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NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV»

2014, Firenze e la musica Fonti, protagonisti, committenza Scritti in ricordo di Maria Adelaide Bartoli Bacherini A cura di Cecilia Bacherini, Giacomo Sciommeri e Agostino Ziino

A short note about Bartolo (the author of the Credo in PIT, BNP 568), perhaps the same as 'Bartolo de' Bicci', who probably set to music a Boccaccio's ballata: 'I' non ardisco di levar più gli occhi'

Firenze e la musica Fonti, protagonisti, committenza Scritti in ricordo di Maria Adelaide Bartoli Bacherini A cura di Cecilia Bacherini, Giacomo Sciommeri e Agostino Ziino ISTITUTO ITALIANO PER LA STORIA DELLA MUSICA ROMA 2014 ISTITUTO ITALIANO PER LA STORIA DELLA MUSICA Fondazione Presidente Agostino Ziino Consiglio di Amministrazione Bruno Cagli Giovanni Carli Ballola Volume pubblicato con il contributo del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo - Direzione Generale per lo Spettacolo dal Vivo e Direzione Generale Biblioteche e Istituti Culturali Tutti i diritti riservati © 2014 Istituto Italiano per la Storia della Musica Via Vittoria, 6 – 00187 Roma Tel. (+39) 06.36000146 – http://www.iism.it Impaginazione a cura di Giacomo Sciommeri In copertina: Giuseppe Zocchi, Piazza della Signoria di Firenze, collezione privata ISBN: 978-88-95349-15-2 INDICE 7 11 Ricordo di Maria Adelaide di Raffaello Monterosso e Anna Maria Monterosso Vacchelli Una lettera interrotta e mai inviata di Maria Adelaide Bartoli Bacherini 13 FEDERICO BARDAZZI Musiche per la Divina Commedia 25 STEFANO CAMPAGNOLO Nota sul «più antico polifonista italiano del secolo XIV» 33 GIANLUCA D’AGOSTINO Ancora su Musica e Umanesimo: spigolature braccioliniane 45 JOHN NÁDAS Some New Documentary Evidence Regarding Heinrich Isaac’s Career in Florence 65 PEDRO MEMELSDORFF John Hothby, Lorenzo il Magnifico e Robert Morton in una nuova fonte manoscritta a Mantova 111 BLAKE WILSON Jannes, Jean Japart, and Florence 137 ANTHONY M. CUMMINGS The Semiotics of Ceremonial Space and Sound in Pope Leo X’s Rome 183 LAURA MELOSI Fasti medicei in una raccolta di nuptialia 189 JOHN WALTER HILL Francesca Caccini and Jacopo Peri: New Ascriptions 213 ALBERTO MAMMARELLA Echi cacciniani e ‘stile antico’ nel Prato di sacri fiori musicali di Antonio Brunelli (1612) 245 PIERO GARGIULO Da «favola» a «opera». Musica per il teatro da Euridice (1600) a Poppea (1643) 257 TERESA M. GIALDRONI Una nuova fonte per Uccialì: da Roma a Firenze, fra storia e mito 269 AGOSTINO ZIINO “Canzon da me ti parti, che non ti può dar vita altri, ch’il Sarti”: un omaggio poetico di Romolo Bertini a Domenico Sarti 283 ANTONELLA D’OVIDIO Sul mecenatismo musicale di Vittoria della Rovere, granduchessa di Toscana: alcune considerazioni 313 GIULIA GIOVANI Tra mondanità e ufficialità. Ancora sulla prima visita a Venezia del Gran Principe Ferdinando de’ Medici 341 GIOVANNI CARLI BALLOLA Le opere italiane di Cherubini 369 GREGORIO NARDI Il giovane Luigi Ferdinando Casamorata: spunti per un approfondimento sul primo Romanticismo a Firenze 397 ANTONIO CAROCCIA Un’amicizia epistolare: Mabellini e Florimo 441 MARCELLO DE ANGELIS Giovanni Rosadi interlocutore di Puccini e Mascagni e… la gelosia di Elvira 465 PAOLA GIBBIN La Sala Musica prima della Sala Musica. Vicende alle origini delle collezioni musicali della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze 477 JOHANNES STREICHER Le corrispondenze fiorentine di Arnaldo Bonaventura per la rivista «Musica» (1907-1912) 527 MILA DE SANTIS Presenze di Don Giovanni di