Academia.eduAcademia.edu

NICOLA SIMONETTI GALLIATE 18 LO SPECCHIO DELLA MENTE II PARTE

Riflessioni sullo specchio Neuroscienze, Arte e Filosofia NICOLA SIMONETTI 21/05/2018 Lo scorso 17 aprile 2018, presso la Sala Consiliare del Castello Visconteo-Sforzesco di Galliate, si è svolta la conferenza interdisciplinare dal titolo “Riflessioni sullo Specchio. Neuroscienze, Arte e Filosofia”. Un evento interdisciplinare ideato da Nicola Simonetti, Docente di Filosofia e Storia presso il Liceo delle Arti Felice Casorati di Novara e membro della SFI, Società Filosofica Italiana, con l’avallo Salvatore Palvetti Dirigente Scolastico del suddetto Liceo. Michelangelo Pistoletto, artista internazionale e fondatore a Biella di “Cittadellarte”, insieme Aldo Biolcati, Geriatra, mèntore dell’ AMA, Associazione Malati di Alzheimer, di Novara, di cui fa parte anche Simonetti, sono stati gli ospiti speciali di questa iniziativa moderata dal critico Fortunato D’Amico. L’incontro, ha rappresentato un momento significativo del percorso formativo degli alunni delle classi quarte e quinte del Liceo presenti in sala, un prezioso evento di aggiornamento e di confronto anche con i relatori e gli auditori che hanno assistito alla simposio. Oggetto del dibatto è stato lo “specchio”, inteso sia come metafora dell’identità personale frammentata e distorta nel paziente malato di Alzheimer (nota demenza neurodegenerativa), sia come modalità pittorica e artistica in senso lato, alla ricerca di una oggettività rappresentativa della propria identità soggettiva, che come “meccanismo psicologico”, operante a livello inconscio neurobiologico, di interpretazione dei comportamenti altrui. Aldo Biolcati, ha sottolineando che una persona demente ha molti volti, molti modi di mostrare la faccia della perdita di memoria, ciascuno la sua specifica condizione patologica. Anche se in generale il tipo di demenza più conosciuto è l’Alzheimer, non è l’unico esistente, ma è solo il più comune (50%) . Tale patologia può anche manifestarsi attraverso la difficoltà a capire le immagini visive e i rapporti spaziali . Alcuni malati di Alzheimer possono avere invece solo difficoltà a leggere, a giudicare la distanza e a stabilire il colore o il contrasto. In termini di percezione, essi possono passare davanti a uno specchio e pensare che qualcun altro sia presente nella stanza. Addirittura, in uno stadio neurodegenerativo estremo potrebbero non capire di essere loro la persona nello specchio (agnosia). Lo stadio dello specchio nella vecchiaia rappresenta in qualche modo l’inverso di quello dell’infanzia: l’unità e l’integrità sono percepite come ciò che risiede all’interno, e non all’esterno, del soggetto; così, in questa dinamica, l’immagine che si dipinge nello specchio viene a simbolizzare il rovescio di quella superpotenza che rappresentava per il bambino, riflettendo per il soggetto anziano solo la perturbante ed estrema dipendenza della vecchiaia. Nicola Simonetti ha presentato una sintesi del suo saggio edito da Diogene Multimedia e una prefazione curata dal Genetista Edoardo Boncinelli, dal titolo “Lo specchio della mente. Il problema mente-corpo e i neuroni specchio 2016”. L’autore ha raccontato brevemente la storia della scoperta dei cosiddetti “neuroni specchio” negli Anni ’80-’90 del secolo scorso, ad opera del team parmense di neuroscienziati capeggiati da Giacomo Rizzolatti. I neuroni specchio sono stati chiamati così in quanto si attivano, come esemplificato dai moltissimi esperimenti compiuti e in fieri, sia quando svolgiamo un’azione motoria indirizzata a uno scopo (neuroni motori) sia quando osserviamo qualcuno che sta agendo o intende agire, manifestando uno scopo, per esempio con una espressione facciale, in modo del tutto involontario e inconsapevole, attraverso un “meccanismo” di “risonanza” e simulazione a livello neurale. Questi neuroni specchio, quindi, si attivano nel cervello dell’osservatore in modo almeno duplice, ovvero per eseguire un movimento con uno scopo, ma anche per interpretare il comportamento o l’espressione altrui, in modo pre-concettuale e pre-linguistico, fondando anche il fenomeno dell’empatia, così diffuso nella specie umana e in molte specie animali. Tale scoperta ha aperto un ampio dibattito interdisciplinare tuttora in corso in quanto è controversa la sua portata nella spiegazione dei comportamenti cognitivi. L’intervento di Michelangelo Pistoletto ha messo in evidenza il tema indagando come nella storia dell’arte la scoperta dello specchio coincida con quella dell’autoritratto e quindi come quella di uno strumento utile per rappresentare la propria identità personale. Questo naturalmente sino all’invenzione della fotografia nell’ ‘800, che ha costretto l’arte a modificare il proprio ruolo non più legato alla rappresentazione dell’apparenza, ma alla ricerca dell’essenza psicologica più profonda. I movimenti artistici, Cubismo, Surrealismo, Espressionismo, Astrattismo, e in generale le avanguardie artistiche del novecento, sono una conseguenza della rivoluzione tecnologica che per tutto il secolo scorso ha travolto la produzione delle immagini tradizionali e ha portato i suoi protagonisti ad indagare nuove strade di ricerca e di interrogarsi sulla condizione e sulla funzione dell’arte contemporanea. E’ proprio lo specchio lo strumento fondamentale per la ricerca dell’oggettività, della propria identità personale, che ha consentito a Michelangelo Pistoletto di progredire nello studio delle relazioni che legano il mondo oggettivo e soggettivo, la permanenza e la precarietà dell’immagine, il rapporto tra passato e futuro e la loro continua sintesi nel presente ricerca ampia e interdisciplinare di cui oggi riusciamo a coglierne. Già agli inizi della sua attività ha incominciato a trasformare la tela in un elemento riflettente, utilizzando smalti, fondi in oro e argento e poi superfici metalliche che con il loro piano lucido a specchio hanno consentito al pubblico di diventare protagonista dentro un’opera d’arte mutevole. Il lavoro artistico di Michelangelo Pistoletto per la sua indole fenomenologica è di grande interesse scientifico, perché attiva intorno a sé relazioni e aperture interdisciplinari che ampliano il sapere in direzione di una condivisione della conoscenza e di orizzonti ideali.

