Ricordi 1943
Lessico
Minimo
Familiare
Salvatore Argenziano
A
Abbasciammàre: top. Il quartiere della marina che si sviluppa intorno al Corso Garibaldi.
acconciatiàne:
s. m. Artigiano ambulante aggiustatore di tiani, piatti ed ombrelli,
conciambrelle. Anche conciatiane.
addubbàta: s. f.
La parata dai balconi al passare delle processioni religiose.
aggeggio di legno: Stereoscopio di legno curvato per la visione tridimensionale delle cartelle.
allascá:
v. tr. Allentare, allargare. etim. Latino “lascus”, derivato da “laxus”,
allentato.
alléssa:
s. f. Castagna lessata senza la buccia e con alloro, lauro. Cuóppo allésse: Si
dice di donna sfatta nel fisico. L’umidità delle allesse ammollano e sformano il cuoppo.
allimóne:
L’invitante modulato richiamo del gelataio per il fresco gelato di limone.
am-lire:
Moneta in circolazione dopo la liberazione. AM è l’abbreviazione di
AMGOT, Allied Military Government Occuped Territory.
ammazzaruto:
agg. Non lievitato. etim. Greco “ázymos”, senza lievito.
ammetèlla:
s. f. Diminutivo di amo.
itt. Riccio di mare. etim. Latino “echinus”. Ancina janca, ancina riale.
ancìna:
anguattarèlla:
s. f. Pure nguattarella, da agguattare. Il giocare a nascondino.
antifonàrio:
Nella liturgia religiosa, si dice di canto alternato tra il celebrante ed il coro
dei fedeli. Nelle operazioni di tiro collettivo, alla frase modulata del capo, seguiva la risposta
dei tiratori, analogamente modulata. Il tutto equivalente alla cadenza di “Un due tre, --quattro cinque sei”. For-za-gua-glio-o-o-ne, --- Ti-ra-che-ve-e-e-ne. Il linguaggio era
abbastanza sboccato e allusivo. Vedi Responsorio.
arrecanáto:
agg. Arreganato. Si dice di alici preparate in tegame con olio, aglio e
arécheta, origano.
arrugnàrse:
v. rfl. Restringersi in sé. etim. Latino “ad+runculare”, piegare come una
roncola. *Arrugnato sotto a manta pe pigliá calimma.
ástico:
s. m. Lastrico solare. Astreco. etim. Latino “àstracum” dal greco “òstrakon”,
coccio. I solai di copertura, in genere a volte, panze, carose, erano realizzati con impasti
leggeri di cocci.
azzeccá:
v. tr. Attaccare, incollare. etim. Gotico “zecken” col prefisso ad. Che ce
azzecca? = Che c’entra?
azzippàta:
s. f. 1- Modalità a rischio di vendita delle ficurine, fichi d’India. Pagata la
quota si aveva diritto a prendere i fficurine che si riusciva ad azzippare facendo cadere il
coltello dall’alto. 2- Gioco con gli strummoli. A sorte si stabiliva il “sotto” che lasciava il suo
strummolo a terra. Gli altri spingevano fino ad una base stabilita lo strummolo sotto con
“casselle”, spinte, date con gli strummoli rotanti. La punizione consisteva nel dare un certo
numero di colpi con la punta metallica dello strummolo su quello del perdente. Se la
penetrazione era profonda gli strummoli restavano attaccati ed allora si lanciavano in alto con
l’intenzione di spaccare in due, nella caduta, il soccombente.
B
gioco di strada a squadre. I contendenti delle due squadre si fronteggiavano
ad una certa distanza, col piede a toccare la propria area di partenza, detta barra. Un
contendente era fatto prigioniero quando veniva toccato da un avversario più “frisco ‘i barra”,
cioè che aveva lasciato successivamente la sua area. I prigionieri si disponevano a catena,
bàrre:
2
protesi verso la loro barra, con il piede del primo che toccava la barra nemica, e potevano
essere liberati se un compagno riusciva a toccarne uno di loro.
beach evac:
Scritta inglese sui muri di alcuni palazzi di vasciammare. Beach evacuated:
Spiaggia evacuata.
Benino:
Pastore dormiente del Presepe e personaggio della Cantata dei Pastori.
Bernardino:
Don Bernardino Ascione era il parroco della Chiesa di Portosalvo.
boràce:
Minerale di colore biancastro, borato di sodio. Per saldare i vari pezzi di
rame e ottone si scioglieva il borace (noi dicevamo a bburace) strofinando con acqua il
minerale nella buraciéra, un piattino di pietra di lavagna. Si ricavava un liquido biancastro che
faceva da catalizzatore per fondere i pezzetti di lega d’argento che costituivano la saldatura.
