Quaderni di Studi e Materiali
di Storia delle religioni
Supplemento al n. 82 (1/2016) di «Studi e Materiali di Storia delle Religioni»
16
Arduino Maiuri (ed.)
Antrum
Riti e simbologie delle grotte
nel Mediterraneo antico
MORCELLIANA
© 2017 Editrice Morcelliana
Via Gabriele Rosa 71 - 25121 Brescia
Prima edizione: maggio 2017
Volume pubblicato dal Dipartimento di Storia, Culture, Religioni
e con il contributo della Sapienza-Università di Roma
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ISBN 978-88-372-3133-0
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OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
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santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Alcune osservazioni sui baldacchini rupestri
dell’altopiano ibleo*
1. Introduzione
L’attività erosiva e carsica che contraddistingue l’altopiano ibleo,
nella cuspide sud-orientale della Sicilia, ha determinato la formazione
di enormi cavità naturali che la popolazione locale ha ampiamente utilizzato, dalla Preistoria sino a tempi più recenti, sia come ripari provvisori
o dimore permanenti, che come sepolcreti ove deporre i propri defunti e
luoghi dedicati ai culti ed ai riti sacri1. Nelle numerose balze, che confe*
A Santino Alessandro Cugno occorre attribuire l’Introduzione, le Considerazioni conclusive e i paragrafi 4 (I baldacchini rupestri in Sicilia e nel bacino del Mediterraneo), 6 (Funzione sociale dei baldacchini rupestri funerari iblei) e 7 (Nobilitare e sacralizzare un luogo di
culto in grotta: il baldacchino rupestre di Petracca in territorio di Noto [sr]), invece a Franco
Dell’Aquila i paragrafi 2 (Gli ipogei funerari con baldacchini rupestri di S. Martino e Cozzo
Guardiole [sr]), 3 (Analisi tecnica delle fasi di escavazione) e 5 (Considerazioni tipologiche e
ipotesi evolutiva delle tombe a baldacchino iblee). Tutto il saggio è, in ogni caso, frutto di un
intenso lavoro comune, con rilettura e reciproci apporti interni da parte degli autori.
1
I cacciatori e raccoglitori del Paleolitico Superiore praticavano all’interno delle grotte
non soltanto i riti magico-religiosi legati alla vita domestica ed alle pratiche funerarie, ma anche quelli relativi all’invocazione delle forze della natura per propiziare le attività venatorie.
Nell’area iblea, tuttavia, importanti insediamenti in grotta (Grotta della Chiusazza, Grotta del
Conzo ecc.) sono ben attestati a partire dal Neolitico e soprattutto dall’Eneolitico, durante il
quale si assiste anche alla comparsa della tomba a pozzetto e a grotticella. Si tratta di una vera e
propria rottura con la tradizione funeraria precedente – le tombe neolitiche isolate in fosse ovali
pavimentate con lastre di pietra, come a Gisira, oppure dentro anfratti rocciosi, come al Petraro – e l’inizio della lunga evoluzione del sepolcro ipogeico, che in Sicilia ha avuto particolare
diffusione e successo fino ad epoca storica. Con l’età del Bronzo Antico (facies di Castelluccio)
la tipica architettura funeraria delle tombe a grotticella artificiale, destinate prevalentemente a
sepolture collettive, diventerà la traccia antropica più diffusa nel paesaggio archeologico ibleo.
Non va trascurato, inoltre, il tentativo di monumentalizzare il prospetto esterno di alcune di
queste tombe, mediante la creazione di lesene oppure di pilastrini a tutto tondo, allo scopo di
evidenziare una particolare distinzione sociale all’interno della comunità. Al Bronzo Medio
(facies di Thapsos) si collocano le tombe dalla forma a tholos, forse di derivazione egea, che
potrebbero rispecchiare la struttura delle capanne con tetto conico. Sui giacimenti in grotta e
le architetture sepolcrali della Sicilia sud-orientale pre e protostorica cfr. S. Tusa, Sicilia preistorica, Sellerio, Palermo 1992; L. Guzzardi, L’uomo e le grotte nella preistoria della regione
iblea, in «Speleologia Iblea» 10 (2002), pp. 285-299; R.M. Albanese Procelli, Sicani, Siculi,
Elimi, Longanesi & Co., Milano 2003; A. Crispino - M. Cultraro, Caves and human Landscape
in the Siracusa district during Prehistory, in D. Gullì (ed.), From Cave to dolmen. Ritual and
Symbolic Aspects in the Prehistory between Sciacca, Sicily and the Central Mediterranean,
Archaeopress Archaeology, Oxford 2014, pp. 179-194.
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santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
riscono all’intero paesaggio ibleo un particolare e caratteristico aspetto
aspro e tormentato, alle molteplici aree cimiteriali protostoriche a grotticella artificiale, inoltre, si sovrappongono spesso, senza soluzione di
continuità, le necropoli ipogeiche paleocristiane e gli abitati rupestri di
età medievale, dando vita ad un vero e proprio palinsesto in negativo di
momenti storici e culturali diversificati nel tempo, che la tradizione erudita e antiquaria ha spesso percepito come un fenomeno unitario, astorico
e relativo ad un mondo primitivo e selvaggio (“trogloditismo”)2.
Si deve all’infaticabile attività di ricerca di Paolo Orsi, a partire dalla
fine del xix secolo, e ai successivi studi di Giuseppe Agnello e Aldo Messina, l’aver identificato i tratti peculiari della cultura rupestre nella Sicilia
tardoantica e medievale3. Essa ha lasciato profonde tracce nel comprensorio ibleo, che ben si presta a tipologie insediative quali quella in grotta:
le pareti dei numerosi canyons (“cave”) presenti nell’area iblea sono vere
e proprie roccheforti naturali che vennero occupate mediante escavazioni
artificialmente ricavate nella roccia, le quali offrivano buone garanzie di
stabilità e di sicurezza e, allo stesso tempo, permettevano di perpetuare
una pratica ancestrale. L’uso di ambienti scavati nella roccia è stato tradizionalmente messo in relazione anche con le prime comunità eremitiche
e monastiche, le cui esperienze di vita in grotta avevano un chiaro significato simbolico di abbandono del mondo e mistica simulazione della morte4. In realtà, l’elevata concentrazione di abitati rupestri è dovuta, come
già accennato, alle caratteristiche geomorfologiche del territorio ibleo: lo
scavo delle rupi era facilitato dalla tenera roccia calcarea e dal reimpiego
di preesistenti tombe a forno e a camera di età protostorica e classica. Si
tratta, pertanto, di un fenomeno peculiare legato a particolari condizioni
geomorfologiche, litologiche e climatiche, oltre che a fattori di carattere
strettamente culturale, economico o socio-politico5.
2
P. Militello, Il paesaggio archeologico, in A. Petralia (ed.), L’Uomo negli Iblei, E.F.S.,
Siracusa 2007, pp. 119-160; S.A. Cugno, L’uomo, l’acqua e le “cave” nel bacino di alimentazione del torrente Cavadonna (sr): lettura diacronica del paesaggio archeologico ibleo e
problemi di stabilità, in G. Bruno (ed.), La Geoarcheologia come chiave di lettura per uno
sviluppo sostenibile del territorio, sigea, Roma 2015, pp. 78-89.
3
C.D. Fonseca, La Sicilia Rupestre. Bilancio storiografico e prospettive di ricerca, in Id.
(ed.), La Sicilia rupestre nel contesto delle civiltà del Mediterraneo, Congedo Editore, Galatina
1986, pp. 13-30, con bibliografia precedente; S.L. Agnello, Orsi, Roma e l’Alto Medioevo, in
Paolo Orsi e l’archeologia del Novecento, Suppl. «Annali dei Musei Civici di Rovereto» 6
(1991), pp. 81-93; F. Maurici, Paolo Orsi e l’archeologia della Sicilia bizantina e medievale,
in «Jahrbuch der Österreichischen Byzantinistik» 60 (2010), pp. 83-100.
4
A. Messina, Le chiese rupestri del Siracusano, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici, Palermo 1979, pp. 7-22.
5
R. Caprara - F. Dell’Aquila, Per una tipologia delle abitazioni rupestri medioevali, in
«Archeologia Medievale» 31 (2004), pp. 457-472; A. Messina, Sicilia rupestre. Il trogloditismo, gli edifici di culto, le immagini sacre, Salvatore Sciascia, Caltanissetta - Roma 2008; R.
Santangeli Valenzani, Edilizia residenziale in Italia nell’altomedioevo, Carocci, Roma 2011,
pp. 117-124, con bibliografia; R. Caprara, Rupestrian Culture, in C. Crescenzi - R. Caprara
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
277
Elementi distintivi nei riti battesimali e nelle pratiche funerarie all’interno degli spazi ipogeici, i baldacchini sono presenti soprattutto in alcune
necropoli e insediamenti rupestri di epoca tardoantica e altomedievale del
territorio di Siracusa e Ragusa (fig. 1). Si tratta di una particolare struttura
architettonica che prevede l’impiego di un sarcofago scavato nella nuda
roccia, raccordato con la volta dell’ambiente grottale mediante quattro
pilastrini poggianti sui rispettivi angoli. La tomba monumentale a baldacchino rappresenta uno dei “nodi irrisolti” della ricerca archeologica
sul primitivo Cristianesimo in Sicilia6: quasi del tutto assente a Siracusa7,
essa risulta ampiamente diffusa nelle aree sepolcrali delle campagne iblee
e viene inquadrata cronologicamente tra la metà del iv e il v secolo d.C.
ma con qualche attardamento nel vi8. Simili alle tombe a baldacchino, dal
punto di vista formale, sono le vasche con ciborio interamente scavate
nella massa rocciosa, che in passato vennero erroneamente interpretate
come sepolture di personaggi di rango o di ignoti santi locali, e solo grazie ad Aldo Messina ne è stata accertata la destinazione cultuale9.
Profanazioni e riutilizzo da parte di tombaroli e contadini nel corso
dei secoli hanno cancellato quasi del tutto i resti dei corredi funerari e gli
altri elementi datanti, che potrebbero consentire una migliore comprensione dello sviluppo storico, sociale e culturale di queste testimonianze
monumentali. L’obiettivo principale del presente contributo è lo studio
delle tecniche e delle modalità di realizzazione e di utilizzazione dei baldacchini o teguria rupestri iblei attraverso un approccio metodologico
(eds.), The Rupestrian Settlements in the Circum-Mediterranean Area, DAdsp - UniFi, Firenze
2012, pp. 13-18; Id., Classification of Rupestrian Settlements, ibi, pp. 41-52.
6
Cfr. P. Testini, Archeologia Cristiana, Edipuglia, Bari 1980, pp. 274-275; F.P. Rizzo,
Sicilia cristiana dal i al v secolo, vol. 2, Giorgio Bretschneider, Roma 2006, pp. 141-142.
7
Soltanto nell’ipogeo Assennato, tra quelli di Villa Landolina, è testimoniata l’esistenza
di un sepolcro bisomo a baldacchino: cfr. G. Agnello, Gli ipogei di Villa Landolina a Siracusa,
in «Archivio Storico Siracusano» n.s. 4 (1975-1976), pp. 21-28; M.D. Lo Faro, Osservazioni
sugli ipogei di villa Landolina a Siracusa, in «Archivio Storico Siracusano» iv s., 2 (2010), pp.
11-87. Due ulteriori esempi in ambito suburbano, oggi però non più rintracciabili, sono stati
segnalati nella borgata di S. Lucia: cfr. J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen Grabstätten
Siziliens, Georg Reimer, Berlin 1907, pp. 45-48, fig. 15 (S. Lucia ii) e pp. 48-52, fig. 16 (S.
Lucia iii); A.M. Marchese, Rileggendo F.S. Cavallari, in «Aitna» 3 (1999), p. 71.
8
Cfr. J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 255-273; G. Agnello, Rilievi
strutturali e sepolcri a baldacchino nelle catacombe di Sicilia, in Actes du v Congres International d’Archéologie Chrétienne (Aix-en-Provence, septembre 1954), Pontificio Istituto di
Archeologia Cristiana, Città del Vaticano - Paris 1957, pp. 291-301; N. Cavallaro, Sulla differenziazione degli spazi nelle necropoli rupestri: i sepolcri ‘a baldacchino’ nella Sicilia tardoantica, in R. Burri et al. (eds.), Ad limina ii. Incontro tra i dottorandi e i giovani studiosi di
Roma, Edizioni dell’Orso, Alessandria 2004, pp. 221-235; M. Sgarlata, L’architettura sacra e
funeraria tra città e territorio nella Sicilia sud-orientale, in F.P. Rizzo (ed.), di abitato in abitato. In itinere fra le più antiche testimonianze cristiane degli Iblei, Istituti editoriali e poligrafici
internazionali, Pisa - Roma 2005, pp. 80-96.
9
A. Messina, Battisteri rupestri e vasche battesimali nella Sicilia bizantina, in «Archivio
Storico Siracusano» n.s. 1 (1971), pp. 5-15.
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santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
multidisciplinare e comparato. In questa sede verranno esaminati alcuni ipogei con baldacchini dell’entroterra siracusano situati in località S.
Martino nel territorio di Ferla, in contrada Cozzo Guardiole nei pressi di
Canicattini Bagni e in contrada Petracca nel territorio di Noto, in quanto
esemplificativi di questa tipologia architettonica in grotta a destinazione
sia sepolcrale che cultuale.