Nicola Simonetti Docente di Filosofia/Storia c/o Liceo delle Arti “F. Casorati” di Novara, Ricercatore in Scienze Cognitive c/o l’Università degli Studi di Siena, membro del Direttivo di AMA Novara onlus e del Direttivo del C. Culturale MIR LO SPECCHIO DELLA MENTE Il problema mente-corpo e i neuroni specchio Prefazione di Edoardo Boncinelli Diogene Multimedia, Bologna 2016 Nicola Simonetti High School Teacher PhD in Cognitive Science University of Siena Email: [email protected] CAP. 1. FILOSOFIA DELLA MENTE E NEUROSCIENZE: IL PROBLEMA MENTE-CORPO PER NEUROSCIENZE E SCIENZE COGNITIVE     Nel CAP. 1 affronto in primis il mind-body problem per neuroscienze e scienze cognitive Il termine “neuroscienze” si riferisce ad un ampio spettro di discipline costituenti un grande “edificio” che include varie scienze, come la genetica, l’embriologia, la biologia molecolare, la neurofisiologia dei processi cerebrali, ecc. In merito al problema mente-corpo io sostengo il “monismo ontologico”, ovvero che l’attività mentale e la condotta siano produzioni dell’organismo, e in particolare del sistema nervoso centrale (SNC). Per quanto concerne l’approccio al mind-body problem io sostengo il dualismo epistemologico, in quanto se a) da un punto di vista ontologico l’attività mentale dev’essere necessariamente pensata come un prodotto del lavoro del cervello a livello centrale e periferico, viceversa, b) quando consideriamo il modo in cui conosciamo e agiamo sulle cose, s’impone una posizione che chiamo “dualismo epistemologico”, ovvero la necessità di distinguere linguisticamente, concettualmente e nomologicamente i processi e stati cerebrali dalle funzioni e stati mentali.  Nell’ambito del dualismo epistemologico si collocano le “teorie ponte”, le quali servono a concettualizzare un’attività mentale al fine di renderla utilizzabile per una ricerca empirica. Infatti, il sistema linguistico, concettuale e nomologico, nonché i metodi con cui conosciamo il cervello e il sistema nervoso, sono irrimediabilmente diversi da quelli di cui ci serviamo per conoscere e descrivere l’attività mentale e il comportamento. Il concetto di coscienza, per esempio, include svariate sfumature nei diversi linguaggi, ma nel linguaggio scientifico deve essere tradotto in qualcosa di preciso e specifico, che non possa essere ambiguo e frainteso.  Un altro gruppo di osservazioni riguarda la distinzione sia teoretica sia clinica tra possesso e uso delle funzioni psichiche. Il problema dell’uso (soprattutto in riferimento alle funzioni cognitive) è certamente più arduo di quello del possesso. Infatti, l’uso ha a che fare con la qualità, per esempio, del pensiero o del linguaggio, ma ciò non corrisponde strettamente al possesso, nel senso che l’integrità di un organo, come il cervello, non ci dice nulla di per sé sulla qualità delle funzioni cui mette capo. Il cervello di un anziano premio Nobel sarà sicuramente più mal messo da un punto di vista neurobiologico (potrà, per esempio, avere lievi ictus fisiologici con l’età) rispetto al cervello di un giovane e nondimeno essere giudicato qualitativamente migliore.  Riguardo, infine, l’analisi filosofica dei due sistemi concettuali, quello neurobiologico e quello mentale, ritengo particolarmente stimolante la distinzione di Kim (1998) logico-ontologica tra gerarchia dei livelli (micro/macro) e gerarchia degli ordini (fisico, mentale, ecc.), secondo la quale la gerarchia ontologica dei livelli non tange la gerarchia nomologica, concettuale e linguistica degli ordini. nel CAP. 2 affronto IL VASTO PANORAMA DELLE ONTOLOGIE DELLA MENTE CONTEMPORANEE:     A) IL DUALISMO (DUALISMO INTERAZIONISTA E DUALISMO DELLE PROPRIETA’), sostenuto da Popper, Eccles, Penfield e Swinburne, ecc. B) IL FISICALISMO NON-RIDUZIONISTA, TRA FUNZIONALISMO, AUTONOMISMO E FENOMENISMO, sostenuti da Putnam, Fodor, Kripke, Davidson, Nagel, Block, Jackson, Searle, ecc. C) IL FISICALISMO RIDUZIONISTA, TRA EVOLUZIONISMO ED ELIMINATIVISMO, sostenuti da Dennett, Edelman, Churchland, Changeux, Kim, ecc. D) IL “NON-MISTERIANESIMO” O “NON-SPIEGAZIONISMO”, sostenuto da Strawson, McGinn, ecc. CAP. 3. I NEURONI SPECCHIO (NS) TRA NEUROSCIENZE E FILOSOFIA DELLA MENTE 3.1. In questo capitolo prendo innanzitutto in considerazione una breve storia della scoperta dei neuroni specchio (NS), facendo riferimento in primis al saggio di Rizzolatti, G., Sinigaglia, C. So Quel che Fai. Il Cervello che Agisce e i Neuroni Specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006, e in parte al saggio di M. Iacoboni, I neuroni specchio, Bollati Boringhieri, Torino 2008 Negli Anni ‘80-’90 del secolo scorso il gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, diretto dal neurologo Giacomo Rizzolatti e composto da Luciano Fadiga, Leonardo Fogassi, Vittorio Gallese e Giuseppe Di Pellegrino, si dedicava allo studio della corteccia pre-motoria Durante ogni esperimento veniva registrato il comportamento dei singoli neuroni pre-motori nel cervello della scimmia, mentre le si consentiva l’accesso a pezzi di cibo, al fine di misurare la risposta neuronale L’aneddotica racconta che, mentre uno sperimentatore prese una banana in un cesto di frutta preparato per gli esperimenti, alcuni neuroni avevano reagito, come rilevato dal suono della scarica prodotta nel PC collegato a elettrodi impiantati nel cervello della scimmia A) Come poteva accadere se la scimmia non si era mossa? B) Come poteva accadere se fino ad allora si pensava che questi neuroni si attivassero solo per funzioni motorie? In un primo momento i ricercatori pensarono che fosse un difetto nelle misure o un guasto nella strumentazione, ma tutto era a posto e le rezioni si ripeterono non appena si ripeté l’azione della prensione Infine, all’inizio di aprile 2010, Marco Iacoboni, neuroscienziato dell’Università della California a Los Angeles, comunicò l’importante novità che il problema di dimostrare in modo diretto l’esistenza di un tale sistema di NS nell’uomo (in quanto si ritiene immorale impiantare elettrodi nel cervello di persone per scopi di ricerca) era stato superato grazie a ventuno pazienti epilettici di una certa gravità. Per individuare meglio il focolaio epilettogeno sono, infatti, previste rilevazioni elettroencefaliche attraverso l’uso di elettrodi. In tal modo furono impiantati alcuni elettrodi nel loro cervello a fini medici. Durante il ricovero i ricercatori dissero ai pazienti di svolgere azioni di prensione, osservando le loro espressioni facciali. Secondo la teoria dei NS, essi si attivano sia in concomitanza di azioni dirette alla prensione di alcuni oggetti sia in concomitanza dell’osserva zione delle medesime azioni in altri soggetti. Tale osservazione fu direttamente registrata e Iacoboni riferisce in tutti gli esperimenti un’attivazione complessiva di ben 1177 NS anche in zone dove non si ipotizzava la loro presenza. 