Giappone/La mancanza di risorse naturale e l’importanza della politica energetica
numero
quarantatré
La strategia di Tokyo,
tra Cina e USA
L’ascesa cinese ha creato una situazione di notevole difficoltà per il
governo di Abe sia sul piano della sicurezza sia su quello economico.
Difficoltà aggravate da alcune scelte di politica estera di Trump
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MATTEO DIAN
I
È docente presso il Dipartimento di
Scienze Politiche e Sociali
dell’Università di Bologna. Il suo ultimo
libro è “New Regional Initiatives in
China’s Foreign Policy. The Incoming
Pluralism in Global Governance”,
Palgrave MacMillan, 2018, con Silvia
Menegazzi.
© GETTY IMAGES
A sinistra l’illustrazione
realizzata nel 1996 da Marc
Burkhardt per l’edizione
americana (Random House) del
romanzo postumo di Jules Verne
“Parigi nel XX secolo”. Scritto
nel 1863 il libro non è stato mai
pubblicato fino al 1994, quando
THE CHALLENGE
l Giappone si trova oggi di fronte ad
uno scenario geopolitico molto complesso e ricco di sfide. In primo luogo, è il paese asiatico che percepisce
con più intensità la minaccia cinese sia
in termini di sicurezza sia in termini
di status e prestigio. Inoltre, la politica estera dell’amministrazione
Trump ha contribuito a complicare
ulteriormente alcune delle sfide geopolitiche ed economiche, generate
dall’ascesa di Pechino.
Il governo Abe ha risposto a queste
sfide con una strategia multi-dimensionale mirata a raggiungere una serie di obiettivi distinti: (1) mantenere la coesione dell’alleanza con gli Stati Uniti durante la presidenza Trump;
(2) preservare le norme fondamentali
dell’ordine politico ed economico
regionale, ampliando il ruolo del
Giappone al suo interno; (3) costruire un rapporto stabile, sebbene parzialmente competitivo, con la Cina.
La minaccia dell’ascesa
cinese
L’ascesa cinese rappresenta una minaccia fondamentale sia alla sicurezza sia per lo status di Tokyo nella regione. I dati sulle spese militari danno un’idea chiara della portata dell’ascesa militare cinese. Nel 2000 la
Cina dichiarava un budget di 22 miliardi di dollari. Oggi quella cifra è salita a 182 miliardi. Nel 2000 il Giappone spendeva 42 miliardi di dollari,
mentre oggi spende circa 48 miliardi.
Oltre all’espansione quantitativa delle proprie risorse militari, l’Esercito
Popolare di Liberazione ha dato vita
ad un vasto programma di modernizzazione, che include lo sviluppo di
capacità di proiezione di potenza in
tutta la Prima Catena di Isole, che va
dal Giappone a Singapore; ha migliorato il livello tecnologico di tutti i settori delle forze armate e ha sviluppato una marina militare in grado
di sfidare non solo quella giapponese, ma anche la settima flotta americana schierata nel Pacifico. Ciò ha
permesso alla Cina di promuovere
una strategia mirata ad ottenere il
controllo del Mare Cinese Meridionale – che passa anche dall’occupazione progressiva di isole contestate
– e a diminuire la credibilità delle alleanze tra Stati Uniti e i loro alleati
asiatici.
Pechino e Tokyo, inoltre, sono coinvolti in una disputa territoriale che riguarda le isole Senkaku-Diaoyu.
Questa disputa si è periodicamente
riaccesa negli ultimi anni, e rappresenta un termometro per l’andamento dei rapporti bilaterali tra i due
paesi.
In questo contesto i problemi per il
Giappone sono molteplici. In primo
luogo, la Cina in pochi anni, è diventata la maggiore potenza militare della regione, rendendo l’alleanza
con Washington vitale per la sicurezza
del paese. In secondo luogo, l’ascesa
cinese e la strategia ibrida, messa in
atto nel Mare Cinese Meridionale,
comportano due rischi: la possibile interruzione della principale via di comunicazione marittima che collega
Giappone, il Medio Oriente e l’Europa in caso di escalation e la possibile erosione della credibilità delle alleanze americane nella regione.
La Cina non rappresenta però solo un
problema di sicurezza. Costituisce anche una minaccia allo status del
Giappone, che dalla restaurazione
Meiji, nella seconda metà dell’Ottocento, in poi è stato il paese più prospero e più avanzato dell’Asia Orientale. Ora questo status è minacciato
dall’ascesa economica cinese.
