del 1928 era durato oltre due settimane dando agli abitanti tutto il tempo di mettersi in salvo. Era stato anzi proprio l’elemento di lentezza, di progressiva e inesorabile devastazione a colpire i cronisti internazionali e stimolare l’invenzione della Spiaggia siciliana, ritratto di una popolazione non ferita, ma spogliata in breve tempo di tutto. La seconda e terza versione dell’immagine – quest’ultima poi fissata in un bozzetto a olio (IV) marcato con la prima data certa per la nostra cronologia, 21 giugno 1938 – raccontano un’altra storia: il desiderio di un pittore esordiente di cimentarsi con una composizione drammatica, concitata, di figure in movimento e vaste proporzioni. I fatti di Mascali, esaltati dalla propaganda di regime, gliene fornivano lo spunto e, probabilmente, gli facevano sperare di esporre il quadro con successo. Restavano però da risolvere i numerosi problemi tecnici connessi all’esecuzione di quella che sarebbe stata la sua prima tela di grandi dimensioni. Tra questi, concepire uno spazio prospetticamente credibile; rendere l’idea di movimento verso lo spettatore; coniugare all’agitazione di persone e animali un certo pathos eroico e, non da ultimo, trovare un registro stilistico adatto al soggetto. 20 / Luca Baroni Renato Guttuso. Un uomo innamorato fanno pensare a un fatto di attualità; ma cosa avrebbe potuto portare delle persone vestite di tutto punto su quel tratto di costa? Un occhio allenato potrebbe pensare alle suggestioni di un certo impressionismo francese, a Monet, Boudin e alle loro vedute di borghesi in spiaggia. Ma se pure tale riferimento, per quanto lontano, non sia da escludere, l’innesco dell’opera risiede in un fatto storico piuttosto che pittorico. Alcuni anni prima, tra il 2 e il 20 novembre 1928, la Sicilia era stata sconvolta da una catastrofica calamità naturale: l’Etna, con un’eruzione di inaudita violenza e intensità, aveva distrutto nel giro di pochi giorni la cittadina di Mascali, nel catanese. L’evento, ripreso dai fotografi e dai cineoperatori 8 di tutto il mondo, aveva avuto singolare risonanza, sia per la novità e la forza delle immagini divulgate (che documentarono passo passo l’inarrestabile avanzata della lava) che per il dramma degli abitanti, costretti in breve tempo ad abbandonare le proprie case salvando il minimo indispensabile. Particolarmente toccanti erano state le riprese di uomini e donne intenti a trasportare, a spalla o con carri e cavalli, mobili, sedie e persino le porte e le tegole dei tetti in vista della futura ricostruzione (fig. 2). A partire fig. 2 del ’28 era non soltanto un fatto storico, e di storia intensamente e sentitamente siciliana, ma argomento di attualità politica nazionale. Così infatti la ritroviamo, pur sotto spoglie classiche da Gli ultimi giorni di Pompei 11, nel Risveglio dell’Etna (fig. 3) presentato dal maestro di fig. 3 Pippo Rizzo Il risveglio dell’Etna 1934. Olio su tela, cm 218 x 200 Palermo, Fondazione Banco di Sicilia. Guttuso, Pippo Rizzo, alla II Quadriennale Romana del 1935 12. Che il giovane e ambizioso allievo di quest’ultimo si dedicasse al medesimo soggetto, pittoricamente e politicamente accattivante, non sorprende: Spiaggia siciliana, databile tra la fine del 1936 e l’inizio del 1937 (i mesi in cui la nuova Mascali apparve nei cinegiornali Luce), rappresenta il momento in cui gli abitanti della cittadina, salvato ciò che possono, si raccolgono in riva al mare per cercare scampo dalla furia distruttrice della lava. Questa prima ipotesi di dipinto, fortemente influenzata dalle fotografie e dai filmati dell’eruzione (fig. 4), si contraddistingue per il Gli sfollati di Mascali 12 novembre 1928. Fotogramma dalla pellicola Mascali. Archivio British Pathé, film n. 768.21. 21 La popolazione di Mascali assiste all’eruzione dell’Etna 12 novembre 1928. Fotogramma dalla pellicola Mascali. Archivio British Pathé, film n. 768.21. Se guardiamo ai dipinti di Guttuso del biennio 1937-38, non è difficile risalire agli artisti che interrogò per imparare a gestire la composizione del quadro. Sono ben note, ad esempio, le sue attenzioni a Manet, dal Torero morto 15 diventato Uomo che dorme 16 – omaggio politico, certo: ma si trattava anche di capire come mettere in prospetto una figura – a Il balcone 17 dell’Orsay, riflessione tutta d’impaginazione e di quinte pittoriche 18. Ma vi sono anche altri riferimenti che, tenendo a mente i problemi connessi alla realizzazione della Fuga dall’Etna, assumono una certa sfumatura didattica. È il caso delle Battaglie di un amico del pittore, Aligi Sassu 19, dalle quali egli imparò a mescolare figure e paesaggi, terreno e cavalli (si pensi ad esempio alla Rissa 20 del 1937-38). E si potrebbe pensare anche a un certo mitologico De Chirico 21, per quanto sia assai più difficile stabilire – e documentare – un legame diretto tra le sue opere e quelle del nostro. Ma la figura alla quale il giovane di Bagheria sembra guardare più insistentemente, con attenzioni che paiono rivolgersi (anche attraverso il filtro della fotografia in bianco e nero) persino agli equilibri materici e cromatici della