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Troppe fake news? Ecco come difendersi

2018

Interview on fake news from a sociological standpoint

Domenica, 6 maggio 2018 millebattute Erio Castellucci arcivescovo La possibilità di una libertà relativa Settimanale cattolico modenese Supplemento di Notizie e «bufale» Intervista all’esperto Alberto Cevolini Riapre a Fiumalbo l’antica chiesa dell’ex Seminario Il terzo centenario della morte in esilio di «Mary of Modena» a pagina 3 a pagina 5 a pagina 6 Domenica prossima 20 maggio si celebra la Giornata delle comunicazioni sociali Editoriale Aldo Moro: ricordarlo per servire l’Italia reale DI FRANCESCO Quella pratica «diabolica» delle fake news GHERARDI Q uarant’anni fa, il 9 maggio 1978, si concludeva tragicamente il rapimento di Aldo Moro, con il ritrovamento del suo corpo esanime. Mercoledì alle 17, in Piazza Grande, sarà inaugurata la mostra Noi c’eravamo. Modena per Aldo Moro 40 anni dopo, seguita da un momento di confronto. La mostra intende ricordare come i modenesi si mobilitarono in occasione del rapimento di Moro, al quale sarà dedicato un Consiglio comunale straordinario giovedì pomeriggio. L’omicidio Moro, come l’assassinio Matteotti o l’uccisione di Falcone e Borsellino, è uno dei tornanti tragici della storia italiana. L’immagine dello statista crivellato di colpi nel bagagliaio della R 4 è un ricordo inquietante che affiora periodicamente nella vita nazionale, un’occasione di rimorsi e di rimpianti per ciò che l’Italia avrebbe potuto essere e non è stata: un Paese serio, con una classe dirigente capace di gestire le contingenze, senza rinunciare a formulare un «pensiero lungo», una visione del mondo e della storia. Quello di Moro è un ricordo persistente, sì, ma anche terribilmente lontano, nell’Italia che consegna il 30% di share all’ennesima edizione del Grande Fratello. Un Paese nel quale la politica stessa sembra un grande reality, composto da cinque o sei concorrenti che si avvicinano e si riallontanano nel corso di conferenze stampa e programmi televisivi, quando non con un tweet. Nell’Italia sospesa fra polemiche calcistiche e diatribe partitiche –sempre e comunque in cerca di divisioni urlate, più che di soluzioni meditate– il ricordo di Moro rischia di attraversare la scena come l’ombra silenziosa di un’epoca recente, ma già remota. Eppure, la figura di Aldo Moro ci ricorda i limiti che il pericoloso gioco della politica –intesa come conquista e gestione del potere– deve porsi; ci ammonisce di quanto preziosa sia quella pace sociale che troppo spesso diamo per scontata; ci esorta a ricordare quanto sudore e quanto sangue siano stati versati per costruire e custodire la libertà e la democrazia. Occorre solo essere disposti a disconnettersi per una volta dal Paese virtuale, per amare e servire l’Italia reale. La libertà intesa come autonomia è libertà «da» qualcosa o da qualcuno. Abbiamo visto che una libertà assoluta di questo tipo è impossibile, perché noi dipendiamo, che ci piaccia o meno. È invece possibile una libertà relativa: anzi, le nostre scelte sono normalmente frutto di un margine di libertà che possiamo esercitare. Però c’è una libertà più importante e decisiva rispetto alla libertà «da» ed è la libertà «per»: la prima gioca sulla difensiva, la seconda va all’attacco, esce da se stessa, incontra l’altro. Si esprime nella relazione, nel dono di sé. E riesce ad allargare l’ambito della libertà «da». Un esempio. Una persona può decidere liberamente di drogarsi; certo, sarà stata spinta a farlo dai cattivi esempi, dalla curiosità o dal disagio, ma le sarà rimasta una certa zona di libertà da spendere. Drogarsi dunque può essere una scelta almeno parzialmente libera. Ma il risultato di questa scelta è un progressivo annientamento, della libertà, assorbita dalla dipendenza. Il drogato finisce per non avere più segmenti di libertà, perché è totalmente in balìa del suo