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SUBVERTISING - La pubblicità contro se stessa

2018

In questa analisi andremo ad osservare il fenomeno del subvertising collocandolo storicamente, per poi studiare come si posiziona all’interno dello Schema Narrativo Canonico del consumo. Tra un enunciatore-azienda e un enunciatario-consumatore va infatti a insinuarsi il subvertiser, agendo a livello della Manipolazione, della Competenza ma anche della Sanzione, a seconda delle tattiche utilizzate. Insieme a Barthes osserveremo come l’ancoraggio di un testo a un’immagine venga scardinato dall’enunciazione intrusiva del subvertising, che svuota il mito pubblicitario iniettandolo di nuovi significati.

SUBVERTISING La pubblicità contro se stessa Semiotica dei consumi Marco d’Alessandro 0000854718 Indice 1. Introduzione: oggetto dell'analisi 2. Il panorama del subvertising 3. Tipi di subvertising nello Schema Narrativo Canonico 3.1 Il mito barthesiano, l'ancoraggio e il subvertising 4. Il tema del corpo Conclusioni Bibliografia e sitografia Immagine di copertina: Hogre (Londra 2017) 1. Introduzione: oggetto dell'analisi “This fight, waged in all places, on all networks and circuits of communication is the responsibility of all who believe another world is possible. This is our battle-cry, our semiotic war, our rage against consumer mis-philosophy, and the machines of predatory corporatism, that block out the sun burn our atmosphere [...]1” (Brandalism - Declaration) Per subvertising si intende l’insieme di pratiche di vandalizzazione creativa di affissioni, manifesti e spazi pubblicitari messe in atto da collettivi e individui intorno al globo. Sono caratterizzate da attacchi alla società consumistica, al monopolio commerciale delle grandi multinazionali, all’uso tossico della pubblicità e alla pervasività opprimente di quest’ultima nello spazio pubblico urbano. Attraverso la modifica parziale, la sostituzione o la brutalizzazione, il subvertising agisce nella cornice semiotica definita dalla pubblicità, dalla quale attinge codici, linguaggi e stilemi per sovvertirne il messaggio. Nel subvertising si fondono la società dei consumi e dell’informazione e il vandalismo, la street art e la pop art, il branding e l’anonimato, dando vita a uno dei più chiari esempi di culture jamming2. In questa analisi andremo ad osservare il fenomeno collocandolo storicamente, per poi studiare come si posiziona all’interno dello Schema Narrativo Canonico del consumo in senso ampio3. Tra un enunciatore-azienda e un enunciatario-consumatore va infatti a insinuarsi il subvertiser, agendo a livello della Manipolazione, della Competenza ma anche della Sanzione, a seconda delle tattiche utilizzate. Insieme a Barthes osserveremo come l’ancoraggio di un testo a un’immagine venga scardinato dall’enunciazione intrusiva del subvertising, che svuota il mito pubblicitario iniettandolo di nuovi significati. Vedremo poi nello specifico alcuni esempi, legati alla rappresentazione del corpo nella pubblicità. 1 2 3 http://brandalism.ch/manifesto/ Sabotaggio culturale https://giovannacosenza.files.wordpress.com/2018/05/1-fra-semiotica-dei-consumi-e-marketing-esperienziale.pdf 2. Il panorama del subvertising Il subvertising trova le sue origini più antiche negli anni Cinquanta, nelle pratiche di détournement4 nate in seno ai movimenti culturali scaturiti dalle internazionali lettrista e situazionista. Agendo all’interno della comunicazione e della cultura di massa, l’obiettivo era quello di creare visioni alternative negli enunciatari, prospettive nuove in grado di suscitare sorpresa e spaesamento. Modificando con ironia pubblicità, fumetti, riviste e quant’altro, il movimento situazionista giocava nel mescolare e decontestualizzare immagini, brand ed annunci già inseriti nella cultura di massa e conosciuti al pubblico per creare scarti di senso. Circa vent’anni più avanti si osserva la nascita vera e propria del fenomeno del subvertising. Parliamo del Billboard Liberation Front5, movimento che muove i primi passi nella San Francisco del 1977, basato sull’idea che i cittadini potessero e dovessero usare la loro creatività e immaginazione per modificare i messaggi della pubblicità legate ai grandi marchi aziendali (Bearder 2012, p. 6). La pubblicità viene ora intesa nella sua radice etimologica 6, ovvero come spazio pubblico a disposizione delle voci di tutti, un luogo collettivo dove dar fiato a sentimenti di protesta e comunicazione da-e-verso la collettività, piuttosto che luogo unidirezionale di comunicazione privata. La tecnica è quella già propria del détournement situazionista: dalla modifica di un’immagine, di una lettera di un logo o una parola di un pay-off scaturisce un ribaltamento semantico che investe l’intero annuncio pubblicitario. Ciò che si osserva è una sorta di vandalismo parassitario creativo, che attacca e modifica il suo ospite mantenendone