tela, è quella di Delacroix 22. Nel 1937, una commissione della marchesa Maria de Seta l’aveva messo per la prima volta di fronte all’impegno di impaginare una vasta superficie, un paravento destinato all’abitazione palermitana della nobildonna. Dei cinque pannelli 200x100 solo quattro sono sopravvissuti 23, ma un bozzetto su carta 24 testimonia l’idea di una vasta composizione marino-mitologica, con una figura femminile (Venere?) giacente sulle acque e un combattimento di uomini, cavalli e centauri sulla riva. Se il riferimento a una certa pittura pompier (Cabanel, La nascita di Venere 25) è fuori luogo per un pittore cresciuto nell’Italia degli anni Trenta, più plausibile è il legame con Delacroix, dal cui celebre Cristo nella Tempesta 26 sembrano derivare non solo la scialuppa e la sagoma della montagna sullo sfondo, ma tutta l’insolita alchimia spaziale di cielo, terra e mare. L’impressione si acuisce osservando la quinta versione preparatoria della Fuga (V), di cui sopravvive solo un frammento (fig. 5) ma che è documentata nel suo primo aspetto tramite le fotografie. Selezionata nel 1939 per essere inviata alla Golden Gate International Exhibition – a un dipinto compiuto. Anche solo per tecnica e per formato, al contrario, il successivo olio su carta (VI) è un oggetto del tutto diverso. Pur mantenendo le stesse proporzioni e contenuto del dipinto di San Francisco, questo ha l’aspetto di un vero studio preparatorio, come rivelano le zone lasciate bianche, i pentimenti, le correzioni e la pratica di ripassare i contorni delle figure in nero così da poterle poi ricalcare e studiare singolarmente. Se la prima versione della Fuga dall’Etna era stata concepita come un dipinto da cavalletto di medie dimensioni, ciò che Guttuso ha ora in mente è un monumentale vortice di figure, un quadro-parete ispirato alle grandi scene drammatiche di Géricault e Delacroix. Per realizzare qualcosa di simile, egli sa di dover ripensare l’immagine partendo dai suoi addendi più semplici: i personaggi, le forme, le linee. E, per un giovane pittore della fine degli anni Trenta, c’era una sola, ovvia, figura della modernità alla quale rivolgersi per imparare la sintassi di un grande formato: Pablo Picasso. Presso l’Archivio Guttuso di Roma31 si conserva un raro ritratto fotografico di Renato nel suo nuovo studio romano di piazza Melozzo da Forlì (fig. 6), che aveva affittato nel 1937 assieme Se confrontato alla redazione finale della Fuga, il bozzetto di San Francisco (V) rivela un lessico propriamente ottocentesco, mutuato da quello dei maestri del passato. L’impaginazione dell’immagine, con le figure disposte in primo piano e la doppia diagonale ascendente della strada e del ruscello che dà profondità, rimanda alle regole canoniche del paesaggio classico, secondo una tradizione ininterrotta che va da Daubigny a Lorrain. In un pieno e forse intuitivo accordo con quest’ultima, Guttuso aveva occupato oltre due terzi della superficie con la descrizione del brullo paesaggio vulcanico, riservando ai personaggi solo la porzione inferiore. Compressi tra le rocce, l’acqua e il cielo, questi ultimi stentano a trovare una propria individualità, riducendosi a una massa compatta dalla quale emergono solo le due figure virili a braccia sollevate e le anatomie degli animali imbizzarriti. Ma l’artista aveva ormai deciso di andare oltre la rappresentazione del semplice fatto di cronaca, basato sulle fotografie e ancora attento a descrivere elementi naturalistici e aneddotici (il cagnolino, i carri, il cavallo riverso). Man mano che crescevano le sue capacità, Guttuso si sentiva sempre più incline a realizzare un grande quadro d’azione e di movimento che partisse dalla caratterizzazione delle singole figure riunendole in una scena coerente e di forte impatto emotivo. «Voglio solo rappresentare qualche cosa, oggetti, persone, sentimenti e voglio che nel quadro ci sia il più possibile…» scrive nelle Pagine di diario dell’aprile-giugno 1943. «Tutti debbono capire e sentire… Dipingere quadri grandi. Importanza della dimensione»30. È a questo che rimanda, forse, la successiva scelta di tagliare (come in un moderno close-up) il dipinto esposto a San Francisco, retrocedendone lo status da studio compiuto a bozzetto in fieri e reinserendolo così nel ciclo preparatorio della Fuga. Mantenendo il formato orizzontale e anzi espandendolo ulteriormente, in modo da creare uno spazio più coinvolgente, Guttuso avvicina l’occhio dello spettatore alla scena, abbassando il punto di vista e saturando la composizione con figure disposte a gruppi autonomi. E tuttavia tra il bozzetto su compensato del ’38 (V) e la sua redazione successiva (VI), ovvero un grande olio su carta intelata di ben 99x180 cm, il salto non è solo compositivo, ma tipologico e stilistico. Il percorso creativo che aveva portato l’artista dalla Spiaggia siciliana alla versione di San Francisco era stato convenzionale: vi riconosciamo l’iter canonico del disegno preparatorio a matita poi colorato a tempera (I, II, III), del piccolo bozzetto a olio (IV) e, infine, dello studio compositivo finito (V), equiparabile – nella migliore tradizione romantica 22 / Luca Baroni Renato Guttuso. Un uomo innamorato fig. 5 Studio per la Fuga dall’Etna Crispolti 38-39/13°; databile post giugno 1938. Firmato in basso a destra «Guttuso» (due volte); firmato e intitolato al verso «Guttuso Bozzetto per una pittura». Olio su compensato, cm 80,5 x 65,8 Roma, mercato antiquario. of Contemporary Art di San Francisco 27 e realizzata probabilmente nell’estate del 1938, l’opera consisteva in un olio su compensato di circa 200x100 cm, oggi ridotti a 79x65. Qui Guttuso rielabora fedelmente, dilatandolo sul formato orizzontale, il precedente bozzetto cartaceo (IV), approfondendo l’individualità delle figure e la tessitura pittorica dello sfondo. La scelta dei toni marroni, ai quali si alternano campiture più acide stese quasi pure – verdi, rosse, viola, arancioni – richiama tele orientaliste di Delacroix come l’Ovidio tra gli Sciti 28 e certe Scene di Tangeri 29, nelle quali il paesaggio astratto, privo di connotazioni naturalistiche, diventa un fondale sul quale disporre le figure. L’alto livello di finitura dell’opera e le sue ragguardevoli dimensioni confermano che ci troviamo di fronte all’esito compiuto del primo momento creativo della Fuga dall’Etna: un quadro di ispirazione neo-mitologica, condotto guardando al passato (Delacroix) e ai maestri più classici tra i moderni (Sassu, De Chirico) con intenti ancora pienamente narrativi e descrittivi. La seconda fase (estate 1938): da Delacroix a Picasso 23 fig. 6 Guttuso nello studio di Via Melozzo da Forlì Fotografia, c.a. 1938. Roma, Archivio Guttuso a Giovanni Colacicchi e Toti Scialoja. “Ritratto fotografico”, più che fotografia, perché nulla, all’interno dell’immagine, è casuale: dal vaso di fiori, teschio e bucranio protagonisti delle nature morte eseguite in quegli anni 32, all’atteggiamento da pittore erudito, colto non con i pennelli in mano ma intento a leggere davanti a un tavolo coperto di carte e di libri. Tra questi ultimi ce n’è uno, appoggiato in bella vista e dalla copertina sufficientemente consunta da far capire che è stato sfogliato spesso, che attira l’attenzione: possiamo riconoscervi il Pablo Picasso di Eugeni d’Ors, pubblicato a Parigi nel ’30 in 1250 esemplari numerati e ricco di sontuose tavole in bianco e nero e a colori 33. Fu su pagine come queste, probabilmente, che il pittore di Bagheria aggiornò tra ’38 e ’39 il proprio linguaggio pittorico 34, impegnandosi in vere e proprie copie di studio come quella a china su carta, datata 1938, tratta dalla picassiana Crocifissione del 1930 (figg. 7 e 8). Il foglio rivela come a Guttuso fig. 7 Pablo Picasso, Crocifissione 1930. Olio su tela, cm 65,5 x 50 Parigi, Musée Picasso. fig. 8 Crocifissione (da Picasso) Intitolato in alto a destra «Pic. Croc. 19 piccolo giallo», datato in basso a destra «1938». Inchiostro nero su carta intelata, cm 31 x 44 Ubicazione ignota. premesse far proprio non tanto lo stile dell’artista di Malaga, quanto la sintassi: un certo modo di contrastare e far risaltare le figure all’interno della composizione. Ciò che nelle vecchie accademie di disegno avrebbe preso il nome di modellato e chiaroscuro, nelle mani del giovane pittore diventa un corpo a corpo con le linee e i contorni delle figure, esasperati dall’abbondanza di inchiostro e ripassati più volte per creare un effetto di plasticità35. Se torniamo al grande olio su carta della Fuga (VI), confrontandola con la precedente redazione a olio (V) riconosciamo l’applicazione dello stesso procedimento. Le figure, schizzate nei propri contorni essenziali a matita sono riempite di colori puri applicati in modo leggero e che lascia scorgere il supporto sottostante («Pennelli grossi, dipingere direttamente sulla traccia di un disegno sottilissimo accuratamente preparato»36). Sui contorni dei corpi, gli snodi delle articolazioni e le pieghe dei panneggi vengono poi applicate dense pennellate scure («Combinare forme di colore netto senza VI.1 II. VI. VI.2 I. VI.3 III. IV. V. I. Spiaggia Siciliana Crispolti 35/29. Databile al 19361937. Tempera su carta, cm 70 x 97. Firmato in basso a destra «Renato», dedicato in basso a sinistra «Questo è di Topazia (da Renato)». Roma, collezione privata. 24 / 25 VI.4 II. Bozzetto con somaro Crispolti 1938/52. Firmato in basso a destra «Guttuso». Databile al 1937. Tempera su carta, s.d. Ubicazione ignota. III. Studio per la Fuga dall’Etna Crispolti 1938/53. Firmato e datato in basso a sinistra «Guttuso ‘36». Databile al 1937. Tempera su carta, cm 35 x 50. Roma, collezione privata. VI.5 IV. Studio per la Fuga dall’Etna Crispolti 38/68. Firmato e datato al verso «Renato Guttuso – 21 – Giug 38». Olio su cartone pressato, cm 35 x 45. Roma, collezione privata. VI. Studio per la Fuga dall’Etna Intitolato, firmato e datato al verso «Guttuso fuga dall’etna 1938». Olio su carta intelata, cm 99 x 180. Roma, Fondazione Guttuso. V. Studio per la Fuga dall’Etna Crispolti 38-39/13. Databile all’estate del 1938. Olio su compensato, s.d. Opera distrutta. VI.1 Cavallo Datato in basso a destra «’37». Inchiostro nero su carta, cm 21 x 31. Ubicazione ignota. Luca