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Canti all altalena e solchi all architrave

2018, Mathera Anno II n 5

Strange signs on top of the lintel of the doors in the old town of Matera are the result of the old game of the songs on the swing.

ISSN 2532-8190 80005 9 772532 819009 Editore: Associazione Culturale ANTROS - registrazione al tribunale di Matera n. 02 del 05-05-2017 - 21 set/20 dic 2018 - Anno II - n. 5 - € 7,50 Ius primae noctis un mito da sfatare Le cinte murarie dei Lucani in Basilicata 1 Infanticidi nel Materano fra Ottocento e Novecento MATHERA Il presente Pdf è la versione digitale in bassa risoluzione della pubblicazione cartacea della rivista Mathera. L’editore Antros rende liberamente disponibili in formato digitale tutti i contenuti della rivista, esattamente un anno dopo l’uscita. Sul sito www.rivistamathera.it potete consultare il database di tutti gli articoli pubblicati finora divisi per numero di uscita, autore e argomento trattato. Nello stesso sito è anche possibile abbonarsi alla rivista, consultare la rete dei rivenditori e acquistare la versione cartacea in arretrato, fino ad esaurimento scorte. Chi volesse disporre della versione ad alta risoluzione di questo pdf deve contattare l’editore scrivendo a: [email protected] specificando il contenuto desiderato e il motivo della richiesta. Indicazioni per le citazioni bibliografiche: Foschino, Canti all’altalena e solchi all’architrave, in "MATHERA", anno II n. 5, del 21 settembre 2018, pp. 136-143, Antros, Matera MATHERA Rivista trimestrale di storia e cultura del territorio Fondatori Raffaele Paolicelli e Francesco Foschino Anno II n.5 Periodo 21 settembre - 20 dicembre 2018 In distribuzione dal 21 settembre 2018 Il prossimo numero uscirà il 21 dicembre 2018 Registrazione Tribunale di Matera N. 02 DEL 05-05-2017 Il Centro Nazionale ISSN, con sede presso il CNR, ha attribuito alla rivista il codice ISSN 2532-8190 Editore Associazione Culturale ANTROS Via Bradano, 45 - 75100 Matera Direttore responsabile Pasquale Doria Redazione Sabrina Centonze, Francesco Foschino, Raffaele Paolicelli, Valentina Zattoni. Gruppo di studio Domenico Bennardi, Ettore Camarda, Olimpia Campitelli, Domenico Caragnano, Sabrina Centonze, Anna Chiara Contini, Gea De Leonardis, Franco Dell’Aquila, Pasquale Doria, Angelo Fontana, Francesco Foschino, Giuseppe Gambetta, Emanuele Giordano, Rocco Giove, Gianfranco Lionetti, Angelo Lospinuso, Mario Montemurro, Nunzia Nicoletti, Raffaele Paolicelli, Marco Pelosi, Giulia Perrino, Giuseppe Pupillo, Caterina Raimondi, Giovanni Ricciardi, Rosalinda Romanelli, Angelo Sarra, Giusy Schiuma, Nicola Taddonio. Progetto grafico e impaginazione Giuseppe Colucci Consulenza amministrativa Studio Associato Commercialisti Braico – Nicoletti Tutela legale e diritto d’autore Studio legale Vincenzo Vinciguerra Stampa Antezza Tipografi - via V. 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Le biografie di tutti gli autori sono su: www.rivistamathera.it Mathera viene resa liberamente disponibile online, in formato digitale, dodici mesi dopo l’uscita. MATHERA 3 SOMMARIO articoli - Pensare il territorio 7 Editoriale per non essere pensati da altri di Pasquale Doria nel Materano 8 L’infanticidio tra Ottocento e Novecento di Salvatore Longo 12 Cinte murarie della Basilicata e le fortune dei Lucani di Nicola Taddonio 21 Approfondimento: Le armi dei guerrieri: un indicatore archeologico dei cambiamenti della società lucana di Nicola Taddonio e nozze a Matera 24 Sponsali fra Cinquecento e Settecento di Giulio Mastrangelo Termini desueti riscontrati 30 Glossario: negli atti matrimoniali di Archivio di Giulio Mastrangelo romanici e perle di saggezza. 