Nel primo paragrafo verrà fornita una breve descrizione preliminare
del contesto archeologico e topografico di pertinenza dei casi studio:
tanto la necropoli di Cozzo Guardiole quanto il battistero rupestre di
Petracca sorgono, infatti, in posizione privilegiata lungo gli antichi assi
viari che mettevano in comunicazione la metropoli siracusana con l’entroterra, in direzione ovest verso la sub-colonia di Acrae e poi a sud-est
per Netum10; la necropoli di Ferla, invece, sorge a poca distanza dal grande insediamento rupestre di Pantalica11. Allo stato attuale della ricerca,
non è possibile ricostruire con precisione le modalità e le direttrici di diffusione del primo Cristianesimo dalla città alle campagne iblee e, più in
generale, come le dinamiche storico-politiche e socio-culturali abbiano
eventualmente condizionato l’adozione di peculiari tipologie funerarie:
la particolare disposizione topografica dei siti presi in considerazione,
tuttavia, consente di affermare che questi complessi insediativi non dovevano essere difficili da raggiungere, potevano avvalersi di notevoli
risorse idriche e materie prime disponibili all’interno delle “cave” e si
dovevano in qualche modo relazionare con gli abitati (fattorie e villaggi
di piccole e medie dimensioni) e i luoghi di culto pagani in grotta preesistenti nelle vicinanze12.
10
Cfr. L. Arcifa, Tra casale e feudo: dinamiche insediative nel territorio di Noto in epoca
medievale, in F. Balsamo - V. La Rosa (eds.), Contributi alla geografia storica dell’agro netino,
I.S.V.N.A., Noto 2001, pp. 175-177; G. Uggeri, La viabilità della Sicilia in età romana, Mario
Congedo, Galatina 2004, pp. 190-198.
11
V.G. Rizzone - A.M. Sammito, Le chiese rupestri nel contesto dell’insediamento. Alcuni
esempi dell’area iblea, in E. De Minicis (ed.), Insediamenti rupestri di età medievale: abitazioni e strutture produttive. Italia centrale e meridionale, cisam, Spoleto 2008, pp. 109-112;
Idd., Per una definizione dello sviluppo delle chiese rupestri del Val di Noto: articolazione
planivolumetrica e relazioni con l’insediamento, in E. De Minicis (ed.), Insediamenti rupestri
di età medievale: l’organizzazione dello spazio nella mappatura dell’abitato. Italia centrale e
meridionale, Kappa, Roma 2011, pp. 147-162.
12
S.A. Cugno, Paesaggi rurali e dinamiche insediative nel territorio di Canicattini Bagni
e nel bacino del torrente Cavadonna (sr) in età tardoantica e medievale, in P. Arthur - M. Leo
Imperiale (eds.), Atti del vii Congresso di Archeologia Medievale (Lecce, 9-12 settembre 2015),
vol. 1, All’Insegna del Giglio, Firenze 2015, pp. 373-377. Lo studio delle relazioni tra territorio, nuclei ipogeici e testimonianze del sopraterra è utile per superare la distorsione prospettica,
presente soprattutto negli studi archeologici più tradizionali, tra il costruito e lo scavato. Come
ha efficacemente osservato Paul Arthur, infatti, risulta «poco utile e forse anche fuorviante,
dal punto di vista metodologico, separare lo studio dell’insediamento rupestre da quello del
resto dell’insediamento rurale. Il confronto, però, sarà assai difficile finché non riusciremo ad
avere un buon campione di edifici ed insediamenti datati per entrambe le categorie» (P. Arthur,
Edilizia residenziale di età medievale nell’Italia meridionale: alcune evidenze archeologiche,
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
279
Nei paragrafi successivi verranno discusse le caratteristiche tecniche,
le modalità dello scavo e l’evoluzione tipologica dei baldacchini funerari
iblei nel più ampio panorama italiano e mediterraneo; in conclusione, alcune riflessioni sull’aspetto simbolico, rituale e liturgico del tegurium in
grotta a fondamento della sua generalizzata adozione.
2. Gli ipogei funerari con baldacchini rupestri di S. Martino e Cozzo
Guardiole (sr)
Il sito archeologico di S. Martino si trova in contrada Piano Braida,
nel territorio di Ferla, in una località soprannominata anche Grotte di S.
Anna, sul versante meridionale del costone roccioso che si inerpica fino
al piano Campanino, lungo la strada per Sortino-Pantalica a 1,6 km a est
dell’attuale centro urbano di Ferla. La necropoli paleocristiana si inserisce all’interno di un’area già occupata da tombe a grotticella artificiale
dell’età del Bronzo, in qualche caso riutilizzate e parzialmente trasformate nella Tarda Antichità o nel Medioevo. Il cimitero cristiano si compone di numerosi arcosoli che si aprono all’aperto sulla parete rocciosa e
alcuni piccoli ipogei contenenti al loro interno sepolcri ad arcosolio ed a
baldacchino. Tutte le tombe, disposte in piccoli gruppi nei pressi di un antico percorso a gradini intagliato nella roccia, sono state già ampiamente
violate in antico e utilizzate fino a tempi recenti per scopi agricoli o per il
ricovero degli animali13.
L’ipogeo maggiore della necropoli di S. Martino si compone di un
solo ambiente, all’interno del quale si trovano 6 baldacchini e 10 fosse
terragne mentre, sulle pareti laterali, sono disposti 12 arcosoli monosomi
o bisomi e 1 baldacchino cieco (cioè con due soli lati liberi)14. Un’iscrizione in greco, incisa sopra l’arco del baldacchino F prossimo all’entrata
(fig. 2), qualifica ed accerta come cristiana la necropoli e menziona un
certo Dionisio presbitero della chiesa Erghitana (o Erbitana) che venne
deposto in questo luogo15; la presenza di un membro del clero e la decorazione a costolature a bassorilievo sui lati anteriori dei pilastrini del
in P. Galetti [ed.], Edilizia residenziale tra ix e x secolo: storia e archeologia, All’Insegna del
Giglio, Firenze 2010, pp. 17-44: p. 31).
13
J. Führer, Altchristliche Begräbnisanlagen bei Ferla in Ostsizilien, in «Mitteilungen des
Kaiserlich Deutschen Archäologischen Instituts. Römische Abteilung» 17 (1902), pp. 110-121;
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 172-173; N. Cavallaro, Materiali per uno
studio della necropoli di Ferla, in Scavi e restauri nelle catacombe siciliane, Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Città del Vaticano 2003, pp. 113-125.
14
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 172-173.
15
V.G. Rizzone, Opus Christi edificabit. Stati e funzioni dei cristiani di Sicilia attraverso
l’apporto dell’epigrafia (secoli iv-vi), Città Aperta Edizioni, Catania 2011, pp. 107-108, 113:
«dionysios che ha svolto il ministero di presbitero nella Chiesa di hergetion per 34 anni qui
dorme il sonno eterno».
280
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
baldacchino sottolineano il carattere sicuramente privilegiato della tomba
monumentale.
Ad una quota leggermente superiore si trova un altro ipogeo funerario, che custodisce 2 sepolcri a baldacchino, di cui uno di notevoli dimensioni, 7 arcosoli monosomi sulle pareti laterali ed i resti di alcuni pannelli
pittorici, raffiguranti dei santi e databili ad epoca tardomedievale, da attribuire molto verosimilmente ad un successivo uso cultuale del complesso
sepolcrale16.
La necropoli di Cozzo Guardiole, invece, è la più importante area
sepolcrale paleocristiana nei pressi di Canicattini Bagni, a 2,5 km a sudest del moderno centro abitato lungo la S.P. 14 “Mare-Monti”: la parte
sommitale dell’acrocoro, prospiciente l’ampia Cavasecca, è occupata da
un cimitero sub divo composto da un numero imprecisato di tombe a
fossa e ad arcosolio; in basso ed ai lati non meno di 13 camere ipogeiche
dotate di baldacchini, loculi per bambini, arcosoli polisomi e formae sul
piano di calpestio17. Anche in questo caso la necropoli paleocristiana,
che si installa su una precedente area cimiteriale protostorica, è stata
ampiamente rimaneggiata in antico, risulta priva di corredi e di materiali
datanti e la sua frequentazione attraversa tutto il periodo tardoantico,
medievale e moderno.
Sono tre le principali camere sepolcrali con tombe a baldacchino della necropoli di Cozzo Guardiole, già segnalate a suo tempo da Orsi e da
Führer: il primo ipogeo è molto grande e conserva al suo interno numerosi arcosoli polisomi e tracce di un baldacchino distrutto agli inizi del xx
secolo; il secondo è più piccolo e presenta 2 baldacchini perfettamente
conservati; il terzo ipogeo, ubicato nella parte sommitale del rilievo roccioso, contiene invece 3 baldacchini monosomi e 1 trisomo.
3. Analisi tecnica delle fasi di escavazione
È necessario premettere che la mancanza di rilievi accurati limita
enormemente la possibilità di fare gli opportuni approfondimenti come
quello metrologico, che permetterebbe di verificare la presenza di particolari moduli impiegati nell’esecuzione dei baldacchini. L’analisi autoptica proposta in questa sede18, relativa ai tagli nella roccia ed alle fasi
16
N. Cavallaro, Materiali per uno studio, cit., pp. 121-124 (Ipogeo 5-2).
P. Orsi, Canicattini, in «Notizie degli scavi di antichità» (1895), pp. 238-239; Id., Canicattini Bagni. Gruppi cemeteriali cristiani e bizantini, in «Notizie degli scavi di antichità»
(1905), pp. 425-427; J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 116-132; S.A. Cugno,
Necropoli paleocristiane e chiese rupestri dell’altopiano acrense. La «Canicattini Cristiana» di Salvatore Carpinteri, in «Medieval Sophia. Studi e ricerche sui Saperi Medievali» 12
(2012), pp. 52-87: p. 58.
18
La lettura archeologica delle operazioni di scavo segue le linee teoriche delineate in
F. Dell’Aquila - A. Messina, Le chiese rupestri della Puglia e Basilicata, Mario Adda, Bari
17
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
281
evolutive della realizzazione di alcuni piccoli ipogei iblei dotati di tombe
a baldacchino, è un primo tentativo di comprensione delle modalità e
delle motivazioni tecniche che sono alla base della creazione di questi
sepolcri monumentali.
Le operazioni di scavo dell’ipogeo maggiore della necropoli di S.
Martino a Ferla furono eseguite in tempi diversi, seguendo certamente le
necessità della modesta comunità locale (fig. 3a). La lettura delle tracce
del piccone utilizzato dai fossori sulle pareti e sul soffitto (in modo particolare la direzione dei singoli colpi) permette di ricostruire i vari momenti di escavazione. È possibile, inoltre, riconoscere anche le varie riprese
delle attività di scavo, in quanto spesso hanno lasciato piccole variazioni
di livello soprattutto nel soffitto e sulle pareti.
Per realizzare una tomba a baldacchino occorreva avere a disposizione una parete libera: gli operai tracciavano al centro di essa uno dei lati
del tegurium e successivamente provvedevano a scavare ai due fianchi
– uno a destra e uno a sinistra – di quello che sarebbe stato il nuovo sepolcro monumentale. Questo modo di procedere lasciava sulle pareti rocciose segni evidenti dei picconi che avanzavano per incontrarsi e anche
tracce nel soffitto con uno scarto di livello. Nel caso di un solo scavatore,
invece, i segni del piccone procedono in una sola direzione partendo tutti
da destra verso sinistra o viceversa. La lisciatura delle pareti veniva fatta
sempre con il piccone o la mazzetta a taglio, senza dare colpi ma passando più volte sulla parete in modo da abradere la superficie19.
Nel caso specifico di S. Martino è da notare, innanzitutto, che la direzione assiale verso nord-ovest è data per fornire una migliore illuminazione naturale all’ipogeo, originata dall’unico ingresso. La prima fase vide la
realizzazione di una sala (Aa) in cui si ricavarono sulla parete d’ingresso
una tomba ad arcosolio (N) e, probabilmente, una seconda sepoltura posta
internamente di fronte all’ingresso. In seguito si procedette a scavare sul
lato sinistro (Bb), realizzando la tomba a baldacchino F e le tombe ad arcosolio A-B-C-D, e sulla destra la tomba ad arcosolio M. Va detto che il
baldacchino F – la tomba monumentale riservata al presbitero dionysios
– è tra le strutture più antiche della camera ipogeica, divenendo molto
probabilmente il polo attrattore per le altre20.
1998, pp. 28-35; E. De Minicis, Gli studi sugli abitati rupestri medievali: status quaestionis,
in Id. (ed.), Insediamenti rupestri medievali della Tuscia, vol. 1, Le abitazioni, Kappa, Roma
2003, pp. 9-33. Questi presupposti metodologici, elaborati per le chiese e le abitazioni rupestri,
sono utilizzabili per qualsiasi tipo di cavità artificiale e opera ipogea. La loro applicazione agli
ipogei con teguria, similmente al sistema di lettura archeologica di una muratura, permette di
seguire le varie operazioni di scavo e la loro direzione, sia in verticale che in orizzontale, e
inoltre di analizzare ogni traccia ed elemento architettonico.
19
Cfr. F. Dell’Aquila - A. Messina, Le chiese rupestri, cit., p. 28.
20
Cfr. N. Cavallaro, Materiali per uno studio, cit., pp. 117-118.
282
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Si continuò a scavare ancora più in profondità sempre sul lato sinistro, procedendo alla realizzazione dei corridoi Cc e del baldacchino B,
oggi distrutto quasi totalmente, e completando lo scavo intorno a questa
tomba sul suo lato destro. Quindi si seguitò a realizzare i corridoi dd
intorno alla tomba a baldacchino A e le tombe ad arcosolio I, K e L nelle
pareti di fondo. Con l’ulteriore ampliamento dell’area Ee si procedette a
scavare sulla sinistra un corridoio intorno alla tomba a baldacchino E e a
realizzare prima le tombe ad arcosolio F ed E e, in seguito, la tomba ad
arcosolio G. Al centro dell’ipogeo furono realizzate la tomba a baldacchino C e la tomba a baldacchino cieco H nella parete di destra. Per ultima
fu scavata l’area Ff ricavando nel settore centrale la tomba a baldacchino
D, rimasta solo con i monconi sulla volta e con il piano rialzato di base;
nella parete di sinistra venne ricavata una nicchia absidata21.
