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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione

Bollettino Società Tarquiniese d’Arte e Storia XXXVIII, 2010-2011

Il XXV convegno di Studi Etruschi ed Italici "La città murata in Etruria"svoltosi a Chianciano Terme, Sarteano e Chiusi nel marzo-aprile 2005 e i cui Atti sono stati pubblicati nel 2008 -ebbe come oggetto lo studio delle cinte fortificate delle città etrusche. Nell'ambito del convegno chi scrive elaborò un contributo sulla grande cinta urbana di Tarquinia 1 . Non è passato molto tempo ma l'acquisizione di nuovi dati nonché la possibilità che la STAS ci offre di pubblicare nel suo Bollettino una documentazione grafica e fotografica più esaustiva di quanto non abbiamo potuto fare in quella sede ci inducono a tornare sull'argomento nella convinzione di poter offrire un utile contributo di riflessione e un approfondimento della questione. Ci limiteremo qui a riproporre nelle linee essenziali quanto scritto nel 2005, rimandando per i dettagli agli atti del convegno, soffermandoci invece sui dati emersi successivamente e sulle novità che essi hanno apportato alla conoscenza della cinta fortificata. Come noto, quanto conosciamo a proposito delle mura in opera quadrata di Tarquinia lo dobbiamo essenzialmente agli scavi che Pietro Romanelli condusse sulla Civita negli anni '30-'40 del secolo scorso e i cui risultati furono pubblicati nel 1934, 1938 e 1948 in contributi editi in Studi Etruschi, Bollettino d'Arte e Notizie degli Scavi 2 . Romanelli individuò e riportò nella planimetria da lui pubblicata nel 1948 vari tratti della cinta urbana che gli permisero di delinearne il tracciato. Dopo il contributo di Romanelli le fortificazioni tarquiniesi sono state spesso oggetto di generiche citazioni e riferimenti ma l'unica ulteriore approfondita riflessione sull'argomento la si deve allo studioso belga Paul Fontaine che nel 1994 tracciò un'analisi accurata dei tratti di fortificazione ancora in vista (vedi oltre). Nel 1983 -su commissione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale e sulla base della cartografia Romanelli ivi conservata 3la cooperativa Modus realizzò un rilievo della Civita con la ricognizione delle mura al fine di evidenziarne i tratti ancora visibili: già a quella data molte delle strutture documentate da Romanelli non erano più apprezzabili, perché reinterrate o nascoste dalla vegetazione. Il rilevo Modus -presentato da Paola Pelagatti nel 1985 -riporta il circuito murario, con i tratti documentati da MARIA CATALDI -GIORGIO BARATTI -LUCIA MORDEGLIA 5 LA CINTA FORTIFICATA DI TARQUINIA:

MARIA CATALDI - GIORGIO BARATTI - LUCIA MORDEGLIA LA CINTA FORTIFICATA DI TARQUINIA: NUOVI SPUNTI DI RIFLESSIONE Il XXV convegno di Studi Etruschi ed Italici “La città murata in Etruria” – svoltosi a Chianciano Terme, Sarteano e Chiusi nel marzo-aprile 2005 e i cui Atti sono stati pubblicati nel 2008 – ebbe come oggetto lo studio delle cinte fortificate delle città etrusche. Nell’ambito del convegno chi scrive elaborò un contributo sulla grande cinta urbana di Tarquinia1. Non è passato molto tempo ma l’acquisizione di nuovi dati nonché la possibilità che la STAS ci offre di pubblicare nel suo Bollettino una documentazione grafica e fotografica più esaustiva di quanto non abbiamo potuto fare in quella sede ci inducono a tornare sull’argomento nella convinzione di poter offrire un utile contributo di riflessione e un approfondimento della questione. Ci limiteremo qui a riproporre nelle linee essenziali quanto scritto nel 2005, rimandando per i dettagli agli atti del convegno, soffermandoci invece sui dati emersi successivamente e sulle novità che essi hanno apportato alla conoscenza della cinta fortificata. Come noto, quanto conosciamo a proposito delle mura in opera quadrata di Tarquinia lo dobbiamo essenzialmente agli scavi che Pietro Romanelli condusse sulla Civita negli anni ’30-’40 del secolo scorso e i cui risultati furono pubblicati nel 1934, 1938 e 1948 in contributi editi in Studi Etruschi, Bollettino d’Arte e Notizie degli Scavi2. Romanelli individuò e riportò nella planimetria da lui pubblicata nel 1948 vari tratti della cinta urbana che gli permisero di delinearne il tracciato. Dopo il contributo di Romanelli le fortificazioni tarquiniesi sono state spesso oggetto di generiche citazioni e riferimenti ma l’unica ulteriore approfondita riflessione sull’argomento la si deve allo studioso belga Paul Fontaine che nel 1994 tracciò un’analisi accurata dei tratti di fortificazione ancora in vista (vedi oltre). Nel 1983 – su commissione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale e sulla base della cartografia Romanelli ivi conservata3 – la cooperativa Modus realizzò un rilievo della Civita con la ricognizione delle mura al fine di evidenziarne i tratti ancora visibili: già a quella data molte delle strutture documentate da Romanelli non erano più apprezzabili, perché reinterrate o nascoste dalla vegetazione. Il rilevo Modus – presentato da Paola Pelagatti nel 1985 – riporta il circuito murario, con i tratti documentati da 1 2 3 BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008. ROMANELLI 1934,1938, 1948a e 1948b. PELAGATTI 1989, p. 298, nt. 19. 