34 Gatti Un ricordo di Pina Belli D’Elia di Giulia Perrino 38 Il complesso rupestre di San Pellegrino in contrada Ofra a Matera rubriche 101 Grafi e Graffi Il ritratto di presenza nei graffiti materani 106 HistoryTelling Lo squarcio nel tempo di Sabrina Centonze di Gaetano Panetta 111 Voce di Popolo La leggenda del lupo mannaro 113 La penna nella roccia Gli aspetti geomorfologici della Cappadocia e del Materano: dati e considerazioni 118 Radici Il timo: una pianta nobile caduta in sinonimia di Domenico Bennardi e Gea De Leonardis di Federico Boenzi di Giuseppe Gambetta 124 Verba Volant Osservazioni sul lessico dialettale relativo alle denominazioni di alcune malattie 128 Scripta Manent Inedite spigolature d’archivio sulla città settecentesca 134 Echi Contadini La mammèrë 136 Piccole tracce, grandi storie Canti all’altalena e solchi all’architrave di Emanuele Giordano trascrizione di Roberto Acquasanta e Maria Emilia Serafino di Angelo Sarra di Francesco Foschino di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi Appendice: Casale dell’Ofra: storiografia, 50 toponomastica e fonti documentali 145 C’era una volta Rosario Dottorini “Così mi salvai il 21 settembre 1943” 148 Ars nova L’onirico tra favola e realtà nei dipinti di Mimmo Taccardi 152 Il Racconto “Illusione perduta” di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi 53 Approfondimento: La chiesa rupestre di San Pellegrino all’Ofra di Ettore Camarda di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi 56 di Simona Spinella fotografie di Federico Patellani per il film 62 Le “La Lupa” diretto da Alberto Lattuada Josè Garcia Ortega, un artista contro di Nunzia Nicoletti di Nicola Tarasco di Luciano Veglia e la fanciulla: la fine del Tramontano 66 Iltratiranno storia e folklore di Ettore Camarda 72 Approfondimento: Lo ius primae noctis, un mito da sfatare di Ettore Camarda masseria di San Francesco al Bradano: 74 La contesto geografico e toponomastico di Giuseppe Gambetta e Raffaele Paolicelli masseria di San Francesco al Bradano: 79 La evoluzione storica di Giuseppe Gambetta e Raffaele Paolicelli 88 Approfondimento: Quando l’acqua del fiume Bradano arrivò improvvisa e silenziosa di Giuseppe Gambetta 90 di Francesco Foschino Basilicata 94 Exploring Reportage di Gundolf Pfotenhauer Appendice: Lo stemma francescano In copertina: Parziale veduta notturna del casale rupestre dell’Ofra a Matera, foto di Rocco Giove. A pagina 3: Dettaglio della Madonna Glykophilousa o della tenerezza presso la chiesa rupestre di Madonna delle Tre Porte a Murgia Timone, Matera, XV sec, opera del Maestro del sepolcro di Martino Dechello (giá Maestro di Miglionico). Il Premio Antros, che presentiamo nella pagina seguente, adotterà il simbolo di un melograno. MATHERA 5 Piccole tracce, grandi storie Canti all’altalena e solchi all’architrave di Francesco Foschino Molti edifici nei rioni Sassi di Matera presentano sopra l’architrave della porta di ingresso una piccola finestra, utile sia a non far gravare tutto il peso della muratura sull’architrave stessa, che a fornire luce e aria all’ambiente interno. Tempo fa notai, osservandole con attenzione, che alcune architravi presentavano enigmatici solchi verticali, proprio in corrispondenza della piccola finestra. In alcuni casi questi solchi erano presenti anche sui grandi archi di ingresso alle tipiche corti. Ne riportiamo qui una selezione (Fig 1). I solchi, in alcuni casi solo accennati ma quasi sempre ben visibili, erano chiaramente stati erosi da un uso continuato e reiterato di una fune che gravava sull’architrave e passava dentro la finestra. Una fune, inoltre, non statica: solo in movimento avrebbe potuto segare l’architrave, procurando dei segni così profondi e netti. Perchè mai una fune in movimento doveva passare dentro la finestra, abbracciando l’architrave? Le vane ricerche di archivio mi spinsero a interrogare chi aveva abitato nei Sassi, senza successo alcuno: neanche chi aveva vissuto in quelle stesse case sapeva fornirmi una qualunque spiegazione. Le altalene La soluzione a questo piccolo enigma giunse inaspettata durante una visita all’amico Franco Di Benedetto, proprietario di una struttura ricettiva in Via San Gennaro, dove visse i suoi anni di infanzia. Una soluzione che ha poi aperto un inaspettato e ampio orizzonte a questa ricerca. Il grande arco di accesso alla proprietà (Riquadro 6 di Fig. 1) presenta netti e chiari i solchi verticali, così chiesi anche a lui