I sepolcri a baldacchino presentano tutti le stesse caratteristiche: al
di sopra del sarcofago hanno delle finestrelle, una sul lato corto e due sul
lato lungo; quale decoro architettonico esibiscono una parasta in corrispondenza dei pilastrini posti a divisione delle finestrelle, e nella parte
corrispondente alla base delle finestrelle una parete leggermente rastremata. Nella tomba a baldacchino C la parete interna, rivolta a nord, è
rimasta incompleta, ossia non presenta alcun tipo di decoro. Questa particolarità fu certamente determinata da due differenti momenti di escavazione (la parte verso l’ingresso fu scavata prima, mentre le spalle vennero
realizzate in seguito). Inoltre essa fa ipotizzare la presenza di due figure
distinte: il semplice operaio addetto allo scavo e uno specialista per la
realizzazione dei decori ed esperto nel tracciare gli archetti nella parte
superiore della tomba22.
Le tombe ad arcosolio hanno un arco leggermente ribassato con grossa ghiera poco profonda. Gli arcosoli G e M presentano una piccola finestrella sul lato corto. La finestrella però non si accorda con gli archi dei
baldacchini presenti in questo ipogeo, quindi si tratta di una particolarità
a sé stante. La tomba H, invece, è un baldacchino cieco e mostra le medesime caratteristiche degli archetti degli altri baldacchini ivi presenti; tali
finestrelle si trovano sia sul lato lungo sia su quello corto (forse gli operai
pensavano di isolare questa tomba in un secondo momento, ma alla fine
è rimasta incompiuta).
21
J. Führer, Altchristliche, cit., p. 113, interpreta questo incavo come inizio di una nuova
escavazione interrotta.
22
Nello scavo delle chiese rupestri pugliesi è documentata la partecipazione di varie figure
specializzate nella realizzazione di elementi specifici del luogo di culto in grotta, come colui
che disegna il muretto-templon-iconostasi, colui che traccia le iscrizioni, colui che predispone
il testo delle iscrizioni ecc., oltre ai generici addetti allo scavo. Cfr. R. Caprara, Iscrizioni e
graffiti della chiesa rupestre dei Santi Andrea e Procopio di Monopoli, in E. Menestò (ed.),
Quando abitavamo in grotta, cisam, Spoleto 2004, pp. 243-258.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
283
In conclusione, nell’ipogeo maggiore della necropoli di S. Martino a
Ferla sono state ricavate 6 tombe a baldacchino, delle quali 5 sono poste
ortogonalmente all’asse della stessa camera sepolcrale. Solo il baldacchino B è stato eseguito nello stesso senso assiale, perché ricavato nella
parete di fondo della sala Aa, sufficiente per ottenere il frontale laterale
(il lato corto del baldacchino). Da notare che tutte le tombe a baldacchino
presenti hanno la stessa caratteristica del rapporto in piano di 1 a 2, ossia
il lato lungo è due volte quello corto. La lettura archeologica di questo
ipogeo conferma, infine, l’uso di scavare fosse (formae) negli spazi calpestabili della sala d’ingresso e nei corridoi, quali opere realizzate per
ultime rispetto alle altre tombe sia a baldacchino che del tipo ad arcosolio
ricavate nelle pareti laterali (fig. 3b).
L’ipogeo maggiore di Cozzo Guardiole (fig. 4) accoglie nel complesso 72 deposizioni. Molto probabilmente, però, ve ne sono altre sotto i
cumuli di terra che ingombrano l’interno e impediscono la visione completa del livello del pavimento. Osservando il soffitto della sala, in prossimità dell’ingresso, si nota una netta linea di dislivello causata da una
successiva ripresa dello scavo, finalizzata a creare un ampliamento che
si inoltra sino al restringimento corrispondente alla parete di fondo del
nuovo ambiente.
La prima sala, quella d’origine dell’ipogeo, aveva una forma grossomodo quadrata ed ospitava nelle pareti laterali solo un arcosolio per
lato (A, F); una volta ampliata, essa si vide raddoppiare il numero degli
arcosoli (B, G). Un terzo ampliamento venne effettuato in funzione della
tomba a baldacchino (d), che si volle realizzare proprio al centro del nuovo ambiente; negli spazi laterali vennero ricavati due arcosoli per lato (C,
M, H, I). In seguito si scavò sul lato sinistro ove si ottennero ancora altri
due arcosoli (N, O) mentre nella parete di fondo, ortogonalmente all’asse
dell’ipogeo, venne realizzato un singolo arcosolio (P). Si proseguì a scavare sul lato destro lasciando un pilastro (E) al centro dell’ampio corridoio23 ma per la ristrettezza degli spazi si dovette approfondire, sempre sulla
destra, formando un angolo e l’arcosolio K. Per ultimo venne scavato un
piccolo cubicolo che ospita tombe (L, Q, S) nella parete di fondo e in
quella laterale di sinistra, mentre a destra due arcosoli monosomi (T, U);
una forma (R) è stata ricavata sul pavimento. La parete rocciosa d’ingresso dell’ipogeo è inclinata e presenta all’esterno, sulla destra, una tomba
(V) simile ad un arcosolio.
23
Secondo Joseph Führer questo pilastro di sostegno – posto tra la tomba a baldacchino
e il lato stretto posteriore dell’ipogeo – era originariamente quadrato, aveva una nicchia per
lucerne a destra e a sinistra e venne distrutto fino ai 30 cm superiori (J. Führer - V. Schultze,
die altchristlichen, cit., p. 121).
284
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Gli archi degli arcosoli nella prima parte dell’ipogeo sono a sesto
fortemente ribassato, mentre quelli dell’interno hanno archi a sesto pieno o leggermente ribassato; gli arcosoli, inoltre, sono prevalentemente
a deposizione multipla. La diversa forma degli archi degli arcosoli può
indicare una diversa epoca di realizzazione oppure il sovrapporsi di varie
maestranze con gusti differenti per i particolari architettonici.
Il baldacchino (d) è ridotto a poche tracce sulla volta e sul pavimento: si conservano soltanto i resti di quattro pilastrini quadrangolari, che
sporgono dal soffitto per 10 cm circa, cui corrispondono sul pavimento i frammenti del podio per un’altezza che raggiunge i 20 cm. Paolo
Orsi riferisce dell’esistenza all’interno di questo ipogeo di una epigrafe
in greco, che però venne distrutta insieme al baldacchino centrale dai
contadini del luogo poco tempo prima della sua seconda visita a Canicattini Bagni24. Le pagine inedite del taccuino n. 60 del 1904 dell’illustre
archeologo tridentino, relative al 13 dicembre, contengono informazioni
più dettagliate riguardo a questa epigrafe ormai irrimediabilmente perduta25. Essa consisteva in due grandi blocchi in calcare friabile che recavano
i resti di una lunga iscrizione, in origine probabilmente su quattro righe,
di cui Orsi riconobbe chiaramente solo la parola finale ðö+ø+ì vel +.
La grande epigrafe poteva essere stata impiegata come architrave sopra
la porta di ingresso dell’ipogeo, come copertura di testa del baldacchino
oppure come lastra di copertura di uno degli altri sepolcri: il rinvenimento di un terzo frammento al di sotto dei resti del tegurium indusse però
Paolo Orsi a considerare tale iscrizione lapidea parte della copertura della
tomba monumentale.
4. I baldacchini rupestri in Sicilia e nel bacino del Mediterraneo
Camere ipogeiche come quelle di S. Martino e di Cozzo Guardiole,
spesso programmate in funzione dei baldacchini monumentali riservati
ai personaggi illustri della comunità, trovano molti confronti innanzitutto
in area iblea. Già Paolo Orsi aveva colto la somiglianza con gli ipogei
postcostantiniani di Augusta, Melilli e Priolo (Molinello, Riuzzo, Manomozza, Cava delle Porcherie ecc.), tutti ubicati nell’area costiera a Nord
di Siracusa, che condividono la stessa tipologia di sepolcreti ricavati in
un costone roccioso con accesso diretto, non mediato da scale, e con una
prevalenza all’interno di tombe ad arcosolio nelle pareti laterali e di un
24
P. Orsi, Canicattini Bagni. Gruppi cemeteriali, cit., p. 426.
Id., Taccuino n. 60 del 1904, pp. 73-75, in S.A. Cugno, dinamiche insediative nel territorio di Canicattini Bagni (sr) tra Antichità e Medioevo, Tesi di Specializzazione, relatore
prof. G. Uggeri, Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici - Università di Firenze, A.A.
2012-2013, p. 126.
25
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
285
tegurium in posizione centrale26; ulteriori esemplari sono stati segnalati
anche a Lentini27.
Rivolgendo lo sguardo verso l’interno, tombe monumentali a baldacchino si trovano nella necropoli di contrada Lardia presso Sortino28, a
Licodia Eubea29, in quelle dell’agro netino e a Rosolini, tra cui il celebre
ipogeo I (c.d. Catacomba delle due Lettighe) di contrada Stafenna30. Allo
stato attuale sono ancora inediti, invece, i resti di baldacchini monumentali presenti negli ipogei di Casa Romano presso Avola Antica, sommariamente segnalati da Paolo Orsi nel 189931. Anche l’altopiano acrense è
ricco di testimonianze di questo tipo all’interno degli ipogei di Senebardo,
dell’Intagliata e dell’Intagliatella a Palazzolo Acreide, quest’ultima con
l’epitaffio del diacono Stephanos datato al 14 giugno 419 d.C.32, oppure in
quelli ubicati a ovest di Canicattini Bagni (Cugno Martino, S. Giovannel26
Per le innumerevoli indagini orsiane cfr. A.M. Marchese - G. Marchese (eds.), Bibliografia degli scritti di Paolo Orsi, Scuola Normale Superiore, Pisa 2000. Sulle necropoli paleocristiane di Priolo e dell’area megarese cfr. J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit.,
pp. 60-97, 181-183; E.G. Picone, L’ipogeo Manomozza iii presso Priolo Gargallo, in «Quaderni dell’Istituto di Archeologia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Messina» (1994), pp. 141-163; M. Sgarlata, Scavi e ricerche a Siracusa e nella Sicilia orientale
nell’ultimo quinquennio, in Scavi e restauri nelle catacombe siciliane, Pontificia Commissione
di Archeologia Sacra, Città del Vaticano 2003, pp. 107-112; T. Bommara, Nuove acquisizioni di archeologia cristiana nel territorio di Priolo Gargallo (Siracusa): gli ipogei Scrivilleri, in «Triskeles» 1, Suppl. «Diacronia» (2005), pp. 119-124; m. Musumeci, La basilica di
San Foca e siti archeologici nel territorio di Priolo Gargallo, in La basilica di San Foca. Le
“memorie”del primo cristianesimo nel suburbio siracusano, Ed. Comune di Priolo Gargallo,
Priolo 2007, pp. 105-153; T. Bommara - V.G. Rizzone, Contributo alla conoscenza del territorio siracusano: recenti indagini a Priolo Gargallo, in R.M. Bonacasa Carra - E. Vitale
(eds.), La cristianizzazione in Italia fra Tardoantico ed Alto Medioevo. Aspetti e problemi, C.
Saladino, Palermo 2007, pp. 1649-1650; D. Malfitana - g. Cacciaguerra (eds.), Priolo romana,
tardoromana e medievale, ibam - cnr, Catania 2011.
27
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 178-181; F. Valenti, due insediamenti tardoantichi nel territorio di Lentini, in «Aitna» 2 (1996), pp. 131-135.
28
G. Agnello, Necropoli paleocristiane nell’altopiano di Sortino, in «Rivista di Archeologia Cristiana» 39 (1963), pp. 105-129; B. Basile, Gli ipogei di contrada Lardia (Sortino). Nota
di aggiornamento, in «Archivio Storico Siracusano» iii s., 3 (1989), pp. 21-51.
29
E. Bonacini, Il borgo cristiano di Licodia Eubea, uni Service, Trento 2008 con bibliografia precedente.
30
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 191-193, 198-201; G. Agnello, Sicilia cristiana. I monumenti dell’agro netino i, in «Rivista di Archeologia Cristiana» 30 (1954),
pp. 169-188; Id., Sicilia cristiana. I monumenti dell’agro netino ii, in «Rivista di Archeologia
Cristiana» 31 (1955), pp. 201-222; L. Falesi, Il territorio di Noto in età ellenistica, in «Studi
Classici e Orientali» 47 (2001), pp. 199-237: p. 228; V.G. Rizzone - G. Terranova, Il paesaggio
tardoantico nel territorio di Rosolini. Schede per una mappatura degli insediamenti e dei cimiteri, in F. Buscemi - F. Tomasello (eds.), Paesaggi archeologici della Sicilia sud-orientale. Il
paesaggio di Rosolini, Officina di Studi Medievali, Palermo 2008, pp. 47-71.
31
P. Orsi, Avola. Sepolcri siculi e catacombe cristiane, in «Notizie degli scavi di antichità»
(1899), pp. 69-70.
32
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 138-155. Per l’iscrizione di Stephanos
cfr. V.G. Rizzone, Opus Christi edificabit, cit., p. 140 con bibliografia. Nella Grotta di Senebardo alcuni sarcofagi hanno la copertura a doppio spiovente caratteristica dei teguria maltesi.
286
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
lo, Santolio, Cozzo Aguglia, S. Lucia di Mendola)33, dove sono presenti
anche esemplari di baldacchini che non sono stati condotti a termine ma
sono rimasti ancorati alle pareti delle camere sepolcrali. Elevato numero
di baldacchini si trova, infine, nelle necropoli paleocristiane di Modica,
Ragusa e Cava d’Ispica (Larderia, Grotta delle Trabacche, Michelica, S.
Marco, Cisternazzi ecc.)34. Nell’ipogeo A di Treppiedi a Modica, oggi
distrutto, si trovava l’iscrizione datata al 396 d.C. menzionante un certo
Aithales, che avrebbe fatto realizzare il cimitero in cui era stato sepolto35.
