Academia.eduAcademia.edu

IL "LUCREZIO" DI CARLO GIUSSANI NEI GIUDIZI DEGLI STUDIOSI COEVI

2017, ATENE E ROMA Anno 2017 Nuova Serie seconda XI - Fasc. 3-4

This article aims to feature the person and the work of Carlo Giussani. Coming from orientalistic studies he passed to Classical Scholarship and, above all, he devoted himself to explain the latin poet Lucretius. Giussani dedicated himself very strongly to retracing the epicurean matrix of De Rerum Natura. The reviews for Giussani's major work and several critiques about it contribute to outline an important chapter in the history of Classical Scholarship in Italy at the end of the XIX th Century. PREMESSA Il presente studio nasce dall'esigenza, già fortemente avvertita da emi-nenti filologi del calibro di Sebastiano Timpanaro 1 , di comprendere da vi-Atene e RomA Anno 2017, nuovA SeRie SecondA, Xi-FASc.3-4 iSSn 0004-6493 * Desidero ringraziare il prof. Salvatore Cerasuolo per aver propiziato e sostenuto questa ricerca, nonché il prof. Giovanni Benedetto per i preziosi suggerimenti fornitimi. 1 Cf. S. TIMPANARO, Il primo cinquantennio della "Rivista di Filologia e d'Istruzione classica", «Rivista di Filologia e di Istruzione classica» C (1972), pp. 387-441, spec. p. 435 s. Di recente, circa la valutazione del ruolo del Giussani, nell'àmbito della fioritura degli studi epicurei nella seconda metà dell'Ottocento, S. CERASUOLO, Domenico Comparetti: un prota-gonista degli studi classici del primo cinquantennio dell'Unità d'Italia, in 'I Quaderni di Atene e Roma', 3, 2012, p. 299, ha avuto modo di scrivere: «Con Trezza, Conti, Comparetti ed altri la cultura italiana contribuì alla fortuna degli studi epicurei, fiorenti in tutta Europa, favorita dal positivismo e dalla pubblicazione dei testi ercolanesi nella Collectio Altera. Com-paretti si situò cronologicamente quasi al centro degli studi epicurei italiani, che culmi-narono sul finire del secolo con la pubblicazione tra il 1896 e il 1898 degli Studi lucreziani, e dei tre volumi dell'ottimo commento di Carlo Giussani al poema lucreziano». Sul clima

ENRICO RENNA IL “LUCREZIO” DI CARLO GIUSSANI NEI GIUDIZI DEGLI STUDIOSI COEVI* AbStRAct This article aims to feature the person and the work of Carlo Giussani. Coming from orientalistic studies he passed to Classical Scholarship and, above all, he devoted himself to explain the latin poet Lucretius. Giussani dedicated himself very strongly to retracing the epicurean matrix of De Rerum Natura. The reviews for Giussani’s major work and several critiques about it contribute to outline an important chapter in the history of Classical Scholarship in Italy at the end of the XIXth Century. PREMESSA Il presente studio nasce dall’esigenza, già fortemente avvertita da eminenti filologi del calibro di Sebastiano Timpanaro1, di comprendere da vi* Desidero ringraziare il prof. Salvatore Cerasuolo per aver propiziato e sostenuto questa ricerca, nonché il prof. Giovanni Benedetto per i preziosi suggerimenti fornitimi. 1 Cf. S. TIMPANARO, Il primo cinquantennio della “Rivista di Filologia e d’Istruzione classica”, «Rivista di Filologia e di Istruzione classica» C (1972), pp. 387-441, spec. p. 435 s. Di recente, circa la valutazione del ruolo del Giussani, nell’àmbito della fioritura degli studi epicurei nella seconda metà dell’Ottocento, S. CERASUOLO, Domenico Comparetti: un protagonista degli studi classici del primo cinquantennio dell’Unità d’Italia, in ‘I Quaderni di Atene e Roma’, 3, 2012, p. 299, ha avuto modo di scrivere: «Con Trezza, Conti, Comparetti ed altri la cultura italiana contribuì alla fortuna degli studi epicurei, fiorenti in tutta Europa, favorita dal positivismo e dalla pubblicazione dei testi ercolanesi nella Collectio Altera. Comparetti si situò cronologicamente quasi al centro degli studi epicurei italiani, che culminarono sul finire del secolo con la pubblicazione tra il 1896 e il 1898 degli Studi lucreziani, e dei tre volumi dell’ottimo commento di Carlo Giussani al poema lucreziano». Sul clima Aten e e R o mA Anno 2017, nuovA SeRie SecondA, Xi - FASc.3-4 iSSn 0004-6493 il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 149 cino l’importanza del contributo filologico ed esegetico di Carlo Giussani (Milano 6 novembre 1840 - ivi 21 aprile 1900)2, a più di 120 anni dall’uscita dei primi due volumi (su quattro complessivi) della sua monumentale edizione commentata del De rerum natura di Lucrezio, con prolegomeni: tale edizione fruttò all’Autore il prestigioso riconoscimento di un premio reale, nel 1899, da parte dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Il Timpanaro, passando in rassegna gli articoli lucreziani del Giussani, apparsi sulla «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica», poi ristampati in apertura della sua edizione come primo volume introduttivo, dopo aver ricordato le edizioni rivedute dei libri I-II e V a cura di Ettore Stampini, ha formulato l’auspicio: «Ma l’intero commento del Giussani andrebbe ripubblicato senza aggiornamenti, come un “classico”; e la personalità del Giussani andrebbe meglio studiata»3. All’edizione giussaniana e alla sua fortuna nel panorama degli studi novecenteschi su Lucrezio accenna brevemente Michele Coccia, nella voce redatta per il Dizionario Biografico degli Italiani4. Il nostro assunto è stato, pertanto, quello di stabilire la portata e l’attualità della lezione di Giussani, approfondendo, in questo contributo, la risonanza, tra consensi e riserve, che il suo “Lucrezio” destò nell’Ottocento, in Italia e all’estero. 1. LE MOTIVAZIONI E IL DISEGNO DELL’OPERA Le ragioni che spinsero Carlo Giussani, già professore di lettere latine e greche presso il liceo di Cremona (1869-1874)5, incaricato del Corso di Letteratura latina (1874-1875) nella R. Accademia Scientifico-Letteraria di post-unitario degli studi epicurei in Italia (Gaetano Trezza, Domenico Comparetti, Carlo Giussani) informa G. CAMBIANO, La filosofia antica in Italia dopo l’Unità, in I Quaderni di Atene e Roma, 3, cit., pp. 203-206, il quale, per una evidente svista (cf. p. 206), fa laureare il Giussani a Pavia, anziché a Pisa: cf. anche infra, n. 7. 2 Numerosi dati bio-bibliografici su Carlo Giussani fornisce E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica» XVIII (1900), pp. 633-636, il quale (p. 636, n. 1) confessa di essere «debitore di parecchie notizie, riguardanti il mio illustre e compianto amico, al figlio suo Camillo». 3 S. TIMPANARO, Il primo cinquantennio, cit., p. 435, n. 1. 4 Cf. M. COCCIA, ‘Giussani Carlo’, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 57, 2001, pp. 155-157. 5 «Nell’aprile del ’70 rifiutò l’ufficio, che gli si offriva, di bibliotecario-aiuto presso la Camera dei Deputati in Firenze»: M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, letta il giorno che fu scoperto il monumento erettogli con pubblica sottoscrizione nella R. Accademia Scientifico-Letteraria di Milano, Milano 1901, p. 8. 150 enRico RennA Milano6, professore straordinario (1876-1886) e poi ordinario (1886) di quella stessa disciplina, a dedicarsi a Lucrezio – con un bagaglio di studi di indianistica7 6 La nomina, in sostituzione del prof. Cesare Tamagni, gli fu conferita con decreto ministeriale «dopo che invano si era prodigato a suo favore G.I. Ascoli il quale, come preside dell’Accademia, aveva visto annullare per mancanza di titoli dal Consiglio superiore della Pubblica Istruzione la già decisa chiamata del G. come professore straordinario di letteratura latina (1873). Già sofferente di disturbi alla vista, destinati ad aggravarsi con gli anni, il G. ebbe subito bisogno, per lo svolgimento del suo corso, dell’ausilio di P. Rajna. Perdurava tuttavia – e se ne trova un’eco in una lettera di R. Bonghi, ministro della Pubblica Istruzione – il rilievo sulla scarsa produzione scientifica del G. filologo e “scrittore di latino”, tanto che P. Ferrari, preside dell’Accademia, nella risposta che inviava al ministro l’8 dic. 1875 lo giustificava “considerando l’età sua e lo scarsissimo tempo che n’ebbe nel 73-4 per la grave infermità degli occhi, e nel 74-5 pel gravoso orario d’insegnamento (ore 12½)”»: Enrico Decleva presso M. COCCIA,‘Carlo Giussani’, cit. Sia il Decleva sia il Coccia sono ritornati sulla figura di Carlo Giussani: cf., rispettivamente, E. DECLEVA, Una Facoltà filosofico-letteraria nella città industriale. Alla ricerca di un’identità (1861-1881), in G. BARBARISI - E. DECLEVA S. MORGANA (a cura di), Milano e l’Accademia scientifico-letteraria. Studi in onore di Maurizio Vitale (‘Quaderni di Acme’ 47), Milano 2001, pp. 33-39; M. COCCIA, Carlo Giussani, Roma 2006 (versione ampliata della voce del Dizionario Biografico degli Italiani). Anche M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, cit., p. 9, accenna ad un periodo di attività rallentata, coincidente con la sua commutazione da orientalista a classicista: «Dalla traduzione del libro di Guhl e Koner intorno alla Vita dei Greci e dei Romani, ch’ei pubblicò nel ’74, al volume di Studi di letteratura romana e a due dissertazioncelle scritte in latino su Lucilio e sull’Arte poetica di Orazio, corsero undici lunghi anni in cui il critico par che stentasse a ritrovare la sua via. Ei fece come i soldati in marcia quando, a un certo punto, s’arrestano e continuano a segnare il passo, per meglio raggrupparsi e riprender poi più compatti e serrati il cammino». Sulla storia degli studi classici nell’Accademia scientifico-letteraria vd. anche G. BENEDETTO, L’antichistica, in “Annali di storia delle università italiane” 11 (2007), p. 179 ss. Per i titoli bibliografici menzionati dallo Scherillo cf. infra, n. s. 7 Al termine della II guerra d’indipendenza (aveva combattuto a Palestro), dopo essere ritornato ai suoi studi (prima presso la R. Università di Torino, poi presso la R. Accademia Scientifico-letteraria di Milano – dove era stato allievo di spicco di Ascoli, conseguendo la laurea nel 1863 nella R. Università di Pisa, presso il cui Convitto aveva ottenuto un posto gratuito tra i cinque concessi dal ministro Matteucci), volendo perfezionarsi negli studi orientali (grazie ad un sussidio-premio, concesso a pochissimi, «perché potesse visitare alcune delle più illustri scuole fuori d’Italia»: M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, cit., p. 8, era passato in Germania alla scuola del Weber e dello Spiegel, «acquistandosi così un ricco patrimonio di cognizioni, specialmente nello zendo e nel sanscrito»: E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, cit., p. 633 e cf. M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, cit., p. 8. Il biennio berlinese di studio è ricostruito, sulla scorta di documenti autografi, da M.P. BOLOGNA - F. DEDÈ, Il background glottologico e orientalistico di un latinista dell’Accademia scientifico-letteraria: note sull’opera di Carlo Giussani, nel vol. Italiani di Milano. Studi in onore di Silvia Morgana (a cura di M. Prada e G. Sergio), Milano 2017, p. 563. Di ritorno in Italia, già collaboratore della Rivista Orientale (dove nel 1868, fascc. 