5 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Romanelli contraddistinti con una linea più marcata4; una copia della planimetria con i settori della cinta non più visibili nel 1983 – resi a tratteggio – è conservata in Soprintendenza. Negli anni ’90 del secolo scorso, la Soprintendenza affidò all’architetto Marco Pelletti la realizzazione di un nuovo rilievo dell’area urbana (tuttora in fase di completamento5), georeferenziato e informatizzato, con equidistanza delle isoipse a 1 metro e con il posizionamento di tutte le strutture antiche attualmente visibili rilevate – quando possibile – a scala 1:200; vi compaiono anche le strutture oggi reinterrate e quindi non documentabili, ma che risultano comunque posizionate nella cartografia edita (Tav. 1 - allegata a questa pubblicazione)6. Negli stessi anni furono poi eseguiti alcuni interventi di scavo mirati alla comprensione delle caratteristiche della cinta fortificata, sia presso la porta Romanelli che lungo i tratti delle mura ad essa limitrofi7 (Fig. 1). Nel 2006-2008 l’Università degli Studi della Tuscia, di concerto con la Soprintendenza, ha effettuato una ricognizione sistematica di superficie sulla Castellina con il posizionamento delle strutture affioranti e quindi anche dei tratti della cinta difensiva (Tav. 1.m, Fig. 2)8. Ancora nel 2006-2007, in accordo con l’Università Agraria e il Comune di Tarquinia e con l’apporto dei volontari dell’Associazione Fontana Antica, si è dato avvio a un intervento finalizzato alla verifica del tracciato delle fortificazioni, consistente nella pulizia di alcune strutture murarie in opera quadrata affioranti nell’area settentrionale del Pian della Regina (vedi oltre). In base a quanto sopra esposto cercheremo di offrire un quadro aggiornato dei caratteri a oggi conosciuti della cinta fortificata di Tarquinia. Il tracciato Il tracciato delle mura proposto da Romanelli è di circa 8 km e include al suo interno (per un’estensione complessiva di circa 135 ha) oltre il Pian di Civita e il Pian della Regina, sedi accertate dell’abitato etrusco e romano, anche il vicino colle della Castellina (Fig. 3), in passato ritenuto l’acropoli della città etrusca9. I consistenti resti di età tardomedioevale presenti su questo colle e relativi al “Castello di Tarquinia”, l’abitato fortificato costituitosi nel corso del 4 5 6 7 8 9 PELAGATTI 1989, fig. 2. A partire dal 2004 le operazioni di rilevamento con l’elaborazione dei dati e la riqualificazione dei rapporti planimetrici esistenti sono proseguite a cura di Giorgio Baratti e Lucia Mordeglia. Il rilievo pubblicato alla Tav. 1 è aggiornato al 2009 (la versione in La città murata risale invece al 2005). BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp. 160 ss. CASOCAVALLO, ALESSANDRELLI, PELOSO 2007. WESTPHAL 1830, p. 37; CANINA 1849, p. 36. 6 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione 7 Fig. 1. Posizionamento dei saggi di scavo effettuati tra il 1985 e il 2011 presso la porta Romanelli e lungo le mura. Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 2. Posizionamento delle aree con affioramenti murari rilevate presso la Castellina (Università degli Studi della Tuscia). XIII sec. d.C. a seguito dell’abbandono dei meno difendibili Pian di Civita e Pian della Regina e distrutto agli inizi del secolo successivo ad opera della vicina e potente Corneto10, impediscono al momento di comprenderne le mo10 DEL LUNGO 1994. 8 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 3. Affioramento di un tratto di muro in opera quadrata lungo il margine settentrionale della Castellina (Tav. 1.m). dalità di frequentazione in epoca precedente. Una frequentazione appare comunque accertata e risalente indietro nel tempo almeno fin all’età del Bronzo Finale, con qualche testimonianza riferibile anche al Bronzo Antico11. Lungo il margine orientale della Castellina e lungo quello meridionale del Pian di Civita già Romanelli non registrò più alcuna traccia delle mura, forse perché franate a valle a causa di un fenomeno geologico tuttora evidente che comporta il crearsi di faglie parallele al margine scosceso dei pianori con conseguente frana del margine stesso12. 