bisogno di sostanze. La libertà «da» deve diventare sempre libertà «per» qualcosa che davvero libera e non crea dipendenze, altrimenti implode su se stessa. DI ERIO CASTELLUCCI * I Un simbolico «assalto» di operatori della comunicazione eventi PREDA NG RI ADORA Poveri foglietti della Messa Spezzano, qualcuno ha avuto la trovata di A bruciare i foglietti della Messa su un altare. Probablimente una ragazzata, che avrebbe potuto avere conseguenze gravi. Oltre a mancare di rispetto alla casa di Dio. Su questo punto, nulla di nuovo: un tempo occorreva intervenire perchè i fedeli non fiutassero o masticassero tabacco in chiesa, magari sputando sul pavimento. La stirpe dei balordi non conosce inverno demografico, quindi anche oggi occorre stare con gli occhi aperti. E se, in epoca di comitati di vicinato e di vigilanza di quartiere, i parrocchiani vigilassero facendo qualche visita in più alle rispettive chiese, anche solo per qualche minuto? Anzichè i foglietti, magari brucerebbe qualche lumino in più e i bilanci parrocchiali ringrazierebbero. Ac, il presidente nazionale a Palazzo Europa a P maiuscola. Fare politica sotto le parti» è il titolo di un volume recentemente pubblicato per le edi« L zioni Ave da Matteo Truffelli, docente di Storia delle dottri- ne politiche all’Università di Parma e presidente nazionale dell’Azione cattolica italiana. Il tema dell’opera, un dialogo agile e serrato con Gioele Anni, giovane giornalista di Lodi, è una riflessione sul modo in cui l’Azione cattolica, e più ampiamente la comunità dei credenti, siano chiamate a concorrere alla costruzione del bene comune. Non più stando al di sopra delle parti, ma «sotto di esse». Lunedì alle 21 a Palazzo Europa (via Emilia Ovest, 101) Gianfranco Brunelli, direttore de Il Regno converserà su questo tema con l’autore, in una serata che si preannuncia interessante, anche alla luce del prolungato stallo politico che il Paese sta vivendo. (F.G.) l Messaggio di papa Francesco per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni sul tema «La verità vi farà liberi» analizza il fenomeno della diffusione delle “notizie false” o “fake news” via internet. Come al solito, il papa non fa sconti e paragona chi sparge informazioni ingannevoli al serpente che disinformò Adamo ed Eva, invitando a reagire con fermezza a questa pratica “diabolica”. Commentare solo qualche passaggio del testo. «Queste notizie, false ma verosimili, sono capziose, nel senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi all’interno di un tessuto sociale, sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia, il disprezzo, la rabbia e la frustrazione». In altre parole le “fake news” puntano alla dimensione istintiva della gente, ossigenando l’aggressività repressa. Tanto più che «le persone interagiscono spesso all’interno di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti»: è il paradosso dell’illusione di comunicare a vasto raggio, quando in realtà ci si mette in dialogo solo con quelli che la pensano allo stesso modo, escludendo le opinioni diverse; basta infatti un semplice click per “buttare fuori” al gruppo chi osa dissentire. «Il dramma della disinformazione è lo screditamento dell’altro, la sua Papa Francesco non fa sconti e paragona chi sparge informazioni ingannevoli alla figura del serpente che disinformò Adamo ed Eva, invitando a reagire con fermezza rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare». Per questo papa Francesco cita la prima “fake news” della storia che è la catena di menzogne con la quale il serpente tenta Adamo ed Eva. La “logica del serpente”, il “padre della menzogna” (Gv 8,44), sta alla base della disiformazione intenzionale e diventa facilmente virale, diffondendo falsità impossibili da controllare e difficili da rettificare. Papa Francesco non cede tuttavia allo scoraggiamento e richiama la necessità di moltiplicare «le iniziative educative che permettono di apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo» e «le iniziative istituzionali e giuridiche impegnate nel definire normative volte ad arginare il fenomeno». Insieme a questi due antidoti, il papa ne evidenzia un altro, che per i cristiani è primario ed è fondato sulla promessa di Gesù: “La verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Ma la verità è Gesù stesso (cf. Gv 14,6), dunque non una semplice idea astratta, ma una persona concreta, luogo di comunione tra Dio e l’uomo, tessitore di pace. «Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua». La verità, cioè, non può diventare un’arma da brandire contro le persone; un’informazione esatta, se viene usata per dividere le persone all’interno della stessa comunità cristiana, finisce per piegarsi alla logica del serpente, del divisore per eccellenza. La verità va divulgata contro la menzogna, non contro le persone, esasperando i toni; l’aggressione delle persone, anche quando avviene in nome della verità, aumenta la confusione e riesce a dividere tra di loro gli stessi discepoli di Gesù. I toni di queste “fake news”, normalmente, si alzano e diventano aggressivi, assoluti ed accusatori. Non si può che condividere, allora, l’auspicio di papa Francesco per «un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza verbale». * arcivescovo Davide nei tre monoteismi al liceo Muratori V Il re Davide alla cetra enerdì 27 aprile, l’aula magna del liceo Muratori ha ospitato un incontro culturale di carattere interreligioso, organizzato da Luigi Cattani, che ha visto l’arcivescovo Erio Castellucci, il rabbino di Modena e Reggio Beniamino Goldstein e l’imam Idriss Bakary conversare sulla figura del re Davide e rispondere alle domande degli studenti. «Parlando di Davide, si potrebbe esaminare il libro dei Salmi –ha detto il rabbino Goldstein– Personalmente, preferisco guardare a Davide, secondo l’ottica ebraica, come a un uomo del quale la Bibbia, raccontandoci la sua grandezza, non tace i difetti». Davide appartiene alla tribù di Giuda, quella stessa alla quale Gia- cobbe, sul letto di morte, aveva destinato la sua benedizione, profetizzando sul suo ruolo nella storia di Israele. Questo ruolo si compie con il re Davide, ma continua, secondo la tradizione ebraica, anche nei suoi discendenti. Tuttavia, egli rimane un uomo e, come ha detto Goldstein, «non c’è nulla di più lontano dal significato della stirpe di Davide della concezione dei popoli antichi che volevano l’origine divina dei re: Davide cade nel peccato e deve espiarlo duramente, quando seduce Betsabea, moglie di Uria e viene duramente rimproverato dal profeta Nathan». Il vescovo si è ricollegato a questa umanità di Davide per riprendere l’importanza della stirpe davidica nella missione messianica di Cri- sto:«Nel Vangelo di Matteo, la folla a Gerusalemme acclama Gesù come “figlio di Davide”: c’era una forte attesa messianica nel popolo, che vedeva l’epoca davidica come l’età dell’oro– ha spiegato Castellucci– Gesù si pone in continuità con Davide nella scelta di dodici apostoli, come le dodici tribù di Israele, e nell’annuncio del Regno, ma prende anche le distanze da chi vuole leggere il suo messaggio in chiave politica». Per i cristiani però, la figura di Davide ha anche altri significati:« Di Davide ricordiamo la rettitudine, la fedeltà nell’amicizia con Gionata, l’aspetto vocazionale della sua figura –ha concluso Castellucci– Dio sceglie la debolezza, Davide era il più piccolo fra i suoi fratelli, per portare avanti il proprio disegno nella storia». L’imam Bakary ha sottolineato l’importanza di momenti di mutua conoscenza per superare i pregiudizi, passando quindi ad illustrare la figura di Davide secondo il Corano:«Per la tradizione islamica, ci sono stati 124.000 profeti, dei quali il Corano ne cita per nome 25, partendo da Adamo. Davide è fra questi e viene citato 16 volte». Nel Corano, Davide è ricordato come uomo