3.2. Uno dei libri più ricchi e interessanti nel riferire esperimenti e implicazioni derivanti dalla scoperta dei NS è So quel che fai. Il Cervello che agisce e i neuroni specchio, Raffaello Cortina Editore, Milano 2006 L’argomento centrale attorno al quale i sette capitoli del libro sono articolati è che «il cervello che agisce è anche e innanzitutto un cervello che comprende» (Ibid., p. 3). Infatti, il team di Rizzolatti ha mostrato l’esistenza di due gruppi di neuroni nella corteccia pre-motoria che si attivano sia per azioni di esecuzione (come la prensione di una tazza di caffè per bere) sia di semplice osservazione di tali azioni di esecuzione. In particolare, il primo gruppo di neuroni risponde alla visione dell’oggetto a cui l’azione potrebbe essere indirizzata, mentre il secondo gruppo risponde all’osservazione di un altro individuo che compie la stessa azione L’attivazione di questi due gruppi di neuroni può essere descritta attraverso il meccanismo della “simulazione incarnata neurale”. Essa consiste nell’attivazione dello schema motorio analogo a quello dell’individuo osservato Un noto e significativo esperimento riportato da Rizzolatti & Sinigaglia mostra che lo stesso gruppo di neuroni nel cervello del macaco si attiva a) sia quando il macaco tiene tra le zampe la nocciolina b) sia quando la osserva nella mano dello sperimentatore, c) sia, infine, quando ascolta il rumore della rottura della nocciolina, pur non osservandola L’interpretazione di tale esperimento è che, pur variando la modalità, lo stesso gruppo di neuroni si “accende” per codificare la “nocciolina” che coincide con lo scopo, l’intenzione dell’azione Un altro interessante esperimento ha consentito di riscontrare un’attivazione “selettiva” nei NS in riferimento all’intenzione dell’azione, discriminando il gesto di afferrare il cibo per portarlo alla bocca dal medesimo per metterlo in un contenitore. Infatti, durante l’esecuzione di una precisa azione di prensione, i NS si sono attivati con frequenze diverse a seconda dello scopo ultimo dell’azione, ovvero se l’intenzione a) fosse di portare il cibo alla bocca o di b) metterlo nel contenitore. Lo stesso dicasi per un esperimento simile in cui variava l’intenzione dell’azione, ovvero la prensione della tazza per fare colazione o per pulire dopo colazione Alla luce di questa attivazione selettiva e del meccanismo di simulazione incarnata neurale prima descritto, potrebbe essere reinterpretato il ruolo svolto dal sistema motorio entro l’intero sistema cognitivo, in quanto il primo veniva solitamente collegato solo alla progettazione ed esecuzione delle azioni Al contrario, il fatto che tali neuroni bimodali, sensibili all’osservazione e alla finalità dell’azione, siano stati individuati nella corteccia pre-motoria deporrebbe a favore di un nuovo modo di intendere e spiegare il sistema motorio stesso, che risulterebbe essere non un mero esecutore di compiti codificati altrove, ma un sistema “intenzionale” o quantomeno un sistema preposto all’attivazione di azioni direzionate Questo nuovo modo di intendere e spiegare il sistema motorio mette in discussione il rigido confine tra processi percettivi cognitivi e processi motori, che per anni ha caratterizzato l’interpretazione cognitivista classica dell’architettura del cervello (Chomsky, Fodor, Minsky, ecc.) Secondo il paradigma della “cognizione incarnata” (avallato da molti filosofi e neurobiologi, come Clark, Damasio, Gallese, ecc., pur con teorie differenti), le intenzioni altrui possono essere comprese senza alcuna mediazione riflessiva concettuale o linguistica. Si tratterebbe di una comprensione pragmatica fondata unicamente sulla “conoscenza motoria” da cui dipende la nostra capacità di agire. Tale conoscenza motoria è ben visibile, secondo Rizzolatti e Sinigaglia, nella a)“funzione imitativa”, come capacità di riprodurre gesti appartenenti al nostro sistema motorio o nuovi per imitazione, e nella b) “condivisione emotiva” o empatia, ben presente nel regno animale e nell’uomo, come già notato da Darwin stesso, in The Expression of Emotions in Man and Animals, 1872 3.3 Quindi, prendo in considerazione l’ampio dibattito interpretativo intono ai NS e al “sistema specchio” (SS), attraverso l’esame delle principali teorie di filosofi e scienziati cognitivi Dinanzi ai molteplici esperimenti in fieri, sempre più complessi e mirati all’individuazione dei tratti salienti del funzionamento di tale classe di neuroni, si sono create due schiere opposte di scienziati e ricercatori: a) i sostenitori di una interpretazione che estende l’influenza dei NS sulle facoltà cognitive (Ramachandran, Goldman, Gallese, Strata, Sinigaglia, Boella, Attanasio, Oliverio, ecc.) e b) i sostenitori di una interpretazione deflazionistica circa l’influenza dei NS sulle facoltà cognitive (Caramazza, Pascolo, Jacob, Legrenzi, Umiltà, ecc.) Io ho analizzato le posizioni di alcuni tra gli scienziati e ricercatori sopra menzionati facendo riferimento al dibattito pubblicato su www.brainfactor.it Secondo Alfonso Caramazza (Direttore del Laboratorio di Neuropsicologia Cognitiva alla Harvard University e direttore del Centro “Mind-Brain” di Trento), c’è un notevole gap tra la scoperta dei NS, che manifestano una selettività rispetto agli atti motori, e il loro coinvolgimento nelle funzioni cognitive superiori umane. 1) Nel mondo reale lo stesso input visivo (ad es. uno sbadiglio) può, per esempio, assumere diversi significati (noia, stanchezza, malessere, ecc.) a seconda di diverse informazioni di background non selezionate a livello motorio 2) Non tutte le funzioni cognitive superiori possono venir ridotte a semplici relazioni come sentire il suono della rottura di una nocciolina e associarlo al relativo atto motorio. Il noto esperimento in cui uno stesso gruppo di neuroni nel cervello di un macaco si attivavano sia in modalità motoria (tenendo tra le zampe la nocciolina) sia visiva (vedendo la nocciolina nella mano dello sperimentatore) e uditiva (udendo il rumore della rottura della nocciolina, non vedendola), non è sufficiente per spiegare il ricco repertorio cognitivo Sulla stessa linea deflazionistica di Caramazza circa la portata esplicativa dei NS nell’uomo si colloca Paolo Pascolo, Docente di Bioingegneria Industriale all’Università di Udine Le prime domande che egli dice di essersi posto a proposito della presunta scoperta dei NS sono le seguenti: 1) se i NS che fanno “il mirror (lo specchio)” di un’azione (gesto finalizzato) sono gli stessi che eseguono l’azione, che cosa succede in caso di contemporaneità (competitiva)? Doppia circuiteria neuronale? 