MARIA CATALDI - GIORGIO BARATTI - LUCIA MORDEGLIA
LA CINTA FORTIFICATA DI TARQUINIA:
NUOVI SPUNTI DI RIFLESSIONE
Il XXV convegno di Studi Etruschi ed Italici “La città murata in Etruria” –
svoltosi a Chianciano Terme, Sarteano e Chiusi nel marzo-aprile 2005 e i cui
Atti sono stati pubblicati nel 2008 – ebbe come oggetto lo studio delle cinte
fortificate delle città etrusche. Nell’ambito del convegno chi scrive elaborò un
contributo sulla grande cinta urbana di Tarquinia1.
Non è passato molto tempo ma l’acquisizione di nuovi dati nonché la possibilità che la STAS ci offre di pubblicare nel suo Bollettino una documentazione grafica e fotografica più esaustiva di quanto non abbiamo potuto fare
in quella sede ci inducono a tornare sull’argomento nella convinzione di poter
offrire un utile contributo di riflessione e un approfondimento della questione.
Ci limiteremo qui a riproporre nelle linee essenziali quanto scritto nel 2005,
rimandando per i dettagli agli atti del convegno, soffermandoci invece sui dati
emersi successivamente e sulle novità che essi hanno apportato alla conoscenza
della cinta fortificata.
Come noto, quanto conosciamo a proposito delle mura in opera quadrata di
Tarquinia lo dobbiamo essenzialmente agli scavi che Pietro Romanelli condusse sulla Civita negli anni ’30-’40 del secolo scorso e i cui risultati furono
pubblicati nel 1934, 1938 e 1948 in contributi editi in Studi Etruschi, Bollettino d’Arte e Notizie degli Scavi2. Romanelli individuò e riportò nella planimetria da lui pubblicata nel 1948 vari tratti della cinta urbana che gli permisero di delinearne il tracciato.
Dopo il contributo di Romanelli le fortificazioni tarquiniesi sono state spesso
oggetto di generiche citazioni e riferimenti ma l’unica ulteriore approfondita
riflessione sull’argomento la si deve allo studioso belga Paul Fontaine che nel
1994 tracciò un’analisi accurata dei tratti di fortificazione ancora in vista (vedi
oltre).
Nel 1983 – su commissione della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale e sulla base della cartografia Romanelli ivi conservata3 –
la cooperativa Modus realizzò un rilievo della Civita con la ricognizione delle
mura al fine di evidenziarne i tratti ancora visibili: già a quella data molte
delle strutture documentate da Romanelli non erano più apprezzabili, perché
reinterrate o nascoste dalla vegetazione. Il rilevo Modus – presentato da Paola
Pelagatti nel 1985 – riporta il circuito murario, con i tratti documentati da
1
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BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008.
ROMANELLI 1934,1938, 1948a e 1948b.
PELAGATTI 1989, p. 298, nt. 19.
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Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Romanelli contraddistinti con una linea più marcata4; una copia della planimetria con i settori della cinta non più visibili nel 1983 – resi a tratteggio –
è conservata in Soprintendenza.
Negli anni ’90 del secolo scorso, la Soprintendenza affidò all’architetto Marco
Pelletti la realizzazione di un nuovo rilievo dell’area urbana (tuttora in fase di
completamento5), georeferenziato e informatizzato, con equidistanza delle isoipse
a 1 metro e con il posizionamento di tutte le strutture antiche attualmente
visibili rilevate – quando possibile – a scala 1:200; vi compaiono anche le
strutture oggi reinterrate e quindi non documentabili, ma che risultano comunque posizionate nella cartografia edita (Tav. 1 - allegata a questa pubblicazione)6. Negli stessi anni furono poi eseguiti alcuni interventi di scavo mirati alla comprensione delle caratteristiche della cinta fortificata, sia presso la
porta Romanelli che lungo i tratti delle mura ad essa limitrofi7 (Fig. 1).
Nel 2006-2008 l’Università degli Studi della Tuscia, di concerto con la Soprintendenza, ha effettuato una ricognizione sistematica di superficie sulla Castellina con il posizionamento delle strutture affioranti e quindi anche dei tratti
della cinta difensiva (Tav. 1.m, Fig. 2)8.
Ancora nel 2006-2007, in accordo con l’Università Agraria e il Comune di
Tarquinia e con l’apporto dei volontari dell’Associazione Fontana Antica, si è
dato avvio a un intervento finalizzato alla verifica del tracciato delle fortificazioni, consistente nella pulizia di alcune strutture murarie in opera quadrata
affioranti nell’area settentrionale del Pian della Regina (vedi oltre).