11 12 CATALDI 1994, p. 61, nt. 1; MANDOLESI 1999, pp. 100-112, 138 ss. Per la frequentazione in epoca etrusca come noto già Westphal e Canina localizzavano sul colle un tempio, opinione condivisa da Romanelli sulla scorta del rinvenimento in quel settore di un grande capitello ionico e di un capitello di pilastro (cfr. CATALDI 1994, p. 67, nt. 23 e p. 68, nt. 26). A conferma dell’esistenza sul colle di edifici di epoca etrusca è significativo il rinvenimento di un frammento di lastra fittile architettonica (sima?) con palmette e kyma ionico rinvenuto in superficie nel 1997 presso il ciglio orientale della Castellina (Archivio SBAEM, prot. 13647/1997). Le ricognizioni condotte dall’Università degli Studi della Tuscia (vd. supra, nt. 7) confermano il dato per l’accertata presenza di muri in opera quadrata, certamente precedenti la frequentazione di epoca tardo medievale. Sul fenomeno si veda CATTUTO ET ALII 2006. Frane del ciglio continuano purtroppo a verificarsi con frequenza in ambedue i pianori: l’ultimo episodio risale al dicembre 2010 (Archivio SBAEM, relazione dell’assistente O. Tortolini prot. 12514/2010). 9 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 4. Il ramo orientale del Fosso degli Albucci con i blocchi del muro di sbarramento a fondovalle (Tav. 1.c). In base agli elementi desumibili dall’aggiornamento del nuovo rilievo georeferenziato, ancorché tuttora in corso di completamento in corrispondenza del settore orientale dell’abitato, e agli esiti dei lavori di pulizia sopra citati relativi ad alcune strutture affioranti in corrispondenza del ciglio settentrionale del Pian della Regina, è possibile oggi formulare alcune nuove osservazioni sul percorso della cinta fortificata e puntualizzare e parzialmente modificare quanto da noi stessi sostenuto nel 2005. Il percorso delle mura costruite a difesa del Pian di Civita così come delineato da Romanelli nel 1948 – e che d’altronde coincide con il ciglio del pianoro – è sostanzialmente confermato. Più complesso è invece il caso del Pian della Regina dove le mura – sempre secondo il tracciato proposto da Romanelli – scendono a sbarrare i valloni di fondovalle che ne caratterizzano l’articolata morfologia. Il puntuale posizionamento delle emergenze e la rappresentazione dell’assetto morfologico quale emergono dal nuovo rilievo ci avevano indotto nel 2005 a metterne in dubbio l’effettivo percorso relativamente al tratto realizzato a difesa del lato settentrionale del pianoro, laddove le mura scendono a sbarrare i due valloni di 10 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 5. Dettaglio del rilievo con i tratti di mura che seguono il ciglio superiore del pianoro (Tav. 1.a,b,d). fondovalle solcati dai rami iniziali del Fosso degli Albucci. La presenza di numerosi blocchi in allineamento che seguono, marcandone il profilo morfologico, l’andamento del ciglio superiore del colle e l’attestazione di uno sbarramento di fondovalle esclusivamente nel vallone solcato dal ramo orientale del Fosso degli Albucci – come appariva, all’epoca, nel nuovo rilievo georeferenziato (Tav. 1.c; Fig. 4) – ci indussero a ipotizzare per questo tratto della cinta fortificata una coincidenza del tracciato delle mura con l’andamento sinuoso del ciglio superiore del pianoro (Tav. 1.a,b,d, Fig. 5) – analogamente a quanto si riscontra sul Pian di Civita – e a prefigurare per il solo vallone orientale, dove verosimilmente era situato il principale ingresso in città in corrispondenza della via proveniente dalla valle del Marta, l’esistenza di una doppia linea difensiva13 in analogia con quanto è possibile apprezzare anche a Vulci nel tratto della cinta urbana presso la porta Est14. Le indagini sul campo condotte nel 2006/2007 e l’aggiornamento del rilievo 13 14 BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp.156-158. MORETTI SGUBINI 2008, p. 178. 11 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 6. L’area oggetto di rilievi tra il 2006 e il 2009. 12 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione georeferenziato effettuato nel 2009 (Fig. 6) consentono oggi di puntualizzare quanto proposto nel 2005. Nell’autunno del 2006 e del 2007 la Soprintendenza, avvalendosi della collaborazione dei membri dell’associazione tarquiniese Fontana Antica, ha effettuato la pulizia e il rilevamento degli allineamenti in blocchi squadrati visibili lungo il ciglio superiore del Pian della Regina in corrispondenza del margine est del vallone solcato dal ramo occidentale del fosso degli Albucci, la cui presenza ci aveva indotto nel 2005 a far coincidere in questo tratto il tracciato delle mura con il ciglio superiore del colle15. Sono venuti in luce cospicui