ISSN 2532-8190
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Editore: Associazione Culturale ANTROS - registrazione al tribunale di Matera n. 02 del 05-05-2017 - 21 set/20 dic 2018 - Anno II - n. 5 - € 7,50
Ius primae noctis
un mito
da sfatare
Le cinte murarie
dei Lucani
in Basilicata
1
Infanticidi nel Materano
fra Ottocento
e Novecento
MATHERA
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Indicazioni per le citazioni bibliografiche:
Foschino, Canti all’altalena e solchi all’architrave,
in "MATHERA", anno II n. 5,
del 21 settembre 2018, pp. 136-143,
Antros, Matera
MATHERA
Rivista trimestrale di storia e cultura del territorio
Fondatori
Raffaele Paolicelli e Francesco Foschino
Anno II n.5 Periodo 21 settembre - 20 dicembre 2018
In distribuzione dal 21 settembre 2018
Il prossimo numero uscirà il 21 dicembre 2018
Registrazione Tribunale di Matera
N. 02 DEL 05-05-2017
Il Centro Nazionale ISSN, con sede presso il CNR,
ha attribuito alla rivista il codice ISSN 2532-8190
Editore
Associazione Culturale ANTROS
Via Bradano, 45 - 75100 Matera
Direttore responsabile
Pasquale Doria
Redazione
Sabrina Centonze, Francesco Foschino, Raffaele Paolicelli,
Valentina Zattoni.
Gruppo di studio
Domenico Bennardi, Ettore Camarda, Olimpia Campitelli, Domenico Caragnano, Sabrina Centonze, Anna Chiara
Contini, Gea De Leonardis, Franco Dell’Aquila, Pasquale
Doria, Angelo Fontana, Francesco Foschino, Giuseppe Gambetta, Emanuele Giordano, Rocco Giove, Gianfranco Lionetti, Angelo Lospinuso, Mario Montemurro, Nunzia Nicoletti,
Raffaele Paolicelli, Marco Pelosi, Giulia Perrino, Giuseppe
Pupillo, Caterina Raimondi, Giovanni Ricciardi, Rosalinda
Romanelli, Angelo Sarra, Giusy Schiuma, Nicola Taddonio.
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Giuseppe Colucci
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MATHERA
3
SOMMARIO
articoli
- Pensare il territorio
7 Editoriale
per non essere pensati da altri
di Pasquale Doria
nel Materano
8 L’infanticidio
tra Ottocento e Novecento
di Salvatore Longo
12
Cinte murarie della Basilicata
e le fortune dei Lucani
di Nicola Taddonio
21
Approfondimento: Le armi dei guerrieri:
un indicatore archeologico dei cambiamenti
della società lucana
di Nicola Taddonio
e nozze a Matera
24 Sponsali
fra Cinquecento e Settecento
di Giulio Mastrangelo
Termini desueti riscontrati
30 Glossario:
negli atti matrimoniali di Archivio
di Giulio Mastrangelo
romanici e perle di saggezza.
34 Gatti
Un ricordo di Pina Belli D’Elia
di Giulia Perrino
38
Il complesso rupestre di San Pellegrino
in contrada Ofra a Matera
rubriche
101
Grafi e Graffi
Il ritratto di presenza nei graffiti materani
106
HistoryTelling
Lo squarcio nel tempo
di Sabrina Centonze
di Gaetano Panetta
111
Voce di Popolo
La leggenda del lupo mannaro
113
La penna nella roccia
Gli aspetti geomorfologici della Cappadocia
e del Materano: dati e considerazioni
118
Radici
Il timo: una pianta nobile caduta in sinonimia
di Domenico Bennardi e Gea De Leonardis
di Federico Boenzi
di Giuseppe Gambetta
124
Verba Volant
Osservazioni sul lessico dialettale relativo alle
denominazioni di alcune malattie
128
Scripta Manent
Inedite spigolature d’archivio sulla città settecentesca
134
Echi Contadini
La mammèrë
136
Piccole tracce, grandi storie
Canti all’altalena e solchi all’architrave
di Emanuele Giordano
trascrizione di Roberto Acquasanta e Maria Emilia Serafino
di Angelo Sarra
di Francesco Foschino
di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi
Appendice: Casale dell’Ofra: storiografia,
50 toponomastica
e fonti documentali
145
C’era una volta
Rosario Dottorini
“Così mi salvai il 21 settembre 1943”
148
Ars nova
L’onirico tra favola e realtà
nei dipinti di Mimmo Taccardi
152
Il Racconto
“Illusione perduta”
di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi
53
Approfondimento: La chiesa rupestre
