SUBVERTISING
La pubblicità contro se stessa
Semiotica dei consumi
Marco d’Alessandro
0000854718
Indice
1. Introduzione: oggetto dell'analisi
2. Il panorama del subvertising
3. Tipi di subvertising nello Schema Narrativo Canonico
3.1 Il mito barthesiano, l'ancoraggio e il subvertising
4. Il tema del corpo
Conclusioni
Bibliografia e sitografia
Immagine di copertina: Hogre (Londra 2017)
1. Introduzione: oggetto dell'analisi
“This fight, waged in all places,
on all networks and circuits of communication
is the responsibility of all who believe another
world is possible.
This is our battle-cry, our semiotic war,
our rage against consumer mis-philosophy,
and the machines of predatory corporatism,
that block out the sun
burn our atmosphere [...]1”
(Brandalism - Declaration)
Per subvertising si intende l’insieme di pratiche di vandalizzazione creativa di affissioni, manifesti e
spazi pubblicitari messe in atto da collettivi e individui intorno al globo. Sono caratterizzate da
attacchi alla società consumistica, al monopolio commerciale delle grandi multinazionali, all’uso
tossico della pubblicità e alla pervasività opprimente di quest’ultima nello spazio pubblico urbano.
Attraverso la modifica parziale, la sostituzione o la brutalizzazione, il subvertising agisce nella
cornice semiotica definita dalla pubblicità, dalla quale attinge codici, linguaggi e stilemi per
sovvertirne il messaggio. Nel subvertising si fondono la società dei consumi e dell’informazione e il
vandalismo, la street art e la pop art, il branding e l’anonimato, dando vita a uno dei più chiari
esempi di culture jamming2.
In questa analisi andremo ad osservare il fenomeno collocandolo storicamente, per poi
studiare come si posiziona all’interno dello Schema Narrativo Canonico del consumo in senso
ampio3. Tra un enunciatore-azienda e un enunciatario-consumatore va infatti a insinuarsi il
subvertiser, agendo a livello della Manipolazione, della Competenza ma anche della Sanzione, a
seconda delle tattiche utilizzate. Insieme a Barthes osserveremo come l’ancoraggio di un testo a
un’immagine venga scardinato dall’enunciazione intrusiva del subvertising, che svuota il mito
pubblicitario iniettandolo di nuovi significati. Vedremo poi nello specifico alcuni esempi, legati alla
rappresentazione del corpo nella pubblicità.
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http://brandalism.ch/manifesto/
Sabotaggio culturale
https://giovannacosenza.files.wordpress.com/2018/05/1-fra-semiotica-dei-consumi-e-marketing-esperienziale.pdf
2. Il panorama del subvertising
Il subvertising trova le sue origini più antiche negli anni Cinquanta, nelle pratiche di détournement4
nate in seno ai movimenti culturali scaturiti dalle internazionali lettrista e situazionista. Agendo
all’interno della comunicazione e della cultura di massa, l’obiettivo era quello di creare visioni
alternative negli enunciatari, prospettive nuove in grado di suscitare sorpresa e spaesamento.
Modificando con ironia pubblicità, fumetti, riviste e quant’altro, il movimento situazionista giocava
nel mescolare e decontestualizzare immagini, brand ed annunci già inseriti nella cultura di massa e
conosciuti al pubblico per creare scarti di senso.
Circa vent’anni più avanti si osserva la nascita vera e propria del fenomeno del subvertising.
Parliamo del Billboard Liberation Front5, movimento che muove i primi passi nella San Francisco
del 1977, basato sull’idea che i cittadini potessero e dovessero usare la loro creatività e
immaginazione per modificare i messaggi della pubblicità legate ai grandi marchi aziendali
(Bearder 2012, p. 6). La pubblicità viene ora intesa nella sua radice etimologica 6, ovvero come
spazio pubblico a disposizione delle voci di tutti, un luogo collettivo dove dar fiato a sentimenti di
protesta e comunicazione da-e-verso la collettività, piuttosto che luogo unidirezionale di
comunicazione privata. La tecnica è quella già propria del détournement situazionista: dalla
modifica di un’immagine, di una lettera di un logo o una parola di un pay-off scaturisce un
ribaltamento semantico che investe l’intero annuncio pubblicitario. Ciò che si osserva è una sorta di
vandalismo parassitario creativo, che attacca e modifica il suo ospite mantenendone però intatto
l’involucro e la forma. Gli oggetti presi di mira erano principalmente le enormi affissioni
pubblicitarie, tipiche del panorama urbano statunitense.