Mozart nella drammaturgia musicale di Dallapiccola 551 Elenco delle principali pubblicazioni di Maria Adelaide Bartoli Bacherini 555 Indice dei nomi Stefano Campagnolo NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» «Io vidi ombre e vivi a paragone / provarsi di cantar meglio e più bello»: questo, l’incipit di un sonetto di Niccolò de’ Rossi intorno al quale Nino Pirrotta scrisse un memorabile studio sulla musica dell’ars nova italiana.1 Questo sonetto, con la sua elencazione di musici celebri nel loro tempo,2 è pieno, per i moderni studiosi, assai più di ‘ombre’, che di vivi musicisti di cui ci sia rimasta una traccia meno che flebile: un caso consueto per la musica medievale, per motivi piuttosto ovvi. In molti casi alcuni dei nomi che affiorano dalle fonti documentarie, dalle cronache, dalla letteratura stessa, chiamano in causa, in ragione della natura musicale e letteraria della fioritura italiana della musica trecentesca, i massimi esponenti della nostra letteratura: Casella, Scochetto e Lippo richiamano Dante; Confortino e Floriano da Rimini evocano Petrarca; Mino d’Arezzo: Boccaccio.3 Tanto scarse sono le evidenze su tali musici, veri e propri fantasmi, 1 NINO PIRROTTA, Due sonetti musicali del sec. XIV, in Miscelànea en homenaje a Monseñor Higinio Angles, Barcelona, 1958-1961, II, pp. 651-662, poi ripubblicato in ID., Musica tra Medioevo e Rinascimento, Torino, Einaudi, 1984, pp. 52-62. 2 Nell’ordine sono elencati (fra parentesi le identificazioni di Pirrotta): Casella, el guerço (Guerzo, o Guercio da Montesanto), Quintinello, Mino, Lippo (Lippo Pasci de’ Bardi), Segna, Scochetto, Giovanni (di Bonandrea), Nerone, Parlantino (da Firenze), Bertuccio (Albertuccio dalla Viola), Ceccarello, Marchetto (da Padova), Confortino, Angelo, Blasio, Floriano (da Rimini), Maestro Pietro, Garzone (Garzo dell’Incisa) e Ceccolino. A questo elenco di musicisti sarebbero da aggiungerne molti altri su cui sappiamo poco o nulla, come Ottolino da Brescia (citato da Sacchetti nelle carte autografe come intonatore di vari suoi componimenti), e altri che appaiono con uno o due pezzi in un unico manoscritto senza lasciare altro indizio di sé, caso questo piuttosto frequente che riguarda, esempi tra i tanti, il Ser Feo attestato in unicum nel ms. Panciatichi 26, Giovanni da Genova e Corrado da Bologna, testimoniati nel ms. Estense lat. 568. 3 Casella è citato nella Commedia (Purgatorio, II.76-133) in un celeberrimo passo; Scochetto appare quale intonatore di una ballata dantesca nell’annotazione presente in un manoscritto perduto, Lippo è destinatario di un sonetto caudato inviato ad accompagnare una canzone cui 26 STEFANO CAMPAGNOLO che ogni segno, intuizione, congettura diventano preziosi. È per questo che presento questa nota intorno a un musicista che invece ci ha pur lasciato una impronta tangibile – una importante composizione e una citazione in una cronaca contemporanea –, ma di cui ci piacerebbe sapere di più. A maggior motivo di interesse, la notizia è legata a Giovanni Boccaccio. Nel trattare delle intonazioni madrigalistiche cinquecentesche su testi di Boccaccio,4 mi sono imbattuto nel solo madrigale che abbia attinto a una delle Rime: come noto, le Rime boccacciane rimasero perlopiù inedite, ma erano conosciute dagli studiosi della nostra lirica, già nel corso del Cinquecento, a partire da Gian Giorgio Trissino che ne accluse alcune nella sua Poetica.5 È dal circolo dei cultori della letteratura del Trecento che infatti sortisce quest’unico madrigale, intonato da Jacques Arcadelt e pubblicato nel 1541, sul testo