Nel 1990 il PIL giapponese rappresentava circa il 70 percento della
ricchezza della regione, mentre la
Cina era ferma al 10 percento. Oggi
questa proporzione si è invertita: la
Cina produce il 50 percento del PIL
regionale. Inoltre il Dragone si è anche proposto come leader nel campo
dei processi di governance economica e finanziaria regionale: gli esempi
più significativi sono la Nuove Via
della Seta (o Belt and Road Initiative), la creazione della Banca Asiatica
per le Infrastrutture e gli Investimenti
(AIIB) e la promozione del mega accordo commerciale definito Regional
Comprehensive Economic Partnership (RCEP).
Abe, Trump e l’alleanza
Nell’ultimo decennio, ed in particolare dopo il ritorno di Shinzo Abe alla
guida del governo, la risposta del
Giappone all’ascesa cinese ha messo
in campo diverse strategie: il rafforzamento dell’alleanza con gli Stati
Uniti, culminata con l’approvazione,
nel 2015, delle nuove linee guida per
la difesa; la costruzione di rapporti bilaterali e mini-laterali con altri partner asiatici, quali il “QUAD”, con
Australia e India; il tentativo di costruire forme di governance economica “trans-pacifici”, quali la TransPacific Partnership.
Questa strategia multidimensionale è
stata messa in seria difficoltà dall’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Sia da candidato sia da presidente Trump ha dichiarato più volte il suo scetticismo
nei confronti delle alleanze, e ha accusato i principali partner europei ed
asiatici di sfruttare le alleanze per evitare di “pagare il conto” in termini di
spese militari. Trump, inoltre, si è dichiarato contrario a ribadire, in modo
incondizionato, l’impegno americano nella difesa dei propri alleati, subordinando la prosecuzione delle alleanze a possibili concessioni economiche e commerciali.
Nel settore economico, Trump ha immediatamente dichiarato l’uscita dalla TPP, mossa interpretata nella re-
77
Il Giappone in numeri
DATI MACROECONOMICI
gione come la fine del tentativo di plasmare le norme dell’integrazione
economica regionale in favore di
una forma di capitalismo di libero
mercato, a vantaggio del capitalismo di stato cinese. L’amministrazione Trump, inoltre, ha imposto tariffe contro i propri alleati, incluso il
Giappone, colpendo settori quali alluminio e acciaio.
Abe ha messo in campo una risposta
chiara, attribuendo priorità assoluta
alla sicurezza e al mantenimento dell’alleanza con Washington. Subito
dopo le elezioni del novembre del
2016 ha cercato di costruire un rapporto personale privilegiato con
Trump e di separare la gestione dell’alleanza dalla serie di problemi politici ed economici generati dalla
nuova amministrazione americana.
Per il momento la strategia di Abe ha
permesso di evitare una crisi più
profonda nei rapporti bilaterali ed ha
attenuato i timori giapponesi di un disimpegno americano. Inoltre, sviluppi
sfavorevoli al Giappone, come un accordo bilaterale tra Stati Uniti con la
Corea del Nord in assenza di de-nuclearizzazione, appaiono oggi meno
probabili rispetto al passato recente.
Ciò non ha però completamente dissipato il clima di incertezza che caratterizza l’alleanza durante l’amministrazione Trump. Tokyo teme sia il
rischio di “intrappolamento”, nel
caso in cui la guerra commerciale con
la Cina porti ad un innalzamento della tensione tra le due grandi potenze
anche nel settore militare, sia un
possibile “abbandono”, nell’ipotesi in
cui Trump sia pronto ad accettare accordi con Pechino che danneggino gli
interessi e la sicurezza giapponesi.
Fonte: ???????????
¥548.904,4
miliardi
(5.023 MILIARDI DI $)
PIL NOMINALE (2018)
0,8%
TASSO DI CRESCITA
REALE ANNUO
(2018)
0,2%
INDICE DEI PREZZI
AL CONSUMO (CPI)
(FEBBRAIO 2019)
TOKYO
2,3%
TASSO DI DISOCCUPAZIONE
(FEBBRAIO 2019)
RINNOVABILE
COMBUSTIBILI FOSSILI
NUCLEARE
I piani regionali
del governo giapponese
Le altre direttrici della strategia di Abe
sono considerate complementari e
non sostitutive dell’alleanza con gli
Stati Uniti. In primo luogo, il Giappone ha promosso una serie di iniziative bilaterali e mini-laterali che
coinvolgono una serie di partner in
Asia Orientale e Sud-Orientale. Queste iniziative sono mirate a contrastare
l’espansione dell’influenza cinese nella regione, sia nel settore economico
sia nell’ambito della difesa.
