Rolando Ferri
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti
del glossario priscianeo*
1. Grecismo e figurae sermonis
Un aspetto che colpisce il lettore del glossario bilingue priscianeo, a monte
della comparazione tra le due lingue, è la grande attenzione riservata alle costruzioni (verbali o nominali) concorrenti o multiple, che Prisciano chiama
in un passo (GL III 163, 5-6) anceps [...] constructio dictionum1. Al contrario,
nella sintassi di Apollonio Discolo, particolarmente nella sezione del terzo libro dedicata alla reggenza verbale2, sono rare le discussioni di costruzioni diverse dello stesso verbo, e, a fortiori, quelle delle varianti di costruzione ascrivibili a un’intenzione stilistica, in un caso addirittura indicate come ‘errori’3.
* Ringrazio per suggerimenti di varia natura Francesca Lechi, Stefano Poletti,
Stefano Valente, Anna Zago, nonché Michela Rosellini, in particolare per avermi
anticipato informazioni sulle sue collazioni dei manoscritti di Prisciano dove Hertz
non era sufficiente o attendibile.
1
Cioè ‘costruzione delle parole duplice’. Nel contesto Prisciano vuole spiegare
perché in alcuni manoscritti è insorta la variante iustitia... mirer (Verg. Aen. 11, 126),
inferiore perché i due cola disgiunti dalla congiunzione -ne richiedono costruzioni
parallele, dunque iustitiaene... belline laborum.
2
Apollonio GG II 2, 404, 16-433, 9, un modello chiaramente richiamato da Prisciano, GL III 267-278. Per una serie di raffronti puntuali si veda la raccolta di Luscher 1912, pp. 82-115; il tema è affrontato in Rosellini 2010, p. 70 con riferimento a Prisc. GL III 219, 2 per indicazioni di costruzioni alternative nel contesto del
capitolo di derivazione apolloniana dedicato alle costruzioni verbali su base semantica.
3
Cfr. Apollonio GG II 2, 420, 11-12, ἀπαράδεκτος (‘è scorretto’) ἡ δοτικὴ ἐν τῷ
‘Μυρμιδόνεσσιν ἄνασσε’· ἡ γὰρ τοῦ ἄνασσε σύνταξις τὴν γενικὴν ἀπῄτησεν. Apollonio
dice esplicitamente di non occuparsi dei molti significati assunti da uno stesso verbo,
normalmente, anche se non sempre associati a costruzioni diverse: cfr. GG II 2, 425,
10-11 προυθέμεθα γὰρ ἅπαξ τὰς πλαγίας συντάξαι τοῖς ῥήμασιν, οὐ μὴν τὰ ποικίλως
παρυφιστανόμενα ἐκ τῶν ῥημάτων. Naturalmente ci sono in Apollonio discussioni
di costruzioni diverse dello stesso verbo, sempre casi in cui il caso diverso comporta
un diverso rapporto tra verbo e paziente e le due costruzioni non sono comunque
sovrapponibili, ad esempio GG II 2, 422, 12 τέμνω σοί /τέμνω σέ.
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La deviazione di Prisciano rispetto ad Apollonio è naturalmente influenzata
dal lessico sintattico greco da lui utilizzato come fonte4, poiché questo tipo
di lessici costitutivamente elencava le varie costruzioni possibili di uno stesso
verbo, con o senza variazione di significato. Tuttavia in Prisciano l’attenzione
per le costruzioni multiple o sintatticamente equivalenti precede il glossario
della fine del libro XVIII ed è più approfondita che nelle fonti greche ricostruibili, accompagnandosi ad una consapevolezza più sottile delle sfumature
di significato5 e a una significativa accentuazione delle variazioni solo stilistiche6. È tra queste ultime appunto che emerge un filone importante dei due
libri finali dell’Ars, quello della figura Graeca o Atticismus come principio di
scelta sintattica, un elemento che naturalmente appartiene alla sola tradizione latina; ai grecismi del latino Prisciano sembra aver inizialmente progettato di riservare una trattazione discorsiva a parte, probabilmente esaurita poi
dalla sola compilazione del glossario7. Più in generale, però, l’attenzione che
4
Dei cui caratteri si tratta appunto in questo contributo e in altri del volume,
particolarmente quelli di M. Sonnino, S. Valente e G. Ucciardello, ma che tipologicamente e storicamente era già ottimamente delineato in Rosellini 2010, pp. 7883, con riferimento soprattutto al lessico contenuto in Paris, Bibliothèque nationale
de France, Coisl. 345 e riedito da Petrova 2006. Per alcuni esempi di costruzioni
alternative di cui si sottolinea, in questo lessico sintattico greco, la differenza di significato si vedano le voci ἀκούω, ἡγοῦμαι, ‘comandare’ e ‘guidare’, nel Coisl. 345.