resti di strutture che interessano una vasta area (complessivamente circa 320 m2 ) (Tav. 1.b; Figg. 7-8): due lunghi muri (A, B) orientati nord-sud e realizzati in blocchi squadrati alternati irregolarmente a pezzame di diverse dimensioni corrono pressoché paralleli a circa 5 m di distanza l’uno dall’altro e con un dislivello tra loro di circa 2,5-3 m.; i due allineamenti, la cui prosecuzione verso sud non è stato possibile precisare a causa dei processi di dilavamento del suolo, si interrompono a nord dopo circa 17 m, in connessione con un muro est-ovest ad essi perpendicolare (C) oltre il quale una strada (D) sale al pianoro soprastante. L’asse viario, largo circa 2 m e pavimentato con blocchetti di pietra e sassi sopra uno strato di preparazione in pietrame e frammenti ceramici, è fiancheggiato a nord da una canaletta (E) e da un muro a blocchi (F) connesso ad angolo retto con un ulteriore allineamento nord-sud (G) conservato per circa 7 m lì dove intercetta un muro (H) a esso perpendicolare e in precario stato di conservazione. Più oltre, in prossimità del margine settentrionale del pianoro, si osservano solo pochi blocchi isolati, alcuni in giacitura primaria, e altri verosimilmente scivolati dalla sommità. Nel settore meridionale dell’area indagata invece, a ovest e a valle dei muri A e B, è stata identificata una possente struttura quadrangolare (L) conservata in alcuni tratti per almeno due filari in altezza e prevalentemente costruita con blocchi squadrati posti di testa e di taglio. Il carattere dell’intervento limitato ad una pulizia superficiale delle strutture consente di fare solo ipotesi circa la loro interpretazione, da verificarsi in futuro con l’approfondimento e l’ampliamento dello scavo. La doppia struttura muraria (muri A-B) che corre in direzione nord-sud lungo il ciglio superiore del pianoro adattandosi al dislivello del terreno potrebbe indubbiamente appartenere alla cinta fortificata in opera quadrata: la presenza di inzeppature in pietrame irregolare è spiegabile con il fatto che le strutture sono conservate al livello di fondazione, al di sotto dell’antico piano di vita, e lo stradello D potrebbe condurre ad una postierla aperta nelle mura; non è 15 BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, fig. 1b. 13 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 7. Planimetria degli interventi di pulizia effettuati nel 2006-2007. 14 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 8. Panoramica dell’area degli interventi 2006-2007, vista da ovest. tuttavia possibile escludere che le murature siano invece da riferire a un’opera di terrazzamento interna alla città, funzionale alla creazione/regolarizzazione di aree pianeggianti su cui impiantare grandi costruzioni: il carattere “monumentale” dell’edificazione potrebbe in tal caso giustificarsi con la presenza di un grande edificio pubblico al di sopra di questa sorta di sostruzione. Ciò che resta della struttura quadrangolare L, avanzata rispetto alla linea del muro, potrebbe leggersi sia come fondazione di una torre di avvistamento – nell’ipotesi della cinta fortificata – sia come avancorpo monumentale di un edificio interno all’abitato – nella seconda ipotesi. La presenza nelle immediate vicinanze (Tav. 1.n) della fossa votiva c.d. “dell’Ara della Regina” scavata da Leonida Marchese nel 1963-196416 appare compatibile con ambedue le interpretazioni proposte: nel primo caso (cinta fortificata) il materiale votivo potrebbe riferirsi a un santuario prossimo a una porta urbana, in analogia con quanto attestato dalle terrecotte votive rinvenute nel 1948 nelle vicinanze della Porta Romanelli17; nel secondo caso a un edificio sacro edificato sul piazzale delimitato dalle poderose sostruzioni. 16 17 CATALDI 1994, pp. 67-68, tav. III,6. ROMANELLI 1948a, pp. 209-212. 15 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia L’intervento di pulizia ha comunque consentito di verificare la presenza lungo il ciglio settentrionale del Pian della Regina di imponenti opere murarie oggi ancora di difficile lettura, ma tali da evidenziare come l’area fosse certamente interessata da consistenti interventi a carattere urbanistico. Successivamente, nel 2009, nel corso delle ricognizioni finalizzate all’aggiornamento del rilievo georeferenziato, è stato possibile individuare e posizionare alcuni lacerti di muri a blocchi squadrati quasi completamente occultati dalla fitta vegetazione – e per questo sfuggiti ai redattori del rilievo Modus del 1983 – che consentono di confermare l’ipotesi Romanelli circa uno sbarramento di fondovalle (Tav. 1.l, Figg. 9-10) anche nel vallone solcato dal più occidentale dei due rami iniziali del fosso degli