di San Pellegrino all’Ofra
di Ettore Camarda
di Gianfranco Lionetti e Marco Pelosi
56 di Simona Spinella
fotografie di Federico Patellani per il film
62 Le
“La Lupa” diretto da Alberto Lattuada
Josè Garcia Ortega, un artista contro
di Nunzia Nicoletti
di Nicola Tarasco
di Luciano Veglia
e la fanciulla: la fine del Tramontano
66 Iltratiranno
storia e folklore
di Ettore Camarda
72
Approfondimento: Lo ius primae noctis,
un mito da sfatare
di Ettore Camarda
masseria di San Francesco al Bradano:
74 La
contesto geografico e toponomastico
di Giuseppe Gambetta e Raffaele Paolicelli
masseria di San Francesco al Bradano:
79 La
evoluzione storica
di Giuseppe Gambetta e Raffaele Paolicelli
88
Approfondimento: Quando l’acqua
del fiume Bradano arrivò improvvisa e silenziosa
di Giuseppe Gambetta
90 di Francesco Foschino
Basilicata
94 Exploring
Reportage di Gundolf Pfotenhauer
Appendice: Lo stemma francescano
In copertina:
Parziale veduta notturna del casale rupestre dell’Ofra a Matera, foto di
Rocco Giove.
A pagina 3:
Dettaglio della Madonna Glykophilousa o della tenerezza presso la chiesa rupestre di Madonna delle Tre Porte a Murgia Timone, Matera, XV sec, opera
del Maestro del sepolcro di Martino Dechello (giá Maestro di Miglionico).
Il Premio Antros, che presentiamo nella pagina seguente, adotterà il simbolo di un melograno.
MATHERA
5
Piccole tracce, grandi storie
Canti all’altalena e solchi all’architrave
di Francesco Foschino
Molti edifici nei rioni Sassi di Matera presentano sopra
l’architrave della porta di ingresso una piccola finestra,
utile sia a non far gravare tutto il peso della muratura
sull’architrave stessa, che a fornire luce e aria all’ambiente interno. Tempo fa notai, osservandole con attenzione, che alcune architravi presentavano enigmatici
solchi verticali, proprio in corrispondenza della piccola
finestra. In alcuni casi questi solchi erano presenti anche sui grandi archi di ingresso alle tipiche corti. Ne
riportiamo qui una selezione (Fig 1). I solchi, in alcuni
casi solo accennati ma quasi sempre ben visibili, erano
chiaramente stati erosi da un uso continuato e reiterato
di una fune che gravava sull’architrave e passava dentro
la finestra. Una fune, inoltre, non statica: solo in movimento avrebbe potuto segare l’architrave, procurando
dei segni così profondi e netti. Perchè mai una fune in
movimento doveva passare dentro la finestra, abbracciando l’architrave?
Le vane ricerche di archivio mi spinsero a interrogare
chi aveva abitato nei Sassi, senza successo alcuno: neanche chi aveva vissuto in quelle stesse case sapeva fornirmi una qualunque spiegazione.
Le altalene
La soluzione a questo piccolo enigma giunse inaspettata durante una visita all’amico Franco Di Benedetto,
proprietario di una struttura ricettiva in Via San Gennaro, dove visse i suoi anni di infanzia. Una soluzione
che ha poi aperto un inaspettato e ampio orizzonte a
questa ricerca. Il grande arco di accesso alla proprietà
(Riquadro 6 di Fig. 1) presenta netti e chiari i solchi verticali, così chiesi anche a lui se ne conoscesse l’origine. Si
allontanò un attimo, e tornò con due fotografie d’epoca
che ritraggono sua sorella Franca, e che qui mostriamo
(Figg. 2 e 3). Era tutto molto più semplice del previsto,
almeno apparentemente: erano i segni lasciati dal gioco
dell’altalena. Si faceva passare una fune sull’arco (come
in questo caso) oppure nella finestra sopra l’architrave,
la si annodava, e tramite un sedile improvvisato oppure
un semplice cuscino, ci si sedeva e ci si dondolava, preferibilmente con l’aiuto di un’altra persona. Il continuo
136
MATHERA
Fig. 2 - Franca Di Benedetto si accinge a sistemare la fune sull’arco. Anno
1957 (Foto concessa da Franco Di Benedetto)
movimento oscillatorio della fune dell’altalena, gravato
del peso della persona seduta, aveva creato quei solchi.