Baroni VI.2 Cavallo Firmato e dedicato in basso a destra «A Mario / Guttuso». Databile al 1937-1938. Matita, inchiostro e inchiostro diluito nero su carta, s.d. Parma, collezione M. B. VI.2 Cavallo Firmato e dedicato in basso a destra «A Mario / Guttuso». Databile al 1937-1938. Matita, inchiostro e inchiostro diluito nero su carta, s.d. Parma, collezione M. B. Renato Guttuso. Un uomo innamorato VII. VI.3 Animali passanti nella notte Crispolti 35/17. Firmato in basso a destra «Guttuso»; intitolato, dedicato e datato al verso «Animali passanti nella notte – Lino affettuosamente 1935». Databile al 1937-1938. Olio su compensato, cm 44 x 50. Roma, collezione privata. VI.4. Figura di donna Crispolti 38/51. Firmato in basso a destra «Guttuso». Databile al 1938. Olio su cartone, 73 x 41 cm. Venezia, Galleria il Traghetto VI.5 Donna con sedia sulle spalle Crispolti 38/51. Databile al 1938. Matita e olio su carta, s. d. Ubicazione ignota. VII. Studio per la Fuga dall’Etna Firmato e datato in basso a destra «Guttuso ‘38». Tempera e olio su carta intelata, cm 132 x 100. Palermo, collezione privata. chiaroscuro né modellato con forme modellate e a chiaroscuro»37); infine, tutti i contorni vengono ripassati con una grassa linea nera con la quale l’artista corregge, aggiusta e conferisce pesantezza alle forme. Attorno a quest’ultimo bozzetto (nel quale ricompare, come elemento di profondità prospettica e bilanciamento cromatico, quello spicchio di mare che aveva già caratterizzato la prima Spiaggia Siciliana) possono essere accostati numerosi studi preparatori, testimoni dell’acribia con la quale Guttuso affrontò da capo ogni singola figura. Tra questi spiccano, ad esempio, tre studi di cavalli, che vanno dal più semplice schizzo a penna datato ’37 38 (VI.1) a una più elaborata tecnica mista su carta (VI.2) nella quale la matita, la penna, l’acquerello e l’inchiostro diluito concorrono a individuare un animale imbizzarrito che sembra rimandare ai primi drammatici schizzi con il vulcano in eruzione (II, III). Di maggiore impegno sono i due Animali passanti nella notte (VI.3), un olio su compensato di 44x50 cm datato 1935 ma probabilmente collocabile più avanti 39, dato che non solo nella figura del bue con il collo ruotato riconosciamo un dettaglio del bozzetto di San Francisco, ma il ruscello che bagna i piedi delle bestie è identico a quello del grande studio dell’autunno-inverno del 1938 (VI). In questi casi è difficile stabilire se ci troviamo di fronte a un’opera reimpiegata o a uno studio eseguito per l’occasione. Si può affermare, però, che una volta intrapreso il secondo momento creativo attorno alla Fuga Guttuso chiamò a raccolta tutto il lavoro svolto negli anni precedenti, assorbendo spunti tra i più disparati e rielaborandoli in un gran numero di schizzi preparatori. Tra questi ultimi si distinguono una Figura di donna (VI.4) e una più dinamica Donna con sedia sulle spalle (VI.5) che, pur affondando le proprie radici addirittura nella prima versione dell’opera (I), dimostrano un’individuazione psicologica nuova. Se nei primi bozzetti (I-V) aveva concepito la scena nel suo complesso, adattando man mano i personaggi all’interno dello spazio, in questa seconda l’artista parte dall’approfondimento dei singoli caratteri, incastrati solo in seguito (e non senza difficoltà) all’interno del contesto generale. Sotto questo aspetto, la redazione finale della Fuga dall’Etna può essere letta come un vero e proprio collage di figure, i cui esiti talvolta grotteschi sono però tenuti assieme da un’esuberante padronanza del colore e della tessitura pittorica 40. Proprio nella direzione di una maggiore attenzione pittorica va infatti il VII bozzetto, forse un frammento di uno studio più grande. È qui che appaiono, per la prima volta, le eterogenee fisionomie dei personaggi, stilisticamente tutte diverse le une dalle altre a testimoniare un momento di forte sperimentazione creativa. In questo ribollire di forme e colori, il linguaggio di Picasso costituisce il più forte elemento di amalgama; ma non mancano, come suggerito dalla critica, più o meno celate suggestioni fauve, matissiane, vangoghiane e dell’espressionismo tedesco 41. Verso la fine del 1939, il grosso del lavoro preparatorio della Fuga era ormi compiuto. Anche attorno all’ultimo, definitivo bozzetto (VIII), noto solo attraverso una fotografia, si addensano però numerosi schizzi preparatori, che approfondiscono e talvolta cambiano gli equilibri del quadro. Considerati nel loro complesso, tali disegni testimoniano un progressivo stemperamento del lessico picassiano, a favore di una maggior autonomia stilistica aperta anche al confronto con l’arte del passato. È il caso, ad esempio, di un grande bozzetto su carta a formato verticale (VIII.1) già appartenuto al critico e storico dell’arte amico del pittore Giuliano Briganti. Se la figura in alto di donna con in braccio un bambino (qui appena un abbozzo, poi approfondito in VIII.2 42) e il cavallo di profilo (derivato dallo schizzo a china VI.1) saranno entrambe mantenute nella redazione finale del dipinto, il nudino con il braccio