La presenza di una tomba a baldacchino nella c.d. Grotta degli Archi
di Favignana, l’unico esempio noto nella Sicilia occidentale oltre all’ipogeo di Castellana Sicula (PA), è stata messa in relazione con l’esistenza di
una rotta marittima che collegava la Sicilia orientale con il Mediterraneo
centrale passando attraverso Malta e l’arcipelago delle Egadi36. A Malta,
infatti, i baldacchini funerari si trovano praticamente in tutte le necropoli
suburbane e nella maggior parte di quelle rurali e sembrano seguire i modelli pervenuti dalla Sicilia, sebbene con caratteristiche legate a tradizioni
prettamente locali: tombe a baldacchino sono note a Mdina-Rabat nelle
catacombe di S. Paolo, di S. Agata e sotto l’Abbatjia tad-Dejr; altri esempi si trovano nei piccoli ipogei presso Gudia, nella catacomba Tal Bistra
poco distante da Mosta e in altri due complessi funerari situati sulla costa
orientale dell’isola presso la torre di S. Tommaso37.
33
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 97-116, 155-172; P. Pelagatti - G.
Curcio, Akrai (Siracusa). Ricerche nel territorio, in «Notizie degli scavi di antichità» (1970),
pp. 507-511; L. Carracchia, L’insediamento rupestre di contrada Santolio in territorio di Palazzolo Acreide, in «Studi Acrensi» 2 (1984-1995), pp. 69-118; A. Messina, “Ecclesiam, ubi
est Fons in Crypta”. S. Lucia di Mendola, un priorato agostiniano nella Sicilia normanna, in
R.M. Bonacasa Carra - E. Vitale (eds.), La cristianizzazione in Italia fra Tardoantico ed Alto
Medioevo. Aspetti e problemi, C. Saladino, Palermo 2007, pp. 1729-1741; S.A. Cugno, Necropoli paleocristiane, cit., pp. 54-60.
34
J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., pp. 190-191; G. Agnello, Catacombe inedite di Cava d’Ispica, in «Rivista di Archeologia Cristiana» 35 (1954), pp. 87-104; G.
Di Stefano, Cava d’Ispica. I monumenti, Sellerio, Palermo 1997, pp. 21-26; V.G. Rizzone A.M. Sammito, Modica ed il suo territorio nella tarda antichità, in «Archivum Historicum
Mothycense» 7 (2001), pp. 5-152; Idd., Aggiunte e correzioni a “Carta di distribuzione dei siti
tardoantichi nel territorio di Modica”, in «Archivum Historicum Mothycense» 10 (2004), pp.
97-138; N. Cavallaro, Sepolture a baldacchino nelle catacombe della Larderia, in F.P. Rizzo
(ed.), di abitato in abitato. In itinere fra le più antiche testimonianze cristiane degli Iblei,
Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa - Roma 2005, pp. 177-186; V.G. Rizzone A.M. Sammito, Nuove aggiunte a “Carta di distribuzione dei siti tardoantichi nel territorio di
Modica”, in «Archivum Historicum Mothycense» 13 (2007), pp. 5-42.
35
V.G. Rizzone - A.M. Sammito, Chiese di epoca bizantina e chiese di rito bizantino a
Cava Ispica e nel territorio di Modica, in «Archivum Historicum Mothycense» 9 (2003), pp.
8-10, con bibliografia.
36
F. Ardizzone, Prime attestazioni cristiane nell’arcipelago delle Egadi. I dati archeologici, in R.M. Bonacasa Carra - E. Vitale (eds.), La cristianizzazione in Italia fra Tardoantico ed
Alto Medioevo. Aspetti e problemi, C. Saladino, Palermo 2007, pp. 1817-1819. Sull’ipogeo di
Castellana Sicula (pa) cfr. n. 66.
37
Cfr. J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., p. 323; C.G. Zammit, The “Tal
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
287
In ambito italiano, necropoli ipogeiche con tombe a baldacchino sono
state documentate recentemente da Anna Campese Simone nella Puglia
settentrionale38. In modo particolare a Monte Pucci, vicino Peschici sul
Gargano, sono presenti 9 esempi comprensivi di semibaldacchini e baldacchini ciechi. Vengono segnalate, in modo ipotetico, tombe a baldacchino anche nella catacomba di S. Sofia a Canosa, la più grande della Puglia e databile al v secolo d.C.39, così come nelle catacombe di S. Antioco
in Sardegna40 e nelle catacombe napoletane di S. Gennaro41. Sono attestate alcune tombe a baldacchino, invece, a Roma nella catacomba dei SS.
Marcellino e Pietro ad duas lauros42 e nelle catacombe di Ad decimum,
cioè al decimo miglio sulla via Latina verso i Colli Albani43.
Bistra” Catacombs, in «Bulletin of the Museum (Valletta-Malta)» 1, 5 (1935), pp. 165-187; T.
Zammit, An Early Christian Rock-Tomb, on the hal-Resqun Bridle Road at Guida, in «Bulletin
of the Museum (Valletta-Malta)» 1, 5 (1935), pp. 189-195; G. Agnello, Le catacombe di Sicilia
e di Malta e le loro caratteristiche strutturali, in Atti del xv congresso di storia dell’architettura
(Malta, 11-16 settembre 1967), Centro di Studi per la Storia dell’Architettura, Roma 1970, pp.
213-235; M. Buhagiar, Late Roman and Byzantine Catacombs and Related Burial Places in the
Maltese Islands, B.A.R., Oxford 1986; Id., The Maltese Palaeochristian hypogea, University
of Malta, La Valletta 1992; V.G. Rizzone - F. Sabatini (eds.), Gli Ipogei di Wignacourt a Rabat,
Officina di Studi Medievali, Palermo 2008.
38
A. Campese Simone, I cimiteri tardoantichi e altomedievali nella Puglia settentrionale,
Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Città del Vaticano 2003, pp. 323-342.
39
A. Campese Simone, La catacomba, in R. Cassano (ed.), Principi, imperatori, vescovi:
duemila anni di storia a Canosa, Marsilio, Venezia 1992, pp. 879-881, riporta l’ipotesi dell’esistenza di un baldacchino all’interno della catacomba di Canosa, sottolineando però il fatto che
non vi sono resti di pilastri angolari o tracce sulla volta a supporto di tale tesi.
40
A. Taramelli, Esplorazione delle catacombe sulcitane di S. Antioco e di altri ipogei
cristiani, in «Notizie degli scavi di antichità» (1921), pp. 162-163.
41
U.M. Fasola, Le catacombe di S. Gennaro a Capodimonte, Editalia, Roma 1975, p.
107, segnala l’esistenza di un baldacchino posto nella galleria della catacomba superiore di S.
Gennaro, che l’Autore spiega con il fatto che «la famiglia proprietaria del sepolcreto provenisse
da quei paesi [Sicilia e Malta, dove il tipo è molto frequente] e volesse conservare le usanze
patrie. Anche a Roma i due soli esempi che conosciamo nella catacomba ad duas lauros, hanno
probabilmente la stessa spiegazione. Qui [a Napoli] la famiglia doveva essere numerosa e ricca:
il cubicolo venne ampliato e a ogni membro fu riservata una tomba ad arcosolio». Da una prima
osservazione della documentazione fotografica edita, invece, sembrerebbe che l’unico esemplare napoletano di tomba a baldacchino sia il frutto di un ampliamento, che ha isolato su tre
lati una preesistente tomba ad arcosolio, e dello sfondamento della parete di fondo dell’arcosolio stesso, che ha creato così una sorta di “baldacchino”. Non ci sono i classici pilastri angolari
ed il lato corto della tomba è chiuso proprio perché corrisponde alla parte laterale dell’arcata
dell’arcosolio originario.
42
C. Cecchelli - E. Persico, SS. Marcellino e Pietro, la chiesa e la catacomba, Libreria Cremonese, Roma 1935; J. Guyon, Le cimetière aux deux lauriers. Recherches sur les catacombes
romaines, École Française de Rome, Rome 1987; R. Giuliani, Ad duas lauros, un exemple emblématique de christianisation, in «Les dossier d’Archeologie» 330 (2008), pp. 48-57.
43
P.N. Di Grigoli, Guida alle catacombe tuscolane Ad Decimum, Gruppo Archeologico Latino, Grottaferrata 1975; P. Dalmiglio, La catacomba “Ad decimum” della Via Latina,
Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Città del Vaticano 2013. Negli esemplari presenti all’interno delle Catacombe di Ad decimum si è proceduto ad inserire una colonnina
per sostenere il soffitto, una volta venuto meno il setto di separazione: questi sepolcri, oggi,
288
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Al di fuori dell’Italia, è possibile rilevare che nelle catacombe libiche
di Sabrata non vi sono baldacchini, al contrario a Leptis Magna non sono
segnalate catacombe44. A Susa e nel sud della Tunisia non è presente la
tipologia del baldacchino45; a Cipro (Paphos) è noto il baldacchino ma i
pilastri angolari sono costruiti con conci e malta, mentre in Grecia viene
attestata da N.G. Laskaris la possibile presenza di baldacchini46. A Seleucia Pieria in Turchia, nella provincia di Hatay al confine con la Siria, si
WURYDODFKLHVDFLPLWHULDOHUXSHVWUHGL%HúLNOLFRQWRPEHSDOHRFULVWLDQHD
fossa, ad arcosolio e teguria47.
5. Considerazioni tipologiche e ipotesi evolutiva delle tombe a baldacchino iblee
Nei vari ipogei siciliani sono documentabili molteplici forme di tombe riconducibili alla tipologia a baldacchino, la cui formula tradizionale
presenta tutti e quattro i lati visibili e la pianta generalmente rettangolare
(più raramente trapezoidale). Un esame preliminare della morfologia delle tombe a baldacchino presenti nell’altopiano ibleo permette di ipotizzarne l’evoluzione tipologica48 (fig. 5).
Il punto di partenza è costituito dalla tomba a cassettone nella sua
forma più comune (n. 1), già utilizzata in età classica, che viene nobilitata
portandola fuori terra e ottenendo così un parallelepipedo (n. 2). Questa
tipologia sepolcrale poteva essere realizzata sia all’aperto sia all’interno
degli ipogei49. In questi ultimi venne realizzata un’ulteriore forma di nobilitazione del sepolcro allo scopo di dar vita ad una struttura simile ad un
baldacchino (n. 3): essa veniva ottenuta mediante il risparmio, durante le
operazioni di scavo, di quattro pilastrini posti agli angoli della sottostante
tomba a cassettone rialzato e collegati direttamente alla volta dei medesimi ipogei. Da questo modello un po’ rudimentale si passa a forme più
rifinite con la realizzazione di un arco posto sui lati longitudinali (n. 4) o
sembrano chiaramente dei baldacchini e degli “pseudo-baldacchini” ma non dovevano essere
tali all’epoca di realizzazione delle singole tombe. Discorso differente per la Catacomba dei SS.
Marcellino e Pietro, dove esiste un baldacchino interamente scavato nella roccia con copertura
con volta a botte.
44
A. Nestori, La catacombe di Sabratha (Tripolitania). Indagine preliminare, in «Libya
Antiqua» 9-10 (1972-1973), pp. 7-24.
45
L. Foucher, hadrumetum, Presses universitaires de France, Paris 1964.
46
N.G. Laskaris, Monuments funéraires paléochrétiens (et byzantins) de Grèce, Les Éditions Historiques Stéfanos D. Basilopoulos, Athènes 2000, pp. 469-470.
47
G. Uggeri, Seleucia Pieria, in S. Patitucci - G. Uggeri (eds.), Paolo di Tarso. Aspetti
archeologici, Effatà Editrice, Roma 2010, pp. 162-163.
48
Cfr. bibliografia alla n. 8.
49
Alcuni esempi sono i gruppi di sepolcri a sarcofago nelle catacombe dell’Intagliatella a
Palazzolo Acreide e nella «Rotonda dei Sarcofagi» di S. Giovanni a Siracusa: cfr. G. Agnello,
Rilievi strutturali, cit., p. 295.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
289
su tutti e quattro i lati della tomba (n. 5). Infine, un’ulteriore evoluzione
è rappresentata dalla realizzazione di due archi sul lato lungo della tomba
monumentale (n. 6). Solo negli ipogei ragusani delle Trabacche e di Cisternazzi il baldacchino presenta due finestrelle sul lato corto, tre archi sul
lato lungo e veri e propri colonnati sopra i sarcofagi.
In relazione al sistema di scavo si hanno forme particolari di baldacchini come, ad esempio, il baldacchino cieco (n. 7) che presenta due lati
ancora inseriti nella roccia, mentre gli altri due sono visibili e hanno le
stesse caratteristiche formali delle altre tombe a baldacchino (es. ipogei
maggiori di Ferla e di Santolio). Altro caso è il semibaldacchino (n. 8),
con tre lati visibili e solo uno ancora inserito nella roccia di una delle
pareti laterali dell’ipogeo (es. ipogeo ii di S. Giovannello a Canicattini).
Generalmente le tombe a baldacchino vennero realizzate con la base
liscia e pulita; soltanto in qualche caso presentano delle sottili lesene che
da terra arrivano al soffitto in corrispondenza dei pilastri angolari (es. ipogeo di Dionisio a Ferla). In alcuni esemplari, inoltre, la base viene arricchita da un piccolo gradino a protezione e decorazione della stessa tomba ma,
considerando la ristrettezza degli spazi e l’abrasione avvenuta nei secoli,
questa caratteristica potrebbe essere stata in realtà molto più diffusa50.