ascetico, poiché si ritiene che si alzasse tutte le notti per pregare, lavorasse con le proprie mani e, pur essendo re, digiunasse a giorni alterni, per ricordare che non tutti nel suo popolo avevano di che sfamarsi. Francesco Gherardi QUESTA SETTIMANA DOMENICA 6 MAGGIO 2018 3 «Progetto Giuditta»: le suore della Sacca in campo per lo sviluppo del Benin l’obiettivo Suor Pini:«Siamo tra l’oceano e la laguna: è necessario procurare acqua potabile, che è la base per tutto» S uor Carmen Pini, delle Figlie del Sacratissimo Cuore di Gesù, è missionaria in Africa da quarant’anni: abbiamo colto l’occasione della sua breve presenza in città per incontrarla e per parlare con lei dei progetti delle «Sacchine» in Benin. Suor Carmen, che tipi sono i missionari? I missionari non sono gente tranquilla, come si suol dire, una ne fanno e cento ne pensano! Inseriti in contesti di tante e urgenti necessità cercano di rimboccarsi le maniche e, coinvolgendo sempre la gente del posto, si sforzano di cercare qualche soluzione. Ci parli della sua Congregazione. La nostra Congregazione –a Modena ci conoscono bene e ci chiamano «le Sacchine», perchè nate nel quartiere della Sacca– fondata dal modenese monsignor Luigi Boni nel 1927, è presente in Brasile, nello Stato del Minas Gerais, da 50 anni e in Benin, Africa, da 40. Nel corso di questi anni tanti progetti, sia in Brasile che in Benin, sono stati realizzati, come scuola materna, elementare, pozzi, cappelle, maternità, dispensari, con l’aiuto di benefattori e volontari che sono venuti sul posto. Non tutte le ciambelle riescono col buco. L’importante è essere perseveranti, fiduciosi che il Signore, al quale sempre presentiamo e affidiamo ogni nostro lavoro, non ci lascia mai soli anzi ci assicura la sua costante, amorosa presenza. Avete dei progetti attivi al momento? Al presente abbiamo un grande progetto in Benin, desideriamo formare sul posto tante giovani donne, da un punto di vista umano e cristiano, per una promozione della donna che, in Benin, è sempre considerata l’ultima ruota del carro! Ce lo descriva. Sogniamo... una costruzione per loro ove accoglierle, svolgere un programma di formazione serio, regolare, teorico–pratico perché un domani loro stesse siano in gra- Suor Carmen e due consorelle con una cooperativa di pescatori in Benin do di aiutare tante loro mamme e sorelle. La prima necessità per avviare i lavori è l’acqua. Abbiamo già un ampio terreno disponibile ma ci troviamo tra l’oceano e una laguna quindi l’acqua che si trova è salata, sogniamo di fare una trivellazione per trovare acqua pota- bile, importante sia per le future giovani che per la gente dei villaggi. Abbiamo chiamato tutto questo «Progetto Giuditta», pensando alla Giuditta biblica, che con coraggio, astuzia, preghiera ha sbloccato una situazione ove gli uomini si sentivano impotenti! Sappiamo che il progetto è sostenuto anche da un gruppo di tifosi gialloblù: come avete fatto a incontrarvi? Per vie impensate, per noi ma non per il Signore, siamo venuti a conoscenza del gruppo «Giorgio vive» ( in memoria di padre Giorgio Gagliani, missionario saveriano in Brasile e in Camerun, deceduto da alcuni anni) che da tempo opera in favore delle missioni. Recentemente questo gruppo ha dato una mano a don Maurizio Setti, missionario in Brasile, per realizzare campi da gioco di football per ragazzi. Da loro una grande disponibilità a darci una mano per il nostro progetto con l’idea di una serata teatrale, realizzata nella sala della parrocchia di San Giovanni Evangelista di Modena. Il logo della presentazione dello spettacolo era una vecchia secchia ( in simpatico ricordo di una famosa Secchia Rapita) dando così inizio ad una offerta libera per un pozzo. Costo previsto, sui 5.500, raccolti per ora 650 euro. Che bilancio farebbe di quarant’anni di cammino missionario in Benin? Il cammino di 40 anni con i Beninesi ci dice che è possibile migliorare, cambiare, progredire