rivista di
studi danteschi
periodico semestrale
direzione: Luca Azzetta, Massimiliano Corrado,
Enrico Malato, Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti,
Donato Pirovano, Andrea Tabarroni
direttore responsabile: Enrico Malato
redazione: Vittorio Celotto, Antonio Del Castello,
Gennaro Ferrante, Ciro Perna
ANNO XVII • 2017
SALERNO EDITRICE
ROMA
rivista di studi danteschi
sotto gli auspici della
« edizione nazionale dei commenti danteschi »
Direttori
Luca Azzetta, Massimiliano Corrado, Enrico Malato,
Andrea Mazzucchi, Maria Luisa Meneghetti, Donato Pirovano,
Andrea Tabarroni
Direttore responsabile
Enrico Malato
Comitato scientifico
Gian Carlo Alessio, Marco Ariani, Giancarlo Breschi, Corrado Calenda,
Theodore J. Cachey, Marco Grimaldi, Francesco Montuori,
Manlio Pastore Stocchi, Irène Rosier Catach
Redattori
Vittorio Celotto, Antonio Del Castello,
Gennaro Ferrante, Ciro Perna
i saggi pubblicati nella rivista sono vagliati e approvati
da specialisti del settore esterni alla direzione
e al comitato scientifico (Peer reviewed)
Per tutta la durata del suo impegno presso l’ANVUR
Maria Luisa Meneghetti non si occuperà della direzione della Rivista
issn 1594-1000
La rivista è pubblicata con il contributo di
autorizzazione del tribunale di roma n. 375/2001 del 16.8.2001
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« SÍ COMO UXANO LI EXPOSITORI IN LE SCENTIE »:
UNA PRIMA RICOGNIZIONE DELLE STRATEGIE
SINTATTICO-TESTUALI DEI COMMENTI
ALLA COM M EDIA DI LANA E LANCIA *
1. Obiettivi e metodo
In apertura del suo commento, nell’illustrare la materia e gli scopi della Commedia, Iacomo della Lana esplicitamente richiama il metodo degli
« expositori in le scentie »:1
Nel meço del camin. Ad inteligentia de la presente Comedia, sí como uxano li expositori in le scentie, sí è da notare quatro cose. La prima che è la materia overo subiecto de la presente ovra. Segonda cosa, qual è la forma e donde tolse tal nome
overo titolo del libro. Terza cosa, qual è la caxione efficiente. Quarta et ultima cosa,
* Ringrazio i curatori degli Atti, L. Azzetta e A. Mazzucchi, nonché l’editore per aver
consentito di anticipare in questa sede la versione scritta della relazione presentata per il Convegno del Centro Pio Rajna Intorno a Dante. Ambienti culturali, fermenti politici, libri e lettori nel
XIV secolo (Roma, 7-9 novembre 2016). Il presente contributo s’inserisce in un piú ampio lavoro di analisi delle strategie sintattico-testuali dei commenti in volgare alla Commedia: esso ha
preso avvio, presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Napoli « Federico
II », grazie ai suggerimenti di Andrea Mazzucchi. Un primo frutto di questa sinergia è V.
Sferragatta, Strategie espositive degli antichi commenti alla ‘Commedia’. Le chiose al ‘Purgatorio’ di
Andrea Lancia, Tesi di Laurea in Filologia Moderna, Univ. di Napoli « Federico II », a.a. 20162017 (relatore: A. Mazzucchi). Al contempo, per una felice coincidenza, questo saggio s’inserisce nell’ambito delle ricerche del progetto S.I.R. Linguistic Facts and Cultural History. Disentangling the Paths of the Influence of Latin on Italian Syntax in the Middle Ages (XIII-XV century) (Coordinamento scientifico: Paolo Greco). Sono molto grata ad Andrea Mazzucchi e Valentina
Sferragatta per il confronto, cosí come a Rita Librandi per aver letto una prima versione di queste pagine; ringrazio, inoltre, Luca Azzetta, Vittorio Celotto, Elisa De Roberto, Paolo Greco, Mirko Volpi e i revisori della RSD per consigli e indicazioni del cui eventuale fraintendimento è solo mia la responsabilità.
1. Illustro qui le sigle di cui mi servo per rimandare ai due commenti utilizzati: Lana = Iacomo della Lana, Commento alla ‘Commedia’, a cura di M. Volpi, con la collaborazione di A.
Terzi, Roma, Salerno Editrice, 2009, 4 to. (« Edizione Nazionale dei Commenti Danteschi »,
vol. 3); Lancia = Andrea Lancia, Chiose alla ‘Commedia’, a cura di L. Azzetta, ivi, id., 2012, 2
to. (ivi, vol. 9). Per ciascun passo si offre una doppia indicazione: a) cantica, canto (ed eventualmente versi): es. Inf., i 1 = commento all’Inferno, chiosa a canto i e v. 1); b) pagina dell’edizione.
Come nelle edizioni, i versi danteschi sono posti in corsivo. Il grassetto, invece, è stato introdotto da me per dare rilievo a strutture e frasi. Per Lana si usa qui il testo tràdito dal ms. Riccardiano 1005-Braidense AG XII 2 (Rb), che testimonia « il probabile bolognese illustre del
Lana, verosimilmente trasmessoci da Galvano » (M. Volpi, Nota al testo, in Lana, to. i pp. 65103, a p. 83).
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i commenti alla commedia di lana e lancia
qual è la caxione finale, overo a che utilitade ella è directa et sotto qual phylosofia
ella è sottoposta2 (Lana, Inf., i, p. 112).
L’osservazione di Lana è preziosa per chi voglia stabilire di quali modelli testuali si servirono i commentatori di Dante per progettare la struttura delle
loro opere.3 Essa permette di suggerire alcune considerazioni su due aspetti
2. Nel caso della stringa di testo ‹si e da notare›, propongo d’interpretare la forma grafica
‹si› come avv. sí. La medesima interpretazione è da me proposta anche in altri casi in cui occorre la forma ‹si›, segnatamente negli ess. (1), (2), (4) per le stringhe di testo ‹si he›, ‹si e›. Per
i motivi che spingono a interpretare ‹si› come avverbio nelle strutture listali e in contesti formulari davanti ad essere vd. almeno G. Salvi, Il problema di ‹si› e l’uso riflessivo di ‘essere’, in « Verbum », a. iv 2002, pp. 377-98.
3. Non è possibile dare qui conto della mole imponente di studi sulla tipologia del commento medioevale e sulla tradizione esegetica dantesca. Si tenga però conto di classici lavori
come Medieval Literary Theory and Criticism, c. 1100-c. 1375: The Commentary-Tradition, ed. by A.
Minnis and A.B. Scott, with the assistance of D. Wallace, Oxford, Clarendon Press, 1988;
M. Irvine, The Making of Textual Culture, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1994. Per la
peculiarità e l’innovatività dell’attività di commento alla Commedia e per l’eterogeneità delle
tipologie proposte, rimando ai principali strumenti di accesso a questo settore della produzione medioevale: B. Sandkühler, Die frühen Dantekommentare und ihr Verhältnis zur mittelalterlichen Kommentartradition, München, Hueber, 1967; S. Bellomo, Dizionario dei commentatori danteschi. L’esegesi della ‘Commedia’ da Iacopo Alighieri a Nidobeato, Firenze, Olschki, 2004; Censimento
dei commenti danteschi. 1. I commenti di tradizione manoscritta (fino al 1480), a cura di E. Malato e A.
Mazzucchi, Roma, Salerno Editrice, 2011, 2 to. Senza pretesa di esaustività, segnalo i lavori di
cui ho maggiormente tenuto conto: Medieval Literary Theory, cit., cap. x (Assessing the New Author: Commentary on Dante), pp. 439-519; Z. Barański, L’esegesi medievale della ‘Commedia’ e il problema delle fonti, in Id., « Chiosar con altro testo ». Leggere Dante nel Trecento, Fiesole, Cadmo, 2001,
pp. 13-39; L.C. Rossi, Problemi filologici dei commenti antichi a Dante, in « Acme. Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Milano », a. liv 2001, pp. 113-40 (e vd. anche le
indicazioni metodologiche in A. Mazzucchi, rec. a Rossi, Problemi filologici, cit., in RSD, a. i
2001, pp. 368-72); C. Villa, Il « secolare commento » alla ‘Commedia’: problemi storici e di tradizione, in
« Per correr miglior acque… ». Bilanci e prospettive degli studi danteschi alle soglie del nuovo millennio.
Atti del Convegno di Verona-Ravenna, 25-29 ottobre 1999, Roma, Salerno Editrice, 2001, 2 to.,
i pp. 549-68; R. Abardo, I commenti danteschi: i commenti letterari, in Intorno al testo. Tipologie del
corredo esegetico e soluzioni editoriali. Atti del Convegno di Urbino, 1-3 ottobre 2001, ivi, id., 2003,
pp. 321-76; S. Bellomo, L’edizione dei testi: i commenti letterari, ivi, pp. 403-18; Id., La ‘Commedia’
attraverso gli occhi dei primi lettori, in Leggere Dante, a cura di L. Battaglia Ricci, Ravenna, Longo,
2003, pp. 73-84; G. Ferrante, L’esegesi di Dante nel Tre e Quattrocento: tipologie e ricezione, Tesi di
Laurea in Lettere Moderne, Univ. di Napoli « Federico II », a.a. 2003-2004 (relatore: C. Calenda); E. Malato, Il « secolare commento » alla ‘Commedia’. Il Censimento e l’Edizione Nazionale dei
Commenti danteschi, in RSD, a. v 2005, pp. 272-314; M. Motolese, Appunti su lingua poetica e
prima esegesi della ‘Commedia’, in Studi linguistici per Luca Serianni, a cura di V. Della Valle e P.
Trifone, Roma, Salerno Editrice, 2007, pp. 401-18; A. Mazzucchi, Commentare i classici. Commentare Dante, in RSD, a. x 2010, pp. 73-94; Interpreting Dante: Essays on the Traditions of Dante Commentary, ed. by P. Nasti and C. Rossignoli, Notre Dame, Univ. of Notre Dame Press,
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chiara de caprio
diversi ma tra loro interrelati: organizzazione testuale e strategie espositive
possono essere elementi di un qualche interesse per una ricostruzione del
profilo dei commentatori che miri a coglierne competenze testuali e cultura retorica;4 al contempo, una ricostruzione siffatta non può esimersi dal
prendere in considerazione i modi in cui ogni singola personalità (ri-)utilizzò tanto le tecniche di adattamento e traduzione di testi pre-esistenti quanto le soluzioni espositive peculiari di tradizioni discorsive affini a quella in
cui si colloca il commento.5
Ad oggi, con l’eccezione del commento di Boccaccio, è mancata una puntuale messa a fuoco degli aspetti sintattico-testuali dei commenti in volgare:6
quest’assenza di studi si estende anche ai casi in cui l’importanza dei commenti è dovuta alla loro qualità stilistica e al rilievo che la figura del commentatore assume nel panorama della cultura volgare trecentesca.7 È que2013; L. Azzetta, « Ad intelligenza della presente Comedía… ». I primi esegeti di fronte al « poema sacro »,
in Dante e la sua eredità a Ravenna nel Trecento, a cura di M. Petoletti, Ravenna, Longo, 2015, pp.
87-113; V. Celotto, Sondaggi sulla cultura retorica dei primi commentatori, in RSD, a. xvi 2016, pp.
324-44.
4. Su quest’ultimo aspetto vd. ora Celotto, Sondaggi, cit.
5. Per il concetto di tradizione discorsiva limito il rimando al quadro di R. Wilhelm,
Diskurstraditionen, in Language Typology and Language Universals. An International Handbook, ed.
by M. Haspelmath et al., Berlin-New York, De Gruyter, 2001, 2 voll., vol. i pp. 467-77. Per
l’impiego della nozione in riferimento ai testi italoromanzi medioevali vd. le considerazioni
proposte in M. Dardano, Formule per ammaestrare (2008), in Id., Tra Due e Trecento. Lingua, testualità e stile nella prosa e nella poesia, a cura di F. Bianco, G. Colella, G. Frenguelli, Firenze,
Cesati, 2015, pp. 141-56, alle pp. 145-47; E. De Roberto, La sintassi dei volgarizzamenti, in Tradurre dal latino nel Medioevo italiano. « Translatio studii » e procedure linguistiche. Atti del Convegno di
Firenze, 16-17 dicembre 2014, a cura di L. Leonardi e S. Cerullo, Firenze, Sismel-Edizioni
del Galluzzo, 2017, pp. 227-93, alle pp. 234-36.