9-12, diede alle stampe il testo, fornito di note e di traduzione, del poemetto filosofico Ash·àvakragìta, il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 151 e di alcuni altri legati alla filologia classica8 – furono, secondo la ricostruzione di Scherillo, dettati dall’esigenza di cimentarsi con un testo che abbisognasse non solo di cure filologiche, ma anche e, soprattutto, di spiegazioni di ordine filosofico: nell’intraprendere tale impresa, Giussani, obbedendo alla sua predisposizione alla critica filosofica piuttosto che filologica, avrebbe finito per mettere in pratica il suggerimento di un intellettuale. Conviene, su questo punto, cedere la parola allo stesso Scherillo, anche per cercare di precisare l’identità di tale provvidenziale suggeritore, che valse a smuovere Giussani dalle sue persistenti titubanze9: «“Perché tanta viltà nel core allette?” – gli gridò un amico dei più cari, che di lì a poco doveva tornare apostolo delle nuove discipline filologiche nel suo Mezzogiorno. E gli additò il tema d’un lavoro in cui la filologia latina sarebbe stata ai servigi della filosofia, e questa avrebbe dato lume all’opera paziente del filologo. Si trattava – voi tutti l’avete compreso – d’un nuovo commento a Lucrezio». Nel geniale e dotto cenacolo, animato allora a Milano dalle personalità di Pio ossia le sentenze di Asht·àvakra), pubblicò una Grammatica Sanscrita (Torino, Loescher, 1868: cf. M.P. BOLOGNA – F. DEDÈ, Il background glottologico e orientalistico, cit., pp. 564-566), concepita come appendice alla Piccola enciclopedia indiana compilata da Angelo De Gubernatis (Firenze 1867). Nel 1868 e 1869 tenne un corso libero «sulla lingua e letteratura dello Zend-Avesta» nell’Istituto di Studi Superiori di Firenze. Per questa «sorta di sopraffazione della glottologia sulla filologia» o «panglottologismo» (con cammino inverso, ad esempio, Giovan Battista Gandino, campione di rigoroso purismo ciceroniano a Bologna passò dallo scriver latino non alla filologia, bensì alla linguistica comparata) cf. S. TIMPANARO, Il primo cinquantennio, cit., p. 411 s. 8 La traduzione della Vita dei Greci e dei Romani di E. Guhl e W. Koner (1874¹; 188789²); Studi di letteratura romana, Milano 1885; De Horatii epistula ad Pisones, Milano 1885; Quaestiones Lucilianae, Milano 1885. Dal 1874 al 1885 non si era avuto del Giussani nessun lavoro a stampa. Al di fuori della produzione scientifica incentrata su Lucrezio e l’epicureismo, che, come vedremo, monopolizzerà gli interessi più profondi dello studioso milanese nell’ultima fase della sua vita, va segnalata soltanto la Letteratura romana (Milano 1899), edita da Francesco Vallardi. 9 «Gli è, o signori, che il Giussani si sentì, in quell’improvviso e quasi violento tramutamento, da meno e da più d’un vero e pretto filologo, quale ora noi desideriamo che un insegnante di latino sia. Nelle scuole di Germania egli ne aveva ammirato il tipo; e poiché ad esso disperava di rassomigliare, s’accasciò in una pericolosa accidia. Gli pareva esser da meno, poiché alla critica dei testi, a cui devon di necessità addestrarsi pur gl’ingegni migliori che non vogliano cadere nel dilettantismo, temeva di non aver attitudine come non aveva preparazione; da più, giacché la sua mente arguta ed acuta era impaziente di penetrar dentro alle cose, di oltrepassar la buccia della forma per ricercare ed analizzare il pensiero, di sorpassar la parola per affrontare lo spirito. Si sentiva, insomma, filosofo più che filologo; e questo sentimento, che inorgoglisce i mediocri, avviliva lui»: M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, cit., p. 9. 152 enRico RennA Rajna, Francesco d’Ovidio, Baldassare Labanca, Gaetano Jandelli, e ravvivato dalle facezie di Carlo Giussani, «inesauribile e vivace motteggiatore [..] si cominciò a parlare anche dell’austero ed empio poeta […]. E da allora Giussani e Lucrezio divennero una persona sola»10. Pensiamo di poter identificare, con un certo margine di verosimiglianza, il mentore di Giussani nella figura di Francesco d’Ovidio (Campobasso 1849 - Napoli 1925), che fu glottologo e docente di latino e greco al liceo «Parini» di Milano, prima di passare ad insegnare, definitivamente, storia comparata delle lingue neolatine presso l’Università di Napoli11. Il nome del d’Ovidio è poi registrato tra le personalità del Comitato promotore12, le quali, accogliendo l’invito della «Perseveranza» e del «Corriere della Sera», promossero il monumento a Giussani nella R. Accademia Scientifico-Letteraria di Milano, il cui scoprimento propiziò appunto la Commemorazione di Scherillo. La scelta di un’edizione lucreziana, a parere di Scherillo, fu, dunque, senz’altro felice: «Per accostarsi a un tal poeta filosofo occorre che il critico sia, non che un filologo destro ed esperto, un arguto e dotto filosofo. Nessuno quindi più del Giussani acconcio ad interpretarne ed integrarne il pensiero»13. 10 Ibid., p. 10. Nel «Fondo d’Ovidio», presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, si trovano gli esemplari dei lavori in latino del Giussani, dedicati, rispettivamente, a Lucilio e a Orazio: Quaestiones Lucilianae e De Horatii epistula ad Pisones, entrambi con invio autografo dell’Autore al d’Ovidio. Sull’aspetto particolare di Francesco d’Ovidio “filologo classico” si sofferma l’articolo di M. MINNITI COLONNA, D’Ovidio come filologo classico, nel vol. La cultura classica a Napoli nell’Ottocento **, Napoli 1987, pp. 907 - 923. La studiosa ricorda a p. 909 il Giussani, nell’àmbito delle amicizie del periodo milanese, insieme a Giuseppe Giacosa, Giovanni Vigilio Inama, Elia Lattes, Luigi Sailer. 12 Tra esse, a parte il d’Ovidio, all’ottavo posto (dopo Elia Lattes e prima di Felice Tocco), figurano, nell’ordine: Gaetano Negri, Giuseppe Colombo, Pippo Vigoni, Gino Visconti-Venosta, Emanuele Greppi, Vigilio Inama, Elia Lattes, Felice Tocco, Pio Rajna, Girolamo Vitelli, Carlo Landriani, Giulio Cesare Buzzati, Francesco Novati, Giuseppe Zuccante, Giovanni Antonio Venturi, Michele Scherillo. 13 Cf. M. SCHERILLO, Commemorazione di Carlo Giussani, cit., p. 11. Prima della «magistrale edizione di Lucrezio» (E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, cit., p. 635) vanno citati diversi lavori apparsi sui «Rendiconti dell’Istituto Lombardo», poi rifluiti negli Studi lucreziani (cf. infra, n. 26), nonché una breve recensione (in «Bollettino di Filologia Classica»,1894, pp. 5-8) ad un lavoro di Adolfo Brieger, Epikur’s Lehre von der Seele. Grundlinien, «Jahresber. des Gymn. zu Halle», XXV (1893), pp. 1-21 ed una lunga al Lucrezio edito da Adolf Brieger nel 1894 (su cui vd. infra). La recensione dell’edizione curata da Heinze del III libro di Lucrezio – cf. infra, n. 27 – apparve nella «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica» XXV (1897), pp. 474-481, mentre il Giussani attendeva a completare il suo commento presso Loescher. 11 il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 153 Che la concreta iniziativa di Giussani non costituisse, per così dire, una cattedrale nel deserto emerge dal quadro assai potente ed incisivo che Piero Treves ha delineato delle opposte tendenze che circolavano in Italia sullo scorcio del XIX secolo: «Anti-spiritualismo ed anti-cristianesimo, ispiratori altresì del massoneggiante romanzo storico dei Giovagnoli e dei Castellazzo, le scoperte dei papiri ercolanesi di Filodemo o della scuola epicurea, l’esempio straniero del Guyau, tutto parve felicemente cospirare a re-immettere il poema di Lucrezio nell’universa cultura nostra: ond’egli fu l’unico degli antichi a conoscere in questi decenni un’adeguata esegesi storica grazie al Trezza e al Comparetti, un insigne volgarizzamento poetico grazie alla musa congeniale del Rapisardi e, sul tramonto del secolo, ad opera del milanese Carlo Giussani, un’edizione esemplare»14. Il lavorìo critico di Giussani intorno all’opera di Lucrezio assunse la forma di un’opera vasta, articolata in quattro volumi, pubblicati, a seguire, nell’arco di un triennio: tre dedicati ad ogni coppia di libri del De rerum natura15 ed uno introduttivo, gli Studi lucreziani, nel quale l’Autore fece confluire i risultati di indagini e discussioni esegetiche sul poema di Lucrezio, onde decongestionare le note già ricche del commento ed isolare le principali problematiche del testo. Completano il quadro dei lavori giussaniani su Lucrezio le Note Lucreziane16, «l’ultimo poderoso lavoro del Giussani»17. «Dal suo letto di morte 14 P. TREVES, Lo studio dell’Antichità classica nell’Ottocento, Milano-Napoli 1962, p. XXXVI. 15 Rispettivamente: T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, volume primo Studi Lucreziani, Torino 1896; T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, volume secondo Libro I e II, Torino 1896; T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, volume terzo Libro III e IV, Torino 1897; Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani, volume quarto Libro V e VI, Torino 1898. Successivamente, Ettore Stampini, nel 1923, e Vittorio D’Agostino, nel 1959, provvidero a ripubblicare parzialmente l’opera. Nel 1980 la ristampa in due volumi di New York-London sembrò realizzare il voto di Sebastiano Timpanaro (cf. supra, n. 3). Sul testo dell’edizione originaria si fonda la traduzione che l’avvocato Camillo Giussani (1879-1960), figlio di Carlo, pubblicò nel 1939. 16 Si tratta di una lunga memoria dedicata alla Editio stereotipa emendatior del Lucrezio di Brieger, apparsa nella «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica» XXVIII (1900), pp. 1-42 [= De rer. nat. I-III] e pp. 177-227 [= De rer. nat. IV-VI] e concepita da Giussani come «Appendice alla mia edizione di Lucrezio». Alle Note Lucreziane replicò il Brieger, «Jahresbericht über die Fortschritte der Classischen Altertumswissenschaft begründet von Conrad Bursian» (1902), p. 149. 17 E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, cit., p. 635. 154 enRico RennA scrisse ancora due recensioni, una per la nostra Rivista, sul lavoro del Cartault La flexion dans Lucrèce […], e l’altra sulla monografia del Diels Elementum. Eine Vorarbeit zum griechischen und lateinischen Thesaurus»18. Stampini accenna anche a quei progetti di studio accarezzati da Giussani e stroncati dalla recrudescenza di una «terribile malattia che lo travagliava da molti mesi e che, più volte vinta, s’era sempre rinnovata con crescente intensità di sofferenze»: un’edizione critica di Epicuro ed uno studio sulle fonti della filosofia di Cicerone19, «ma pur troppo la morte, contro la quale aveva per lungo tempo stoicamente lottato, impedì il Giussani di mandare ad effetto questa impresa alla quale non saprei chi, nel paese nostro, avrebbe potuto accingersi con maggiore preparazione e con maggior larghezza e profondità di cognizioni filosofiche e filologiche»20. Giussani 1896 (= C. Giussani, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani - Volume primo. Studi lucreziani, Torino 1896) Nella Prefazione, Giussani, dopo aver rievocato le circostanze che lo condussero ad intraprendere il suo lavoro, nonché l’orizzonte d’attesa dello stesso21, viene a giustificare, in «un commento di Lucrezio, sia pure di carattere piuttosto popolare», l’opportunità di abbinarlo a un volume di Studi 18 E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, cit., ibid. La recensione al Cartault comparve nella «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica» XXVIII (1900), pp. 344-346; quella al Diels, invece, nel «Bollettino di filologia classica» VI (1899-1900), pp. 244-248. 19 Opportunamente il Timpanaro non solo ha visto in Ettore Bignone «un valido continuatore dell’attività del Giussani», ma anche nell’articolo scritto dal filologo di Pinerolo in latino (Qua fide quibusque fontibus instructus moralem Epicuri philosophiam interpretatus sit Cicero in primo de finibus libro: «Rivista di Filologia e d’Istruzione classica» 37 (1909), p. 54 ss.), «un’attuazione almeno parziale di quel lavoro che il Giussani si riprometteva di compiere, e precorre la rivendicazione – talvolta eccessiva, più spesso giusta – che dell’attendibilità di Cicerone dossografo il Bignone farà nell’Aristotele perduto e in articoli posteriori»: S. TIMPANARO, Il primo cinquantennio, cit., p. 436. 20 E. STAMPINI, Necrologia di Carlo Giussani, cit., p. 636. 