però intatto l’involucro e la forma. Gli oggetti presi di mira erano principalmente le enormi affissioni pubblicitarie, tipiche del panorama urbano statunitense. Il fenomeno si diffonde rapidamente su scala globale, attraverso reti di collettivi sempre inseriti nel contesto della culture jamming, termine-contenitore che descrive un ampio insieme di pratiche e attività anticonsumistiche e di protesta creativa, rivolte contro la cultura mediatica dominante e la sua imposizione di modelli (di consumo, estetici, professionali) standardizzati (Klein 2009, p. 280 e ss.). Come vedremo più precisamente in seguito, il subvertising assume diverse forme, cambiando il modo in cui agisce all’interno dello - o contro lo - Schema Narrativo Canonico proprio del consumo in senso ampio. Tra i primi movimenti a raccogliere la lezione del Billboard Liberation Front troviamo il BUGA-UP 7 in Australia. Nato a fine anni Settanta, il gruppo iniziò ad attaccare, vandalizzando e modificando, le pubblicità dilaganti nel paese di tabacco e alcool. L’obiettivo era contestare la vendita sfrenata di prodotti di fatto nocivi per la salute, investiti di valorizzazioni utopiche (Floch 1990) dalle agenzie pubblicitarie col beneplacito del governo. 4 5 6 7 Dal primo manifesto dell’Internazionale Situazionista (1958): “Détournement - short for ‘détournement of preexisting aesthetic elements.’ The integration of present or past artistic productions into a superior construction of a milieu. In this sense there can be no situationist painting or music, but only a situationist use of those means. In a more elementary sense, détournement within the old cultural spheres is a method of propaganda, a method which reveals the wearing out and loss of importance of those spheres.” https://www.cddc.vt.edu/sionline///si/is1.html http://www.billboardliberation.com/ Dal francese publicité, derivazione di public: “pubblico”. Billboard Utilising Graffitists Against Unhealthy Promotions, http://bugaup.org/index.html Un esempio leggermente diverso è il movimento Antipub8 in Francia, che lascia in disparte le tecniche di détournement vere e proprie, caratterizzate da modifiche alle affissioni originarie e giochi verbovisivi, per concentrare le proprie azioni di protesta sull’invasione da parte di aziende private di spazi pubblici, all’interno delle città. Il movimento francese agisce attraverso diverse operazioni di vandalismo organizzato. Copertura integrale delle affissioni, brutalizzazione dei manifesti con semplici scritte, come “Adv = violence”, sostituzione integrale di centinaia di manifesti affissi nelle metropolitane, operazioni legali contro leggi parlamentari9. Per i gruppi francesi l’oggetto dell’attacco è il sistema pubblicitario in sé: non si tratta di mostrare i sottili fili di manipolazione, giocando e sbeffeggiando, agendo all’interno della cornice, ma di negare dialetticamente una forma di discorso privato che invade lo spazio pubblico. Segue la filosofia del détournement il gruppo Adbusters10, organizzazione e magazine nati in Canada a fine anni Ottanta responsabili di numerose campagne internazionali incentrate su lotte ambientaliste, anticonsumiste e anticapitaliste. Tipica di questo gruppo è un’accurata ricerca estetica della comunicazione: parole e immagini sfruttate coscientemente come strumenti modellizzanti di un nuovo panorama mentale. Nelle parole di Kalle Lasn, uno dei fondatori: “I believe that one of the most powerful things of all is aesthetics. 11”. Proprio del gruppo Adbusters è stato il lancio di una delle mobilitazioni politico-economiche più partecipate dell’ultimo decennio: Occupy Wall Street. La pubblicazione dell’immagine della ballerina adagiata con grazia sulla statua del toro simbolo di Wall Street, corredata dall’hashtag #OCCUPYWALLSTREET è stata la scintilla estetica che ha portato al credere possibile una tale occupazione di piazza. Il passo dall’immaginazione all’atto è stato breve. “We didn’t tell people to go out to Wall Street,” spiega Micah White, Senior Editor di Adbusters, “All we said was, ‘Wouldn’t it be beautiful if people went to Wall Street,’ and then they felt inspired and made it their own. It’s not something that Adbusters did; it’s something we did together.”12 Sulla stessa linea d’onda, con l’attenzione rivolta principalmente verso i manifesti pubblicitari presenti nelle pensiline del trasporto pubblico oltre ai grandi poster, si colloca il movimento Brandalism13. Nato nel Regno Unito nel 2012 ha allargato presto il suo raggio d’azione a tutta l’Europa. Il gruppo concentra la sua attenzione sulla riconquista, da parte degli individui, degli spazi e delle narrazioni che compongono le città, occupate per la maggior parte da pubblicità. Risemantizzando lo spazio pubblico, il movimento Brandalism mira a trasformare le relazioni commerciali che saturano la sfera pubblica in relazioni discorsive, “a theater for debating