se ne conoscesse l’origine. Si allontanò un attimo, e tornò con due fotografie d’epoca che ritraggono sua sorella Franca, e che qui mostriamo (Figg. 2 e 3). Era tutto molto più semplice del previsto, almeno apparentemente: erano i segni lasciati dal gioco dell’altalena. Si faceva passare una fune sull’arco (come in questo caso) oppure nella finestra sopra l’architrave, la si annodava, e tramite un sedile improvvisato oppure un semplice cuscino, ci si sedeva e ci si dondolava, preferibilmente con l’aiuto di un’altra persona. Il continuo 136 MATHERA Fig. 2 - Franca Di Benedetto si accinge a sistemare la fune sull’arco. Anno 1957 (Foto concessa da Franco Di Benedetto) movimento oscillatorio della fune dell’altalena, gravato del peso della persona seduta, aveva creato quei solchi. U tronto o trondl Potevamo dunque spiegare così la presenza di tutti i segni verticali presenti sulle architravi dei Sassi? La soluzione pareva plausibile, ma non del tutto convincente: interrogando gli ultimi abitanti dei Sassi prima dello sfollamento, questi riferivano come l’altalena fosse un gioco raro e prevalentemente per bambini, inoltre non conoscevano il termine in dialetto per l’altalena (se non una pronuncia dialettale del termine italiano) e molti avevano visto la loro prima altalena solo una volta trasferitisi nei nuovi quartieri dello sfollamento. Come Fig. 1 - Alcune delle architravi presenti nei Sassi di Matera che presentano i solchi verticali oggetto di questo studio. 1 - Vico Sen Leonardo; 2 - Vico Casalnuovo; 3 - Via San Pietro Barisano; 4 - Via Tre Corone; 5 - Rione Malve; 6 - Via San Gennaro; 7 - Recinto Paradiso; 8 - Via Tre Corone. Riquadri 1 e 2 Foto di Alessandro Castano; Riquadro 5 Foto di Raffaele Paolicelli; Restanti riquadri Foto di Francesco Foschino MATHERA 137 Fig. 3 - Franca Di Benedetto, in piedi, gioca all’altalena con la sua amica Chiara, seduta. Anno 1957 (Foto concessa da Franco Di Benedetto) poteva dunque un gioco poco diffuso, tanto che quasi tutti ne ignoravano il nome, aver creato tutti quei segni, con una fune su cui oltretutto gravava quasi sempre solo il peso di un bambino piccolo? Era forse possibile che in tempi ancora antecedenti, l’uso dell’altalena fosse stato molto più diffuso? O al contrario, quei segni furono creati da qualcos’altro? Comprenderete la mia meraviglia quando mi sono imbattutto in questo testo scritto da Pietro Antonio Ridola, che nel 1857 curò la voce enciclopedica “Matera” per il volume “Regno di Sicilia descritto e illustrato” (stampato anche come estratto da Osanna nel 1994, vedi Bibliografia). Nel paragrafo dedicato ai “Divertimenti e Canzoni popolari” scrive testualmente: «Gli abitanti di Matera sono generalmente amanti delle feste e dei geniali divertimenti fra i quali ne ricorderemo due, l’uno detto tronto, che in sostanza non è che l’altalena, e l’altro conosciuto sotto il nome di matinate, che in realtà sono serenate. Si lega nel primo, siccome appunto si fa pel gioco dell’altalena, una fune a due capi sul braccio di un albero o su di un’architrave, e sedendosi una persona nella parte che fa gomito, si fa dondolare mercè la spinta che riceve da due altre situate in opposta direzione: incomincia questo divertimento nel giorno di Pasqua. […] così il Materano volgo accompagna il primo dei cennati divertimenti con una canzone, di cui trascriviamo qualche brano». L’autore trascrive quindi il canto che si eseguiva a Matera all’altalena. Sulla scorta di raffronti con trascrizioni successive e informazioni orali, possiamo riproporlo come segue: La bona minat Lu quacchiu ncarnat (o ncatinat) La mamma le ha fatto il tuppo L’ha fatt p strid d tutt L’ha fatt p strid d la gent Cacciti l’uocch’ e tinila ment’ Sop’a lu quampanar’ addrimiscibb Na jarasta di jaruofl’ nci pirdibb’ Ed oh palomma meja, angilla di Crist’ Piglia li chieve e apr a San Francisch’. San Francisc’ è tant glirius’, Vè vistut a pann d villut 138 MATHERA La buona manata Il cappio color carne (o legato) La mamma l’ha fatto lu tupp L’ha fatto per far dispetto a tutti L’ha fatto per far dispetto alla