2) Come nascerebbe un’attivazione dei NS nell’animale, un cavallo, ad esempio, quando esegue un gesto “equipollente”, come l’apertura della porta della scuderia con la bocca? Se si esaminano i lavori del team di Rizzolatti ci si rende conto che “tempi neuronali” e “tempi gestuali” sono collocati sulla stessa linea temporale, mentre si tratta di due linee temporali differenti Le cosiddette “manovre anticipatorie”, basate sull’esperienza, ben spiegano le caratteristiche di molti comportamenti che vengono, invece, ascritte in via necessaria a un presunto “Sistema Specchio” (SS) Quando, per esempio, ho intenzione di afferrare un oggetto tendendo le mani in avanti, eseguirò, anticipando, in virtù della mia esperienza, un arretramento del bacino, preparando, così, il “sistema corpo” per svolgere al meglio l’azione della prensione In una posizione sempre deflazionistica circa i NS, ma meno radicale di quella sostenuta da Caramazza e Pascolo, si colloca la teoria di Pierre Jacob, Filosofo della Mente e Scienziato Cognitivo, Direttore dell’Istituto Jean Nicod di Parigi Jacob non mette in discussione la presunta esistenza dei NS, ma ne riduce drasticamente il ruolo “cognitivo”. Se i NS scaricano in una scimmia o in un uomo che osserva un suo co-specifico afferrare un oggetto, ciò che l’attività dei NS genera nell’osservatore è una ripetizione mentale dell’atto di chi agisce. Ma c’è un gap incolmabile, secondo Jacob, tra tale ripetizione mentale e la capacità di sapere se, afferrando la tazza, l’agente intenda bere o dare la tazza a qualcuno o altro. Vale a dire che ripetere o simulare mentalmente un atto motorio non è sufficiente per comprendere l’intenzione di un’azione La capacità umana di rappresentarsi gli stati psicologici (credenze, intenzioni, desideri, emozioni) e di ascriverli ad altri (il cosiddetto “mindreading”) va al di là del meccanismo dei NS Di conseguenza, anche l’idea che l’autismo nasca da un deficit dei NS è sbagliata. E’ possibile che gli autistici abbiano un deficit dei NS, ma, anche se fosse così, è certamente possibile che tale deficit sia la conseguenza e non la causa del deficit nella capacità di “mindreading” “It is important to keep several questions distinct. When do we have simulation? When do we have mirror neurons? When do we have socialintentional relationships? I do not argue that conceptualization and imputation are necessary for the existence or activation of mirror neurons (MNs), only that they (or something similar) are necessary for social-intentional relationships. If MNs themselves do not guarantee such elements, then they don’t, all by themselves, guarantee social-intentional relationships.” (From www.brainfactor.it, June 2009) (Alvin Goldman, Board of Governors Professor of Philosophy and Cognitive Science at Rutgers, The State University of New Jersey). Il principale “portabandiera” del ruolo “cognitivo” dei NS ed anche il principale divulgatore della scoperta dei NS in Italia e altrove è certamente Vittorio Gallese, Medico Neurologo e Professore Ordinario di Fisiologia Umana all’Università di Parma Tale classe di neuroni, secondo Gallese, certamente infastidisce coloro che guardano alle neuroscienze come a un mero metodo di localizzazione e validazione di meccanismi mentali ritenuti validi a-priori. Il sistema motorio è in grado di assolvere a funzioni cognitive ritenute per lungo tempo esclusive di processi psicologici e meccanismi neurali di tipo associativo Il meccanismo incarnato dai NS ci restituisce, invece, secondo Gallese, un’immagine molto più ricca dei processi che sottendono le interazioni sociali, a cominciare da quelle filogeneticamente ed ontogeneticamente basilari La comprensione delle azioni e intenzioni motorie altrui, resa possibile dal meccanismo “specchio”, mette in discussione l’astratto mentalismo o “mentalese” di non pochi modelli di psicologia cognitiva, primi fra tutti i tanto celebrati moduli di impronta cognitivistica classica della “Teoria della Mente” sul modello della influente visione di Fodor Per anni ci hanno raccontato, secondo Gallese, che quando siamo chiamati a comprendere il comportamento altrui attiviamo aree specifiche del cervello come la corteccia cingolata anteriore (ACC) e la giunzione temporo-parietale (TPJ), le quali costiutuirebbero la sede nel cervello di un supposto modulo della Teoria della Mente. Tutto ciò è falso Inoltre, Gallese è critico nei confronti della posizione sostenuta da Caramazza, il quale ha definito il collegamento tra malfunzionamento dei NS e l’eziopatogenesi dell’autismo “ingiusta e sbagliata”. Tale disputa è, a suo parere, grave perché rischia di alimentare diffidenze sulla ricerca nelle neuroscienze cognitive, ricerca già spesso negletta in Italia Un altro obiettivo critico di Gallese è la posizione sostenuta da Legrenzi e Umiltà nel saggio Neuromania, Il Mulino, Bologna 2009, il quale sin dalla copertina afferma che «il cervello non spiega chi siamo» Dopo anni di geremiadi contro la scienza e la tecnica, dopo la deleteria predicazione in favore di una rigida separazione tra le due culture, quella scientifica e quella umanistica, l’operazione di Legrenzi e Umiltà rischia di mandare ancora più indietro il nostro Paese dal punto di vista della cultura scientifica La cosiddetta “simulazione incarnata”, ovvero il fenomeno di attivazione neurale non solo delle aree visive in concomitanza all’osservazione altrui, ma anche dei circuiti motori corticali legati allo scopo dell’azione, quasi a emulare ciò che si osserva o a simulare ciò che si intenderebbe fare, è certamente, secondo Gallese, una delle più importanti evidenze a supporto dell’esistenza e del modo di operare del “Sistema Specchio” (SS) Inoltre, tale fenomeno non accade solo per le azioni, ma anche per le esperienze emotive, dando origine a ciò che Gallese chiama “sistema multiplo di intersoggettività condivisa” “Abbiamo provato che possediamo un meccanismo neurale che ci permette di entrare in relazione con gli altri: in aggiunta alla conoscenza razionale e intellettuale, c’è un’intima e diretta conoscenza di ciò che stiamo facendo. Se un marziano interagisce con noi mediante strane contrazioni, noi non comprenderemmo che cosa stia facendo perché non riconosciamo i suoi gesti in una mappa esperienziale. Gli esperimenti svolti