and deliberating rather than for buying and selling.14”. In occasione della conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite COP21, tenutasi a Parigi nel dicembre 2015, gli attivisti hanno organizzato un’operazione di subvertising su vasta scala, installando più di 600 manifesti per la città, pochi giorni prima che iniziassero le conferenze. Presa di mira era l’ipocrisia di governi e corporazioni nel sostenere temi ambientalisti essendo al tempo stesso i principali responsabili di emissioni inquinanti https://antipub.org/ Si veda il sito nella nota precedente per un’ampia panoramica delle operazioni del gruppo. https://www.adbusters.org/ https://www.nytimes.com/2011/11/28/business/media/the-branding-of-the-occupy-movement.html? pagewanted=all&_r=0 12 https://thelinknewspaper.ca/article/the-ballerina-and-the-bull 13 http://brandalism.ch/ 14 Bill Posters, 2014 su http://brandalism.ch/issues/advertising-shits-in-your-head/ 8 9 10 11 (il cosiddetto greenwashing di un brand). La campagna attirò grande attenzione mediatica, ottenendo il premio Activist of the year nell’undicesimo Grand Prix de la Communication Solidaire. Un altro approccio lievemente diverso è quello dello street artist italiano Hogre15, attivo in questi anni a Londra e in Italia. L’attitudine è sempre quella del détournement, ma con un’attenzione particolare rivolta alla cornice. Le grandi affissioni, spogliate del loro contenuto, sono sostanzialmente un altro tipo di tela. Sostituendo il manifesto presente sotto il vetro di una pensilina con uno diverso, magari completamente reinventato o una stampa artistica, scompare la pubblicità originaria ma rimangono il significato, il valore e il tipo di discorso che noi enunciatari siamo soliti attribuire al testo in quel luogo. 3. Tipi di subvertising nello Schema Narrativo Canonico Pensiamo allo Schema Narrativo Canonico greimasiano applicato ai consumi16. In esso le pratiche di consumo in senso stretto, l’acquisto effettivo della merce/servizio, corrispondono alla fase della performanza, il momento in cui il Soggetto trasforma lo stato delle cose. Se consideriamo però il consumo in senso ampio, ecco che vediamo coinvolte tutte le fasi dello Schema. La manipolazione comprenderà tutto il discorso pubblicitario: il dialogo tra un Destinante che convince un Soggetto riguardo la possibilità di intraprendere un certo programma narrativo (Traini 2008, p. 148). Anche la competenza, che riguarda il dotarsi del Soggetto delle modalità che lo renderà abile al consumo, è propria, in parte, del discorso pubblicitario (Lancioni 2004, p. 312): il testo può trasmettere un sapere riguardo un prodotto o riguardo l'azienda, può stimolare un volere giocando sulle molteplici sfaccettature del desiderio, un dovere nel caso di comunicazione sociale e conferire al Soggetto un potere virtuale. La performanza riguarda la pratica di consumo in sé, mentre la sanzione viene lasciata nelle mani del Soggetto, non più del Destinante, nella forma di commenti, consigli, critiche e valutazioni instaurati dai consumatori nei loro discorsi, siano questi on-line o in gruppi sociali17. Se consideriamo la pubblicità il testo frutto di una ben precisa operazione di enunciazione, il subvertising scombina le carte in tavola inserendosi come nuovo enunciatore in un discorso altrui, sovrapponendosi, sostituendosi o distruggendo l’istanza precedente. Palesando in sostanza la pubblicità come enunciazione enunciata. Distinguiamo per iniziare tre casi: • • il subvertising détournista, quello che modifica un affissione esistente, nel testo o nell’immagine, con diversi gradi di mimesi. Distingueremo ora un grado di accordo alto (dal cambiare poche lettere o parole mantenendo anche uguale font e cromie o modificando l’immagine nello stesso stile del manifesto), e uno basso (modifiche grafiche palesi, collage); il subvertising mimetico, quello che crea nuovi manifesti o poster e li sostituisce a quelli vecchi, mantenendo anche qui diversi gradi di accordo col codice di comunicazione 15 Dall’incontro col quale, durante un laboratorio pratico di subvertising, è nata l’idea per questo lavoro. 16 Per la seguente analisi traggo gli spunti fondamentali da Traini (2008, cap. 6), Lancioni (2004) e da Cosenza (si veda nota 3). 