Domenica, 6 maggio 2018
millebattute
Erio Castellucci arcivescovo
La possibilità
di una libertà relativa
Settimanale cattolico modenese
Supplemento di
Notizie e «bufale»
Intervista all’esperto
Alberto Cevolini
Riapre a Fiumalbo
l’antica chiesa
dell’ex Seminario
Il terzo centenario
della morte in esilio
di «Mary of Modena»
a pagina 3
a pagina 5
a pagina 6
Domenica prossima 20 maggio si celebra
la Giornata delle comunicazioni sociali
Editoriale
Aldo Moro:
ricordarlo
per servire
l’Italia reale
DI FRANCESCO
Quella pratica
«diabolica»
delle fake news
GHERARDI
Q
uarant’anni fa, il 9
maggio 1978, si
concludeva
tragicamente il
rapimento di Aldo Moro,
con il ritrovamento del suo
corpo esanime. Mercoledì
alle 17, in Piazza Grande,
sarà inaugurata la mostra
Noi c’eravamo. Modena per
Aldo Moro 40 anni dopo,
seguita da un momento di
confronto. La mostra
intende ricordare come i
modenesi si mobilitarono
in occasione del rapimento
di Moro, al quale sarà
dedicato un Consiglio
comunale straordinario
giovedì pomeriggio.
L’omicidio Moro, come
l’assassinio Matteotti o
l’uccisione di Falcone e
Borsellino, è uno dei
tornanti tragici della storia
italiana. L’immagine dello
statista crivellato di colpi nel
bagagliaio della R 4 è un
ricordo inquietante che
affiora periodicamente nella
vita nazionale, un’occasione
di rimorsi e di rimpianti
per ciò che l’Italia avrebbe
potuto essere e non è stata:
un Paese serio, con una
classe dirigente capace di
gestire le contingenze,
senza rinunciare a
formulare un «pensiero
lungo», una visione del
mondo e della storia.
Quello di Moro è un ricordo
persistente, sì, ma anche
terribilmente lontano,
nell’Italia che consegna il
30% di share all’ennesima
edizione del Grande Fratello.
Un Paese nel quale la
politica stessa sembra un
grande reality, composto da
cinque o sei concorrenti che
si avvicinano e si
riallontanano nel corso di
conferenze stampa e
programmi televisivi,
quando non con un tweet.
Nell’Italia sospesa fra
polemiche calcistiche e
diatribe partitiche –sempre e
comunque in cerca di
divisioni urlate, più che di
soluzioni meditate– il
ricordo di Moro rischia di
attraversare la scena come
l’ombra silenziosa di
un’epoca recente, ma già
remota. Eppure, la figura di
Aldo Moro ci ricorda i limiti
che il pericoloso gioco della
politica –intesa come
conquista e gestione del
potere– deve porsi; ci
ammonisce di quanto
preziosa sia quella pace
sociale che troppo spesso
diamo per scontata; ci esorta
a ricordare quanto sudore e
quanto sangue siano stati
versati per costruire e
custodire la libertà e la
democrazia. Occorre solo
essere disposti a
disconnettersi per una volta
dal Paese virtuale, per amare
e servire l’Italia reale.
La libertà intesa come autonomia è libertà «da»
qualcosa o da qualcuno. Abbiamo visto che una libertà assoluta di questo tipo è impossibile, perché
noi dipendiamo, che ci piaccia o meno. È invece possibile una libertà relativa: anzi, le nostre scelte sono
normalmente frutto di un margine di libertà che
possiamo esercitare. Però c’è una libertà più importante e decisiva rispetto alla libertà «da» ed è la libertà «per»: la prima gioca sulla difensiva, la seconda
va all’attacco, esce da se stessa, incontra l’altro. Si esprime nella relazione, nel dono di sé. E riesce ad allargare l’ambito della libertà «da». Un esempio. Una
persona può decidere liberamente di drogarsi; certo,
sarà stata spinta a farlo dai cattivi esempi, dalla curiosità o dal disagio, ma le sarà rimasta una certa zona di libertà da spendere. Drogarsi dunque può essere una scelta almeno parzialmente libera. Ma il risultato di questa scelta è un progressivo annientamento, della libertà, assorbita dalla dipendenza. Il
drogato finisce per non avere più segmenti di libertà,
perché è totalmente in balìa del suo bisogno di sostanze. La libertà «da» deve diventare sempre libertà «per» qualcosa che davvero libera e non crea
dipendenze, altrimenti implode su se stessa.