6. L’importante eccezione è rappresentata da R. Librandi, La lingua di Boccaccio esegeta di
Dante, in Boccaccio editore e interprete di Dante. Atti del Convegno internazionale di Roma, 28-30
ottobre 2013, a cura di L. Azzetta e A. Mazzucchi, Roma, Salerno Editrice, 2014, pp. 349-68.
7. Vd. R. Fresu, La “miseria dell’uomo” tra enciclopedismo e letterarietà. Rilievi sintattico-testuali
sulla trattatistica didascalica del XIV secolo: la prosa di Agnolo Torini, in La parola utile. Saggi sul discorso morale nel Medioevo, a cura di D. Caocci et al., Roma, Carocci, 2012, pp. 219-73, alle pp.
219-20 per una riflessione sulla minore frequenza delle analisi di tipo testuale, di cui il saggio
stesso rappresenta però un significativo esempio. Poiché i commenti di Lana e Lancia non
fanno parte dei corpora usati per la Grammatica dell’italiano antico, a cura di G. Salvi e L. Renzi,
Bologna, Il Mulino, 2010, 2 voll. (da ora GIA), e per la Sintassi dell’italiano antico. La prosa del
Duecento e del Trecento, a cura di M. Dardano, Roma, Carocci, 2012 (da ora SIAnt), le acquisizioni cui pervengono queste due imprese potranno essere usate con profitto per l’analisi linguistica della prosa dei due commenti. Per lo studio sistematico del lessico dei commenti
danteschi vd. ora A. Felici-M. Maggiore-A. Rinaldin, Nuovi sondaggi nella tradizione dei testi:
per una banca dati digitale degli antichi commenti in volgare delle opere delle tre Corone (1321-1500), in
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i commenti alla commedia di lana e lancia
sto, ad esempio, il caso di due commenti che si pongono « ai vertici […] della complessa storia dell’antica esegesi dantesca »:8 quello del bolognese Iacomo della Lana (1324-1328) e quello del fiorentino Andrea Lancia (1341-1343).9
Sull’interesse di questi commenti per una storia della tradizione prosastica
trecentesca in volgare basterà qui richiamare alcuni dati ben evidenziati nelle ampie sistemazioni di Mirko Volpi e Luca Azzetta.
Primo commento in volgare esteso all’intera Commedia, il lavoro esegetico lanèo va collocato, per pregio e ruolo, « tra i piú importanti testi in prosa
di pieno Trecento realizzati in Italia settentrionale in volgare ».10 Destinato
a una « rapida, vasta e ininterrotta fortuna », il commento di Lana sfrutta e
riadatta gli strumenti della cultura universitaria:11 l’opera dantesca viene cosí
interpretata come « trascrizione “didattica” di un processo di apprendimento » attraverso la quale fornire « il bagaglio culturale essenziale per lo studente che, come il personaggio Dante, voglia pervenire alla “scienza” di teologia ».12
Quanto al lavoro di Andrea Lancia, il commento del notaio rappresenta
il vertice dell’esegesi fiorentina pre-boccaccesca: in esso « si ritrova vagliata,
ora accolta ora respinta, quasi tutta la tradizione esegetica precedente, mentre giungono a maturazione modalità esegetiche peculiari dei commentatori fiorentini ».13 L’attività interpretativa intorno alla Commedia conferma,
La lingua variabile nei testi letterari, artistici e funzionali contemporanei. Analisi, interpretazione, traduzione. Atti del xiii Congresso Silfi di Palermo, 21-24 settembre 2014, a cura di G. Ruffino e M.
Castiglione, Firenze-Palermo, Cesati-Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani, 2016,
pp. 807-18.
8. M. Volpi, Introduzione, in Lana, to. i pp. 17-56, a p. 17.
9. Per un’approfondita analisi dei caratteri dei due commenti, d’obbligo il rimando a Volpi, Introduzione, cit., e L. Azzetta, Introduzione, in Lancia, to. i pp. 9-119.
10. Volpi, Introduzione, cit., p. 55. Vd. anche Id., « Per manifestare polida parlatura ». La lingua del
commento lanèo alla ‘Commedia’ nel ms. Riccardiano-Braidense, Roma, Salerno Editrice, 2011, p. 26,
che definisce il testo lanèo tradito da Rb come « fondamentale monumento della scripta bolognese trecentesca ».
11. Volpi, Introduzione, cit., p. 18.
12. Le citazioni sono tratte rispettivamente da L. Battaglia Ricci, Dante e la tradizione letteraria medievale. Una proposta per la ‘Commedia’, Pisa, Giardini, 1989, p. 53, e Volpi, Introduzione,
cit., p. 31; vd. anche ivi, p. 19: « La Commedia […] dà al Lana la possibilità di offrire una sintesi
delle proprie conoscenze, di mostrare (in volgare […] e dove opportuno con disegni) il bagaglio culturale della Scolastica e dell’enciclopedismo scientifico ». Su questi aspetti vd. anche
Bellomo, La ‘Commedia’ attraverso gli occhi, cit., p. 76.
13. Azzetta, Introduzione, cit., p. 15. Nell’ultimo decennio si è molto ampliata la bibl. su
Andrea Lancia. Limitando qui il rimando a lavori da cui si può agevolmente risalire alla bibl.
precedente, vd. Bellomo, Dizionario, cit., pp. 354-74; L. Azzetta, Andrea Lancia, in Censimento,
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chiara de caprio
quindi, il ruolo di primo piano svolto a Firenze da Andrea Lancia proprio a
ridosso di quel torno d’anni cruciale sia per il processo di assimilazione dei
testi della letteratura latina, sia per la promozione e l’interpretazione della
nuova letteratura in volgare.14
Dato il quadro degli studi che qui si è brevemente ricostruito, questo contributo si pone due obiettivi complementari: da un lato, s’intende sottolineare la rilevanza dei commenti per una piena comprensione delle modalità di costruzione e organizzazione di tradizioni discorsive medioevali caratterizzate da una forte e stratificata intertestualità; in seconda battuta, a titolo esemplificativo, si offre una descrizione delle chiose proemiali ai singoli canti attestate nei commenti all’Inferno di Iacomo della Lana e Andrea
Lancia. In relazione a quest’ultimo punto, vengono analizzati due aspetti:
a) i modi in cui i commentatori hanno progettato la struttura complessiva delle chiose proemiali in modo da guidare l’interpretazione del lettore; b) i pattern sintattico-testuali delle formule introduttive e di chiusura delle chiose
proemiali.15
cit., pp. 19-35; Id., Andrea Lancia, in Autografi dei letterati italiani, sez. i. Le Origini e il Trecento, a
cura di G. Brunetti, M. Fiorilla, M. Petoletti, Roma, Salerno Editrice, i 2013, pp. 195-214.
Per la cultura grafica del notaio vd. I. Ceccherini, La cultura grafica di Andrea Lancia, in RSD, a.
x 2010, pp. 351-67. Per Lancia commentatore di Dante vd. ora l’ampio e articolato affresco in
Azzetta, Introduzione, cit. Quanto ai volgarizzamenti, oltre ai quadri offerti prima da M. Zaggia, Introduzione, in Ovidio, Heroides. Volgarizzamento fiorentino trecentesco di Filippo Ceffi, a cura
di M.Z., Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2009, pp. 3-362, alle pp. 20-25, e poi da G.
Frosini, Volgarizzamenti, in Storia dell’italiano scritto, a cura di G. Antonelli, M. Motolese, L.
Tomasin, vol. ii. Prosa letteraria, Roma, Carocci, 2014, pp. 17-72, alle pp. 37-38, vd. almeno L.
Azzetta, Notizie su Andrea Lancia traduttore degli Statuti per il Comune di Firenze, in « Italia medioevale e umanistica », a. xxxvii 1994, pp. 173-77; F. Bambi, Andrea Lancia volgarizzatore di statuti, in
« Studi di lessicografia italiana », a. xvi 1999, pp. 5-29; Ordinamenti, provvisioni e riformagioni del
Comune di Firenze volgarizzati da Andrea Lancia (1355-1357), ed. critica del testo autografo, a cura
di L. Azzetta, Venezia, Ist. Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 2001; G. Vaccaro, I volgarizzamenti di Andrea Lancia, in Tradurre dal latino, cit., pp. 295-353; Id., Andrea Lancia. Storia di un volgarizzatore, in Il viaggio del testo. Atti del Convegno internazionale di Brno, 19-21 giugno 2014, a
cura di P. Divizia e L. Pericoli, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2017, pp. 119-28.
14. Per il nesso tra attività di traduzione e promozione della letteratura in volgare nella
Firenze di primo Trecento, vd. Zaggia, Introduzione, cit., pp. 3-48.
15. Mi servo della nozione di formula per designare unità che sono dotate di funzioni testuali, pragmatiche e identitarie ben precise, sulla scorta di E. De Roberto, Le formule nella
percezione del parlante e nella ricerca linguistica, in Il linguaggio formulare italiano tra sintassi, testualità e
discorso. Atti delle Giornate internazionali di studio, Roma, 19-20 gennaio 2012, a cura di E.D.R.
e C. Giovanardi, Napoli, Loffredo, 2013, pp. 13-31; Ead., Usi formulari delle costruzioni assolute in
italiano antico: dal discorso alla grammatica, ivi, pp. 153-212, e M. Dardano, Formularità medievali, ivi,
pp. 119-52. A questi contributi rimando per il ruolo della formularità nel linguaggio, i diversi
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i commenti alla commedia di lana e lancia
In tal modo, si metteranno a fuoco le scelte dei due commentatori in relazione a una di quelle caratteristiche testuali che, per enciclopedie, trattati
e commenti medioevali, è stata considerata un elemento diagnostico per cogliere sia l’atteggiamento dell’istanza autoriale verso la materia che sta esponendo, sia le strategie di costruzione di un percorso che guidi il lettore verso
una piena comprensione del testo attraverso una coerente gamma di soluzioni testuali.16
2. Il commento come spazio testuale con gradiente d’autorialità “variabile”
L’esegesi (in volgare) della Commedia si offre come un terreno che può
essere proficuamente dissodato per individuare i caratteri di una tradizione
discorsiva al suo stato nascente. La scelta del volgare da parte di Dante sottraeva una vasta ed eterogenea gamma di contenuti al solo circuito della
cultura in latino, rendendoli disponibili a un variegato pubblico di lettori.17
Precocemente, infatti, « sia i lettori dotti sia quelli meno attrezzati » avvertirono « il bisogno di un corredo esegetico per affrontare un testo scritto sí
nella lingua in cui comunicano anche le muliercule (Ep. a Cangrande, x 31) »,
ma che richiedeva « competenze e conoscenze » che era « terribilmente arduo padroneggiare ».18
Proprio per soddisfare questa esigenza, pur nella diversità degli ambienti e dei destinatari, gli apparati esegetici della Commedia miravano innanzitutto a offrire, in latino o in volgare, i saperi necessari per comprendere e addomesticare i sensi dell’opera dantesca.19 I commenti tendevano pertanto a
impieghi della nozione di formula e, infine, l’importanza degli elementi formulari nelle tradizioni discorsive medioevali.
16. Vd. Librandi, La lingua di Boccaccio, cit., pp. 362-63.
17. Sull’importanza dell’uso del volgare da parte di Dante e sulla sfida che questa scelta
costituiva per la pratica del commento vd. Medieval Literary Theory, cit., pp. 374 e 439; Bellomo,
La ‘Commedia’ attraverso gli occhi, cit., pp. 75-76; Azzetta, « Ad intelligenza », cit., pp. 87-88.