Nel settore politico-militare Tokyo
ha fortemente sostenuto l’idea del
“QUAD”, ovvero della cooperazione quadrangolare tra le democrazie
della regione, oltre a Giappone e Stati Uniti, India e Australia. Il mancato
successo di questa iniziativa ha indotto il governo giapponese a concentrare i propri sforzi sulla promozione di nuove relazioni bilaterali
nel campo della sicurezza. Ciò ha
portato alla creazione di accordi bilaterali con Australia, Vietnam, Filippine e Indonesia. Queste partnership, sebbene non costituiscano
vere e proprie alleanze, hanno favorito lo sviluppo di nuove forme di
cooperazione in particolare nel campo dell’addestramento, della sorveglianza e del pattugliamento di aree
marittime e nella cooperazione tecnologica in campo navale. Lo sforzo giapponese di creare un network
di nuove relazioni nel settore della
difesa rappresenta un tentativo di
aiutare gli stati, in particolare nel
sud-est asiatico, che non sono in grado di opporre resistenza all’aggressività di Pechino.
Nel settore della governance economica il Giappone ha cercato di reagire alla svolta protezionista imposta
da Trump in diversi modi. In primo
luogo, ha promosso l’approvazione e
la firma della nuova versione della
TPP, denominata TPP-11 o Comprehensive and Progressive Agreement for a Trans-Pacific Partnership.
Questo accordo, che include i partner
precedenti della TPP, ad esclusione
di Washington, tenta di dare vita ad
un’area “trans-Pacifica” di integrazione, basata su un approccio di libero
mercato, che limita in modo significativo il ruolo del settore pubblico e
delle imprese di stato, creando così
un ambiente inospitale per le imprese
2%
10%
15%
25%
numero
quarantatré
IL MIX ENERGETICO
Lo Strategic Energy
Plan giapponese prevede, entro
il 2030, una drastica riduzione
dell’uso dei combustibili fossili,
compensata da un significativo
incremento del nucleare, che
dovrebbe tornare a fornire
quasi un quarto del fabbisogno
energetico del paese.
Fonte: Strategic Energy Plan
78
22%
22%
2030
2010
(PRE-FUKUSHIMA)
2016
(PREVISIONE)
65%
83%
56%
THE CHALLENGE
di stato cinesi. Il peso della TPP-11
per quanto significativo è, tuttavia
molto ridotto dall’assenza degli Stati Uniti.
L’altro passo significativo è l’approvazione dei due accordi con l’Unione Europea: l’Accordo per il Partenariato Strategico e l’Accordo per il
Partenariato Economico. Entrambi
segnalano come il Giappone, così
come l’Unione Europea, cerchi di
consolidare l’ordine internazionale
contemporaneo, minacciato non solo
dall’ascesa cinese, ma anche dalle
politiche dell’amministrazione Trump.
Le mosse di Abe
STATI UNITI. Subito dopo le elezioni del
novembre del 2016 Abe cerca di costruire un
rapporto personale privilegiato con Trump,
separando la gestione dell’alleanza dai
problemi politici ed economici generati dalla
nuova amministrazione americana, scettica
riguardo alla cooperazione su difesa e
sicurezza e protezionista in ambito
commerciale.
UNIONE EUROPEA
Giappone e Unione Europea siglano
l’Accordo per il Partenariato Strategico e
l’Accordo per il Partenariato Economico.
Quest’ultimo è entrato in vigore il 1º
febbraio 2019 creando una zona di libero
scambio che interessa 635 milioni di
persone e circa un terzo del PIL
complessivo a livello mondiale.
CINA
Durante la visita di Abe a Pechino in
occasione del quarantesimo anniversario
del Trattato Bilaterale di Pace e Amicizia
del 1978, Cina e Giappone siglano una serie
di accordi strategici in materia di commercio,
finanza, tecnologia e cooperazione per
lo sviluppo. Il più significativo è quello
che riguarda la Belt and Road Initiative:
Tokyo decide di passare da un’implicita
opposizione al progetto ad una
partecipazione con una quota notevole
di investimenti (fino a 18 miliardi di dollari).
ASIA-PACIFICO
Il mancato successo del QUAD
(cooperazione quadrangolare tra
Giappone, USA, India e Australia),
induce il governo giapponese a
concentrare i propri sforzi sulla
promozione di nuove relazioni
bilaterali nel campo della sicurezza,
siglando accordi con Australia,
Vietnam, Filippine e Indonesia.