sinistro sollevato, più che memore di certi nudi picassiani del 1907 43, cederà il posto a una donna discinta che è un esplicito e programmatico omaggio alla Marianne de La libertà che guida il Popolo di Delacroix. La figura, erede di una folta serie di nudi eseguiti da Guttuso tra il 1937 e il 193844 e messa a punto in uno splendido acquerello (VIII.3) già appartenuto a Cesare Brandi 45, è tra le più riuscite della composizione. L’asta che regge in mano, pur non avendo altra funzione che quella di incanalamento prospettico (vecchio trucco sin dai tempi di Paolo Uccello), le conferisce una maestà da eroina del cinema, mentre la sua sostanziale estraneità rispetto alla scena induce a leggerla come allegoria (non è ben chiaro di cosa). Alla medesima ricerca sul nudo femminile appartiene anche la figura Il graduale allontanamento dalla sintassi picassiana non significò, per Guttuso, un passaggio a una pittura autoreferenziale. Al contrario, come testimoniato dagli scritti del periodo48, egli continuò a riflettere sulla lezione degli antichi maestri, fonte di ispirazione e soluzioni tecniche e compositive («Passavamo le giornate alla Galleria Borghese… Quando potevo dipingevo anche lì»)49. Non è facile, considerate le vivaci sperimentazioni stilistiche di quegli anni, sondare l’effettivo peso del confronto con il passato; ma restringendo il campo al ciclo preparatorio della Fuga, dove è possibile isolare ogni nuovo addendo, qualche congiuntura finisce per 26 / Luca Baroni Renato Guttuso. Un uomo innamorato 27 sulla sinistra della tela, a fianco del perno visivo costituito dalla grande, fissa testa di toro. Messo a punto in un piccolo bozzetto per lo studio dei colori (VIII.4) e poi approfondito in un olio su carta che ha il vigore di un’opera a sé (VIII.5), il nudo è uno degli ultimi elementi a entrare nella scena, distinguendosi dagli altri personaggi per l’aria assorta e misteriosa. Più complessa è la contestualizzazione delle donne gementi, anch’esse nude, poste al centro del quadro (VIII.6). Una china datata 1938 (VIII.7) le mostra, con atteggiamenti leggermente differenti 46, all’ombra della medesima tettoia di coppi che apparirà nella tela finale della Fuga. Ma la scena ci riporta a un’altra, più violenta, narrazione. I cadaveri gettati a terra, la porta e le persiane divelte, i corpi gonfi ed emaciati raccontano un diverso tipo di catastrofe, la stessa de La fucilazione in Campagna e del ciclo, eseguito alcuni anni più tardi, del Gott mit Uns. A partire dal 1938, temi tragici come questo iniziano ad apparire con sempre maggiore frequenza nel denso cantiere progettuale della Fuga trovando autonoma espressione con l’esplodere del conflitto mondiale. È il caso, ad esempio, delle illustrazioni realizzate da Guttuso per il quindicinale «Primato» (specie le copertine dei numeri del 15 settembre 1940 e del 1° giugno 1941)47, nelle quali gli addendi faticosamente messi a punto per il nostro dipinto – la tettoia, l’accalcarsi dei corpi, gli animali imbizzarriti – si caricano di una nuova, dolorosa attualità. Il ritorno ai maestri del passato e la redazione finale (autunno 1938 – inverno 1939) emergere. È il caso, ad esempio, della figura di donna con un sacco sulle spalle, inizialmente collocata nella seconda fila di personaggi (VI) ma in seguito (VIII) isolata, forse per conferirle maggior carattere, sullo sfondo. Se nella prima redazione il suo fardello era di generico colore nero, il caratteristico timbro verdeazzurro della versione finale accende un campanello nella mente del conoscitore di pittura antica: la figura deriva, non solo nella posa ma anche nel registro tonale e chiaroscurale, da un dettaglio del Diluvio sistino di Michelangelo 50 (fig. 9). Ulteriori fig. 9 Michelangelo, Il diluvio (particolare) 1508 c.a. Affresco,cm 280 x 560 (intero). Città del Vaticano, Cappella Sistina (volta). nessi tra l’affresco e la tela guttusiana possono essere riconosciuti nella scala protesa verso il cielo e nell’infante nudo con le braccia alzate, indagato in un apposito disegno (VIII.8); ma sarebbe forzato, una volta indovinato lo spunto, insistere troppo in tale direzione. Guttuso ormai (siamo alla fine del 1939) non cerca più modelli, quanto suggestioni pittoriche, che vengono di volta in volta rielaborate in base alle esigenze del momento. Indicativa, a questo proposito, è l’invenzione della sedia di paglia ribaltata (VIII.9) che costituisce uno dei principali snodi visivi della Fuga. Un oggetto del tutto identico era presente nello studio del pittore, che lo ritrasse a più riprese tra il 1937 e il 1939 51; ma la sua comparsa nella nostra composizione è suscettibile di molteplici interpretazioni. Le sedie impagliate – portate via a spalla, accumulate sui carri, abbandonate per strada – erano state uno dei simboli dello sfollamento di Mascali, comparendo sin dal primo abbozzo della Spiaggia siciliana. Nella nona e definitiva versione (il quadro compiuto), essa assume inoltre un cruciale ruolo compositivo, tracciando le principali direttrici visive dell’opera. Ma la sedia impagliata rappresenta anche, come è noto, uno dei temi cruciali dell’arte moderna: il modo VIII.5 VIII. VIII.6 VIII.1 VIII.7 VIII.3 VIII.2 VIII.4 VIII. Guttuso nello studio di Via Melozzo da Forlì Databile all’autunno-inverno 1939. Fotografia (particolare). Roma, Fondazione Guttuso. 