della ballata I’ non ardisco di levar più gli occhi.6 avrebbe dovuto prestare il son (su queste occorrenze cfr. ancora PIRROTTA, Musica tra Medioevo e Rinascimento, cit., pp. 46-47, 55); Confortino è destinatario di alcune rime da porre in musica secondo le annotazioni dello stesso Petrarca derivabili dagli abbozzi della Biblioteca Casanatense, mentre Floriano è citato nelle Epistole metricae (cfr. STEFANO CAMPAGNOLO, Petrarca e la musica del suo tempo, Atti del Convegno Internazionale di Studi (Arezzo, 18-20 marzo 2004), a cura di Andrea Chegai e Cecilia Luzzi, Lucca, Libreria Musicale Italiana, 2005, pp. 3-41); Mino d’Arezzo appare nel Decameron (X.7) in qualità di musicista (cfr. STEFANO CARRAI, Un musico del tardo Duecento (Mino d’Arezzo) in Nicolò De’ Rossi e nel Boccaccio (Dec. X.7), «Studi sul Boccaccio», XII, 1980, pp. 39-46). 4 STEFANO CAMPAGNOLO, Boccaccio in musica nel Cinquecento: letture e interpretazioni dei madrigalisti, in Atti del convegno Boccaccio veneto (‘Casa Artom’, Wake Forest University - Fondazione Levi, Venezia, 21-22 giugno 2013), a cura di Luciano Formisano e Roberta Morosini, Roma, Aracne, in corso di stampa. 5 Vicenza, Tolomeo Gianicolo 1529. Trissino incluse alcune rime del Boccaccio a illustrare le forme del madrigale (Come su ‘l fonte fu preso Narciso, cogliendo peraltro una delle musicate nel Trecento), della ballata mezzana (I’ son si vaga de la mia belleza, Decameron, prima giornata), e della canzone (Il gran disio, che l’amorosa fiamma). 6 Nel Primo libro dei madrigali di Maistre Ihan, Venezia, Antonio Gardano, 1541, ed. moderna: JACOBI ARCADELT, Opera omnia, ed. Albertus Seay, vol. VII: Madrigali miscellanei, Rome, American Institute of Musicology, 1969, pp. 21-23 (“Corpus Mensurabilis Musicae”, 31). NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 27 La tradizione testuale di questa ballata è basata su dieci manoscritti in cui sono distinguibili vari raggruppamenti. 7 La versione musicata da Arcadelt appartiene a un «aggiornamento cinquecentesco» della ballata,8 ed è basata su un testo perfettamente sovrapponibile alla versione contenuta nel ms. Conventi Soppressi 430 della Biblioteca Nazionale di Firenze, manoscritto esemplato di mano di Benedetto Varchi. L’intellettuale, letterato e storico fiorentino qualifica questa ballata con l’appellativo di ‘madrigale’, forse sulla base di una suggestione musicale. Tale suggestione è derivata dalla messa in musica di un contemporaneo, o dall’antigrafo utilizzato? Il dubbio è suscitato da due manoscritti, fra loro collegati, entrambi bolognesi: il ms. 3467 della Biblioteca dell’Archiginnasio (Ba3467) e il ms. 177 della Biblioteca Universitaria (Bo177).9 Il manoscritto dell’Universitaria, Bo177, Rime di varij, è di mano di Giovan Maria Barbieri (Modena 1519-1574), il massimo studioso cinquecentista di poesia provenzale,10 ed è stato esemplato, si deduce dall’intestazione, su «un libro antiquissimo di [i.e. appartenuto a] M. Gio. Georgio Tressino, che gli fu 7 Faccio riferimento alla più recente edizione critica delle Rime, che si deve a Roberto Leporatti: GIOVANNI BOCCACCIO, Rime, Firenze, Edizioni del Galluzzo, 2013 (“Archivio Romanzo”, 26). Leporatti ha provveduto a un riordino delle rime, modificando la sequenza tradizionale della storica edizione critica di Massèra (ID., Rime, testo crit. a cura di Aldo Francesco Massèra, Bologna, Romagnoli - Dall’Acqua, 1914), già rivista ed emendata da Branca (ID., Le Rime, L’Amorosa visione, La Caccia di Diana, a cura di Vittore Branca, Bari, Laterza, 1939 e successive). Ancora modifica l’ordinamento Antonio Lanza (ID., Rime, a cura di Antonio Lanza, Roma, Aracne, 2010), ma su considerazioni storico-silistiche e non basate sulla critica del testo. La ballata in oggetto è numerata LXXV nella versione Massèra-Branca e 118 da Leporatti (Rime-Massèra, pp. 104-106; Rime-Branca, pp. 44, 339; Rime-Leporatti, pp. 325326). 