se ci si avvicina ad essi con rispetto e umiltà, con fiducia e tanta, tanta pazienza ( Dio ha fatto il tempo e ne ha fatto molto recita un loro proverbio), ricordando sempre che non siamo noi alla guida della piroga ma è il Signore al quale ben più di noi stanno a cuore i problemi e gli sforzi di questi suoi amati figli . Francesco Gherardi La logica della disinformazione è al centro del messaggio del Papa per la Giornata delle comunicazioni sociali. Con un sociologo analizziamo un fenomeno di portata storica «Troppe fake news? Ecco come difendersi» ono subdole, insidiose, e spesso polemiche. Le fake news (ovvero le notizie false) sono divenute un tema scottante, nell’era dei social S network: la logica della disinformazione porta spesso allo screditamento dell’altro. Lo ricorda Papa Francesco, nel messaggio per la 52ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (prevista per domenica prossima), intitolato La verità vi farà liberi (Gv 8, 32). Fake news e giornalismo di pace. «La comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la comunione», scrive il Pontefice, ma l’uomo può farne un uso distorto, alterando la verità. Su questo terreno proliferano le notizie dalla natura mimetica, cioé capaci di apparire plausibili, e abili a catturare l’attenzione dei destinatari, nella «logica del serpente» che si camuffa e morde: «Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere effetti pericolosi. In gioco, infatti, c’è la nostra bramosia. Le stesse motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione hanno la loro radice nella sete di potere, avere e godere. Ecco perché educare mass media «Tutto nasce dal bisogno onnivoro di consumare notizie» spiega Cevolini, docente del nostro ateneo DI STEFANO MARCHETTI P ensate che il proliferare delle fake news sia un fenomeno soltanto contemporaneo? Beh, vi sbagliate. «Nelle fake news c’è ben poco di nuovo. Al giorno d’oggi, tuttavia, le fake news ci possono aiutare a capire i meccanismi dei nuovi media, e anche la nostra società», esordisce il professor Alberto Cevolini, docente di Sociologia dei processi culturali e comunicativi al Dipartimento di Comunicazione ed Economia dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Alle fake news fra storia e sociologia ha dedicato anche una conferenza all’Istituto Filosofico di Studi Tomistici. Professore, davvero già in passato si paventava il problema delle fake news? «Certo, e se ne trovano le tracce già nella critica che Platone muoveva alla scrittura: nelle ultime pagine del Fedro, con una metafora, il filosofo sottolineava alla verità significa educare a discernere i desideri e le inclinazioni che si muovono dentro di noi» È dunque importante riconoscere ciò che promuove il bene e la comunione, e ciò che, al contrario, tende a isolare o a dividere. «Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie, ma le persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del linguaggio», aggiunge il Papa. Al giornalista, custode delle notizie, è richiesta una responsabilità ancora superiore: il suo non è solo un mestiere, «ma una vera e propria missione». Il Pontefice rivolge quindi un invito «a promuovere un giornalismo di pace», non un giornalismo ‘buonista’ che neghi l’esistenza di problemi gravi, ma un «giornalismo ostile alle falsità o a slogan ad effetto». Un giornalismo fatto da persone per le persone, e soprattutto al servizio di quelle che non hanno voce, indica il Papa che conclude ispirandosi alla Preghiera semplice di San Francesco, «Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace». (S. M.) che i rotoli (cioè i libri) possono Qualcuno suggerì di riunirle così rotolare da tutte le parti e finire come erano state tramandate (la tra le mani di chiunque, anche di cosiddetta historia simpliciter), altri chi non li capisce o li disprezza». invece proposero di emendare le Cosa significa? incongruenze (optando per