C
s. f. Pentola. etim. Greco “kàkkabos”.
s. f. La prima ora del pomeriggio, quando il sole è ardente. etim. Latin:
“càleo”, spagnolo “calentar”, riscaldare.
top. Calastro. Il promontorio dove sorse il mulino. Ncoppacalasteco, in via
Calàstico:
Calastro. L’origine del nome è greca, “kalà”, e sta ad indicare una prominenza sul mare. La
località che andava dal mulino alla spiaggia della Scala.
calàta:
1- In acqua consiste nell’affondare una persona, a forza di braccia e anche
salendo con i piedi sulle spalle. 2- Discesa in mare per il bagno.
canalóne:
Sentiero in discesa, incassato tra muri che, con le piogge, assume l’aspetto e
la funzione di torrente.
cannèlla:
Tubo metallico sporgente di fuoriuscita dell’acqua.
capatòsta:
itt. Piccolo pesce dei blennididi, dal corpo viscido, simile alla vavosa ma più
scuro.
Cappella di Portosalvo:
La Cappella di Portosalvo costruita dopo l’eruzione del 1794,
fu eletta a Parrocchia nel 1944 ma per noi resterà sempre la Cappella.
caravàna:
s. f. Casa ambulante dei circensi, trainata da cavalli. Oggi Caravan. etim.
Persiano “karwan”.
carnumma:
itt. Frutto di mare dal guscio molle e sapore intenso. Ascidia detta uovo di
mare, (Macrocosmus sulcatus).
carósa:
Terrazzo a volta, senza parapetti. Il termine, al maschile caruso, indica la
testa rapata.
carrètta, carrettèlla:
Carro a due ruote. La carrettella era spinta o tirata a mano.
Sotto casa nostra c’era la bottega di Nicola lo scarparo che affittava le carrettelle sia a qualche
venditore ambulante che ne fosse sprovvisto, sia ai privati per ogni necessità di trasporto di
cose.
cartòccio:
Nel lavoro di bigiotteria era la piattina di rame ricurva per le decorazioni a
filigrana.
casarduóglio:
s. m. Venditore di formaggi, olio ecc. Da caso e uoglio.
casatiéllo:
s. m. Pane di Pasqua, con strutto, ciccioli, sopressata, caciocavallo e uova
sode.
cascettáro:
s. m. Venditore ambulante di merceria. La merce era custodita nella
cascetta, valigetta di legno. Cascettari erano detti i venditori viaggianti di corallo e cammei.
cascióne:
Detto pure casciabbanco. Cassapanca. Vi si conservava il corredo buono
della sposa.
caccavèlla:
calandrèlla:
3
s. m. Secchio di ferro per attingere acqua. Di legno quello dei pisciavinnoli.
etim. Greco “kados”, brocca, secchia.
catranésca:
s. f. Uva gialla da tavola. Catalanesca. Il vitigno fu importato dalla
Catalogna dai sovrani spagnoli delle Due Sicilie.
cauràra:
s. f. Caldaia, pentolone. etim. Latino “calidaria”.
cavallóne:
s. m. Onda alta provocata dai venti di libeccio.
top. Sottuponticavino, a levante di corso Garibaldi, al Largo Gabella del
Cavìno:
Pesce.
cazunètto:
s. m. Mutandoni lunghi da uomo.
cazzabòcchio:
1- s. m. Cubetto di pietra per pavimentazione stradale. 2- Formella di
ghiaccio grattato, insaporito con sciroppo di amarena, orzata e menta, patriottico rosso, bianco
e verde.
cepòlla:
s. f. 1- Cipolla. 2- Callosità estesa dei piedi.
cequitta:
s. f. Milza cotta nell’aceto con aglio e peperoncino.
cernitura:
s. f. Carbonella per il braciere fatta con tralci di vite. La parte piccola
ottenuta dalla cernitura, vagliatura del carbone.
s. f. Gelsa. Varietà bianca (morus alba) e rossa (morus nigra).
cèveza:
chiàna:
s. f. Piana. Piattaforma di poco sottostante al livello del mare e affiorante
con la bassa marea.
chiònza:
s. f. 1- Oggetto, cosa di poco valore. 2 - Cammeo dozzinale.
chiummarèlla:
s. f. Si ottenevano sovrapponendo due fondini di stagnola dei lumini,
rivoltando le punte, quasi a farne delle monetine per il gioco sottumuro.
chiummo:
s. m. Piombo. etim. Latino “plumbum”.
ciaramèlla:
s. f. Piva pastorale usata dagli zampognari.
cinésa:
Avevamo poche pellicole ed una di queste, film muto, rappresentava le
scene della Cina. Il proiettore con le pellicole era stato portato da zio Raffaele dalla Cina.
cisto:
s. m. Petrolio illuminante.