18. Azzetta, « Ad intelligenza », cit., p. 88.
19. Sulla peculiarità dei corredi esegetici sorti intorno alla Commedia e sulla precoce consapevolezza dei commentatori « di appartenere a una tradizione » vd. S. Bellomo, Introduzione,
in Id., Dizionario, cit., pp. 1-49, a p. 1; P. Nasti, Introduction, in Interpreting Dante, cit., pp. 1-16,
alle pp. 9-10. Sul progressivo costituirsi dei commenti danteschi come tradizione dotata di
« autonomia comunicativa » insiste A. Mazzucchi, Nota introduttiva, in Censimento, cit., to. i pp.
xxi-xxxiii, a p. xxiv. Quanto alla scelta del latino o del volgare, va tenuto presente che l’opzione per il volgare sembra rispondere a una chiara geografia culturale: « i commentatori toscani
e soprattutto fiorentini scelgono il volgare, mentre gli altri mostrano una certa preferenza per
il latino », con le significative eccezioni di Lana e Maramauro, quest’ultimo fortemente in-
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chiara de caprio
configurarsi come « depositi alluvionali » costruiti attraverso due operazioni: il montaggio di tessere testuali tratte dagli auctores e l’assunzione di chiose di commenti pre-esistenti.20 Siamo, dunque, dinanzi a testi caratterizzati da un gradiente d’autorialità basso: i commenti erano, cioè, soggetti a un
ampio riuso che poteva prevedere la parafrasi, il rimaneggiamento, la diversa gerarchizzazione degli argomenti o la selezione di quelle sole porzioni testuali che soddisfacevano le esigenze di nuove e diverse comunità di lettori
cui i singoli copisti, rifacitori o commentatori si rivolgevano.21
Tuttavia, pur all’interno di una « situazione mentale » che portava a concepire un commento come « res communis », il diverso grado di consapevolezza autoriale dei singoli esegeti determina il differente posizionamento del
commento lungo uno sfrangiato continuum i cui poli sono rappresentati da
due situazioni-limite:22 da un lato, il pigro e inerziale riadattamento di ipotesti pre-esistenti;23 dall’altro, l’inserimento di materiali disparati in una struttura adatta agli scopi che il commentatore aveva individuato per il suo lavoro esegetico; in quest’ultimo caso, è ben possibile che, all’interno del commento, sia rintracciabile un gradiente d’autorialità, per cosí dire, “variabile”,
fluenzato dal prestigio della cultura fiorentina nella Napoli di età angioina (Bellomo, Introduzione, cit., p. 21). Su aspetti lessicali del commento di Maramauro vd. N. De Blasi, La voce viva,
la lettera morta e le pastiere dolci. Due note a margine del commento dantesco di Maramauro, in « In principio fuit textus ». Studi di linguistica e filologia offerti a Rosario Coluccia, a cura di V.L. Castrignanò,
F. De Blasi, M. Maggiore, Firenze, Cesati, i.c.s.
20. Villa, Il « secolare commento », cit., p. 549.
21. Per il concetto di « gradiente d’autorialità » il rimando è A. Varvaro, Il testo letterario, in
Lo spazio letterario del Medioevo. 2. Il Medioevo volgare, dir. P. Boitani, M. Mancini, A. Varvaro,
vol. i. La produzione del testo, Roma, Salerno Editrice, 1999, to. i pp. 387-422, a p. 402. Per la labilità e vischiosità del confine tra autore, compilatore e copista nei commenti e per le ricadute
filologiche del continuum che si distende tra le attività di composizione, compilazione e copia
vd. Rossi, Problemi filologici, cit.; Mazzucchi, rec. a Rossi, Problemi filologici, cit., pp. 368-69;
Bellomo, Introduzione, cit., p. 12; Malato, Il « secolare commento », cit., pp. 280-81.
22. « Situazione mentale » è la nota espressione che Cesare Segre utilizza per definire la
pratica del volgarizzamento nel Medioevo in C. Segre, I volgarizzamenti del Due e Trecento
(1953), in Id., Lingua, stile e società. Studi sulla storia della prosa italiana, Milano, Feltrinelli, 1976, pp.
49-78, a p. 49. L’immagine del commento come res communis si legge in Mazzucchi, rec. a
Rossi, Problemi filologici, cit., p. 368: « il commento è, nella cultura medievale, […] res communis,
di cui ciascuno può liberamente servirsi, appropriandosene per l’allestimento di propri sistemi di chiose, modificando la lezione originaria, contaminando con glosse provenienti da altri
commenti, inserendo osservazioni personali, aggiornamenti, attualizzazioni e, soprattutto,
omettendo elementi giudicati inessenziali ».
23. Per l’uso di « ipotesto » in riferimento al testo « anteriore A » a partire dal quale e sul
quale « si innesta » un testo B vd. G. Genette, Palinsesti. La letteratura al secondo grado, trad. it.,
Torino, Einaudi, 1997, p. 8.
358
i commenti alla commedia di lana e lancia
determinato dal meditato dosaggio di porzioni testuali dotate di un diverso
grado di autonomia rispetto alle fonti.
Ma, al di là dei singoli casi, preme qui far emergere aspetti piú generali
sui modi in cui è possibile analizzare la testualità dei commenti in volgare.
Mi pare, infatti, che lo studio della facies sintattico-testuale della tradizione
esegetica in volgare possa rivelarsi proficuo se ricondotto nell’alveo di due
ambiti: quello relativo ai pattern e ai procedimenti traduttivi messi in campo
nei volgarizzamenti e quello interessato alle strategie testuali di generi caratterizzati da fenomeni di « osmosi e compartecipazione reciproca » tra la
produzione mediolatina e quella in volgare.24 Questa impostazione è necessaria innanzitutto perché, ai suoi esordi, la prassi di commentare in volgare
il poema dantesco s’intreccia con l’imponente attività attraverso cui veniva
trasposto nelle varietà italo-romanze un variegato insieme di testi scritti in
latino e in altri volgari romanzi.25 Inoltre, come si è detto, la stessa pratica del
commento, di fatto, obbligò i primi esegeti della Commedia a farsi traduttori e rimaneggiatori di testi in latino per i due motivi che si sono richiamati in
apertura del paragrafo: 26 da un canto, per illustrare i contenuti del poema
24. Vd. R. Casapullo, Il Medioevo, Bologna, Il Mulino, 1999, p. 158.
25. Sul significato culturale e le forme del passaggio dal latino al volgare in specifiche tradizioni discorsive e nei testi in prosa vd. F. Bruni, La prosa volgare e la narrativa in Toscana dalle
origini ai primi decenni del Trecento, in Storia della civiltà letteraria italiana, dir. G. Bàrberi Squarotti, vol. i/1. Dalle Origini al Trecento, a cura di G. Bàrberi Squarotti, F. Bruni, U. Dotti, Torino, Utet, 1990, pp. 337-89, alle pp. 360-62; C. Giovanardi, Il bilinguismo italiano-latino del medioevo e del Rinascimento, in Storia della lingua italiana, a cura di L. Serianni e P. Trifone, Torino,
Einaudi, 1994, vol. ii. Scritto e parlato, pp. 435-68, alle pp. 451-62; L. Serianni, La prosa, ivi, vol. i.
I luoghi della codificazione, pp. 451-580, alle pp. 451-75; Casapullo, Il Medioevo, cit., pp. 152-53;
Librandi, Dante e la lingua della scienza, in LCl, vol. xli 2013 (Dante e la lingua italiana, a cura di
M. Tavoni), pp. 61-87, a p. 62; M. Dardano, La prosa del Duecento (1999), in Tra Due e Trecento,
cit., pp. 23-88; M. Tavoni, Linguistic Italy, in Dante in context, ed. by Z. Baranvski and L. Pertile,
Cambridge, Cambridge Univ. Press, 2015, pp. 243-59.
26. Per un quadro dell’attività di traduzione nel Medioevo volgare italo-romanzo, limito
di necessità il rimando a studi di carattere generale e di forte valore metodologico. Vd., dunque, Segre, I volgarizzamenti del Due e Trecento, cit.; C. Dionisotti, Tradizione classica e volgarizzamenti (1958), in Id., Geografia e storia della letteratura italiana, Torino, Einaudi, 1967, pp. 125-78;
B. Guthmüller, Die “volgarizzamenti”, in Grundriss der romanischen Literaturen des Mittelalters
(GRLMA), hrsg. von H.R. Jauss und E. Köhler, vol. x. Die italienische Literatur im Zeitalter
Dantes und am Übergang vom Mittelalter zur Renaissance, to. ii. Die Literatur bis zur Renaissance,
Heidelberg, Winter, 1989, pp. 201-54; G. Folena, Volgarizzare e tradurre: idea e terminologia della
traduzione dal Medioevo italiano e romanzo all’Umanesimo europeo, Torino, Einaudi, 1991. Si terrà
poi conto degli aggiornamenti offerti da R. Gualdo-M. Palermo, La prosa del Trecento, in
Storia della letteratura italiana, dir. E. Malato, vol. x. La tradizione dei testi, coord. C. Ciociola,
Roma, Salerno Editrice, 2001, pp. 359-414, alle pp. 360-74; R. Cella, s.v. Volgarizzamenti, lingua
359
chiara de caprio
alla luce dei « valori » e delle « conoscenze culturali di base » del Trecento;27
dall’altro, per dare conto delle proposte interpretative che erano andate e
ancora andavano stratificandosi nelle chiose e nei commenti redatti in latino.28
Guardata sub specie traductionis, la tradizione in volgare dei commenti alla
Commedia si configura, allora, non solo come un tassello utile per ricostruire le peculiarità sintattico-testuali e gli andamenti stilistici della prosa italo-romanza trecentesca, ma anche come un serbatoio di tecniche, strategie
testuali e soluzioni narrative che presupponevano una notevole varietà di
modi di tradurre e rimaneggiare gli ipotesti.29 Del resto, su un piano generale, ancora recentemente è stato ribadito come la ricezione dei testi antichi,
mediolatini e romanzi si sia svolta attraverso una vera e propria « diffrazione
dei, in Enciclopedia dell’italiano, dir. R. Simone, Roma, Ist. della Enciclopedia Italiana, 2010, pp.
1597-99; E. Pistolesi, Percorsi della traduzione nel Medioevo (secc. XII-XIV), in Testo e traduzione.
Lingue a confronto, a cura di F. Fusco e M. Ballerini, Frankfurt am Main, Lang, 2010, pp. 21944; Frosini, Volgarizzamenti, cit.; De Roberto, La sintassi dei volgarizzamenti, cit., pp. 227-93.
Una messa a punto di diverse questioni connesse alla « percezione dello spazio linguistico romanzo » è offerta ora da L. Tomasin, Sulla percezione medievale dello spazio linguistico romanzo, in
MR, a. xxxix 2015, pp. 268-92. Per l’importanza della stagione di volgarizzamenti che prese
corpo a Firenze dapprima negli anni del “triumvirato predantesco” costituito da Brunetto,
Bono Giamboni e Zucchero e poi negli anni Venti del Trecento, vd. la meditata e densa ricostruzione offerta da Massimo Zaggia nel primo capitolo di Zaggia, Introduzione, cit., pp. 3-48.
Sulla funzione di “testi-mediatori” delle opere in traduzione vd. da ultimo G. Vaccaro, « Questo libretto che t’ho volgarizzato e chiosato ». Volgarizzamenti tra Due e Trecento, in I traduttori come mediatori culturali, a cura di S. Portelli, B. Van den Bossche, S. Cardella, Firenze, Cesati, 2016,
pp. 11-19; per un quadro d’insieme della funzione di mediazione delle traduzioni dei classici
latini vd. C. De Caprio, Volgarizzare e tradurre i grandi poemi dell’antichità (XIV-XXI secolo), in
Atlante della letteratura italiana, dir. S. Luzzatto e G. Pedullà, vol. iii. Dal Romanticismo a oggi, a
cura di D. Scarpa, Torino, Einaudi, 2012, pp. 56-73.
27. Baranvski, L’esegesi medievale della ‘Commedia’, cit., p. 18.
28. È ormai molto ampia la bibliografia sul rapporto tra commenti e fonti latine e mediolatine e sulla relazione di dipendenza che i commenti in volgare possono instaurare con la
tradizione esegetica in latino (ma niente affatto esplorate sono, come si diceva, le strategie
sintattico-testuali con cui i commenti in volgare riorganizzano i testi latini). Una prospettiva
complessiva delle questioni sollevate dalla relazione tra commenti in volgare e fonti è offerta da Baranvski, L’esegesi medievale della ‘Commedia’, cit., pp. 17-20; per specifici aspetti relativi alla traduzione dei commenti dal latino al volgare (e viceversa), vd. Rossi, Problemi filologici, cit.