DI
ERIO CASTELLUCCI *
I
Un simbolico «assalto» di operatori della comunicazione
eventi
PREDA
NG
RI ADORA
Poveri foglietti
della Messa
Spezzano, qualcuno
ha avuto la trovata di
A
bruciare i foglietti della
Messa su un altare.
Probablimente una
ragazzata, che avrebbe
potuto avere
conseguenze gravi. Oltre
a mancare di rispetto alla
casa di Dio. Su questo
punto, nulla di nuovo: un
tempo occorreva
intervenire perchè i
fedeli non fiutassero o
masticassero tabacco in
chiesa, magari sputando
sul pavimento. La stirpe
dei balordi non conosce
inverno demografico,
quindi anche oggi
occorre stare con gli
occhi aperti. E se, in
epoca di comitati di
vicinato e di vigilanza di
quartiere, i parrocchiani
vigilassero facendo
qualche visita in più alle
rispettive chiese, anche
solo per qualche minuto?
Anzichè i foglietti, magari
brucerebbe qualche
lumino in più e i bilanci
parrocchiali
ringrazierebbero.
Ac, il presidente nazionale a Palazzo Europa
a P maiuscola. Fare politica sotto le parti» è il titolo
di un volume recentemente pubblicato per le edi«
L
zioni Ave da Matteo Truffelli, docente di Storia delle dottri-
ne politiche all’Università di Parma e presidente nazionale
dell’Azione cattolica italiana. Il tema dell’opera, un dialogo
agile e serrato con Gioele Anni, giovane giornalista di Lodi,
è una riflessione sul modo in cui l’Azione cattolica, e più ampiamente la comunità dei credenti, siano chiamate a concorrere alla costruzione del bene comune. Non più stando
al di sopra delle parti, ma «sotto di esse».
Lunedì alle 21 a Palazzo Europa (via Emilia Ovest, 101) Gianfranco Brunelli, direttore de Il Regno converserà su questo
tema con l’autore, in una serata che si preannuncia interessante, anche alla luce del prolungato stallo politico che
il Paese sta vivendo. (F.G.)
l Messaggio di papa Francesco
per la Giornata Mondiale delle
Comunicazioni sul tema «La verità vi farà liberi» analizza il fenomeno della diffusione delle “notizie false” o “fake news” via internet.
Come al solito, il papa non fa sconti e paragona chi sparge informazioni ingannevoli al serpente che
disinformò Adamo ed Eva, invitando a reagire con fermezza a questa pratica “diabolica”.
Commentare solo qualche passaggio del testo. «Queste notizie, false
ma verosimili, sono capziose, nel
senso che sono abili a catturare l’attenzione dei destinatari, facendo leva su stereotipi e pregiudizi diffusi
all’interno di un tessuto sociale,
sfruttando emozioni facili e immediate da suscitare, quali l’ansia,
il disprezzo, la rabbia e la frustrazione».
In altre parole le “fake news” puntano alla dimensione istintiva della gente, ossigenando l’aggressività
repressa. Tanto più che «le persone interagiscono spesso all’interno
di ambienti digitali omogenei e impermeabili a prospettive e opinioni divergenti»: è il paradosso dell’illusione di comunicare a vasto
raggio, quando in realtà ci si mette
in dialogo solo con quelli che la
pensano allo stesso modo, escludendo le opinioni diverse; basta infatti un semplice click per “buttare
fuori” al gruppo chi osa dissentire.
«Il dramma della disinformazione
è lo screditamento dell’altro, la sua
Papa Francesco non fa
sconti e paragona chi
sparge informazioni
ingannevoli
alla figura del serpente
che disinformò Adamo
ed Eva, invitando
a reagire con fermezza
rappresentazione come nemico, fino a una demonizzazione che può
fomentare conflitti. Le notizie false rivelano così la presenza di atteggiamenti al tempo stesso intolleranti e ipersensibili, con il solo esito che l’arroganza e l’odio rischiano di dilagare».
Per questo papa Francesco cita la
prima “fake news” della storia che
è la catena di menzogne con la quale il serpente tenta Adamo ed Eva.
La “logica del serpente”, il “padre
della menzogna” (Gv 8,44), sta alla base della disiformazione intenzionale e diventa facilmente virale,
diffondendo falsità impossibili da
controllare e difficili da rettificare.