còccia:
s. f. Cranio pelato. etim. Latino “còchlea”, chiocciola.
còzzeca:
itt. Mitilo, muscolo, cozza. Cozzechitarda: Denominazione torrese della
cozza per la sua provenienza da Taranto.
cuntróra:
s. f. Le prime ore del pomeriggio, dedicate alla mezora nel caldo estivo.
cuzzechèlla:
s. f. Diminutivo di cozzeca.
coppole rosse:
Polizia militare inglese. Si distinguevano per il berretto rosso.
curallina:
s. f. Barca per la pesca del corallo. Di dimensione modesta, 10/12 tonnellate,
anticamente a vela e remi. L’equipaggio era costituito da una decina di uomini.
cràstula:
s. f. Crasta. Vaso di argilla. etim. Latino “gastra”, vaso.
crisòmmola:
s. f. Perlicocca. Albicocca. Nel 1583 G.B. Della Porta, scienziato
napoletano, le divise in due grandi gruppi: le bericocche, di forma tonda e polpa bianca e
molle, aderente al nocciolo e le chisomele, con la polpa non aderente al nocciolo, molto
colorate, soavi e più pregiate. etim. Greco “krusomelon”, pomo d’oro.
s. f. pl. Pomodorini adatti alla conserva.
cruanèlle:
cufaniéllo:
s. m. Da cuofeno. Tuffarsi a cufaniello, con le ginocchia ritirate sul ventre.
cufenaturo:
s. m. Grossa tinozza di terracotta utilizzata per la culata.
culàta:
s. f. Bucato.
culunnètta:
s. f. Comodino da notte.
cáto:
4
s. f. Aquilone.
v.tr. Raccontare.
s. f. Strada di campagna. Cuparella.
s. m. Copertino. Copriletto prezioso, di seta o con ricami. Al passaggio delle
processioni per le feste venivano esposti, come arazzi, dai balconi.
currentista:
s. m. Si nominarono così i ladri che assaltavano i camion americani in corsa.
etim. Da “correre”.
cuzzechèlla:
s. f. Novellame di cozze.
cumèta:
cuntá:
cupa:
cupertino:
D
deliziósa:
s. f. Dolce formato da due dischetti di pasta frolla contenenti crema al burro.
E
Frazione del comune di Sarno, in provincia di Salerno
Vegetazione erbacea dall’odore nauseabondo, nota come i fetiénti: s. m.
pl. Anagyris foetida.
Episcòpio:
erba fetente:
F
inter. Imprecazione americana del dopoguerra. etim. Americano “fuck off”.
s. f. Pezzo di legno per il trasporto a scivolo delle barche. etim. Dal latino
"phalanga", rullo, che è dal greco “phálanks –phalangos”, tronco d'albero.
Famiglia:
La mia famiglia, i pietucane, tra zie e cugini era una vera tribù, un clan
sparso in vari palazzi di Corso Garibaldi e strade vicine.
femminiéllo:
s. m. Omosessuale, travestito. Il femmeniello era l’omosessuale dichiarato
che, nei concertini stradali interpretava la sceneggiata ricca di allusioni.
figurèlla:
s. f. Fiurella. L’immagine del Santo, il santino.
fili esili paglierini:
Per la Pasqua si portava in chiesa il grano appena nato, seminato in
casa nelle ciotole e al buio per evitare che i fili diventassero verdi.
finimènto:
s. m. Nella bigiotteria era l’insieme di collana, bracciale, orecchini e spilla.
s. f. Lamina sottile di rame per l’incastonatura del cammeo.
flàngia:
Foce:
Santa Maria della Foce. Località alla sorgente del fiume Sarno, sede del
Santuario omonimo.
Fungella:
Strangianomme della famiglia Cuccurullo, dal nome della nonna, Alfonsina
> Funzina > Funzella > Fungella.
furèsto:
agg. Forestiero, straniero. La parlata di Nonno Francesco, originario di
Santa Maria Capua Vetere, non era come la nostra torrese ed aveva l’accento particolare
contadino dell’entroterra campano.
s. m. Forno metallico costituito da un cilindro con un piano interno
furno ’i campagna:
inferiore ed uno esterno superiore per la brace. Tra i due piani c’è il vano per la cottura. Uno
sportello frontale a due ante serve per porre la brace nel piatto inferiore e il cibo da cuocere. Il
piano della brace superiore è accessibile dall’esterno ed è chiuso da un coperchio a campana.
friariélli:
s. m. pl. Cime di rape, caratteristiche delle parule vesuviane.
Frónte:
top. Sottufronte. Toponimo della spiaggia nel porto di Torre.
fàcoff:
falànga .