Per quanto riguarda le deposizioni, le tombe a baldacchino presentano di solito lo spazio di sepoltura per un solo inumato. In alcuni casi la
superficie interna della tomba è suddivisa ottenendo due o più deposizioni affiancate. Sono attestate anche tombe a baldacchino che hanno elevate
dimensioni e l’interno, anche se composto da un unico spazio, è tanto
grande da indurci a pensare che vi fossero sepolture multiple51. In entrambe le soluzioni, tuttavia, è possibile rilevare le seguenti caratteristiche:
a. le tombe ricavate all’interno del baldacchino sono scavate allo stesso livello dei corridoi che lo circondano e sono delimitate da un basso
setto roccioso o “muretto” (altezza 40 cm circa) collegato con i quattro
pilastri d’angolo posti a protezione del sepolcro interno;
b. le tombe interne sono rialzate rispetto al livello dei corridoi e la
parte superiore si trova allo stesso livello del “muretto” (altezza 70-90
cm) mentre i pilastri d’angolo sono raccordati fra loro con archi a sesto
fortemente ribassato oppure a sesto pieno;
50
La dimensione ridotta di questi gradini non dava molta possibilità di operare, soprattutto
con carichi di un certo peso. Nel caso dell’ipogeo di Cisternazzi a Ragusa, tuttavia, gli scavatori
ritengono che i quattro gradini rinvenuti ai piedi del baldacchino siano serviti per agevolare le
pratiche di deposizione dei defunti (O. Bruno et al., L’ipogeo di Cisternazzi: lo scavo e i rinvenimenti archeologici, in Archaeotour. Gestione integrata e promozione dei siti archeologici
a Ragusa e Malta, Regione Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana,
Palermo 2013, pp. 101-109).
51
Ad esempio la tomba a baldacchino di Trabacche a Ragusa (270x350 cm; altezza base
160 cm circa): cfr. G. Terranova, L’ipogeo funerario delle Trabacche: nuovi dati icnografici, in
Archaeotour. Gestione integrata e promozione dei siti archeologici a Ragusa e Malta, Regione
Siciliana - Assessorato dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana, Palermo 2013, pp. 110-116.
290
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
c. come il caso precedente ma con “muretto” più alto (circa 100 cm ed
oltre) e con archi di raccordo fra pilastri a sesto ribassato oppure, nel lato
lungo, con due archi formanti due finestrelle.
Ulteriori caratteristiche riscontrabili nei baldacchini iblei sono:
a. quattro pilastri agli angoli ed eventuali pilastrini mediani;
b. archi a sesto pieno;
c. due archi a sesto pieno nel lato lungo;
d. archi con transenna traforata.
Per quanto riguarda i rapporti tra la base del sarcofago e gli archi, vi
sono alcuni schemi ricorrenti: nell’ipogeo delle Trabacche a Ragusa, ad
esempio, l’altezza degli archi è la metà dell’altezza della base, mentre
negli ipogei minori di Cozzo Guardiole l’altezza della base è metà di
quella del vuoto tra i pilastri; nell’ipogeo maggiore di Santolio il rapporto
base-archi è di 1 a 1. La variazione dell’altezza del sarcofago può essere collegata con l’evoluzione del baldacchino, ma ad oggi non abbiamo
elementi certi per poter elaborare una eventuale scala crono-tipologica di
tale fenomeno.
La posizione dei baldacchini in genere è centrale e in asse con l’ingresso: solo in alcuni casi essi sono ubicati in fondo all’ipogeo (es. ipogeo
I di Stafenna) oppure in recessi aperti sulle pareti laterali del vestibolo
quadrangolare (es. ipogei minori di Cozzo Guardiole e di Ferla).
Infine, è interessante notare le differenze esistenti riguardo le nicchie
per lucerne tra un ipogeo con varie tombe a baldacchino, come l’ipogeo
di Dionisio a Ferla, ed un ipogeo con un solo baldacchino, come l’ipogeo
maggiore di Cozzo Guardiole. In quest’ultimo ogni arcosolio possiede
una o più nicchiette, quali alloggiamento per lucerne, poste esclusivamente in alto sopra l’arco degli arcosoli. Al contrario, nel complesso
funerario ferlese non vi sono nicchiette, limitatamente alle aree integre:
questa constatazione suggerisce il possibile uso di apporre lucerne e bicchierini vitrei per l’illuminazione direttamente sui ripiani delle tombe,
soprattutto in quelle a baldacchino. Alcuni baldacchini, infine, presentano
nei pilastrini delle piccole cavità per accogliere lucerne (es. ipogeo I di S.
Giovannello a Canicattini).
6. Funzione sociale dei baldacchini rupestri funerari iblei
L’esame comparato delle tipologie funerarie a baldacchino siciliane
ha evidenziato l’esistenza di molteplici variazioni, dovute sia alla maestria più o meno accentuata degli scavatori sia al gusto dei committenti.
Sulla base delle testimonianze archeologiche, però, sembra che queste
differenze non siano da attribuire tanto ad esigenze puramente estetiche,
quanto a motivazioni legate ai significati simbolici sottesi e finalizzati ad
enfatizzare l’architettura tombale, diversificandola così dagli altri sepol-
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
291
cri vicini. La scarsa documentazione epigrafica rinvenuta sui baldacchini, spiegabile in quanto la maggior parte delle iscrizioni non era incisa
sulla roccia (come nel caso del presbitero dionysios nel baldacchino F
dell’ipogeo maggiore di S. Martino oppure in quello di Antonia Eupraxis
nell’ipogeo E di Finocchiara52) ma dipinta su di essa oppure incisa sulle
lastre di copertura delle tombe (come nel caso, seppur dubbio, dell’ipogeo maggiore di Cozzo Guardiole), non è sufficiente per risolvere in maniera incontrovertibile la questione della cronologia e della destinazione
dei sepolcri a baldacchino.
L’analisi tecnica dell’evoluzione dell’articolazione planivolumetrica
dei cimiteri paleocristiani iblei è di estrema importanza per distinguere il
carattere comunitario o privato degli ipogei, le molteplici fasi di realizzazione e di sviluppo e per delineare l’organizzazione e le trasformazioni
dei gruppi sociali che usufruivano di queste necropoli rurali e di cui esse
costituivano un riflesso materiale53. Tali aspetti sono molto utili anche dal
punto di vista cronologico, poiché – come ha rilevato Vittorio Rizzone – è
evidente come «nell’assetto finale di molti ipogei comunitari sia presente la camera che accoglie uno o più baldacchini» e pertanto essi «sono
da porsi in un momento avanzato dell’architettura funeraria tardoantica,
come si rileva dalla collocazione di alcuni esemplari nelle parti più recondite e quindi più tarde degli ipogei come nella Larderia o a Stafenna I»54.
Analogo carattere comunitario ha avuto, probabilmente, anche l’ipogeo
maggiore di Cozzo Guardiole.
Risulta evidente come lo spazio all’interno degli ipogei paleocristiani
iblei sia chiaramente differenziato quando viene costruito un tegurium: in
vari ipogei, infatti, sono attestati uno o più baldacchini, attorniati da ambulacri che isolano e monumentalizzano il sepolcro al centro o nelle aree
più interne. Questa particolarità porta a considerare l’uso delle tegurrine
come una moda in uso in epoca successiva a quella delle più tradizionali
52
V.G. Rizzone - A.M. Sammito, Modica ed il suo territorio, cit., pp. 61-64.
R.M. Bonacasa Carra, La Sicilia cristiana tra Tardoantico e Altomedioevo. Brevi riflessioni sul territorio ibleo, in F.P. Rizzo (ed.), di abitato in abitato. In itinere fra le più antiche
testimonianze cristiane degli Iblei, Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa-Roma
2005, pp. 141-149; V.G. Rizzone, Catacombe degli Iblei: un primo approccio sociologico, in
A. Bonanno - P. Militello (eds.), Malta in the hybleans, the hybleans in Malta. Malta negli
Iblei, gli Iblei a Malta, Officina di Studi Medievali, Palermo 2008, pp. 195-208; Id., Catacombe degli Iblei: una proposta per la sequenza cronologica, in G. Di Stefano - G. Cassar (eds.),
Cultexchange Italia-Malta. La rivalutazione delle catacombe come simbolo comune per la
valorizzazione delle tradizioni transfrontaliere, Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali
di Ragusa, Ragusa 2008, pp. 72-76.
54
V.G. Rizzone, Catacombe degli Iblei: un primo approccio, cit., p. 203. Lo stesso Autore
aggiunge che «coeve alle realizzazioni dei baldacchini negli ipogei di comunità, devono essere
anche le grandi camere programmate in funzione di tali monumentali sepolcri – sia che vi
soggiaccia un impianto predeterminato con un progetto ben definito, sia che si proceda direttamente allo scavo per ottenere il baldacchino che fa da guida all’impianto dell’ipogeo, ottenendo
spesso una pianta della camera sepolcrale di forma trapezoidale».
53
292
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
forme ad arcosolio. In tutti gli ipogei con baldacchino, infatti, si nota la
presenza di tombe ad arcosolio poste intorno e nelle vicinanze55.
La monumentale struttura architettonica a baldacchino richiedeva un
elevato costo in termini di esecuzione ed uno spazio maggiore da dedicare ad una sola persona: questi elementi, in passato, hanno portato ad
ipotizzare l’enfatizzazione di colui che era deposto in questa particolare
tipologia sepolcrale56. In un primo momento, forse, il baldacchino veniva
effettivamente realizzato soltanto per contraddistinguere la tomba di un
personaggio con alte cariche sociali, anche di tipo ecclesiastico, in seno
alla piccola comunità locale (vedi il caso di dionysios a Ferla); con il
passare del tempo, però, venne comunemente utilizzato anche da altri
personaggi privi di rango, divenendo così una semplice tomba, anche se
dotata di forme particolari e più elaborate rispetto a quelle tradizionali.
Il numero noto di baldacchini situati all’interno di uno stesso ipogeo
può variare da 1 a 6 e, di conseguenza, la presenza di più baldacchini annulla la tradizionale ipotesi della tumulazione di un personaggio ritenuto
santo, martire o assimilabile alla santità57. Nella necropoli della Lardia a
Sortino si trova la più alta incidenza di baldacchini documentata: 9 ipogei
su 13 hanno baldacchini e in 3 dei rimanenti è ricordata la presenza di
pilastri che interrompono gli arcosoli. Si tratta di un segno evidente che
i baldacchini sono relativi ad una fase ormai d’uso comune. Analoga situazione si riscontra nelle catacombe dell’Intagliatella a Palazzolo Acreide. La contemporanea presenza di più baldacchini all’interno dello stesso
ipogeo oppure il caso delle tombe a baldacchino con fosse multiple, per
non dimenticare i baldacchini di grandi dimensioni destinati a deposizioni comunitarie, fanno dunque pensare ad un impiego tardivo, quando si
era già perso il senso della differenziazione di status civile o ecclesiastico
a favore di un uso esclusivo di carattere familiare.
La mancata diffusione del baldacchino monumentale nelle catacombe di Siracusa e, di conseguenza, la differente scelta dal punto di vista
icnografico tra metropoli, suburbio e campagne (nelle catacombe maggiori siracusane si preferiscono i loculi e gli arcosoli polisomi)58 potrebbe
essere addebitata, almeno in parte, alla statica del sedimento roccioso.
55
Cfr. N. Cavallaro, Sulla differenziazione, cit., p. 229 che considera i semibaldacchini una
tipologia seriata in alternativa all’arcosolio, da collocare nel momento di uso comune e diffusa
generalizzazione della tomba a baldacchino monumentale.
56
Cfr. O. Garana, Le catacombe siciliane e i loro martiri, Flaccovio, Palermo 1961, pp.
233-234.
57
Cfr. N. Cavallaro, Sulla differenziazione, cit., pp. 224-225. Già Orsi si era reso conto che
la quantità di baldacchini nell’altopiano ibleo è tale da rendere impossibile una corrispondenza
numerica con le attestazioni di santi, martiri, monaci o eremiti ricordati dalle fonti letterarie.
58
Cfr. M. Griesheimer, Genèse et développement de la catacombe Saint-Jean a Syracuse,
in «Mélanges de l’École Française de Rome - Antiquité» 101 (1989), pp. 751-782; M. Sgarlata,
S. Giovanni a Siracusa, Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, Città del Vaticano 2004.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
293
Tuttavia, già lo stesso Giuseppe Agnello riteneva insufficiente la sola
differente costituzione della roccia a spiegare la complessità e la varietà delle forme sepolcrali, arrivando piuttosto a immaginare l’esistenza
di misure restrittive nei grandi cimiteri di comunità urbani rispetto agli
ipogei privati rurali, dove le esigenze e la disponibilità di spazio erano
sicuramente differenti e avrebbero permesso la realizzazione di strutture
architettoniche impegnative come i baldacchini59. Sembra difficile pensare, inoltre, ad una mancata conoscenza tecnica dei fossores urbani (basti
pensare alla prossimità con le necropoli di Priolo, Augusta o Canicattini
Bagni) oppure a diversi gusti culturali dei committenti delle élite rurali.
Più recentemente, è stato sostenuto anche che l’assenza di baldacchini nei
cimiteri urbani di Siracusa sia dovuta alla loro realizzazione in materiali
nobili, facilmente asportabili o deperibili, che la committenza rurale recepì traducendo però tali modelli in materiale lapideo più economico ma
anche più duraturo60. In attesa di chiari riscontri di carattere archeologico,
a sostegno di questa ipotesi va segnalata la presenza di una serie di incassi nel piano pavimentale dell’ipogeo delle Trabacche, che ha suggerito
l’esistenza di uno di quegli apprestamenti lignei ritenuti essere i possibili
prototipi dei teguria ricavati nella roccia61; ulteriore raffronto potrebbe
essere il caso dei baldacchini ciechi romani, dove è comune l’utilizzo di
materiale di recupero come colonne e lapidei62.
La presenza dei baldacchini all’interno delle necropoli iblee e la loro
dispersione nelle campagne tardoantiche e altomedievali costituiscono
degli elementi peculiari strettamente connessi ai corrispondenti abitati,
il cui numero di abitanti doveva essere in molti casi talmente esiguo da
ridurre tali insediamenti rurali a piccoli borghi o semplici fattorie, composti da una famiglia possidente dominante e da contadini con i loro più
stretti congiunti. In altre circostanze, invece, doveva trattarsi di veri e
propri villaggi con più gruppi predominanti e molteplici famiglie di agricoltori e allevatori (potrebbe essere il caso del grande villaggio “megalitico” di Roccari di S. Elania, da mettere in relazione con la necropoli
di Cozzo Guardiole63). La particolare configurazione socio-economica
degli abitati rurali della Sicilia sud-orientale64, unita alle caratteristiche
59
G. Agnello, Rilievi strutturali, cit., pp. 300-301.
M. Sgarlata, Il cristianesimo primitivo in Sicilia alla luce delle più recenti scoperte
archeologiche, in «Studi e Materiali di Storia delle Religioni» 64 (1998), pp. 290-291. Già
Joseph Führer aveva sostenuto che le strutture a baldacchino e le forme sepolcrali similari sono
inconcepibili senza una decorazione, soprattutto pittorica, che le rende ricercate e compiute in
ogni loro parte (J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen, cit., p. 283).