21 «Quando già da parecchi anni il benemerito e compianto editore Ermanno Loescher mi affidava l’incarico di preparare un’edizione commentata di Lucrezio per la sua Collezione di Classici greci e latini, era inteso che il mio lavoro si tenesse nei limiti e nel carattere di una edizione, se non propriamente scolastica – giacché Lucrezio non è fra gli autori, per solito, letti nelle scuole secondarie – tale, però, che non apparisse fatta pei filologi, ma per il pubblico colto e studioso in generale». il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 155 lucreziani, affinché «il lettore avesse modo di intendere giustamente e pienamente l’autore»22, nel quale far convergere, come si diceva, anche il frutto di sue ricerche precedenti, pubblicate «in raccolte non molto diffuse»23, precedute da un’Introduzione costituita da due monografie, la prima dedicata a Lucrezio24, la seconda ad Epicuro25. Ad essa seguono dodici saggi, spesso muniti di appendici, che sono relativi a tematiche dei primi cinque libri del De rerum natura, in rigorosa successione (ben cinque relativi al I libro; tre relativi al libro II - con un’incursione nel libro IV -; due al libro III; due, infine, al libro V, con recupero anche del libro II)26. 22 «Se moltissimo è stato fatto per ciò che riguarda la critica del testo nel rispetto filologico, per ciò che riguarda invece l’interpretazione moltissimo è ciò che resta da fare». 23 Cf. GIUSSANI 1896, Prefazione, p. VII, n. 1. 24 Da p. XI a p. XXVI. 25 Da p. XXVII a p. LXXXII. Va rilevato che nella voce fondamentale Epikur di Wolfgang Schmidt apparsa nel Reallexikon für Antike und Christentum V 1961 non sia citato il Giussani e che soltanto nell’edizione italiana Epicuro e l’epicureismo cristiano, Brescia 1984, a cura di I. RONCA (cf. p. 210) si sia rimediato a questa omissione bibliografica. 26 STUDIO I. Osservazioni intorno a qualche fonte di Lucrezio. Appendice I: Saggio di ordinamento della epistola a Erodoto; II. (a Lucr. I 418 sg.); STUDIO II. Inane, a Lucr. I, 329-417; STUDIO III. Coniuncta et eventa, a I, 449-463; STUDIO IV. Atomia, a I, 503634. Capo I. Simplicitas (a 503-598). Capo II. Partes minimae (a 599-634). Appendice I. Appendice II; STUDIO V. I quattro elementi nella polemica lucreziana, a I, 803-829; STUDIO VI. Cinetica epicurea, a II 125-141; STUDIO VII. Clinamen e Voluntas, a II, 216 sgg. 251 sgg. IV, 877 sgg. Appendice; STUDIO VIII. Animi iniectus e Ε j πιβολη;τη; ς διανοιv ας, a II, 740; STUDIO IX. Psicologia epicurea, a III, 136-416. Appendice; STUDIO X. Postilla lucreziana, a III, 798-827; STUDIO XI. Gli dei di Epicuro e l’isonomia, a V, 11591191. 146-155 e II 294-307. 350-500. Capo I. Capo II. Appendice I. Appendice II; STUDIO XII. L’origine del linguaggio, a V, 1026-1088. In corso d’opera, il Giussani, non pago del volume introduttivo, ha inserito ulteriori approfondimenti dottrinari, all’interno di ciascuno degli altri tre volumi: nel vol. secondo, dopo le “Osservazioni intorno al proemio vv. 1145”, figurano Excursus I. a 159-214; Excursus II. a 215-264; Excursus III. a 830-920; Excursus IV. a 1021-1051 [Libro I]; nel vol. terzo figurano Excursus. Osservazioni generali intorno all’ultima parte del libro III vv. 828-1092; Excursus I. a 181-206; Excursus II. a 720-819 [Libro IV]; Qualche aggiunta e correzione al volume terzo; nel vol. quarto si hanno Excursus a v. 675-677 [Libro V], Excursus a v. 160-378 [Libro VI], Alcune correzioni e aggiunte [ai voll. I, II, III]. Il Giussani (cf. Prefazione, p. VII n.1) precisa che gli Studi II ed XI sono inediti, mentre «sono apparsi nei Rendiconti dell’Istituto Lombardo il I (1895), il III (1895), il IV (1894), il V (1895), il VI (1894), l’VIII (1895), il XII (Memorie, 1896). Il X fa parte di un volume messo insieme da antichi scolari di Rodolfo Roth in occasione del suo giubileo professorile (Festgruss an Rudolph von Roth, etc. Stuttgart, 1894). Nella Rivista di filologia classica (1894) è apparso il VII. Passiamo ora a fornire dettagli sulle pubblicazioni dei «Rendiconti», segnalando, per ciascuna di esse la puntuale discussione del Brieger: – [STUDIO I] C. GIUSSANI, Osservazioni intorno a qualche fonte di Lucrezio; Appendice I. Sag- 156 enRico RennA 2. LE RECENSIONI DI GIUSSANI A BRIEGER Giussani recensì entrambe le edizioni a Lucrezio di Brieger: quella apparsa nel 1894 fu recensita dal Giussani in due numeri della «Rivista di Filologia e d’Istruzione Classica»27, mentre l’editio stereotipa emendatior [cum gio di ordinamento della epistola ad Erodoto; Appendice II. Nota a Lucr., I, 418 seguenti, «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», Ser. II, XXVIII, 1895, pp. 924-941: A. BRIEGER, Bericht über die Lucrez-Litteratur, die Jahre 1890-1895 umfassend. Mit Nachträgen, «Jahresbericht über die Fortschritte der classischen Altertumswissenschaft», LXXXIX Band, XXIV Jahrgang (1896), (1897: d’ora in poi BRIEGER 1897), pp. 181-185. – [STUDIO III + STUDIO VIII] C. GIUSSANI, Note lucreziane: Coniuncta ed eventa. A Lucrezio, I, 449-463; Animi iniectus e Ε j πιβολη;τη' ς διανοιv ας, «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», Ser. II, 1895, pp. 127-137; 137-134: BRIEGER 1897, pp. 175-178. – [STUDIO IV] C. GIUSSANI, Atomia, A Lucrezio, I, 503-634. Capo I. Simplicitas (a 503598). Capo II. Partes minimae (ai versi I, 599-634); Appendice I e II, «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere» XXVII, 19-20, 1894, pp. 800-815; 838851: BRIEGER 1897, pp. 159-164. – [STUDIO V] C. GIUSSANI, I quattro elementi nella polemica lucreziana. A I 803-829, «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», Ser. II, XXVIII, 20, 1895, pp. 1132-1140: BRIEGER 1897, pp. 178-181. – [STUDIO VI] C. GIUSSANI, Cinetica epicurea. Lucrezio II, 125-141, «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», Ser. II, XXVII, 10-11, 1894, pp. 433450: BRIEGER 1897, pp. 164-168. Va precisato, inoltre, che lo studio XII rappresenta la seconda parte di una lunga memoria dal titolo La questione del linguaggio secondo Platone e secondo Epicuro (apparsa in «Memorie del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere», XX, Ser. 3, XI, II, 1896, pp. 103-141: tale memoria, con la «posizione latamente discontinuista» assunta da Giussani per quanto concerne i primordi del linguaggio, è analizzata da M.P. BOLOGNA-F. DEDÈ, art. cit., p. 572 s.) e che gli studi orientali con il professor Roth erano stati compiuti dal Giussani a Tubinga: cf. A. DE GUBERNATIS, Dizionario biografico degli scrittori contemporanei ornato di oltre 300 ritratti, Firenze 1879, p. 512. 27 Cf. «Rivista di Filologia e d’Istruzione Classica» XXIII (1895), pp. 427-444 e XIV (1896), pp. 97-115. Giussani, inoltre, sulla «Rivista di Filologia e d’Istruzione Classica» XXV (1897), pp. 474-481, recensì l’edizione commentata, per i tipi della Teubner, del III libro del De rerum natura a cura di Richard Heinze, rilevandone «buone e utili indicazioni per l’interpretazione di Lucrezio», ma anche l’artificiosità di alcune annotazioni. L’indirizzo conservatore dell’Heinze nella critica del testo, sostanzialmente condiviso dal Giussani, ben lungi dalla «velleità emendatrice del Lachmann», sfocia in “tradizionolatria”, quando Heinze pensa «che l’ordine dei versi di tutto quanto il III libro, quale c’è arrivato nei manoscritti, è l’ordine con cui sono usciti dalle mani di Lucrezio; che non c’è spostamenti, non lacune [...], non aggiunte seriori [...] non doppie redazioni; e la teoria deve valere in genere per tutto il poema». il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 157 Appendice], segnalata sul «Bollettino di Filologia Classica»28, fu minuziosamente discussa, con il titolo di Note lucreziane, nella «Rivista di Filologia e d’Istruzione Classica»29. Nel primo contributo, Giussani, dopo aver ascritto le imperfezioni del testo lucreziano, quale ci è pervenuto nei codici leidensi, «alla prima pubblicazione del poema e al manoscritto stesso di Lucrezio, quale venne nelle mani di Cicerone», passa all’esame particolareggiato dell’edizione di Brieger, «specie di quei punti in che essa si stacca dalle tre edizioni Lachmann, Bernays, Munro». Le osservazioni sono condotte «sotto diversi capi: lacune, trasposizioni, eliminazioni (assolute o relative), e varianti lezioni; una divisione che, naturalmente, non potrà essere rigorosa, molte volte intrecciandosi le diverse questioni». Il secondo contributo verte, essenzialmente, sulle trasposizioni, libro per libro, nel testo lucreziano e sulle eliminazioni, distinte in assolute e relative. Lo studioso milanese passa, poi, a precisare una certa convergenza di metodo, in materia di critica testuale, con l’editore tedesco: «venendo da ultimo alle lezioni singole, ripetiamo che merita schietta approvazione l’indirizzo conservatore dell’editore. In ben pochi dei casi dove il Brieger, contro qualcuno o tutti i predecessori, ritorna alla lezione dei codici, io dissentirei; un maggior numero di volte starei coi mss. dove il Brieger non sta. Molto felici alcune congetture dello stesso Brieger». Le recensioni degli italiani all’edizione giussaniana: Luigi Valmaggi, Gaetano Negri, Felice Tocco, Ettore Romagnoli Luigi Valmaggi Le due recensioni di Luigi Valmaggi30, redattore del «Bollettino di Filologia Classica»31, cui cooperava in quegli anni, tra gli altri, Carlo Giussani, 28 Cf. «Bollettino di Filologia Classica» VI (1899/1900), pp. 102-103. Cf. supra, n. 16. 30 Cf. L. VALMAGGI, C. Giussani, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi. Vol. I: Studi lucreziani; vol. II, Libro I e II. Torino, E. Loescher, 1896; 8° pp. LXXXII-284 e XI-207, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), pp. 173-179; L. VALMAGGI, C. Giussani, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi. Vol. III: (ll. III-IV) e vol. IV (ll. V-VI). Torino, Casa Editrice Ermanno Loescher, 1897 e 1898; 8° pp. 292 e 319, «Bollettino di Filologia Classica» VI (1899-1900), pp. 150-153. 31 Giussani vi aveva pubblicato due recensioni, di argomento lucreziano, rispettiva29 158 enRico RennA sono particolarmente significative. La prima32, dedicata, in gran parte33, al vol. I (Studi Lucreziani) e, in misura minore34, al vol. II (Libro I e II del De rerum natura), evoca, innanzitutto, il clima di viva attesa per la nuova opera lucreziana, dopo le «dotte primizie», dall’Autore sparse in sedi non sempre di facile accesso. L’analisi di Valmaggi parte dagli studi introduttivi già noti, per passare, poi, a quelli che compaiono stampati nel volume per la prima volta. Nelle Osservazioni intorno a qualche fonte di Lucrezio, «l’A. vi mostra l’importanza della nota lettera di Epicuro a Erodoto conservata da Diogene Laerzio, tanto per la piena intelligenza dell’esposizione Lucreziana del sistema epicureo, quanto per meglio determinare il grado di fedeltà dell’esposizione stessa». Giussani, poi, accanto alla Lettera ad Epicuro35 ed al Περι;φυv σεως, giunge ad individuare nella Μεγαv lη εj πιτοµηv , una fonte che Lucrezio avrebbe privilegiato per la disposizione della materia del suo canto. «Quanto ad altre fonti fuori di Epicuro, il G. ammette che da esse possano essere stati ricavati alcuni elementi localizzati ed accessori; ma nulla che importasse qualche modificazione sostanziale al sistema di Epicuro»36. Il recensore mette in luce l’importanza della nota a I, 449-463 (Coniuncta et eventa), un punto assai rilevante della dottrina epicurea, quello degli accidenti sostanziali (coniuncta) e quello degli accidenti eventuali (eventa), «non bene inteso dagli interpreti recenti del sistema», ma illustrato dall’Autore «acutamente e con sottile precisione»37. Segue lo studio (Atomia), sui versi 503-634 del I libro, diviso in due parti. «Nella prima è discusso l’ordine formale e logico dei tanto dibattuti versi 503-598, che l’A. spiega dissentendo un po’ da tutti i suoi predecessori: però col Brieger ammette una lacuna tra il 524 e il 525, e specialmente un’altra più ampia ne ravvisa tra i versi 547 e 548, dimostrando che col v. 547 termina lo sviluppo delle prove mente a S. von Raumer, Die Metapher bei Lukrez, «Bollettino di Filologia Classica» I (18941895), pp. 53-56, e a C.J. Hidén, De casuum syntaxi Lucretiana. Pars prior (Nominat. Vocat. Accusat. Dat.), «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), pp. 180-181. Le recensioni giussaniane sono analizzate e discusse in M.P. BOLOGNA- F. DEDÈ, Il background glottologico e orientalistico, cit., pp. 573-574. 