5
s. m. Costruzione in muratura per la cottura dei cibi. Il piano aveva due o
più furnacelle incassate, funzionanti a carbone. Frontalmente c’erano le bocche per la raccolta
della cenere e per sciusciare col ventaglio di penne.
furcélla:
s. f. Bastone di legno terminante a V per sorreggere la corda del bucato.
etim. Dal latino “furcula”.
furnacèlla:
s. f. Fornello, parte del fuculare. C’era anche la furnacella portatile,
alimentata a legna, un cilindro di lamiera su tre piedi di ferro, che veniva utilizzata per i lavori
sulla loggia, l’acqua calda per la culata, la pece per impermeabilizzare le senghe sulle panze
dell’asteco ecc.
fuculàre:
G
Il braccio destro di Garibaldi, ritto sul piedistallo, con la sciabola sguainata,
era puntato verso il vicolo di fronte dove c’era un orinatoio pubblico. Il braccio sinistro teso
all’indietro verso un altro vicariello, noto come il vicolo delle cacate, per la presenza di un
gregge di capre che tappezzavano la stradina con i loro escrementi.
giárro:
s. m. Piccola giara di terracotta per tenere al fresco l’acqua. Mummara. etim.
Spagnolo provenzale “jarra”, arabo “garra”. Quello adoperato nei munazzeri aveva un foro
sulla parte alta della pancia, da dove l’acqua poteva zampillare per bere senza contatto della
bocca.
Giovinézza:
Inno fascista eseguito come inno nazionale, insieme alla Marcia Reale.
gliuómmero:
s. m.1- Gomitolo. 2- Componimento poetico in voga nel quattrocento. etim.
Latino “glomus-glomeris”, gomitolo.
granurino:
s. m. Granurinio. Grano di mais. Farinella.
grariàta:
s. f. Scalinata, gradinata.
guagliunèra:
s. f. Insieme di ragazzi, confusione.
Garibaldi:
L
s. f. Lucertola. Lacerta vermenara: Geco.
s. m. Ampio canale per lo smaltimento delle acque meteoriche, nelle
stagioni asciutte utilizzato come sentiero
làmia:
s. f. Volta muraria. Lamia a scazzetta ‘i prèvete oppure lamia a culo ‘i
caurara: volta circolare a calotta. etim. Greco “ta lamia”, cranio.
lammeccáto:
agg. Lambiccato, ottenuto con l’alambicco. / s. m. Mosto. - Vino dolce con
l’aggiunta di mosto non fermentato.
lampàra:
s. f. Gozzo con una lampada, una volta ad acetilene, sulla prua per la pesca
notturna.
légnasànta:
s. f. Varietà di loto dalla polpa dura, diverso dal cachisso che ha polpa
molle.
libbrètta:
s. f. Libretto di navigazione, documento necessario per l’imbarco sulle navi.
litrattiéllo:
s. m. Figurina con le immagini di personaggi noti. Sui marciapiedi ce li
giocavamo a schiaffo o a cuppone.
lòggia:
s. f. Terrazzo a livello sul quale si affacciano gli appartamenti. Sulla nostra
loggia c’erano gli appartamenti della Nonna, della zia Raffaella, della zia Rosa ed il nostro.
lópa:
s. f. 2- Fame, voracità. 2- Così era detta la macchina aspirante che scaricava
il grano dalle navi nel porto di Torre.
lustràta:
s. f. Lucidatura finale del corallo.
lacérta:
lágno:
6
M
M. P.:
M.V.S.N.:
madèra:
Military Police. Polizia militare americana.
Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale.
s. f. Madiéra. Costolatura della barca fissata alla chiglia e sulla quale si
inchioda il fasciame orizzontale.
malacàrna:
s. m. Uomo dissoluto e crudele.
mammóne:
s. m. Brigante leggendario e proverbiale, Gaetano Mammone, e uomo nero
per i bimbi.
mamuócio:
s. m. Membro di una confraternita religiosa che indossavano mantelli
bianchi con cappucci che coprivano il volto.
maruzza:
s. f. Lumaca. etim. Latino medievale “marucca”. La zuppa di cozzeche e
maruzze era un piatto tradizionale nella ricorrenza dell’Uttava.
mastantuóno:
agg. Varietà di pera, piccola e zuccherina.
másto:
s. m. Maestro, capo. Chi esercita un mestiere con autonomia e perizia.