con la fMRI hanno mostrato che quando qualcuno compie delle azioni umane i neuroni specchio si attivano, mentre ciò non accade quando un cane abbaia, per esempio, in quanto tale esperienza non appartiene alla nostra eredità biologica e culturale. La parola chiave è esperienza, e l’esperienza cambia la nostra eredità biologica” (da www.brainfactor.it, Giugno 2009) (Giacomo Rizzolatti, Professore Ordinario di Fisiologia Umana, Direttore del Dipartimento dell’Università di Parma) 3.4 Ultime posizioni e teorie pro e contro i NS: G. Rizzolatti e G. Hickok In particolare affronto, in sintesi, le teorie e riflessioni sostenute in ultimo da G. Rizzolatti (il noto Direttore del Team di neuroscienziati che ha scoperto i NS) e G. Hickok (Professore di Scienze Cognitive presso la University of California a Irvine, dove dirige il Center for Language Science e l’Auditory and Language Neuroscience Lab), nel suo recente voluminoso saggio The Myth of Mirror Neurons: The Real Neuroscience of Communication and Cognition, W.W. Norton & Company Inc., NY (USA) 2014, tradotto in Il mito dei neuroni specchio, trad. di Simonetta Frediani, Bollati Boringhieri, Torino, 2015), attraverso l’esame di due articoli usciti sull’inserto di “Scienza e filosofia” del Quotidiano Il Sole 24 Ore, rispettivamente il 15 Febbraio 2015 (articolo di G. Hickok) e il 15 Maggio 2016 (articolo di G. Rizzolatti). Hickok, con un piglio ironico, critica l’onnipervasività esplicativa dei NS, «utilizzati da alcuni scienziati e pensatori per spiegare anche le erezioni e l’autismo», e, al contrario, sostiene che essi siano altamente sopravvalutati. Di contro, il loro comportamento, secondo Hickok, appare «modesto, quantomeno nel contesto delle capacità umane che, secondo alcuni, permettono». Aggiunge che «Non abbiamo prove dirette del fatto che nelle scimmie i neuroni specchio siano alla base della comprensione delle azioni». Inoltre, «I neuroni specchio non sono necessari per la comprensione delle azioni. Le risposte dei neuroni specchio dei macachi e le risposte di tipo specchio negli esseri umani sono diverse. L’esecuzione e la comprensione delle azioni negli esseri umani sono diverse. Danni all’ipotizzato sistema specchio umano non causano deficit di comprensione delle azioni.» In conclusione, Hickok sostiene che i NS «non sono più le rockstar delle neuroscienze e della psicologia», mentre si va ricercando con favore crescente una descrizione più complessa e interessante in seno alle neuroscienze della comunicazione e della cognizione. Di ben diverso avviso è naturalmente G. Rizzolatti, sebbene le sue teorie esplicative riguardo il funzionamento dei NS siano sensibilmente mutate rispetto agli esordi di tale scoperta. Nel recente articolo apparso sul Sole 24 Ore, dal titolo “Specchio a più dimensioni”, il neuroscienziato parmense sostiene che il “sistema specchio” (SS), originariamente descritto come “la punta di un iceberg” (metafora di freudiana memoria), si è rivelato essere un meccanismo presente «non solo nella scimmia e nell’uomo, ma anche in altre specie, quali le marmosette e gli uccelli, e non solo nei centri motori corticali, ma anche nelle aree responsabili delle emozioni». In particolare, Rizzolatti comincia prendendo in considerazione «un’emozione classica, darwiniana», ovvero il disgusto, per il quale i dati sono giudicati chiari e completi. Stimolando elettricamente l’insula anteriore, settore di un lobo della corteccia cerebrale, si osservano i movimenti facciali tipici del disgusto. Tale effetto, ben presente nell’uomo come nella scimmia, viene perso se il paziente ha una lesione bilaterale di tale regione cerebrale. In un recente studio di risonanza magnetica funzionale (fMRI), condotto a Marsiglia, si è confermato che la somministrazione di stimoli naturali disgustanti (odore di uova marce) attivava la parte anteriore dell’insula, esattamente come la medesima veniva attivata osservando facce di persone che esprimevano disgusto. Come interpretare questo esperimento? Secondo Rizzolatti, il significato di questo esperimento è che «abbiamo un meccanismo per cui “sentiamo” le emozioni degli altri direttamente, le viviamo come se fossero nostre. La stessa popolazione neuronale che si attiva per le nostre emozioni, si attiva per quelle degli altri». C. Sinigaglia (Professore di Filosofia della Scienza presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e fondatore del gruppo di ricerca di “Neurophilosophy” di cui io stesso feci parte, insieme al “Phenomenology Lab” dell’Università Vita-Salute San Raffaele, in conclusione al mio Dottorato in Scienze Cognitive), insieme a Rizzolatti, ha deciso di chiamare la “comprensione fenomenica”, mediante il meccanismo specchio, “the understanding from the inside” (“la comprensione dall’interno”), distinguendola dalla “comprensione cognitiva”, mediante processi inferenziali, “dall’esterno”. Nella “comprensione fenomenica” «il tuo stato mentale diventa il mio», ma tale meccanismo naturale può essere modificato dall’esperienza, a causa di ideologie perverse come l’ideologia xenofoba o altro. Uno dei filosofi che più ha accolto la scoperta dei NS e il loro funzionamento entro un SS è Laura Boella, approfondendone le implicazioni filosofiche sulla scia di Gallese, che da subito sostenne un legame tra la loro scoperta e la fenomenologia della percezione di Maurice Merleau-Ponty Laura Boella è Professore Ordinario di Filosofia Morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università Statale di Milano e si è dedicata particolarmente allo studio del pensiero femminile del ‘900, proponendosi come una delle maggiori studiose di Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano ed Edith Stein In questo ambito di riflessione Boella ha sviluppato, in particolare, il tema delle relazioni intersoggettive e dei sentimenti di simpatia, empatia, compassione, legando in modo significativo tale scoperta dei NS al pensiero morale La scoperta dei NS ha avuto, secondo Boella, il grande merito di aver contribuito in modo significativo all’attuale successo delle neuroscienze in tutto il mondo, favorito anche dalla sintonia tra tale scoperta e il senso comune, essendo dotata di una speciale evidenza e semplicità In particolare, tale scoperta tocca un punto centrale del pensiero contemporaneo, ovvero la convinzione che il legame intersoggettivo, il riconoscimento dell’altro siano essenziali per l’individuo e la società. Così si è verificata una convergenza interessante con la linea di ricerca filosofica