In base a quanto sopra esposto cercheremo di offrire un quadro aggiornato
dei caratteri a oggi conosciuti della cinta fortificata di Tarquinia.
Il tracciato
Il tracciato delle mura proposto da Romanelli è di circa 8 km e include al suo
interno (per un’estensione complessiva di circa 135 ha) oltre il Pian di Civita
e il Pian della Regina, sedi accertate dell’abitato etrusco e romano, anche il
vicino colle della Castellina (Fig. 3), in passato ritenuto l’acropoli della città
etrusca9. I consistenti resti di età tardomedioevale presenti su questo colle e
relativi al “Castello di Tarquinia”, l’abitato fortificato costituitosi nel corso del
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PELAGATTI 1989, fig. 2.
A partire dal 2004 le operazioni di rilevamento con l’elaborazione dei dati e la riqualificazione dei
rapporti planimetrici esistenti sono proseguite a cura di Giorgio Baratti e Lucia Mordeglia.
Il rilievo pubblicato alla Tav. 1 è aggiornato al 2009 (la versione in La città murata risale invece al
2005).
BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp. 160 ss.
CASOCAVALLO, ALESSANDRELLI, PELOSO 2007.
WESTPHAL 1830, p. 37; CANINA 1849, p. 36.
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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
7
Fig. 1. Posizionamento dei saggi di scavo effettuati tra il 1985 e il 2011 presso la porta Romanelli e lungo le mura.
Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Fig. 2. Posizionamento delle aree con affioramenti murari rilevate presso la Castellina
(Università degli Studi della Tuscia).
XIII sec. d.C. a seguito dell’abbandono dei meno difendibili Pian di Civita e
Pian della Regina e distrutto agli inizi del secolo successivo ad opera della vicina e potente Corneto10, impediscono al momento di comprenderne le mo10
DEL LUNGO 1994.
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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 3. Affioramento di un tratto di muro in opera quadrata lungo il margine
settentrionale della Castellina (Tav. 1.m).
dalità di frequentazione in epoca precedente. Una frequentazione appare comunque accertata e risalente indietro nel tempo almeno fin all’età del Bronzo
Finale, con qualche testimonianza riferibile anche al Bronzo Antico11.
Lungo il margine orientale della Castellina e lungo quello meridionale del Pian
di Civita già Romanelli non registrò più alcuna traccia delle mura, forse perché franate a valle a causa di un fenomeno geologico tuttora evidente che comporta il crearsi di faglie parallele al margine scosceso dei pianori con conseguente frana del margine stesso12.
11
12
CATALDI 1994, p. 61, nt. 1; MANDOLESI 1999, pp. 100-112, 138 ss. Per la frequentazione in epoca
etrusca come noto già Westphal e Canina localizzavano sul colle un tempio, opinione condivisa da
Romanelli sulla scorta del rinvenimento in quel settore di un grande capitello ionico e di un capitello di pilastro (cfr. CATALDI 1994, p. 67, nt. 23 e p. 68, nt. 26). A conferma dell’esistenza sul colle
di edifici di epoca etrusca è significativo il rinvenimento di un frammento di lastra fittile architettonica (sima?) con palmette e kyma ionico rinvenuto in superficie nel 1997 presso il ciglio orientale
della Castellina (Archivio SBAEM, prot. 13647/1997). Le ricognizioni condotte dall’Università degli
Studi della Tuscia (vd. supra, nt. 7) confermano il dato per l’accertata presenza di muri in opera quadrata, certamente precedenti la frequentazione di epoca tardo medievale.
Sul fenomeno si veda CATTUTO ET ALII 2006. Frane del ciglio continuano purtroppo a verificarsi con
frequenza in ambedue i pianori: l’ultimo episodio risale al dicembre 2010 (Archivio SBAEM, relazione dell’assistente O. Tortolini prot. 12514/2010).
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Fig. 4. Il ramo orientale del Fosso degli Albucci con i blocchi del muro di sbarramento
a fondovalle (Tav. 1.c).
In base agli elementi desumibili dall’aggiornamento del nuovo rilievo georeferenziato, ancorché tuttora in corso di completamento in corrispondenza del
settore orientale dell’abitato, e agli esiti dei lavori di pulizia sopra citati relativi ad alcune strutture affioranti in corrispondenza del ciglio settentrionale del
Pian della Regina, è possibile oggi formulare alcune nuove osservazioni sul percorso della cinta fortificata e puntualizzare e parzialmente modificare quanto
da noi stessi sostenuto nel 2005.