Masto ’i festa: organizzatore della festa di quartiere.
mastréssa:
s. f. Donna autoritaria.
mazzacàne:
s. m. Grosso sasso.
mazzepìvuzo:
s. m. Gioco della lippa, con bastone, a mazza, e bastoncino, u pivuzo.
mazzètta:
s. f. Mancia. Paga, generalmente a discrezione. Gli operai dei munazzeri
erano pagati al sabato, a mezzogiorno perché il pomeriggio era festivo, sabato fascista, per le
adunanze premilitari. La filastrocca cantata diceva: Votta a fá notte / votta a fá juorno / votta
a fá sabato / a miezo juorno.
mbrecciata:
Fare mbrecciata equivalente di fare casino, confusione. Il termine significa
lastricata in ciottoli, come erano alcune strade e vicoli frequentati da prostitute.
melismatico:
Dicesi di canto con ampie volute di vocalizzi. Il canto melismatico è
caratteristico non solo della tradizione popolare vesuviana ma anche di altre culture
mediterranee, come la spagnola, la portoghese e dell’area mediterranea africana.
menaide:
Gozzo lungo a quattro o sei remi. Prende nome dalla rete per la pesca di
sarde e alici detta menàide.
miézo:
In mezzo.
MILIT:
Sigaretta distribuita ai militari. L’interpretazione popolare della parola era:
Merda Italiana Lavorata In Tubetti.
MILMART:
Milizia Marittima. Proiettili della milmart chiamavamo le olive giganti che
Papà portava da Taranto quando veniva in licenza.
Muntagna:
Per antonomasia il Vesuvio.
mpennacchiáto: Ornato vistosamente con pennacchi sulla testa.
mpizzàte:
Infilzate a forza.
munaciéllo:
Spiritello benigno, gnomo di piccole dimensioni, protettore della casa. I fatti
e le situazioni poco credibili, come visite notturne a compiacenti spose sole, arricchimenti
ingiustificabili ed altro, erano attribuiti al munaciello.
munazzèro:
Munazzè. Magazzino. Cantiere navale per la costruzione di barche da pesca
(gozzi e paranze) e da diporto.
muniglia:
Polvere di carbone. Il braciere per riscaldare la stanza e, nel prevulillo i
piedi, veniva preparato con muniglia e cernetura.
munnézza:
Immondizia.
7
muntóne:
Mucchio. L’immondizia era scaricata libera a formare montagnelle agli
angoli delle strade o in altri luoghi a ciò destinati dall’uso.
M.V.S.N.:
Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
N.
ncasá:
Calcare, pigiare con forza, stipare.
ncoppa adda nuie:
Su da noi. Espressione usata dai torresi del Vesuvio ad indicare la loro
zona, un altro mondo, quello contadino.
nfunno:
A toccare il fondo del mare.
ngigno:
Sta per Ingegno, attrezzo per la pesca del corallo, costituito da una croce a
lati uguali di legno, da una zavorra e da reti attaccate. Trascinato sul fondo, strappava il
corallo irretendone, però, solo una minima parte. Fu inventato da Pietro Loffredo, antenato del
mio compare Padre Salvatore Loffredo.
nichelino:
Moneta di nichel, pari a venti centesimi, quattro soldi.
ntaccavréccia:
Gioco con le monete sul basolato stradale. Si lancia in alto la moneta e vince
chi la fa cadere più lontano dalla ‘ntacca, cioè dalla connessura tra le vrecce, i basoli della
pavimentazione.
ntustáto:
Indurito. Riferito all’aspetto vale impettito.
nzèrta:
Corona di tondelli di sughero da legare sotto le ascelle. Di scarso
galleggiamento, consentiva, però, di nuotare sbracciando. Era l’attrezzo per il secondo passo,
dopo il salvagente, nel nostro mare profondo.
nziváto:
Ricoperto di sivo, cioè sego, o altro grasso. Significa anche sporco, unto.
nzógna:
Sugna, strutto.
P
pacca:
La pacca è la natica, ma anche la metà di un fico, di un’albicocca o di
pomodoro. Per le bottiglie i pomodori erano tagliati in quattro pacche.
pacchiàna:
Contadina. Riferimento ad abbigliamenti vistosi ed abbondanti.
paglióne:
Rudimentale materasso di foglie secche.
pagnuttèlla:
Panino. In quegli anni il pane era distribuito con la tessera ed era pane nero.
pampùglie:
Trucioli di legno.
pànza:
Estradosso della volta di copertura dell’ultimo piano.
panzaròtto:
Crocchetta di patate, allungata come salsicciotto. Il carretto del venditore
ambulante era provvisto di fornello e tegamone con olio bollente per la frittura dei panzarotti
e delle pizzelle. Venivano serviti su carta gialla, quella del sapone molle, con una spruzzata di
sale.
Papòte:
Il proprietario di un palazzo alto di Torre che si riusciva a vedere dal mare
solo andando al largo.
parànza:
Motopeschereccio. Il significato primario di paranza sta a definire una
squadra, un gruppo di lavoro.
parùla:
Terreno coltivato ad ortaggi. Da padula, trasformazione di palude.
paruláno:
Ortolano.
pastarèlle:
Dolcetti mignon assortiti, generalmente senza crema e di pasta di mandorla.
pastiéra:
Dolce tipico napoletano di grano, ricotta e profumi.
pastòcchia:
Zolla di muschio.