una «Quando usiamo mezzi di historia selecta). Oggi diremmo che diffusione come la scrittura o la si dovevano eliminare le fake stampa, perdiamo il controllo dei news. Nacque così la storiografia testi che mettiamo in circolazione. moderna». Il testo può circolare anche molto Niente di nuovo sotto il sole? tempo dopo la «Esattamente: il nostra morte e problema di una può essere comunicazione in insultato, cui sia complicato criticato o controllare la disprezzato da veridicità di chiunque senza quanto si legge era che il ‘padre’, cioè già intrinseco nei primi media, ed è l’autore, possa così anche oggi. difenderlo. Non è una Perdiamo il questione di controllo del individui, è una testo anche come questione di lettori, sia perché media». non possiamo Quali sono i interrogarne meccanismi delle l’autore, sia fake news? perché il testo «Funzionano non resta muto e tanto perché sono immutabile. Gli Il sociologo Alberto Cevolini fake, cioè fasulle, stessi eventi che il quanto piuttosto testo racconta perché sono news, notizie. Se uno spesso sono già passati: è difficile crede alle fake news, è più che controllare le fonti». altro perché dicono qualcosa di Insomma, non è sempre vero che nuovo. Bisogna distinguere la ‘verba volant, scripta manent’... verità dall’informazione: «Pensi anche ai Bollandisti, il informativo è tutto ciò che ci gruppo di gesuiti che nel Seicento sorprende, ma non è detto che sia decisero di raccogliere le leggende la verità». sulle vite dei santi e si accorsero In che senso? che erano piene di contraddizioni. Fiorano, al Santuario inizia il maggio mariano il programma Dal lunedì al venerdì Messa alle 7 e alle 20.30 Ogni sabato processione alle 18.30 e celebrazione eucaristica alle 19 A maggio, nel Santuario di Fiorano si celebra quotidianamente la Messa alle 7 e, dal lunedì al venerdì, anche alle 20.30. Ogni sabato, una processione parte da piazza Casa del Popolo alle 18.30, salendo lungo il Percorso delle Beatitudini fino al piazzale San Giovanni Paolo II. Segue la Messa alle 19. Martedì, il vescovo emerito di Brescia Luciano Monari ha Il Santuario mariano di Fiorano celebrato la Messa solenne di apertura del mese mariano alle 20.30, mentre ieri la celebrazione eucaristica al termine della processione del sabato è stata celebrata dall’arcivescovo Castellucci. Oggi, nella prima mattinata, ha avuto luogo il tradizionale pellegrinaggio che conduce i fedeli di alcune parrocchie del vicariato Pedemontana ovest al Santuario, terminando con la celebrazione della Messa alle 8. Sabato prossimo, la Messa al termine della processione lungo il Percorso delle Beatitudini sarà celebrata dall’arcivescovo emerito di Ravenna–Cervia Giuseppe Verucchi. Domenica, nel Piazzale del Santuario sarà allestita un’infiorata e domenica 20 il piazzale sarà decorato dalle opere effimere dei «madonnari». (F.G.) Dai giornali ai social network, l’informazione oggi ha molti canali «I mass media devono produrre continuamente informazione. Non è importante che i contenuti siano veri, è più importante che siano nuovi, sorprendenti, sensazionali: devono far presa sul desiderio di chi legge di sapere qualcosa che non sapeva già prima, a prescindere dal fatto che sia vero o falso. Le questioni della verità vengono affrontate in un altro contesto comunicativo, quello della scienza. Se vogliamo sapere che cosa siano realmente le cosiddette scie chimiche, dobbiamo leggere un testo di ingegneria aeronautica, piuttosto che un blog. Sono due àmbiti di comunicazione con funzioni molto diverse fra loro». Ma non si possono mai sovrapporre? Esiste un’informazione veritiera? «Sicuramente. Per assurdo, tuttavia, un sociologo può chiedersi se sia possibile un’informazione non manipolata: per sua natura, ogni notizia è già un’elaborazione dei fatti». Qual è dunque l’approccio giusto verso le informazioni? «Il mio suggerimento è di imparare a difenderci non tanto dalle fake news, quanto