Il fenomeno si diffonde rapidamente su scala globale, attraverso reti di collettivi sempre
inseriti nel contesto della culture jamming, termine-contenitore che descrive un ampio insieme di
pratiche e attività anticonsumistiche e di protesta creativa, rivolte contro la cultura mediatica
dominante e la sua imposizione di modelli (di consumo, estetici, professionali) standardizzati (Klein
2009, p. 280 e ss.). Come vedremo più precisamente in seguito, il subvertising assume diverse
forme, cambiando il modo in cui agisce all’interno dello - o contro lo - Schema Narrativo Canonico
proprio del consumo in senso ampio. Tra i primi movimenti a raccogliere la lezione del Billboard
Liberation Front troviamo il BUGA-UP 7 in Australia. Nato a fine anni Settanta, il gruppo iniziò ad
attaccare, vandalizzando e modificando, le pubblicità dilaganti nel paese di tabacco e alcool.
L’obiettivo era contestare la vendita sfrenata di prodotti di fatto nocivi per la salute, investiti di
valorizzazioni utopiche (Floch 1990) dalle agenzie pubblicitarie col beneplacito del governo.
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Dal primo manifesto dell’Internazionale Situazionista (1958): “Détournement - short for ‘détournement of
preexisting aesthetic elements.’ The integration of present or past artistic productions into a superior construction of
a milieu. In this sense there can be no situationist painting or music, but only a situationist use of those means. In a
more elementary sense, détournement within the old cultural spheres is a method of propaganda, a method which
reveals the wearing out and loss of importance of those spheres.” https://www.cddc.vt.edu/sionline///si/is1.html
http://www.billboardliberation.com/
Dal francese publicité, derivazione di public: “pubblico”.
Billboard Utilising Graffitists Against Unhealthy Promotions, http://bugaup.org/index.html
Un esempio leggermente diverso è il movimento Antipub8 in Francia, che lascia in disparte
le tecniche di détournement vere e proprie, caratterizzate da modifiche alle affissioni originarie e
giochi verbovisivi, per concentrare le proprie azioni di protesta sull’invasione da parte di aziende
private di spazi pubblici, all’interno delle città. Il movimento francese agisce attraverso diverse
operazioni di vandalismo organizzato. Copertura integrale delle affissioni, brutalizzazione dei
manifesti con semplici scritte, come “Adv = violence”, sostituzione integrale di centinaia di
manifesti affissi nelle metropolitane, operazioni legali contro leggi parlamentari9. Per i gruppi
francesi l’oggetto dell’attacco è il sistema pubblicitario in sé: non si tratta di mostrare i sottili fili di
manipolazione, giocando e sbeffeggiando, agendo all’interno della cornice, ma di negare
dialetticamente una forma di discorso privato che invade lo spazio pubblico.
Segue la filosofia del détournement il gruppo Adbusters10, organizzazione e magazine nati in
Canada a fine anni Ottanta responsabili di numerose campagne internazionali incentrate su lotte
ambientaliste, anticonsumiste e anticapitaliste. Tipica di questo gruppo è un’accurata ricerca estetica
della comunicazione: parole e immagini sfruttate coscientemente come strumenti modellizzanti di
un nuovo panorama mentale. Nelle parole di Kalle Lasn, uno dei fondatori: “I believe that one of
the most powerful things of all is aesthetics. 11”. Proprio del gruppo Adbusters è stato il lancio di una
delle mobilitazioni politico-economiche più partecipate dell’ultimo decennio: Occupy Wall Street.
La pubblicazione dell’immagine della ballerina adagiata con grazia sulla statua del toro simbolo di
Wall Street, corredata dall’hashtag #OCCUPYWALLSTREET è stata la scintilla estetica che ha
portato al credere possibile una tale occupazione di piazza. Il passo dall’immaginazione all’atto è
stato breve. “We didn’t tell people to go out to Wall Street,” spiega Micah White, Senior Editor di
Adbusters, “All we said was, ‘Wouldn’t it be beautiful if people went to Wall Street,’ and then they
felt inspired and made it their own. It’s not something that Adbusters did; it’s something we did
together.”12
Sulla stessa linea d’onda, con l’attenzione rivolta principalmente verso i manifesti
pubblicitari presenti nelle pensiline del trasporto pubblico oltre ai grandi poster, si colloca il
movimento Brandalism13. Nato nel Regno Unito nel 2012 ha allargato presto il suo raggio d’azione
a tutta l’Europa. Il gruppo concentra la sua attenzione sulla riconquista, da parte degli individui,
degli spazi e delle narrazioni che compongono le città, occupate per la maggior parte da pubblicità.