Albucci. Se pertanto le imponenti strutture messe in luce sul ciglio superiore del pianoro nel 2006-2007 risultassero in futuro effettivamente appartenere alla cinta fortificata potremmo ipotizzare una cinta di epoca arcaica edificata lungo il ciglio superiore sinuoso del Pian della Regina, affiancata in un secondo momento da una seconda linea intesa a sbarrare i fondovalle e legata a esigenze difensive fortemente variate nel corso dei secoli18. Per quanto concerne infine l’area orientale della città i dati delle ricognizioni effettuate sulla Castellina nel 2006-2008 dall’Università degli Studi della Tuscia – sopra menzionate – confermano l’inclusione del colle all’interno della cinta urbana e la presenza, sullo stesso, di strutture a blocchi squadrati precedenti l’abitato medievale (cfr. supra, nt. 7 e 10). La Castellina costituirebbe così una sorta di avancorpo verso nord-est che doveva assolvere a importanti funzioni di controllo delle direttrici che correvano lungo l’ampia vallata del Pantanaccio e da qui verso la valle del Marta, secondo logiche peraltro in parte non dissimili da quelle che portarono a far sorgere e vivere in quest’area l’insediamento medievale. Resta tuttora da definire il percorso della cinta nell’area delle propaggini sudorientali del Pian della Regina, in corrispondenza delle quali il rilievo georeferenziato deve essere completato ma dove già in occasione della ricognizione Modus 1983 molti tratti di mura segnati nella planimetria Romanelli non risultavano ormai più visibili. Gli accessi Dei numerosi ingressi alla città (porte e postierle) riconosciuti da Romanelli – in gran parte già ipotizzati da Dennis e Canina19 – e desunti successivamente 18 19 Per una valutazione dell’evoluzione dell’architettura militare in relazione al variare delle modalità belliche si rimanda a BENVENUTI 2006, con bibliografia precedente. CANINA 1849, tav. LXXVI. 16 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 9. Dettaglio del rilievo con i blocchi rinvenuti in prossimità del ramo occidentale del Fosso degli Albucci (Tav. 1.l). Fig. 10. Particolare di alcuni dei blocchi rinvenuti in prossimità del ramo occidentale del Fosso degli Albucci, visti da nord. 17 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 11. Planimetria della c.d. Porta Romanelli con le strutture presenti a ridosso della cinta muraria (ril. arch. M. Pelletti). sulla base di nuove emergenze20, situati in genere in corrispondenza di accessi naturali al pianoro e coincidenti spesso con fratture dell’orlo dirupato, solo la porta a nord-ovest del Casale degli Scavi (c.d. Porta Romanelli) fu esaurientemente scavata e documentata (Tav. 1.g, Fig. 11)21. Questa struttura, situata lungo il lato settentrionale dell’abitato in corrispondenza della stretta sella che costituisce il punto di unione tra il Pian di Civita e il Pian della Regina, è, come noto, del tipo a camera interna e due porte (porta e controporta), forse con copertura ad arco, sulla base del rinvenimento nel 1938 di tre blocchi a cuneo22. L’ubicazione delle altre porte resta per la maggior parte un’ipotesi, anche se ipotesi ragionevole. È ben leggibile comunque la via di accesso che dalla valle 20 21 22 Cfr. PELAGATTI 1989, p. 296, fig. 2. ROMANELLI 1948a, pp. 207 ss. ROMANELLI 1948a, pp. 207-208. 18 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 12. Dettaglio del rilievo con le due probabili porte lungo il margine nordoccidentale del pianoro (Tav. 1.e,f); in alto particolare della seconda porta (Tav. 1.f). del fiume Marta conduceva in città e vi entrava in corrispondenza della porta ubicata all’estremità occidentale del ciglio settentrionale del Pian di Civita (Tav. 1.e); la strada saliva al pianoro sfruttando una frattura nel dirupo: larga circa m 7,50, è scavata in alto nel banco calcareo mentre in basso è sostenuta da muraglioni a secco conservati per un’altezza di oltre 3 m e costruiti con grosse pietre irregolari – quasi un’opera poligonale23 –. La presenza di una seconda porta sempre lungo il lato settentrionale del Pian di Civita24 è sostanzialmente confermata dal nuovo rilievo (Tav. 1.f, Fig. 12) che ne ha evidenziato le spallette. Tecnica costruttiva Le mura sono costruite in opera quadrata, con blocchi ricavati nel calcare locale (chiamato macco), ma eccezionalmente anche in tufo, delle dimensioni medie di 80 cm di lunghezza, e circa 50 cm di altezza e larghezza, posti di testa o di fianco senza un’alternanza regolare. È stata avanzata l’ipotesi che le misure dei blocchi potrebbero rivelare l’uso del cubito ionico, misura di ori23 24 ROMANELLI 1934, pp. 441-442; IDEM 1948a, p. 195. PALLOTTINO 1937, coll. 89-90, fig. 10. ROMANELLI 1938, p. 331; IDEM 1948a, pp. 195-197. 