5
Si vedano in particolare le discussioni su queror (GL III 275, 151-156, con
accusativo e dativo), praestolor (GL III 274, 7-11 Terentius in eunucho: ‘quem praestolare, Parmeno?’ Cicero in I invectivarum: ‘qui tibi ad forum Aurelium praestolarentur’,
dove la seconda citazione è magis adquisitivum, cioè sono il suo seguito di armati)
consulo (GL III 275, 148-149), supplico.
6
Si vedano in particolare le discussioni su dono e invideo: GL III 268, 12-13
‘dono illi servum’; dicitur tamen et in eodem sensu ‘dono illum servo’ more Attico; GL
III 271, 23-26 idem etiam accusativum ei verbo cum dativo adiunxit in I epistularum
[...] et haec tamen ad imitationem Graecorum dativis adiunguntur.
7
Si veda ad esempio GL III 229, 16-17: Graeci quoque frequenter hoc utuntur,
modos verborum pro modis ponentes, de quibus in Atticismis, quibus Romani quoque
utuntur, post ostendetur, dove si fa riferimento allo scambio di modi verbali, ad esempio un congiuntivo iussivo al posto dell’imperativo, pratica adottata anche dai Greci,
come si vedrà nella parte sugli atticismi usati anche dai Romani. Non è però chiaro dove debba collocarsi l’annunciata sezione sugli Atticismi: forse la discussione
dell’uso del congiuntivo nelle subordinate latine in GL III 264, 12-16 (Ideo ex uno libro Ciceronis tot usus proponere studui, ut docerem, quam frequentissime hac constructione usi sint auctores eloquentiae Latinae, in hoc quoque Atticos maxime imitati, quorum similiter usus necessarium esse existimavi collectos subicere) o più probabilmente
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
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il glossario e i due libri della sintassi riservano alla figura Graeca è coerente
con l’importanza che, nella tradizione artigrafica latina almeno, assumevano
gli schemata lexeos, o ‘figure di parola’, considerate parte della grammatica8.
Tra gli schemata lexeos poco distinguibili dal grecismo sono proprio quelle
liste di variationes casuum (diverse dalla variatio come figura di ripetizione)
cui Prisciano ha riservato una parte importante del libro XVII e tra le quali
compaiono molti degli stessi esempi, greci e latini, che figureranno nel glossario – un elemento che rafforza l’ipotesi che il glossario finale sia servito
a Prisciano come ‘schedario’ durante tutta la stesura della parte sintattica
dell’opera9.
il glossario stesso, destinato forse in origine ad essere sviluppato in forma più discorsiva, come già sostenuto da Hertz e da Luscher 1912, pp. 35-37. ‘Atticismi’ pare a
me un titolo possibile per l’intero glossario, meglio che non ‘Idiomata’ che nella sua
stessa etimologia alludeva a una differenziazione o specificità che è contraria all’assunto di partenza della comparazione priscianea. Si noti qui a margine che il termine
Atticismus non è frequente in latino, con una sola altra occorrenza oltre a Prisciano,
mentre più frequente, soprattutto in Donato, Commento a Terenzio, la forma greca,
Ἀττικισμός, che in tutte le occorrenze donatiane sembra riferirsi a un uso pleonastico
del dativo di interessamento.