61
G. Terranova, L’ipogeo funerario, cit., p. 112.
62
Cfr. bibliografia alle nn. 42-43.
63
P. Orsi, Canicattini Bagni. Gruppi cemeteriali, cit., pp. 425-427.
64
Per un inquadramento generale cfr. L. Cracco Ruggini, La Sicilia tra Roma e Bisanzio,
in R. Romeo (ed.), Storia della Sicilia, vol. 3, Società editrice Storia di Napoli e della Sicilia,
Napoli 1980, pp. 3-96; M. Mazza, La Sicilia fra Tardo-antico e Altomedioevo, in C.D. Fonseca
60
294
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
geomorfologiche del paesaggio ibleo, comportò la realizzazione di piccoli sepolcri in grotta, all’interno dei quali il tegurium era riservato al
capo famiglia, mentre le tombe ad arcosolio e le fosse terragne dovevano
essere destinate ai familiari e ai dipendenti, uniti nella vita e nella morte
dallo spirito cristiano. Per gli ipogei con più baldacchini al loro interno,
invece, si può ipotizzare che tali sepolcri appartenessero ai membri delle
famiglie proprietarie dei terreni, attorniate dalle tombe destinate a tutti gli
altri componenti della comunità.
Gli individui appartenenti a queste élite rurali sono stati definiti da
Francesco Paolo Rizzo, sulla base soprattutto della documentazione epigrafica, «cristiani, generalmente medio-benestanti e parlanti greco, che
nel trend della vita quotidiana di iv, v e talora vi secolo, contribuivano a
determinare la nuova fisionomia religiosa – oltre che sociale – di questa
pars dell’Isola»65. Si tratta di un ambito culturale di confine tra Ebraismo e
Cristianesimo, nel quale doveva essere forte l’influenza delle superstizioni
pagane e delle inquietudini ed eresie provenienti dal Mediterraneo orientale: questo fenomeno è attestato soprattutto dalle cospicue testimonianze
archeologiche di stampo magico o esoterico (iscrizioni contenenti invocazioni a Cristo, agli angeli e a divinità pagane, lucerne, epitaffi e amuleti
con complesse raffigurazioni simboliche) provenienti da numerose località dell’altopiano ibleo le quali, sempre secondo Rizzo, dovevano essere
«meno esposte della città al controllo dell’autorità costituita»66. Allo stato
attuale delle conoscenze, tuttavia, è molto difficile operare una distinzione
netta tra questi gruppi di estrazione sociale, culturale e religiosa differente.
(ed.), La Sicilia rupestre nel contesto delle civiltà del Mediterraneo, Congedo, Galatina 1986,
pp. 43-84; G. Bejor, Gli insediamenti della Sicilia romana: distribuzione, tipologie e sviluppo
da un primo inventario dei dati archeologici, in A. Giardina (ed.), Società romana e impero
tardoantico. Le merci, gli insediamenti, vol. 3, Laterza, Roma - Bari 1986, pp. 463-519; R.J.A.
Wilson, Settlement Patterns in South-East Sicily in Roman and Late Roman Times, in F.P. Rizzo (ed.), di abitato in abitato. In itinere fra le più antiche testimonianze cristiane degli Iblei,
Istituti editoriali e poligrafici internazionali, Pisa - Roma 2005, pp. 223-238.
65
F.P. Rizzo, Sicilia cristiana, cit., p. 140.
66
Ibi, p. 141. Cfr. G. Pugliese Carratelli, Epigrafi magiche cristiane della Sicilia Orientale, in «Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche
e filologiche» viii s., 8 (1953), pp. 181-189; G. Manganaro, Nuovi documenti magici della
Sicilia Orientale, in «Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Classe di Scienze morali, storiche e filologiche» viii s., 18 (1963), pp. 57-74; A. Guillou, La Sicilia bizantina. Un
bilancio delle ricerche attuali, in «Archivio Storico Siracusano» n.s. 4 (1975-1976), pp. 45-90;
L. Cracco Ruggini, La Sicilia tra Roma e Bisanzio, cit., pp. 5-6, 56-57; R. Greco, Pagani e
Cristiani a Siracusa tra il iii e il iv secolo d.C., Giorgio Bretschneider, Roma 1999, pp. 64-76;
V.G. Rizzone, Opus Christi edificabit, cit., pp. 44-46, con bibliografia. In Sicilia occidentale
sono noti solo due sepolcri con baldacchini, cioè la Grotta degli Archi di Favignana (vedi n.
36) e l’ipogeo di contrada Muratore a Castellana Sicula (PA) con una grande tomba trisoma
a baldacchino, di recente segnalata in R.M. Carra Bonacasa et al., Le aree funerarie tra isole
e terraferma: esempi dalla Sicilia e dalla Sardegna, in R. Martorelli - A. Piras - P.G. Spanu
(eds.), Isole e terraferma nel primo cristianesimo. Identità locale ed interscambi culturali,
religiosi e produttivi, pFts University Press, Cagliari 2015, pp. 144-145.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
295
7. Nobilitare e sacralizzare un luogo di culto in grotta: il baldacchino
rupestre di Petracca in territorio di Noto (sr)
La tomba rappresenta uno dei segni materiali più significativi della
cura e del rispetto che ogni società umana mostra nei confronti dei propri
defunti. Secondo credenze ancestrali divenute forme fideistiche, il sepolcro in grotta o ipogeico sembra simboleggiare il ritorno alla “Madre Terra”. Nella fisionomia e nella decorazione di questi luoghi sacri il credente
manifesta la propria consapevolezza della realizzazione, per loro tramite,
del passaggio dal mondo terreno a quello del trascendente67.
Come abbiamo già sottolineato in precedenza, sono sufficienti quattro pilastri posti agli angoli per nobilitare una tomba all’interno di una
grotta. Questo espediente scenografico, che mette in evidenza un sepolcro rispetto agli altri, oltrepassa e supera sia la fede cristiana, in quanto
anche gli Ebrei hanno adottato le stesse soluzioni architettoniche e visioni
simboliche ad esse sottese, sia i confini isolani, per approdare nella vicina
Malta. Le influenze provenienti dall’esterno e le affinità con l’ambiente siciliano – determinate soprattutto dalla comune conformazione geomorfologica – hanno impregnato la cultura locale maltese, che affonda le
proprie radici nel retaggio punico, cristallizzandosi in forme e tradizioni
funerarie a volte del tutto peculiari68.
Sempre nelle campagne della Sicilia sud-orientale tardoantica e altomedievale, i quattro pilastri angolari vennero impiegati nei luoghi di culto
sotterranei o all’interno delle grotte per delimitare le vasche destinate ai
riti battesimali. Aldo Messina ha posto particolare attenzione sulla presenza e sul significato simbolico del tegurium scavato nella roccia, tanto
in ambienti funerari che in contesti di carattere cultuale dell’area iblea69:
si tratta di un esiguo numero di siti rupestri ove è stato ipotizzato l’uso
di fonti battesimali inseriti in cibori realizzati nella nuda roccia, a somiglianza di quelli costruiti in pietra.
67
Cfr. R.D. Whitehouse, Underground Religion. Cult and Culture in Prehistoric Italy, Accordia Research Centre, London 1992; K.A. Bergsvik - R. Skeates, Caves in Context: an Introduction, in Idd. (eds.), Caves in Context: The Cultural Significance of Caves and Rockshelters
in Europe, Oxbow Books, Oxford 2012, pp. 1-9.
68
Cfr. B. Bruno, L’arcipelago maltese in età romana e bizantina, Edipuglia, Bari 2004;
C. Colafemmina, Ipogei ebraici in Sicilia, in Italia Judaica. Gli Ebrei in Sicilia sino all’espulsione del 1492, Ministero per i Beni Culturali e Ambientali, Roma 1995, pp. 304-329; V.G.
Rizzone - A.M. Sammito, Ebrei e non ebrei in Sicilia e a Malta nella tarda antichità: il punto
di vista delle necropoli, in A. Musco - G. Musotto (eds.), Coexistence and Cooperation in the
Middle Ages, Officina di Studi Medievali, Palermo 2014, pp. 1259-1278; V.G. Rizzone, La
cristianizzazione dell’arcipelago maltese alla luce delle indagini sulle pratiche funerarie, in E.
Piazza (ed.), Quis est qui ligno pugnat? Missionari ed evangelizzazione nell’Europa tardoantica e medievale (secc. iv-xiii), Alteritas, Verona 2016, pp. 7-25.
69
A. Messina, Battisteri rupestri, cit., p. 14.
296
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Per quanto riguarda la basilica rupestre di Palazzo Platamone a Rosolini, la cui datazione oscilla tra il v-vii secolo d.C. e l’età normanna, i più
recenti studi vedono in questa complessa escavazione una chiesa battesimale, che doveva essere inserita in un centro abitato di particolare importanza demografica, e nel synthronon individuato nell’abside la presenza,
sia pure saltuaria, di un chorepiscopus70. I pochi resti del ciborio conservati, tuttavia, lasciano ancora aperta la questione della funzione originaria
dell’ipogeo, se si trattasse cioè di una tomba a baldacchino venerata, che
fu mantenuta per scopi devozionali con la realizzazione dell’edificio di
culto, oppure del fonte battesimale con piscina circolare sormontata da
un ciborium a cupola. Analoga funzione battesimale doveva aver avuto
anche il piccolo ambiente, che conserva tracce della voltina a vela di un
tegurio e dalla cui abside sgorga una sorgente, collegato con la basilica
rupestre di S. Marco in territorio di Noto71. Il grande complesso religioso
di S. Marco è oggi quasi completamente devastato a causa di antichi terremoti e dell’incuria dell’uomo e, anche in questo caso, viene inquadrato
cronologicamente tra il vi secolo d.C. e il periodo normanno72. In origine
doveva ospitare nel livello superiore le abitazioni monastiche e in quello
inferiore una basilica monoabsidata a tre navate, un nartece e il battistero
absidato. Nel nartece e nelle sue immediate adiacenze ebbe sviluppo un
cimitero, di cui sono ancora visibili i resti di alcune sepolture ad arcosolio. Il cenobio non sorge completamente isolato ma è circondato da una
serie di escavazioni artificiali, collegate tra di loro da percorsi ricavati
nella roccia, disposte sullo stesso filare lungo la cava Putrisino73. In questa sede ci limiteremo ad analizzare più in dettaglio la Grotta dei Santi o
della Madonna di contrada Petracca in territorio di Noto.
La Grotta dei Santi di Petracca è un piccolo ipogeo che custodisce,
al centro, un tegurium con quattro pilastri angolari che sostengono il soffitto e racchiudono con un basso “muretto” un quadrato in cui era la vasca
battesimale (fig. 6); tre gradini interni, su altrettanti lati, permettono di superare l’altezza del parapetto e scendere nella vasca. I “muretti” più sottili
70
F. Tomasello, Una testimonianza di cristianizzazione orientata, in F. Buscemi - F. Tomasello (eds.), Paesaggi archeologici della Sicilia sud-orientale. Il paesaggio di Rosolini, Officina di Studi Medievali, Palermo 2008, pp. 115-138. Per una cronologia più avanzata cfr. A.
Messina, Le chiese rupestri del Val di Noto, Istituto Siciliano di Studi Bizantini e Neoellenici,
Palermo 1994, pp. 20-22.
71
Cfr. A. Messina, Battisteri rupestri, cit., pp. 7-9; F. Tomasello, Una testimonianza di
cristianizzazione, cit., p. 123.
72
Cfr. A. Messina, Le chiese rupestri del Siracusano, cit., pp. 126-132; Id., Le chiese
rupestri del Val di Noto, cit., pp. 20-21; S. Giglio, La cultura rupestre di età storica in Sicilia
e a Malta. I luoghi del culto, Edizioni Lussografica, Caltanissetta 2002, pp. 23-28; Id., Sicilia
bizantina. L’architettura religiosa in Sicilia dalla tarda antichità all’anno mille, Bonanno, Acireale - Roma 2003, pp. 41-46.
73
Cfr. C. Nastasi et al., Censimento degli insediamenti rupestri del bacino del fiume Cassibile, in «Speleologia Iblea» 15 (2014), p. 153.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
297
rispetto allo spessore dei pilastri caratterizzano questa struttura architettonica74, differenziandola nettamente dalle tradizionali tombe a baldacchino
che hanno sempre i “muretti” più o meno dello stesso spessore dei pilastri
posti agli angoli. La presenza di tre nicchie laterali ad arcosolio prive di
tracce di fosse per deposizione75 e, soprattutto, il baldacchino centrale avevano fatto pensare a Giuseppe Agnello ad un complesso funerario monumentale appartenuto ad un personaggio illustre, forse un monaco o eremita
santificato, solo in un secondo momento trasformato in modesto luogo di
culto interamente affrescato76. I successivi studi hanno dimostrato invece
che la struttura quadrangolare che si trova al centro, scavata sul pavimento, è inequivocabilmente una vasca battesimale con ciborio77.