17 Seppur possiamo considerare le pratiche di “ricompensa” (concorsi a premi, sconti fedeltà, eccetera) come sanzioni positive del Destinante-azienda sul consumatore. • pubblicitario, dall’imitare lo stile delle affissioni al distanziarsene del tutto, sfruttandone solo la cornice come voce legittimatrice; il subvertising brutale18, quello che si intromette con più forza nel testo altrui lasciando più palese la traccia della propria enunciazione, dallo scrivere sui poster con bombolette spray al coprire integralmente un annuncio. Figura 1: Antipub (Tolosa, 2017). Copertura integrale. Figura 2: BUGA-UP (Australia, 1980 circa). Attacco all’industria del tabacco e alle sue rappresentazioni mitiche. Volendo analizzare la voce di un enunciazione intrusiva, partiremo dall’ultimo caso delineato: il subvertising brutale, che nello Schema Narrativo Canonico agisce nella fase della manipolazione del discorso pubblicitario. Coprendo integralmente un annuncio, si impedisce fisicamente che il messaggio inteso venga recepito dal Destinatario. Scrivendoci sopra le situazioni variano. Attraverso la critica diretta, il subvertiser assume la voce di un sanzionatore negativo, che attacca direttamente il Destinante-azienda. Si lascia così aperta e visibile la manipolazione prima delegittimandone l’origine e il messaggio, proponendo un anti programma narrativo in cui idealmente il subvertiser, come unità partitiva staccatasi dall’unità integrale dei consumatori (Pozzato 2001, p. 84), sanziona negativamente l’origine del messaggio. Presi di mira sono solitamente discorsi pubblicitari in cui ha la prevalenza la funzione costruttiva del linguaggio 19, il modo mitico e sostanziale di far pubblicità, così come delineato da Floch (1990, trad. it. p. 241). Col suo sguardo critico o ironico, il subvertiser riporta il linguaggio alla sua funzione rappresentazionale, esponendo ad esempio le conseguenze tragiche del fumo o dell’abuso d’alcol. 18 Uso il termine “brutale” non tanto nell’accezione italiana di maltrattare, seviziare, ma in quello derivato dall’inglese brutalise: “make (someone) cruel, violent, or insensitive to the pain of others by repeated exposure to violence” (Oxford Dictionary). Se i subvertiser considerano la pubblicità un atto violento, il suo saturare gli spazi pubblici ne ha reso le persone insensibili, assuefatte. Il subvertising emerge rompendo questo schema, riportando la concentrazione dell’osservatore su ciò che sta guardando, rendendolo consapevole della violenza compiuta ai suoi danni. 19 Concetto introdotto da Floch in Semiotica, marketing e comunicazione (1990). Per un’introduzione si veda Pozzato 2001, cap. 21. Hogre – acrilici su manifesto originale (Londra, 2015). La felicità della CocaCola diventa la gioia del vandalismo. Figura 3 Billboard Liberation Front (San Francisco, 2010). Hai circa 10.000 papille gustative. Uccidile tutte. (L’originale recita usale). Figura 4 Veniamo ora al subvertising che abbiamo definito détournista. Qui il subvertiser è come se iniettasse una porzione di senso nuovo, un concetto dentro una forma direbbe Barthes (1957, trad. it. p. 198 e ss.), punto su cui ritorneremo. Agendo a livello della manipolazione, non vi si oppone ma vi si inserisce come voce addizionale, come Destinante-ombra che può palesare o meno la propria presenza evidente. Il discorso del subvertiser, oltre a riproporre gli elementi di sanzione negativa alla pubblicità che abbiamo già visto, tende anche a modalizzare il Destinatarioconsumatore. L’obiettivo è spesso quello di fornire la meta-competenza “consapevolezza” riguardo le illusioni vendute dalla pubblicità, un sapere esplicito sulla manipolazione implicita. Le metacompetenze possono riguardare il passato o il presente del marchio preso di mira, le sue contraddizioni rispetto al messaggio presentato nella pubblicità o le stesse caratteristiche del prodotto. Ancora, i bersagli possono essere i sistemi più ampi a monte della pubblicità, dalla società dei consumi alle politiche di uno stato. Il subvertiser sfrutta così il codice iconico della pubblicità per inserirvi un discorso diverso, per farlo filtrare quasi senza resistenze nel Destinatario. Figura 5: Brandalism (Parigi, 2015). Operazione massiccia di subvertising in occasione delle conferenze sul clima COP21. Figura 6: DoubleWhy (Roma, 2017). La possibilità di avere un figlio in una coppia di donne. Inseminazione artificiale, l’unico concepimento davvero immacolato. Arriviamo infine al subvertising mimetico. Non si tratta più di enunciazione intrusiva ma di un testo nuovo, originale, che va a sostituire il messaggio preesistente. Partendo dai casi di alta mimesi col discorso pubblicitario, si nota come il subvertiser si travesta con i panni dell’istanza enunciante dell’affissione, mantenendo spesso marche dell’enunciazione primaria, come può essere il logotipo dell’azienda. Così facendo ruba al marchio le sue connotazioni di autorevolezza sfruttandole per il proprio discorso di accusa. Rimangono validi per il subvertising mimetico i discorsi sulle metacompetenze visti per il subvertising détournista e l’attacco alle diverse fasi dello Schema Narrativo Canonico, dall’esposizione dei fili della manipolazione, ai sapere corrisposti fino alla sanzione negativa sull’azienda, con un punto in più. Se nei primi due casi visti le marche di enunciazione del subvertiser sono da palesi a celate, ma pur sempre presenti e ben disposte all’essere notate 20, qui si tratta di una nuova enunciazione enunciata la cui istanza di produzione rimane più lontana. Si presterà al vero dialogo col Destinatario una volta che questo avrà notato l’inganno, e tanto più tardi lo scopre tanto più si convalida la sanzione sulla pubblicità di per sé portata avanti dai subvertiser: una manipolazione inconscia che subiamo senza neanche accorgercene. In altri casi il subertising mimetico mantiene della pubblicità originale solo la cornice, lasciando spazio interamente al discorso dell’individuo che si riappropria dello spazio pubblico-ma-privato dell’affissione. 