8
Holtz, 1981, pp. 183-184 sulla posizione del capitolo sugli schemata nelle
trattazioni grammaticali latine, di cui è un carattere peculiare rispetto alle superstiti
trattazioni greche. Per lo studio della ἀλλοιότης di Prisciano (GL III 183, 21) si vedano le discussioni di Groupe Ars Grammatica 2010, pp. 27-28, dove vengono
citate la ἑτεροίωσις di Quintiliano, inst. 9, 3 e la simile ἀλλοίωσις di Tib. Rhet. De
figuris Demosthenicis 47, τὸ τῆς ἀλλοιώσεως σχῆμα εἰσάγει ὁ Καικίλιος, καί φησιν αὐτὴν
γίνεσθαι κατ᾿ ὀνόματα καὶ πτώσεις καἰ ἀριθμοὺς καὶ χρόνους.
9
Molte prove sono state addotte da Luscher e Hertz, soprattutto confronti greci
difficilmente attinti altrove che dal glossario, ad esempio GL III 266, 4 = 289, 11
[Plat. Gorgias 458d] oppure GL III 271, 27 = 325, 3 (Herod. 1, 214). Per il rapporto tra i genera verborum e la sezione riorganizzata del glossario si veda soprattutto
Rosellini 2010, p. 89. Aggiungerei un confronto fondato su un’ipotesi sul modo
di raccogliere materiali del glossario-fonte, che spesso utilizzava uno stesso passo più
volte sotto lemmi diversi. GL III 194, 7-16 Abundant, ut Isocrates Aeginetico [24]:
‘ἐν αὐτοῖς γὰρ τούτοις ἔτι σαφέστερον καὶ μᾶλλον ἐνεπεδειξάμην τὴν εὔνοιαν’. nostri quoque frequenter hac utuntur abundantia praepositionis. [...] idem in Andria: ‘adeone ad
eum?’ in eadem: ‘ad te advenio’. Questo passo dell’ Eginetico non compare nel glossario, ma vi compare un passo immediatamente contiguo, 23 ὁρῶν τὴν μητέρα τὴν
αὑτοῦ καὶ τὴν ἀδελφὴν ἐκ μὲν τῆς πατρίδος ἐκπεπτωκυίας, che è citato a p. 287, par.
174, con lo stesso parallelo di Terenzio e il titolo latino (manca il lemma) duplicant
illi praepositiones. È difficile che Prisciano sia arrivato ai due passi indipendentemente, sulle basi di letture dirette, e suggerisco che anche il primo passo gli provenisse da
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La riflessione scolastica più antica su grecismo e imitazione greca deve
dunque aver fornito al glossario priscianeo una guida alla selezione degli
esempi latini e gli elementi interpretativi di alcuni dei parallelismi identificati
tra le due lingue, anche se in Prisciano è meno decisa l’intenzione di subordinare storicamente il latino al greco10. Indipendentemente dall’ipotesi che
Prisciano abbia utilizzato liste già pronte di esempi retorici latini (gli exempla
elocutionum dell’ipotetico Ur-Arusianus)11, l’elenco di paralleli che segue mi
pare mostri bene come, nella tradizione scolastica romana, lo studio della
figura Graeca come metaplasmo ammesso del latino dei ‘buoni autori’ fosse
ben radicato e possa aver influenzato Prisciano:
Porphyrio in Hor. carm. 2, 9, 17 desine querellarum Graeca elocutione figuratum est = Prisc. GL III 299, 12 voce ἀπέχομαι] abstineto ...