piuttosto da noi stessi e dal nostro incontinente bisogno di consumare news. Per questo è importante capire come funziona la società nella quale viviamo. La sociologia, in questo, ci può dare un grosso aiuto». parole di pace Come Francesco, in preghiera per far risplendere la verità er concludere il suo messaggio per la Giornata delle comunicazioni sociali, P Papa Francesco ha scritto una speciale preghiera, che riprende il modello della Preghiera semplice di San Francesco d’Assisi, e lo adatta proprio al tema dell’informazione come servizio alla verità. «Potremmo così rivolgerci alla Verità in persona», scrive il Pontefice. Nel messaggio, Papa Francesco sottolinea infatti che «liberazione dalla falsità e ricerca della relazione» sono elementi inscindibili per rendere le nostre parole e i nostri gesti veri e autentici. E tutti questi concetti vengono ripresi in questa profonda preghiera. Eccone il testo: Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace. Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non crea comunione. Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi. Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle. Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di bene per il mondo: dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto; dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia; dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza; dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione; dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà; dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri; dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia; dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto; dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità. Amen politiche sanitarie A Modena il comitato per istituire un hospice i è recentemente costituito il Comitato Hospice Modena Onlus, S con sede in via Vignolese 628, avente lo scopo di promuovere e raccogliere fondi per la realizzazione di un hospice, ispirandosi a valori di solidarietà, uguaglianza e libertà dal dolore «globale». Promotori dell’iniziativa sono Giuliano Barbolini, Giuliana Bulgarelli, Giancarlo Campana, Daniele Dini, Paola Ferrari, Gabriele Luppi, Anna Maria Mucciarini, Marinella Nasi, Gianni Ricci, Francesco Sala e Giuliana Urbelli. L’hospice territoriale è una struttura residenziale caratterizzata da un modello assistenziale a bassa tecnologia e alta umanità, per garantire valore e dignità alla vita delle persone anche nelle fasi più difficili della malattia e di prognosi infausta. «Quello che vorremmo si realizzasse –spiega Marinella Nasi– è un luogo confortevole, accogliente, bello dove il malato possa sentirsi a casa, in un ambiente protetto, libero di ricevere le visite dei propri cari a qualsiasi ora, dei propri animali e circondarsi delle cose che desidera, che ama, aiutato a superare la paura del dolore, della solitudine della malattia e dell’abbandono». La legge 38/2010, che sancisce il diritto le finalità «Pensiamo a un luogo accogliente e protetto per accompagnare il malato e i suoi cari» dice Marinella Nasi alle cure palliative e alla terapia del dolore, conferma l’importanza per i pazienti e per l’intera società di affrontare il tema del fine vita. Gli indirizzi regionali vanno nella direzione di un potenziamento di posti di hospice territoriali. La programmazione sanitaria della provincia di Modena, dettagliata nel Piano attuativo locale, prevede la necessità primaria di realizzare hospice territoriali, predisponendo interventi diagnostici, terapeutici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata che alla famiglia, avviate quando le terapie per la malattia di base non danno più risposte favorevoli per la guarigione del paziente, mirando al controllo dei sintomi e del dolore mediante cure proporzionate e personalizzate, nel rispetto della dignità e della volontà del paziente. (F.G.)