19 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 13. Panoramica delle mura a est della c.d. Porta Romanelli. gine orientale ripresa dai greci25. In alcuni tratti lo spessore è di una sola fila di conci messi di testa o in due file messi di fianco (per una larghezza di 85 cm), mentre altrove i conci sono in più file – in alcuni casi almeno cinque – per uno spessore complessivo quindi di circa 2,5-3 m (Fig. 13). Il filare inferiore poggia sulla roccia o sul banco naturale di argilla opportunamente spianato. In occasione degli interventi di scavo avviati dalla Soprintendenza negli anni ’90 del secolo scorso in diversi punti del tracciato a oriente della c.d. Porta Romanelli, è stato possibile eseguire un approfondimento nel suolo sterile immediatamente a contatto con la struttura muraria e verificare in questo modo come, dopo l’incisione del suolo geologico funzionale alla creazione della fossa di fondazione del muro, i blocchi venissero addossati direttamente alla parete del taglio verso valle, al fine di aumentarne la stabilità. In un saggio di approfondimento effettuato nel 1999 sono stati infatti identificati due ulteriori filari, parte della fondazione della struttura (Fig. 14). I filari superiori (allo stato attuale se ne conservano al massimo otto a vista, in parte relativi alle fondazioni) in genere rientrano l’uno sull’altro con leggere riseghe. La faccia esterna nei filari inferiori si presenta spesso non rifinita, 25 FONTAINE 2008, p. 212. 20 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 14. Il saggio di approfondimento nello sterile con i filari in fondazione (scavo 1999). mantenendo l’aspetto di una sorta di bugnato, effetto della mancata spianatura delle facce dei conci in fondazione, che evidentemente conservavano le tracce dell’opera preliminare di ribassamento del bordo (il c.d. nastrino). Proprio alla luce di questa evidenza particolarmente marcata in alcuni tratti oggi a vista è forse possibile ipotizzare da quale quota dovesse partire lo spiccato del muro. L’impianto del muro, la cui sommità mostra sovente un profilo a gradoni, si adatta verosimilmente alla morfologia del terreno. Sul margine occidentale del Pian di Civita è inoltre documentata una torretta di osservazione (Tav. 1.i). Romanelli poté inoltre osservare come, in molti tratti, la cinta in opera quadrata fosse rafforzata sul retro da una struttura, direttamente addossata al muro o comunque distante dal muro stesso non più di 1-1,5 m, da lui definita a volte come un «aggere di terra e sassi»26, altre come un «muro di pietrame a secco»27. È solo nei pressi della porta Romanelli – a quanto al momento è possibile 26 27 ROMANELLI 1938, p. 331; IDEM 1948a, p. 206. ROMANELLI 1934, p. 439, nt. 1. PALLOTTINO 1937, col. 87. 21 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia constatare – che la cinta difensiva presenta una differente tecnica costruttiva: il muro ai lati della porta è formato infatti da due cortine di conci squadrati (un paramento esterno e uno interno) con un riempimento interno di sassi e terra (simile alla struttura greca ad emplecton), per uno spessore massimo di 3,3 m che va diminuendo man mano che ci si allontana dalla porta fino a che le due cortine si unificano (Fig. 11). A ovest della porta sono poi evidenti alcuni segni di cava incisi sui blocchi. Cronologia Le fortificazioni tarquiniesi, come si è già accennato, furono oggetto – dopo il primo e fondamentale contributo di Romanelli – di numerose citazioni e riferimenti: ricordiamo l’ipotesi formulata da M. Torelli circa l’esistenza di una cinta arcaica più ristretta e a difesa del solo Pian di Civita (VIII-VI sec. a.C.?) con un successivo ampliamento (V sec. a.C.?) corrispondente all’attuale circuito oggi conservato28, ipotesi suggestiva ma che al momento non trova riscontro nell’indagine archeologica29. Solo P. Fontaine – come si è detto – tornò dettagliatamente sull’argomento nel 1994, con un’analisi di quanto era allora visibile della cinta fortificata30. Le datazioni indicate dai vari autori per l’impianto delle mura di Tarquinia, basate esclusivamente su confronti e su considerazioni di ordine storico, oscillano tutte tra il V ed il IV sec. a.C.31. In particolare Fontaine, nel citato articolo del 1994, distinse ulteriormente nel tratto di cinta in corrispondenza della Porta Romanelli, tre fasi edificatorie datate anch’esse, in mancanza di dati stratigrafici, sulla base di osservazioni di carattere tecnico e di ordine storico: – fase I (dopo la metà del IV sec. a.C.) comportante la costruzione della porta fiancheggiata da mura a doppio paramento; – fase II (inizi III sec. a.C.) consistente nella costruzione di un muro massiccio a est