U tronto o trondl
Potevamo dunque spiegare così la presenza di tutti i
segni verticali presenti sulle architravi dei Sassi? La soluzione pareva plausibile, ma non del tutto convincente: interrogando gli ultimi abitanti dei Sassi prima dello
sfollamento, questi riferivano come l’altalena fosse un
gioco raro e prevalentemente per bambini, inoltre non
conoscevano il termine in dialetto per l’altalena (se non
una pronuncia dialettale del termine italiano) e molti
avevano visto la loro prima altalena solo una volta trasferitisi nei nuovi quartieri dello sfollamento. Come
Fig. 1 - Alcune delle architravi presenti nei Sassi di Matera che presentano i solchi verticali oggetto di questo studio. 1 - Vico Sen Leonardo; 2 - Vico Casalnuovo; 3 - Via San Pietro Barisano; 4 - Via Tre Corone; 5 - Rione Malve; 6 - Via San Gennaro; 7 - Recinto Paradiso; 8 - Via Tre Corone.
Riquadri 1 e 2 Foto di Alessandro Castano; Riquadro 5 Foto di Raffaele Paolicelli; Restanti riquadri Foto di Francesco Foschino
MATHERA
137
Fig. 3 - Franca Di Benedetto, in piedi, gioca all’altalena con la sua amica Chiara, seduta. Anno 1957 (Foto concessa da Franco Di Benedetto)
poteva dunque un gioco poco diffuso, tanto che quasi
tutti ne ignoravano il nome, aver creato tutti quei segni,
con una fune su cui oltretutto gravava quasi sempre solo
il peso di un bambino piccolo? Era forse possibile che in
tempi ancora antecedenti, l’uso dell’altalena fosse stato molto più diffuso? O al contrario, quei segni furono
creati da qualcos’altro? Comprenderete la mia meraviglia quando mi sono imbattutto in questo testo scritto
da Pietro Antonio Ridola, che nel 1857 curò la voce
enciclopedica “Matera” per il volume “Regno di Sicilia
descritto e illustrato” (stampato anche come estratto
da Osanna nel 1994, vedi Bibliografia). Nel paragrafo
dedicato ai “Divertimenti e Canzoni popolari” scrive
testualmente:
«Gli abitanti di Matera sono generalmente amanti delle feste e dei geniali divertimenti fra i quali ne ricorderemo
due, l’uno detto tronto, che in sostanza non è che l’altalena,
e l’altro conosciuto sotto il nome di matinate, che in realtà
sono serenate. Si lega nel primo, siccome appunto si fa pel
gioco dell’altalena, una fune a due capi sul braccio di un
albero o su di un’architrave, e sedendosi una persona nella
parte che fa gomito, si fa dondolare mercè la spinta che riceve da due altre situate in opposta direzione: incomincia
questo divertimento nel giorno di Pasqua. […] così il Materano volgo accompagna il primo dei cennati divertimenti
con una canzone, di cui trascriviamo qualche brano».
L’autore trascrive quindi il canto che si eseguiva a Matera all’altalena. Sulla scorta di raffronti con trascrizioni successive e informazioni orali, possiamo riproporlo come segue:
La bona minat
Lu quacchiu ncarnat (o ncatinat)
La mamma le ha fatto il tuppo
L’ha fatt p strid d tutt
L’ha fatt p strid d la gent
Cacciti l’uocch’ e tinila ment’
Sop’a lu quampanar’ addrimiscibb
Na jarasta di jaruofl’ nci pirdibb’
Ed oh palomma meja, angilla di Crist’
Piglia li chieve e apr a San Francisch’.
San Francisc’ è tant glirius’,
Vè vistut a pann d villut
138
MATHERA
La buona manata
Il cappio color carne (o legato)
La mamma l’ha fatto lu tupp
L’ha fatto per far dispetto a tutti
L’ha fatto per far dispetto alla gente
Cavati l’occhio e tienilo a mente
Sopra il campanile mi addormentai
Un vaso di garofani ci ho perduto
Oh colomba mia, ancella di Cristo
Prendi le chiavi e apri a San Francesco
San Francesco è tanto glorioso,
Va vestito con abiti di velluto
L’usanza, sulla base della descrizione di Ridola, nel
1857 appare diffusa e rappresentativa delle tradizioni
materane, tanto da essere stata scelta insieme alle matinate a rappresentare la tradizione locale. Veniva eseguita
dal “volgo” e dunque non esclusivamente da bambini o
da donne. Si eseguivano i canti a partire da Pasqua, creando l’altalena facendo passare la fune sull’architrave.