Il percorso delle mura costruite a difesa del Pian di Civita così come delineato
da Romanelli nel 1948 – e che d’altronde coincide con il ciglio del pianoro –
è sostanzialmente confermato.
Più complesso è invece il caso del Pian della Regina dove le mura – sempre
secondo il tracciato proposto da Romanelli – scendono a sbarrare i valloni di
fondovalle che ne caratterizzano l’articolata morfologia. Il puntuale posizionamento delle emergenze e la rappresentazione dell’assetto morfologico quale
emergono dal nuovo rilievo ci avevano indotto nel 2005 a metterne in dubbio l’effettivo percorso relativamente al tratto realizzato a difesa del lato settentrionale del pianoro, laddove le mura scendono a sbarrare i due valloni di
10
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 5. Dettaglio del rilievo con i tratti di mura che seguono il ciglio superiore
del pianoro (Tav. 1.a,b,d).
fondovalle solcati dai rami iniziali del Fosso degli Albucci. La presenza di numerosi blocchi in allineamento che seguono, marcandone il profilo morfologico, l’andamento del ciglio superiore del colle e l’attestazione di uno sbarramento di fondovalle esclusivamente nel vallone solcato dal ramo orientale del
Fosso degli Albucci – come appariva, all’epoca, nel nuovo rilievo georeferenziato (Tav. 1.c; Fig. 4) – ci indussero a ipotizzare per questo tratto della cinta
fortificata una coincidenza del tracciato delle mura con l’andamento sinuoso
del ciglio superiore del pianoro (Tav. 1.a,b,d, Fig. 5) – analogamente a quanto
si riscontra sul Pian di Civita – e a prefigurare per il solo vallone orientale,
dove verosimilmente era situato il principale ingresso in città in corrispondenza della via proveniente dalla valle del Marta, l’esistenza di una doppia
linea difensiva13 in analogia con quanto è possibile apprezzare anche a Vulci
nel tratto della cinta urbana presso la porta Est14.
Le indagini sul campo condotte nel 2006/2007 e l’aggiornamento del rilievo
13
14
BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp.156-158.
MORETTI SGUBINI 2008, p. 178.
11
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Fig. 6. L’area oggetto di rilievi tra il 2006 e il 2009.
12
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
georeferenziato effettuato nel 2009 (Fig. 6) consentono oggi di puntualizzare
quanto proposto nel 2005.
Nell’autunno del 2006 e del 2007 la Soprintendenza, avvalendosi della collaborazione dei membri dell’associazione tarquiniese Fontana Antica, ha effettuato la pulizia e il rilevamento degli allineamenti in blocchi squadrati visibili
lungo il ciglio superiore del Pian della Regina in corrispondenza del margine
est del vallone solcato dal ramo occidentale del fosso degli Albucci, la cui presenza ci aveva indotto nel 2005 a far coincidere in questo tratto il tracciato
delle mura con il ciglio superiore del colle15. Sono venuti in luce cospicui resti
di strutture che interessano una vasta area (complessivamente circa 320 m2 )
(Tav. 1.b; Figg. 7-8): due lunghi muri (A, B) orientati nord-sud e realizzati in
blocchi squadrati alternati irregolarmente a pezzame di diverse dimensioni corrono pressoché paralleli a circa 5 m di distanza l’uno dall’altro e con un dislivello tra loro di circa 2,5-3 m.; i due allineamenti, la cui prosecuzione verso
sud non è stato possibile precisare a causa dei processi di dilavamento del
suolo, si interrompono a nord dopo circa 17 m, in connessione con un muro
est-ovest ad essi perpendicolare (C) oltre il quale una strada (D) sale al pianoro soprastante. L’asse viario, largo circa 2 m e pavimentato con blocchetti
di pietra e sassi sopra uno strato di preparazione in pietrame e frammenti ceramici, è fiancheggiato a nord da una canaletta (E) e da un muro a blocchi
(F) connesso ad angolo retto con un ulteriore allineamento nord-sud (G) conservato per circa 7 m lì dove intercetta un muro (H) a esso perpendicolare e
in precario stato di conservazione. Più oltre, in prossimità del margine settentrionale del pianoro, si osservano solo pochi blocchi isolati, alcuni in giacitura primaria, e altri verosimilmente scivolati dalla sommità. Nel settore meridionale dell’area indagata invece, a ovest e a valle dei muri A e B, è stata
identificata una possente struttura quadrangolare (L) conservata in alcuni tratti
per almeno due filari in altezza e prevalentemente costruita con blocchi squadrati posti di testa e di taglio.