Papa Francesco non cede tuttavia
allo scoraggiamento e richiama la
necessità di moltiplicare «le iniziative educative che permettono di
apprendere come leggere e valutare il contesto comunicativo» e «le iniziative istituzionali e giuridiche
impegnate nel definire normative
volte ad arginare il fenomeno».
Insieme a questi due antidoti, il papa ne evidenzia un altro, che per i
cristiani è primario ed è fondato
sulla promessa di Gesù: “La verità
vi farà liberi” (Gv 8,32). Ma la verità è Gesù stesso (cf. Gv 14,6), dunque non una semplice idea astratta, ma una persona concreta, luogo di comunione tra Dio e l’uomo,
tessitore di pace. «Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole
e matura, al dialogo costruttivo, a
un’operosità proficua».
La verità, cioè, non può diventare
un’arma da brandire contro le persone; un’informazione esatta, se
viene usata per dividere le persone
all’interno della stessa comunità cristiana, finisce per piegarsi alla logica del serpente, del divisore per eccellenza. La verità va divulgata contro la menzogna, non contro le persone, esasperando i toni; l’aggressione delle persone, anche quando
avviene in nome della verità, aumenta la confusione e riesce a dividere tra di loro gli stessi discepoli di Gesù. I toni di queste “fake
news”, normalmente, si alzano e
diventano aggressivi, assoluti ed accusatori.
Non si può che condividere, allora, l’auspicio di papa Francesco per
«un giornalismo impegnato a indicare soluzioni alternative alle escalation del clamore e della violenza
verbale».
* arcivescovo
Davide nei tre monoteismi al liceo Muratori
V
Il re Davide alla cetra
enerdì 27 aprile, l’aula magna del liceo Muratori ha ospitato un incontro culturale di carattere interreligioso, organizzato da Luigi Cattani, che ha
visto l’arcivescovo Erio Castellucci, il rabbino di Modena e Reggio
Beniamino Goldstein e l’imam Idriss Bakary conversare sulla figura del re Davide e rispondere alle
domande degli studenti.
«Parlando di Davide, si potrebbe
esaminare il libro dei Salmi –ha
detto il rabbino Goldstein– Personalmente, preferisco guardare a
Davide, secondo l’ottica ebraica,
come a un uomo del quale la Bibbia, raccontandoci la sua grandezza, non tace i difetti».
Davide appartiene alla tribù di
Giuda, quella stessa alla quale Gia-
cobbe, sul letto di morte, aveva destinato la sua benedizione, profetizzando sul suo ruolo nella storia di Israele. Questo ruolo si compie con il re Davide, ma continua,
secondo la tradizione ebraica, anche nei suoi discendenti. Tuttavia,
egli rimane un uomo e, come ha
detto Goldstein, «non c’è nulla di
più lontano dal significato della
stirpe di Davide della concezione
dei popoli antichi che volevano
l’origine divina dei re: Davide cade nel peccato e deve espiarlo duramente, quando seduce Betsabea,
moglie di Uria e viene duramente
rimproverato dal profeta Nathan».
Il vescovo si è ricollegato a questa
umanità di Davide per riprendere
l’importanza della stirpe davidica
nella missione messianica di Cri-
sto:«Nel Vangelo di Matteo, la folla a Gerusalemme acclama Gesù
come “figlio di Davide”: c’era una
forte attesa messianica nel popolo, che vedeva l’epoca davidica come l’età dell’oro– ha spiegato Castellucci– Gesù si pone in continuità con Davide nella scelta di
dodici apostoli, come le dodici
tribù di Israele, e nell’annuncio del
Regno, ma prende anche le distanze da chi vuole leggere il suo
messaggio in chiave politica». Per
i cristiani però, la figura di Davide
ha anche altri significati:« Di Davide ricordiamo la rettitudine, la
fedeltà nell’amicizia con Gionata,
l’aspetto vocazionale della sua figura –ha concluso Castellucci–
Dio sceglie la debolezza, Davide era il più piccolo fra i suoi fratelli,
per portare avanti il proprio disegno nella storia».
L’imam Bakary ha sottolineato
l’importanza di momenti di mutua conoscenza per superare i pregiudizi, passando quindi ad illustrare la figura di Davide secondo
il Corano:«Per la tradizione islamica, ci sono stati 124.000 profeti, dei quali il Corano ne cita per
nome 25, partendo da Adamo.