Risemantizzando lo spazio pubblico, il movimento Brandalism mira a trasformare le relazioni
commerciali che saturano la sfera pubblica in relazioni discorsive, “a theater for debating and
deliberating rather than for buying and selling.14”. In occasione della conferenza mondiale sul clima
delle Nazioni Unite COP21, tenutasi a Parigi nel dicembre 2015, gli attivisti hanno organizzato
un’operazione di subvertising su vasta scala, installando più di 600 manifesti per la città, pochi
giorni prima che iniziassero le conferenze. Presa di mira era l’ipocrisia di governi e corporazioni nel
sostenere temi ambientalisti essendo al tempo stesso i principali responsabili di emissioni inquinanti
https://antipub.org/
Si veda il sito nella nota precedente per un’ampia panoramica delle operazioni del gruppo.
https://www.adbusters.org/
https://www.nytimes.com/2011/11/28/business/media/the-branding-of-the-occupy-movement.html?
pagewanted=all&_r=0
12 https://thelinknewspaper.ca/article/the-ballerina-and-the-bull
13 http://brandalism.ch/
14 Bill Posters, 2014 su http://brandalism.ch/issues/advertising-shits-in-your-head/
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(il cosiddetto greenwashing di un brand). La campagna attirò grande attenzione mediatica,
ottenendo il premio Activist of the year nell’undicesimo Grand Prix de la Communication Solidaire.
Un altro approccio lievemente diverso è quello dello street artist italiano Hogre15, attivo in
questi anni a Londra e in Italia. L’attitudine è sempre quella del détournement, ma con
un’attenzione particolare rivolta alla cornice. Le grandi affissioni, spogliate del loro contenuto, sono
sostanzialmente un altro tipo di tela. Sostituendo il manifesto presente sotto il vetro di una pensilina
con uno diverso, magari completamente reinventato o una stampa artistica, scompare la pubblicità
originaria ma rimangono il significato, il valore e il tipo di discorso che noi enunciatari siamo soliti
attribuire al testo in quel luogo.
3. Tipi di subvertising nello Schema Narrativo Canonico
Pensiamo allo Schema Narrativo Canonico greimasiano applicato ai consumi16. In esso le pratiche
di consumo in senso stretto, l’acquisto effettivo della merce/servizio, corrispondono alla fase della
performanza, il momento in cui il Soggetto trasforma lo stato delle cose. Se consideriamo però il
consumo in senso ampio, ecco che vediamo coinvolte tutte le fasi dello Schema. La manipolazione
comprenderà tutto il discorso pubblicitario: il dialogo tra un Destinante che convince un Soggetto
riguardo la possibilità di intraprendere un certo programma narrativo (Traini 2008, p. 148). Anche la
competenza, che riguarda il dotarsi del Soggetto delle modalità che lo renderà abile al consumo, è
propria, in parte, del discorso pubblicitario (Lancioni 2004, p. 312): il testo può trasmettere un
sapere riguardo un prodotto o riguardo l'azienda, può stimolare un volere giocando sulle molteplici
sfaccettature del desiderio, un dovere nel caso di comunicazione sociale e conferire al Soggetto un
potere virtuale. La performanza riguarda la pratica di consumo in sé, mentre la sanzione viene
lasciata nelle mani del Soggetto, non più del Destinante, nella forma di commenti, consigli, critiche
e valutazioni instaurati dai consumatori nei loro discorsi, siano questi on-line o in gruppi sociali17.
Se consideriamo la pubblicità il testo frutto di una ben precisa operazione di enunciazione, il
subvertising scombina le carte in tavola inserendosi come nuovo enunciatore in un discorso altrui,
sovrapponendosi, sostituendosi o distruggendo l’istanza precedente. Palesando in sostanza la
pubblicità come enunciazione enunciata. Distinguiamo per iniziare tre casi:
•
•
il subvertising détournista, quello che modifica un affissione esistente, nel testo o
nell’immagine, con diversi gradi di mimesi. Distingueremo ora un grado di accordo alto (dal
cambiare poche lettere o parole mantenendo anche uguale font e cromie o modificando
l’immagine nello stesso stile del manifesto), e uno basso (modifiche grafiche palesi,
collage);
il subvertising mimetico, quello che crea nuovi manifesti o poster e li sostituisce a quelli
vecchi, mantenendo anche qui diversi gradi di accordo col codice di comunicazione
15 Dall’incontro col quale, durante un laboratorio pratico di subvertising, è nata l’idea per questo lavoro.
16 Per la seguente analisi traggo gli spunti fondamentali da Traini (2008, cap. 6), Lancioni (2004) e da Cosenza (si
veda nota 3).
17 Seppur possiamo considerare le pratiche di “ricompensa” (concorsi a premi, sconti fedeltà, eccetera) come sanzioni
positive del Destinante-azienda sul consumatore.
•
pubblicitario, dall’imitare lo stile delle affissioni al distanziarsene del tutto, sfruttandone
solo la cornice come voce legittimatrice;
il subvertising brutale18, quello che si intromette con più forza nel testo altrui lasciando più
palese la traccia della propria enunciazione, dallo scrivere sui poster con bombolette spray al
coprire integralmente un annuncio.
Figura 1: Antipub (Tolosa, 2017).
Copertura integrale.
Figura 2: BUGA-UP (Australia, 1980 circa). Attacco all’industria del
tabacco e alle sue rappresentazioni mitiche.