Il carattere dell’intervento limitato ad una pulizia superficiale delle strutture
consente di fare solo ipotesi circa la loro interpretazione, da verificarsi in futuro con l’approfondimento e l’ampliamento dello scavo.
La doppia struttura muraria (muri A-B) che corre in direzione nord-sud lungo
il ciglio superiore del pianoro adattandosi al dislivello del terreno potrebbe indubbiamente appartenere alla cinta fortificata in opera quadrata: la presenza
di inzeppature in pietrame irregolare è spiegabile con il fatto che le strutture
sono conservate al livello di fondazione, al di sotto dell’antico piano di vita,
e lo stradello D potrebbe condurre ad una postierla aperta nelle mura; non è
15
BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, fig. 1b.
13
Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Fig. 7. Planimetria degli interventi di pulizia effettuati nel 2006-2007.
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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 8. Panoramica dell’area degli interventi 2006-2007, vista da ovest.
tuttavia possibile escludere che le murature siano invece da riferire a un’opera
di terrazzamento interna alla città, funzionale alla creazione/regolarizzazione di
aree pianeggianti su cui impiantare grandi costruzioni: il carattere “monumentale” dell’edificazione potrebbe in tal caso giustificarsi con la presenza di
un grande edificio pubblico al di sopra di questa sorta di sostruzione. Ciò che
resta della struttura quadrangolare L, avanzata rispetto alla linea del muro, potrebbe leggersi sia come fondazione di una torre di avvistamento – nell’ipotesi della cinta fortificata – sia come avancorpo monumentale di un edificio
interno all’abitato – nella seconda ipotesi.
La presenza nelle immediate vicinanze (Tav. 1.n) della fossa votiva c.d. “dell’Ara della Regina” scavata da Leonida Marchese nel 1963-196416 appare compatibile con ambedue le interpretazioni proposte: nel primo caso (cinta fortificata) il materiale votivo potrebbe riferirsi a un santuario prossimo a una porta
urbana, in analogia con quanto attestato dalle terrecotte votive rinvenute nel
1948 nelle vicinanze della Porta Romanelli17; nel secondo caso a un edificio
sacro edificato sul piazzale delimitato dalle poderose sostruzioni.
16
17
CATALDI 1994, pp. 67-68, tav. III,6.
ROMANELLI 1948a, pp. 209-212.
15
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L’intervento di pulizia ha comunque consentito di verificare la presenza lungo
il ciglio settentrionale del Pian della Regina di imponenti opere murarie oggi
ancora di difficile lettura, ma tali da evidenziare come l’area fosse certamente
interessata da consistenti interventi a carattere urbanistico.
Successivamente, nel 2009, nel corso delle ricognizioni finalizzate all’aggiornamento del rilievo georeferenziato, è stato possibile individuare e posizionare
alcuni lacerti di muri a blocchi squadrati quasi completamente occultati dalla
fitta vegetazione – e per questo sfuggiti ai redattori del rilievo Modus del
1983 – che consentono di confermare l’ipotesi Romanelli circa uno sbarramento di fondovalle (Tav. 1.l, Figg. 9-10) anche nel vallone solcato dal più
occidentale dei due rami iniziali del fosso degli Albucci.
Se pertanto le imponenti strutture messe in luce sul ciglio superiore del pianoro nel 2006-2007 risultassero in futuro effettivamente appartenere alla cinta
fortificata potremmo ipotizzare una cinta di epoca arcaica edificata lungo il ciglio superiore sinuoso del Pian della Regina, affiancata in un secondo momento da una seconda linea intesa a sbarrare i fondovalle e legata a esigenze
difensive fortemente variate nel corso dei secoli18.
Per quanto concerne infine l’area orientale della città i dati delle ricognizioni
effettuate sulla Castellina nel 2006-2008 dall’Università degli Studi della Tuscia – sopra menzionate – confermano l’inclusione del colle all’interno della
cinta urbana e la presenza, sullo stesso, di strutture a blocchi squadrati precedenti l’abitato medievale (cfr. supra, nt. 7 e 10). La Castellina costituirebbe
così una sorta di avancorpo verso nord-est che doveva assolvere a importanti
funzioni di controllo delle direttrici che correvano lungo l’ampia vallata del
Pantanaccio e da qui verso la valle del Marta, secondo logiche peraltro in parte
non dissimili da quelle che portarono a far sorgere e vivere in quest’area l’insediamento medievale.