8 Rime-Leporatti, p. 325. 9 Se ne veda la descrizione in Rime-Leporatti, pp. XIV-XVI e pp. XVIII-XX, rispettivamente, con ulteriori rinvii a studi, bibliografie e repertori. 10 Cfr. GIANFRANCO FOLENA, “Barbieri, Giovanni Maria”, sub voce, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, vol. VI, 1964, pp. 226-230. 28 STEFANO CAMPAGNOLO donato a Bologna da un libraro, il quale appena si poteva leggere per l’antiquita»,11 mentre il manoscritto dell’Archiginnasio contiene la minuta e la copia, non autografe, dell’opera maggiore di Barbieri: L’arte del rimare, che, inedita, vide la luce solo nel 1790 per la cura di Tiraboschi.12 Molte delle rime citate ne L’arte del rimare sono comuni a Bo177, ma non sono tratte da questa copia realizzata da Barbieri stesso, bensì dal codice originale.13 Quindi, alla base dei due manoscritti bolognesi sta un solo e medesimo antigrafo: il perduto codice appartenuto a Trissino. Chiarita la relazione fra i due manoscritti, bisogna specificare che la ballata I’ non ardisco è attribuita a Boccaccio in tutti i testimoni, tranne appunto Bo177 e Ba3467 dove è ascritta a un «Domini Bartholi de biccis florentini».14 La tradizione, complessa, delle Rime del Boccaccio contiene molte liriche di dubbia attribuzione,15 ma non è questo il caso: pur estranea al nucleo più solido della tradizione, la ballata è indubbiamente boccacciana.16 Per questo motivo già Massèra si sentì in obbligo di giustificare questa erronea attribuzione a un altrimenti ignoto Bartolo de’ Bicci fiorentino, supponendo che ci fosse stato «un semplice scambio di paternità fra due componimenti consecutivi»,17 11 Rime-Leporatti, p. XIX. 12 GIOVANNI MARIA BARBIERI, Dell’origine della poesia rimata opera di Giammaria Barbieri modenese pubblicata ora per la prima volta e con annotazioni illustrata dal cav. ab. Girolamo Tiraboschi, Modena, Società tipografica, 1790. 13 Chiarifica la questione (e l’esistenza dell’antigrafo appartenuto a Trissino alla base di Bo177, messa in dubbio da GIULIO BERTONI, I codici di rime italiane di Gio. Maria Barbieri, «Giornale Storico della Letteratura Italiana», XLV, 1905, pp. 35-47) ALDO MASSÈRA, Ancora dei codici di rime volgari adoperati da G. M. Barbieri, «Studi Medievali», II, 1906-1907, pp. 1136: 22-28. 14 È sotto questo nome infatti che appare nell’opera di Barbieri edita da Tiraboschi a p. 166. 15 Cfr. Rime-Leporatti, pp. CCXX-CCXLI. 16 Rime-Branca, p. 339: «Il tono generale caratteristicamente boccaccesco conferma l’attribuzione trasmessaci da tradizioni manoscritte diverse, e che possiamo ritenere sicura». 17 Rime-Massèra, p. XCIII. L’ordinamento di Bo177 non fa testo in questo caso, poiché è all’originale perduto cui bisognerebbe fare riferimento. Nell’edizione de L’arte del rimare, Tiraboschi riproduce fedelmente anche le annotazioni di Barbieri, che riporta l’indicazione della fonte da cui trae i testi, corredata con il numero della carta. Massèra (Ancora dei codici, cit., p. NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 29 o ipotizzando che, come accade sovente, «nell’archetipo da cui emanò il ms. del Trissino fosse registrato il nome del musico invece di quel dell’autore».18 Riprese quest’ultima ipotesi Domenico De Robertis in un suo lungo studio