20 Possiamo dire che vogliono farsi notare. In generale il subvertising gioca con quelle che sono le “funzioni del linguaggio” (Floch 1990) della pubblicità, ribaltandole e ponendole in conflitto tra loro. Ad esempio la pubblicità obliqua, sfruttando il paradosso e l’ironia, “nega il rapporto referenziale con la realtà” e “modifica in senso euforizzante la percezione delle cose” (Pozzato 2001, p. 256). Il subvertising ritorce ora questa funzione contro se stessa: modifica in senso disforizzante la percezione del mondo, esplicitando i rapporti con una realtà necessariamente tenuta nascosta, come mostrare le condizioni degradanti dei lavoratori e il vero prezzo necessario a realizzare una scarpa Nike in una fabbrica in Vietnam21. 3.1 Il mito barthesiano, l'ancoraggio e il subvertising Emerge una lettura interessante del subvertising se visto alla luce delle teorie di Barthes sul mito (Barthes 195722). Egli parte dalla correlazione che esiste tra significante e significato, la quale si dà a chi percepisce come segno, per poi espandere il discorso e usarlo come base del funzionamento del mito. “Nel mito si ritrova appunto lo schema tridimensionale: il significante, il significato e il segno. Ma il mito è un sistema particolare in quanto si edifica sulla base di una catena semiologica preesistente: il mito è un sistema semiologico secondo. Ciò che è segno […] nel primo sistema, nel secondo diventa semplice significante.” (ivi, trad. it. p. 196, corsivo nel testo). In correlazione col segno primario - detto senso se considerato al vertice della prima piramide, mentre designato come forma se inteso come base del piano del mito - si pone un nuovo significato, che Barthes chiama concetto. Da questi emerge il terzo termine, il discorso mitico, la significazione, di cui viene sottolineata la doppia funzione di designare e notificare, far capire e imporre (ivi, p. 199). Punto fondamentale ai fini dell’analisi è l’impoverimento del senso nel diventare forma, il regredire da segno linguistico a significante mitico23, condizione necessaria per poter accogliere il sapere veicolato dal concetto. La pubblicità ben si configura come discorso mitico24: accostando a un segno un nuovo concetto, l’azienda trasforma il primo nella propria narrazione, lo modifica e lo restituisce al pubblico carico di nuovo significato. Nell’unione tra immagine e testo verbale tipica della pubblicità, la parola fissa i molteplici possibili significati dell'immagine, li direziona. Barthes definisce questo processo ancoraggio, il quale “costituisce una specie di morsa che impedisce ai sensi connotati di proliferare verso regioni troppo individuali […], o verso valori disforici.” (Barthes 1982, trad. it. p. 29). In questo contesto, il subvertising può agire come dispositivo scardinatore, in grado di recuperare i significati dell’immagine che il testo ancorato aveva soppresso e portarli a galla. In modo opposto al testo pubblicitario, il testo sovvertito guida l'interpretazione proprio verso i valori più disforici nascosti dietro il vetro protettivo dei manifesti. In pratica, se il testo ha valore repressivo (ivi, p. 30) nei confronti dell'immagine, il subvertising gioca nel rompere 21 https://qz.com/1042298/nike-is-facing-a-new-wave-of-anti-sweatshop-protests/ 22 In particolare p. 191 e ss. della trad it. fornita in bibliografia. 23 Impoverimento ma non soppressione, il senso viene sempre mantenuto a disposizione come nutrimento segnico per la forma. 24 È importante ora non sovrapporre il concetto di mito di Barthes a quello di pubblicità mitica di Floch. il ruolo di controllo preesistente o nell'inserire nell'immagine elementi che attirino a sé l'ancoraggio del testo, indirizzando l'osservatore su diversi percorsi di significazione. Tornando al mito, avremo dunque una nuova attribuzione di significato a un sistema segnico complesso già esistente. Il sistema che abbiamo definito mitico viene ora impoverito del suo significato (quello costruito nell'enunciazione pubblicitaria) per accoglierne di nuovi, radicalmente differenti, frutto di un'enunciazione intrusiva. L'idea è che si possa aggiungere un gradino allo schema barthesiano (Önal 2005, p. 46), ottenendo il meccanismo di produzione del senso del subvertising25. Figura 7: Il subvertising agisce sia a livello del mito sia ristrutturandone la base linguistica. Figura 8: Billboard Liberation Front (Manhattan, 2010). L’originale recita “She is a thing of beauty” (è una bellezza). Cancellando solo due parole l’intero ancoraggio cambia: un uomo osserva affascinato una donna bere una birra e pensa “è un oggetto”. 