Resta tuttora da definire il percorso della cinta nell’area delle propaggini sudorientali del Pian della Regina, in corrispondenza delle quali il rilievo georeferenziato deve essere completato ma dove già in occasione della ricognizione
Modus 1983 molti tratti di mura segnati nella planimetria Romanelli non risultavano ormai più visibili.
Gli accessi
Dei numerosi ingressi alla città (porte e postierle) riconosciuti da Romanelli –
in gran parte già ipotizzati da Dennis e Canina19 – e desunti successivamente
18
19
Per una valutazione dell’evoluzione dell’architettura militare in relazione al variare delle modalità belliche si rimanda a BENVENUTI 2006, con bibliografia precedente.
CANINA 1849, tav. LXXVI.
16
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 9. Dettaglio del rilievo con i blocchi rinvenuti in prossimità del ramo occidentale
del Fosso degli Albucci (Tav. 1.l).
Fig. 10. Particolare di alcuni dei blocchi rinvenuti in prossimità del ramo occidentale
del Fosso degli Albucci, visti da nord.
17
Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Fig. 11. Planimetria della c.d. Porta Romanelli con le strutture presenti a ridosso della
cinta muraria (ril. arch. M. Pelletti).
sulla base di nuove emergenze20, situati in genere in corrispondenza di accessi
naturali al pianoro e coincidenti spesso con fratture dell’orlo dirupato, solo la
porta a nord-ovest del Casale degli Scavi (c.d. Porta Romanelli) fu esaurientemente scavata e documentata (Tav. 1.g, Fig. 11)21. Questa struttura, situata
lungo il lato settentrionale dell’abitato in corrispondenza della stretta sella che
costituisce il punto di unione tra il Pian di Civita e il Pian della Regina, è,
come noto, del tipo a camera interna e due porte (porta e controporta), forse
con copertura ad arco, sulla base del rinvenimento nel 1938 di tre blocchi a
cuneo22.
L’ubicazione delle altre porte resta per la maggior parte un’ipotesi, anche se
ipotesi ragionevole. È ben leggibile comunque la via di accesso che dalla valle
20
21
22
Cfr. PELAGATTI 1989, p. 296, fig. 2.
ROMANELLI 1948a, pp. 207 ss.
ROMANELLI 1948a, pp. 207-208.
18
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 12. Dettaglio del rilievo con le due probabili porte lungo il margine nordoccidentale del pianoro (Tav. 1.e,f); in alto particolare della seconda porta (Tav. 1.f).
del fiume Marta conduceva in città e vi entrava in corrispondenza della porta
ubicata all’estremità occidentale del ciglio settentrionale del Pian di Civita (Tav.
1.e); la strada saliva al pianoro sfruttando una frattura nel dirupo: larga circa
m 7,50, è scavata in alto nel banco calcareo mentre in basso è sostenuta da
muraglioni a secco conservati per un’altezza di oltre 3 m e costruiti con grosse
pietre irregolari – quasi un’opera poligonale23 –. La presenza di una seconda
porta sempre lungo il lato settentrionale del Pian di Civita24 è sostanzialmente
confermata dal nuovo rilievo (Tav. 1.f, Fig. 12) che ne ha evidenziato le spallette.
Tecnica costruttiva
Le mura sono costruite in opera quadrata, con blocchi ricavati nel calcare locale (chiamato macco), ma eccezionalmente anche in tufo, delle dimensioni
medie di 80 cm di lunghezza, e circa 50 cm di altezza e larghezza, posti di
testa o di fianco senza un’alternanza regolare. È stata avanzata l’ipotesi che le
misure dei blocchi potrebbero rivelare l’uso del cubito ionico, misura di ori23
24
ROMANELLI 1934, pp. 441-442; IDEM 1948a, p. 195. PALLOTTINO 1937, coll. 89-90, fig. 10.
ROMANELLI 1938, p. 331; IDEM 1948a, pp. 195-197.
19
Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Fig. 13. Panoramica delle mura a est della c.d. Porta Romanelli.
gine orientale ripresa dai greci25. In alcuni tratti lo spessore è di una sola fila
di conci messi di testa o in due file messi di fianco (per una larghezza di 85
cm), mentre altrove i conci sono in più file – in alcuni casi almeno cinque –
per uno spessore complessivo quindi di circa 2,5-3 m (Fig. 13).