Volendo analizzare la voce di un enunciazione intrusiva, partiremo dall’ultimo caso delineato: il
subvertising brutale, che nello Schema Narrativo Canonico agisce nella fase della manipolazione
del discorso pubblicitario. Coprendo integralmente un annuncio, si impedisce fisicamente che il
messaggio inteso venga recepito dal Destinatario. Scrivendoci sopra le situazioni variano.
Attraverso la critica diretta, il subvertiser assume la voce di un sanzionatore negativo, che attacca
direttamente il Destinante-azienda. Si lascia così aperta e visibile la manipolazione prima
delegittimandone l’origine e il messaggio, proponendo un anti programma narrativo in cui
idealmente il subvertiser, come unità partitiva staccatasi dall’unità integrale dei consumatori
(Pozzato 2001, p. 84), sanziona negativamente l’origine del messaggio. Presi di mira sono
solitamente discorsi pubblicitari in cui ha la prevalenza la funzione costruttiva del linguaggio 19, il
modo mitico e sostanziale di far pubblicità, così come delineato da Floch (1990, trad. it. p. 241).
Col suo sguardo critico o ironico, il subvertiser riporta il linguaggio alla sua funzione
rappresentazionale, esponendo ad esempio le conseguenze tragiche del fumo o dell’abuso d’alcol.
18 Uso il termine “brutale” non tanto nell’accezione italiana di maltrattare, seviziare, ma in quello derivato dall’inglese
brutalise: “make (someone) cruel, violent, or insensitive to the pain of others by repeated exposure to violence”
(Oxford Dictionary). Se i subvertiser considerano la pubblicità un atto violento, il suo saturare gli spazi pubblici ne
ha reso le persone insensibili, assuefatte. Il subvertising emerge rompendo questo schema, riportando la
concentrazione dell’osservatore su ciò che sta guardando, rendendolo consapevole della violenza compiuta ai suoi
danni.
19 Concetto introdotto da Floch in Semiotica, marketing e comunicazione (1990). Per un’introduzione si veda Pozzato
2001, cap. 21.
Hogre – acrilici su manifesto
originale (Londra, 2015).
La felicità della CocaCola
diventa la gioia del vandalismo.
Figura 3
Billboard Liberation Front
(San Francisco, 2010).
Hai circa 10.000 papille
gustative. Uccidile tutte.
(L’originale recita usale).
Figura 4
Veniamo ora al subvertising che abbiamo definito détournista. Qui il subvertiser è come se
iniettasse una porzione di senso nuovo, un concetto dentro una forma direbbe Barthes (1957, trad.
it. p. 198 e ss.), punto su cui ritorneremo. Agendo a livello della manipolazione, non vi si oppone
ma vi si inserisce come voce addizionale, come Destinante-ombra che può palesare o meno la
propria presenza evidente. Il discorso del subvertiser, oltre a riproporre gli elementi di sanzione
negativa alla pubblicità che abbiamo già visto, tende anche a modalizzare il Destinatarioconsumatore. L’obiettivo è spesso quello di fornire la meta-competenza “consapevolezza” riguardo
le illusioni vendute dalla pubblicità, un sapere esplicito sulla manipolazione implicita. Le metacompetenze possono riguardare il passato o il presente del marchio preso di mira, le sue
contraddizioni rispetto al messaggio presentato nella pubblicità o le stesse caratteristiche del
prodotto. Ancora, i bersagli possono essere i sistemi più ampi a monte della pubblicità, dalla società
dei consumi alle politiche di uno stato. Il subvertiser sfrutta così il codice iconico della pubblicità
per inserirvi un discorso diverso, per farlo filtrare quasi senza resistenze nel Destinatario.
Figura 5: Brandalism (Parigi, 2015). Operazione
massiccia di subvertising in occasione delle conferenze
sul clima COP21.
Figura 6: DoubleWhy (Roma, 2017). La possibilità di
avere un figlio in una coppia di donne. Inseminazione
artificiale, l’unico concepimento davvero immacolato.