della porta e appoggiato a questa, non necessariamente un rifacimento della linea difensiva di I fase ma forse un semplice cambiamento progettuale in corso d’opera a seguito del quale la costruzione del muro a doppia cortina in questo punto – realizzato infatti per un tratto brevissimo – fu immediatamente interrotta. – fase III (fine dell’età ellenistica) con la costruzione, a est della porta, di un tratto di muro in “opera a telaio” concepito come rinforzo interno al muro 28 29 30 31 TORELLI 1982a, pp. 122-123, fig. 3. PELAGATTI 1986, p. 34; CATALDI 1994, p. 66. FONTAINE 1994, 1995-1996. IV sec. a.C.: PALLOTTINO 1937, col. 88; ROMANELLI 1948a, p. 206; FONTAINE 1994, p. 86. V sec. a.C.: TORELLI 1982a, pp.122-123 e TORELLI 1982b, p. 133; CRISTOFANI 1984, p. 24; COLONNA 1986, p. 496. 22 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione in opera quadrata di II fase, e che si appoggia e prolunga lo spezzone di muro a doppio paramento della fase I. Da sottolineare che tale espediente costruttivo trova ora un suggestivo confronto a Vulci dove la cinta fortificata nei pressi della porta Ovest risulta anch’essa costituita da due strutture addossate: l’esterna in opera quadrata, l’interna con tecnica a telaio32. Gli interventi di scavo di Romanelli hanno purtroppo compromesso la lettura stratigrafica di questo settore delle mura e non permettono oggi di chiarire il rapporto tra mura a telaio e mura in opera quadrata; resta aperta l’ipotesi che la stretta intercapedine attualmente visibile tra le due strutture sia il risultato di uno svuotamento effettuato nello scavo del 1938 e che in origine in realtà essa non esistesse ma fosse invece colmata da materiale di riporto, costitutivo di una sorta di opera a sacco: in tal caso anche a Tarquinia – come a Vulci – le due murature, affiancate, darebbero luogo a un’unica massiccia struttura. Un saggio di scavo effettuato dalla Soprintendenza nel 1991 nei pressi della porta non ha purtroppo portato dati significativi a conforto della cronologia proposta da Fontaine33. Importanti e definitive novità per la cronologia delle mura provengono invece dallo scavo effettuato dalla Soprintendenza a partire dagli anni ‘90 del secolo scorso all’esterno della cinta a circa 70 m a est della Porta Romanelli (Tav. 1.h). Il saggio – iniziato nel 1992, ripreso nel 1999 e proseguito fino al 2004 ma poi interrotto per problemi legati alla messa in sicurezza del cantiere di scavo – ha fornito una complessa e articolata sequenza stratigrafica per la quale si rinvia agli Atti del Convegno del 200534, che ha consentito finalmente di datare l’impianto della cinta su basi scientifiche. I dati emersi mostrano che, a partire almeno dal VII sec. a.C. in epoca anteriore all’impianto delle mura, questo settore del ciglio settentrionale del Pian della Regina era interessato da un sensibile avvallamento del terreno la cui complessa stratigrafia è riconducibile a un’intensa attività produttiva prolungata nel tempo e riferibile alla fabbricazione di tegole35. Intorno alla metà del VI sec. a.C. o poco prima, l’area fu oggetto di una serie di interventi funzionali all’impianto della cinta fortificata comportanti l’obliterazione delle realtà precedenti e il riempimento dell’avvallamento sopra ricordato. I grandi blocchi squadrati delle mura – in questo tratto posizionati su un livello di riporto artificiale – necessitarono di un’opera di rinforzo consistente in una poderosa struttura di pietrame a secco realizzata esternamente e parallelamente alla cinta 32 33 34 35 MORETTI, RICCIARDI 2001, pp. 65-66. BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp. 160-161. BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp.161-165. BARATTI, MORDEGLIA 2009. 23 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia Fig. 15. Planimetria dell’area dello scavo 1999-2004 con il muro a blocchi e il muretto a secco. Fig. 16. Le strutture rinvenute nel corso dello scavo del 2011. 24 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Fig. 17. Dettaglio del prospetto del muro a blocchi con le tracce dell’intervento di risistemazione dei filari. fortificata e finalizzata ad arginare il terreno di riporto e ad impedirne lo scivolamento a valle (Fig. 15). Sulla base di un intervento appena concluso (gennaio-febbraio 2011) ed eseguito nel corso delle operazioni di ripristino dell’area indagata, sembrerebbe che questa opera di rinforzo abbia sfruttato una precedente muratura che costituiva la struttura perimetrale di una delle fornaci per tegole (Fig. 16). L’accorgimento non funzionò però a lungo e necessitò – nel corso del IV sec. a.C. – di una consistente opera di risistemazione che sembrerebbe avere interessato