Il filare inferiore poggia sulla roccia o sul banco naturale di argilla opportunamente spianato. In occasione degli interventi di scavo avviati dalla Soprintendenza negli anni ’90 del secolo scorso in diversi punti del tracciato a oriente
della c.d. Porta Romanelli, è stato possibile eseguire un approfondimento nel
suolo sterile immediatamente a contatto con la struttura muraria e verificare
in questo modo come, dopo l’incisione del suolo geologico funzionale alla
creazione della fossa di fondazione del muro, i blocchi venissero addossati direttamente alla parete del taglio verso valle, al fine di aumentarne la stabilità.
In un saggio di approfondimento effettuato nel 1999 sono stati infatti identificati due ulteriori filari, parte della fondazione della struttura (Fig. 14).
I filari superiori (allo stato attuale se ne conservano al massimo otto a vista,
in parte relativi alle fondazioni) in genere rientrano l’uno sull’altro con leggere riseghe. La faccia esterna nei filari inferiori si presenta spesso non rifinita,
25
FONTAINE 2008, p. 212.
20
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 14. Il saggio di approfondimento nello sterile con i filari in fondazione (scavo 1999).
mantenendo l’aspetto di una sorta di bugnato, effetto della mancata spianatura delle facce dei conci in fondazione, che evidentemente conservavano le
tracce dell’opera preliminare di ribassamento del bordo (il c.d. nastrino). Proprio alla luce di questa evidenza particolarmente marcata in alcuni tratti oggi
a vista è forse possibile ipotizzare da quale quota dovesse partire lo spiccato
del muro.
L’impianto del muro, la cui sommità mostra sovente un profilo a gradoni, si
adatta verosimilmente alla morfologia del terreno. Sul margine occidentale del
Pian di Civita è inoltre documentata una torretta di osservazione (Tav. 1.i).
Romanelli poté inoltre osservare come, in molti tratti, la cinta in opera quadrata fosse rafforzata sul retro da una struttura, direttamente addossata al muro
o comunque distante dal muro stesso non più di 1-1,5 m, da lui definita a
volte come un «aggere di terra e sassi»26, altre come un «muro di pietrame a
secco»27.
È solo nei pressi della porta Romanelli – a quanto al momento è possibile
26
27
ROMANELLI 1938, p. 331; IDEM 1948a, p. 206.
ROMANELLI 1934, p. 439, nt. 1. PALLOTTINO 1937, col. 87.
21
Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
constatare – che la cinta difensiva presenta una differente tecnica costruttiva:
il muro ai lati della porta è formato infatti da due cortine di conci squadrati
(un paramento esterno e uno interno) con un riempimento interno di sassi e
terra (simile alla struttura greca ad emplecton), per uno spessore massimo di
3,3 m che va diminuendo man mano che ci si allontana dalla porta fino a
che le due cortine si unificano (Fig. 11). A ovest della porta sono poi evidenti
alcuni segni di cava incisi sui blocchi.
Cronologia
Le fortificazioni tarquiniesi, come si è già accennato, furono oggetto – dopo
il primo e fondamentale contributo di Romanelli – di numerose citazioni e
riferimenti: ricordiamo l’ipotesi formulata da M. Torelli circa l’esistenza di una
cinta arcaica più ristretta e a difesa del solo Pian di Civita (VIII-VI sec. a.C.?)
con un successivo ampliamento (V sec. a.C.?) corrispondente all’attuale circuito oggi conservato28, ipotesi suggestiva ma che al momento non trova riscontro nell’indagine archeologica29. Solo P. Fontaine – come si è detto – tornò
dettagliatamente sull’argomento nel 1994, con un’analisi di quanto era allora
visibile della cinta fortificata30. Le datazioni indicate dai vari autori per l’impianto delle mura di Tarquinia, basate esclusivamente su confronti e su considerazioni di ordine storico, oscillano tutte tra il V ed il IV sec. a.C.31.
In particolare Fontaine, nel citato articolo del 1994, distinse ulteriormente nel
tratto di cinta in corrispondenza della Porta Romanelli, tre fasi edificatorie datate anch’esse, in mancanza di dati stratigrafici, sulla base di osservazioni di
carattere tecnico e di ordine storico:
– fase I (dopo la metà del IV sec. a.C.) comportante la costruzione della porta
fiancheggiata da mura a doppio paramento;
– fase II (inizi III sec. a.C.) consistente nella costruzione di un muro massiccio a est della porta e appoggiato a questa, non necessariamente un rifacimento della linea difensiva di I fase ma forse un semplice cambiamento progettuale in corso d’opera a seguito del quale la costruzione del muro a doppia cortina in questo punto – realizzato infatti per un tratto brevissimo –
fu immediatamente interrotta.