32 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., pp. 173-179. 33 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., pp. 173-177. 34 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., pp. 177-179. 35 «Un caso di derivazione appunto dalla lettera (che egli prova esserci giunta in condizione molto più disordinata e lacunosa che non si sospettasse finora) l’A. lo ravvisa e dimostra in I, 418 sgg.»: L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897) cit., p. 174. 36 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., ibid. 37 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 174 s. il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 159 annunziate nei vv. 497-500, che qui comincia una parte polemica contro Anassagora, e che i vv. 548-550 sono la fine di un argomento con cui il poeta alla divisibilità all’infinito opponeva la simplicitas, cioè la intrinseca unità o indivisibilità dei primordia»38. Nella seconda è illustrata la teoria delle partes minimae (vv. 599-634), gli ο“γκοι di Epicuro: tale teoria, diversamente dalla Lettera ad Erodoto, dove essa è collegata con la questione della grandezza atomica, è connessa, invece, da Lucrezio con quella della solidità ed eternità degli atomi. Nello studio successivo, I quattro elementi nella polemica lucreziana, è contenuto un esame particolareggiato dei vv. 803-829 del I libro, un passo del quale il Giussani mira a stabilire la concatenazione logica, perché egli congettura che non si trovasse in quanto tale nella prima redazione del I libro e che sia stato aggiunto da Lucrezio più tardi, dopo la composizione della parte centrale del II libro. Valmaggi sorvola sullo studio Cinetica epicurea, relativo a II 125-141, per essersene occupato altrove39, ed esamina l’altro studio su clinamen e voluntas, un’illustrazione complessiva dei versi II 216 ss., 251 ss.; IV 877 ss., in cui la declinazione atomica dalla linea verticale è causa del libero arbitrio: «in Lucrezio (II, 251 sgg.) è nettamente affermata e confermata la dipendenza del libero arbitrio dalla declinazione atomica»40, che non si configura come un’assurda invenzione di qualche tardo epicureo, secondo l’opinione del Brieger, «bensì risale tal quale al sistema stesso del maestro»41. In un altro studio il Giussani dimostra la corrispondenza dell’espressione lucreziana animi iniectus (II 740) con l’εjπιβολη;τη' ς διανοιv ας di Epicuro. In forma alquanto più diffusa Valmaggi discorre dello studio dedicato da Giussani alla Psicologia epicurea (relativamente a III 136416), in cui l’Autore, dopo averne tratteggiato i caratteri generali, passa ad occuparsi dell’animus e della quarta essenza expers nominis, la quale, diversamente dalla tesi di Brieger e di altri, non ritiene che sia confinata esclusivamente nell’animus, «ma si trovi al contrario diffusa per tutto il corpo e appartenga, come le altre tre (calor, aer, ventus), a tutta quanta l’anima (animus e anima)». Degli ultimi due studi, già pubblicati, la Postilla Lucreziana a III 798-827 contiene il rifiuto dell’atetesi dei vv. 804-816, decretata dai più recenti editori, e l’ipotesi di una lacuna tra i vv. 816 e 817, mentre l’altro su L’origine del linguaggio (a V 1026-1088) costituisce la seconda parte di una 38 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 175. Cf. «Rivista di filologia classica», vol. XXIII (1895), p. 98 n. 1: il riferimento è a «Rend. Ist. Lomb.» 1894, p. 437. 40 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 176. 41 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., ibid. 39 160 enRico RennA memoria più ampia (La questione del linguaggio secondo Platone e secondo Epicuro). Gli studi proposti per la prima volta dal Giussani (il secondo e l’undicesimo) trattano, rispettivamente, del vario significato del sostantivo inane42; della propria natura e costituzione degli dèi epicurei nonché della loro eternità in relazione con la legge generale dell’isonomia43, «parte integrante del sistema originale di Epicuro, e non punto, come il Brieger e altri pensarono, un’aggiunta di qualche epicureo posteriore»44. Nel recensire il II volume giussaniano, Valmaggi parte dalla costituzione del testo, per la quale egli «si mostra risolutamente conservatore». Si fa cenno, poi, ad alcune affermazioni programmatiche dello stesso Giussani45, il quale, rispetto al gran disordine in cui ci appare il poema lucreziano ed alla tendenza a ritenere errato ciò che non si riusciva ad intendere per difetto di conoscenza del sistema filosofico epicureo, dopo l’edizione del Brieger, ha continuato il nuovo periodo della critica lucreziana, dopo la fase delle edizioni di Lachmann, Bernays e Munro. Tale nuova critica, condotta ad una applicazione più piena e rigorosa proprio dal Giussani, «va molto guardinga quando si tratta di mutazioni nelle parole, e soprattutto di mutazioni molteplici e tra loro collegate, pur badando attentamente a scoprire le lacune, le trasposizioni, le aggiunte, le redazioni doppie; ma le lacune non colma né rabbercia con accomodamenti delle parole tradizionali (come troppo spesso fece il Lachmann); indica ma non sopprime le aggiunte e le redazioni doppie; riordina dove le trasposizioni furon fatte manifestamente per incuria di editori e di copisti contro la chiara intenzione del poeta, ma rispetta tutte quelle ripetizioni che non appaiono interpolate da altri che dal poeta stesso»46. Valmaggi rileva come Giussani sia anche più di Brieger rispettoso dell’autorità dei codici, più parco nell’uso dei segni diacritici (per indicare seclusioni, aggiunte posteriori, collocazioni inopportune, ecc.) e, in modo particolare, «nella quistione delle iterazioni restringe ancora il numero di quelle riconosciute spurie dal Brieger, non tenendo per tali II, 723 sg.; IV, 215-227; 670; V, 128-137; VI, 251 sg; 383-385»47. Ma la cifra del volume di commento è individuata nell’interpretazione filosofica48, che 42 Cf. Inane; a I 329-417. Cf. Gli dei di Epicuro e l’isonomia (a V 1159-1191; 146-155 e II 294-307; 350-500). 44 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 177. 45 Cf. C. GIUSSANI, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Vol. II, Libro I e II, cit., p. IX 43 s. 46 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 178. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 179. 48 Ma c’è grande attenzione anche per l’illustrazione storica, i riscontri di altri scrittori, 47 il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 161 lungi dall’essere fine a se stessa, serve a lumeggiare il testo: «ne segue che l’A. ha dovuto intrecciare col commento propriamente esegetico anche le illustrazioni critiche»49. Dopo il riconoscimento di «studi originali e profondi»50 per il I volume, anche per il II volume non mancano gli apprezzamenti, sicché, conclude Valmaggi, «con questa sua edizione (la quale è da augurare sia condotta presto a termine) il Giussani ha non solo colmato magistralmente una lacuna della letteratura filologica italiana, ma, ha eziandio recato un contributo originale e prezioso all’interpretazione del poeta latino, e fatto opera che non mancherà di tenere un dei primissimi luoghi nella moderna critica Lucreziana»51. La seconda recensione di Valmaggi52 si riferisce ai voll. III e IV, che completano l’edizione lucreziana a cura di Giussani: essa è condotta con maggiore snellezza, rispetto alla prima, perché «il modo tenuto dal ch. A. nella revisione del testo e nella compilazione del commento è in questi due ultimi volumi appunto lo stesso che nell’edizione dei due primi libri». Il recensore sottolinea la presenza, anche nei due nuovi volumi, di numerosi excursus, sull’ultima parte del libro III (vv. 828-1092), sul libro IV (versi 181-206; 720-819), sul libro V (versi 675-77) e uno, infine, al libro VI (versi 160-378), «il cui senso è molto incerto e disordinato». Particolarmente interessante è la succinta esemplificazione degli interventi di Giussani su alcuni luoghi problematici del testo di Lucrezio, che fornisce la misura del suo metodo critico, teso alla difesa della «lezione tradizionale contro le innovazioni del Lachmann e della sua scuola». Gli esempi sono due, relativi, rispettivamente al libro III ed al libro VI. Valmaggi, che ripete anche per questi due volumi le lodi già espresse nella recensione precedente, afferma testualmente: «Nel libro III i vv. 804816 era ormai consuetudine di espungerli, su l’autorità del Lachmann, perché identici a V, 351-363; mentre il G. dimostra con buone ragioni che sono necessari per collegare i vv. 800-804 coi vv. 817-820, e con lui li ha poi conservati il Brieger e ancora, benché con qualche curiosa reticenza nel commento, il Heinze. E in VI, 231 la lezione dei mss. curat item … diffugiant, non che al Lachmann, sospetta alla maggior parte degli edd., e anche al prudentissimo Brieger, per la costruzione di curare col semplice ut, venne con felice divinazione restituita nel testo dal G.»53. le osservazioni intorno alla lingua ed allo stile di Lucrezio. 49 L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., ibid. 50 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 177. 51 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» III (1896-1897), cit., p. 179. 52 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» VI (1899-1900), cit., pp. 150-153. 162 enRico RennA Gaetano Negri La nota di Negri54 non si configura come una recensione puntuale al lungo lavoro dedicato da Carlo Giussani al poema di Lucrezio, altamente lodato ed apprezzato: «un vero monumento di critica letteraria, un libro che fa grande onore all’erudizione ed alla scienza italiana, un libro che non teme raffronti con nessuno di quelli che la dotta Germania pareva avesse il privilegio di regalare al mondo degli studiosi». Per l’articolista, l’opera di Giussani, che «potrebbe dirsi una vera enciclopedia lucreziana», «rimarrà come un libro definitivo»: soltanto «qualche papiro, oggi ancora sepolto negli ipogei egiziani» vi potrebbe apportare qualche elemento veramente nuovo. Il Negri coglie, innanzitutto, la cifra del commento giussaniano nella capacità, davvero singolare, dell’autore di calarsi intus et in cute nel complesso mondo concettuale e poetico di Lucrezio, sembrando quasi di annullare ogni distanza con l’antico banditore del verbo di Epicuro: «se per altri poeti e scrittori antichi può bastare un commento esterno che spieghi certi passi difficili e ponga il lettore nell’ambiente in cui è nato il libro, per Lucrezio bisogna che il critico entri nel più profondo della mente del poeta, rifaccia tutto il cammino da lui percorso, e ricomponga, insieme con lui, il lavoro da lui compiuto». La prima parte della recensione di Negri si chiude con l’auspicio che ad «un’opera tecnica» come quella di Giussani - in cui la conoscenza del pensiero epicureo e lucreziano appare coniugata con «la scienza del latinista e l’acume del critico» - nonché messa al servizio della risistemazione delle parti disordinate e scomposte del poema lucreziano, possa seguire presto, per i non addetti ai lavori, un’edizione semplificata del commento, che agevoli la comprensione e la diffusione anche presso le Scuole di un poeta difficile, eppure così rappresentativo, come Lucrezio. Felice Tocco La nota del Socio nazionale dei Lincei, il filosofo e storico della filosofia Felice Tocco, dal titolo Sugli studi lucreziani del Prof. Giussani55 prende le 53 Cf. L. VALMAGGI, «Bollettino di Filologia Classica» VI (1899-1900), cit., p. 152. Cf. G. NEGRI, Leggendo “Lucrezio”, «Nuova Antologia» LXXXVI (1898), pp. 605629 (= Ultimi saggi. Problemi di Religione, di Politica e di Letteratura, Milano 1904, pp. 135). La recensione vera e propria si trova alle pp. 605-610; da p. 605 a p. 629, si susseguono, invece, considerazioni personali del Negri sul pensiero di Lucrezio nel De rerum natura. 