L’esistenza di tale tradizione giustificava senza dubbio
i numerosi solchi presenti sulle architravi dei Sassi: erano davvero i segni per le funi dell’altalena, ma provocati
non solo dall’uso del gioco come passatempo infantile o
adolescenziale, ma soprattutto dalla tradizione dei canti
all’altalena, un’usanza ben codificata, nelle modalità,
nei canti, negli esecutori e nel periodo dell’anno in cui si
svolgeva. Il nome “tronto” o “trondl” con il quale erano
noti, è simile al nome usato a San Nicandro garganico
per la medesima usanza (ndrandl o ntrantl), e ipotizzo
potrebbe derivare dal latino inter-undulare, (similmente a de-undulare per dondolare), trattandosi di oscillazioni che avvenivano a cavallo dell’uscio, fra l’interno e
l’esterno.
I canti all’altalena
Matera non ne aveva affatto l’esclusiva, anzi si tratta
di un genere di canti, studiati poco e solo recentemente, diffusi un tempo in tutta Italia, ma anche in tutti i
paesi Baltici, in Grecia e in Andalusia, che venivano eseguiti da adulti o ragazzi/e esclusivamente dondolando
sull’altalena, e solo in precisi periodi dell’anno.
Sono scomparsi ovunque a partire dal Dopoguerra,
ma è possibile dedurre come in molti luoghi (e certa-
mente a Matera) siano andati scomparendo già a inizio
Novecento, tanto che anche le generazioni nate ai primi
del secolo scorso non ne serbano memoria alcuna.
Sono stati marginalmente indagati durante le missioni antropologiche e le registrazioni sonore effettuate
nell’Italia meridionale negli anni Cinquanta da Carpitella, Lomax, De Martino e Cirese, quando in alcuni paesi erano scomparsi solo da poco. Solo nel 2010,
limitandosi all’Italia meridionale, sono stati oggetto di
uno studio complessivo che ne ha indagato il fenomeno
su larga scala [Balestra] pur con le notevoli difficoltà del
caso.
Sarà bene essere espliciti: non si trattava di un’attività
estemporanea nella quale qualcuno mentre per gioco si
dondolava su un’altalena, cominciava a canticchiare un
motivetto. Ribadiamo: si trattava di una tradizione vera
e propria, e sostanzialmente codificata: i canti all’altalena sono una tipologia ben precisa di canti che venivano
eseguiti esclusivamente abbinati all’uso dell’altalena, e
solo in determinati periodi dell’anno. Dagli ultimi studi comparativi realizzati [Balestra 2010] appare chiaro
come pur se si è riusciti a documentarli solo in alcune
zone, questi fossero presenti in aree ben più ampie. Siamo oggi in grado di notare alcune differenze che li distinguevano da un paese all’altro.
Aree geografiche interessate
Pur se conosciamo l’uso dei canti all’altalena anche
in altre città italiane come a Roma (dove era detta canofiena, ed era un divertimento di gruppo dei ragazzi,
vedi Fig. 4) o a Bologna, dove erano eseguiti nel giorno
Fig. 4 - Incisione di Karl Ludwig Frommel, 1840: Il gioco della Canofiena a Roma
MATHERA
139
Area Molisana:
Fossalto: Ziaziambre - Carnevale
Acquaviva Collecroce: Sciasciambre - Carnevale
Volturino: Sciamboli - Carnevale
Motta Montecorvino: Sciàmpele - Carnevale
Biccari: Nzammarùcule - Carnevale
Gargano:
San Nicandro: Ntrantl - Pasqua
Lesina: Ndravatura - Pasqua
Peschici: Ndrandla - Pasqua
Materano:
Matera: Trondl - da Pasqua in poi
Ferrandina: Ninnanifuca - Carnevale e Pasquetta
Grottole: Ninnanicul - Pasquetta e Festa della Madonna del Monte
(maggio)
Alcune fonti li attestano anche per la processione al Santuario di
Sant’Antuono (17 gennaio)
Montescaglioso: Zinut - da Pasqua in poi
Tricarico: Pelenzeca - Festa della Madonna di Fonti (maggio)
Stigliano e Accettura: Bàuce
Pisticci: Ninnanicula
Molfetta: Tundre - Ascensione
Calabria: Vuoliche - Vuoccola - Vuccula -Vruocuda
Fuscaldo: Ascensione
Serra Pedace: Natale
Malito: Natale
Savelli : Carnevale
Spezzano Piccolo: Natale
Fig. 5 - Paesi dell’Italia meridionale peninsulare suddivisi per aree omogenee in cui è stata documentata l’esistenza dei canti all’altalena, con indicazione del
nome dialettale dell’altalena (e conseguentemente della tradizione dei canti) e del periodo dell’anno in cui venivano eseguiti
dell’Asensione, come a Ribera (Sicilia), o ancora in Andalusia ( si chiamavano los columpios ed erano eseguiti
a Carnevale), qui ci concentriamo nell’Italia meridionale peninsulare. Abbiamo riportato in questa mappa
(Fig. 5) i paesi in cui è documentato che siano esistiti,
raggruppati in areali omogenei: il materano, il Gargano,
la Calabria centrale e il Molise con i territori limitrofi. Si
è alquanto certi che siano esistiti anche altrove, ma che
siano sfuggiti alla catalogazione.