28 / VIII.8 29 VIII.1 Studio per la Fuga dall’Etna Crispolti 38/50. Firmato al verso «Renato Guttuso». Databile al 1938. Tempera e olio su carta intelata. cm 118,5 x 55. Roma, collezione Giuliano Briganti. VIII.2 Studio per la Fuga dall’Etna Databile al 1938. Inchiostro su carta, cm 29 x 23. Verona, collezione privata. VIII.3 Donna discinta Crispolti 38/40. Firmato e datato in basso a destra «Guttuso ‘38». Olio su carta intelata, cm 88 x 64. Mercato antiquario. Luca Baroni VIII.9 VIII.4 Studio per la Fuga dall’Etna Databile al 1938. Matita e olio su carta, s. d. Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. VIII.5 Nudo Crispolti 38/42. Firmato in basso al centro «Guttuso». Databile al 1938. Olio su carta intelata. Ubicazione ignota. VIII.7 Studio per la Fuga dall’Etna Firmato e datato in basso a destra «Guttuso 1938».Matita e inchiostro nero su carta, s.d. Ubicazione ignota. VIII.6 Nudo Crispolti 38/38. Firmato in alto a destra «Guttuso». Databile al 1938. Olio su carta, cm 70x50. Roma, Galleria Il fante di spade. Renato Guttuso. Un uomo innamorato VIII.8 Bambino con le braccia sollevate Crispolti 38/70. Firmato e datato in basso a sinistra «Guttuso ‘39» Databile al 1938. Matita, inchiostro e inchiostro diluito su carta. cm 51 x 25. Prato, Galleria Falsetti (inv. n. 8088). VIII.9 Studio per la sedia ribaltata Databile al 1938.Matita e inchiostro nero su carta, cm 25 x 35. Ubicazione ignota. in cui questa è dipinta, con grosse pennellate di colore puro, rimanda inequivocabilmente a Van Gogh 52. Infine, leggendo alcune pagine del settembre 1939 in cui l’artista siciliano omaggiava il «nuovo semidio della pittura realista»53 Caravaggio, viene da chiedersi54 se l’oggetto non abbia qualche parentela con il celebre sgabello in bilico del San Matteo e l’angelo (Roma, San Luigi dei Francesi); memoria forse più letteraria55 che figurativa ma certo ben presente all’immaginazione del pittore. Questa sovrapposizione di possibili strategie espressive dà conto dell’estremo livello di sofisticazione raggiunto da Guttuso durante gli oltre tre anni di lavoro preparatorio per la Fuga. Alla fine del 1939, troppe ipotesi convivevano nel gigantesco abbozzo, esponendolo al rischio di rimanere per sempre tale. L’opera era pronta, forse non perfetta ma nemmeno ulteriormente perfettibile; rimandarne ancora l’esecuzione avrebbe significato tradire quell’urgenza espressiva che l’aveva vista nascere. Guttuso finì per eseguirla d’un fiato, senza ripensamenti o correzioni, e con la consapevolezza di chiudere un ciclo: «A noi giovani sembrava bisognasse spingere le cose più avanti, perciò io volevo fare un quadro che rappresentasse la mia gente, il popolo siciliano, in un’azione e che quest’azione fosse una rivolta o un esodo, I Vespri o il terremoto di Messina. Scelsi la Fuga dall’Etna perché c’erano i siciliani e c’era il paesaggio siciliano… Il quadro l’ho dipinto a Roma in modo molto farraginoso, confuso, contraddittorio. Ma sentivo che avevo dentro e che dovevo tirare fuori queste cose, anche a guisa di catastrofe». Ma una catastrofe completa, come sappiamo, non fu. Ultimato in tutta fretta alla fine del ’39, il dipinto fu esposto al Premio Bergamo all’inizio dell’anno successivo, dove si distinse per le inusuali dimensioni e il soggetto drammatico guadagnando un importante terzo posto, il primo vinto dall’artista a livello nazionale. La strada era aperta; e anche se fu solo con la Crocifissione che Guttuso si impose definitivamente (nel bene e nel male) sulla scena pittorica italiana, è con la Fuga che ebbe il suo vero esordio, come l’artista aveva acutamente intuito sin dai tempi della Spiaggia siciliana. Molto resta ancora da dire attorno alla Fuga dall’Etna. Nato come quadro storico, di paesaggio e di soggetto, divenne nel corso degli anni una riflessione sul significato stesso della pittura, aprendosi a implicazioni etico-politiche che ne complicano non poco l’interpretazione. Future ricerche potranno definirne meglio il posto e il peso nell’arte del suo tempo; nel frattempo, anche alla luce di quanto detto, resta valida la sintetica definizione coniata dallo stesso Guttuso di «un grande quadro popolaresco a tinte fosche, in cui si mescolavano influenze di Delacroix e Picasso e che voleva significare un ritorno alla pittura di composizione e di contenuto»56. Come scrisse Piovene, il tentativo fu imperfetto, ma coraggioso57: e anche per quel coraggio la Fuga merita un posto rilevante nell’arco della produzione guttusiana, uno dei «fatti figurativi più fortunati, più rumorosi, più esemplari»58 dei tardi anni Trenta. Note 1 R. Guttuso, Scritti, a cura di M. Carapezza, con contributi di F. Carapezza Guttuso, M. Onofri, Bompiani, Milano 2013 (1943), p. 1429. 