29. Per una rassegna dei diversi aspetti del tradurre “orizzontale” e “verticale” vd. ora Cella, Lingua, cit., e Frosini, Volgarizzamenti, cit., pp. 26-27. I riferimenti classici restano Folena,
Volgarizzare e tradurre, cit., partic. pp. 10-14, e, per la distinzione tra bilinguismo orizzontale e
verticale, P. Zumthor, Langue et techniques poétiques à l’époque romane (XIe-XIIIe siècles), Paris,
Klincksieck, 1963, pp. 30-31 (e vd. ora Tomasin, Sulla percezione medievale, cit.).
360
i commenti alla commedia di lana e lancia
della pratica traduttoria secondo variabili di luogo, di tempo, di lingua, di
cultura, di pubblico, di attrezzatura ideologica e tecnica ».30
In tale prospettiva un utile esempio può essere offerto proprio dal commento di Iacomo della Lana. Infatti, l’esigenza di sfruttare « gli strumenti
della cultura universitaria […] per la lettura di Dante » fa sí che nel suo commento vengano ripresi, volgarizzati e compendiati ampi campioni testuali
tratti dalle opere di Tommaso d’Aquino;31 dalla “mediazione” dell’opera dell’Aquinate dipende, inoltre, anche la « quasi totalità delle citazioni patristiche e scritturali».32 Dell’analisi di Mirko Volpi due aspetti meritano qui di essere richiamati. Da un lato, è significativa la varietà delle forme del rimaneggiamento, che si spinge sino all’accoglimento di « veri e propri volgarizzamenti di testi tomistici» nel dettato del commento;33 dall’altro, è notevole che
Iacomo mutui dai testi di Tommaso peculiari modalità espositive: in alcune
zone testuali del commento lanèo è, infatti, accolta la forma della quaestio,
che impone al commentatore di definire « l’argomento principale, le partizioni del problema » e di proporre « la soluzione degli argomenti secondo la
traccia […] della fonte tomistica ».34
Volendo tirare le fila del discorso, anche per la ricezione della Commedia
si può dunque dire che la trasmissibilità dei contenuti necessari per interpretarla era resa possibile da forme di mediazione culturale e linguistica che rendevano mobili i confini fra parafrasi, traduzione, rifacimento.35 Anche l’esegesi del poema dantesco si pose, cioè, al crocevia tra latino e volgare: tra l’alto grado di specializzazione di alcuni ambiti del sapere e le risorse della lingua comune, tra zone testuali punteggiate da formule dall’uso consolidato e
30. Frosini, Volgarizzamenti, cit., p. 28.
31. Volpi, Introduzione, cit., p. 31. Su questo aspetto vd. ora l’ampia analisi di M.V., « Diremmo
comme li pone frà Thomaxe d’Aquino ». Appunti linguistici su due volgarizzamenti trecenteschi del ‘De
articulis fidei’, in « Medioevo letterario d’Italia », a. xii 2015, pp. 139-72.
32. Volpi, Introduzione, cit., p. 32 (e vd. la n. 60 ove è offerta larga esemplificazione del ricorso a Tommaso).
33. Ivi, p. 33.
34. Ivi. Vd. anche Bellomo, La ‘Commedia’ attraverso gli occhi, cit., p. 76, ove si osserva che con
Lana la Commedia divenne « autorevole punto di partenza per una lectio universitaria che attualizzasse tutte le potenzialità della parola poetica ».
35. Ancora privo di una puntuale fissazione terminologica e soggetto a oscillazioni, talora
idiosincratiche, è il campo dei termini con cui ci si riferisce alle attività di riduzione, parafrasi
e rimaneggiamento di un ipotesto. Utili in prospettiva metodologica le riflessioni di M. Barbato, Trasmissione testuale e commutazione del codice linguistico. Esempi italoromanzi, in Transcrire et/
ou traduire. Variation et changement linguistique dans la tradition manuscrite des textes médiévaux. Actes
du Congrès international de Klagenfurt, 15-16 novembre 2012, publiés par R. Wilhelm, Heidelberg, Winter, 2013, pp. 193-211.
361
chiara de caprio
spazi narrativi caratterizzati da un andamento piú mosso, meno condizionati dalla presenza di un utile patrimonio di sequenze formulari e pattern attraverso i quali esprimere specifici contenuti.
Dinanzi a questi bisogni linguistici, proprio il duplice dialogo con tradizioni testuali affini e con tipologie esegetiche in latino poté acuire, nei commentatori che si affidavano al volgare, la consapevolezza delle caratteristiche del genere-commento e delle soluzioni testuali piú adatte per una piena
fruizione dei contenuti. Al pari di altri ambiti di scrittura in volgare, quindi,
anche la nascente esegesi dantesca guardò a generi dotati di piú forte riconoscibilità e si nutrí delle radici mediolatine del commento, come di altre
tipologie testuali che appartenevano a differenti tradizioni discorsive:36 da
36. Si prenda il caso della cronachistica in volgare che, di volta in volta, desume soluzioni
narrative e modalità di organizzazione dei materiali dall’agiografia, dall’epica, dalle scritture
dotate del riconoscimento della publica fides (per una panoramica su questi aspetti vd. R. Gualdo, La scrittura storico-politica, Bologna, Il Mulino, 2012; per un’analisi dei riflessi linguistici di
questa modalità di strutturazione del testo vd. C. De Caprio, La storiografia angioina in volgare.
Lessico metaletterario, modalità compositive e configurazioni stilistiche nella ‘Cronaca di Partenope’, in
Boccaccio e Napoli. Nuovi materiali per la storia culturale di Napoli nel Trecento. Atti del Convegno di
Napoli-Salerno, 23-25 settembre 2013, a cura di G. Alfano et al., Firenze, Cesati, 2015, pp. 42748, partic. alle pp. 428-30 e 446-47). Per lo stretto rapporto e il travaso di tecniche espositive tra
la trattatistica mediolatina e quella volgare, vd. i quadri generali in Casapullo, Il Medioevo, cit.;
M. Aprile, Trattatistica, in Storia dell’italiano scritto, cit., vol. ii. Prosa letteraria, pp. 73-118; Frosini,
Volgarizzamenti, cit. Quanto alla trattatistica scientifica, accanto a B. Mortara Garavelli, Forme della comunicazione scientifica, in Letteratura italiana, dir. A. Asor Rosa, vol. iii. Le forme del testo,
to. ii. La prosa, Torino, Einaudi, 1984, pp. 891-947, dei molti contributi di Casapullo, Librandi,
e Piro vd. almeno R. Librandi, Introduzione, in La Metaura d’Aristotile. Volgarizzamento fiorentino
anonimo del XVI secolo, a cura di R.L., Napoli, Liguori, 1995, 2 voll., vol. i pp. 13-154; Ead., “Auctoritas” e testualità nella descrizione dei fenomeni fisici, in Le parole della scienza. Scritture tecniche e
scientifiche in volgare (secc. XIII-XV). Atti del Convegno di Lecce, 16-18 aprile 1999, a cura di R.
Gualdo, Lecce, Galatina, 2001, pp. 99-126; R. Casapullo-R. Policardo, Tecniche della divulgazione scientifica nel volgarizzamento mantovano del ‘De proprietatibus rerum’ di Bartolomeo Anglico, in
« Lingua e stile », a. xxxxviii 2003, pp. 139-76; R. Librandi, Tratti sintattico-testuali e tipologia di
testi: la trattatistica scientifica, in SintAnt. La sintassi dell’italiano antico. Atti del Convegno internazionale di Roma, 18-21 settembre 2002, a cura di M. Dardano e G. Frenguelli, Roma, Aracne, 2004, pp. 271-92; Lo scaffale della biblioteca scientifica in volgare (secoli XIII-XVI). Atti del Convegno di Matera, 14-15 ottobre 2004, a cura di R. Librandi e R. Piro, Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2006; R. Casapullo, Introduzione, in Vivaldo Belcalzer, Trattato di scienza
universal. Vol. i: Libri i-iv, a cura di R.C., Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2010, pp. ix-xliv; R.
Casapullo, Il ‘Trattato di scienza universal’ di Vivaldo Belcalzer: sintassi, testualità ed ecdotica, in Volgarizzare, tradurre, interpretare nei secc. XIII-XVI. Atti del Convegno internazionale di Salerno, 24-25
novembre 2010, a cura di S. Lubello, Strasbourg, Éditions de Linguistique et de Philologie,
2011, pp. 19-28; R. Piro, Introduzione, in L’Almansore. Volgarizzamento fiorentino del XIV secolo, a
cura di R.P., Firenze, Sismel-Edizioni del Galluzzo, 2011, pp. xiii-xxxv; Librandi, Dante e la
lingua della scienza, cit. Per la trattatistica morale vd. ora Fresu, La “miseria dell’uomo”, cit.
362
i commenti alla commedia di lana e lancia
questi ultimi i commentatori mutuarono i modi di organizzazione dei materiali e le tecniche di presentazione ed esposizione.37 E del resto proprio a
tale scambio allude la frase di Iacomo della Lana (« sí como uxano li expositori in le scentie ») citata in apertura.
Se le osservazioni sin qui svolte hanno una loro plausibilità, ne consegue
un corollario: la sensazione di sostanziale omogeneità nelle modalità di compilazione e costruzione del testo (tante volte denunciata dagli studiosi) può
attenuarsi con un cambio di prospettiva; allo sguardo a volo d’uccello sulle
strategie testuali potrà essere sostituita un’analisi a grana fine delle tecniche
espositive dei singoli commenti, variando queste ultime in base alla formazione dell’esegeta e ai modelli testuali cui ricorreva. Del resto, è stato non
a caso affermato che l’alto tasso di « convenzionalità » dei commenti non li
rende però indistinguibili, proprio perché « il rapporto specifico tra un commentatore ed il suo auctor » veniva definito da diversi elementi: ad esempio,
la formazione culturale del commentatore, il grado d’interesse per i testi
classici, i peculiari obiettivi dell’esegesi o il tipo di pubblico.38
Come si è sin qui cercato di mostrare, per delineare il quadro delle differenze stilistiche tra i testi sarà allora utile indagare quali siano state le ricadute linguistiche del processo attraverso cui i commenti in volgare stabilivano
rapporti coi piú robusti filoni delle tradizioni discorsive mediolatine e con
altri generi della giovane prosa volgare: sarà cosí meglio riconoscibile l’insieme di procedimenti che determinavano il rapporto tra “vincoli di sistema” e scelte stilistiche nell’organizzazione testuale della produzione esegetica in volgare.39
37. Posso qui solo enunciare che un altro aspetto meritevole d’interesse potrebbe essere il
confronto tra le soluzioni attestate nei commenti e quelle del Convivio: di un trattato, cioè, che
assimilò « profondamente le strategie della piú elevata prosa mediolatina per restituirle con
piena consapevolezza in una prosa volgare coerente e autonoma » (Librandi, Dante e la lingua
della scienza, cit., p. 67). Per la limitata circolazione del Convivio vd. L. Azzetta, La tradizione del
‘Convivio’ negli antichi commenti alla ‘Commedia’: Andrea Lancia, l’ ‘Ottimo Commento’ e Pietro Alighieri, in RSD, a. v 2005, pp. 3-34; per un’analisi delle strategie testuali e retoriche, limito il rimando
ai lavori piú recenti: Serianni, La prosa, cit., pp. 466-70; A. Mazzucchi, Dante e la prosa dottrinale in volgare, in Dante e la scienza. Atti del Convegno internazionale di Ravenna, 28-30 maggio
1993, a cura di P. Boyde e V. Russo, Ravenna, Longo, 1995, pp. 337-50; P. Manni, Il Trecento toscano. La lingua di Dante, Petrarca, Boccaccio, Bologna, Il Mulino, 2003, pp. 121-25; Librandi, Dante
e la lingua della scienza, cit.; F. Fiumara, Osservazioni sulla sintassi del ‘Convivio’, in Sintassi dell’italiano antico e sintassi di Dante. Atti del Seminario di Pisa, 15-16 ottobre 2011, a cura di M. D’Amico,
Pisa, Felici, 2015, pp. 139-50.