54 il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 163 mosse, innanzitutto, dalle novità introdotte dall’editore nell’ordinamento del testo del poema lucreziano, per soffermarsi poi sul volume degli Studi lucreziani e svolgere delle considerazioni finali sul concetto di scienza, in disaccordo con il Giussani stesso. Il tenore complessivo della rassegna è senz’altro eulogetico: «la quale edizione, [...] a parer mio non sta indietro a nessuna delle più celebrate straniere, è divisa in quattro volumi»56. Come esempio probante di novità nella costituzione del testo, Tocco indica57 il ripristino dei versi 804-816 (espunti, di solito, come interpolati, da Lachmann in poi), eguali ai versi 351-363 del V libro, in quanto Giussani, in base al senso complessivo del passo, li dimostra necessari per collegare i versi 800-804 con i seguenti 817-820. Il recensore prende, poi, in esame il secondo studio in cui distingue due significati nel termine inane: uno più ampio (“lo spazio in genere”: cf. I 420) ed uno più ristretto (“spazio vuoto”: cf. I 330). Lo studio sugli accidenti, di due tipi (essenziali: συµβεβηκοv τα, coniuncta; eventuali, συµπτωv µατα, eventa), è qualificato senz’altro come «acuto ed originale»58. Più importanti sono ritenuti da Tocco gli studi sulle parti minime e sulla cinetica epicurea: il primo di essi, «secondo la felice interpretazione del nostro autore» stabilisce la distinzione della soliditas dalla simplicitas nell’atomo di Epicuro: esso resta sempre compatto, ha forme e dimensioni e quindi parti, ma tali partes minimae si possono distinguere solo mentalmente. «All’atomo appartiene la soliditas, alle parti minime la simplicitas. Con questo tentativo, che Giussani stesso chiama disperato, Epicuro tenta di porre un limite alla divisibilità, la quale continuata, anche solo mentalmente, all’infinito, ridurrebbe la realtà a zero»59. Particolarmente apprezzato da Tocco è lo studio sulla cinetica epicurea: «è certo il più profondo di tutti, e nell’interpretazione e nel riordinamento dei paragrafi della lettera ad Erodoto, che vi si riferiscono, il nostro autore dà prova di singolare acume e di solida cultura». Secondo l’interpretazione del Giussani, cavata «dallo studio accurato del difficilissimo testo di Epicuro», si prospetta uno scenario in cui «gli atomi urtatisi con altri rimbalzano a guisa di corpi elastici, e quando si uniscono in composti più o meno stabili, le vibrazioni degli uni si compongono con quelle degli altri, onde tutto il concilium sembra talvolta in quiete addirittura e talvolta in moto più o meno veloce, ma sempre misurabile». Nell’altro studio sul clinamen Giussani mette in luce come Epicuro non abbia tanto combattuto quanto 55 F. TOCCO, Sugli Studi Lucreziani del Prof. Giussani, «Rendiconti della Regia Accademia dei Lincei», ser. V, vol. 7, 1898, pp. 227-234. 56 F. TOCCO, Sugli Studi Lucreziani del Prof. Giussani, cit., p. 227. 57 Allo stesso esempio ricorre anche il Valmaggi: cf. supra. 164 enRico RennA esplicato la dottrina di Democrito, trovando quel ponte tra la caduta degli atomi e le plagae, i loro urti, sfuggito a Democrito: «perché il mondo sia» sono parole di Giussani -, «è necessario che la linea di caduta degli atomi non sia assolutamente verticale». Tocco avanza dubbi in proposito ed opina che per lo stesso Giussani non tutte le difficoltà aristoteliche sarebbero state rimosse per mezzo del clinamen, ma non ha dubbi sulla connessione tra la dottrina del clinamen e quella della libertà del volere, come ce la presenta Lucrezio. Nello studio relativo alla psicologia epicurea, Giussani «sostiene e con buone ragioni» che la quarta natura va tenuta distinta dall’animus, in quanto è frammista per tutto il corpo agli altri tre elementi che compongono l’anima. Il Tocco riporta la bella immagine cui ricorre il Giussani per l’anima «diffusa a modo di nebulosa per tutto il corpo». Alla teologia epicurea, che relega gli dèi negli intermundia – gli «spazi fra i mondi», secondo la resa ciceroniana dei µετακοv σµια di Epicuro – e nega che essi si occupino di noi, è dedicato un altro studio di Giussani. «Come poi accada che questa noncuranza non la spingano fino al punto da non mandarci nei sogni degl’idoli di se stessi, né Epicuro ce lo dice, né il Giussani s’è ingegnato d’indovinare». Nell’ultimo studio, sull’origine del linguaggio, Giussani confronta il Cratilo di Platone con la Lettera ad Erodoto §§ 75,76 (Lucrezio V 1026-1088). Il Giussani esclude che in Epicuro si possa parlare di una storia del linguaggio, con lenta, ma ininterrotta evoluzione: il materiale del linguaggio si è formato in modo spontaneo (φυv σει), ma fu il comune e tacito accordo (θεv σει) a dare significazione al materiale linguistico adoperato. In seguito, secondo la ricostruzione di Giussani, citata da Tocco, «impegnatasi la discussione soltanto sul punto fondamentale, e anche principalissimo, se il linguaggio sia φυv σει o θεv σει si dimenticò il secondo stadio descritto da Epicuro, e questi non apparve che come sostenitore dell’origine naturale del linguaggio. Perduti di vista i confini, si esagerò la dottrina di Epicuro, fino a renderla ridicola facendogli dire che come si morde, si starnutisce, si danno calci, si geme, così si parla». Ettore Romagnoli È risaputo che la recensione di Romagnoli60 al Lucrezio del Giussani as58 F. TOCCO, Sugli Studi Lucreziani del Prof. Giussani, cit., p. 228. F. TOCCO, Sugli Studi Lucreziani del Prof. Giussani, cit., p. 229. 60 Cf. E. ROMAGNOLI, Rassegna classica. Carlo Giussani, T. Lucreti Cari De rerum natura. Revisione del testo, commento e studi introduttivi, Torino, Loescher, «Rivista d’Italia» III (1898), pp. 545-549. La Rassegna si apre con la recensione propriamente detta al Gius59 il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 165 sunse nel tempo una portata che andò ben al di là di una franca valutazione dei pregi (numerosi) e dei difetti (uno soltanto, in particolare) del lavoro del critico milanese, al punto che una parte della stessa recensione, estrapolata con il titolo «I sassolini», andò a comporre il mosaico dei capitoli in cui furono organizzate le Vigilie italiche61, uno dei volumi, per mezzo dei quali Romagnoli, diventò l’alfiere della rivolta antigermanica62 in Italia, nel clima della prima guerra mondiale63, galvanizzato anche da prese di posizione nazionalistiche. Il recensore sottolinea, in apertura, i meriti del lavoro: «Per opera del Giussani abbiamo finalmente un’edizione di Lucrezio veramente degna delle gloriose tradizioni nostre umanistiche; un’edizione che per la misura e la squisitezza della dottrina e innanzi tutto per il pregio letterario, supera rispettivamente quelle, pur dottissime e pregevoli, del Lachmann, del Munro, del Bernays. Gli studiosi debbono grande riconoscenza al dotto filologo che con assidua fatica e vivo amore ha diradate tante delle nubi che avvolgono il meraviglioso poema della natura; e tutti gl’Italiani possono andar fieri che fra gli sterpi della moderna, troppo spesso così disutile erudizione, maturino nel loro paese frutti di così grato sapore. Il lavoro del Giussani induce fin dalle prime pagine, al raccoglimento e all’ammirazione. Tutto, in quest’opera lungamente elaborata e fortemente pensata, è del pari preciso, sensato, profondo. L’autore si dimostra ugualmente padrone di ogni ramo della scienza dell’antichità, maestro in ogni bisogna filologica, dalle più pazienti alle più elevate, sicurissimo intenditore della moderna scienza filosofica, di cui opportunamente si serve per gittare vivi lumi sulle antiche dottrine. Sia ch’egli esponga proprie idee, sia che vagli o combatta le altrui, siamo quasi sempre costretti ad accettare le sue conclusioni ed a schierarci con lui. Insomma, ci troviamo dinanzi a un maestro che c’intrattiene di un argomento favorito ed approfondito; e a noi non rimane che ascoltare attentamente la sua savia parola»64. La sani (pp. 545-549), per continuare con l’esame de Le odi e i frammenti di Bacchilide, curati da Nicola Festa e di altre cinque pubblicazioni (cf. pp. 549-555). 61 Milano, s.d., ma 1917. Il librettino apparve dopo l’uscita, nello stesso anno, del volume polemico Minerva e lo scimmione. 62 Cf. G.D. BALDI, Fraccaroli, Romagnoli, l’antifilologia e la polemica con Girolamo Vitelli in La Letteratura degli Italiani. Rotte confini passaggi (Associazione degli Italianisti XIV Congresso Nazionale Genova, 15-18 settembre 2010), DIRAS, Università degli Studi di Genova 2012, pp. 1-10 dell’articolo in redazione elettronica. 63 Sulla polemica tra Romagnoli e Vitelli si è soffermato M. CAPASSO, Uomini e papiri nella prima guerra mondiale nel vol. Sulle orme degli Antichi. Scritti di filologia e di storia della tradizione classica offerti a Salvatore Cerasuolo a cura di Mario Capasso, Lecce 2016, pp. 135-162, spec. p. 145 s., il quale cita un’importante lettera di Vitelli ad Evaristo Brec- 166 enRico RennA recensione prosegue con la rapida illustrazione del sistema filosofico di Epicuro nell’ambito dello sviluppo del pensiero greco, sulla scorta di una rapida rassegna degli Studi lucreziani. L’apprezzamento, però, per il commento «eminentemente esegetico e rifuggente dagli emendamenti (in idioma filologico; ma più spesso sono sconci) al testo», offre il destro a Romagnoli per una boutade sui «tanti scienziati, specialmente d’Alemagna», adusi a ricorrere agli emendamenti, pur di «sottrarsi alla tortura di intensamente acuire il pensiero sui luoghi più ardui». La polemica riaffiora un po’ più avanti, a proposito del rilievo critico più notevole all’edizione giussaniana, espresso con le parole seguenti: «Ma, se mi permette il Giussani questa franca osservazione, si rimane un po’ col desiderio di udire ancora un così autorevole intenditore approfondire le “bellezze” del poeta da lui commentato». Romagnoli ribadisce l’importanza di un approccio estetico (anche se non nasconde i pericoli di un «dilettantismo estetico») ad un poeta antico come Lucrezio, anche per sfatare luoghi comuni di tipo manualistico come la presenza di «fulgidi lampi di poesia», ad onta di «un così sterile argomento»; in ogni caso, «un poeta non s’illustra a furia di date e di ricerche critico-linguistiche». Romagnoli va avanti stigmatizzando lo sterile accumularsi di ricerche soprattutto biografiche per gettare luce sulla vita di Lucrezio: ricorre all’immagine, divenuta presto abusata, dei “sassolini” accumulati, in equilibrio precario ed instabile, a formare – altra metafora – il grande edificio della scienza: «Nello studiare il lavoro del Giussani ho notato, senza troppa sorpresa, come l’autore abbia ricavato in genere poco profitto dalla straordinaria quantità di minute ricerche biografiche, critiche ecc., che negli ultimi anni si sono venute addensando, come intorno ad ogni classico, anche intorno a Lucrezio. Sulla follia di Lucrezio, sul filtro d’amore, sul suicidio, si sono scritti addirittura volumi, e non esili: e il Giussani è dovuto pur tornare alle poche righe di Eusebio e di Donato. Parimenti nella critica del testo, delle già sopra laudate emendazioni, – quanta carta e quanto inchiostro! – non si è potuto servire che assai di rado, e, quando troppo autorevoli, ha dovuto consumar tempo a ribatterle; e via dicendo. Certo se molti – mi s’intenda con un po’ di discrezione: non dico davvero tutti – se molti di quegli studi non ci fossero stati, il lavoro del Giussani non sarebbe stato impedito né inceppato: anzi! Così s’è ribadita nella mia mente l’idea che tutti quei sassolini – è la metafora di moda – portati da ogni umile e modesto lavoratore al famoso edificio della scienza, non servano per la maggior parte che ad imbrogliare il passo e a farsi sgretolare quando arriva l’architetto»65. cia, dell’8 aprile del 1917, in cui l’avversario, il Romagnoli, è definito come il «gran poeta Aristofaneo», corifeo di «questa schiera di farfallini». 