Davide è fra questi e viene citato
16 volte». Nel Corano, Davide è
ricordato come uomo ascetico,
poiché si ritiene che si alzasse tutte le notti per pregare, lavorasse
con le proprie mani e, pur essendo re, digiunasse a giorni alterni,
per ricordare che non tutti nel suo
popolo avevano di che sfamarsi.
Francesco Gherardi
QUESTA SETTIMANA
DOMENICA 6 MAGGIO 2018
3
«Progetto Giuditta»: le suore della Sacca in campo per lo sviluppo del Benin
l’obiettivo
Suor Pini:«Siamo tra
l’oceano e la laguna: è
necessario procurare
acqua potabile,
che è la base per tutto»
S
uor Carmen Pini, delle Figlie
del Sacratissimo Cuore di Gesù, è missionaria in Africa da
quarant’anni: abbiamo colto l’occasione della sua breve presenza in
città per incontrarla e per parlare
con lei dei progetti delle «Sacchine» in Benin.
Suor Carmen, che tipi sono i missionari?
I missionari non sono gente tranquilla, come si suol dire, una ne
fanno e cento ne pensano! Inseriti in contesti di tante e urgenti necessità cercano di rimboccarsi le
maniche e, coinvolgendo sempre
la gente del posto, si sforzano di
cercare qualche soluzione.
Ci parli della sua Congregazione.
La nostra Congregazione –a Modena ci conoscono bene e ci chiamano «le Sacchine», perchè nate
nel quartiere della Sacca– fondata dal modenese monsignor Luigi Boni nel 1927, è presente in Brasile, nello Stato del Minas Gerais,
da 50 anni e in Benin, Africa, da
40. Nel corso di questi anni tanti
progetti, sia in Brasile che in Benin,
sono stati realizzati, come scuola
materna, elementare, pozzi, cappelle, maternità, dispensari, con
l’aiuto di benefattori e volontari
che sono venuti sul posto. Non
tutte le ciambelle riescono col buco. L’importante è essere perseveranti, fiduciosi che il Signore, al
quale sempre presentiamo e affidiamo ogni nostro lavoro, non ci
lascia mai soli anzi ci assicura la
sua costante, amorosa presenza.
Avete dei progetti attivi al momento?
Al presente abbiamo un grande
progetto in Benin, desideriamo
formare sul posto tante giovani
donne, da un punto di vista umano e cristiano, per una promozione della donna che, in Benin, è
sempre considerata l’ultima ruota
del carro!
Ce lo descriva.
Sogniamo... una costruzione per
loro ove accoglierle, svolgere un
programma di formazione serio,
regolare, teorico–pratico perché
un domani loro stesse siano in gra-
Suor Carmen e due consorelle con una cooperativa di pescatori in Benin
do di aiutare tante loro mamme e
sorelle. La prima necessità per avviare i lavori è l’acqua. Abbiamo
già un ampio terreno disponibile
ma ci troviamo tra l’oceano e una
laguna quindi l’acqua che si trova
è salata, sogniamo di fare una trivellazione per trovare acqua pota-
bile, importante sia per le future
giovani che per la gente dei villaggi. Abbiamo chiamato tutto questo «Progetto Giuditta», pensando
alla Giuditta biblica, che con coraggio, astuzia, preghiera ha sbloccato una situazione ove gli uomini si sentivano impotenti!
Sappiamo che il progetto è sostenuto anche da un gruppo di
tifosi gialloblù: come avete fatto
a incontrarvi?
Per vie impensate, per noi ma non
per il Signore, siamo venuti a conoscenza del gruppo «Giorgio vive» ( in memoria di padre Giorgio
Gagliani, missionario saveriano in
Brasile e in Camerun, deceduto da
alcuni anni) che da tempo opera
in favore delle missioni. Recentemente questo gruppo ha dato una mano a don Maurizio Setti,
missionario in Brasile, per realizzare campi da gioco di football per
ragazzi. Da loro una grande disponibilità a darci una mano per
il nostro progetto con l’idea di una serata teatrale, realizzata nella
sala della parrocchia di San Giovanni Evangelista di Modena. Il
logo della presentazione dello
spettacolo era una vecchia secchia
( in simpatico ricordo di una famosa Secchia Rapita) dando così
inizio ad una offerta libera per un
pozzo. Costo previsto, sui 5.500,
raccolti per ora 650 euro.