25 Mi riferisco in particolare al subvertising détournista e a quello mimetico. In quello brutale si interrompe lo scambio di significati attraverso la negazione totale dell'annuncio pubblicitario come forma comunicativa in sé, ma resta valido il discorso. Pensiamo a un'intera affissione coperta e corredata da una scritta accusatoria verso il sistema pubblicitario: assumendo l'intera comunicazione pubblicitaria come mito-senso, coprirla e scriverci sopra è l'attribuzione di nuovo significato. In particolare, coprendola non svanisce il senso di quel mito, anzi. Così come il senso si impoverisce diventando forma, questa assenza figurativa è lo scarnificarsi estremo della pubblicità. Così svuotata rimane comunque piena di virtualità: mantiene le caratteristiche fondamentali del discorso affinché il subvertising vi si possa attaccare per ridirezionarlo. In questo caso l'elemento base, necessario e sufficiente, della pubblicità è solo la sua cornice. 4. Il tema del corpo Al centro degli attacchi di numerosi atti di subvertising vi sono le pubblicità che mostrano corpi oggettificati ed ipersessualizzati. Un tema non difficile da trovare in ogni genere merceologico, particolarmente presente nelle categorie del dell'abbigliamento, della cosmetica e dei profumi. Viene contestato con forza il proporre modelli di bellezza impossibili, irreali e finti, al servizio di un consumismo che vende non solo prodotti, ma soprattutto illusioni e desideri tossici. È sotto attacco la costante ostentazione e oggettificazione dei corpi maschili e femminili, questi ultimi in particolare, ai quali in pubblicità è riservato da sempre il destino peggiore. Che il sesso venda in pubblicità è cosa risaputa, oltre all'essere tanto sintomo quanto effetto della scarsa creatività, in quanto il modo più semplice per attirare l'attenzione del pubblico (Cosenza 2011). Se questi corpi sono stati da sempre presenti nel panorama pubblicitario, allo stesso modo sono stati nel mirino dei subvertiser, dai tardi anni '70 ad oggi. Vediamo ora nello specifico alcuni esempi: partiremo dalle rivisitazioni della campagna “Obsession” di Calvin Klein ad opera del gruppo Adbusters per poi osservare un caso italiano, l'attacco alla campagna di Intimissimi con protagonista Irina Shayk. Figura 9: Lo sguardo magnetico di Kate Moss La campagna pubblicitaria del profumo Obsession del 1993 ha come protagonista una giovane Kate Moss, appena diciottenne, fotografata dal compagno del tempo Mario Sorrenti mentre entrambi si trovavano sulle Isole Vergini, da soli, senza alcun team di fotografi o truccatori 26. Le affissioni sono caratterizzate da grandi mezzibusti della Moss, in bianco e nero o coi toni tendenti al seppia, sempre con lo sguardo fisso in camera atto a coinvolgere l'enunciatario in un débrayage enunciazionale. Gli sfondi anonimi, neri o neutri, danno pieno risalto alla figura umana che vi si staglia sopra. In cima all'annuncio, centrata, la headline “Obsession”, nome dello stesso profumo. In fondo, 26 https://www.vogue.com/article/kate-moss-original-1993-calvin-klein-obsession-perfume-campaign-images-newobsessed-perfume simmetricamente, il logo di Calvin Klein e la dicitura “parfum” o “eau de toilette”. Peculiarmente rispetto alla grande maggioranza delle pubblicità di profumi, in questa campagna non viene mostrato il packaging del prodotto. Riprendendo Barthes, avremo il testo “Obsession” che si ancora all'immagine di una donna bella, nuda e che ci fissa direttamente limitando la significazione a una coppia ambivalente: è la donna ad essere ossessionata da noi (quando avremo comprato il profumo) o siamo noi ad essere ossessionati da lei? In alcuni manifesti, sotto alla headline “Obsession” troviamo anche “for men”, dicitura normale per specificare il destinatario maschile della fragranza, che qui si lega inevitabilmente ad “Obsession” trasformandosi nella frase, letteralmente, “ossessione per gli uomini”, rinforzando la prima significazione della coppia delineata. Non si tratta né della prima né dell'unica campagna per il profumo Obsession, seppure la più iconica, ma quasi tutte mantengono costanti alcune caratteristiche principali: tinte insature, organizzazione topologica di testo e immagine, centralità di corpi mai a figura intera, nudità, sessualità, minimalismo figurativo. Se la parola “ossessione” porta con sé semi caratteristicamente disforici 27, vengono tutti narcotizzati dalla ricchezza euforizzante della sessualità. Si mantengono allora vivi quelli di focalizzazione, di persistenza e di fissità, ben ripresi a livello visivo dall'unico soggetto, dallo sguardo in camera, dai toni contrastati quasi completamente insaturi. Figura 10: Adbusters - Obsession Figura 11: Adbusters - Obsession Passiamo