gente Cavati l’occhio e tienilo a mente Sopra il campanile mi addormentai Un vaso di garofani ci ho perduto Oh colomba mia, ancella di Cristo Prendi le chiavi e apri a San Francesco San Francesco è tanto glorioso, Va vestito con abiti di velluto L’usanza, sulla base della descrizione di Ridola, nel 1857 appare diffusa e rappresentativa delle tradizioni materane, tanto da essere stata scelta insieme alle matinate a rappresentare la tradizione locale. Veniva eseguita dal “volgo” e dunque non esclusivamente da bambini o da donne. Si eseguivano i canti a partire da Pasqua, creando l’altalena facendo passare la fune sull’architrave. L’esistenza di tale tradizione giustificava senza dubbio i numerosi solchi presenti sulle architravi dei Sassi: erano davvero i segni per le funi dell’altalena, ma provocati non solo dall’uso del gioco come passatempo infantile o adolescenziale, ma soprattutto dalla tradizione dei canti all’altalena, un’usanza ben codificata, nelle modalità, nei canti, negli esecutori e nel periodo dell’anno in cui si svolgeva. Il nome “tronto” o “trondl” con il quale erano noti, è simile al nome usato a San Nicandro garganico per la medesima usanza (ndrandl o ntrantl), e ipotizzo potrebbe derivare dal latino inter-undulare, (similmente a de-undulare per dondolare), trattandosi di oscillazioni che avvenivano a cavallo dell’uscio, fra l’interno e l’esterno. I canti all’altalena Matera non ne aveva affatto l’esclusiva, anzi si tratta di un genere di canti, studiati poco e solo recentemente, diffusi un tempo in tutta Italia, ma anche in tutti i paesi Baltici, in Grecia e in Andalusia, che venivano eseguiti da adulti o ragazzi/e esclusivamente dondolando sull’altalena, e solo in precisi periodi dell’anno. Sono scomparsi ovunque a partire dal Dopoguerra, ma è possibile dedurre come in molti luoghi (e certa- mente a Matera) siano andati scomparendo già a inizio Novecento, tanto che anche le generazioni nate ai primi del secolo scorso non ne serbano memoria alcuna. Sono stati marginalmente indagati durante le missioni antropologiche e le registrazioni sonore effettuate nell’Italia meridionale negli anni Cinquanta da Carpitella, Lomax, De Martino e Cirese, quando in alcuni paesi erano scomparsi solo da poco. Solo nel 2010, limitandosi all’Italia meridionale, sono stati oggetto di uno studio complessivo che ne ha indagato il fenomeno su larga scala [Balestra] pur con le notevoli difficoltà del caso. Sarà bene essere espliciti: non si trattava di un’attività estemporanea nella quale qualcuno mentre per gioco si dondolava su un’altalena, cominciava a canticchiare un motivetto. Ribadiamo: si trattava di una tradizione vera e propria, e sostanzialmente codificata: i canti all’altalena sono una tipologia ben precisa di canti che venivano eseguiti esclusivamente abbinati all’uso dell’altalena, e solo in determinati periodi dell’anno. Dagli ultimi studi comparativi realizzati [Balestra 2010] appare chiaro come pur se si è riusciti a documentarli solo in alcune zone, questi fossero presenti in aree ben più ampie. Siamo oggi in grado di notare alcune differenze che li distinguevano da un paese all’altro. Aree geografiche interessate Pur se conosciamo l’uso dei canti all’altalena anche in altre città italiane come a Roma (dove era detta canofiena, ed era un divertimento di gruppo dei ragazzi, vedi Fig. 4) o a Bologna, dove erano eseguiti nel giorno Fig. 4 - Incisione di Karl Ludwig Frommel, 1840: Il gioco della Canofiena a Roma MATHERA 139 Area Molisana: Fossalto: Ziaziambre - Carnevale Acquaviva Collecroce: Sciasciambre - Carnevale Volturino: Sciamboli - Carnevale Motta Montecorvino: Sciàmpele - Carnevale Biccari: Nzammarùcule - Carnevale Gargano: San Nicandro: Ntrantl - Pasqua Lesina: Ndravatura - Pasqua Peschici: Ndrandla - Pasqua Materano: Matera: Trondl - da Pasqua in poi Ferrandina: Ninnanifuca - Carnevale e Pasquetta Grottole: Ninnanicul - Pasquetta e Festa della Madonna del Monte (maggio) Alcune fonti li attestano anche per la processione al Santuario di Sant’Antuono (17 gennaio) Montescaglioso: Zinut - da