38. Baranv ski, L’esegesi medievale della ‘Commedia’, cit., p. 22. Vd. ora anche Celotto, Sondaggi, cit., p. 325.
39. In questa prospettiva vd. M. Palermo, Serialità e iterazione in Giordano da Pisa e in Bernar-
363
chiara de caprio
3. Un’analisi delle chiose proemiali nel commento all’Inferno di Lana e Lancia
a) Caratteristiche generali delle chiose proemiali
Tra i diversi aspetti relativi alla gestione e gerarchizzazione dei contenuti, meritano senz’altro un’attenzione non occasionale le modalità con cui è
organizzato il passaggio da un canto a un altro. Attraverso questa disamina è
innanzitutto possibile stabilire se, nel sistema esegetico allestito da un commentatore, vi sia un proemio o un’introduzione, cioè uno specifico spazio
testuale liminare e di apertura: nel testo, infatti, mediante un sistema di formule cui è affidato il compito di segnalare la transizione a una nuova sezione, il proemio funziona come zona nella quale è reso manifesto al lettore il
passaggio a un nuovo canto e a un diverso argomento; inoltre, in assenza di
una zona proemiale chiaramente demarcata, è egualmente utile comprendere in che modo il commentatore gestisca il passaggio da una sezione all’altra del commento.
Ebbene, va subito detto che nel commento di Iacomo della Lana vi è uno
spazio testuale di apertura, riservato all’illustrazione della struttura del canto e all’esposizione organica dei suoi contenuti e delle questioni che esso
solleva: a questo spazio si fa riferimento designandolo « distinctione » (cosí
Lana) o ‘chiosa generale’, ‘chiosa proemiale’, ‘proemio’, ‘introduzione ai
« capitoli »’.40 In effetti, una delle innovazioni piú significative del commento
di Lana è rappresentata dalla chiara distinzione che viene fatta, a partire dal vi
canto dell’Inferno, tra la chiosa proemiale e tutte le altre.41 Come sottolinea
Volpi, lungo tutto il corredo esegetico, il proemio « si fa via via sempre piú
ampio […], fino alle estesissime dimensioni di alcuni proemi paradisiaci ».
Questa « importante novità strutturale di organizzazione della materia » si
riflette sull’organizzazione dei contenuti delle singole chiose: una volta affidata a un unico spazio testuale l’esposizione organica delle questioni dotdino da Siena, in « Lingua e stile », a. li 2016, pp. 169-93, a p. 174, ove sono offerte preziose indicazioni per riflettere sulla relazione tra testualità e stile in prospettiva diacronica. Sull’utilità
di indagini tese a stabilire quale sia il grado di consapevolezza “diagenerica” da parte degli
scriventi vd. anche Fresu, La “miseria dell’uomo”, cit., p. 220, cui rimando per una riflessione
sull’importanza della « variabile diagenerica » (intesa come « condizionamento che la tipologia testuale può aver esercitato nella selezione delle risorse a disposizione nel sistema linguistico »).
40. L. Battaglia Ricci, L’illustrazione del Dante Riccardiano-Braidense, in Lana, to. iv pp. 271937, a p. 2721.
41. Vd. Volpi, Introduzione, cit., p. 19.
364
i commenti alla commedia di lana e lancia
trinarie, filosofiche e allegoriche del canto, le altre chiose possono tendenzialmente accogliere « solo la spiegazione puntuale dei singoli versi o dei
singoli lemmi ».42
A conferma della specificità della scelta di Lana, va ricordato che proprio gli ampi proemi anteposti alle chiose sul Paradiso vengono in alcuni casi
“scomposti” e segmentati da Andrea Lancia, allorché il notaio fiorentino si
serve del corredo esegetico lanèo per il suo commento.43 Una segmentazione coerente e accorta, quella di Lancia: riconosciuti i singoli temi affrontati,
Lancia riposiziona il testo lanèo in corrispondenza di quei versi cui si riferiscono le singole porzioni testuali della chiosa proemiale di Lana.44
Del resto, anche circoscrivendo l’analisi al campione prescelto, mi pare
che ben emerga la diversità del commento di Lancia: anche per effetto della ripresa delle chiose proemiali di Pietro Alighieri e di quelle della versione
volgarizzata dell’opera di Graziolo Bambaglioli, nel corredo esegetico ai canti dell’Inferno, il commento di Lancia risulta caratterizzato da chiose proemiali che non hanno l’articolata struttura di quelle del commento lanèo;45
come vedremo, esse esplicitano meno il legame col canto precedente, essendo spesso caratterizzate da un prevalente andamento paratattico che non
sempre prevede il rinvio a contenuti già illustrati.
In sostanza, per una zona testuale dotata di un suo peso nella struttura di
un commento, i dati sin qui richiamati fanno emergere le differenti strategie di organizzazione adottate da Lana e Lancia. Proprio nella loro diversità,
42. Ivi.
43. Vd. Azzetta, Introduzione, cit., p. 32: « fedele alla funzione esegetica che la chiosa per
sua natura deve mantenere, egli [Lancia] piú volte intervenne a scorciare drasticamente il testo del Lana, talvolta esplicitando il suo intendimento ».
44. Vd. ivi, pp. 33 e 44, per i modi in cui la tradizione fiorentina rielabora e riorganizza i
proemi lanèi ai canti del Paradiso. Per un confronto, mi pare interessante qui segnalare che, per
le operazioni di segmentazione del testo latino del De proprietatibus rerum nel volgarizzamento
realizzatone da Vivaldo Belcalzer, Casapullo rileva che non fu estranea all’« ordinamento sequenziale del testo d’arrivo » la « specifica competenza testuale » di Belcalzer, « professionista
avvezzo a irreggimentare le informazioni nella struttura salda del documento notarile » (Casapullo, Introduzione, cit., p. xxxix). E si veda anche ivi, p. xl, ove la studiosa fa notare che le
modalità di riassunto e riorganizzazione dei contenuti adottate da Belcalzer sono influenzate dalla « tecnica notarile ».
45. I due commenti cui si fa riferimento sono Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris
‘Comoediam’ commentarium, nunc primum in lucem editum consilio et sumtibus G.J. Bar. Vernon, cur. V. Nannucci, Florentiae, apud Guilielmum Piatti, 1845, e Comento alla cantica dell’ ‘Inferno’ di Dante Alighieri di autore anonimo, ora per la prima volta dato in luce, a cura di G.J. Warren
Vernon, Firenze, Baracchi, 1848 (il testo latino si legge in Graziolo Bambaglioli, Commento
all’ ‘Inferno’ di Dante, a cura di L.C. Rossi, Pisa, Scuola Normale Superiore, 1998).
365
chiara de caprio
entrambe appaiono fortemente legate al profilo e alla formazione culturale
dei due esegeti, e funzionali rispetto al tipo di operazione che Lana e Lancia
intendevano realizzare: ciò conferma che, nei commentatori piú consapevoli e attenti, specifiche modalità di organizzazione della materia rispondono
agli obiettivi complessivi del sistema esegetico e tengono conto del tipo di
lettura/fruizione che il commento intende proporre.46
b) Uno sguardo alla struttura delle chiose proemiali nel commento di Lana
Date queste premesse, vorrei ora mostrare alcuni aspetti della struttura
delle chiose proemiali del commento lanèo e mettere a fuoco i modi in cui
il commentatore si serve di stilemi e formule introduttive che, al contempo,
guidano il lettore nella fruizione della nuova porzione di commento e gli
consentono di muoversi all’interno del testo, avendo subito chiaro il legame
di ogni canto con quello precedente.
Non è naturalmente semplice ricondurre a schemi generali la varietà di
soluzioni concretamente realizzate da Iacomo della Lana; nondimeno, per
quanto riguarda il commento all’Inferno, per i casi in cui, nella chiosa proemiale, siano presenti sia l’esposizione dei contenuti sia l’illustrazione del significato allegorico di un canto, si può proporre un doppio schema, con ordine inverso degli elementi: 47
schema (a): descrizione dell’argomento in relazione alla struttura e alle sequenze
espositivo-narrative del canto + descrizione del peccato trattato; illustrazione dei
significati del canto e digressioni sugli aspetti filosofici e teologici trattati;
schema (b): descrizione del peccato trattato; illustrazione dei significati del canto
e digressioni sugli aspetti filosofici e teologici trattati + descrizione dell’argomento
in relazione alla struttura e alle sequenze espositivo-narrative del canto.
Quale che sia l’ordine prescelto, in ogni caso, nella chiosa proemiale l’illustrazione dei vari argomenti è sviluppata attraverso strutture elencative
46. Vd. Azzetta, Introduzione, cit., p. 34, per l’osservazione secondo cui, anche attraverso la
riorganizzazione dei proemi lanèi, Andrea Lancia « mostra piena consapevolezza rispetto alla
modalità di riappropriazione e di rielaborazione esercitata su uno dei testi esegetici piú autorevoli tra quelli a lui disponibili ». Piú in generale, vd. quanto rileva Celotto, Sondaggi, cit., p.
330, a proposito del fatto che « il formarsi progressivo di filiere che si costituiscono mediante
la stratificazione di materiali esegetici di varia natura » avviene « sí per accumulo, ma anche per
rielaborazione, selezione e messa in discussione di ciò che viene ricevuto ».
47. Ci sono casi in cui questi schemi vengono complicati, come accade per il proemio dedicato al canto vii: qui lo schema è reso piú complesso dalla presenza di diverse tipologie di
peccatori (avari, prodighi e iracondi).
366
i commenti alla commedia di lana e lancia
che richiamano la scomposizione analitica del testo tipica del diritto, della
filosofia, delle scienze, cosí come dell’omiletica e delle artes praedicandi, che
prescrivevano l’impiego delle distinctiones nell’articolazione testuale della predica.48 Come mostrano gli esempi riuniti al punto (1), nello schema (a), attraverso il ricorrere di una struttura che ha funzione tematizzante è riconoscibile la transizione dall’argomento del canto all’illustrazione analitica del peccato e dei significati allegorici del canto stesso; in particolar modo, si noterà come nei passi rubricati in (1) Lana ipercodifichi i segnali tematizzanti, affidandosi contemporaneamente sia a una struttura con « circa » sia alla coniunctio relativa: 49
(1) Circa le quai cose sí hè da notare che… (Lana, Inf., viii, p. 266)
Circa la qual cosa sí è da notare come… (Lana, Inf., xii, p. 378)
Circa lo qual vicio e pessimo peccado sí è de notare che… (Lana, Inf., xv, p.
458)
Circa la qual intencione sí è da notare doe cose… (Lana, Inf., xvii, p. 506).
Si tratta di sequenze formulari che possono ricorrere anche in piú punti del
proemio, cosí da marcarne i passaggi e gli snodi concettuali. Si prenda il caso
della chiosa proemiale al canto xiv, di cui al punto (2) è schematizzata la
struttura:
(2) (a) [formula introduttiva] In questo capitulo intende l’autor tratar de quî
c’àveno odio…
(b) Tene tal modo l’autor a significare per alegoria che…
(c) Circa la qual materia se pò far questione…
(d) Circa la quale cosa sí è da savere che…
(e) Lo primo argumento che…
(f) [formula di chiusura] Poi ch’è ditta la intentione del capitulo presente e lla
conditione de quî ch’el mençona, sí è da exponere lo testo dove besongna
(Lana, Inf., xiv, pp. 432 e 434).
Vediamo ora qualche esempio dello schema (b). Nella chiosa proemiale
al canto vi si può individuare una struttura tripartita che prevede la descri48. Vd. Palermo, Serialità e iterazione, cit., pp. 179-80.
49. Per un’analisi della funzione tematizzante della preposizione circa e per la valutazione
delle strutture tematizzanti con circa « come funzionalmente del tutto analoghe alla dislocazione, ma caratteristiche di un livello di scrittura piú elaborato », vd. M. Palermo, Il carteggio
vaianese (1537-39). Un contributo allo studio della lingua d’uso nel Cinquecento, Firenze, Accademia
della Crusca, 1994, pp. 157-58.