Arriviamo infine al subvertising mimetico. Non si tratta più di enunciazione intrusiva ma di un testo
nuovo, originale, che va a sostituire il messaggio preesistente. Partendo dai casi di alta mimesi col
discorso pubblicitario, si nota come il subvertiser si travesta con i panni dell’istanza enunciante
dell’affissione, mantenendo spesso marche dell’enunciazione primaria, come può essere il logotipo
dell’azienda. Così facendo ruba al marchio le sue connotazioni di autorevolezza sfruttandole per il
proprio discorso di accusa. Rimangono validi per il subvertising mimetico i discorsi sulle metacompetenze visti per il subvertising détournista e l’attacco alle diverse fasi dello Schema Narrativo
Canonico, dall’esposizione dei fili della manipolazione, ai sapere corrisposti fino alla sanzione
negativa sull’azienda, con un punto in più. Se nei primi due casi visti le marche di enunciazione del
subvertiser sono da palesi a celate, ma pur sempre presenti e ben disposte all’essere notate 20, qui si
tratta di una nuova enunciazione enunciata la cui istanza di produzione rimane più lontana. Si
presterà al vero dialogo col Destinatario una volta che questo avrà notato l’inganno, e tanto più tardi
lo scopre tanto più si convalida la sanzione sulla pubblicità di per sé portata avanti dai subvertiser:
una manipolazione inconscia che subiamo senza neanche accorgercene. In altri casi il subertising
mimetico mantiene della pubblicità originale solo la cornice, lasciando spazio interamente al
discorso dell’individuo che si riappropria dello spazio pubblico-ma-privato dell’affissione.
20 Possiamo dire che vogliono farsi notare.
In generale il subvertising gioca con quelle che sono le “funzioni del linguaggio” (Floch
1990) della pubblicità, ribaltandole e ponendole in conflitto tra loro. Ad esempio la pubblicità
obliqua, sfruttando il paradosso e l’ironia, “nega il rapporto referenziale con la realtà” e “modifica
in senso euforizzante la percezione delle cose” (Pozzato 2001, p. 256). Il subvertising ritorce ora
questa funzione contro se stessa: modifica in senso disforizzante la percezione del mondo,
esplicitando i rapporti con una realtà necessariamente tenuta nascosta, come mostrare le condizioni
degradanti dei lavoratori e il vero prezzo necessario a realizzare una scarpa Nike in una fabbrica in
Vietnam21.
3.1 Il mito barthesiano, l'ancoraggio e il subvertising
Emerge una lettura interessante del subvertising se visto alla luce delle teorie di Barthes sul mito
(Barthes 195722). Egli parte dalla correlazione che esiste tra significante e significato, la quale si dà
a chi percepisce come segno, per poi espandere il discorso e usarlo come base del funzionamento
del mito. “Nel mito si ritrova appunto lo schema tridimensionale: il significante, il significato e il
segno. Ma il mito è un sistema particolare in quanto si edifica sulla base di una catena semiologica
preesistente: il mito è un sistema semiologico secondo. Ciò che è segno […] nel primo sistema, nel
secondo diventa semplice significante.” (ivi, trad. it. p. 196, corsivo nel testo). In correlazione col
segno primario - detto senso se considerato al vertice della prima piramide, mentre designato come
forma se inteso come base del piano del mito - si pone un nuovo significato, che Barthes chiama
concetto. Da questi emerge il terzo termine, il discorso mitico, la significazione, di cui viene
sottolineata la doppia funzione di designare e notificare, far capire e imporre (ivi, p. 199). Punto
fondamentale ai fini dell’analisi è l’impoverimento del senso nel diventare forma, il regredire da
segno linguistico a significante mitico23, condizione necessaria per poter accogliere il sapere
veicolato dal concetto.
La pubblicità ben si configura come discorso mitico24: accostando a un segno un nuovo
concetto, l’azienda trasforma il primo nella propria narrazione, lo modifica e lo restituisce al
pubblico carico di nuovo significato. Nell’unione tra immagine e testo verbale tipica della
pubblicità, la parola fissa i molteplici possibili significati dell'immagine, li direziona. Barthes
definisce questo processo ancoraggio, il quale “costituisce una specie di morsa che impedisce ai
sensi connotati di proliferare verso regioni troppo individuali […], o verso valori disforici.”
(Barthes 1982, trad. it. p. 29). In questo contesto, il subvertising può agire come dispositivo
scardinatore, in grado di recuperare i significati dell’immagine che il testo ancorato aveva soppresso
e portarli a galla. In modo opposto al testo pubblicitario, il testo sovvertito guida l'interpretazione
proprio verso i valori più disforici nascosti dietro il vetro protettivo dei manifesti. In pratica, se il
testo ha valore repressivo (ivi, p. 30) nei confronti dell'immagine, il subvertising gioca nel rompere
21 https://qz.com/1042298/nike-is-facing-a-new-wave-of-anti-sweatshop-protests/
22 In particolare p. 191 e ss. della trad it. fornita in bibliografia.
23 Impoverimento ma non soppressione, il senso viene sempre mantenuto a disposizione come nutrimento segnico per
la forma.
24 È importante ora non sovrapporre il concetto di mito di Barthes a quello di pubblicità mitica di Floch.
il ruolo di controllo preesistente o nell'inserire nell'immagine elementi che attirino a sé l'ancoraggio
del testo, indirizzando l'osservatore su diversi percorsi di significazione. Tornando al mito, avremo
dunque una nuova attribuzione di significato a un sistema segnico complesso già esistente. Il
sistema che abbiamo definito mitico viene ora impoverito del suo significato (quello costruito
nell'enunciazione pubblicitaria) per accoglierne di nuovi, radicalmente differenti, frutto di
un'enunciazione intrusiva. L'idea è che si possa aggiungere un gradino allo schema barthesiano
(Önal 2005, p. 46), ottenendo il meccanismo di produzione del senso del subvertising25.