soprattutto l’alzato del muro e un’area circoscritta delle fondazioni (Fig. 17). Alla luce di questi dati la cinta fortificata in opera quadrata – a difesa non 25 Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia solo del Pian di Civita ma anche del vicino Pian della Regina36 – risulta dunque impiantata in epoca arcaica. Una datazione in tal senso non stupisce, in considerazione di quanto conosciamo della storia di Tarquinia che proprio nel VI secolo raggiunge il suo apogeo, e riporta alla memoria quanto noto dalla tradizione letteraria secondo la quale l’introduzione a Roma delle mura in opera quadrata risale proprio alla dinastia dei re etruschi, in particolare a Tarquinio Prisco, come espressamente riferito da Dionisio di Alicarnasso: Egli [Tarquinio Prisco] per primo fece costruire, con grandi pietre ben lavorate e di forma regolare, le mura della città che, in precedenza, erano di fattura improvvisata e grossolana (Dion. Hal., Ant. III, 67.4). La cronologia della cinta urbana tarquiniese trova poi ora un significativo riscontro con quella delle mura in opera quadrata di Veio, anch’esse datate al VI sec. a.C. sulla base dei risultati di recenti indagini di scavo37. La tecnica muraria in opera quadrata è d’altronde ampiamente utilizzata nelle necropoli di Tarquinia fin dal VII sec. a.C. per la costruzione delle imponenti camere funerarie e delle crepidini dei tumuli di età orientalizzante. Concludendo, quale fosse il preciso tracciato della cinta solo puntuali future indagini archeologiche potranno precisarlo ma come sopra esposto, anche se il dato costituisce a oggi solo un’ipotesi di lavoro, sembra plausibile ipotizzare un tracciato arcaico coincidente con il ciglio superiore dei pianori, risistemato successivamente (forse alla fine del V sec. - inizi IV in vista dello scontro con Roma) con apprestamenti complessi dettati dal progredire delle tecniche militari, quali ad esempio torri di avvistamento, come documentato all’estremità occidentale del Pian di Civita, e sbarramenti di fondovalle, come riscontrato in corrispondenza del Pian della Regina, cui forse era demandata anche la funzione di controllo delle sorgenti d’acqua. È opportuno infine ricordare che nulla sappiamo delle opere difensive anteriori alla cinta in opera quadrata e della cui esistenza non si può certo dubitare. Un possibile riferimento alla presenza di un impianto difensivo più antico potrebbe leggersi nell’accenno che viene fatto – relativamente agli scavi Romanelli – nel giornale di scavo redatto da L. Marchese, in data 13 aprile 1938, circa l’esistenza di una fossa e di un vallo fuori città lungo le mura e a sinistra della Porta Romanelli, accenno che purtroppo però a oggi non trova altro riscontro. 36 37 Si sottolinea come il saggio effettuato abbia interessato un tratto della cinta posto a 70 metri a est della Porta Romanelli quindi lungo il percorso che cinge ormai il ciglio settentrionale del Pian della Regina. BOITANI 2008, p. 139. 26 La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione Le tracce consistenti di attività artigianali risalenti (all’atto delle indagini) fino al VII sec. a.C., rinvenute come si è detto nel saggio di scavo a est della Porta Romanelli, potrebbero segnalare peraltro come già in quest’epoca la città dovesse occupare stabilmente il Pian della Regina, almeno in questo punto. Infatti le attività che prevedevano l’uso di strutture da fuoco erano di frequente collocate in prossimità (all’esterno ma più frequentemente all’interno) del limite dell’abitato. In attesa di ulteriori approfondimenti, i dati desunti dallo scavo sembrano dunque segnalare come già nel VII secolo il limite urbano potesse di fatto correre non lontano da quello delle epoche successive. Altri indizi testimoniano la presenza di attività produttive ai margini dell’abitato: attività artigianali riferibili a produzioni ceramiche sono attestate nell’area circostante la porta Romanelli38 mentre un impianto artigianale protostorico è segnalato da A. Zifferero sulle propaggini orientali di Pian della Regina39. 38 39 ROMANELLI 1948a, p. 229 (pozzo L) e MASSABÒ 1994, pp. 69-71; dalla stessa area viene anche un elemento fittile di mantice, in corso di studio. MANDOLESI 1999, p. 80, n. 81. BIBLIOGRAFIA BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008 = G. BARATTI, M. CATALDI, L. MORDEGLIA, La cinta fortificata di Tarquinia alla luce della nuova documentazione in La città murata, pp. 155169. BARATTI, MORDEGLIA 2009 = G. BARATTI, L. MORDEGLIA, Un’officina per la cottura di tegole a Tarquinia in età orientalizzante, in Officina etruscologia I, Roma 2009, pp. 83-99. BENVENUTI 2006 = V. 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