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chiara de caprio
zione del peccato (3); la scomposizione analitica delle caratteristiche del peccato (4); l’illustrazione delle sequenze espositivo-narrative del canto (5):
(3) Al tornar de la mente. Poscia c’ha trattado in lo precedente canto d’i luxuriusi i
quai hanno messa la rasone sotto la volontade per concupisencia di carne, qui
intend’ ello di trattare de colloro che sottometteno la raxone per vicio
de gola; el qual vicio, sí comme apparerà, no solo offusca l’annima, çoè l’intelletto e ’l cognosimento, ma etiamdio lo corpo dannifica, sí in vivere vituperoxo,
commo in abriviarli la vitta (Lana, Inf., vi, p. 224).
(4) Et è de savere che circa lo ditto vicio è da notare quattro cose. La prima
sí è una deletacione universale, la quale extrahe sí l’intento de l’ommo da le speculative e sentifiche cose, e rendel solo et attento et sollicito a le corporali cose.
Or la segonda cosa sí è ch’el se peca in lo ditto vicio segondo la qualitade d’i
cibi, che quili che sono in tale parte corrupti pongono tutta sua sollicitudene et
intento in tale qualitade; e quisti ènno chiamati iutti. La terça cosa in che se
pecca in lo ditto vicio sí è secondo quantità, la qual quantitade excede et avanza a
la debita mensura; e quisti sono appelladi vulgarmente lupi overo devoraturi. La
quarta cosa in che se pecca in lo ditto vicio sí hè in continuatione, li quali sono
sí corrutti in tal biastemia, che mai no interponono, né ammezano altra cosa. Le
quai quatro predicte cose tocca l’auctore allegorrigiando nel prexente
capitulo (Lana, Inf., vi, p. 224).
(5) E prima mette i peccaduri in esser stimoladi e tormentadi da diverse qualitadi
di vapuri congielati – sí comme è neve, gragnole, piovia, etcetera – et da fettore
et da puça. Le quali pene opponono a le deletacioni universali ch’àveno nel
mondo, comme de diversi cibi et oddorrifferri. Secondo pone Cerbaro essere
in quel luoco fiera, il qual Cerbaro fue re e fue molto corrupto in lo vicio de la
gola, e però lo pone con i ochi russi a simmillitudene de braxa, sí comme avene
a li gulluxi a li quai communalmente per lo soperchio mançare e bere sí se li
gietta una superfluità d’ummuri sanguinulenti nei ochi. E sí ’l pone con tre bocche le quai hanno a significare per allegoria la qualità, la quantità e ’l continuare
d’i golusi. Mettello che abaia continuo e tremma, e questo allegoriça ch’i golusi
deventano lamentaduri e gottuxi e con doie di fianchi e di stomaco, i quai maleaxevolemente trovano riposo. Et sozunge a questa materia alcuna proficcia
circa lo stado de Fiorenza, la qual sí se affàe a questo capitolo perché la prima
cagione ello oppone che naserà de questo vicio, sí como apparerà nel testo. Posia, in lo componimento del prexente capitolo, tocca alcuna cosa de la nostra
resurrecione, la quale nui farremo nel dí de l’ultimo giudixio (Lana, Inf., vi, pp.
224 e 226).
La transizione da (3) a (4), cioè dalla presentazione generale del peccato
della gola all’analisi delle sue caratteristiche, è segnalata mediante un introduttore di enunciato come « Et è de savere che »: si tratta di uno di quegli
368
i commenti alla commedia di lana e lancia
« indicatori di dialogo » mediante i quali viene rivelato « sia l’atteggiamento
di chi espone nei confronti di ciò che sta esponendo, sia il modo in cui, entrando in dialogo con il lettore, cerca di indirizzarne l’interpretazione ».50
Allo stesso modo, la fine di questa sezione e il passaggio da (4) a (5) sono
segnalati dalla frase « Le quai quatro predicte cose tocca l’auctore allegorrigiando nel prexente capitulo ». Con questa frase di chiusura con ordine OVS
(ordine obbligato, data la presenza della coniunctio relativa), Lana rimanda anaforicamente a quanto appena illustrato (« Le quai quatro predicte cose ») e, al
contempo, introduce l’articolazione del canto in sequenze: infatti, il soggetto rematico post-verbale della frase di chiusura (« tocca l’auctore »), diviene il soggetto tematico dell’intera successiva sezione 5, sviluppata mediante quattro sotto-sequenze che hanno il compito di illustrare le parti del
canto (si vedano in grassetto al punto 5 gli incipit delle quattro sotto-sequenze).
Inoltre, le quattro frasi nelle quali in (5) è esposta l’articolazione del canto
hanno tutte un soggetto il cui referente è il poeta stesso; in tal modo, il commentatore riconduce a Dante ogni affermazione e fa sí che l’auctoritas dantesca sia sempre presente (l’autore « mette », « pone », « sozunge », « tocca »): è
quest’ultima una tecnica espositiva che sarà quasi esclusiva nell’esposizione letterale del commento di Boccaccio, diversa da quella impersonale ed
enunciativa, tipica dei testi filosofici e dottrinali, usata dallo stesso Lana in
altri luoghi, cosí come poi da Boccaccio nell’esposizione allegorica del suo
commento.51
c) I pattern di esordio delle chiose proemiali nei commenti di Lana e Lancia
Dopo un’analisi della struttura, vorrei ora indagare le modalità con cui
nelle chiose proemiali sono presentati gli argomenti e le forme del collegamento con quanto già esposto: questo perché, generalmente, nella trattatistica le segnalazioni relative al passaggio a un nuovo capitolo/tema/sottotema sono tali da facilitare il percorso di lettura.52 Ad esempio, dagli spogli effettuati da Rita Librandi sul volgarizzamento fiorentino della Metaura, si apprende che, su cinquantanove chiose comprese nel testo volgare, solo otto
« entrano direttamente nell’argomento senza avvisare il lettore dell’avvio di
un nuovo tema o sottotema ».
50. Librandi, La lingua di Boccaccio, cit., pp. 362-63.
51. Ivi, pp. 358-59.
52. Vd. Librandi, Auctoritas, cit., p. 102, da cui anche la successiva citaz.
369
chiara de caprio
In via preliminare, occorre osservare che, al pari dei testi della tradizione scientifica, il commento di Lana ha un numero limitato di introduttori
di chiose proemiali. Come vedremo, si tratta in alcuni casi di strutture che
ripropongono formule ereditate dalla trattatistica mediolatina di ambito
scientifico e filosofico, come segnala il richiamo fatto da Lana alle tecniche
degli « expositori in le scentie ». Per entrare piú nel vivo, si può osservare che
le sequenze e gli schemi d’esordio della chiosa proemiale possono essere ricondotti a due soluzioni preferenziali, che chiamerò (a) e (b) nel prosieguo
del saggio.
Lo schema d’esordio piú diffuso non contiene rinvii a canti precedenti e
a contenuti già esposti, e ha un andamento paratattico (a). Una seconda tipologia, invece, mediante una subordinata prolettica, richiama contenuti
precedenti oppure offre spiegazioni sulla distribuzione della materia: essa
ha, quindi, una struttura ipotattica o paraipotattica (b). Accanto a queste due
soluzioni, vi è un terzo gruppo, residuale e “ibrido” (c): sotto il profilo testuale, esso è caratterizzato dal rinvio a punti precedenti della cantica; dal
punto di vista sintattico, esso può essere descritto come una “complicazione” dello schema (a) in senso ipotattico. Vediamo nel dettaglio, allora, le tre
soluzioni esordiali, procedendo dalla piú alla meno attestata.53
Nel caso (a), l’esordio della chiosa proemiale è affidato a una soluzione
rappresentabile in forma tipizzata mediante la frase « In questo capitulo intende l’autor tratare »: ne sono documentate tredici occorrenze dal canto vi
al canto xxxiv.54 La struttura che introduce il contenuto del canto ha un an53. Segnalo un’importante precisazione di Mirko Volpi: la distinzione tra chiosa proemiale
e chiose ai singoli versi manca nel commento ai primi cinque canti dell’Inferno (vd. Volpi, Introduzione, cit., p. 19); essa è dunque presente solo a partire dal vi canto. Infatti, a partire da qui,
il primo verso del canto (o una sua porzione) viene ripetuto due volte: una prima volta per
introdurre la chiosa proemiale all’intero canto e poi una seconda volta per marcare l’inizio
delle chiose di commento puntuale ai singoli versi. In ogni caso, va osservato che anche a Inf.,
iv e v, vi è un proemio, sebbene senza l’importante novità morfologica e strutturale che si
registra a partire dal vi canto. Riepilogando, mi pare che la situazione possa essere schematizzata come segue: messo da parte Inf., i, che presenta una struttura diversa, i canti con chiose
proemiali sono ventotto (Inf., vi-xv e xvii-xxxiv), quelli con una struttura ibrida sono due (Inf.,
iv e v), e tre quelli senza chiosa proemiale (Inf., ii, iii, xvi). In virtú di questa differenza, nella
presentazione dei dati non tengo conto della chiosa iniziale ai canti i, ii, iii, xvi e, per le trenta
chiose proemiali, distinguo tra le ventotto occorrenze documentate nei canti vi-xv e xviixxxiv e le due occorrenze relative ai canti iv e v.
54. Il pattern introduttivo paratattico « In questo capitulo intende l’autor tratare » è documentato nelle chiose proemiali dei canti ix, xi, xii, xiv, xvii, xx, xxi, xxiii, xxvi, xxvii, xxviii,
xxix, xxxiii. Non inserisco qui le occorrenze, solo apparentemente simili, documentate a Inf.,
xiii, xv, xviii, xxxiv, e a Inf., xxiv e xxxii, poiché in questi casi la frase matrice è accompagnata
370
i commenti alla commedia di lana e lancia
damento prevalentemente paratattico; la prima frase « In questo capitulo
intende l’autor tratare », cioè, non è accompagnata da subordinate che rimandino a contenuti già illustrati e a canti precedenti, come esemplificato
ai punti (6)-(9):
(6) Era lo luoco ove a scender. In questo capitulo intende l’autore tratar e punire li
tyranni, e punissilli im sangue che bolle continuo (Lana, Inf., xii, p. 378).
(7) Eco la fiera. In questo capitulo intende l’autore tratar della forma e figura che
gl’aparve in specia de fraudolencia. Po’ in quel meço che ’l duca stete a parlare
cum la dicta fiera, tratta di l’usurarii, li quai el punisse in la fin del vij circolo cum
fiamme de fogo e cum vapuri fetidi e puçolenti li quai esseno del fondo dell’abisso (Lana, Inf., xvii, p. 506).
(8) Di nuova pena mi convien far versi. In questo xx capitulo intende l’autor tratare
della pena de quî peccaduri che fono al mondo induvinaduri, incantaduri, erbarii, augurii e de simel prestigii e superstitioni (Lana, Inf., xx, p. 580).
(9) Già era dritta. In questo capitulo toca l’autor d’alcune segnorie che al so tempo regeano le cità de Romagna. Po’ introduxe a parlare cum lui lo conte Guido
da Montefeltro, e recitali de soa vitta al mundo. Poi toca alcuna cosa della despositione che convene avere l’omo in recever lo sagramento della penetentia (Lana, Inf., xxvii, p. 758).
Sotto (b), invece, raggruppo un insieme di pattern ipotattici e, piú raramente,
paraipotattici; essi sono caratterizzati dalla presenza di una subordinata attraverso la quale il commentatore può rinviare, in modo chiaro ed esplicito,
al contenuto dei canti precedenti oppure può offrire spiegazioni relative
alla distribuzione degli argomenti: di questo tipo, vi sono dieci occorrenze
dal canto vi al canto xxxiv; ad esse possono aggiungersi altre due occorrenze
nelle chiose proemiali ai canti iv e v.55 Leggermente minoritari rispetto ai
da una modale o da una temporale che rinviano a contenuti già esposti. Per il pattern d’esordio
di queste chiose vd. infra.
55. Per l’elenco puntuale dei canti in cui occorrono queste strutture vd. infra. Preferisco
restringere la nozione di struttura paraipotattica ai soli casi in cui una subordinata prolettica è
seguita da una frase matrice aperta da e (/ e ecco), cosí da distinguerla dalle “strutture correlative ipotattiche” e, in particolar modo, da quei pattern in cui una subordinata prolettica è seguita da una frase matrice aperta da sí; per questa distinzione vd. C. De Caprio, Paraipotassi e ‘sí’ di
ripresa. Bilancio degli studi e percorsi di ricerca (1929-2010), in « Lingua e stile », a. xlv 2010, pp. 285328; M. Mazzoleni, Paraipotassi e strutture correlative, in GIA, cap. iv pp. 782-89; M. Dardano,
Tra Italia e Francia, in Tra Due e Trecento, cit., pp. 109-17, a p. 113, e ora anche la sistemazione di P.