Pasqua in poi Tricarico: Pelenzeca - Festa della Madonna di Fonti (maggio) Stigliano e Accettura: Bàuce Pisticci: Ninnanicula Molfetta: Tundre - Ascensione Calabria: Vuoliche - Vuoccola - Vuccula -Vruocuda Fuscaldo: Ascensione Serra Pedace: Natale Malito: Natale Savelli : Carnevale Spezzano Piccolo: Natale Fig. 5 - Paesi dell’Italia meridionale peninsulare suddivisi per aree omogenee in cui è stata documentata l’esistenza dei canti all’altalena, con indicazione del nome dialettale dell’altalena (e conseguentemente della tradizione dei canti) e del periodo dell’anno in cui venivano eseguiti dell’Asensione, come a Ribera (Sicilia), o ancora in Andalusia ( si chiamavano los columpios ed erano eseguiti a Carnevale), qui ci concentriamo nell’Italia meridionale peninsulare. Abbiamo riportato in questa mappa (Fig. 5) i paesi in cui è documentato che siano esistiti, raggruppati in areali omogenei: il materano, il Gargano, la Calabria centrale e il Molise con i territori limitrofi. Si è alquanto certi che siano esistiti anche altrove, ma che siano sfuggiti alla catalogazione. La struttura dell’altalena Le altalene sulle quali si eseguivano i canti potevano differire da quelle tradizionali, soprattutto per i canti eseguiti in ambito urbano. Mentre l’altalena classica è realizzata con due funi, le altalene dei canti erano spesso costruite con una sola fune, come già visto in Fig.4 e qui mostrato in Fig. 6. Per questo motivo il sedile non era parallelo alla trave ma perpendicolare a questa, pur se il movimento, rispetto alla trave, si svolgeva sempre nella medesima direzione dell’altalena classica: affinchè ciò avvenisse, quando ci si sedeva, si effettuava una leggera torsione verso il senso del movimento. A volte il sedile veniva sostituito da un cuscino. Poichè i canti all’altalena venivano eseguiti prettamente in ambito domestico e spesso il sedile ospitava due persone, la presenza di una sola fune, potrebbe essere dipesa sia dall’assenza in casa di una trave sufficientemente lunga da ospitare due funi parallele, che per permettere di montare un 140 MATHERA sedile sufficientemente lungo per alloggiare due persone, operazione che nell’altro verso avrebbe trovato l’ostacolo dato dalle dimensioni della porta (Fig. 7). A Montescaglioso ci hanno informato come nel caso in Fig.6 Elaborazione grafica di Sabrina Centonze che evidenzia le differenza fra un’altalena classica e quella più di frequente adoperata per i canti Fig. 7 - Volturino 2006, Ricostruzoine di sciamboli all’architrave. Foto di Rosa Verdone, da Archivio Sonoro Puglia Fig. 8 - Biccari 2012, Ricostruzione degli Nzammarùcule. Foto di Rete Italiana di Cultura Popolare cui fosse stato presente un grande arco di contrafforte fra due palazzi, si strutturava la tipica altalena ad una fune, ma in assenza di questi venivano approntate altalene con due funi, utilizzando le tipiche voccole (anelli per legare i muli, che in Calabria danno il nome all’altalena stessa) poste ai lati opposti della stessa strada, o più raramente a due finestre contrapposte: in tutti i casi a Montescaglioso l’altalena occupava la carreggiata dei vicoli e non l’uscio della casa, come nella maggiorparte degli altri paesi. reciproca, e offriva la possibilità alle ragazze di essere al centro dell’attenzione mentre volteggiavano in aria, e ai ragazzi di dar prova della loro virilità con spinte sempre più vigorose. Nella seconda tradizione ad eseguire i canti all’altalena erano giovani coppie di fidanzati o di sposi, su altalene addobbate a festa con ghirlande di fiori. Era l’occasione per rimproverare al compagno/a e alla sua famiglia gli aspetti non graditi del rapporto, ma ogni canto terminava con la promessa dell’amore eterno. Infine, a eseguirli erano adulti, sia donne che uomini, che specie nel periodo del Carnevale si ritrovavano fra parenti e amici in una casa e allestivano subito un’altalena ad un gancio del soffitto o all’architrave della porta. Qui avrebbero preso posto due persone (indipendentemente dal sesso) che si sarebbero spinte con i piedi così tanto da arrivare a sfiorare