sviluppata dalla fenomenologia della percezione sostenuta da Maurice Merleau-Ponty Il punto di incontro tra NS e filosofia riguarda in primis il carattere visuomotorio e il loro ruolo nella percezione di azioni finalizzate Infine, i NS sono diventati quasi una specie di citazione obbligata per ogni filosofo che si occupi di empatia, dando origine a una nuova disciplina di confine, ovvero la Neuroetica Boella trova molto affascinante, infine, il lavoro del gruppo di Damasio in cui lo studio della ammirazione e compassione mostra il coinvolgimento di aree neuronali legate alla cultura e all’educazione NEUROSCIENZE COGNITIVE: SI PUO’ IMPARARE A ESSERE DISONESTI? La ricerca dei fondamenti del comportamento morale e la centralità dell’educazione Nell’ambito della Neuroetica ritengo degno di nota il seguente recente esperimento. Un recente interessante esperimento di Neuroscienze Cognitive, nell’ambito di una ricerca effettuata al Dipartimento di psicologia sperimentale dello University College of London (UCL) e condotto da Neil Garrett, ora postdoc all’Istituto di Neuroscienze della Princeton University (fine 2016) e pubblicato sulla Rivista Scientifica “Nature Neuroscience” n. 19, 17271732, 2016, pare mostrare con una certa chiarezza sia che il cervello “sente”, “percepisce” la disonestà di un scelta e di un comportamento conseguente, attivandosi la ghiandola cerebrale endocrina dell’amigdala e l’area limbica, notoriamente preposte allo stato di allerta e alle emozioni in genere, sia che il cervello tende ad abituarsi, ad adattarsi (come in una sorta di processo di adattamento evolutivo) facilmente a tale disonestà, smorzandosi e infine inibendosi l’attivazione delle suddette aree cerebrali, e favorendo, quindi, scelte e comportamenti via via sempre più disonesti. Per arrivare a questa conclusione, Neil Garrett e colleghi hanno chiesto a 80 soggetti, con età compresa tra i 18 e i 65 anni, di partecipare a un esperimento in cui dovevano indovinare il numero di monete contenute in un barattolo di vetro e comunicarlo a un’altra persona attraverso un computer. I ricercatori avevano progettato inoltre cinque scenari sperimentali diversi, agendo sulla motivazione dei partecipanti a mentire. Comunicare un numero falso di monete poteva: 1) beneficiare il partecipante arrecando un danno all'altra persona, 2) beneficiare il partecipante senza costi per l'altra persona, 3) beneficiare l'altra persona arrecando un danno al partecipante, 4) beneficiare l'altra persona senza costi per il partecipante, oppure 5) beneficiare entrambi. In tutti i casi si trattava comunque di un comportamento disonesto incentivato da una somma di denaro promessa. Analizzando i risultati, i ricercatori hanno osservato che man mano che l’esperimento andava avanti, i soggetti del campione sperimentale erano più inclini a mentire, specialmente nello scenario in cui avrebbero ricavato un vantaggio per sé stessi, sia nel caso in cui la loro decisione avesse danneggiato il partner sia in caso contrario. Per spiegare il comportamento osservato a livello cerebrale, Garrett e colleghi sottoposero a risonanza magnetica funzionale (fMRI) un sottogruppo degli 80 soggetti mentre partecipavano all’esperimento. I ricercatori osservarono una progressiva diminuzione di attività nell’amigdala, come detto, la regione del cervello attiva quando si ha una risposta emotiva, via via che i partecipanti continuavano a mentire. Garrett ha spiegato che «è come se la risposta smorzata del cervello a ripetute azioni disoneste rifletta la reazione emotiva a queste azioni», aggiungendo che le conclusioni del suo studio sono in linea con ricerche precedenti che suggeriscono un ruolo dell’amigdala nella repulsione verso azioni considerate sbagliate o immorali. La capacità delle regioni del cervello di diminuire progressivamente la propria attività in risposta a una situazione che si ripete nel tempo è un processo noto come adattamento e può verificarsi in presenza sia di stimoli di natura sensoriale (come un odore o un suono) sia di stimoli che richiedono un'elaborazione cognitiva più complessa (come quelli che generano un'emozione). Per esempio, è grazie all'adattamento sensoriale se quando ci troviamo in una stanza dove c’è cattivo odore o ci sono forti rumori, dopo un po’ di tempo li percepiamo di meno sino a non percepirli più. I ricercatori dello UCL, in collaborazione con la Fuqua School of Business alla Duke University, hanno ora dimostrato che il cervello è, quindi (ahimé!) in grado di adattarsi anche ad azioni scorrette da un punto di vista morale, come quando decidiamo di mentire a qualcuno per ottenere un vantaggio personale. Chi compie un'azione disonesta, volta a un beneficio personale, quindi, pare incline a compierla di nuovo e ancora di più in futuro, in virtù del suddetto adattamento. Da ciò è facilmente ricavabile l’importanza dell’educazione e dell’abitudine nel plasmare il comportamento. Prendere decisioni che non riteniamo moralmente corrette abitua, inoltre, il cervello alle emozioni negative che generalmente accompagnano queste scelte, incoraggiandoci a ripeterle con livelli di disonestà sempre maggiori, nella direzione del beneficio egoistico personale. Ciò credo valga, mutatis mutandis, per le decisioni moralmente corrette, con o senza emozioni positive che le accompagnino. Pare, quindi, evidente il legame tra assuefazione a livello percettivo e abitudine a un certo comportamento morale, come se si trattasse di un unico meccanismo biologico di adattamento evolutivo a livelli percettivi e cognitivi sempre più complessi. Di qui la centralità dell’educazione, dell’istruzione e dell’abitudine e ripetizione dei comportamenti moralmente corretti, al fine di formare persone moralmente corrette. CREATIVITA’ E IMMAGINAZIONE: REGNO DI INNATISMI O DOMINIO DI APPRENDIMENTO? LE RISPOSTE DELLA NEUROESTETICA E LE CONSEGUENZE SULL’INSEGNAMENTO Gli artisti sono in un certo senso neurologi, che studiano il cervello con tecniche che solo loro hanno a disposizione Semir Zeki Come mostrano i molti recenti esperimenti sui cosiddetti “neuroni specchio”, quando noi osserviamo un’opera d’arte ci immedesimiamo in essa in modo automatico, attraverso un meccanismo di simulazione involontaria che il neuroscienziato V. Gallese chiamerebbe di “risonanza motoria”, in quanto i neuroni motori coinvolti si attivano come se noi eseguissimo l’azione osservata. A tal proposito è particolarmente interessante un recente esperimento del 2014 di F. Ticini, neuroscienziato cognitivo