Cuzzolin, Considerazioni sulla paraipotassi in italiano, in Relazioni linguistiche. Strutture, rapporti,
genealogie, a cura di M. Becker e L. Fesenmeier, Bern, Lang, 2016, pp. 71-88.
371
chiara de caprio
casi di tipo (a), questi schemi possono essere ulteriormente distinti in tre tipi: li illustro ordinandoli dal meno attestato al piú frequente, concentrandomi sullo schema che gode di un maggior numero di occorrenze.
Lo schema d’esordio meno diffuso (b.1) è quello in cui una circostanziale
è inserita dopo il primo costituente della frase matrice; ne è documentata
una occorrenza a Inf., xxiv:
(10) In quella parte. In questo, doppo alcune parole et exempi missi in quello
per caxone d’anpiare soa materia poeticamente, sí intende de trattare
della pena d’i ladruni (Lana, Inf., xxiv, p. 680).
Il secondo tipo (b.2) è lo schema “sub. causale introdotta da « perché » + frase
matrice”; ne sono attestate due occorrenze a Inf., x e xix:
(11) Ora sen va. Perché a la sufficiencia non se potrebbe parlare della multitudine
delle heresie in uno capitulo, ha vogludo l’autore dare piú d’uno canto a
cotai sette (Lana, Inf., x, p. 328).
(12) O Symon mago. Perché de sovra nel prohemio del precedente capitulo è
ditto e fatto mentione della colpa d’i symoniaci, quanto in lo logo là dove li
punisse l’autore, qui è da apaleçare alcuna cosa, im particulari commo symonia è peccado (Lana, Inf., xix, p. 554).
Lo schema piú diffuso (b.3) è rappresentabile in forma tipizzata come “sub.
introdotta da « poi che » + frase matrice”: ne sono documentate sette occorrenze a Inf., vi, vii, viii, xxx (con poliptoto) e xxii, xxv, xxxi (senza poliptoto), cui può aggiungersi l’occorrenza a Inf., iv (con poliptoto e con un costituente della frase matrice che precede la sub. prolettica); la soluzione paraipotattica “sub. introdotta da « poi che » + « e » + frase matrice” è documentata nella chiosa di Inf., v.
La struttura piú frequente è, dunque, quella che recupera formule tipiche
della prosa scolastica, ma riprodotte « in molti altri generi della “prosa media” volgare due-trecentesca ».56 Come esemplificato in (13) e (14), essa è
costituita dalla combinazione “sub. prolettica temporale(-causale) introdotta da « poi che » (/ « poscia che » / « da po’ che ») + frase matrice”, nella quale
sia la subordinata sia la frase matrice presentano verbi della sfera dell’esposizione e dell’apprendimento:57
56. Librandi, Auctoritas, cit., p. 102. Essa occorre anche nel Convivio, come mostrato ivi, p.
105, e in Librandi, Dante e la lingua della scienza, cit., p. 68.
57. Per una descrizione di questo tipo di temporali vd. L. Zennaro, Frasi temporali, in GIA,
cap. xxvii pp. 953-73; F. Bianco, Le proposizioni temporali, in SIAnt, pp. 270-307, partic. alle pp.
279-92. Nei due studi si adotta una denominazione opposta di queste strutture: esse sono defi-
372
i commenti alla commedia di lana e lancia
(13) Al tornar de la mente. Poscia c’ha trattado in lo precedente canto d’i luxuriusi i quai hanno messa la rasone sotto la volontade per concupisencia di carne,
qui intend’ello di trattare de colloro che sottometteno la raxone per vicio de
gola (Lana, Inf., vi, p. 224).
(14) Io dico, seguitando. Poi ch’infine del septimo capitulo ha trattà l’autor de li
iracondiunsi, in questo viij e’ intende trattare di li arroganti e d’i superbi
(Lana, Inf., viii, p. 266).
La chiosa proemiale presenta, quindi, un avvio nel quale la subordinata prolettica svolge la funzione di cerniera meta-testuale: essa rimanda anaforicamente a quanto si è appena finito di illustrare, mentre la frase matrice indirizza il lettore « verso la materia successiva assumendo una funzione cataforica ».58 Non mancano casi in cui le due frasi sono legate da poliptoto giacché
lo stesso verbo occorre sia nella subordinata sia nella frase matrice, come accade nel caso del doppio impiego del verbo « trattare » in (13) e (14).59
Tenendo conto del restringimento della nozione di paraipotassi (secondo
quanto indicato alla nota 55), in base alle scelte editoriali di Volpi, in un caso
il rapporto tra subordinata e frase matrice è di tipo paraipotattico, come illustrato in (15):
(15) Poi che per l’auttore è narrado e ditta la condiccione de le anime che sono nel
primo cercolo overo grado del doloroxo foro, e qui, in questo v capitulo, recita
la condiccione de quelle che sono in lo ij cercolo over grado (Lana, Inf., v, p.
206).60
nite come «frasi temporali che esprimono l’anteriorità» in GIA, p. 967, e come «proposizioni
temporali della posteriorità» in SIAnt, p. 279. Per queste due diverse possibilità, che dipendono
dalla frase che si adotta come “perno” per stabilire la relazione temporale, e per la loro diffusione nella tradizione grammaticale di diverse lingue romanze, vd. E. Méndez García de Paredes, Las oraciones temporales en castellano medieval, Sevilla, Univ. de Sevilla, 1995, p. 21.
58. Librandi, Auctoritas, cit., p. 103. Vd. Bianco, Le proposizioni temporali, cit., p. 280: « il loro
succedersi […] rende esplicita, al piú alto grado, la connessione testuale »; vd. anche ivi, p. 283,
ove sono riportati esempi analoghi a quelli da me esemplificati ai punti (13) e (14) per mostrare il ruolo di « cerniere metatestuali » di queste subordinate. Per diverse funzioni delle temporali nella prosa scientifica vd. C. Giovanardi-E. De Roberto, Componente formulare e strategie
traduttive in alcuni volgarizzamenti toscani dal francese, in Le choix du vulgaire. Espagne, France, Italie.
Actes du Colloque de Paris, 17-18 novembre 2011, dir. N. Bianchi Bensimon, B. Darbord,
M.-C. Gomez-Géraud, Paris, Classiques Garnier, 2015, pp. 103-31, alle pp. 126-28.
59. Per esempi dalla prosa scientifica vd. Librandi, Auctoritas, cit., p. 102. Ricordo che in
Lana casi di ripetizione del verbo trattare nella subordinata prolettica e nella frase matrice sono
documentati nelle chiose proemiali a Inf., vi, vii, viii, xxx (e anche a Inf., iv).
60. Si noti che si tratta della chiosa proemiale al canto v, cioè di uno di quei cinque canti
iniziali per i quali Volpi segnala una diversa struttura.
373
chiara de caprio
A conferma della chiarezza strutturale del commento lanèo, al pari della
parte introduttiva, anche la chiusura della chiosa proemiale può essere ben
segnalata attraverso il medesimo pattern “sub. prolettica + frase matrice”,
come mostra l’es. (16):
(16) Possa ch’è ditto della intentionne del presente capitulo è da dechiarare et
exponere lo testo ov’ ell’ è mestieri (Lana, Inf., x, p. 328).
Infine, accanto agli schemi d’esordio sin qui illustrati, mi pare possano
essere riconosciuti cinque casi con due strutture “intermedie” tra i pattern
esordiali paratattici e quelli ipotattici con subordinate prolettiche. Infatti, in
quattro casi (Inf., xiii, xv, xviii, xxxiv), l’esordio con « In questo capitulo intende l’autor tratare » è complicato dalla presenza di una subordinata modale posposta alla frase matrice. Come mostrano gli ess. (17)-(19), pur non rimandando ai contenuti del canto immediatamente precedente, nondimeno
la subordinata ha la funzione di stabilire un collegamento intertestuale; essa,
infatti, richiama altri punti della cantica nei quali era stato anticipato il contenuto del canto di cui il commentatore intende trattare:
(17) Non era ancor di llà Nesso arrivato. In questo capitulo intende l’autor tratare
de quella segonda inçuria che se fé a sí instesso in prima e po’ alle soe cose, sí
como propose in lo xj capitulo (Lana, Inf., xiii, p. 410).
(18) Luogo et in inferno detto, etcetera. In questo capitulo intende l’autore tratar
de la pena d’i rufiani e delli inganaduri, li quai se punisseno in la prima et in la
segonda bolça de l’otavo circulo, sí com’è dicto in la distintione de quello
in lo començamento del xvj capitulo (Lana, Inf., xviii, p. 532).
(19) Vexilla regis. In questo ultimo capitulo de l’Inferno intende l’autor trattare
della pena de quî tradituri che peccano secundo lo quarto modo de traditoria, sí
come de sovra è fatta mentione (Lana, Inf., xxxiv, p. 912).
In questo gruppo “intermedio” inserisco anche l’unica occorrenza (a Inf.,
xxxii) della struttura “frase matrice + sub. introdotta da « possa che »”; come
si vede in (20), essa può essere considerata sia una complicazione in senso
ipotattico dello schema (a), sia una struttura che, rispetto a quelle documentate in (b.3), presenta un ordine inverso tra frase matrice e subordinata:
(20) S’io avesse le rime. In questo capitulo et in li dui seguenti, che sono la fine de
la presente prima parte, intende l’autore […], possa c’ha dicto d’i fraudulenti (Lana, Inf., xxxii, p. 870, con lacuna dopo « intende l’autore »).
Rispetto al quadro che ho delineato per il commento di Lana, vorrei bre374
i commenti alla commedia di lana e lancia
vemente mettere in luce i due aspetti che mi sembrano piú rilevanti nelle
chiose proemiali di Andrea Lancia, utili, peraltro, per trarre qualche prima
considerazione conclusiva. In riferimento al corredo esegetico del notaio,
si è già detto della programmatica asciuttezza delle chiose proemiali: come
messo in luce da Azzetta, questa stringatezza è in buona parte un effetto sia
della maggiore attenzione che Lancia presta agli aspetti strutturali del canto,
sia, piú in generale, della diversa funzione e dei differenti obiettivi dell’esegesi del commentatore fiorentino; parimenti, si è anche fatto cenno al fatto
che le soluzioni documentate in apertura delle chiose proemiali dipendano
in buona parte dal volgarizzamento del commento di Bambaglioli (da ora,
Bamb., Volg.) o traducano quelle di Pietro Alighieri (da ora, Pietro). Ebbene,
grazie alla puntuale indicazione delle fonti offerta da Azzetta, è possibile
ricondurre tanto le soluzioni adottate quanto i cambiamenti dello schema
di apertura prescelto a un preciso ventaglio di possibilità. Infatti, il commento lancèo può:
(a) seguire uno schema attestato in Bamb., Volg.;
(b) presentare un’alternanza di soluzioni che ripropone, in traduzione, diversi schemi attestati in Pietro, talora modificando strutture ipotattiche con andamenti paratattici;
(c) presentare schemi introduttivi non presenti in Bamb., Volg., né in Pietro.61
Per far emergere alcuni aspetti che svilupperò nelle conclusioni (par. 4),
vorrei soffermarmi sul caso delineato in (b). Come si è detto, alcuni cambiamenti negli schemi di apertura del commento di Lancia riflettono un’alternanza di soluzioni che è già in Pietro.
Si prenda, ad esempio, la differenza tra la chiosa introduttiva del canto ix
e quella del canto xiii. Riportata al punto (21), la chiosa introduttiva al canto
ix è caratterizzata dall’assenza di rimando al canto precedente e da un esordio “paratattico” che illustra la divisione del canto:
61. Ad esempio, dall’apparato di commento di Azzetta si desume che è questo il caso per
la struttura ipotattica con cui si apre il commento al canto vi, che ripropone uno schema simile a quello già visto in Lana: « Ghiosa sopra ’l vi canto. Al tornare della mente che ssi chiuse etc.