Sul versante economico, Abe
promuove la firma della nuova
versione della TPP, denominata
TPP-11 o Comprehensive and
Progressive Agreement for a TransPacific Partnership, che include tutti
i partner precedenti della TPP ad
esclusione di Washington.
Il rapporto con la Cina
Nonostante la Cina rappresenti per
il Giappone una sfida fondamentale
ed una minaccia al proprio status nella regione, il governo giapponese è
cosciente della necessità di costruire una relazione stabile e funzionante,
per quanto parzialmente competitiva con Pechino.
Questa necessità è determinata sia dall’elevata interdipendenza tra le due
economie, sia dal fatto che la sicurezza
giapponese sarebbe fortemente minacciata da un’escalation militare.
Inoltre, l’incertezza che caratterizza
l’alleanza con gli USA durante la presidenza Trump rende la posizione
giapponese ancora più precaria.
Dopo sei anni senza visite di stato bilaterali, il premier cinese Li Keqiang
è andato in visita a Tokyo, e Abe si è
recato a Pechino in occasione del quarantesimo anniversario del Trattato Bilaterale di Pace e Amicizia del 1978.
Queste visite hanno portato ad una serie di accordi. Il più significativo riguarda la svolta giapponese sul progetto Belt and Road. Tokyo ha deciso di passare da un’implicita opposizione al progetto ad una partecipazione
con una quota notevole di investimenti
(fino a 18 miliardi di dollari).
Alcuni sviluppi significativi hanno toccato anche il settore della sicurezza.
Nel giugno del 2018, i due paesi hanno approvato una linea di comunicazione diretta tra le forze armate, mirata ad evitare incidenti ed escalation
indesiderate.
Sarà possibile dare un giudizio definitivo sul significato politico e strategico di questi accordi solo nel medio-lungo periodo. Ad oggi sembrano indicare la volontà delle due parti di regolare la competizione bilaterale, limitandone le ricadute economiche e di sicurezza. Solo il tempo
dirà se si tratta di una distensione bilaterale generata dalle tensioni tra
Washington e Pechino, unite alle difficoltà attraversate dall’alleanza, o se
si tratta di una svolta significativa nei
rapporti bilaterali.
La politica energetica
In questo contesto la politica energetica assume un’importanza sempre
più centrale per il Giappone, paese
© GETTY IMAGES
completamente privo di risorse naturali. La dipendenza energetica dall’estero, e la vulnerabilità a potenziali
shock esterni tendono ad accentuare
ulteriormente i rischi per il paese.
Il disastro di Fukushima, seguito al
terremoto e allo tsunami dell’11
marzo 2011, ha aggravato questa situazione. Il governo è stato costretto a chiudere numerose centrali nucleari e a ridurre l’utilizzo di altre, portando il tasso di autosufficienza energetica dal 20 percento del 2010 a livelli inferiori al 10 percento negli anni
successivi.
Ciò ha comportato un incremento dei
prezzi dell’energia elettrica e un aumento della dipendenza sia dal petrolio mediorientale sia dall’LNG
importato da Qatar, Australia e Indonesia, accrescendo ulteriormente
l’importanza delle linee di comunicazione marittima che passano per il
Mare Cinese Meridionale.
Il governo giapponese ha recentemente pubblicato un nuovo piano
energetico, chiamato Strategic Energy Plan 2030. Questo piano prevede
una drastica riduzione dell’uso dei
combustibili fossili, con una diminuzione dell’uso del petrolio al 3 percento
del fabbisogno, mantenendo LNG e
carbone attorno al 25 percento.
Questo piano evidenzia l’impossibilità di costituire un mix energetico che
riduca la dipendenza da combustibili fossili, e di conseguenza meno
soggetto a shock esterni, senza tornare
ad investire in modo molto significativo sull’energia nucleare, che dovrebbe fornire circa il 22 percento del
fabbisogno nel 2030.
Uno sguardo al futuro
to una situazione di notevole difficoltà
per il Giappone, che deve fronteggiare una Cina sempre più assertiva
sia nel settore della sicurezza sia nel
settore economico.
Il governo Abe ha messo in campo
una strategia multi-dimensionale che
punta a preservare l’alleanza con
Washington, espandere i rapporti di
collaborazione con le altre democrazie della regione e a regolare gli
aspetti competitivi della relazione
con la Cina. Questa strategia, per
quanto abbia ottenuto risultati significativi nel breve e medio periodo,
non può nascondere quanto il Giappone abbia bisogno, nel lungo periodo, di una politica estera americana
in grado di fornire sicurezza stabilità e promuovere un sistema di governance economica aperta.
L’ascesa cinese e la politica estera dell’amministrazione Trump hanno crea-
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