irarum (genitivo di allontanamento in dipendenza da un verbo di
cessare);
DServ. Verg. Aen. 10, 210 laterum tenus ut crurum tenus ἄχρι τῶν
πλευρῶν = Prisc. GL III 343, 10-16 lemma παρὰ] idem in III georgicon:
‘Et crurum tenus a mento palearia pendent’ secundum Graecos dixit12;
Serv. Verg. Aen. 11, 126 ivstitiaene privs mirer belline laborvm figura Graeca ‘miror illius rei’ et ‘regno illius rei’, ut ‘Τενέδοιό τε
ἶφι ἀνάσσεις’ = Prisc. GL III 316, 12-13 Illi ‘εὐδαμονίζω σου τόδε’ καὶ
‘εὐδαιμονίζω σε τοῦδε’. nostri quoque auctores hanc saepissime imitati
sunt figuram. Virgilius in XI: ‘Iustitiane prius mirer belline laborum’
(genitivo in dipendenza da miror, probabilmente inteso come genitivo di causa, con l’ellissi di διά nella tradizione greca)13;
un esempio, forse di un altro lemma dello stesso glossario, forse ad una voce su ἐν o
ἐνεπιδείκνυμι. Si veda più avanti, p. 96.
10
Pur presente, e se davvero il glossario coincideva con i progettati Atticismi,
certo anche il titolo avrebbe sottolineato l’interferenza linguistica dal greco. Tra le
espressioni di esplicita dipendenza di un costrutto latino dal greco si veda ad esempio
la formula hinc Romani, in almeno un caso accompagnata ad un esplicito hoc quoque
nostri sunt imitati (GL III 287, 11); tra le altre formule usate nel glossario per indicare grecismo sintattico si notino GL III 343, 10 ‘crurum tenus’ [...] secundum Grae
cos dixit, 316, 13 nostri quoque auctores hanc saepissime imitati sunt figuram (cioè
εὐδαιμονίζω σε τοῦδε).
11
Per la questione con riferimenti precedenti si veda Rosellini 2011, p. 185.
12
Cfr. anche GL III 32, 10 nisi ἑλληνισμῷ utatur auctoritas, ut Virgilius in III
georgicon: ‘Et crurum tenus a mento palearia pendent’.
13
Cfr. Apollon. GG II 2, 414, 6.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
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[Rufinianus], Schemata lexeos p. 56, 13 Halm (tra gli esempi di
Graeca figura) Aut praepositione detracta, ut: ‘maria aspera iuro’: et:
‘Tyrrhenum navigat aequor’ = Prisc. GL III 331, 18-19 Attici ‘ὄμνυμι
θεούς’. Virgilius in VI: ‘Di cuius iurare timent et fallere numen’. idem in
eodem: ‘maria aspera iuro’ (accusativo in dipendenza da iuro);
DServ. Verg. Aen. 8, 127 et ‘cui me precari’] antiquum est; nam modo
‘quem precari’ dicimus [...] et est Graecum, ut ‘εὔχεο Ἀπόλλωνι’ = GL
III 322, 9-10 Illi ‘καταρᾶται τούτῳ›. Horatius sermonum II: ‘tibi non
referenda precati’ (dativo in dipendenza da precor);
Serv. Verg. Aen. 11, 383 meque timoris argue] arguo autem genetivum
regit, ut ‘arguo te caedis, insidiarum’. et est de Graeco: nam ita dicunt
‘κατηγορῶ σε φόνου› = Prisc. GL III 321, 7-8 Attici ‘κατηγορῶ σου
τάδε’ καὶ ‘τῶνδε’. et nos ‘accuso te furti’ et ‘accuso tui furta’ (genitivo in
dipendenza da un verbo di accusare);
DServ. Verg. ecl. 5, 2 ‘boni dicere’ autem graecum est ‘ἱκανὸς λέγειν’
= Prisc. GL III 346, 14-16 Illi ‘περίφοβός ἐστιν πρὸς τὸ ποιῆσαι’ καὶ
‘ποιῆσαι’ [...] similiter nos ‘trepidus est ad faciendum’ et ‘trepidus est facere’. Virgilius in bucolico: ‘Cur non, Mopse, boni quoniam convenimus
ambo, / Tu calamos inflare leves, ego dicere versus’, pro ‘boni ad calamos
inflandos’ et ‘ad dicendos versus’ (uso dell’aggettivo seguito dall’infinito, definito altrove da Prisciano pulchra figura, GL III 235, 10, con lo
stesso esempio di Virgilio; anche III 227, 7)14.