È molto plausibile, quindi, che la cripta di Petracca, dalla pianta sommariamente quadrata, tetto piano e con due accessi contrapposti (uno dei
quali da lungo tempo ostruito), sia stata in origine un battistero dotato di
vasca per il rito dell’immersione78 (fig. 7.1). Gli arcosoli sulle pareti laterali – che recano tracce di stucco bianco e due piccoli gradini alle testate –
non erano destinati a tenere sollevata la cassa mortuaria79, bensì dovevano
verosimilmente accogliere i monili, le vesti e i recipienti per il crisma e le
bevande (latte e miele) legati all’antica liturgia battesimale. Si accedeva al
battistero sotterraneo tramite una stretta rampa laterale a gradini in leggera
pendenza, che immetteva in un modesto vestibolo rettangolare dotato di
una volta presumibilmente a botte, oggi quasi del tutto crollata ma costituita in origine da grandi conci calcarei. Nello stipite destro della porta
d’ingresso ad arco ribassato (attualmente nascosta del tutto dalle macerie)
è intagliata una piccola croce greca e si trova una nicchietta rettangolare,
che secondo Orsi «poteva servire per mettere un vasetto con l’acqua lustrale, che i fedeli usavano prima di entrare nella chiesetta»80. Un secondo
ingresso, alto fino al soffitto e completamente intasato da pietre e terriccio,
si trova nel lato opposto, cioè in fondo sul lato sud-orientale dell’ipogeo,
e probabilmente doveva servire per mettere in collegamento il battistero
74
Il setto roccioso, nelle parti conservate, ha una lunghezza di 1,38-1,68 m e spessore di
15-25 cm. I pilastri angolari, invece, presentano complessivamente altezza di 1,10-1,27 m e
forma grossomodo quadrata con lato di 46-65 cm.
75
Queste nicchie ad arcosolio misurano 70-78 cm di altezza massima, 1,22 m di lunghezza
e 40-60 cm di profondità.
76
G. Agnello, L’architettura bizantina in Sicilia, La Nuova Italia, Firenze 1952, pp. 215217.
77
Cfr. A. Messina, Battisteri rupestri, cit., pp. 9-11; S. Giglio, La cultura rupestre, cit., pp.
68-70; Id., Sicilia bizantina, cit., pp. 222-223.
78
La vasca battesimale ha forma quadrata (2,48 m circa di lato) e altezza 1,40 m dal bordo
superiore del “muretto” al fondo del recipiente.
79
Ipotesi avanzata in P. Orsi, Taccuino n. 102 (28 giugno 1921), pubblicato in G. Agnello,
Nuove indagini sui santuari rupestri della Sicilia, in «Byzantino-Sicula» 2 (1975), pp. 1-9: p. 3.
80
Ibi, p. 4.
298
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
ad una chiesa esterna in muratura81, situata nel pianoro soprastante, cui si
potrebbero attribuire i numerosi antichi conci sbozzati disseminati in tutta
l’area circostante o riutilizzati nella vicina masseria.
Lo studio approfondito dell’originaria destinazione d’uso dei vari
ambienti e le loro trasformazioni successive, l’identificazione del tragitto
dei cortei dei catecumeni e del clero durante le cerimonie liturgiche82,
l’analisi dei significati simbolici – «tutti intesi a celebrare la redenzione dell’uomo dal peccato originale»83 – dei numerosi elementi di questo
complesso architettonico rupestre saranno possibili, come già auspicato
da Orsi e da Agnello, soltanto dopo lo sgombero totale dei cumuli di
pietre e di terra che obliterano tutto il lato nord del sito, il vestibolo e
gli ingressi. Sarebbe necessario verificare, ad esempio, l’esistenza di una
parete absidata sul lato nord-orientale, che secondo Orsi doveva essere
una cisterna preesistente all’ipogeo e che in epoca bassomedievale venne
interamente affrescata84. Accanto ad essa un tunnel alto più di 2 m e largo
32 cm circa, scavato molto grossolanamente, penetra nella massa rocciosa in direzione est con una forte pendenza. Di fondamentale importanza,
a tal riguardo, è il problema dell’adduzione e dello scarico delle acque. In
corrispondenza del lato occidentale della vasca battesimale, all’esterno di
essa, si trova una piccola vaschetta rettangolare, al momento ricolma di
terra (27x37 cm, altezza non determinabile), che forse era destinata alla
raccolta e alla decantazione dell’acqua e si connetteva, tramite una canaletta, direttamente con la piscina centrale, all’interno della quale è visibile
un foro di 18 cm di diametro; un secondo foro, di pari diametro, si trova
presso l’angolo nord-orientale e potrebbe essere messo in relazione con il
tunnel sotterraneo che si trova nella medesima direzione85.
Il battistero rupestre di Petracca non sorge isolato in campagna, in
quanto a circa 500-600 m di distanza da esso si trova una necropoli composta da tombe a fossa e ad arcosolio sub divo e da alcuni piccoli ipogei
funerari riadattati in stalle. Questo elemento fa supporre che la contrada Petracca – al pari della limitrofa Stallaini86 – fosse ben frequentata
soprattutto tra il iv e il vi secolo, epoca alla quale sembrano rimandare non solo le architetture sepolcrali, la tecnica costruttiva in blocchi
81
S. Giglio, La cultura rupestre, cit., p. 70; Id., Sicilia bizantina, cit., p. 223.
Cfr. il percorso circolare, legato ai vari momenti dei riti catecumenali, ricostruito per la
basilica di Rosolini in F. Tomasello, Una testimonianza di cristianizzazione, cit., p. 125.
83
P. Testini, Archeologia Cristiana, cit., p. 620.
84
Di questi affreschi si conservano solo sparute tracce.
85
Un attento esame dell’angolo nord-occidentale dell’ipogeo ha rivelato la presenza di
un secondo tunnel scavato nella roccia, non raggiungibile a causa dei crolli di massi e detriti.
Sarebbe auspicabile accertare l’esistenza di un collegamento con la sorgente naturale ubicata
esattamente a 1,2 km a nord-ovest del battistero rupestre oppure con altre vicine aree sorgive
lungo il fiume Manghisi (rif. cartografico: I.G.M. 1.25.000, F. 277, iv, N.O. “Noto Antica”).
86
S.A. Cugno, Paesaggi rurali, cit., p. 377.
82
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
299
“megalitici”87, i numerosi frammenti di tegole e coppi sparsi nei pressi
della cripta, ma anche la stessa tipologia di battistero e di vasca per il rito
battesimale per immersione88. L’affresco della Vergine con il Bambino
sulla parete orientale (realizzato sopra la parte inferiore di una grande
croce latina graffita) e i pannelli affrescati con figure di santi sui pilastri
del ciborio (di cui restano oggi solo miseri frustuli) possono invece essere relativi ad una tarda utilizzazione medievale come oratorio eremitico.
Questo affresco, che Paolo Orsi considerava non anteriore al xv secolo,
trova numerosi e puntuali confronti, ad esempio, con i resti conservatisi
presso la Grotta dei Santi di contrada Pianette o la Grotta di S. Anna a
Ferla; allo stesso periodo si possono attribuire anche alcuni frammenti
di maiolica bianco-azzurra e di invetriata monocroma verde sparsi in
superficie dentro e fuori l’ipogeo89.
Nei contesti funerari iblei in grotta la tomba a baldacchino ha i pilastrini uniti sia alle arcate sia alle guance dei sarcofagi, anch’essi risparmiati
in roccia, e tale soluzione rivestiva una funzione statica di supporto per
l’ampio soffitto piano dell’ambiente ipogeo e, allo stesso tempo, serviva
per monumentalizzare il sepolcro. Il tegurio quadrilatero isolato presente
in alcuni contesti battesimali iblei (Palazzo Platamone, S. Marco), invece,
mostra le quattro arcate che inquadrano una voltina generalmente a vela,
sostenute da pilastrini angolari che delimitano la vasca per le immersioni
sacramentali. Francesco Tomasello ha osservato che tale dispositivo sembra trovare i più significativi confronti nell’Africa del Nord tra il iv ed
il vi secolo d.C. (fig. 7.2): l’apprestamento battesimale con catechumeneum della grande basilica a tre navate di Hippona, quello della basilica
di Skhira, il battistero B del complesso basilicale di Sabratha, il battistero
della cattedrale di Cirene, la basilica nord di Timgad ecc.90 Secondo Aldo
Messina, invece, lo spazio quadrato dei battisteri iblei richiama alla memoria i battisteri a pianta quadrata e rettangolare absidata e i martyria, le
chiese iscritte in un quadrato assurte a modello architettonico delle chiese
diffuse in tutto l’Oriente, soprattutto nel periodo mediobizantino91. Que-
87
Cfr. A. Messina - G. Di Stefano, I villaggi bizantini degli Iblei (Sicilia), in S. Gelichi
(ed.), Atti del i Congresso Nazionale di Archeologia Medievale (Pisa, 29-31 maggio 1997),
All’Insegna del Giglio, Firenze 1997, pp. 116-119.
88
Cfr. M. Falla Castelfranchi, L’edificio battesimale in Italia nel periodo paleocristiano,
in L’edificio battesimale in Italia. Aspetti e problemi, vol. 1, Istituto internazionale di studi
liguri, Bordighera 2001, pp. 267-302, con bibliografia; A. Chavarría Arnau, Archeologia delle
Chiese dalle origini all’anno Mille, Carocci, Roma 2009, pp. 75-81.
89
Per una analisi più dettagliata del complesso ipogeico e degli affreschi rupestri di Petracca si rimanda a S.A. Cugno, dinamiche insediative nel territorio di Canicattini Bagni e nel
bacino di alimentazione del torrente Cavadonna (Siracusa) tra Antichità e Medioevo, British
Archaeological Reports - International Series 2802, Oxford 2016, pp. 87-89, 118-121.
90
F. Tomasello, Una testimonianza di cristianizzazione, cit., p. 122, con bibliografia.
91
A. Messina, Battisteri rupestri, cit., p. 13, con bibliografia.
300
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
sti caratteri, tuttavia, sono attestati anche nella cattedrale di Egnazia in
Puglia92, ove il battistero, datato agli inizi del v secolo, mostra una serie
di conci atti a sorreggere, sopra i pilastri angolari, una cupola centrale.
Ancora in Puglia, a Belmonte presso Altamura (ba), scavi eseguiti nel
1964 hanno portato alla luce un battistero paleocristiano della medesima
tipologia cui appartiene l’ipogeo di Petracca93.
8. Considerazioni conclusive
Come anticamera misteriosa di un mondo sotterraneo e sconosciuto, la grotta è da sempre sede ideale di molteplici culti, miti e leggende,
è stata considerata l’archetipo dell’utero materno e per i primi Cristiani
rappresentò un luogo ricco di significati e di simbologie, dagli Inferi (al
pari della grotta cosmica del Mitraismo) alla rinascita dalla morte in Cristo94. I baldacchini scavati nella roccia, all’interno di ipogei sepolcrali
e di luoghi di culto in grotta, rappresentano una delle testimonianze archeologiche più significative degli insediamenti rurali siciliani di epoca
tardoantica e altomedievale.
Nelle chiese paleocristiane il ciborio o baldacchino era una struttura architettonica – caratterizzata da quattro sostegni, in genere colonne,
raccordati da archi o architravi sorreggenti una copertura a piramide o
con una piccola volta e cupoletta – destinata a proteggere, isolare ed
enfatizzare l’altare. Sulla sua origine sono state formulate molteplici
ipotesi: accanto a quella della derivazione orientale e pagana (le edicole-baldacchino impiegate sia per accogliere statue oggetto di culto che
come copertura di sepolcri e are oppure per la celebrazione di particolari
rituali e liturgie), è stato individuato come possibile prototipo anche il
tabernacolo ebraico o tenda dell’arca dell’alleanza, che Dio ordinò di
costruire a Mosè (Es 26), con funzione di protezione dalle intemperie
e di occultamento della personalità regale e sacra dalla vista dei profani. Altre ipotesi considerano il baldacchino una creazione originale
cristiana, finalizzata esclusivamente all’altare e alla presenza in esso del
sepolcro di un martire o delle sue reliquie, oppure di diretta derivazione
92
Cfr. R. Moreno Cassano, Architetture paleocristiane di Egnazia, in Puglia paleocristiana, vol. 3, Edipuglia, Bari 1979, pp. 185-238; R. Rotondo, La Puglia tra tardoantico e
altomedioevo. L’architettura, in F. Abbate (ed.), Arte in Puglia dal Medioevo al Settecento. Il
Medioevo, De Luca Editori d’arte, Roma 2010, pp. 32-34, con bibliografia.
93
R. Iorio, Presenze bizantino-longobarde a Belmonte, in «Altamura» 19-20 (1977-78),
pp. 47-136; D. Ciminale et al., Nuove ricerche archeologiche nell’insediamento altomedievale
di Belmonte (Altamura), in «Taras» 14 (1994), pp. 339-440.
94
S. Piazza, La cavità rupestre come luogo di culto: immaginario e realtà, in Id., Pittura
rupestre medievale. Lazio e Campania settentrionale (secoli vi-xiii), École Française de Rome,
Rome 2006, pp. 11-38.
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
301
dagli arcosoli funerari romani, da cui trarre l’idea della rappresentazione
convenzionale della volta celeste95.
Secondo Francesco Marcattili,
«è proprio la funzionalità primaria in rapporto al banchetto eucaristico, del resto,
che sembra distinguere il ciborio dal baldacchino, quest’ultimo derivato dal kloubion imperiale tardo-antico e, in ultima analisi, da quei tetrastyla romani che [...]
avevano la “sola” finalità di proteggere, magnificare e sacralizzare i simulacri
dedicati all’interno, in particolare le statue di eroi – dunque di uomini divenuti
divi – come Ercole, i Castori, ma altresì come gli imperatori»96.
Nelle basiliche martiriali, a partire dalla sistemazione costantiniana dell’edicola-tomba di Pietro in Vaticano97, trova ampia diffusione il
sarcofago con le reliquie posto al di sotto dell’altare e sovrastato da un
baldacchino-ciborio. Nel presbyterium del martyrium petrino, sempre secondo Marcattili,
«non solo troviamo confermata, come nei precedenti pagani, la relazione tra un
tetrastilo ed una mensa destinata in questo caso al sacrificio/banchetto dell’Eucarestia, ma la presenza della tomba del martire, dunque del suo corpo mortale,
celebrato in giorni commemorativi precisi, dà conto anche di quella tradizione
95
Cfr. H. Leclercq, s.v. “Cyborium”, in dictionnaire d’archéologie chrétienne et de liturgie, vol. 3.2, Letouzey, Paris 1914, pp. 1588-1612; C. Cecchelli - G. Matthiae, s.v. “Ciborio”, in
Enciclopedia dell’Arte Antica, Classica e Orientale, vol. 2, Istituto della Enciclopedia Italiana,
Roma 1959, pp. 577-579; A.M. D’Achille, s.v. “Ciborio”, in Enciclopedia dell’Arte Medievale,
vol. 4, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1993, pp. 718-735; F. Marcattili, Tetrastyla.