sulla tradizione delle Rime di Boccaccio,19 mentre si è mostrato perplesso Leporatti poiché, riportando le parole di Massèra, ha sottolineato come il critico abbia supposto sia esistito un musico a nome Bartolo de’ Bicci «senza però poter addurre precise testimonianze sulla sua attività».20 L’ipotesi del Massèra è invece credibile. Come sanno tutti gli studiosi della musica del Trecento italiano, è esistito un musicista trecentesco fiorentino a nome Bartolo, autore di una sola composizione: il Credo contenuto nel ms. Fonds Italien 568 della Bibliothèque Nationale de France (Pit), famoso codice musicale dell’Ars nova italiana, come parte di un ciclo, il primo polifonico in ambito italiano, dell’Ordinarium missae.21 Bartolo deve essere stato, malgrado sia sopravvissuta questa sola composizione, un musicista importante, per essere egli menzionato fra i principali musici fiorentini nelle Vite d’uomini illustri fiorentini contenute nella seconda parte del Liber de origine civitatis Florentiae di Filippo Villani:22 27) ricostruisce su questa base l’ipotetica tavola del codice Trissino: in questa ricostruzione, la ballata di Boccaccio/Bartolo segue a una lacuna e precede una ballata di Niccolò Soldanieri (È non è donna gioco). 18 Rime-Massèra, p. XCIII. 19 DOMENICO DE ROBERTIS, A norma di stemma (per il testo delle «Rime» del Boccaccio), «Studi di Filologia Italiana», XLII, 1984, pp. 109-149. «Bartolo de’ Bicci (l’intonatore?)», p. 145. 20 Rime-Leporatti, p. 325. 21 Su Bartolo ha scritto in particolare e per primo ETTORE LI GOTTI, Il più antico polifonista italiano del secolo XIV, «Italica», XXIV, 1947, pp. 196-200, sciogliendo l’equivoco inerente al Liber di Filippo Villani (cfr. sotto) che nella edizione ottocentesca curata da Galletti (Philippi Villani liber de civitatis Florentiae famosis civibus, […] in lucem prodeunt cura et studio Gustavi Camilli Galletti, Firenze, Mazzoni, 1847) a causa di una sciatta edizione del testo, attribuiva a Giovanni da Cascia quanto invece Villani diceva di Bartolo. Li Gotti è stato ripreso poi in tutta la letteratura sull’Ars nova. Si è occupato di Bartolo in particolare KURT VON FISCHER, Il ciclo dell’ Ordinarium Missae del Ms F-Pn568 (Pit), in L’Ars Nova Italiana del Trecento, V, a cura di Agostino Ziino, Palermo, Enchiridion, 1985, pp. 123-137. 22 FILIPPO VILLANI, De origine civitatis Florentie et de eiusdem famosis civibus, edidit Giuliano Tanturli, Padova, Antenore, 1997, p. 408. 30 STEFANO CAMPAGNOLO Musice artis disciplinam multi memorabiles florentini perfectissime habuere, sed qui in ea scientia aliquid ediderint pauci extant. Inter quos Bartolus et ser Laurentius Masini pre ceteris prestantius et artificiosius cecinerunt. Quorum primus, cum alternatim organo et modulatis vocibus in nostra maiori ecclesia symbolum caneretur, tam suavi dulcique concentu diligentia artis ipsum intonuit, ut, relicta consueta organi interpositione, magno concursu populi, vocalem sequentibus armoniam deinceps vivis vocibus caneretur primusque omnium antiquam consuetudinem virilis chori organique abolere coegit.23 Come si vede, anche la testimonianza di Villani fa riferimento al Credo di Bartolo. Si rilevi poi l’associazione con Lorenzo Masini, associazione che avviene anche nel codice Pit, poiché al suo Credo segue il Sanctus proprio di Lorenzo.24 Ancor più stimolante è notare come Lorenzo sia colui che ha messo in musica due delle tre rime del Boccaccio che ci siano giunte tramandate col supporto della notazione musicale.25 È possibile dunque che il perduto codice del Trissino registrasse effettivamente