È probabile che Prisciano avvertisse come grecismi anche casi in cui il dativo di direzione sostituisce la costruzione preposizionale: si veda il parallelo tra [Rufinianus] Schemata lexeos pp. 55-56 Halm Figura Graeca: aut
casu varietas, ut: ‘Montibus in nostris solus tibi certet Amyntas. Et: ‘placidone [sic] etiam pugnabis amori?’ pro ‘tecum certet’ et ‘cum amore pugnabis’ e
Prisc. GL III 317, 15-20 Attici ‘ἠράμην πόλεμον πρὸς τοῦτον’ καὶ ‘τούτῳ’. [...]
14
Ometto perché troppo comune la discussione sulla grecità degli accusativi di
relazione, anche questa comune ai commentatori e a Prisciano. Viene individuata
come grecismo anche la doppia negazione rafforzativa in DServ. Verg. Aen. 2, 247
licet Terentius Graeco more dixerit agrum in his regionibus meliorem neque pretii maioris nemo habet, anche questa discussa da Prisciano, ma spiegata con esempi diversi
e poco pertinenti (GL III 337, 9 οὐδὲ τόδε οὐκ ἐποίησεν ecc.). Per una discussione dei
vari casi si può vedere Mayer 1999, pp. 157-182. Non affronto e non è pertinente
in questa sede la discussione della realtà linguistica o meno dell’interferenza greca su
questi costrutti, spesso esagerata dagli antichi, ma di cui a volte forse gli stessi poeti
saranno stati convinti.
90
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tale est illud Virgilianum in VIIII: ‘volat hasta Tago per tempus utrumque’,
pro ‘in Tagum’.
Anche senza invocare il grecismo, la categoria esegetica scolastica della varietas casuum (o numerorum) da sola poteva aiutare Prisciano ad identificare
‘paralleli’ latini per i lemmi del glossario greco che usava come fonte. Proprio
all’inizio della sezione dedicata alla uarietas casuum troviamo la discussione
sulla variazione (o mancato accordo) relativa al numero: GL III 184, 6-13
Construuntur igitur diversi numeri, ut [...] ‘aperite aliquis actutum’. Il passo di
Terenzio, Ad. 634, viene utilizzato come ‘parallelo’ in due punti del glossario:
GL III 365, 11-12 Attici ‘τίνα πόθεν ἃ ἔλεγες’ καὶ ‘πόθεν ἃ ἔλεγες’ simile Terentius in Adelphis (634): ‘aperite aliquis actutum ostium’.
In realtà, rispetto al testo emendato da Hertz e Krehl, il testo dei codici τινα
ποτεννα ελεγεσ e varianti va interpretato alla luce di Aesch. Ctesiph. 165,
11 ἐνταῦθ᾽ ἡμῖν ἀπόδειξιν ποίησαι, Δημόσθενες, τί ποτ᾽ ἦν ἃ ἔπραξας, ἢ τί ποτ᾽
ἦν ἃ ἔλεγες, emendando dunque in τίνα ποτ᾿ ἦν ἃ ἔλεγες15. Si tratta del cosiddetto schema Atticum, un caso di accordo con il verbo al singolare nel caso
di soggetti, qui pronominali, al neutro plurale16. Aperite aliquis non mostra
nessuna somiglianza lessicale o sintattica con l’esempio (non si tratta di
In realtà la correzione dovrebbe rispecchiare più da vicino la citazione di
Eschine, dunque è possibile che si debba correggere anche la ripetizione di ἔλεγες
scrivendo τίνα ποτ᾿ ἦν ἃ ἔπραξας καὶ τίνα ποτ᾿ ἦν ἃ ἔλεγες. Anche così la correzione
non corrisponde perfettamente alla citazione di Eschine (καὶ invece di ἤ disgiuntivo), ma piccole sviste sono presupponibili anche nel compilatore del lessico e poi in
Prisciano stesso (altri esempi più avanti). Tuttavia la correzione di πόθεν di Hertz in
ποτ᾿ ἦν sembra inevitabile, perché una corrispondenza tra l’esempio greco e il parallelo latino deve essere stata riconoscibile a Prisciano, mentre πόθεν ἃ ἔλεγες, plausibile forse a priori (‘da dove trai quelle cose che dici?’) non solo non ha paralleli in
greco ma non ha nessuna corrispondenza con aperite aliquis. In latino aperite aliquis
compare anche in Pl. Merc. 131. Simile anche Ps. 1284, aperite [...] aliquis nuntiate.