il soffitto, e non di rado a cadere rovinosamente a terra fra l’ilarità generale. I canti all’altalena erano sia un’usanza urbana e domestica, ma anche un frequente passatempo nelle scampagnate e nelle feste rurali (ad esempio quelle presso i santuari di campagna). Il canto: modalità Si trattava di una tradizione collettiva, cioè di gruppo e non individuale. Il canto era antifonale, cioè prevedeva due voci (o una voce e un coro) dove la seconda voce ripeteva la prima. In alcuni paesi sull’altalena prendeva posto una sola persona, e la seconda voce era eseguita dalla persona (o dalle persone) che spingevano l’altalena. In altri luoghi invece sull’altalena prendevano posto due persone, schiena contro schiena sugli opposti lati del sedile (Fig. 8), che ritmicamente si davano la spinta con una delle gambe e cantavano sia alternativamente che insieme. A seconda del paese, si sono riscontrate tre diverse tradizioni. Nella prima i canti erano eseguiti da comitive di giovani, e avevano una forte componente di corteggiamento, sia perchè a volte le canzoni diventavano delle vere e proprie serenate, sia perchè il canto all’altalena era uno dei momenti più propizi per intensificare la conoscenza Carnevale, Pasqua o l’Ascensione Al pari di altre tradizioni, anche questa era generalmente circoscritta, per ciascun paese, solo ad un determinato periodo dell’anno. In molti paesi indagati si trattava del Carnevale, specie a partire dal giorno di Sant’Antonio Abate. Si tratta dei medesimi giorni in cui si usava uccidere il maiale, e alcuni hanno notato MATHERA 141 come spesso per costruire l’altalena si usavano i medesimi ganci e le medesime funi utilizzate per tale scopo. In molti altri paesi il periodo dei canti all’altalena era invece il periodo pasquale, con inizio dal giorno di Pasqua e quindi per le poche settimane a seguire, come a Matera. Raramente si sono trovati paesi dove l’usanza era tipica di periodi diversi come a Molfetta e Fuscaldo, dove avvenivano in occasione del giorno dell’Ascensione (quaranta giorni dopo Pasqua), o a Natale (in Calabria). In alcuni centri dell’entroterra lucano avvenivano in occasione di feste mariane del mese di maggio, e dunque accompagnavano le allegre scampagnate, o presso il santuario di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, a Grottole. Per i paesi dove erano eseguiti a Pasqua, è interessante qui riportare la testimonianza di un abitante di San Nicandro garganico, che rispondendo a Diego Carpitella nel 1954, descrive così il momento preciso dal quale si iniziava a cantare all’altalena: «I canti all’altalena iniziano da quando vengono sciolte le campane a Pasqua». Era usanza infatti, legare le funi delle campane il giovedì santo: queste non avrebbero suonato (neanche per i funerali) fino al giorno di Pasqua, quando ne venivano conseguentemente sciolte le funi. Notiamo qui un parallelismo fra le funi delle campane e le funi dell’altalena, che cominciavano pertanto a muoversi quando le prime venivano sciolte, come già notato da Waler Brunetto: «Il gioco potrebbe allora essere visto come metafora, simbolo, materializzazione ludica della liberazione delle campane» [Balestra 2010, p.75]. Facciamo anche notare come nel testo del brano in voga a Matera, dove si svolgevano a Pasqua, un verso del canto dica: «Mi addormentai sul campanile», che pare un chiaro riferimento al mancato utilizzo delle campane nei giorni precedenti al canto. In nessun altro periodo dell’anno sarebbe stato possibile addormentarsi su un campanile, a causa dei continui rintocchi. Le origini dei canti all’altalena Pur se l’altalena è fra i giochi più economici e semplici, ed esiste da tempo immemore, l’attenzione degli antropologi degli anni Cinquanta fu attratta dalla particolarità dei canti. Ernesto De Martino descrive così il suo incontro con tale tradizione [1952]: «Sulla collina su cui sorge il santuario della Madonna di Fondi, presso Tricarico, vidi una volta, in occasione della festa che vi si celebra in maggio, giovani contadine che volteggiavano in altalene sospese fra gli alberi, spinte da