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Mentre continuano la battaglia a Tripoli e la caccia Gheddafi, ci sono vari interrogativi che pesano .
Libia e Convenzioni internazionali, 2019
(Pubblicato su VITA). La Farnesina ospiterà il 21 e 22 ottobre una conferenza sui diritti umani e l'aiuto umanitario in Libia. Secondo quanto appreso da Agenzia Nova, i lavori "al livello di alti funzionari" saranno aperti dalla viceministra degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Emanuela Del Re, e verteranno in particolare sul coordinamento degli aiuti umanitari e sul rispetto del diritto umanitario internazionale e dei diritti umani. L'incontro di natura "tecnica" è co-organizzato dalla Farnesina e dalla Direzione generale per la protezione civile e le operazioni di aiuto umanitario della Commissione europea (Echo). Nino Sergi propone una lettura basata sulle convenzioni internazionali che vincolano la Libia insieme alla Comunità internazionale. "La Libia non ha ratificato la convenzione di Ginevra sui rifugiati e richiedenti asilo: non può quindi essere obbligata a prendersene cura. In Libia i richiedenti protezione e asilo sono degli illegali e in quanto tali sono internati nelle carceri e nei centri di detenzione secondo le leggi di questo stato sovrano". Tante volte abbiamo letto o sentito queste o simili affermazioni. Sono parole che sono state assimilate perfino dalla cosiddetta comunità internazionale, cioè noi, l'Italia, l'Europa, i Paesi democratici, rimasti quindi impotenti e immobili. Gli Stati si sono limitati a guardare, talvolta a denunciare, nascondendo la propria inadeguatezza e pusillanimità dietro a questa ipocrita giustificazione. E' vero, la Libia non ha mai preso in considerazione la convenzione di Ginevra sui rifugiati con gli obblighi derivanti dal riconoscimento del loro status. Ha firmato invece una convenzione regionale africana sullo status di rifugiato e, per il momento, considera come aventi diritto solo quelli di sette nazionalità: siriani, iracheni, palestinesi, somali, eritrei, etiopi Oromo e sudanesi del Darfur, alcune delle quali sono state e sono presenti nei centri di detenzione. La Libia ha però aderito a vari altri trattati e convenzioni, con pari valore umano ed etico e con obblighi altrettanto vincolanti. Indubbiamente, lo stato di conflitto permanente, di instabilità e di caos politico che l'insensato intervento militare internazionale del 2011 ha provocato in Libia, indebolisce l'effettiva attuazione di tali obbligazioni; ma almeno non ci si nasconda dietro il rigetto libico della convenzione di Ginevra per giustificare l'inazione a cui abbiamo assistito negli anni e a cui continuiamo ad assistere. I centri illegali di detenzione in Libia devono essere chiusi. Le condizioni dei rifugiati e migranti ivi detenuti sono infatti una vergogna per tutta l'umanità che assiste paralizzata alle torture ed alle altre crudeli, disumani, degradanti pene che colpiscono ripetutamente uomini, donne, bambini. E' la credibilità della "comunità" internazionale che è ormai messa in gioco. E' stata ammessa l'apertura di una 'struttura di transito e partenza' gestita dall'Unhcr a Tripoli per chi ha bisogno di protezione internazionale, ma l'agibilità nei centri di detenzione governativi rimane molto limitata, così come nei punti di sbarco dove vengono riportate le persone intercettare in mare alle quali l'Unhcr offre assistenza medica, registrando chi è idoneo al riconoscimento dello status di rifugiato. Chi non lo è invece seguito dall'Oim che, sempre con molte limitazioni e difficoltà, provvede al trasferimento volontario e assistito in altri paesi. Un maggiore interesse e impegno dei governi che possono avere peso sulla Libia potrebbe ottenere molto di più e la Commissione africana dell'UA sui diritti dell'uomo e dei popoli potrebbe svolgere una seria indagine sulle gravi violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione libici. Sulla base della Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, ratificata da tutti gli Stati africani ad eccezione del Marocco, alla Commissione sono infatti attribuite le funzioni di promuovere e proteggere i diritti umani e dei popoli.
Massimo Bucarelli, Luca Micheletta (a cura di), Andreotti, Gheddafi e le relazioni italo-libiche, 2018
Tutti i volumi pubblicati nelle collane dell'editrice Studium "Cultura" ed "Universale" sono sottoposti a doppio referaggio cieco. La documentazione resta agli atti. Per consulenze specifiche, ci si avvale anche di professori esterni al Comitato scientifico, consultabile all'indirizzo web http://www.edizionistudium.it/content/comitato-scientifico-0.