64 Cf. E. ROMAGNOLI, Rassegna classica, cit., p. 545. il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 167 Le recensioni degli stranieri all’edizione giussaniana: Adolph Brieger, Richard Heinze, James Duff Duff Adolph Brieger Lo studioso di Halle, impegnato nella realizzazione della sua edizione critica di Lucrezio per la collezione teubneriana del 1894 – cui, come si è avuto modo di dire, in precedenza, sarebbe seguita per gli stessi tipi l’ editio stereotypa emendatior del 1899 –, curò una serrata rassegna bibliografica della letteratura lucreziana specialistica pubblicata in quegli anni66, recensendo, come si è visto, i lavori singoli di Giussani67, apparsi nei «Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere». Brieger iniziò altresì a rispondere alle obiezioni sollevate da Giussani e diede ulteriore spazio, nella rassegna successiva dei «Bursians Jahresberichte»68, ad una puntuale discussione, libro per libro e verso per verso, del De rerum natura, su una miriade di luoghi, in risposta al classicista milanese. Si tratta di densi contributi critico-testuali, che discutono e confutano, il più delle volte, le scelte della Lucrezausgabe di Giussani che pure è ritenuta, tra i numerosi lavori critici ed esegetici apparsi negli anni 1896-1898 in Germania, Italia, Inghilterra, Olanda e Svezia, come la bedeutendste Leistung. I rilievi del Brieger rivestono maggiore importanza nel campo della filologia lucreziana che non in quello della storia degli studi classici. 65 Cf. E. ROMAGNOLI, Rassegna classica, cit., p. 549. Subito dopo, nel recensire l’edizione bacchilidea di Nicola Festa, il Romagnoli rinvia espressamente alla prefazione del giovane filologo, già alunno del Pascoli, per «l’opinione precisamente opposta» alla sua, in merito ai sassolini. Sulla teorica dei sassolini, a proposito dell’edizione Giussani e della recensione di Romagnoli, è intervenuto, con lucida penetrazione ricostruttiva di umori e di istanze contrapposte, P. TREVES, Rassegna classica, cit., p. XXXVII: «Quand’uscì per i tipi finora molto e troppo germanicizzanti del Loescher il commento lucreziano del Giussani, l’aria era già mutata; e un recensente, che in questo nostro Novecento avrebbe fatto gran chiasso con le sue polemiche nazionalistiche, anti-filologiche, anti-vitelliane ed anti-crociane, irrideva ilare e giocondo alla teorica dei sassolini, pazientemente accumulati dai singoli nell’attesa che venisse “quandochessia” il sospirato artefice della sintesi. Ebbene, la teorica dei sassolini, quando così ne scriveva Ettore Romagnoli, aveva già dato il meglio, o il peggio, di sé con la cosiddetta Storia del Pais». 66 Cf. BRIEGER 1897. 67 Cf. supra, n. 26. 68 A. BRIEGER, Bericht über die Lucrezlitteratur, die Jahre 1896-1898 umfassend, von Dr. Adolf Brieger in Halle, «Jahresbericht über die Fortschritte der Classischen Altertumswissenschaft», CV Band, XXVIII Jahrgang 1900, (1901), pp. 1-53; ID., Bericht über die Lucrezlitteratur, die Jahre 1899-1900 umfassend, von Dr. Adolf Brieger in Halle, «Jahresbericht 168 enRico RennA Più agile replica alle questioni sollevate dal Giussani, in forma di recensione alla sua edizione, Brieger fornì in due riprese sulla «Berliner Philologische Wochenschrift»69. Richard Heinze Heinze nell’aprile 1898 pubblicò la sua puntuale recensione ai primi due volumi di Giussani70, prendendo le mosse da un riconoscimento e contrario: l’edizione, nata, come afferma Giussani, affinché «non apparisse fatta per i filologi, ma per il pubblico colto e studioso in generale»71, ha disatteso, per Heinze, il suo proposito, perché «se il pubblico colto e studioso in generale ci ha forse rimesso, ne hanno guadagnato, in compenso, i filologi ed i filosofi»72, andando ben oltre le intenzioni dell’Autore. A tal proposito, il recensore rileva come Giussani non si sia astenuto dall’affrontare i problemi più difficili, dimostrando acume straordinario e vigore filosofico («außerordentlicher Scharfsinn und Energie des Denkens»)73 congiunti ad una benefica passione per la materia. Heinze esclude dalla sua indagine alcuni degli Studi lucreziani: si tratta dello Studio II (Inane), V (I quattro elementi nella polemica Lucreziana), VIII (Animi iniectus e εj πιβολη;τη' ς διανοιv ας), X (Postilla Lucreziana, su III 198-827) e XII (L’origine del linguaggio), per concentrare la propria attenzione sugli altri. Esamina, pertanto, lo Studio I (Osservazioni a qualche fonte di Lucrezio) in cui rileva delle contraddizioni per quanto riguarda il lascito letterario di Epicuro: per le κυv ριαι δοv ξαι74, ad esempio, da Usener ritenute non autentiche, il Gius- über die Fortschritte der Classischen Altertumswissenschaft», CIX Band, XXIX Jahrgang 1901, (1902), pp. 145-161. 69 Rispettivamente, «Berliner Philologische Wochenschrift» XVIII, 10 (1898), pp. 295-303 (= recensione ai volumi secondo e terzo del commento giussaniano ai primi quattro libri del De rerum natura) e «Berliner Philologische Wochenschrift» XIX, 16 (1899), pp. 489-491 (= recensione al quarto volume del commento giussaniano agli ultimi due libri del De rerum natura). 70 T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani. Vol. I Studi lucreziani. Vol. II Libro I e II. Torino, Ermanno Loescher, 1896. (Collezione di classici greci e latini con note italiane), «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), pp. 257-279. 71 GIUSSANI 1896, Prefazione, p. V. 72 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 257. 73 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., ibid. il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 169 sani ritrova una prova del fatto che siano di Epicuro nella circostanza che esse sono citate in uno scritto morale, l’Ethica Comparetti75, anch’esso attribuito ad Epicuro da Giussani (di nuovo in disaccordo con l’Usener) nel solco del Comparetti76. Ma argomenta Heinze: «l’Autore [dell’Ethica Comparetti] cita le κυv ριαι δοv ξαι: non è dunque Epicuro, se le κυv ριαι δοv ξαι in primo luogo sono postepicuree; ma se appartengono ad Epicuro, allora la stessa cosa non deve valere per il frammento [dell’Ethica]»77. Heinze, poi, non ascrive all’autore, come Giussani, bensì alla tradizione, la causa dell’ordine completamente arbitrario e senza criterio in cui sono presentate le κυv ριαι δοv ξαι. Si passa, poi, ad esaminare lo stato in cui ci è giunta la Lettera ad Erodoto: «Già Brieger aveva tentato di indicare “difetti di composizione e disposizione” nella Lettera ad Erodoto». Giussani si spinge molto più oltre, ma mentre Brieger era propenso ad addossare la colpa alla punibile distrazione e superficialità del “troppo fertile scrittore del Gargetto”, a parere di Giussani ciò supera tutti i confini della credibilità: anche qui per lui è il “caso” che ha gettato in grande disordine i paragrafi della Lettera, in origine ben disposti ed ha escluso brani anche abbastanza estesi»78. Giussani con onestà ed audacia, nel contempo, ha cercato di ricostruire l’ordine originario della Lettera, ma sui limiti di questo tentativo, pesa, soprattutto, secondo Heinze, la presunta suddivisione della dottrina atomistica in cinque sezioni se- 74 «Ratae sententiae le chiama Cicerone, e sententiae selectae l’Usener»: GIUSSANI 1896, p. XXIX. 75 Si tratta del PHerc. 1251 su cui cf. G. INDELLI - V. TSOUNA [Philodemus], (On Choices and Avoidances), Ed., trad. e comm., Napoli 1995. Sulla figura di Domenico Comparetti e sulla sua poliedrica attività di studioso del mondo antico informa il vol. Domenico Comparetti 18351927. Convegno Internazionale di Studi. Napoli - Santa Maria Capua Vetere 6-8 giugno 2002 a cura di Salvatore CERASUOLO, Maria Luisa CHIRICO, Teresa CIRILLO, Napoli 2006. In particolare, sull’interesse del Comparetti per il PHerc. 1251, contenente un testo di etica epicurea, la cui paternità di Epicuro è da escludere per motivi di ordine linguistico, cf. il saggio, ivi contenuto, di G. INDELLI, Domenico Comparetti editore del PHerc. 1251, pp. 121-129. 76 Cf. GIUSSANI 1896, p. XXXIII, n. 1. 77 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 258. 78 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., pp. 258-259. Il punto della situazione, dopo l’analisi accurata della struttura della Lettera, è stato tracciato da Graziano Arrighetti: «Insomma i motivi per cui Giussani trovava l’epistola in disordine a ben guardare non paiono fondati. Con ciò, intendiamoci, non si vuol dire che in essa lo svolgimento della trattazione sia quanto di meglio si possa immaginare, ma soltanto che permette di essere capito, e che lo si può accettare così com’è, in quanto vi si riconoscono dei precisi criteri di ordinamento, senza invocare la trascuratezza di Epicuro, o errori dei copisti, o ipotizzare un numero originario ampliato da successivi Nächtrage. Se poi si vuol procedere oltre e chiedersi il perché di questo ordinamento, allora è chiaro che una risposta può aversi 170 enRico RennA parate. Il recensore ricorda che «Epicuro non ha scritto per noi, costretti ad apprendere dalla lettera tant bien que mal la filosofia di Epicuro»79, sottolineando, dopo un’analitica discussione, che «nella parte della lettera di cui si è discusso finora non mancano né la coesione né la successione logica»80. Heinze affronta, poi, un argomento molto caro a Giussani, quello della µεγαv λη εj πιτοµηvda lui concepita come “Hauptquelle” di Lucrezio. Le obiezioni mosse dal critico riguardano la nostra scarsa conoscenza sia della µεγαv λη εj pιτοµηvsia della µικρα; εj πιτοµηv , «che Giussani identifica erroneamente con la Lettera ad Erodoto: cf. Usener, pp. 99 s.». Allo Studio III sui συµβεβηκοv τα e συµπτωv µατα, coniuncta ed eventa, Heinze riconosce un «effettivo progresso»81, come pure lo Studio IV Atomia cap. II, «contribuisce al progresso della dottrina epicurea, assai difficile, degli εj λαv χιστα», in una sezione tra le più complesse, anche se l’ interpretazione giussaniana della teoria, almeno in un punto, si spinge al di là di quanto le fonti a nostra disposizione consentono di affermare82. Mal riuscito, a giudizio di Heinze, che concorda con Brieger, è lo Studio VI Cinetica Epicurea: «Giussani tenta di mostrare che la velocità del moto atomico, persino nelle συγκριv σεις, è uguale sempre e dappertutto; che la lentezza del moto, che noi percepiamo, è attribuita da Epicuro alle αj ντικοπαι;degli atomi all’interno dell’α“θροισµα e che Epicuro intende dire soltanto interna vibrazione, quando parla di αj ντικοπη;in riferimento al moto di un corpo (non atomo)»83. Quanto allo Studio VII, dedicato a clinamen e voluntas, nota Heinze, lo studioso milanese «ha respinto il tentativo di Brieger di scuotere la connessione, esplicitamente testimoniata da Lucrezio, Cicerone, Plutarco, tra ε“κκλισις degli atomi e il libero arbitrio»84. Piena convergenza, raggiunta indipendentemente dai due stu- solo da un confronto con l’opera dalla quale l’Epistola a Erodoto deriva, cioè il Περι;φυv σεως»: G. ARRIGHETTI, Epicuro.Opere, Torino 1973², p. 720 s. 79 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 259. L’opinione analoga è sostenuta, con ulteriore approfondimento, da E. BIGNONE, Epicuro. Opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita tradotti con introduzione e commento, Bari 1920, p. 34, n. 1. 