La struttura dell’altalena
Le altalene sulle quali si eseguivano i canti potevano
differire da quelle tradizionali, soprattutto per i canti
eseguiti in ambito urbano. Mentre l’altalena classica è
realizzata con due funi, le altalene dei canti erano spesso
costruite con una sola fune, come già visto in Fig.4 e qui
mostrato in Fig. 6. Per questo motivo il sedile non era
parallelo alla trave ma perpendicolare a questa, pur se il
movimento, rispetto alla trave, si svolgeva sempre nella
medesima direzione dell’altalena classica: affinchè ciò
avvenisse, quando ci si sedeva, si effettuava una leggera
torsione verso il senso del movimento. A volte il sedile
veniva sostituito da un cuscino. Poichè i canti all’altalena venivano eseguiti prettamente in ambito domestico
e spesso il sedile ospitava due persone, la presenza di
una sola fune, potrebbe essere dipesa sia dall’assenza
in casa di una trave sufficientemente lunga da ospitare
due funi parallele, che per permettere di montare un
140
MATHERA
sedile sufficientemente lungo per alloggiare due persone, operazione che nell’altro verso avrebbe trovato
l’ostacolo dato dalle dimensioni della porta (Fig. 7).
A Montescaglioso ci hanno informato come nel caso in
Fig.6 Elaborazione grafica di Sabrina Centonze che evidenzia le differenza fra
un’altalena classica e quella più di frequente adoperata per i canti
Fig. 7 - Volturino 2006, Ricostruzoine di sciamboli all’architrave. Foto di
Rosa Verdone, da Archivio Sonoro Puglia
Fig. 8 - Biccari 2012, Ricostruzione degli Nzammarùcule. Foto di Rete Italiana di Cultura Popolare
cui fosse stato presente un grande arco di contrafforte
fra due palazzi, si strutturava la tipica altalena ad una
fune, ma in assenza di questi venivano approntate altalene con due funi, utilizzando le tipiche voccole (anelli
per legare i muli, che in Calabria danno il nome all’altalena stessa) poste ai lati opposti della stessa strada, o
più raramente a due finestre contrapposte: in tutti i casi
a Montescaglioso l’altalena occupava la carreggiata dei
vicoli e non l’uscio della casa, come nella maggiorparte
degli altri paesi.
reciproca, e offriva la possibilità alle ragazze di essere al
centro dell’attenzione mentre volteggiavano in aria, e ai
ragazzi di dar prova della loro virilità con spinte sempre
più vigorose.
Nella seconda tradizione ad eseguire i canti all’altalena erano giovani coppie di fidanzati o di sposi, su
altalene addobbate a festa con ghirlande di fiori. Era
l’occasione per rimproverare al compagno/a e alla sua
famiglia gli aspetti non graditi del rapporto, ma ogni
canto terminava con la promessa dell’amore eterno.
Infine, a eseguirli erano adulti, sia donne che uomini,
che specie nel periodo del Carnevale si ritrovavano fra
parenti e amici in una casa e allestivano subito un’altalena ad un gancio del soffitto o all’architrave della porta.
Qui avrebbero preso posto due persone (indipendentemente dal sesso) che si sarebbero spinte con i piedi così
tanto da arrivare a sfiorare il soffitto, e non di rado a
cadere rovinosamente a terra fra l’ilarità generale. I canti all’altalena erano sia un’usanza urbana e domestica,
ma anche un frequente passatempo nelle scampagnate
e nelle feste rurali (ad esempio quelle presso i santuari
di campagna).