8
pastóra:
Disco grossolano di pietra, in genere ricavato da riggiole, piastrelle da
pavimento. Il gioco delle pastore consisteva nel coprire la posta, fatta di figurine, filo rotto per
le comete o anche soldi, posti dietro ad una pietra più piccola detta masto.
pipiérno:
Pietra lavica grigia e dura. Faccia di pipierno si dice per faccia tosta.
péra mást’Antuono:
Pera di piccolo formato, dolce e profumata, di forma sferica
schiacciata, di colore giallastro.
perecóne:
Pedecone: Fittone, bastone. Si adopera con l’aggiunta in cima di una canna
piccola di bambù, per la pesca dagli scogli alti.
perziàna:
Stuoia di fuscelli di legno, con cordicelle per essere arrotolata, posta alle
finestre e ai balconi per il riparo dal sole.
piccirillo:
Bambino.
piézzo:
Tronco d’albero per lavorazioni di carpenteria.
pisciavìnnolo:
Pescivendolo.
piscina:
Deposito interrato di acqua piovana.
Piscopìa:
Via Piscopìa.
pistillo:
Cordoncino fatto con fili di lenza, terminante con una piuma di piccione,
posto in cima alla canna per scrutare i movimenti minimi dell’amo.
pretiàte:
Sassaiole.
prèvula:
Pergola.
prevulillo:
Cassetto di legno con apertura laterale per l’introduzione del braciere e
copertura superiore con assicelle di legno distanziate.
pullanchèlla:
Spiga di mais bollita.
pupatèlla:
In genere, bambolina. Con questo termine si indicava il fagottino di stoffa
contenente la cenere di carbone, buona per il bucato. Il termine indicava anche il fagottino di
stoffa pieno di zucchero che si dava ai bambini, come succhiotto.
putéca:
Negozio, bottega in genere. In particolare la puteca era il negozio di
alimentari, pane pasta, olio formaggi, salumi ecc. detta anche di casarduoglio.
R
ráncio:
Granchio. I granchi degli scogli erano neri mentre quelli della sabbia nel
porto grigi.
rebbuzzá:
Anche rebbaziare. L’operazione di infissione della testa dei chiodi per pochi
millimetri dentro al legno, per poter eseguire la piallatura. Gli arnesi adoperati sono il
rebbuzzo, o rebbazio, sorta di punteruolo a testa squadrata. Il garzone, dal lato interno, tiene il
pesante pezzo di ferro per contrastare i colpi di martello sul fasciame elastico.
responsorio:
Liturgia che si sviluppa tra il celebrante ed i fedeli.
riggiòla:
Dallo spagnolo rejola. Piastrella maiolicata per pavimentazioni.
Ripa:
‘Ncopp’ ‘a Ripa è il toponimo popolare della zona tra la Piazza Santa Croce
e le scale che portano al Corso Fontana, cioè sott’ ‘a Ripa. Ripa sta per riva poiché
anticamente il mare arrivava fin sotto il Castello Baronale che si trova sopra la Ripa.
ruóto:
Teglia rotonda.
rusca:
Soffio di vento dal mare pregno di gocce d’acqua.
rusicariéllo:
Detti pure franfellicche. Impasto di zuccheri colorati, manipolato sul piano
di marmo e stirato su un chiodo infisso ad un paletto. Tagliato a pezzetti, morbido ancora
caldo; duro e croccante, cioè da rosicare, una volta freddato.
9
S
salemebéc:
salemelicco:
sammarzàno:
sanguètta:
sanguinàccio:
sbréglie:
scafaréa:
scagliuózzo:
Son of bitch, figlio di puttana.
Salnitro.
Pomodoro San Marzano.
Sanguisuga, mignatta.
Crema dolce di Carnevale fatto con sangue di maiale e cioccolato.
Foglie del granturco usate per riempire il saccone o paglione (materasso).
Conca di terracotta.
Pezzetto romboidale di schiacciata di farina di mais cotta al forno o fritta.
Nell’inverno del 1943 sostituivamo il pane con pagnottelle di granurinio e patate, cotte al
forno.
Scala:
Toponimo della spiaggia di ponente, a confine con Resina, oggi Ercolano.
scannapiécure:
Beccaio ambulante.
scàrda:
Coccio, scheggia.
scardóne:
Grossa scaglia di roccia.
scárillo:
Diminutivo di scario. Lo scarillo delle Mamme era un laghetto comunicante
col mare, tra gli scogli gettati a protezione del nostro palazzo, sotto la loggia. Un fazzoletto
d’acqua di pochi metri quadrati, profondo meno di mezzo metro.
scário, scáro:
Rada o insenatura. Diminutivo, scarillo. La zona a mare retrostante il nostro
palazzo era detta “a mont’ ‘u scaro”.