– fase III (fine dell’età ellenistica) con la costruzione, a est della porta, di un
tratto di muro in “opera a telaio” concepito come rinforzo interno al muro
28
29
30
31
TORELLI 1982a, pp. 122-123, fig. 3.
PELAGATTI 1986, p. 34; CATALDI 1994, p. 66.
FONTAINE 1994, 1995-1996.
IV sec. a.C.: PALLOTTINO 1937, col. 88; ROMANELLI 1948a, p. 206; FONTAINE 1994, p. 86. V sec.
a.C.: TORELLI 1982a, pp.122-123 e TORELLI 1982b, p. 133; CRISTOFANI 1984, p. 24; COLONNA
1986, p. 496.
22
La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
in opera quadrata di II fase, e che si appoggia e prolunga lo spezzone di
muro a doppio paramento della fase I.
Da sottolineare che tale espediente costruttivo trova ora un suggestivo confronto a Vulci dove la cinta fortificata nei pressi della porta Ovest risulta anch’essa costituita da due strutture addossate: l’esterna in opera quadrata, l’interna con tecnica a telaio32. Gli interventi di scavo di Romanelli hanno purtroppo compromesso la lettura stratigrafica di questo settore delle mura e non
permettono oggi di chiarire il rapporto tra mura a telaio e mura in opera quadrata; resta aperta l’ipotesi che la stretta intercapedine attualmente visibile tra
le due strutture sia il risultato di uno svuotamento effettuato nello scavo del
1938 e che in origine in realtà essa non esistesse ma fosse invece colmata da
materiale di riporto, costitutivo di una sorta di opera a sacco: in tal caso anche
a Tarquinia – come a Vulci – le due murature, affiancate, darebbero luogo a
un’unica massiccia struttura.
Un saggio di scavo effettuato dalla Soprintendenza nel 1991 nei pressi della
porta non ha purtroppo portato dati significativi a conforto della cronologia
proposta da Fontaine33.
Importanti e definitive novità per la cronologia delle mura provengono invece
dallo scavo effettuato dalla Soprintendenza a partire dagli anni ‘90 del secolo
scorso all’esterno della cinta a circa 70 m a est della Porta Romanelli (Tav.
1.h). Il saggio – iniziato nel 1992, ripreso nel 1999 e proseguito fino al 2004
ma poi interrotto per problemi legati alla messa in sicurezza del cantiere di
scavo – ha fornito una complessa e articolata sequenza stratigrafica per la quale
si rinvia agli Atti del Convegno del 200534, che ha consentito finalmente di
datare l’impianto della cinta su basi scientifiche.
I dati emersi mostrano che, a partire almeno dal VII sec. a.C. in epoca anteriore all’impianto delle mura, questo settore del ciglio settentrionale del Pian
della Regina era interessato da un sensibile avvallamento del terreno la cui
complessa stratigrafia è riconducibile a un’intensa attività produttiva prolungata nel tempo e riferibile alla fabbricazione di tegole35. Intorno alla metà del
VI sec. a.C. o poco prima, l’area fu oggetto di una serie di interventi funzionali all’impianto della cinta fortificata comportanti l’obliterazione delle realtà
precedenti e il riempimento dell’avvallamento sopra ricordato. I grandi blocchi squadrati delle mura – in questo tratto posizionati su un livello di riporto
artificiale – necessitarono di un’opera di rinforzo consistente in una poderosa
struttura di pietrame a secco realizzata esternamente e parallelamente alla cinta
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33
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35
MORETTI, RICCIARDI 2001, pp. 65-66.
BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp. 160-161.
BARATTI, CATALDI, MORDEGLIA 2008, pp.161-165.
BARATTI, MORDEGLIA 2009.
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Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
Fig. 15. Planimetria dell’area dello scavo 1999-2004
con il muro a blocchi e il muretto a secco.
Fig. 16. Le strutture rinvenute nel corso dello scavo del 2011.
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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Fig. 17. Dettaglio del prospetto del muro a blocchi con le tracce dell’intervento
di risistemazione dei filari.
fortificata e finalizzata ad arginare il terreno di riporto e ad impedirne lo scivolamento a valle (Fig. 15). Sulla base di un intervento appena concluso (gennaio-febbraio 2011) ed eseguito nel corso delle operazioni di ripristino dell’area indagata, sembrerebbe che questa opera di rinforzo abbia sfruttato una
precedente muratura che costituiva la struttura perimetrale di una delle fornaci per tegole (Fig. 16).