Il canto: modalità
Si trattava di una tradizione collettiva, cioè di gruppo e non individuale. Il canto era antifonale, cioè
prevedeva due voci (o una voce e un coro) dove la seconda voce ripeteva la prima. In alcuni paesi sull’altalena prendeva posto una sola persona, e la seconda
voce era eseguita dalla persona (o dalle persone) che
spingevano l’altalena. In altri luoghi invece sull’altalena prendevano posto due persone, schiena contro schiena sugli opposti lati del sedile (Fig. 8), che
ritmicamente si davano la spinta con una delle gambe e cantavano sia alternativamente che insieme.
A seconda del paese, si sono riscontrate tre diverse tradizioni.
Nella prima i canti erano eseguiti da comitive di giovani, e avevano una forte componente di corteggiamento, sia perchè a volte le canzoni diventavano delle vere e
proprie serenate, sia perchè il canto all’altalena era uno
dei momenti più propizi per intensificare la conoscenza
Carnevale, Pasqua o l’Ascensione
Al pari di altre tradizioni, anche questa era generalmente circoscritta, per ciascun paese, solo ad un determinato periodo dell’anno. In molti paesi indagati
si trattava del Carnevale, specie a partire dal giorno di
Sant’Antonio Abate. Si tratta dei medesimi giorni in
cui si usava uccidere il maiale, e alcuni hanno notato
MATHERA
141
come spesso per costruire l’altalena si usavano i medesimi ganci e le medesime funi utilizzate per tale scopo. In
molti altri paesi il periodo dei canti all’altalena era invece il periodo pasquale, con inizio dal giorno di Pasqua e
quindi per le poche settimane a seguire, come a Matera.
Raramente si sono trovati paesi dove l’usanza era tipica
di periodi diversi come a Molfetta e Fuscaldo, dove avvenivano in occasione del giorno dell’Ascensione (quaranta giorni dopo Pasqua), o a Natale (in Calabria). In
alcuni centri dell’entroterra lucano avvenivano in occasione di feste mariane del mese di maggio, e dunque
accompagnavano le allegre scampagnate, o presso il santuario di Sant’Antonio Abate, il 17 gennaio, a Grottole.
Per i paesi dove erano eseguiti a Pasqua, è interessante
qui riportare la testimonianza di un abitante di San Nicandro garganico, che rispondendo a Diego Carpitella
nel 1954, descrive così il momento preciso dal quale si
iniziava a cantare all’altalena: «I canti all’altalena iniziano da quando vengono sciolte le campane a Pasqua».
Era usanza infatti, legare le funi delle campane il giovedì santo: queste non avrebbero suonato (neanche per i
funerali) fino al giorno di Pasqua, quando ne venivano
conseguentemente sciolte le funi. Notiamo qui un parallelismo fra le funi delle campane e le funi dell’altalena, che cominciavano pertanto a muoversi quando le
prime venivano sciolte, come già notato da Waler Brunetto: «Il gioco potrebbe allora essere visto come metafora, simbolo, materializzazione ludica della liberazione
delle campane» [Balestra 2010, p.75]. Facciamo anche
notare come nel testo del brano in voga a Matera, dove
si svolgevano a Pasqua, un verso del canto dica: «Mi
addormentai sul campanile», che pare un chiaro riferimento al mancato utilizzo delle campane nei giorni
precedenti al canto. In nessun altro periodo dell’anno
sarebbe stato possibile addormentarsi su un campanile,
a causa dei continui rintocchi.
Le origini dei canti all’altalena
Pur se l’altalena è fra i giochi più economici e semplici, ed esiste da tempo immemore, l’attenzione
degli antropologi degli anni Cinquanta fu attratta
dalla particolarità dei canti. Ernesto De Martino descrive così il suo incontro con tale tradizione [1952]:
«Sulla collina su cui sorge il santuario della Madonna
di Fondi, presso Tricarico, vidi una volta, in occasione
della festa che vi si celebra in maggio, giovani contadine
che volteggiavano in altalene sospese fra gli alberi, spinte
da uomini: cantavano i giovanotti nel ritmo della spinta,
rispondevano le ragazze nel ritmo del volteggio, e il canto
violento, monotono, arcaico si diffondeva nello splendore
del sole di maggio quasi come un lamento animale che sorgesse dalle viscere del suolo pietroso.»