L’autore in que‹sto› capitolo, avendo trattato di coloro che sono per ‹amore› morti il cui principio è lussuria, in questa parte intende trattare del vitio della gola, dal quale lussuria discende »
(Lancia, Inf., vi 1, p. 187); e cosí ancora il vii: « Ghiosa sopra ’l vii canto. Pape Satàn, pape Satàn
aleppe etc. Poi che ll’aut‹or›e nel sopradetto capitolo hae trattato del vitio della gola, in questo
presente capitolo tratta del vitio dell’avaritia di‹scen›dente da cupidità, la cui figura pone in
uno diavolo d’‹in›ferno il cui nome è Plutone, il quale secondo i poeti è detto iddio d’inferno
e marito di Proserpina » (Lancia, Inf., vii 1, p. 197).
375
chiara de caprio
(21) Ghiosa sopra ’l viiii canto. Quel colore etc. Questo canto si divide in tre parti.
Nella prima parte pone… Ivi comincia la seconda parte…Quivi comincia
la terza parte… (Lancia, Inf., ix 1-3, p. 219).
Documentata al punto (22), la chiosa del canto xiii, invece, presenta uno
schema ipotattico: la participiale prolettica precisa quali sono i contenuti affrontati nel canto precedente, mentre la frase matrice chiarisce di che cosa
tratti il nuovo canto. La scelta di una struttura del genere è in effetti particolarmente adatta, visto il legame contenutistico tra il canto xii e il xiii:
(22) Ghiosa sopra ’l xiii canto. Non era etc. Trattato nel precedente canto della
prima qualitade de’ violenti che usarono violenza contro al proximo e ne’ suoi
beni, in questo canto tratta della seconda qualitade d’essi che usarono violenza nelle loro propie persone e ne’ loro beni (Lancia, Inf., xiii 1, p. 264).
Qui interessa evidenziare un dato. Come mostrano i passi in (23) e (24),
queste soluzioni sono già presenti in Pietro: per quanto possa essere probante il rimando al testo fissato nell’edizione di Pietro, (21) ha come fonte (23) e
(22) ha come fonte (24). Con le cautele necessarie in questi casi, si noterà
che, rispetto al passo latino in (23), quello volgare in (21) rende piú esplicita
la strutturazione del canto in tre parti, ripetendo sempre il sostantivo « parte » (laddove il latino ha « secunda », « tertia »): 62
(23) Quel color che viltà di fuor mi pinse. Dividitur iste cantus in tres partes. In prima
ponit…Ibi secunda, in qua tractat… Ibi tertia, in qua dicit… (Pietro, Inf., ix 1,
p. 117).
(24) Ad primam igitur auctor, dicto de violentia, quae committitur circa proximos
et eorum res, procedit ad narrandum poetica figuratione de secunda violentia, quae committitur per nos aliquando in nobis ipsis et in rebus nostris (Pietro,
Inf., xiii 1-9, p. 156).
62. Sulla tendenza della prosa volgare a usare la ripetizione come strumento atto a dare
chiarezza (e coesione), anche oltre l’impiego che ne fa l’ipotesto mediolatino, vd. Librandi,
Dante e la lingua della scienza, cit., p. 64: in particolare, in riferimento ai procedimenti anaforici,
la studiosa osserva che la ripetizione anaforica può essere presente già nel testo latino, ma il
volgarizzatore ne estende e generalizza l’impiego per rafforzare la coesione, « portando alle
estreme conseguenze il procedimento latino ». Per la possibilità che, in alcuni casi, queste
tecniche di “ribadimento” ed esplicitazione dei legami coesivi siano già in alcuni rami della
tradizione mediolatina e non siano un’innovazione del volgarizzatore vd. la discussione in
Casapullo, Il ‘Trattato di scienza universal’, cit., pp. 24-26, ripresa e valorizzata in Frosini, Volgarizzamenti, cit., p. 49, e De Roberto, La sintassi dei volgarizzamenti, cit., pp. 242-43.
376
i commenti alla commedia di lana e lancia
Al contempo, confrontando alcuni incipit di Lancia con quelli attestati in
Pietro, si nota che, in corrispondenza di un andamento ipotattico in latino,
può esservi in volgare una soluzione che porta a una differente distribuzione dell’informazione nel testo.63 Si vedano i casi in (25) e (26); la gerundiva
e la participiale del latino vengono rese con frasi con verbo di modo finito
(« continuando » > « continua » e « facto » > « fa »), e l’intera configurazione del
periodo viene ristrutturata: 64
(25) Continuando auctor ad proxime dicta superius, procedendo in dicta morali
speculatione, fingit se venire ad violentos contra Deitatem (Pietro, Inf., xv, p.
173) > L’autore continua sé a quelle cose che proximamente avea dette, procedendo nella sua morale speculatione. Finge sé venire alli violenti contra la deitade (Lancia, Inf., xv 1, p. 288).
(26) Auctor in hoc Capitulo, facto quodam proemio ad praecedentia proxima, incipit tractare de specie et poena decimae fraudis quae in decima bulgia hinc fingitur per eum puniri, scilicet de falsitate (Pietro, Inf., xxviii, p. 250) > Fa l’autore
in prima un suo prohemio a quello che proximamente disse di sopra; poi comincia a trattare della iii spetie e pena delli frodolenti che nella x bolgia finge
esser puniti, cioè la falsitade di cosa (Lancia, Inf., xxviii 1, p. 431).
Volendo trarre qualche prima indicazione, mi pare che la diversità dei due
commenti venga pienamente confermata anche dall’analisi delle strategie
espositive delle chiose proemiali. Quelle del commento lanèo sono organizzate in ampie strutture dotate di una precisa segmentazione e sono caratterizzate dagli schemi introduttivi peculiari della trattatistica mediolatina e
volgare. Piú brevi e “mosse” quelle del commento di Lancia. Per quest’ultimo, nella zona testuale di esordio delle chiose, Bamb., Volg., e Pietro funzionano come “testi-guida” da cui mutuare una prevalente organizzazione paratattica; questo andamento paratattico pare in alcuni casi prescelto anche
oltre l’uso registrato negli ipotesti (o almeno nelle edizioni). Al contempo,
da Bamb., Volg., e Pietro derivano anche alcune soluzioni ipotattiche: utilizzate per creare un rinvio anaforico al canto precedente, queste strutture sono documentate nel commento pure in chiose non dipendenti dai due ipotesti.
63. Sul rapporto tra carico informativo, paratassi e ipotassi vd. M. Palermo, Linguistica testuale dell’italiano, Bologna, Il Mulino, 2013, pp. 192-200.
64. Questa scelta si registra con una certa frequenza nelle chiose proemiali del Purgatorio
(vd. Sferragatta, Strategie espositive, cit., pp. 73-76, ove si mostra che nel commento di Lancia
lo schema ipotattico di Pietro è abbandonato a favore di una soluzione paratattica).
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chiara de caprio
4. Un primo bilancio
A partire dai casi qui illustrati, è possibile fare qualche generalizzazione,
per quanto provvisoria e basata su uno studio circoscritto alle chiose proemiali dedicate ai canti dell’Inferno dantesco nei due commenti di Iacomo della Lana e Andrea Lancia.
Quanto messo in luce in merito alle modalità di costruzione delle chiose
proemiali non è un elemento sorprendente per i filologi e gli storici della
lingua avvezzi a maneggiare questi testi. Ma non è forse superfluo ribadire
che, quando si intende ricavarne informazioni sulla lingua e lo stile, vanno
sempre tenuti in debito conto due aspetti: da un lato, il rapporto con gli ipotesti pre-esistenti di cui il singolo compilatore/commentatore si è servito;
dall’altro, la specificità della singola zona testuale nella struttura del testo.
Mi pare utile, in questa seconda prospettiva, analizzare i commenti anche
alla luce di note distinzioni, come quelle tra “parti diegetiche”, “parti mimetiche” e “soglie” del testo; sono, infatti, queste ultime, delle zone testuali nelle quali con piú facilità si addensano strutture cui sono affidate le molteplici
funzioni per le quali è necessario che sulla superficie del testo emerga l’istanza narrativa (o persona autoriale).65
Quest’attenzione al rapporto tra strumenti linguistici, opzioni stilistiche
e costruzione narrativa è tanto piú necessaria nel caso di testi ampi e stratificati come i commenti; testi, cioè, che funzionano come ciò che in termini
genettiani possiamo definire un « ipertesto »:66 larghe porzioni dei commenti, infatti, possono essere considerate il punto d’arrivo di elaborati processi di
riscrittura e traduzione, di cui solo in parte riusciamo a ricostruire i percorsi
concreti e gli oggetti reali a partire dai quali essi presero avvio. Ma, in ogni
caso, per quanto possa sfuggirci la singola dinamica storica, al pari dei contenuti, le caratteristiche sintattico-testuali dei commenti vanno valutate esaminando tanto le modalità con cui sono riscritti gli ipotesti, quanto la maggiore o minore volontà (e, talora, capacità) di modificare il dettato dell’ipotesto adattandolo al nuovo cotesto.
Del resto, una volta inseriti i commenti nel piú vasto campo letterario e
linguistico medioevale, non appare sorprendente che le soluzioni testuali
65. Le potenzialità degli strumenti di interrogazione di corpora digitali per l’analisi di strutture sintattiche in specifiche zone testuali delle opere di Dante sono illustrate in M. Tavoni, ‘DanteSearch’: istruzioni per l’uso. Interrogazione morfologica e sintattica delle opere volgari e latine di
Dante, in Sintassi dell’italiano antico, cit., pp. 59-80.
66. Vd. Genette, Palinsesti, cit., pp. 7-8, ove si definisce « ipertesto » il testo che « si innesta »
su un « testo anteriore » (cioè su un ipotesto).
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i commenti alla commedia di lana e lancia
documentate in questa tradizione vennero concretamente delineandosi attraverso dinamiche di traduzione e rielaborazione (anche a partire da « interferenze massime e contrasti minimi »); e, dunque, attraverso una faticosa
« contrattazione » che impegnava ciascun rifacitore/commentatore nel momento in cui aveva dinanzi i testimoni che gli servivano da antigrafi.67
Chiara De Caprio
★
Sebbene si tratti di due dei piú importanti commenti alla Commedia in volgare, oggi
disponibili in edizioni di grande valore, i testi di Iacomo della Lana e Andrea Lancia non
sono stati sinora oggetto di lavori di taglio analitico relativi alle strategie sintattico-testuali. Il contributo rimedia a quest’assenza offrendo una descrizione delle chiose proemiali
ai singoli canti nei commenti all’Inferno di entrambi. Sono analizzati due aspetti: a) i modi
in cui i due commentatori hanno progettato la struttura complessiva delle chiose proemiali per guidare l’interpretazione del lettore; b) i pattern sintattico-testuali delle formule
introduttive e di chiusura delle chiose proemiali. Su un piano generale, si ambisce a sottolineare la rilevanza dei commenti per una piena comprensione delle strategie di costruzione e organizzazione di testi caratterizzati da ampio riuso di ipotesti pre-esistenti.
The texts of Iacomo della Lana’s and Andrea Lancia’s Dante commentaries – among the earliest
and most important vernacular exegesis of the ‘Divine Comedy’ – are for some time already available
in valuable editions. Notwithstanding, they have not yet been so far the subject of analytical studies
focusing on syntactic and textual strategies. The paper tries to fill this gap by providing a description of
the proemial glosses to each Infernal canto of both commentaries. Two aspects are here analysed: a) the
ways in which the commentators designed the overall structure of the proemial glosses in order to orient
the reader’s interpretation; b) the syntactic-textual patterns of both opening and closing formulations
of the proemial glosses. On a general point of view, the paper aims at stressing the importance of the
commentary’s textuality for a better knowledge of the composition and organisation strategies of texts
presupposing a large reuse of previous hypotexts.
67. Le dinamiche di contrattazione tra copista e antigrafo sono esemplarmente descritte
in Varvaro, Il testo letterario, cit. Di « interferenza massima e contrasti minimi » parla Folena,
Volgarizzare e tradurre, cit., p. 13, per definire il rapporto che lega testo di partenza e testo di arrivo nel caso delle « traduzioni orizzontali ».
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