Figura 7: Il subvertising agisce sia a livello del mito sia ristrutturandone la base linguistica.
Figura 8: Billboard Liberation Front (Manhattan, 2010). L’originale recita “She is a
thing of beauty” (è una bellezza). Cancellando solo due parole l’intero ancoraggio
cambia: un uomo osserva affascinato una donna bere una birra e pensa “è un oggetto”.
25 Mi riferisco in particolare al subvertising détournista e a quello mimetico. In quello brutale si interrompe lo
scambio di significati attraverso la negazione totale dell'annuncio pubblicitario come forma comunicativa in sé, ma
resta valido il discorso. Pensiamo a un'intera affissione coperta e corredata da una scritta accusatoria verso il
sistema pubblicitario: assumendo l'intera comunicazione pubblicitaria come mito-senso, coprirla e scriverci sopra è
l'attribuzione di nuovo significato. In particolare, coprendola non svanisce il senso di quel mito, anzi. Così come il
senso si impoverisce diventando forma, questa assenza figurativa è lo scarnificarsi estremo della pubblicità. Così
svuotata rimane comunque piena di virtualità: mantiene le caratteristiche fondamentali del discorso affinché il
subvertising vi si possa attaccare per ridirezionarlo. In questo caso l'elemento base, necessario e sufficiente, della
pubblicità è solo la sua cornice.
4. Il tema del corpo
Al centro degli attacchi di numerosi atti di subvertising vi sono le pubblicità che mostrano corpi
oggettificati ed ipersessualizzati. Un tema non difficile da trovare in ogni genere merceologico,
particolarmente presente nelle categorie del dell'abbigliamento, della cosmetica e dei profumi.
Viene contestato con forza il proporre modelli di bellezza impossibili, irreali e finti, al servizio di un
consumismo che vende non solo prodotti, ma soprattutto illusioni e desideri tossici. È sotto attacco
la costante ostentazione e oggettificazione dei corpi maschili e femminili, questi ultimi in
particolare, ai quali in pubblicità è riservato da sempre il destino peggiore. Che il sesso venda in
pubblicità è cosa risaputa, oltre all'essere tanto sintomo quanto effetto della scarsa creatività, in
quanto il modo più semplice per attirare l'attenzione del pubblico (Cosenza 2011). Se questi corpi
sono stati da sempre presenti nel panorama pubblicitario, allo stesso modo sono stati nel mirino dei
subvertiser, dai tardi anni '70 ad oggi. Vediamo ora nello specifico alcuni esempi: partiremo dalle
rivisitazioni della campagna “Obsession” di Calvin Klein ad opera del gruppo Adbusters per poi
osservare un caso italiano, l'attacco alla campagna di Intimissimi con protagonista Irina Shayk.
Figura 9: Lo sguardo magnetico di Kate Moss
La campagna pubblicitaria del profumo Obsession del 1993 ha come protagonista una giovane Kate
Moss, appena diciottenne, fotografata dal compagno del tempo Mario Sorrenti mentre entrambi si
trovavano sulle Isole Vergini, da soli, senza alcun team di fotografi o truccatori 26. Le affissioni sono
caratterizzate da grandi mezzibusti della Moss, in bianco e nero o coi toni tendenti al seppia, sempre
con lo sguardo fisso in camera atto a coinvolgere l'enunciatario in un débrayage enunciazionale. Gli
sfondi anonimi, neri o neutri, danno pieno risalto alla figura umana che vi si staglia sopra. In cima
all'annuncio, centrata, la headline “Obsession”, nome dello stesso profumo. In fondo,
26 https://www.vogue.com/article/kate-moss-original-1993-calvin-klein-obsession-perfume-campaign-images-newobsessed-perfume
simmetricamente, il logo di Calvin Klein e la dicitura “parfum” o “eau de toilette”. Peculiarmente
rispetto alla grande maggioranza delle pubblicità di profumi, in questa campagna non viene
mostrato il packaging del prodotto. Riprendendo Barthes, avremo il testo “Obsession” che si ancora
all'immagine di una donna bella, nuda e che ci fissa direttamente limitando la significazione a una
coppia ambivalente: è la donna ad essere ossessionata da noi (quando avremo comprato il profumo)
o siamo noi ad essere ossessionati da lei? In alcuni manifesti, sotto alla headline “Obsession”
troviamo anche “for men”, dicitura normale per specificare il destinatario maschile della fragranza,
che qui si lega inevitabilmente ad “Obsession” trasformandosi nella frase, letteralmente,
“ossessione per gli uomini”, rinforzando la prima significazione della coppia delineata. Non si tratta
né della prima né dell'unica campagna per il profumo Obsession, seppure la più iconica, ma quasi
tutte mantengono costanti alcune caratteristiche principali: tinte insature, organizzazione topologica
di testo e immagine, centralità di corpi mai a figura intera, nudità, sessualità, minimalismo
figurativo. Se la parola “ossessione” porta con sé semi caratteristicamente disforici 27, vengono tutti
narcotizzati dalla ricchezza euforizzante della sessualità. Si mantengono allora vivi quelli di
focalizzazione, di persistenza e di fissità, ben ripresi a livello visivo dall'unico soggetto, dallo
sguardo in camera, dai toni contrastati quasi completamente insaturi.