2 Cfr. ad es. la lettura di G. Marchiori, Renato Guttuso, Edizioni d’Arte Moneta, Milano 1952, pp. 7-15. Sull’attività giovanile di Guttuso: E. Crispolti, Leggere Guttuso, Mondadori, Milano 1987, p. 57; Renato Guttuso: gli anni della formazione, a cura di E. Crispolti, A.M. Ruta, catalogo della mostra, Catania, Galleria d’arte moderna de “Le Ciminiere”, 6 aprile-27 maggio 2001, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo 2001, pp. 1526, 43-46 e 97-161; Catalogo 30 / 31 ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, a cura di E. Crispolti, 4 voll., Giorgio Mondadori & Associati, Milano 1983-1989, vol. I, pp. XXIIICXLVII. L’inquadramento critico più attento sulle circostanze in cui nacque la Fuga è dato da Giovanni Testori in Renato Guttuso. Mostra antologica dal 1931 ad oggi, a cura di R. Longhi, Parma, Galleria Nazionale, 15 dicembre 1963 – 31 gennaio 1964, Amilcare Pizzi, Parma 1963, pp. 21-33 (ma cfr. anche Crocifissione, a cura di E. Crispolti, Accademia editrice, Roma 1970, pp. 7-34). 3 Cfr. l’opinione di Cesare Brandi (in R. Guttuso, Scritti, cit., 165): «Il quadro fu studiatissimo, e la redazione finale non risultò forse quella più felice: il colore è grosso, i neri non sono colore, il nascente espressionismo forza la forma e l’immagine si presenta sull’orlo del quadro come su un precipizio. Ma il quadro non lascia indifferenti…» e quella di Guido Piovene (G. Piovene, Il secondo premio Bergamo, in «Primato», I, 16, 15 ottobre 1940, pp. 19-20): «Non è difficile notare un parossismo un po’ gratuito, quasi di finzione scenica, privo di persuasione; le pose talvolta assurde, i volti atoni, la mancanza di nesso. Tuttavia è un quadro importante e tra gli Luca Baroni esposti il più coraggioso». 4 Per un esercizio di lettura attorno al percorso preparatorio di un’opera guttusiana cfr. Crocifissione, cit., ed E. Crispolti, Renato Guttuso. Spes contra spem, Electa, Milano 1997. 5 Il titolo è quello riportato in Catalogo ragionato generale dei dipinti di Renato Guttuso, cit., d’ora in avanti “Crispolti”, nel quale l’opera (Crispolti 35/29) è riferita al 1935. La datazione al biennio successivo è ricostruibile, come si vedrà più avanti, dal contesto. 6 «Questo è di Topazia (da Renato)». 7 P. Parlavecchia, Renato Guttuso. Un ritratto del XX secolo, Utet, Torino 2007, p. 53. 8 L’eruzione dell’Etna, Giornale Luce A/A0221 (novembre 1928); Mascali, Archivio British Pathé, film n. 768.21, 12 novembre 1928; Etna in Eruption, Archivio British Pathé, film n. 770.09, 15 novembre 1928; Inferno! Archivio British Pathé, film n. 1088.07, 14 agosto 1933. Vedi anche ad es. L’eruzione dell’Etna, in «L’Illustrazione italiana», 47, 18 novembre 1928; L’eruzione dell’Etna, in «Il mattino illustrato», 3 dicembre 1928; la copertina de «La Domenica del Corriere», 25 novembre 1928. Le immagini della disastrosa eruzione finirono anche sul «New York Times», su «Illustrated London News» e le principali testate internazionali. 9 Mascali, Sicilia. Giornale Luce B/ B0869, 15 aprile 1936. 10 L. Vaccaro, Mascali 1937-1940: dalla visita di Mussolini alla costruzione del Monumento ai Caduti, in Alibrandi et al., Città di Mascali. Quaderno di Studi, Edizioni La Rocca, Riposto 2012, pp. 113-129. 11 Film dedicati alla celebre catastrofe apparvero nel 1908 (quello celebre di Roberto Omegna, prima grande pellicola “storica” del cinema italiano), 1913, 1913, 1926, 1935. 12 Il quadro era noto a Guttuso, che ne scrisse sulla «Rassegna dell’Istruzione Artistica» del novembre 1936 (R. Guttuso, Scritti, cit., (1936), p. 67). 13 Il secondo dei due disegni (III) presenta una firma e una data aggiunte successivamente «Guttuso ’36». Come indicato da Crispolti, che ha rilevato per primo l’affinità con (II), la datazione è da posticipare al 1938 o, più verosimilmente, al 1937. 14 La distanza della scena della Fuga da un mero fatto storico è colta da Anna Maria Ruta (in Renato Guttuso: gli anni della formazione, cit., p. 139) che la interpreta come «rivolta contadina». 15 E. Manet, Torero morto, National Gallery of Art, Washington D.C. 16 Crispolti 38/4. 17 E. Manet, Il balcone, Musée d’Orsay, Parigi. 18 Si vedano i dipinti Crispolti 39/3, 39/4, 39/5. 19 P. Parlavecchia, Renato Guttuso. Un ritratto del XX secolo, cit., pp. 65-68. 20 Crispolti 38/66. Ma vedi anche Crispolti 35/28, 3536/1, 36-37/3, 37/6. 21 «Non c’è [nelle battaglie di] Sassu un denominatore comune di ironia o di moralismo che serva da giustificazione; c’è piuttosto un’ambizione, legittima d’altronde, di raccontare storie e farle vivere nel senso di una moderna fantasia, al contrario di Delacroix che portava il moderno verso l’antico, Sassu per questo aspetto intenzionale somiglia di più a De Chirico (almeno a un certo de Chirico) che voleva dare (e talvolta vi riuscì) ad Omero uno stupore nuovo e ai miti ellenici uno sgomento moderno, o a Picasso che riprendendo un disegno vascolare perveniva alla presentazione di una nuova tragedia» (R. Guttuso, Scritti, cit., (1941), p. 187). 22 L’artista francese, definito «l’ultimo degli antichi pittori, [piuttosto] che il primo dei moderni» (ibid.) appare citato a più riprese negli scritti di quegli anni (R. Guttuso, Scritti, cit., ad indicem). 23 Crispolti 37/7, 37/35, 37/36. 24 Crispolti 37/37. 