all’Università di Manchester e presidente della Società Italiana di Neuroestetica “Semir Zeki”, che indaga i meccanismi neurali e le strutture cerebrali che mediano l’apprezzamento estetico e la creatività, e, quindi, cerca di spiegare cosa esattamente accada nel cervello quando ci troviamo di fronte a un dipinto, a una scultura, ecc. L’esperimento condotto da Ticini (riportato in “L’Espresso”, Agosto 2014), in collaborazione con un gruppo di ricerca francese, pubblicato su “Frontiers in Human Neurosciences”, serviva a rispondere proprio a questo interrogativo: poiché la creazione di un’opera d’arte richiede un’attività motoria (pensiamo a un musicista che suona o a un pittore che dipinge), fino a che punto il fatto che quell’opera ci piaccia o meno è legato ai movimenti che compie l’artista durante la creazione, coinvolgendo, quindi, i neuroni specchio motori, legati alla risonanza o simulazione motoria? L’ipotesi di partenza chiama appunto in causa i neuroni specchio come se, guardando la famosa “Notte stellata” di Van Gogh, simulassimo mentalmente i movimenti del braccio necessari a tracciare quelle ampie pennellate tipiche del pittore e ben evidenti in quell’opera. Così Ticini e i suoi colleghi hanno chiesto ad alcuni volontari di osservare novanta dipinti, preceduti da immagini che stimolavano la simulazione involontaria di un atto motorio, proprio attraverso l’attivazione dei neuroni specchio. Questa simulazione poteva essere compatibile o incompatibile con i movimenti dell’artista. Poi i ricercatori chiesero ai volontari di valutare esteticamente gli stessi dipinti in queste due condizioni. Ticini, riguardo l’esito di tale esperimento, scrive: «abbiamo osservato che quando l’immagine che precedeva il quadro era congruente con le pennellate sul dipinto, il giudizio dell’opera aumentava significativamente». Insomma, l’opera veniva apprezzata di più se la sua osservazione veniva preceduta dalla simulazione dei movimenti compiuti dall’artista. Questo esperimento ci fa capire che, al di là di fattori come l’istruzione, il contesto storico e la natura degli stimoli artistici, che certamente influenzano e condizionano la nostra percezione e interpretazione dell’opera d’arte, quando il cervello attribuisce automaticamente, in modo pre-cognitivo e involontario, un valore estetico a un’opera d’arte, mette in gioco meccanismi interiori come l’attivazione delle aree motorie. Tale esperimento di neuroestetica di Ticini conduce, a mio parere, naturalmente a riflessioni importanti sull’insegnamento scolastico. Posso confermare, personalmente, che la modalità di percezione e apprendimento visuo-motoria, avallata dal funzionamento del sistema specchio, trova esemplare applicazione nell’insegnamento delle discipline artistiche da parte dei miei colleghi di indirizzo presso il Liceo delle Arti, per l’abitudine degli alunni frequentanti tale Liceo a servirsene, e perfeziona, quindi, in loro tale abilità, che in altri indirizzi liceali, più legati all’apprendimento cognitivo nella modalità linguistica e concettuale-teoretica (come il Liceo Linguistico e i Licei Classico e Scientifico), è poco coltivata, a vantaggio dell’apprendimento cognitivo E’ chiaro, di conseguenza, che gli insegnanti di discipline scientifiche, culturali e linguistiche, il cui compito è di trasmettere contenuti e modalità di conoscenza concettuali e linguistici, riescano meglio a comunicare tali contenuti e modalità agli alunni di un Liceo delle Arti facendo leva sulla modalità di apprendimento visuo-motoria, mediante un insegnamento che si serva preferenzialmente di mappe e schemi, riducendo il ricorso a concetti e linguaggi particolarmente astratti e complessi. Quindi, credo che tanto per un docente quanto per un alunno sia opportuna una feconda “contaminazione” di modalità di insegnamento e apprendimento diverse e complementari, circa le quali si auspicano corsi di formazione e aggiornamento, e perciò mi auguro che questi due tipi di modalità di insegnamento e apprendimento cognitivo e visuo-motorio si integrino sempre più, nella direzione di una formazione globale della persona più ricca e completa, entro una scuola recettiva alle ultime indagini e scoperte scientifiche. In conclusione al dibattito in fieri sulle varie interpretazioni dei NS e del SS prendo in considerazione un interessante articolo di Alessandra Attanasio, Docente Associato di Filosofia Morale alla Sapienza (Roma), e Aberto Oliverio, Psicobiologo alla Facoltà di Scienze della Sapienza, “Empatia e cognizione sociale. Una lettura darwiniana del mirror neuron system” sulla Rivista di critica filosofica Paradigmi, anno XXX, n. 3, nuova serie, settembre-dicembre 2012. Gli autori intendono mostrare l’incompatibilità tra la “social embodied cognition” del SS e la fenomenologia, la quale si caratterizza sin dall’inizio per la sua critica ad ogni scienza empirica e ad ogni forma di naturalismo. Invece, Attanasio e Oliverio propongono una lettura darwiniana del SS, incentrata sulla “social-embodied-emotional mind”, radicata nella ragioneistinto di D. Hume e nella “rivoluzione emozionale” di W. James Paradossalmente, secondo Attanasio e Oliverio, nonostante i riferimenti a Darwin e il riconoscimento che il primato della metafora della mente “specchio” spetti al filosofo Hume, gli scopritori dei NS non hanno interagito né con l’empirismo di Hume né con il pragmatismo di James, né con il naturalismo di Darwin Il “mirror neuron mechanism” è, invece, secondo Attanasio e Oliverio, un sistema selettivo socio-cognitivo, biologico e culturale insieme, che, sedimentatosi per gradi, diventa un veicolo originario di comunicazionecognizione diretto e automatico La stessa teoria di Gallese della simulazione incarnata, cioè la capacità di empatizzare con gli altri per vie diverse dalla mentalizzazione, si inquadra in una lettura del tutto darwiniana, dal momento che per rintracciare questo meccanismo funzionale nelle varie specie animali bisogna analizzare le molteplici strategie evolutive delle diverse specie in ambito sociale Al contrario dei modelli mentalisti, le neuroscienze ci mostrano che la cognizione sociale è un processo basato sulla simulazione incarnata presente anche in specie non-linguistiche, il che conferma che la comprensione è resa possibile da schemi interazionali derivati dalla natura dei nostri corpi CAP. 4. ALCUNE IMPLICAZIONI FILOSOFICHE E PSICOLOGICHE SUL FUNZIONAMENTO DEL SS Infine, alla luce delle teorie sul rapporto mente-corpo analizzate e delle teorie di filosofi e