Figura 10: Adbusters - Obsession
Figura 11: Adbusters - Obsession
Passiamo ai nostri esempi di subvertising. L'organizzazione topologica è la stessa, la scritta
“Obsession” centrata in alto con lo stesso font dell'originale, la figura umana che domina al centro,
un'ulteriore porzione di testo in fondo, non il logo dell'azienda ma soltanto la dicitura “for
women/for men”. Anche le tonalità di colori e le luci sono coerenti con gli originali. Ciò che cambia
radicalmente è proprio l'immagine. Per la donna abbiamo un soggetto di spalle a mezza figura
piegata in avanti, nuda e magra: notiamo le scapole appena sporgenti e il processo spinoso
vertebrale. Ha un braccio intorno alla vita a stringersi il fianco, l'altro steso orizzontalmente ad
27 Stato di chi è indemoniato, patologia psichiatrica, idea persistente, incubo, causa di stati di angoscia (dal dizionario
Treccani).
uscire dall'inquadratura mentre copre il viso, chino verso sinistra. Dietro la donna e sotto al volto,
una forma concava bianca, di materiale lucido: un sanitario da bagno. Per l'uomo abbiamo il
protagonista in piano americano di fronte a noi, muscoloso e depilato, in intimo. Il soggetto con la
mano sinistra estende l'elastico dei boxer e china la testa, col viso per la maggior parte in ombra, ad
osservarne attentamente il contenuto. L'elastico delle mutande porta la scritta “Calvin Kline”,
inversione di due lettere che quasi passa inosservata. La campagna originale, attraverso lo sguardo
diretto, instaurava subito un dialogo io-tu con l'osservatore, mettendo in gioco la direzione stessa
dell'ossessione: è la tua (che mi guardi) o è la mia (che ti guardo)? Nelle versioni sovvertite
l'assenza di sguardo confina l'ossessione ai soggetti rappresentati, rendendo l'enunciatario un
personaggio esterno che quasi sbircia vedendo qualcosa che non dovrebbe. È la loro ossessione che
stiamo vedendo, con tutti i suoi semi disforici attivi e disponibili. La significazione prende allora il
suo corso, nel primo caso portandoci a vedere una donna che, ossessionata per la magrezza
impostale dal mondo della moda, vomita in bagno; nel secondo ad un uomo che, nonostante la
prestanza fisica, è assillato dalle dimensioni del proprio pene. In entrambi i casi, la luce è puntata
sull'ossessione del proprio corpo e su quanto questa possa risultare tossica, così per come viene
veicolata dalle pubblicità. Anche la distanza spaziale della dicitura “for women/for men” da
“Obsession” rinforza il senso che si tratti della loro ossessione, o di chiunque si riconosca nel
simulacro da loro rappresentato. La differenza di senso nel leggere “obsession for men” di filato e
“obsession … … … for men” è notevole28.
Figura 12: La molle staticità di Irina Shayk
Il prossimo caso è tutto italiano. Il manifesto originale di Intimissimi per la campagna 2017
mostra la modella Irina Shayk a mezza figura in intimo, sinuosamente appoggiata sul fianco, ma
irrealmente statica. Le braccia escono dall'inquadratura verso il basso, tagliate a metà avambraccio,
la è testa delicatamente inclinata a destra mentre lo sguardo si perde, assente, oltre la fotocamera. In
alto a sinistra, il logo Intimissimi e il pay-off “Italian lingerie”. In risalto, troviamo il generoso seno