Libia, tra princìpi e condizioni della realtà Tre anni fa, trattando la questione della guerra in Libia, scrivemmo che «la ragione principale della guerra anglo-francese contro la Libia nel 2011 è la stessa che guida ancora oggi la politica di queste due potenze come altre potenze esterne: estendere la propria sfera d'influenza in Libia». Da allora un fatto è sempre più evidente: sono proprio «altre potenze esterne» a definire con più determinazione la rotta di collisione dei divergenti interessi nazionali che oggi affondano le prospettive di pace. Si complica perciò un problema fondamentale, ossia che per ottenere una pace stabile occorre giungere a un compromesso politico tra le potenze esterne sulle proprie sfere d'influenza, senza produrre la partizione del Paese. L'alternativa, stante lo stallo sul teatro bellico, è una guerra lunga e sanguinosa. Intanto, in Libia, la gente scappa, muore al fronte o per strada e i suoi effetti si propagano in Europa.Cui prodest? A chi giova tutto ciò? La risposta a questa domanda non è possibile conoscerla mentre si combatte e si muore. Potrebbe però essere rivolta a coloro che, otto anni fa, ritennero sensato alimentare col proprio intervento militare l'inizio della guerra attuale o, perlomeno, decisero che la propria responsabilità politica non stava nella ragionevole ponderazione delle conseguenze delle proprie azioni bensì nell'astratta «responsabilità di proteggere». Proteggere chi, ci si potrebbe domandare oggi. «La Libia è stata sconvolta dalla violenza e dall'instabilità politica da quando Muammar Gheddafi è stato deposto e ucciso nel 2011», ha scritto la BBC con sintesi esemplare. Le conseguenze politiche e diplomatiche dell'intervento occidentale del 2011 restano, inutile sottolinearlo, l'unico criterio politico ragionevole sulla base del quale misurare il suo successo e le ragioni di chi lo ha voluto, deciso e sostenuto. L'esito si vedrà alla fine della guerra. Intanto pare evidente che l'obiettivo «umanitario», ossia la «responsabilità di proteggere», ha costituito solo il contrappunto, o la maschera, dell'obiettivo non dichiarabile del cambiamento di regime in Libia, come
S i legge spesso che la politica estera italiana ha avuto come caratteristiche costanti l'incoerenza e l'ambiguità, che in molte occasioni è stata soggetta ai cambiamenti umorali dell'opinione pubblica e alle diatribe interne dei partiti.
Casablanca. Le Siciliane, 2015
L'Isis occupa la Libia e il Califfo è pronto a salpare e annettersi la Sicilia e il Sud Italia! Servizi segreti, establishment militare, leghisti, neo e postfascisti sono concordi a lanciare l'allarme sulla penetrazione del terrorismo di matrice islamica nel martoriato paese nordafricano, ipotizzando perfino l'infiltrazione di agenti e kamikaze tra i migranti che sfidano il Mediterraneo per raggiungere Lampedusa o Pozzallo. A Roma, parlamentari, generali e forze di polizia esprimono sgomento. Il conflitto è esploso improvvisamente e non era possibile prevedere ciò che sarebbe accaduto a Tripoli e Bengasi! il comune ritornello.
in Africa, LXIII (2008), pp. 155-172., 2008
SIOI, 2023
After a lull of one year, the precarious calm that reigned in Libya following the 2020 ceasefire has been deeply undermined. The renewed volatility is driven by the resuming political polarisation, with two rival government vying for power, once again. The global energy crisis caused by Russia’s invasion of Ukraine has favoured the political resurrection of General Khalifa Haftar. His weaponization of oil resources resulted in a modus vivendi between rival authorities permanently engaged in power sharing practices that protract an untenable status quo.
American Journal of International Law, 1986
isara solutions, 2021
European Bulletin of Himalayan Research, 2022
Neoplasms of the Colon, Rectum, and Anus, Second Edition, 2007
International Journal For Multidisciplinary Research, 2024
Word prominence in languages with complex morphology, Bogomolets, Ksenia and Harry van der Hulst (eds.), Oxford: Oxford University Press. Chapter 10, 311–332, 2023
International Journal for Research in Applied Science & Engineering Technology (IJRASET), 2022
Atla Summary of Proceedings, 2021
Journal of Molecular Biology, 2003
European Journal of Human Genetics, 2000
Cell death & disease, 2017
Science of The Total Environment, 2019
IFIP International Federation for Information Processing