Che bilancio farebbe di quarant’anni di cammino missionario in Benin?
Il cammino di 40 anni con i Beninesi ci dice che è possibile migliorare, cambiare, progredire se ci
si avvicina ad essi con rispetto e umiltà, con fiducia e tanta, tanta pazienza ( Dio ha fatto il tempo e ne
ha fatto molto recita un loro proverbio), ricordando sempre che
non siamo noi alla guida della piroga ma è il Signore al quale ben
più di noi stanno a cuore i problemi e gli sforzi di questi suoi amati figli .
Francesco Gherardi
La logica della disinformazione è al centro
del messaggio del Papa per la Giornata
delle comunicazioni sociali. Con un sociologo
analizziamo un fenomeno di portata storica
«Troppe fake news?
Ecco come difendersi»
ono subdole, insidiose, e spesso polemiche. Le fake news (ovvero le
notizie false) sono divenute un tema scottante, nell’era dei social
S
network: la logica della disinformazione porta spesso allo screditamento
dell’altro. Lo ricorda Papa Francesco, nel messaggio per la 52ª Giornata
mondiale delle comunicazioni sociali (prevista per domenica prossima),
intitolato La verità vi farà liberi (Gv 8, 32). Fake news e giornalismo di
pace. «La comunicazione umana è una modalità essenziale per vivere la
comunione», scrive il Pontefice, ma l’uomo può farne un uso distorto,
alterando la verità. Su questo terreno proliferano le notizie dalla natura
mimetica, cioé capaci di apparire plausibili, e abili a catturare
l’attenzione dei destinatari, nella «logica del serpente» che si camuffa e
morde: «Anche una distorsione della verità in apparenza lieve può avere
effetti pericolosi. In gioco, infatti, c’è la nostra bramosia. Le stesse
motivazioni economiche e opportunistiche della disinformazione hanno
la loro radice nella sete di potere, avere e godere. Ecco perché educare
mass media
«Tutto nasce
dal bisogno onnivoro
di consumare notizie»
spiega Cevolini,
docente del nostro ateneo
DI STEFANO MARCHETTI
P
ensate che il proliferare delle
fake news sia un fenomeno
soltanto contemporaneo?
Beh, vi sbagliate. «Nelle fake news
c’è ben poco di nuovo. Al giorno
d’oggi, tuttavia, le fake news ci
possono aiutare a capire i
meccanismi dei nuovi media, e
anche la nostra società», esordisce
il professor Alberto Cevolini,
docente di Sociologia dei processi
culturali e comunicativi al
Dipartimento di Comunicazione
ed Economia dell’Università di
Modena e Reggio Emilia. Alle fake
news fra storia e sociologia ha
dedicato anche una conferenza
all’Istituto Filosofico di Studi
Tomistici.
Professore, davvero già in
passato si paventava il problema
delle fake news?
«Certo, e se ne trovano le tracce
già nella critica che Platone
muoveva alla scrittura: nelle
ultime pagine del Fedro, con una
metafora, il filosofo sottolineava
alla verità significa educare a discernere i desideri e le inclinazioni che
si muovono dentro di noi» È dunque importante riconoscere ciò che
promuove il bene e la comunione, e ciò che, al contrario, tende a isolare
o a dividere. «Il miglior antidoto contro le falsità non sono le strategie,
ma le persone che, attratte dal bene, si responsabilizzano nell’uso del
linguaggio», aggiunge il Papa. Al giornalista, custode delle notizie, è
richiesta una responsabilità ancora superiore: il suo non è solo un
mestiere, «ma una vera e propria missione».
Il Pontefice rivolge quindi un invito «a promuovere un giornalismo di
pace», non un giornalismo ‘buonista’ che neghi l’esistenza di problemi
gravi, ma un «giornalismo ostile alle falsità o a slogan ad effetto». Un
giornalismo fatto da persone per le persone, e soprattutto al servizio di
quelle che non hanno voce, indica il Papa che conclude ispirandosi alla
Preghiera semplice di San Francesco, «Signore, fa’ di noi strumenti della
tua pace». (S. M.)
che i rotoli (cioè i libri) possono
Qualcuno suggerì di riunirle così
rotolare da tutte le parti e finire
come erano state tramandate (la
tra le mani di chiunque, anche di
cosiddetta historia simpliciter), altri
chi non li capisce o li disprezza».
invece proposero di emendare le
Cosa significa?
incongruenze (optando per una
«Quando usiamo mezzi di
historia selecta). Oggi diremmo che
diffusione come la scrittura o la
si dovevano eliminare le fake
stampa, perdiamo il controllo dei
news. Nacque così la storiografia
testi che mettiamo in circolazione.
moderna».