28 Ossessione rivolta verso gli uomini - l’ossessione, da parte degli uomini.
della modella, contenuto dal reggiseno pubblicizzato, mentre la pelle levigata sembra quasi
scintillare. L'insieme di sguardo, posa, trucco e pelle ci riportano alle categorie di donna nelle
pubblicità29 di “disponibile sessualmente” e “manichino”. E cos'è un manichino disponibile
sessualmente, se non una bambola gonfiabile? Compare a Roma a giugno 2017, a Torino in formato
più grande nel settembre dello stesso anno, l'attacco che porta la firma dei subvertiser Hogre e
DoubleWhy. I due riproducono la Shayk nella stessa posa esasperandone l'effetto finto della pelle e
dei capelli, estremizzando le manipolazioni digitali che già modelle e modelli abitualmente
ricevono. Gli occhi palesemente finti e il viso irreale circondano la bocca, trasformata in quella
propria delle bambole gonfiabili destinate a scopi erotici. Il logo e il pay-off, coerenti nel font con
l’originale, recitano “Fintissimi – Finalmenty perfetty”. Senza troppi giri di senso, il subvertising
agisce qui per portare a galla e rendere palesi quelle che erano già state le critiche alla campagna,
allargando il discorso di accusa all’intero sistema della moda: l’unico corpo perfetto è un corpo
finto, oggettificato, depersonalizzato e ridotto a feticcio sessuale.
Figura 13: Hogre e DoubleWhy (Roma, 2017). La contestazione dei
dettami comportamentali ed estetici nella pubblicità.
29 Tra quelle delineate da Cosenza, Colombari e Gasparri (2016).
Conclusioni
Nel libro Existential marketing, Gnasso e Iabichino sottolineano a più riprese la necessità del
marketing moderno di offrire esperienze uniche, edificanti, delle quali il consumatore si possa
appropriare, sentendosi “attore centrale e attivo della propria pratica di consumo” (ivi, p. 42). Il
consumatore sarà così libero di costruire i suoi personali percorsi di senso, in un contesto
rassicurante dove il brand è garanzia, e non costrizione (ivi, pp. 41-43). Uscendo dai vincoli di
questo schema, il subvertising pone l’individuo a monte, a livello dell’enunciazione e non del
consumo, per quanto esistenziale quest’ultimo possa essere. Costituendosi come enunciatore-intruso
il subvertiser ruba parole e sensi al mito pubblicitario per poi restituirle trasformate, manipolate e
vestite di nuovi significati.
Il subvertising agisce per demolire lo sguardo del consumatore, inteso come individuo postmoderno (Gnasso e Iabichino 2014, p. 21 e ss.), decostruendo la dimensione di fantasia e sogno
nella quale agisce la pubblicità in diversi modi. Si va dal rompere l’illusione del desiderio,
mettendone a nudo le strutture manipolatorie, all’agire all’interno di esse per veicolare un diverso
messaggio, soprattutto nella forma di giochi verbo-visivi e ribaltamenti di significato. Abbiamo
visto come il subvertising agisca, nelle sue diverse forme, all’interno dello Schema Narrativo
Canonico del consumo e come sia in grado di risemantizzare i testi pubblicitari, deviando i sensi già
presenti, sopiti, nella sua forma o iniettandone di nuovi.
Se le parole chiave devono essere vandalismo creativo, riconquista individuale di spazi,
etimologicamente, pubblici, lotta contro narrazioni stereotipanti e degradanti e attacco alle grandi
corporazioni, personalmente non posso che sperare che il fenomeno del subvertising continui a
proliferare. Sempre più ricco e sempre più consapevole del proprio potere nel forgiare nuovi
processi di significazione, nel distruggere vecchi miti e aiutarne di nuovi a nascere.
Figura 14: Brandalism (Bristol, 2014). Saturazione pubblicitaria fino
alla nausea.
(Per chi fosse interessato a prendere parte alle azioni di subvertising, o solo a come avviene
l’installazione delle affissioni, il gruppo Brandalism ha creato un pratico manuale di istruzioni,
disponibile online30, contenente tutti i sapere necessari.)
30 http://brandalism.ch/wp-content/uploads/2016/12/Brandalism_Subvertising_Manual_web.pdf
Bibliografia
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1957 Mythologies. Seuil, Paris, (trad. it. Miti d'oggi, Einaudi, Torino, 1994)
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Sitografia
Tutte le ultime consultazioni si riferiscono al 17/9/2018
http://www.billboardliberation.com/
http://brandalism.ch/
https://www.adbusters.org/
https://antipub.org/
http://bugaup.org/index.html
https://subvertising.noblogs.org/
https://www.cddc.vt.edu/sionline///si/is1.html
https://issuu.com/dogsectionpress/docs/subvertising
https://www.nytimes.com/2011/11/28/business/media/the-branding-of-the-occupy-movement.html?
pagewanted=all&_r=0
https://thelinknewspaper.ca/article/the-ballerina-and-the-bull
https://giovannacosenza.files.wordpress.com/2018/05/1-fra-semiotica-dei-consumi-e-marketingesperienziale.pdf
https://qz.com/1042298/nike-is-facing-a-new-wave-of-anti-sweatshop-protests/
https://www.vogue.com/article/kate-moss-original-1993-calvin-klein-obsession-perfume-campaignimages-new-obsessed-perfume
http://brandalism.ch/wp-content/uploads/2016/12/Brandalism_Subvertising_Manual_web.pdf