La ricerca antropologica degli anni Cinquanta riteneva che la Basilicata fosse rimasta tagliata
fuori dai grandi processi storici e che quindi con142
MATHERA
servasse evidenti tracce di culti arcaici e pre-cristiani. Così De Martino [1961/1994] ricercò le origini dei canti all’altalena nel rito greco dell’aioresis.
Si trattava di un’usanza interna ai riti dionisiaci durante
le quale le ragazze si dondolavano su un’altalena e intonavano un canto chiamato Aletis, cioè vagabonda (Fig.
9). La tradizione esisteva anche nel mondo latino: durante le Liberalia, cioè il 17 marzo, si festeggiava il passaggio all’età adulta dei fanciulli, e fra i vari giochi erano
anche presenti gli Oscilla, cioè le altalene appunto, sulle
quali si intonavano canti in onore di Bacco.
Le ultime ricerche hanno però portato a escludere
una qualunque relazione fra le antiche usanze greche
e romane con i canti all’altalena che qui studiamo.
Appare al contrario evidente come l’altalena fosse sicuramente usata come passatempo per i più piccoli e
quindi dagli adulti come svago festoso: dai giovani in
particolare per il corteggiamento e dagli adulti per canti
dai contenuti goliardici, e si svolgevano, a seconda del
paese, sempre in periodi di festa: raramente a Natale,
spesso a Carnevale o a Pasqua, o nelle allegre scampagnate di maggio. Sicuramente la Quaresima era un
periodo in cui qualunque tipo di festeggiamento era
sospeso, inclusa l’altalena e i suoi canti, che dunque divenivano frequenti o subito prima (Carnevale) o subito
dopo (Pasqua). La circostanza che quasi sempre venivano eseguiti oscillando sull’uscio di casa, continuamente
superando la soglia e quindi tornando indietro, con un
gioco di rimandi fra interno e esterno, ha fatto propendere alcuni antropologi [Bachtin 1979] per un rito di
passaggio e di superamento da una realtà (domestica,
infantile) ad un’altra (sociale, adulta) mentre già altri
[Leach 1973] avevano osservato come l’oscillazione
dell’altalena permetteva di attraversare il limite ma non
di superarlo, assomigliando più all’eterno ritorno che al
ciclo di morte e successiva rinascita. A parere di chi scrive, lo studio di una tradizione scomparsa ormai da tempo ha portato erroneamente a racchiudere all’interno di
un’unica voce, usanze molto diverse fra di loro, accomuFig. 9 - Altes Museum di Berlino. V sec.a.C. Attribuito al Pittore di Penelope.
Skyphos rinvenuto a Chiusi raffigurante un satiro che spinge una giovane su
un’altalena
nate solo dall’utilizzo dello stesso strumento di gioco. I
canti all’altalena che si svolgono in campagna nei pressi
di un santuario una domenica di festa per corteggiare
una ragazza hanno poco in comune con i canti carnascialeschi e goliardici degli adulti, o ancora con le prove
di forza dei ragazzi che al ritmo di una canzone allegra
(come ci hanno informato per Montescaglioso) cercavano di farsi volteggiare più in alto degli altri giocatori.
L’altalena è un passatempo festoso, maggiormente utilizzato in alcuni periodi storici e in alcuni luoghi per
allietare i momenti di festa, specie laddove vi fosse un
consumo collettivo di cibo (scampagnate, l’uccisione
del maiale, Pasqua, Natale). Il canto, come nota anche
Ridola, è onnipresente nelle feste collettive, e dunque
non desterà meraviglia che un passatempo giocoso così
diffuso e il canto possano essersi incontrati in determinati contesti storici e geografici, per poi essere soppiantate da nuove tradizioni e costumi. Un canto che era puramente antifonale (a due voci in cui la seconda ripete
il verso della prima) per i giochi di coppia o i momenti
collettivi, ed era semplice o in coro rispettivamente per
la mamma con il figlio e per le comitive di ragazzi.
Canti: argomenti, testi e melodia
Contrariamente a quello che ci si aspetterebbe, i canti all’altalena studiati dall’antropologia, sono cantilene
dal ritmo lento e non brani ritmati e gioiosi. I canti erano soprattutto di tre categorie: di ingiuria (anche detti
“a dispetto”) ; di amore (cioè di corteggiamento) e quindi di svago.
Lasciamo al lettore la possibilità di approfondire l’argomento e di ascoltare i brani di cui esistono
registrazioni con l’aiuto delle seguenti indicazioni.