Scarpètta:
Scivolo per il varo di barche. Toponimo dello scalo del cantiere navale di
Largo Portosalvo.
sciammèria:
Giacca con coda, marsina. Per estensione ogni abito abbondante.
sciù:
dal francese chou. dolce di pasta leggera con crema. Bignè con crema.
sciucquàgli:
Orecchini.
sciuliarèlla:
Sdrucciolìo, scivolo. Gioco consistente nello scivolare su un piano inclinato.
sciummarèlla:
Foce in mare di fiumiciattolo sotterraneo.
scummigliá:
Scoprire. Anche togliere ogni protezione alla vista. È l’opposto di
cummigliare, coprire. Cummuoglio è anche detto ogni coperchio.
Scuole all’aperto:
Costruzioni in legno, in un campo sotto la Villa Comunale, palestra
del sabato per la Gioventù Littoria.
sebburgo:
s. m. Sepolcro. Si tratta della visita al Santissimo, nelle chiese addobbate per
l’Ultima Cena, volgarmente detto Sepolcro.
Segantini di grossi tronchi, i piezzi. Con lunghe seghe, in due, l’aiutante in
segatóre:
basso in ginocchio e l’altro in piedi sul tronco posto su cavalletti, riducevano in tavole i
tronchi. La deformazione fisica professionale ingobbiva i segatori. In seguito verranno le
segherie elettriche e questi lavoranti scompariranno.
semmulélla:
Pagnottella di pane schiacciata, fatta con farina di semola. Ottima calda con
acciughe, pepe e olio oppure con nzogna, pepe e formaggio. Una volta fredda era quasi
immangiabile, quando non c’era la fame.
sénga:
Fessura, spiraglio.
sfardèlle:
Scarpe leggere di corda e tela. Dallo spagnolo Espadrillas.
sfrantummáto:
Disgregato.
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sottomuro:
Gioco consistente nel lancio di monete o chiummarelle verso un muro;
vince chi arriva più vicino. Varianti sono ntaccavreccia e sbattamuro (le monete lanciate
contro il muro conquistano quelle già a terra alla distanza minore del palmo, pollice e medio,
o del chichero (pollice e indice).
sparaglióne:
Pesce della famiglia degli Sparidi, simile al sarago, di difficile cattura
all’amo. L’aggettivo sta per tirchio, forse dovuto al fatto che lo sparaglione mangia con molta
parsimonia l’esca dall’amo, senza ingoiarlo.
spàsa:
Cesto di vegetali o strisce di castagno intrecciate, utilizzato
prevalentemente per la frutta e gli ortaggi.
spasèlla:
Diminutivo di spasa. Era il contenitore classico del pesce fresco.
spasso,
A spasso: Disoccupato.
spurtiglióne:
Pipistrello.
staccanná:
Dare colpi al filo della cometa per farla innalzare.
strangianòmme: Soprannome, spesso patronimico di famiglie. La mia Famiglia era
pietucane, (Pietro il cane) da Pietro Loffredo, antenato della Nonna Luigia. Altri strangianomi
patronimici di famiglie erano: culichiummo (sedere pesante), a varrese, chiavarone, a
frungella, i pezuchelle (bizzoche), i surrentini, vottafuoco, a cinese, scignetella (scimmietta),
palummiello,
strùffoli:
Pezzettini di pasta all’uovo fritti e conditi con miele e diavolilli (confettini
colorati).
strùmmolo:
Dal greco strobilos. Trottola di legno. Il vecchio Giacchino al tornio, ncopp
i fierri, era grande costruttore di strummoli. Per uno strummolo perfetto che nella rotazione si
azzeccasse a terra e non saltellasse come uno sciaraballo (carro a cavallo per trasporto
persone, dal francese char à banc) occorreva inserire merda di cavallo sotto la punta metallica.
strùscio:
Passeggiata del Giovedì e Venerdì Santo, per la visita ai Sepolcri,
camminando lentamente nella folla, costretti a strusciare i piedi per terra. Non è da escludere
l’allusione allo strusciare malizioso dei corpi nella folla. L’usanza risale al 1700, al tempo di
Ferdinando IV.
summuzzàta:
Immersione in apnea.
suppigno:
Locale isolato sull’asteco, normalmente adibito a deposito.
susamiéllo:
Dolce croccante caratteristico del Natale napoletano, fatto con farina,
zucchero e mandorle. La forma classica e la S; quelli tondi a ciambella si chiamano roccocò.
Il nome deriva dal greco e dal latino (sesamum) poiché in origine erano fatti con sesamo e
miele (susam e miello).