uomini: cantavano i giovanotti nel ritmo della spinta, rispondevano le ragazze nel ritmo del volteggio, e il canto violento, monotono, arcaico si diffondeva nello splendore del sole di maggio quasi come un lamento animale che sorgesse dalle viscere del suolo pietroso.» La ricerca antropologica degli anni Cinquanta riteneva che la Basilicata fosse rimasta tagliata fuori dai grandi processi storici e che quindi con142 MATHERA servasse evidenti tracce di culti arcaici e pre-cristiani. Così De Martino [1961/1994] ricercò le origini dei canti all’altalena nel rito greco dell’aioresis. Si trattava di un’usanza interna ai riti dionisiaci durante le quale le ragazze si dondolavano su un’altalena e intonavano un canto chiamato Aletis, cioè vagabonda (Fig. 9). La tradizione esisteva anche nel mondo latino: durante le Liberalia, cioè il 17 marzo, si festeggiava il passaggio all’età adulta dei fanciulli, e fra i vari giochi erano anche presenti gli Oscilla, cioè le altalene appunto, sulle quali si intonavano canti in onore di Bacco. Le ultime ricerche hanno però portato a escludere una qualunque relazione fra le antiche usanze greche e romane con i canti all’altalena che qui studiamo. Appare al contrario evidente come l’altalena fosse sicuramente usata come passatempo per i più piccoli e quindi dagli adulti come svago festoso: dai giovani in particolare per il corteggiamento e dagli adulti per canti dai contenuti goliardici, e si svolgevano, a seconda del paese, sempre in periodi di festa: raramente a Natale, spesso a Carnevale o a Pasqua, o nelle allegre scampagnate di maggio. Sicuramente la Quaresima era un periodo in cui qualunque tipo di festeggiamento era sospeso, inclusa l’altalena e i suoi canti, che dunque divenivano frequenti o subito prima (Carnevale) o subito dopo (Pasqua). La circostanza che quasi sempre venivano eseguiti oscillando sull’uscio di casa, continuamente superando la soglia e quindi tornando indietro, con un gioco di rimandi fra interno e esterno, ha fatto propendere alcuni antropologi [Bachtin 1979] per un rito di passaggio e di superamento da una realtà (domestica, infantile) ad un’altra (sociale, adulta) mentre già altri [Leach 1973] avevano osservato come l’oscillazione dell’altalena permetteva di attraversare il limite ma non di superarlo, assomigliando più all’eterno ritorno che al ciclo di morte e successiva rinascita. A parere di chi scrive, lo studio di una tradizione scomparsa ormai da tempo ha portato erroneamente a racchiudere all’interno di un’unica voce, usanze molto diverse fra di loro, accomuFig. 9 - Altes Museum di Berlino. V sec.a.C. Attribuito al Pittore di Penelope. Skyphos rinvenuto a Chiusi raffigurante un satiro che spinge una giovane su un’altalena nate solo dall’utilizzo dello stesso strumento di gioco. I canti all’altalena che si svolgono in campagna nei pressi di un santuario una domenica di festa per corteggiare una ragazza hanno poco in comune con i canti carnascialeschi e goliardici degli adulti, o ancora con le prove di forza dei ragazzi che al ritmo di una canzone allegra (come ci hanno informato per Montescaglioso) cercavano di farsi volteggiare più in alto degli altri giocatori. L’altalena è un passatempo festoso, maggiormente utilizzato in alcuni periodi storici e in alcuni luoghi per allietare i momenti di festa, specie laddove vi fosse un consumo collettivo di cibo (scampagnate, l’uccisione del maiale, Pasqua, Natale). Il canto, come nota anche Ridola, è onnipresente nelle feste collettive, e dunque non desterà meraviglia che un passatempo giocoso così diffuso e il canto possano essersi incontrati in determinati contesti storici e geografici, per poi essere soppiantate da nuove tradizioni e costumi. Un canto che era puramente antifonale (a due voci in cui la seconda ripete il verso della prima) per i giochi di coppia o i momenti collettivi, ed era semplice o in coro rispettivamente per la mamma con il figlio e per le comitive di ragazzi. Canti: argomenti, testi e melodia Contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, i canti all’altalena