Ipotesi sull’origine del ciborio d’altare, in «Rivista di Archeologia Cristiana» 87-88 (2011-12),
pp. 147-173.
96
F. Marcattili, Tetrastyla. Ipotesi sull’origine, cit., pp. 162-163. In letteratura i due termini “ciborio” e “baldacchino” sono frequentemente utilizzati come sinonimi e spesso non è
facile operare una distinzione netta: cfr. A.M. D’Achille, s.v. “Baldacchino”, in Enciclopedia
dell’Arte Medievale, vol. 3, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma 1992, pp. 29-36, secondo
il quale i cibori sono caratterizzati da una maggiore solidità rispetto ai baldacchini, che erano al
contrario, almeno in origine, strutture mobili, o comunque più leggere, realizzate con materiali
deteriorabili come la stoffa, il legno oppure l’argento.
97
Il più antico ciborio di cui si ha notizia nelle fonti scritte è quello della Basilica Lateranense, eretto secondo il Liber Pontificalis (Vita Silvestri, vol. 1, p. 172 Duchesne) per munificenza dell’imperatore Costantino. In realtà, molto probabilmente, il fastigium descritto dalla
fonte romana potrebbe aver avuto l’aspetto di un’architettura trionfale, composta da un frontone che racchiudeva un arco su colonne. Nell’abside della basilica di S. Pietro in Vaticano, la
tomba del martire era esaltata da una sorta di baldacchino, costituito da colonne tortili decorate
da tralci di viti e amorini e coronate da due leggeri archi incrociati. Cfr. S. De Blaauw, Cultus
et decor. Liturgia e architettura nella Roma tardoantica e medievale, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Città del Vaticano 1994; F. Guidobaldi, I cyboria d’altare a Roma fino al ix secolo,
in S. De Blaauw (ed.), Arredi di culto e disposizioni liturgiche a Roma da Costantino a Sisto
iv, Nederlands Instituut te Rome, Rome 2001, pp. 81-99; H. Brandenbug, Le prime chiese di
Roma, iv-vii secolo. L’inizio dell’architettura ecclesiastica occidentale, Jaca Book, Milano
2004; P. Liverani, Roma, il Laterano e San Pietro, in G. Sena Chiesa (ed.), Costantino 313 d.C.
L’editto di Milano e il tempo della tolleranza, Mondadori Electa, Milano 2013, pp. 90-93, con
bibliografia precedente.
302
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
secolare che [...] collegava con costanza il tipo del tetrastylum (greco prima e
romano poi) agli heroa, quindi al culto eroico ed al correlato pasto»98.
La funzione pratica e il significato simbolico del baldacchino-ciborio,
infine, vennero efficacemente impiegati anche per la copertura del fonte
battesimale. Molte vasche battesimali vennero dotate di teguria non dissimili da quelli degli altari, come nel caso di Dura Europos, simile ad un arcosolio99, oppure nei battisteri africani di Djemila e di Henchir Deheb100.
La teologia cristiana, del resto, sin dagli esordi ha sviluppato il legame
battesimo-morte e battistero-sepolcro: ad esempio S. Paolo, nella lettera
ai Romani (6, 3-11) e in quella ai Colossesi (2, 12), associa il rito battesimale alla morte di Cristo e allude, nella i epistola ai Corinzi (15, 1-34),
alla pratica diffusa fra i primi Cristiani di farsi battezzare per i morti; S.
Ambrogio arriva all’identificazione del fonte battesimale con il sepolcro
(de Sacramentis 2, 6, 19) mentre per Origene il sangue dei martiri era un
battesimo rigeneratore (Exhort. ad martyrium 15).
Nella forma del baldacchino si suole vedere un richiamo simbolico e
un’allegoria della visione cosmica della volta celeste (Is 4,5: «La gloria
del Signore sarà come un baldacchino») sostenuta, secondo le antiche tradizioni cristiane, da quattro colonne, cioè i quattro evangelisti. All’interno
del quadrato di base del ciborio, raffigurazione della Terra, viene ospitato
l’altare ove si celebra la liturgia dell’Eucarestia quale fase preparatoria
all’ingresso dell’anima in cielo, luogo del Paradiso e della vita eterna;
nei contesti funerari, invece, viene custodita la tomba con il defunto che
rivolge lo sguardo verso l’alto mediante i pilastri, vere e proprie allegorie
di scale (“assi cosmici”) che conducono al cielo e al Paradiso (il tetto del
baldacchino), mentre in quelli battesimali il tegurium è la metafora della
volta celeste da cui scende la grazia sul rinato in Cristo101.
98
F. Marcattili, Tetrastyla. Ipotesi sull’origine, cit., pp. 165-166.
Cfr. C.H. Kraeling, The Excavations at dura-Europos. Final Report 8.2. The Christian
Building, Yale University Press, New Haven 1967.
100
Cfr. N. Duval, /HV pJOLVH G¶+DȧGUD UHFKHUFKp, in «Comptes rendus des séances de
l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres» (1969), pp. 409-436; J. Lassus, Les baptistères
africains, in Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina, vol. 17, Università degli Studi
di Bologna - Istituto di antichità ravennati e bizantine (Ravenna), Ravenna 1970, pp. 235252; P.A. Février, Baptistères, martyrs et reliques, in La Méditerranée de Paul-Albert Février
(recueil d’articles), École Française de Rome, Rome 1996, pp. 279-287. Per un quadro generale cfr. R.M. Jensen, Living Water. Images, Symbols, and Settings of Early Christian Baptism,
Brill, Leiden 2011, pp. 224-230; D. Morfino, Le strutture battesimali nell’Africa romana. iv-vi
secolo, in R.M. Bonacasa Carra (ed.), Il primo Cristianesimo nell’Africa romana e in Sicilia.
Quattro note, C. Saladino, Palermo 2011, pp. 11-98.
101
Cfr. A Quacquarelli, L’ogdoade patristica e i suoi riflessi nella liturgia e sui monumenti, Adriatica, Bari 1973, p. 71; M. Zibawi, L’arte tra ultima antichità e Bisanzio, in M.A.
Crippa - M. Zibawi, L’arte paleocristiana. Visione e spazio dalle origini a Bisanzio, Jaca Book,
Milano 1998, p. 267.
99
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
303
Questa complessa serie di funzioni e di significati venne traslata
ed applicata alle tombe comuni delle necropoli rurali della Sicilia sudorientale, dove il modello del sepolcro monumentale a baldacchino conosce ampia diffusione tra il iv e il vi secolo, estendendosi capillarmente
dall’immediato suburbio siracusano a tutto l’altopiano ibleo e a Malta.
Il valore tutelare e allegorico, onorifico e decorativo del baldacchino,
impiegato nelle tombe di riguardo solitamente collocate al centro delle
camere ipogeiche, sembra affermare quasi con tranquilla sicurezza che
colui che giace nei reliquiari, ben lungi dall’essere tornato alla materia,
è teso più che mai all’ambita meta ultraterrena, in quanto – come recita
il Prefazio della messa dei defunti della Chiesa cattolica – «la vita non
viene tolta, ma trasformata». La stessa soluzione architettonica utilizzata
in ambito funerario viene adoperata anche nella copertura delle vasche
battesimali dei battisteri rupestri, poiché «con il rito del battesimo il neofito muore al peccato e rinasce in Cristo»102.
Le ipotesi e le considerazioni di carattere generale espresse in questa
sede – a partire dagli specifici casi studio presi in considerazione – sulla
tipologia e la ricorrenza delle tombe a baldacchino all’interno degli ipogei paleocristiani iblei, le consonanze strutturali e formali con i cibori
dei battisteri rupestri e le molteplici simbologie ad essi sottese sembrano
confermare, in attesa di future indagini più mirate ed esaustive, da un lato
la complessità sociale, economica e culturale delle comunità rurali tardoantiche e altomedievali dell’area iblea, di cui i baldacchini restituiscono
una efficace e preziosa rappresentazione materiale, dall’altro la stretta
e profonda connessione fra elemento acquatico purificatore, sarcofago
sepolcrale e fonte battesimale, già ampiamente documentata dalle coeve
fonti letterarie ed epigrafiche103.
102
V.G. Rizzone - A.M. Sammito, Modica ed il suo territorio, cit., p. 129.
L’esaltazione della morte e della resurrezione in Cristo, che trovava la massima espressione nel calendario pasquale e nella liturgia del battesimo amministrato proprio durante la
notte della Pasqua, emerge anche dalle due iscrizioni dipinte sulle pareti delle c.d. Tomba della
speranza e Tomba della vita, rinvenute nel 2002 a Lilibeo, sede del vescovo Pascasino, e attribuite al vi secolo. Cfr. R.M. Bonacasa Carra, Lo spazio cristiano negli insediamenti della
Sicilia bizantina, tra continuità e innovazioni. Alcuni spunti di riflessione, in M. Congiu et al.
(eds.), La Sicilia bizantina. Storia, città e territorio, Salvatore Sciascia, Caltanissetta - Roma
2010, p. 59.
103
304
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Fig. 1. Carta di distribuzione delle principali necropoli tardoantiche di Sicilia e Malta con
tombe a baldacchino (elaborazione di S.A. Cugno e F. Dell’Aquila).
Fig. 2. Tomba a baldacchino del presbitero dionysios presso la necropoli di S. Martino a Ferla
(foto D. Barucco).
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
305
Fig. 3. Ipogeo principale della necropoli di S. Martino di Ferla: a) evoluzione di scavo;
b) pianta completa (rielaborazione F. Dell’Aquila da J. Führer - V. Schultze, die altchristlichen,FLW¿J
Fig. 4. Pianta ipogeo maggiore della necropoli di
Cozzo Guardiole (rielaborazione F. Dell’Aquila da
J. Führer - V. Schultze, die
altchristlichen,FLW¿J
306
santinO alessandrO cugnO - FrancO dell’aquila
Fig. 5. Schema dell’evoluzione tipologica delle tombe monumentali a baldacchino (disegni F. Dell’Aquila).
Fig. 6. Baldacchino rupestre della Grotta della Madonna o dei Santi di contrada Petracca
(foto D. Barucco).
OsservaziOni sui baldacchini rupestri dell’altOpianO ibleO
307
Fig. 7. La Grotta dei Santi di contrada Petracca: 1. Planimetria del battistero rupestre
secondo Paolo Orsi (da G. Agnello, Nuove indaginiFLW¿J HGDLQGDJLQLUHFHQWL GD
C. Nastasi et al., Censimento FLW ¿J 9DVFKH EDWWHVLPDOL SDOHRFULVWLDQH GL HWj
tardoantica e altomedievale (rielaborazione F. Dell’Aquila).
413
Sommario
Sommario
TeSSa Canella, Prefazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
arduino maiuri, Introduzione. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
Metodologia
Carmine PiSano, La categoria di “grotta sacra” tra testi classici e stoULRJUD¿DPRGHUQD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
27
Preistoria
alberTo Cazzella - aleSSandro Guidi, $VSHWWL VLPEROLFL FRQQHVVL
FRQOHJURWWHQHOO¶,WDOLDFHQWURPHULGLRQDOHGDO1HROLWLFRDOODSULPDHWj
del ferro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
47
*UHFLDH5RPD
Gérard CaPdeville, Caverne cretesi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
67
luiGi araTa, A proposito dell’antro Zerinzio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
98
aleSSandro CoSCia, /¶DQWURVRWWRWHUUD&DWDEDVLHULWLGLLPPRUWDOL]]D
zione da Pitagora ad Aristea di Proconneso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
127
marCo duiChin, ,O VRQQR GL (SLPHQLGH /D FDYHUQD OR VFRUUHUH VR
SUDQQDWXUDOHGHOWHPSRHLOYLDJJLRVFLDPDQLFRQHOO¶DOGLOj. . . . . . . . . . . . . . . . . . .
173
Clara di Fazio, *LXQRQHOHYHUJLQLHO¶DQWURGHOVHUSHQWH . . . . . . . . . . . . . . . . . .
215
iSrael CamPoS méndez, Architettura e religione. Il mithraeumFRPH
UDSSUHVHQWD]LRQHVLPEROLFDGHOODJURWWD . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
232
&ULVWLDQHVLPR
TeSSa Canella - laura Carnevale - daniela PaTTi, La grotta sacra
QHOFXOWRPLFDHOLFR'DOODWLSRORJLDJDUJDQLFDDOVDQWXDULRGLV0LFKHOH
al Monte Tancia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
247
414
Sommario
SanTino aleSSandro CuGno - FranCo dell’aquila, Alcune osVHUYD]LRQLVXLEDOGDFFKLQLUXSHVWULGHOO¶DOWRSLDQRLEOHR . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
275
FederiCo CaruSo - FederiCo lizzani - STeFano iaFraTe, Le grotte
pelopie e il culto di San Marciano a Siracusa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
308
GiorGia Grandi, Loci amoeniFUHDWXUHIDQWDVWLFKHHSDHVDJJLLQFRQWD
PLQDWL/HJURWWHQHOOHELRJUD¿HJHURQLPLDQHWUDUHDOWjHVWHUHRWLSR . . . . . . .
324
marianGela monaCa, 7HFODHODJURWWD8QDYLDGLDVFHVLDOIHPPLQLOH . .
355
GianroberTo SCarCia, Una grotta Circium versusGDWHUUDG¶,VODPD
terra cristiana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
373
CollaboraTori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
385
indiCe dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
393