neuroscienziati sui NS e sul loro funzionamento, cerco di capire cosa si possa lecitamente affermare circa i NS e il funzionamento del SS, e cosa, invece, non si debba affermare in quanto non logicamente supportabile I NS si accendono precisamente in risposta a particolari dettagli, legati a comportamenti finalizzati alla prensione e/o alimentazione, ma c’è un divario metafisico ed epistemologico tra questa attivazione dei NS e l’attribuzione di uno stato mentale necessario per comprendere l’azione Il mio punto di vista è che l’attivazione dei NS avvenga un po’ come si sbadiglia quando si osserva uno sbadiglio. Il mio sbadiglio di riflesso non costituisce la comprensione del fatto che chi si trovi dinanzi a me sia annoiato, anche se certamente è probabile che sia così! In questo senso l’attivazione dei NS non è sufficiente e forse neanche necessaria per la comprensione di uno stato mentale e, in particolare, delle intenzioni Ergo, credo sia meglio parlare di “sistema specchio” (SS), come insieme di modalità di risposte automatiche basilari, cui si aggiunge il necessario contributo di facoltà cognitive, come la memoria, il ragionamento, il linguaggio, ecc., piuttosto che non a una classe specifica di “neuroni specchio”, peraltro non distintivi da un punto di vista istologico e/o morfologico, in grado di spiegare comportamenti complessi che presuppongano intenzionalità e coscienza La risonanza motoria, per quanto importante e forse necessaria nel predisporre all’azione, non costituisce di per sé una condizione sufficiente per la comprensione di una azione, né tantomeno per la conoscenza dell’intenzione mentale ad essa sottesa L’attività dei NS, dal mio punto di vista, è più strettamente legata alla comprensione del comportamento “goal directed” (diretto a uno scopo) piuttosto che non alla comprensione di azioni intenzionali Infatti, le azioni trascendono i semplici comportamenti, per quanto questi ultimi siano finalizzati. Un’azione è qualcosa che un agente compie intenzionalmente. La comprensione di un’azione richiede la comprensione delle rappresentazioni che vanno aldilà dello scopo di un comportamento Perciò, questa distinzione tra comportamenti “goal-directed” e azioni intenzionali è fondamentale nel dibattito interpretativo sul ruolo dei NS I vari esperimenti sulle scimmie mostrano che esse sono in grado di comprendere il comportamento goal-directed, ma non vi è alcuna prova inequivocabile che le varie specie coinvolte siano in grado di una reale comprensione dell’azione e della sua intenzione Se l’attività dei NS dovesse costituire la comprensione delle azioni e delle loro intenzioni, diversamente da quanto sostengo, allora dovremmo accettare prima facie la dubbia conclusione che queste specie abbiano abilità di “mind-reading” (lettura e comprensione degli stati mentali), avendo una certa somiglianza con il nostro sistema dei NS ALCUNI ANTECEDENTI STORICI DEL “SISTEMA SPECCHIO” L’attenzione ai comportamenti emulativi e/o empatici nell’uomo e nelle specie animali è presente sin dalla letteratura e dalla filosofia antica. Platone nel noto dialogo “La Repubblica” sostiene che nella Polis ideale ciascuno dovrebbe svolgere la mansione per la quale è naturalmente inclinato, ma spesso ci sono imitatori e anche l’arte allontana dal vero. Aristotele nella “Poetica” si serve dei concetti di “mimesi” e “catarsi” per indicare il meccanismo psicologico attraverso il quale lo spettatore emula e in tal modo “scarica” le sue pulsioni negative. Hume nel “Trattato sulla natura umana” sostiene che le idee, copie sbiadite della sensazioni, vengono richiamate e combinate nella nostra mente mediante principi di associazione di vicinanza, somiglianza e causalità. Darwin nel suo The Expression of Emotions in Man and Animals rileva la presenza in natura di molti comportamenti empatici, parte dei quali comuni alle specie umana Freud sostiene che un meccanismo fondamentale per la buona riuscita della terapia psico-analitica sia il transfert, ovvero il trasporto emotivo tra medico e paziente, essenziale per tornare alle origini del trauma che ha provocato la patologia mentale VIDEOGRAFIA INTERVISTA A G. RIZZOLATTI (TRECCANI CHANNEL 2013): https://www.youtube.com/watch?v=1G0GY0oQspE VIDEO DEI MIRROR NEURONS (UNIVERSITA’ BICOCCA E CNR MILANO 2010): https://www.youtube.com/watch?v=OH8g6j-11wo INTERVISTA A VITTORIO GALLESE (EMPATIA E SIMULAZIONE INCARNATA 2014): https://www.youtube.com/watch?v=pUyLGYxrsVA Grazie per l’attenzione! BIBLIOGRAFIA SELEZIONATA Darwin, C. (1872), The expression of the Emotions in Man and Animals, Published by John Murray, London. Gallese, V. (2003), “The Roots of Empathy: The Shared Manifold Hypothesis and the Neural Basis of Intersubjectivity, Review of Psychopathology, 2003. Hickok, G. (2015), The Real Neuroscience of Communication and Cognition, W.W. Norton & Company Inc., NY (USA) 2014, tradotto in Il mito dei neuroni specchio, Bollati Boringhieri, Torino 2015. Rizzolatti, G., Sinigaglia, C. So Quel che Fai. Il Cervello che Agisce e i Neuroni Specchio (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2006), translated in Mirrors in the Brain. How Our Minds Share Actions and Emotions, 2008, Oxford University Press. Simonetti, N. (2003), “ ‘Levels’ and ‘Orders’: The Multi-Layered Metaphysical Model of J. Kim”, Book of Abstracts, “European Society for Philosophy and Psychology” (ESPP), Tourin, 9-12 July 2003, Fondazione Rosselli (www.fondazionerosselli.it; www.eurospp.org). Simonetti, N., Zanardi R. (2004), Filosofia e scienze della mente, Armando Editor, Roma 2004. Simonetti, N. (2009), www.phenomenologylab.eu/index.php/2009/11/filosofia-della-mente-e-neuroscienze-ilcaso-dei-neuroni-specchio/ , Website Università Vita-Salute San Raffaele, Milano. Simonetti, N. (2010), “Neuroscience and Philosophy of Mind: a Reductive Interpretation of the Mirror System”, AISC Meeting and Official Acts, University of Trento. Simonetti, N. (2012), La mente incorporata. La lezione di J. Kim sino ai neuroni specchio, Aracne editrice, Roma 2012. Simonetti, N. (2012), Supervenience, Reductionism and Mirror Neurons System, LAP, Saarbrücken, GE. Simonetti, N., Biolcati A., Biolcati L., Car. P. (2014), (a cura di N. Simonetti) La settimana del cervello. Il cervello tra neuroscienze e filosofia, Aracne, Roma 2014. Simonetti, N. (2015), Neuroscience and Philosophy of Mind. A Reductive Interpretation of Mirror Neurons System, LAP, Saarbrücken, GE. Simonetti, N. (2016), Lo specchio della mente, Diogene Multimedia, Bologna 2016.