L’accorgimento non funzionò però a lungo e necessitò – nel corso del IV sec.
a.C. – di una consistente opera di risistemazione che sembrerebbe avere interessato soprattutto l’alzato del muro e un’area circoscritta delle fondazioni (Fig.
17).
Alla luce di questi dati la cinta fortificata in opera quadrata – a difesa non
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Maria Cataldi - Giorgio Baratti - Lucia Mordeglia
solo del Pian di Civita ma anche del vicino Pian della Regina36 – risulta dunque impiantata in epoca arcaica. Una datazione in tal senso non stupisce, in
considerazione di quanto conosciamo della storia di Tarquinia che proprio nel
VI secolo raggiunge il suo apogeo, e riporta alla memoria quanto noto dalla
tradizione letteraria secondo la quale l’introduzione a Roma delle mura in
opera quadrata risale proprio alla dinastia dei re etruschi, in particolare a Tarquinio Prisco, come espressamente riferito da Dionisio di Alicarnasso: Egli
[Tarquinio Prisco] per primo fece costruire, con grandi pietre ben lavorate e di
forma regolare, le mura della città che, in precedenza, erano di fattura improvvisata e grossolana (Dion. Hal., Ant. III, 67.4).
La cronologia della cinta urbana tarquiniese trova poi ora un significativo riscontro con quella delle mura in opera quadrata di Veio, anch’esse datate al
VI sec. a.C. sulla base dei risultati di recenti indagini di scavo37. La tecnica
muraria in opera quadrata è d’altronde ampiamente utilizzata nelle necropoli
di Tarquinia fin dal VII sec. a.C. per la costruzione delle imponenti camere
funerarie e delle crepidini dei tumuli di età orientalizzante.
Concludendo, quale fosse il preciso tracciato della cinta solo puntuali future
indagini archeologiche potranno precisarlo ma come sopra esposto, anche se
il dato costituisce a oggi solo un’ipotesi di lavoro, sembra plausibile ipotizzare
un tracciato arcaico coincidente con il ciglio superiore dei pianori, risistemato
successivamente (forse alla fine del V sec. - inizi IV in vista dello scontro con
Roma) con apprestamenti complessi dettati dal progredire delle tecniche militari, quali ad esempio torri di avvistamento, come documentato all’estremità
occidentale del Pian di Civita, e sbarramenti di fondovalle, come riscontrato
in corrispondenza del Pian della Regina, cui forse era demandata anche la funzione di controllo delle sorgenti d’acqua.
È opportuno infine ricordare che nulla sappiamo delle opere difensive anteriori alla cinta in opera quadrata e della cui esistenza non si può certo dubitare. Un possibile riferimento alla presenza di un impianto difensivo più antico potrebbe leggersi nell’accenno che viene fatto – relativamente agli scavi
Romanelli – nel giornale di scavo redatto da L. Marchese, in data 13 aprile
1938, circa l’esistenza di una fossa e di un vallo fuori città lungo le mura e a
sinistra della Porta Romanelli, accenno che purtroppo però a oggi non trova
altro riscontro.
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Si sottolinea come il saggio effettuato abbia interessato un tratto della cinta posto a 70 metri a est
della Porta Romanelli quindi lungo il percorso che cinge ormai il ciglio settentrionale del Pian della
Regina.
BOITANI 2008, p. 139.
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La cinta fortificata di Tarquinia: nuovi spunti di riflessione
Le tracce consistenti di attività artigianali risalenti (all’atto delle indagini) fino
al VII sec. a.C., rinvenute come si è detto nel saggio di scavo a est della Porta
Romanelli, potrebbero segnalare peraltro come già in quest’epoca la città dovesse occupare stabilmente il Pian della Regina, almeno in questo punto. Infatti le attività che prevedevano l’uso di strutture da fuoco erano di frequente
collocate in prossimità (all’esterno ma più frequentemente all’interno) del limite dell’abitato. In attesa di ulteriori approfondimenti, i dati desunti dallo
scavo sembrano dunque segnalare come già nel VII secolo il limite urbano potesse di fatto correre non lontano da quello delle epoche successive. Altri indizi testimoniano la presenza di attività produttive ai margini dell’abitato: attività artigianali riferibili a produzioni ceramiche sono attestate nell’area circostante la porta Romanelli38 mentre un impianto artigianale protostorico è
segnalato da A. Zifferero sulle propaggini orientali di Pian della Regina39.
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ROMANELLI 1948a, p. 229 (pozzo L) e MASSABÒ 1994, pp. 69-71; dalla stessa area viene anche un
elemento fittile di mantice, in corso di studio.
MANDOLESI 1999, p. 80, n. 81.
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