80 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 260. 81 Cf. R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 261. 82 Cf. R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., p. 262. In ο“γκος Heinze non ravvisa un terminus technicus, ma «soltanto una quantità di materia, la cui grandezza è assolutamente indefinita»: ibid., p. 263. 83 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., pp. 263-264. Heinze concorda con Giussani nel trovare utilizzata presso Lucrezio (II 150 ss.: i versi sono relativi al cammino della luce) questa interna αj ντικοπηv ». 84 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 171 diosi85, Heinze registra in tema di psicologia epicurea, al punto che, dopo l’introduzione al commento da lui edito del III libro, ritiene di non dover recensire lo Studio IX Psicologia Epicurea. Nello Studio XI, invece, Giussani, dopo le ricerche di W. Scott, affronta la dottrina di Epicuro sugli dèi e sull’isonomia, basata sull’interpretazione dello scolio a Diogene Laerzio 10,139 (= Ratae Sententiae 139) e di un famoso luogo di Cicerone (De nat. deor. I 49): per Heinze risulta inammissibile mettere in accordo, attraverso emendamenti, le due fonti antiche, che vanno lette così come sono scritte: esse contengono un errore (la distinzione di due tipi divini), che è confutata non soltanto da Cicerone, bensì anche da altre dichiarazioni epicuree. «La trattazione della ιj σονοµιv α che Giussani, con Hirzel, trova giustamente toccata anche presso Lucrezio (specialmente II 294 ss., 532 ss.), va oltre le cose dette da Scott; nel tentativo di spiegare l’immortalità degli dèi l’acume pieno di fantasia dell’Autore si mostra dal lato migliore»86. James Duff Duff Lo studioso inglese, già autore di un commento al V libro di Lucrezio87, nella sua recensione critica88 all’edizione del Giussani, opera alcuni rilievi, che tendono, da un lato, a ribadire, in chiave campanilistica, l’importanza dell’edizione del Munro e del suo metodo critico, dall’altro a correggere alcune impostazioni di fondo del Giussani. Duff individua una forte differenziazione tra la nuova scuola, quella di Brieger, cui si rifà Giussani, e la vecchia scuola, rappresentata da Lachmann, Bernays e Munro. I primi tengono per fermi due principi: 1) per una corretta interpretazione di Lucrezio è essenziale stabilire il significato dei resti degli scritti autentici di Epicuro; p. 266. È preferibile la grafia ε“ γκλισις. 85 Un raffronto tra Giussani e Brieger è istituito anche da Alfred Koerte (cf. A. KOERTE, T. Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Revisione del testo, commento e studi introduttivi di Carlo Giussani. Vol. I (LXXXII u. 284 S.): Studi Lucreziani; Vol. II (XI u. 297 S.): libro I e II. Turin, Loescher, 1896. 8°, «Deutsche Literaturzeitung für Kritik der internationalen Wissenschaft», 46, 1897, p. 1816), il quale, dopo aver notato che nella costituzione del testo Giussani segue il metodo di Brieger, ma nel concepire interpolazioni dal Poeta stesso va ancora di più frenato rispetto al Brieger, non sottace i meriti acquisiti da entrambi nella comprensione della teoria filosofica di Lucrezio, ma rivendica che Lucrezio non è soltanto un filosofo, bensì anzitutto un poeta («Lucrez nicht nur Philosoph, sondern vor allem Dichter ist»). 86 R. HEINZE, «Göttingische gelehrte Anzeigen» 160. Jahrgang. Erster Band (1898), cit., pp. 267 s. 87 Cf. J.D. DUFF, T. Lucreti Cari De rerum natura Liber quintus, Cambridge 1889. Seguiranno 172 enRico RennA 2) il poema di Lucrezio fu pubblicato dopo la sua morte in uno stato più imperfetto di quanto supposto da Lachmann. Gli studiosi della nuova scuola, cui si rimprovera di parlare come se lo studio di Epicuro avesse avuto inizio con essi (troppo in ombra appare il contributo critico di Bernays e di Munro, per non parlare degli Epicurea di Hermann Usener), da un lato, sono parchi di correzioni verbali, mentre abbondano nel segnare lacunae89, dall’altro, procedono a trasporre paragrafi, ad indicare con vari espedienti tipografici doppie recensioni ed altre indicazioni di incompletezza nel poema90. Nel fare ciò, Giussani mostra più tatto e discrezione di Brieger, ma Duff non concorda con l’affermazione di Giussani, secondo la quale l’edizione di Brieger sarebbe più conservativa di quella del Munro – mentre Giussani stesso ritiene la propria edizione più conservativa di quella di Brieger –, e conclude, dati alla mano91, che «it appears that Giussani and Munro are about equally conservative, while Brieger, compared with either of them, is revolutionary»92. Sul lavoro del Giussani, equiparato per formato ed aspetto alla serie dei classici Weidmann e lodato per il commento93, in grado di fornire in molti luoghi un supplemento, in pochi una correzione all’edizione di Munro, pesa la taccia di prolissità94, con un sovraccarico di informazione, che rischia di mettere a dura prova la pazienza del lettore95. Riserve sono espresse per le attitudini filolo- a questo altri due commenti, al libro III (1903) e al libro I (1922), editi sempre a Cambridge. 88 Cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, «The Classical Review» XIII (1899), pp. 169-171. 89 Il Lachmann ne riconobbe 8, il Bernays 16, il Munro 29, mentre il Brieger non meno di 70: cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 169. 90 Il recensore registra qualche reazione in Germania contro questo metodo di trattare il testo di Lucrezio: cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 171. 91 Cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 170. 92 Cf. ibid. Il Duff vi approva la difesa del testo operata da Giussani in molti casi, come possint (I 566), avidam (v. 201), queat (v. 545), lidebant (v. 1001). 93 «The Commentary is probably the most voluminous ever written on Lucretius»: ibid. 94 Si ricorda che il commento a Lucr. II 757-794 è sbrigato da Housman («Journal of Philology» XXV, p. 236) in 20 righe, laddove il Giussani necessita per dire le stesse cose di non meno di 120 righe in carattere minuto. 95 Tanto più che al lettore, incalza il filologo inglese, il Giussani, bene informato di tutta la letteratura specifica in tedesco, francese o inglese, non risparmia di menzionare nessuna teoria per quanto assurda: cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 170. Eppure il Giussani aveva rimproverato di prolissità il Lachmann e il Munro: cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 169. Il critico anglosassone non manca di rilevare, inoltre, errori nel testo e refusi nelle note, soprattutto nelle parole in greco. 96 Egli propone pochissimi emendamenti propri e spesso si accontenta di mantenere le letture dei manoscritti, abbandonate da altri: cf. J. D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 170. A tal riguardo, Duff, ibid., soggiunge: «deve essere notato che i versi rifiutati come interpolati il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 173 giche di Giussani, il quale pur non essendo imperitissimus96 non appare a proprio agio, come già Brieger, con gli aspetti prosodici della lingua latina. Dell’opera di Giussani è apprezzato soprattutto il primo volume, gli Studi lucreziani, mentre sono citate come esempio di note esemplari, quelle a I 467 e a V 1186-1193, che testimoniano la sua capacità di affrontare le reali difficoltà del testo lucreziano e il suo intenso apprezzamento della poetry97. Alcuni anni dopo, Duff, nel recensire per «The Classical Quarterly»98, il Lucretius di W. A. Merrill, effettuò non solo una sorta di palinodia, ma intonò addirittura un peana all’edizione di Giussani, richiamata, positivamente, come costante pietra di paragone, rispetto alle riserve ed ai rilievi severi pronunciati all’indirizzo del filologo statunitense. In apertura, nel riportare l’intento del Merrill che fu quello di sintetizzare i risultati del lavoro critico a partire dal 1886 (la data dell’ultima edizione del Munro), Duff soggiunge: «L’edizione di Giussani, come afferma il professor Merrill, è indispensabile. Si può dire di più: se uno studioso si è impadronito di Munro o di Giussani, egli si trova realmente nella condizione di capire ciò che ora si è compreso su Lucrezio e non importa molto se tralascia di leggere tutto il resto. Se questo è vero, un’edizione come quella presente, che non offre una soluzione originale del problema, deve stare in piedi o cadere secondo l’uso fatto dei praeclara reperta di Giussani». La stessa introduzione (pp. 11-56) di Merrill, pur affrontando varie questioni, «in nessun modo è un surrogato dell’introduzione del Munro o del volume introduttivo del Giussani». Merrill, nel riportare le opinioni dei differenti filologi (ne affastella ben dieci, come nel caso di De rer. nat. I 551), senza un preventivo lavoro prioritario di cernita, a beneficio del lettore, che conduca ad isolare il punto di vista più probante – argomenta il Duff – sembra redigere piuttosto uno Jahresbericht che non un commento. «Qui, come altrove, Giussani opera in modo diverso: egli addita chiaramente tutte le difficoltà, passa brevemente in rassegna le conclusioni degli altri filologi, e poi formula una proposta del tutto propria. Si possono accogliere come non accogliere le sue conclusioni; ma si deve riconoscere almeno l’intuito con cui egli coglie da Lachmann e da altri qua e là nel testo, in quanto commenti di un lector philosophus, ex. gr. I 334 e 454, sono ripristinati da Giussani, nella scia di Brieger». 97 Cf. J.D. DUFF, Giussani’s Lucretius, cit., p. 171: «it grapples honestly with real difficulties, and it shows everywhere a keen appreciation of poetry». 98 Cf. J.D. DUFF, W. A. Merrill’s Lucretius, «The Classical Quarterly» II (1908), pp. 220222. Appartiene allo stesso anno l’Introduction al volume di H.A.J. MUNRO, On the nature of things, London, in cui il Duff, misurando il cammino compiuto nello studio del poema lucreziano, ribadisce l’elogio del lavoro giussaniano, affermando (p. XVI): «Much has since been 174 enRico RennA al volo i punti reali di un problema e la potenza con cui se ne occupa». Anche nella discussione dell’esistenza del tempus (I 450) Merrill, dopo una nota dispersiva, non desume da Giussani nessuno spunto positivo per quanto riguarda la teoria di coniuncta ed eventa con cui il filologo milanese dà una risposta al tema. «La teoria del Giussani non è stata accettata da tutti; ma egli tiene il campo e nessun editore dovrebbe passare ciò sotto silenzio». La segnalazione di un’altra sfasatura (un’informazione accessoria sulla ricorrenza numerica di per in Lucrezio) fa dire a Duff che, invece, nulla ci è detto del doppio senso di inane, che «fu spiegato in modo eccellente da Giussani». Al termine dell’articolo lo studioso procede ad una netta stroncatura dell’edizione di Merrill e ad un’altrettanto aperta esaltazione del lavoro critico del Giussani: «In conclusione, si deve dire che questo libro è di scarso pregio per coloro che desiderano conoscere cosa significò realmente Lucrezio. Per tali studiosi una traduzione completa del Commento del Giussani con i suoi Studi Lucreziani e le Note Lucreziane costituirebbe un vantaggio di gran lunga più notevole». *** Avviandoci alla conclusione, dal quadro articolato delle recensioni ottocentesche sul “Lucrezio” di Giussani è emerso il riconoscimento da parte degli studiosi coevi dell’indubbio valore di tale edizione, individuato, soprattutto, nello sforzo costante di ricostruire il pensiero di Lucrezio, un aspetto questo, che è stato ribadito, a più riprese, nel corso del Novecento. Non è questa la sede per passare in rassegna quanto dell’esegesi lucreziana compiuta da Giussani, ivi comprese le implicazioni con il pensiero di Epicuro, sia confluito, tra consenso e dissenso, negli studi specifici e nelle edizioni successive del De rerum natura. In tale direzione, vorremmo fare soltanto due esempi della fortuna del “Lucrezio” giussaniano presso due illustri studiosi del poeta del De rerum natura, Ettore Bignone e Cyril Bailey. Ettore Bignone, un grande maestro di filologia99, nel II volume della sua done, both for the criticism and explanation of the poem, especially by Carlo Giussani, an Italian scholar, whose name will rank with those of Lachmann, Bernays, and Munro». 