Il testo può circolare anche molto
Niente di nuovo sotto il sole?
tempo dopo la
«Esattamente: il
nostra morte e
problema di una
può essere
comunicazione in
insultato,
cui sia complicato
criticato o
controllare la
disprezzato da
veridicità di
chiunque senza
quanto si legge era
che il ‘padre’, cioè
già intrinseco nei
primi media, ed è
l’autore, possa
così anche oggi.
difenderlo.
Non è una
Perdiamo il
questione di
controllo del
individui, è una
testo anche come
questione di
lettori, sia perché
media».
non possiamo
Quali sono i
interrogarne
meccanismi delle
l’autore, sia
fake news?
perché il testo
«Funzionano non
resta muto e
tanto perché sono
immutabile. Gli
Il sociologo Alberto Cevolini
fake, cioè fasulle,
stessi eventi che il
quanto piuttosto
testo racconta
perché sono news, notizie. Se uno
spesso sono già passati: è difficile
crede alle fake news, è più che
controllare le fonti».
altro perché dicono qualcosa di
Insomma, non è sempre vero che
nuovo. Bisogna distinguere la
‘verba volant, scripta manent’...
verità dall’informazione:
«Pensi anche ai Bollandisti, il
informativo è tutto ciò che ci
gruppo di gesuiti che nel Seicento
sorprende, ma non è detto che sia
decisero di raccogliere le leggende
la verità».
sulle vite dei santi e si accorsero
In che senso?
che erano piene di contraddizioni.
Fiorano, al Santuario inizia il maggio mariano
il programma
Dal lunedì al venerdì
Messa alle 7 e alle 20.30
Ogni sabato processione
alle 18.30 e celebrazione
eucaristica alle 19
A
maggio, nel Santuario di
Fiorano si celebra
quotidianamente la Messa alle
7 e, dal lunedì al venerdì, anche alle
20.30. Ogni sabato, una processione
parte da piazza Casa del Popolo alle
18.30, salendo lungo il Percorso
delle Beatitudini fino al piazzale San
Giovanni Paolo II. Segue la Messa
alle 19. Martedì, il vescovo emerito
di Brescia Luciano Monari ha
Il Santuario mariano di Fiorano
celebrato la Messa solenne di
apertura del mese mariano alle
20.30, mentre ieri la celebrazione
eucaristica al termine della
processione del sabato è stata
celebrata dall’arcivescovo
Castellucci. Oggi, nella prima
mattinata, ha avuto luogo il
tradizionale pellegrinaggio che
conduce i fedeli di alcune parrocchie
del vicariato Pedemontana ovest al
Santuario, terminando con la
celebrazione della Messa alle 8.
Sabato prossimo, la Messa al
termine della processione lungo il
Percorso delle Beatitudini sarà
celebrata dall’arcivescovo emerito di
Ravenna–Cervia Giuseppe Verucchi.
Domenica, nel Piazzale del
Santuario sarà allestita un’infiorata e
domenica 20 il piazzale sarà
decorato dalle opere effimere dei
«madonnari». (F.G.)
Dai giornali ai social network, l’informazione oggi ha molti canali
«I mass media devono produrre
continuamente informazione.
Non è importante che i contenuti
siano veri, è più importante che
siano nuovi, sorprendenti,
sensazionali: devono far presa sul
desiderio di chi legge di sapere
qualcosa che non sapeva già
prima, a prescindere dal fatto che
sia vero o falso. Le questioni della
verità vengono affrontate in un
altro contesto comunicativo,
quello della scienza. Se vogliamo
sapere che cosa siano realmente le
cosiddette scie chimiche,
dobbiamo leggere un testo di
ingegneria aeronautica, piuttosto
che un blog. Sono due àmbiti di
comunicazione con funzioni
molto diverse fra loro».
Ma non si possono mai
sovrapporre? Esiste
un’informazione veritiera?
«Sicuramente. Per assurdo,
tuttavia, un sociologo può
chiedersi se sia possibile
un’informazione non manipolata:
per sua natura, ogni notizia è già
un’elaborazione dei fatti».
Qual è dunque l’approccio
giusto verso le informazioni?