25 A. Cabanel, La nascita di Venere, Musée d’Orsay, Parigi. 26 E. Delacroix, Cristo nella tempesta, National Gallery of Art, Washington D.C. 27 Golden Gate International Exposition, catalogo della mostra, San Francisco, San Francisco Bay Exposition, 1939-1949, Departement of Fine Arts, San Francisco 1939, cat. n. 17. 28 E. Delacroix, Ovidio tra gli Sciti, National Gallery, Londra. 29 E. Delacroix, Veduta di Tangeri dalla Costa, Minneapolis Museum of Art, Minneapolis; E. Delacroix, I fanatici di Tangeri, Art Gallery of Ontario, Toronto. Due dipinti dello stesso carattere, i Pirati Africani rapiscono una fanciulla e Episodio di guerra in Grecia erano stati riprodotti nel maggio del 1939 da P. Chiesa, Zurigo. Eugenio Delacroix, in «Emporium», LXXXIX, 533, maggio 1939, pp. 339-340. 30 R. Guttuso, Scritti, cit., (1943), p. 1429. 31 Pubblicato in F. Carapezza Guttuso, Renato Guttuso. Biografia per immagini, catalogo della mostra, Bagheria, Villa Cattolica – Museo Guttuso, 2009, Città Aperta, Troina 2009, p. 48. 32 Crispolti 38/6-16, 56-58. 33 E. d’Ors, Pablo Picasso, Éditions des Chroniques du Renato Guttuso. Un uomo innamorato Jour, Parigi-New York, 1930. 34 «Cercavo un’espressione più diretta della realtà, e i miei miti erano in Van Gogh e in Picasso. Non ero ancora stato in Francia. Conoscevo Picasso solo dalle illustrazioni dei libri» (riportato in P. Parlavecchia, Renato Guttuso. Un ritratto del XX secolo, cit., p. 73). 35 La stessa pratica si trova ad es. in VIII.2, VIII.9. 36 R. Guttuso, Scritti, cit., (1943), p. 1429. 37 Ivi, p. 1428. 38 La data, scritta con un mezzo diverso da quello d’esecuzione, è stata apposta successivamente. Il foglio può quindi essere ragionevolmente ricondotto al 1937-38, come sembra indicare il suo rapporto con gli altri studi di cavalli connessi alla Fuga. 39 Crispolti 35/17. Una tela di soggetto simile (Crispolti 39/29) è descritta da Brandi nel resoconto di un soggiorno di Guttuso a Vignano (Siena), ospite nella villa di famiglia nella primavera del ’38: «Un altro soggetto fu quello estremamente toscano dei pagliai quasi fatti a fette e geometrizzati, che furono cari ai macchiaioli, e poi due vitelli nella stalla, che ricompariranno nella Fuga dall’Etna, che doveva dipingere un anno dopo nello studio romano di Piazza Melozzo da Forlì» (riportato in Brandi e Guttuso. Storia di un’amicizia, a cura di F. Carapezza Guttuso, Electa, Milano 2006, p. 181). 40 Notava acutamente Guido Piovene, recensendo il Premio Bergamo nel 1940 (G. Piovene, Il secondo premio Bergamo, cit.): «Il pittore è entrato rischiosamente nel viluppo dei corpi precisandoli bene con il colore crudo e il disegno tagliente anziché ragguardali in un successivo, monotono e impreciso complesso. Guttuso è forse l’unico tra gli espositori che abbia un temperamento genuinamente drammatico e tenda a capire e ritrarre la diversità anche sgradevole dei corpi, di gesti e di anima da cui solamente può nascere il grande quadro di figure». 41 Vedi su tutti Maltese 1960, p. 394 e Crocifissione, cit., pp. 16-18. 42 Pubblicato in Renato Guttuso, catalogo della mostra, Verona, Galleria dello Scudo, 26 novembre 1977 – 6 gennaio 1978, Novastampa, Verona 1977, p. 13, con datazione al 1935-36, è da riferirsi più probabilmente al 1937-38. 43 Penso ad esempio al Nudo con braccio sollevato, Metropolitan Museum of Art, New York. 44 Un primo spunto per la posa della figura femminile è riconoscibile nel disegno pubblicato in Guttuso. Disegni Anni Trenta Anni Ottanta, a cura di F. Gallo, catalogo della mostra, Paternò, Castello Normanno – Galleria di Arte Moderna, maggio-giugno 1992, Fabbri Editore, Milano 1992, p. 59. 45 A Brandi apparteneva anche lo splendido studio della Donna con gallo (Crispolti 38/32), stilisticamente affine all’acquerello per la Fuga ed eseguito all’interno della stessa serie (Brandi e Guttuso. Storia di un’amicizia, cit., p. 113). 46 Dalla donna di schiena a braccia sollevate al centro deriva lo studio, databile al 1938, Donna nuda inginocchiata (Crispolti 38/39) poi utilizzato per la Crocifissione. 47 «Primato», I, 14, 15 settembre 1940; «Primato», II, 11, 1° giugno 1941. 48 R. Guttuso, Scritti, cit., 2013, in part. la sezione… 49 Cfr. P. Parlavecchia, Renato Guttuso. Un ritratto del XX secolo, cit., p. 73. 50 Così come appariva prima delle campagne di restauro del 1980-94. 51 Crispolti 37/3, 38/56, 39/20. 52 «[attorno al 1940] io tendevo a legare Picasso e Van Gogh, vedendo in modo analogo e ugualmente utile per noi le due tensioni pur così differenti come linguaggio» (R. Guttuso, Scritti, cit., (1962), p. 1266). 53 R. Guttuso, Scritti, cit., (1939), p. 856. 54 Cfr. Guttuso. Opere dal 1931 al 1981, a cura di C. Brandi, M. Calvesi, V. Rubiu, catalogo della mostra, Venezia, Palazzo Grassi, aprile-giugno 1982, Sansoni, Firenze 1982, p. 21. 55 G. Baglione, Le vite de’ pittori scultori et architetti, Andrea Fei, Roma 1642, pp. 136-137. 56 R. Guttuso, Scritti, cit., pp.???? 57 G. Piovene, Il secondo premio Bergamo, cit., p. 20. 58 F. Arcangeli, Della giovane pittura italiana e di una sua radice malata, in «Proporzioni», I, 1943, pp. 85-98, p. 92.