Fermandoci a Matera, recentemente Maria Carmela
Stella [2009] ha trascritto i canti all’altalena già proposti da Molinaro Del Chiaro [1883] e Rivelli [1924],
nelle cui versioni il testo del Ridola diviene il ritornello
solo come recitativo ma è preceduto da altri versi cantati.
Segnaliamo come uno dei capitoli sia liberamente consultabile online al seguente link:
www.old.consiglio.basilicata.it/pubblicazioni/stella/05_polivocali.pdf a pagina 65.
Del canto materano non abbiamo registrazioni orali.
I testi dei canti dei paesi del materano sono stati trascritti da Bronzini (Tricarico) [1964], e alcuni (Pisticci,
Tricarico, Ferrandina) sono nel libro di Balestra [2010,
p258-260]. Altri canti sono trascritti, e quindi registrati nei cd allegati, nel libro di Giorgio D’Adamo [2010]
Riportiamo invece qui il canto di Montescaglioso, come
trascritto da D’Ambrosio [2010], perchè di difficile reperimento:
E a nolda mana puort altre tre cose:
e n’anella, na caten’ e cinghe rose.
E furmicla bella mì puort nù’ vas.
Per chi abbia voglia di ascoltare le registrazioni audio
dei canti, segnaliamo soprattutto il sito dell’Archivio
Sonoro: www.archiviosonoro.org Sotto la voce Puglia
> Fondo Conservatorio U. Giordano di Foggia sono
presenti le registrazioni dei canti del sub appennino
dauno. Sul sito delle Teche RAI, sotto la voce “Archivio
del Folclore italiano - Basilicata” sono presenti gli audio del canto all’altalena di Stigliano (traccia n.24) e di
Tricarico (traccia n.27), registrate entrambe nel 1952.
Link diretto:
www.teche.rai.it/2014/11/archivio-del-folclore-musicale-italiano-basilicata/
Una versione rivisitata di un canto all’altalena “a bauce” è nel cd “I suoni dell’albero” a cura degli antropologi Feld e Scaldaferri. Il brano è disponibile su youtube
(link: youtu.be/slkRUBZZbfo )
Lasciamo quindi alla curiosità del lettore l’approfondimento della tematica e la possibilità di rintracciare,
nei Sassi o nei loro paesi (laddove le architravi siano costituite da materiale scalfibile come la calcarenite materana) i solchi verticali, ultime tracce superstiti di questa
antica tradizione scomparsa.
Ringraziamenti
Ringrazio per la disponibilità e le informazioni fornitemi Alessandro Castano,
Mauro Vincenzo Ciannella, Giuseppe Gambetta e Angelo Sarra
Bibliografia
[Bachtin 1975] M.Bachtin, L’opera di Rabelais e la cultura popolare, Einaudi, Torino
[Balestra 2010] A cura di Patrizia Balestra, Sciamboli e canti all’altalena,
Squilibri 2010
[Bronzini 1964] G.B. Bronzini, Vita tradizionale in Basilicata, Montemurro,
Matera, p139-142
[Carpitella 1954] Archivio di Etnomusicologia dell’Accademia nazionale di
Santa Cecilia, Raccolta 24, intervista del 28.8.1954, trascrizione riportata
anche in [Balestra 2010] a p 69
[D’Ambrosio 2010] D. D’Ambrosio, Sassincanto, opuscolo per cd, p. 15,
brano nr 4
[D’Adamo 2010] G. D’adamo, Musiche tradizionali in Basilicata, Squilibri
[De Martino 1952] Gente di Lucania, Viaggi in Italia, maggio-settembre
1952
[De Martino 1961/1994] E. De Martino, La terra del rimorso, Il Saggiatore,
Milano
[Leach 1973] E.R. Leach, Nuove vie dell’antropologia, Il Saggiatore, Milano
[Molinaro Del Chiaro 1883] Nuove poesie e prosa in dialetto materano,
Conti, Matera
[Ridola 1875] P.A. Ridola, Il regno delle Due Sicilie descritto e illustrato,
Volume V, p. 117
[Ridola 1857/1994] P.A. Ridola, Matera tra Storia e statistica alla vigilia dell’Unità d’Italia, con presentazione di Giovanni Caserta, Osanna
[Rivelli 1924] F.Rivelli, Casa e Patria, Conti, Matera
[Stella 2009] M.C. Stella, Canti Tradizionali del Materano, EDT
E furmicla bella mì puort nu’ vas
e puorti nu faccilett di cirase.
e cirase e cirasedd e rumanedd.
MATHERA
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