«Il mio suggerimento è di
imparare a difenderci non tanto
dalle fake news, quanto piuttosto
da noi stessi e dal nostro
incontinente bisogno di
consumare news. Per questo è
importante capire come funziona
la società nella quale viviamo. La
sociologia, in questo, ci può dare
un grosso aiuto».
parole di pace
Come Francesco, in preghiera
per far risplendere la verità
er concludere il suo messaggio per la
Giornata delle comunicazioni sociali,
P
Papa Francesco ha scritto una speciale
preghiera, che riprende il modello della
Preghiera semplice di San Francesco
d’Assisi, e lo adatta proprio al tema
dell’informazione come servizio alla
verità. «Potremmo così rivolgerci alla
Verità in persona», scrive il Pontefice.
Nel messaggio, Papa Francesco sottolinea
infatti che «liberazione dalla falsità e
ricerca della relazione» sono elementi inscindibili per rendere le
nostre parole e i nostri gesti veri e autentici. E tutti questi concetti
vengono ripresi in questa profonda preghiera. Eccone il testo:
Signore, fa’ di noi strumenti della tua pace.
Facci riconoscere il male che si insinua in una comunicazione che non
crea comunione.
Rendici capaci di togliere il veleno dai nostri giudizi.
Aiutaci a parlare degli altri come di fratelli e sorelle.
Tu sei fedele e degno di fiducia; fa’ che le nostre parole siano semi di
bene per il mondo:
dove c’è rumore, fa’ che pratichiamo l’ascolto;
dove c’è confusione, fa’ che ispiriamo armonia;
dove c’è ambiguità, fa’ che portiamo chiarezza;
dove c’è esclusione, fa’ che portiamo condivisione;
dove c’è sensazionalismo, fa’ che usiamo sobrietà;
dove c’è superficialità, fa’ che poniamo interrogativi veri;
dove c’è pregiudizio, fa’ che suscitiamo fiducia;
dove c’è aggressività, fa’ che portiamo rispetto;
dove c’è falsità, fa’ che portiamo verità.
Amen
politiche sanitarie
A Modena il comitato per istituire un hospice
i è recentemente costituito il
Comitato Hospice Modena Onlus,
S
con sede in via Vignolese 628, avente
lo scopo di promuovere e raccogliere
fondi per la realizzazione di un
hospice, ispirandosi a valori di
solidarietà, uguaglianza e libertà dal
dolore «globale». Promotori
dell’iniziativa sono Giuliano Barbolini,
Giuliana Bulgarelli, Giancarlo
Campana, Daniele Dini, Paola Ferrari,
Gabriele Luppi, Anna Maria Mucciarini,
Marinella Nasi, Gianni Ricci, Francesco
Sala e Giuliana Urbelli. L’hospice
territoriale è una struttura residenziale
caratterizzata da un modello
assistenziale a bassa tecnologia e alta
umanità, per garantire valore e dignità
alla vita delle persone anche nelle fasi
più difficili della malattia e di prognosi
infausta. «Quello che vorremmo si
realizzasse –spiega Marinella Nasi– è
un luogo confortevole, accogliente,
bello dove il malato possa sentirsi a
casa, in un ambiente protetto, libero di
ricevere le visite dei propri cari a
qualsiasi ora, dei propri animali e
circondarsi delle cose che desidera, che
ama, aiutato a superare la paura del
dolore, della solitudine della malattia
e dell’abbandono».
La legge 38/2010, che sancisce il diritto
le finalità
«Pensiamo a un luogo
accogliente e protetto
per accompagnare
il malato e i suoi cari»
dice Marinella Nasi
alle cure palliative e alla terapia del
dolore, conferma l’importanza per i
pazienti e per l’intera società di
affrontare il tema del fine vita. Gli
indirizzi regionali vanno nella
direzione di un potenziamento di posti
di hospice territoriali.
La programmazione sanitaria della
provincia di Modena, dettagliata nel
Piano attuativo locale, prevede la
necessità primaria di realizzare hospice
territoriali, predisponendo interventi
diagnostici, terapeutici e assistenziali,
rivolti sia alla persona malata che alla
famiglia, avviate quando le terapie per
la malattia di base non danno più
risposte favorevoli per la guarigione
del paziente, mirando al controllo dei
sintomi e del dolore mediante cure
proporzionate e personalizzate, nel
rispetto della dignità e della volontà
del paziente. (F.G.)