99 «È noto che, quando Firenze nel 1925 chiamò il Bignone, che da tre anni insegnava a Palermo, il Wilamowitz scrisse in una lettera al Pasquali che Firenze si era così assicurata il primato nell’insegnamento della filologia»: V.E. ALFIERI, “Presentazione” alla 2ª ed. di E. BIGNONE, L’Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, vol. I, Firenze 1973 (1936¹), p. X. 100 Cf. E. BIGNONE, Storia della letteratura Latina, vol. II (La prosa romana sino all’età di Cesare. il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 175 Storia della letteratura latina100, una vera e propria monografia, dissimulata, su Lucrezio, non esita a definire Giussani «uno dei maggiori studiosi della filosofia e del poema di Lucrezio», citando per esteso due passi dagli Studi lucreziani101, ed il nome di Giussani compare altre quattro volte: a p. 192102, a p. 270103, 319 n. 1104, 456105. Il dialogo a distanza tra i due studiosi era iniziato molti anni prima, nel segno di Epicuro: è infatti nel volume laterziano della Collana “Filosofi antichi e medievali a cura di G. Gentile”106 che il Bignone ha modo di lodare e citare assai spesso l’opera di Carlo Giussani. Un altrettanto ampio utilizzo dei lavori lucreziani di Carlo Giussani emerge dalla classica ricerca di Bignone, L’Aristotele perduto e la formazione filosofica di Epicuro, «un’opera capitale per la storia della filosofia antica e in Lucilio, Lucrezio, Catullo), Firenze 1945, p. 181. Già nella voce «Lucrezio» (cf. Enciclopedia Italiana XXI, 1934, p. 592) il Bignone aveva espresso il seguente giudizio lusinghiero: «Grande valore, unanimemente riconosciuto, hanno gli Studi lucreziani e l’edizione con commento di C. Giussani (Torino 1896-98)». 101 Essi sono, rispettivamente, presi da p. XIII (« Se c’è cosa che colpisca, leggendo il poeta epicureo, è il contrasto tra il carattere del poeta e la dottrina di cui si è fatto apostolo») e da p. XXIII («La epicurea commedia della natura quasi diventa in Lucrezio una tragedia. Egli che canta il meno pessimista fra tutti gli antichi sistemi filosofici, ben di rado sorride; quasi sempre austero, spesso iroso, ci ricorda talora il pessimismo leopardiano»). Per questo presunto antagonismo tra il carattere di Lucrezio e quello di Epicuro, tra il «pessimismo leopardiano» di Lucrezio e l’ottimismo di Epicuro, fondato, essenzialmente, su De rer. nat. V 195 ss., cf. E. BIGNONE, L’Aristotele perduto, cit., II, p. 379 ss.: l’«amarissima invettiva contro la natura», che sembra contraddire al carattere della filosofia di Epicuro, è già nel maestro e si spiega con l’impeto vigoroso della polemica contro Aristotele, il quale aveva sostenuto la dottrina dell’eternità del mondo, costituito con perfettissima arte divina per il bene degli uomini. 102 A proposito del Regenbogen, che riproduce le stesse parole del Giussani («l’epicurea commedia della natura»), citate nella n. prec. 103 Il Bignone, diversamente da Giussani, ritiene che i vv. 1-25, con cui si apre il IV libro del De rerum natura, siano stati scritti per il proemio di questo libro e non già per il primo libro (dove si ripetono, con lievissime modificazioni, come vv. 926-950). 104 A proposito dell’isonomia epicurea e la dottrina della eternità degli dèì il rinvio è agli Studi lucreziani, p. 252 ss. 105 Nella Bibliografia è citata la prima edizione giussaniana (Torino 1896-98) e la seconda a cura dello Stampini (Torino 1921). Il Giussani figura anche in T. Lucrezio Caro, Il poema della natura. Passi scelti ed annotati a cura di E. Bignone e M.R. Posani, 1946¹ (1958¹³), p. 1 (Venere interpretata come potenza dell’amore), p. 19 (n. a De rer. nat. I 164: incertu partu: «cioè senza che si possa stabilire da quale animale ogni animale sia nato», p. 124 (n. a De rer. nat. V 953: res igni … tractare: « il Giussani interpreta “scaldarsi al fuoco”»). 106 Cf. Epicuro. Opere, frammenti, testimonianze sulla sua vita, cit. 176 enRico RennA generale per la cultura classica»107, che reca, in apertura del I vol., una triplice dedica ai grandi animatori degli studi epicurei nei secoli: Pietro Gassendi, Ermanno Usener, Carlo Giussani108. Cyril Bailey in Preface al I vol. dell’edizione commentata di Lucrezio cita l’opera di Giussani, con le seguenti parole: «Here I need only mention the epoch-macking edition of Lucretius by Carlo Giussani (1896-8)»109. In merito alla costituzione del testo, per il filologo inglese110, Giussani «employed transposition almost without limits», adoperando tale prassi come una sorta di “panacea” per sanare le ferite del testo lucreziano e addita un esempio eloquente di questa sua tendenza nel riordino dell’intera sezione del libro I, come 1-43, 62-79 * 136-45, 50-61, 80-102, 103-35, secondo le antiche vedute di Brieger (in «Philologus» 1866), accantonate, però, dal filologo tedesco nelle edizioni del 1894 e del 1909111. Ne discende, per conseguenza che «neither Brieger’s text nor Giussani’s could now be taken as representative of contemporary criticism»112. Incondizionata appare, invece, la lode di Giussani, interprete del pensiero 107 Sono parole di Vittorio Enzo Alfieri, tratte dalla “Presentazione” alla 2ª ed. di E. BIAristotele perduto, cit., I, p. VII. 108 «Alla memoria di PIETRO GASSENDI che con erudizione vastissima e intuito appassionato di filosofo la dottrina di Epicuro dall’oblio dei secoli ridestò - A reverente ricordo di ERMANNO USENER e CARLO GIUSSANI per esemplare dottrina acume probità degli studi epicurei e lucreziani maestri ammirevoli». La non casualità di questa triplice dedica è richiamata dal Bignone nel corso de L’Aristotele perduto, cit., II, p. 302. Tale dedica è ricordata anche da Treves (Lo studio dell’Antichità classica nell’Ottocento, cit., p. 1091, n.1, il quale, a proposito della rinascenza italiana degli studi epicurei, afferma che ad essi diede «coronamento scientifico, sul finire del secolo scorso, con la propria edizione c critica e commentata di Lucrezio, il milanese Carlo Giussani») e da Timpanaro (Il primo cinquantennio della “Rivista di Filologia e d’Istruzione classica”, cit., p. 435, n. 1). 109 Titi Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Edited with Prolegomena, Critical Apparatus, Translation, and Commentary by C. Bailey, volume I Prolegomena, Text and Critical Apparatus, Translation, Oxford 1947¹, p. VII. 110 Un severo giudizio sulle reali capacità filologiche del Bailey è stato espresso, però, da Enrico Flores (cf. Titus Lucretius Carus De rerum natura. Edizione critica con Introduzione e Versione a cura di E. FLORES, Napoli 2002, p. 9): «L’ed. del Bailey, che ha dominato in questo secolo, grazie alla potente organizzazione e distribuzione mondiale delle edizioni di Oxford, ha nelle sue versioni minor e maior il peggior apparato fra quante edizioni di Lucrezio sono uscite in questi ultimi cento anni, peggiore persino di quella dell’Ernout. Di quest’ultima ed. il Müller ha scritto con ironia che nelle sue dieci edizioni o ristampe, “nihil habet proprii praeter errores typographicos”». 111 Cf. Titi Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Edited with Prolegomena, Critical Apparatus, Translation, and Commentary by C. BAILEY, volume II, Commentary, Books I-III, Oxford 1947¹, p. 585. GNONE, il “lucRezio” di cARlo GiuSSAni nei Giudizi deGli StudioSi coevi 177 epicureo, nell’àmbito di un bilancio che Bailey traccia sull’apporto degli ultimi commentatori del De rerum natura: «Of recent writers I owe most to Lachmann and Munro for the wealth of Latin lore embodied in their notes; to Ernout for philological and grammatical comment; to Giussani for the elucidation, not always trustworthy but always stimulating, of the doctrine of Epicurus; and for the connexion of Epicurus’ doctrine with that of previous philosophers to Robin, to Pascal Book I, and in Book III to R. Heinze. Merrill’s edition is a valuable résumé of the views of other commentators, but is a little lacking in decision and originality»113. Napoli [email protected] 112 Titi Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Edited with Prolegomena, Critical Apparatus, Translation, and Commentary by C. BAILEY, volume II, cit., Oxford 1947¹, p. 586. 113 Titi Lucreti Cari De rerum natura libri sex. Edited with Prolegomena, Critical Apparatus, Translation, and Commentary by C. BAILEY, volume I, cit., Oxford 1947¹, p. VIII. Per restare nell’àmbito della valutazione degli studiosi anglosassoni recenti, è opinione di Joseph Farrell (cf. J. FARRELL, The architecture of the De rerum natura, in The Cambridge Companion to Lucretius (edd. S. Gillespie - P. Hardie) 2007, p. 77) «che Lucrezio abbia mutuato la struttura generale del De rerum natura direttamente dalle opere di Epicuro stesso: la maggior parte dei filologi del XIX secolo ha identificato il modello diretto nella Lettera ad Erodoto di Epicuro. In pratica, ogni argomento trattato nella lettera trova spazio nel De rerum natura». D’altra parte, secondo Sedley (cf. D. SEDLEY, Lucretius and the Transformation of Greek Wisdom, Cambridge 1998, p. 109), la Lettera ad Erodoto si presenta essa stessa come un’epitome dell’opera capitale di Epicuro Sulla natura. Il confronto con le parti superstiti nei papiri ercolanesi del Περι;φυv σεως di Epicuro permette di stabilire che Lucrezio, se assunse come modello diretto l’opera maggiore di Epicuro, nello strutturare il suo poema, ne avrebbe riordinato le sezioni «dramatically» proprio allo stesso modo che se il suo effettivo modello fosse stato costituito dalla Lettera ad Erodoto. Perde consistenza, pertanto, secondo Farrell, la suggestione che il modello di Lucrezio fosse rappresentato dalla Grande Epitome, un testo la cui esistenza si ricava da una triplice citazione negli Scholia alla Lettera ad Erodoto. Del pari criticata da Farrell è l’opinione di Giussani secondo la quale Lucrezio avrebbe seguito l’Epitome più strettamente di quanto non faccia con la Lettera ad Erodoto, giungendo a mettere in versi tale trattato e seguendone l’articolazione della materia e degli argomenti «as slavishly as possible». Per lo studioso ha più senso ipotizzare che Lucrezio sia partito da un testo, contenente un argomento della stessa forma di quello che ritroviamo, in sostanza, nel De rerum natura e che con libertà abbia poi riordinato la sequenza degli argomenti, eliminandone alcuni ed aggiungendo materiale da altre fonti111. Sul problema delle trasposizioni in Lucrezio è intervenuto David Butterfield (cf. Lucretius auctus? The question of interpolation in De rerum natura, nel vol. Fakes and Forgers of Classical Literature: Ergo decipiatur (Javier Martinez ed.), Leiden 2014, pp. 15-42), il quale precisa che «assai improbabile è l’opinione sostenuta dal secondo editore teubneriano di Lucrezio, Adolf Brieger (Leipzig 1894), il quale credette che quasi tutti questi passi furono scritti come Lucrezio si prefiggeva, ma essi furono ordinati in modo erroneo da una figura più tarda; come conseguenza lui e, in misura