ai nostri esempi di subvertising. L'organizzazione topologica è la stessa, la scritta “Obsession” centrata in alto con lo stesso font dell'originale, la figura umana che domina al centro, un'ulteriore porzione di testo in fondo, non il logo dell'azienda ma soltanto la dicitura “for women/for men”. Anche le tonalità di colori e le luci sono coerenti con gli originali. Ciò che cambia radicalmente è proprio l'immagine. Per la donna abbiamo un soggetto di spalle a mezza figura piegata in avanti, nuda e magra: notiamo le scapole appena sporgenti e il processo spinoso vertebrale. Ha un braccio intorno alla vita a stringersi il fianco, l'altro steso orizzontalmente ad 27 Stato di chi è indemoniato, patologia psichiatrica, idea persistente, incubo, causa di stati di angoscia (dal dizionario Treccani). uscire dall'inquadratura mentre copre il viso, chino verso sinistra. Dietro la donna e sotto al volto, una forma concava bianca, di materiale lucido: un sanitario da bagno. Per l'uomo abbiamo il protagonista in piano americano di fronte a noi, muscoloso e depilato, in intimo. Il soggetto con la mano sinistra estende l'elastico dei boxer e china la testa, col viso per la maggior parte in ombra, ad osservarne attentamente il contenuto. L'elastico delle mutande porta la scritta “Calvin Kline”, inversione di due lettere che quasi passa inosservata. La campagna originale, attraverso lo sguardo diretto, instaurava subito un dialogo io-tu con l'osservatore, mettendo in gioco la direzione stessa dell'ossessione: è la tua (che mi guardi) o è la mia (che ti guardo)? Nelle versioni sovvertite l'assenza di sguardo confina l'ossessione ai soggetti rappresentati, rendendo l'enunciatario un personaggio esterno che quasi sbircia vedendo qualcosa che non dovrebbe. È la loro ossessione che stiamo vedendo, con tutti i suoi semi disforici attivi e disponibili. La significazione prende allora il suo corso, nel primo caso portandoci a vedere una donna che, ossessionata per la magrezza impostale dal mondo della moda, vomita in bagno; nel secondo ad un uomo che, nonostante la prestanza fisica, è assillato dalle dimensioni del proprio pene. In entrambi i casi, la luce è puntata sull'ossessione del proprio corpo e su quanto questa possa risultare tossica, così per come viene veicolata dalle pubblicità. Anche la distanza spaziale della dicitura “for women/for men” da “Obsession” rinforza il senso che si tratti della loro ossessione, o di chiunque si riconosca nel simulacro da loro rappresentato. La differenza di senso nel leggere “obsession for men” di filato e “obsession … … … for men” è notevole28. Figura 12: La molle staticità di Irina Shayk Il prossimo caso è tutto italiano. Il manifesto originale di Intimissimi per la campagna 2017 mostra la modella Irina Shayk a mezza figura in intimo, sinuosamente appoggiata sul fianco, ma irrealmente statica. Le braccia escono dall'inquadratura verso il basso, tagliate a metà avambraccio, la è testa delicatamente inclinata a destra mentre lo sguardo si perde, assente, oltre la fotocamera. In alto a sinistra, il logo Intimissimi e il pay-off “Italian lingerie”. In risalto, troviamo il generoso seno 28 Ossessione rivolta verso gli uomini - l’ossessione, da parte degli uomini. della modella, contenuto dal reggiseno pubblicizzato, mentre la pelle levigata sembra quasi scintillare. L'insieme di sguardo, posa, trucco e pelle ci riportano alle categorie di donna nelle pubblicità29 di “disponibile sessualmente” e “manichino”. E cos'è un manichino disponibile sessualmente, se non una bambola gonfiabile? Compare a Roma a giugno 2017, a Torino in formato più grande nel settembre dello stesso anno, l'attacco che porta la firma dei subvertiser Hogre e DoubleWhy. I due riproducono la Shayk nella stessa posa esasperandone l'effetto finto della pelle e dei capelli, estremizzando le manipolazioni digitali che già modelle e modelli abitualmente ricevono. Gli occhi palesemente finti e il viso irreale circondano la bocca, trasformata in quella propria delle bambole gonfiabili destinate a scopi erotici. Il logo e il pay-off, coerenti nel font con l’originale, recitano “Fintissimi – Finalmenty perfetty”. Senza troppi giri di senso, il subvertising agisce qui per portare a galla e rendere palesi quelle che erano già state le critiche alla campagna, allargando il discorso di accusa all’intero sistema della moda: l’unico corpo perfetto è un corpo finto, oggettificato, depersonalizzato e ridotto a feticcio sessuale. Figura 13: Hogre e DoubleWhy (Roma, 2017). La contestazione dei dettami comportamentali ed estetici nella pubblicità. 