studiati dall’antropologia, sono cantilene dal ritmo lento e non brani ritmati e gioiosi. I canti erano soprattutto di tre categorie: di ingiuria (anche detti “a dispetto”) ; di amore (cioè di corteggiamento) e quindi di svago. Lasciamo al lettore la possibilità di approfondire l’argomento e di ascoltare i brani di cui esistono registrazioni con l’aiuto delle seguenti indicazioni. Fermandoci a Matera, recentemente Maria Carmela Stella [2009] ha trascritto i canti all’altalena già proposti da Molinaro Del Chiaro [1883] e Rivelli [1924], nelle cui versioni il testo del Ridola diviene il ritornello solo come recitativo ma è preceduto da altri versi cantati. Segnaliamo come uno dei capitoli sia liberamente consultabile online al seguente link: www.old.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/stella/05_polivocali.pdf a pagina 65. Del canto materano non abbiamo registrazioni orali. I testi dei canti dei paesi del materano sono stati trascritti da Bronzini (Tricarico) [1964], e alcuni (Pisticci, Tricarico, Ferrandina) sono nel libro di Balestra [2010, p258-260]. Altri canti sono trascritti, e quindi registrati nei cd allegati, nel libro di Giorgio D’Adamo [2010] Riportiamo invece qui il canto di Montescaglioso, come trascritto da D’Ambrosio [2010], perchè di difficile reperimento: E a nolda mana puort altre tre cose: e n’anella, na caten’ e cinghe rose. E furmicla bella mì puort nù’ vas. Per chi abbia voglia di ascoltare le registrazioni audio dei canti, segnaliamo soprattutto il sito dell’Archivio Sonoro: www.archiviosonoro.org Sotto la voce Puglia > Fondo Conservatorio U. Giordano di Foggia sono presenti le registrazioni dei canti del sub appennino dauno. Sul sito delle Teche RAI, sotto la voce “Archivio del Folclore italiano - Basilicata” sono presenti gli audio del canto all’altalena di Stigliano (traccia n.24) e di Tricarico (traccia n.27), registrate entrambe nel 1952. Link diretto: www.teche.rai.it/2014/11/archivio-del-folclore-musicale-italiano-basilicata/ Una versione rivisitata di un canto all’altalena “a bauce” è nel cd “I suoni dell’albero” a cura degli antropologi Feld e Scaldaferri. Il brano è disponibile su youtube (link: youtu.be/slkRUBZZbfo ) Lasciamo quindi alla curiosità del lettore l’approfondimento della tematica e la possibilità di rintracciare, nei Sassi o nei loro paesi (laddove le architravi siano costituite da materiale scalfibile come la calcarenite materana) i solchi verticali, ultime tracce superstiti di questa antica tradizione scomparsa. Ringraziamenti Ringrazio per la disponibilità e le informazioni fornitemi Alessandro Castano, Mauro Vincenzo Ciannella, Giuseppe Gambetta e Angelo Sarra Bibliografia [Bachtin 1975] M.Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino [Balestra 2010] A cura di Patrizia Balestra, Sciamboli e canti all’altalena, Squilibri 2010 [Bronzini 1964] G.B. Bronzini, Vita tradizionale in Basilicata, Montemurro, Matera, p139-142 [Carpitella 1954] Archivio di Etnomusicologia dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia, Raccolta 24, intervista del 28.8.1954, trascrizione riportata anche in [Balestra 2010] a p 69 [D’Ambrosio 2010] D. D’Ambrosio, Sassincanto, opuscolo per cd, p. 15, brano nr 4 [D’Adamo 2010] G. D’adamo, Musiche tradizionali in Basilicata, Squilibri [De Martino 1952] Gente di Lucania, Viaggi in Italia, maggio-settembre 1952 [De Martino 1961/1994] E. De Martino, La terra del rimorso, Il Saggiatore, Milano [Leach 1973] E.R. Leach, Nuove vie dell’antropologia, Il Saggiatore, Milano [Molinaro Del Chiaro 1883] Nuove poesie e prosa in dialetto materano, Conti, Matera [Ridola 1875] P.A. Ridola, Il regno delle Due Sicilie descritto e illustrato, Volume V, p. 117 [Ridola 1857/1994] P.A. Ridola, Matera tra Storia e statistica alla vigilia dell’Unità d’Italia, con presentazione di Giovanni Caserta, Osanna [Rivelli 1924] F.Rivelli, Casa e Patria, Conti, Matera [Stella 2009] M.C. Stella, Canti Tradizionali del Materano, EDT E furmicla bella mì puort nu’ vas e puorti nu faccilett di cirase. e cirase e cirasedd e rumanedd. MATHERA 143