il nome dell’intonatore al posto di (o insieme a) quello dell’autore del testo? E che Bartolo de’ Bicci sia il Bartolo di Filippo Villani? Se così fosse, Bartolo sarebbe associato a Lorenzo anche per essere tra gli intonatori di rime del Boccaccio, circostanza questa che porterebbe entrambi a vederne ancor più 23 Nella traduzione italiana di Gallo: «Molti fiorentini degni di memoria ebbero perfetta conoscenza dell’arte musicale, ma pochi sono coloro che in quest’arte pubblicarono qualche cosa; tra costoro Bartolo e ser Lorenzo Masini composero in maniera più eccellente e abile degli altri. Il primo di essi quando nella nostra chiesa maggiore si cantava il Credo alternando il suono dell’organo alle voci del coro, lo intonò invece con tanto soave e dolce concento e perizia d’arte che, abbandonata la consueta interposizione dell’organo, con grande affluenza di popolo che seguiva l’armonia vocale, tutto il pezzo fu intonato vocalmente, e Bartolo fu così il primo che costrinse ad abbandonare l’antica consuetudine del coro e dell’organo» (F. ALBERTO GALLO, Il Medioevo II, in Storia della Musica, a cura della Società Italiana di Musicologia, EdT, Torino, 1977, v. II, p. 130). 24 Precede il Gloria opera di Gherardello e completano il ciclo l’Agnus ancora di Gherardello e il Benedicamus di Paolo da Firenze. Si veda l’articolo di Von Fischer citato. 25 Un madrigale (Come in sul fonte fu preso Narciso), e una ballata (Non so qual i’ mi voglia), entrambe musicate da Lorenzo Masini; la ballata O giustitia regina, al mondo freno è stata messa in musica da Niccolò da Perugia. Tutt’e tre le composizioni sono contenute in testimone unico nel celeberrimo Palatino 87 della Biblioteca Mediceo Laurenziana (Codice Squarcialupi). NOTA SUL «PIÙ ANTICO POLIFONISTA ITALIANO DEL SECOLO XIV» 31 plausibilmente riconosciuta una posizione di assoluto rilievo nella élite cittadina, posizione che la testimonianza di Villani indubbiamente gli attribuisce. Accogliendo l’ipotesi, si accrescerebbe di una ballata – la citata I’ non ardisco, di perfetta musicabilità, come attesta l’intonazione cinquecentesca –, il piccolo numero di rime del Boccaccio musicate in vita del poeta, e si aggiungerebbe un complemento al nome del misterioso Bartolo polifonista. Nello scrivere su Bartolo, Ettore Li Gotti – nello studio il cui titolo ho ripreso nell’intestare questa nota – proponeva un’associazione con un «Don Bartolo, cappellano del vescovo di Firenze, probabilmente benedettino e forse originario di Mugello, ricorda il Lami agli anni 1317 e 132026 […] con altri reverendi viri […] tra i canonici del capitolo della chiesa maggiore di Firenze».27 Questa proposta di identificazione non sarebbe in contrasto con Bartolo,28 alias “de’ Bicci”, in attesa che «fortunate scoperte possano dar corpo ai nostri sospetti».29 26 Si intende GIOVANNI LAMI, Sanctae Ecclesiae Florentinae monumenta, Firenze, Deiparae ab Angelo Salutatae, 1758. 27 LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220. 28 Non compatibile invece l’affermazione di Li Gotti per la quale Bartolo sarebbe poco attestato nei codici superstiti perché si è dedicato solo alla musica sacra, non avendo «tra gli autori dei testi poetici del suo repertorio un Petrarca, un Boccaccio, un Soldanieri o un Sacchetti» (ivi, pp. 219-220). Poco convincenti, a parer mio, anche le argomentazioni usate da Von Fischer (Il ciclo dell’ Ordinarium, cit.) per supporre che il Domenico Bartoli, indirettamente collegabile col manoscritto parigino Pit, sia un discendente di Bartolo. 29 LI GOTTI, Il più antico, cit., p. 220.