29 Tra quelle delineate da Cosenza, Colombari e Gasparri (2016). Conclusioni Nel libro Existential marketing, Gnasso e Iabichino sottolineano a più riprese la necessità del marketing moderno di offrire esperienze uniche, edificanti, delle quali il consumatore si possa appropriare, sentendosi “attore centrale e attivo della propria pratica di consumo” (ivi, p. 42). Il consumatore sarà così libero di costruire i suoi personali percorsi di senso, in un contesto rassicurante dove il brand è garanzia, e non costrizione (ivi, pp. 41-43). Uscendo dai vincoli di questo schema, il subvertising pone l’individuo a monte, a livello dell’enunciazione e non del consumo, per quanto esistenziale quest’ultimo possa essere. Costituendosi come enunciatore-intruso il subvertiser ruba parole e sensi al mito pubblicitario per poi restituirle trasformate, manipolate e vestite di nuovi significati. Il subvertising agisce per demolire lo sguardo del consumatore, inteso come individuo postmoderno (Gnasso e Iabichino 2014, p. 21 e ss.), decostruendo la dimensione di fantasia e sogno nella quale agisce la pubblicità in diversi modi. Si va dal rompere l’illusione del desiderio, mettendone a nudo le strutture manipolatorie, all’agire all’interno di esse per veicolare un diverso messaggio, soprattutto nella forma di giochi verbo-visivi e ribaltamenti di significato. Abbiamo visto come il subvertising agisca, nelle sue diverse forme, all’interno dello Schema Narrativo Canonico del consumo e come sia in grado di risemantizzare i testi pubblicitari, deviando i sensi già presenti, sopiti, nella sua forma o iniettandone di nuovi. Se le parole chiave devono essere vandalismo creativo, riconquista individuale di spazi, etimologicamente, pubblici, lotta contro narrazioni stereotipanti e degradanti e attacco alle grandi corporazioni, personalmente non posso che sperare che il fenomeno del subvertising continui a proliferare. Sempre più ricco e sempre più consapevole del proprio potere nel forgiare nuovi processi di significazione, nel distruggere vecchi miti e aiutarne di nuovi a nascere. Figura 14: Brandalism (Bristol, 2014). Saturazione pubblicitaria fino alla nausea. (Per chi fosse interessato a prendere parte alle azioni di subvertising, o solo a come avviene l’installazione delle affissioni, il gruppo Brandalism ha creato un pratico manuale di istruzioni, disponibile online30, contenente tutti i sapere necessari.) 30 http://brandalism.ch/wp-content/uploads/2016/12/Brandalism_Subvertising_Manual_web.pdf Bibliografia Barthes, R. 1957 Mythologies. Seuil, Paris, (trad. it. Miti d'oggi, Einaudi, Torino, 1994) 1982 L'obvie et l'obtus. Essais critiques III, Seuil, Paris (trad. it. L'ovvio e l'ottuso. Saggi critici III, Einaudi, Torino) Bearder, P. 2012 Word on the street: Subvertising and rewriting the urban visual landscape with street art, in Writing urban space, Bell, L. M., & Goodwin, G. (Eds.), John Hunt Publishing (2012), pp. 6-14. Cosenza, G. 2010 Il corpo degli uomini, Alfabeta 2, n°4 2011 Batti e ribatti, la stessa pubblicità, Rivista Il Mulino, 1/11, anno LX, numero 453, pp. 136141 Cosenza, G., Colombari, J., Gasparri, E. 2016 Come la pubblicità italiana rappresenta le donne e gli uomini. Verso una metodologia di analisi semiotica degli stereotipi, Versus, 123/2, pp. 323-362 Floch J. 1990 Sémiotique, marketing et communication, PUF, Paris (trad. it. Semiotica marketing e comunicazione, Angeli, Milano 1992) Gnasso S., Iabichino P. 2014 Existential Marketing. I consumatori comprano, gli individui scelgono, Hoepli, Milano Hogre (et al.) 2017 Subvertising – The piracy of outdoor advertising, Dog Section Press, London (disponibile online su https://issuu.com/dogsectionpress/docs/subvertising) Klein, N. 2009 No logo, Vintage Books Canada Lancioni, T. 2004 Come si legge un testo pubblicitario, in Gensini, Manuale di semiotica, Carocci, Roma (2004) Önal, B. 2005 Subvertising versus advertising: A semiotical analysis of the culture jamming act. PhD Thesis. Bilkent University. Pozzato, M. 2001 Semiotica del testo, metodi autori esempi, Caroccci, Roma Savini F. 2004 Giovani nella pubblicità per giovani, Generi, ruoli, età della vita negli spot a target giovanile, Libreria Universitaria.it Edizioni, Limena Traini, S. 2008 Semiotica della comunicazione pubblicitaria, Bompiani, Milano Sitografia Tutte le ultime consultazioni si riferiscono al 17/9/2018 http://www.billboardliberation.com/ http://brandalism.ch/ https://www.adbusters.org/ https://antipub.org/ http://bugaup.org/index.html https://subvertising.noblogs.org/ https://www.cddc.vt.edu/sionline///si/is1.html https://issuu.com/dogsectionpress/docs/subvertising https://www.nytimes.com/2011/11/28/business/media/the-branding-of-the-occupy-movement.html? pagewanted=all&_r=0 https://thelinknewspaper.ca/article/the-ballerina-and-the-bull https://giovannacosenza.files.wordpress.com/2018/05/1-fra-semiotica-dei-consumi-e-marketingesperienziale.pdf https://qz.com/1042298/nike-is-facing-a-new-wave-of-anti-sweatshop-protests/ https://www.vogue.com/article/kate-moss-original-1993-calvin-klein-obsession-perfume-campaignimages-new-obsessed-perfume http://brandalism.ch/wp-content/uploads/2016/12/Brandalism_Subvertising_Manual_web.pdf