T
taccarèlla:
Durante la Settimana Santa le campane restavano mute. Gli annunci sonori
delle funzioni e delle ore canoniche erano fatti con la taccarella, cioè una tavoletta di legno
con tondini e piastrine di ferro che, opportunamente mossa, produceva un rumore
caratteristico.
tammórre:
Tamburi e tamburelli.
Tappeti:
In occasione della Festa dell’Uttava, gli artisti torresi realizzano sui
pavimenti delle chiese delle scenografie dipinte con l’uso di segatura colorata e petali di fiori.
taròcciola:
Ruota dell’argano.
Terra dei Mazzoni:
I Nonni venivano da Grazzanise, presso Santa Maria Capua Vetere,
l’antica Capua. La zona, a sinistra del fiume Volturno, un tempo paludosa, era adatta
all’allevamento dei cavalli e delle bufale. Pare che al tempo degli Angioini vi fiorissero rose
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selvatiche e che i francesi avessero denominato la zona maisons des roses. Da qui il termine
magione e poi , mazzone.
tiáno:
Tegame di terracotta. Per estensione il ragù che vi si prepara.
tifò: Era il grido nel gioco a nascondersi per segnalare l’avvistamento di un concorrente.
tófa:
Grossa conchiglia di mare utilizzata come tromba, dal suono cupo, quasi di
sirena.
tunachina:
Intonaco di finitura con malta di grassello di calce spenta.
tòrtano:
Pane a forma di ciambella, spesso condito con ciccioli e strutto.
trubbéia:
Acquazzone, temporale con vento e tuoni.
truiàno:
Varietà di fico dalla polpa rossiccia e moderatamente zuccherina. vedi anche
Vuttato.
turniére:
Tornitore.
U
UNPA:
Uttava:
Unione Nazionale Protezione Antiaerea (?).
L’Uttava. Festa dell’Ottava. Detta anche Festa dei Quattro Altari. Si celebra
il riscatto dalla Capitania, (erroneamente Baronia) dei Torresi. Cade otto giorni dopo il
Corpus Domini. Gli Altari sono scenografie con soggetti religiosi, dipinti su fondali di tela
retti da impalcature di legno. Quello di Corso Garibaldi era l’unico di fabbrica, cioè realizzato
con la tecnica dell’affresco su un impalcato di legno intonacato.
uvaròla:
Venditrice ambulante di uova.
V
Stalla con mucche e vendita del latte.
Porto dell’Albania.
Bambagia.
Barra, trave di legno per leva.
Facchino.
Bavosa. Pesce di piccola dimensione della famiglia dei blennidi, dal corpo
privo di scaglie, viscido e mucoso. Vive tra gli scogli e i sassi.
vermi tremolicci:
Esca per la pesca con l’amo, estratto dalla roccia marina con l’uso di
zolfo.
vèrnia:
Il chiasso dei bambini.
vètera:
Antica. Il paese dei Nonni era Grazzanise, frazione di Santa Maria Capua
Vetere, in provincia di Caserta.
viarèlla:
Viuzza, stradina.
vicariéllo:
Vicoletto.
vòccola:
Chioccia.
vòpa:
Dal latino boops. Pesce boga, della famiglia degli sparidi, dal dorso
argenteo, solcato da fasce longitudinali dorate.
vuócio:
Argano verticale azionato spingendo leve formate da barre orizzontali.
vuttáto:
Varietà di fico, dottato, dalla polpa molto zuccherina.
vuzzariéllo:
Gozzo di piccole dimensioni, a due remi.
vaccarìa:
Valona:
vammàcia:
vàrra:
vastàso:
vavósa:
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Z
zecchinètto:
Variante con le carte napoletane della zecchinetta, gioco d’azzardo
introdotto nel Cinquecento dai lanzichenecchi.
zèppola:
Dal latino zipula. Dolce caratteristico per la festività di San Giuseppe, fatto
con farina cotta, lievito e zucchero. A forma di ciambella con le estremità incrociate, le
zeppole erano fritte e cosparse di zucchero.
zita:
Ragazza da marito.
zòccola:
Grosso topo di fogna.
zompafuósso:
Letteralmente saltafosso. Detto per i pantaloni non sufficientemente lunghi.
zuffritta:
Zuppa forte di soffritto, preparata con milza, cuore, polmone e trachea di
maiale. Una volta rosolate con nzogna le frattaglie si aggiunge il pomodoro passato o la
conserva, allungando con acqua, e si lascia a cuocere per alcune ore, con l’aggiunta di qualche
foglia di lauro (alloro) e molto peperoncino piccante. Ottima su fette di pane sereticcio (s-rtìccio) (pane duro, non di giornata), oppure come condimento per i bucatini.
zuppètta:
Dolce composto da due quadrati di sfoglia con all’interno pan di Spagna
imbevuto di liquore dolce e strati di crema.
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