Michela Rosellini mi informa inoltre che i manoscritti che conservano il greco hanno soltanto forme riconducibili a ποτην /ποτεν e che dunque πόθεν di Hertz ha
solo sviato l’interpretazione.
16
Kühner-Gerth 1955, 1, p. 59. τίνα ποτ᾿ ἦν, che sembrerebbe ricavarsi come
variante di Prisciano, è linguisticamente possibile in luogo di τί ποτ᾿ ἦν (il senso
sarebbe ‘quale genere di cose erano quelle che dicevi’ invece che ‘che cosa era/ a cosa
mirava quello che dicevi’), ma gli apparati di Eschine non riportano questa variante
nella tradizione diretta.
15
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
91
parallelismo del tipo *quaenam erat quae dicebas). Prisciano usa una frase
idiomatica attestata in uno degli auctores, come fa di solito, che ha in comune
con l’esempio greco solo la stessa etichetta di caso particolare grammaticale,
quella del mancato accordo, con il verbo plurale e il soggetto singolare, con
l’aggiunta qui dell’uso meno comune di aliquis come pronome di prima/
seconda persona. Lo stesso controesempio di variatio per numerum occorre
in GL III 304, 8-9 ‘εἰπέ μοι’ dicunt Attici etiam ad multos. huic simile Terentius
in eunucho [sic]: ‘aperite aliquis actutum’17.
2. Prisciano e la comparazione tra greco e latino
Il glossario di Prisciano è introdotto da una frase di sapore programmatico,
che invita il lettore a «non meravigliarsi che tutti i verbi attivi, che significano un’azione, qualunque sia la loro voce verbale (?)18, e siano transitivi,
vengano costruiti dai Romani con l’accusativo, poiché anche gli Attici sia in
queste che nella maggior parte delle altre costruzioni si comportano allo stesso modo» (GL III 278, 7-9 non mireris tamen, omnia activa ex quacumque
voce actum significantia cum transitione Romanos accusativo coniungere, cum
Attici quoque tam in eis quam in aliis constructionum plerisque idem servent).
In questo brano, in aliis constructionum plerisque non è completamente chiaro, in quanto la maggior parte delle altre costruzioni non possono essere descritte come prendenti l’accusativo. Se idem servent si intende idem ac Romani, cioè allargando il parallelismo tra greco e latino a costruzioni anche non
comprese tra quelle con l’accusativo, la posizione di Prisciano, anche se non
Il confronto con Scholia Demosthenica 4, 56 Dilts (δέον εἰπεῖν εἴπατε μοι
πρὸς τὸ βούλεσθε, εἰπέ μοι εἶπεν Ἀττικῶς = Dem. 4, 10 [1 Phil.] ἢ βούλεσθ’, εἰπέ μοι,
περιιόντες αὑτῶν πυνθάνεσθαι,‘λέγεταί τι καινόν;’) mostra che compilatore del lessico greco doveva aver utilizzato un commento a Demostene, in cui si segnalava la
grammaticalizzazione della seconda persona come semplice esortativo anche in un
contesto dove il singolare è fuori luogo.
18
Non capisco bene activa ex quacumque voce: ‘attivi di ogni voce verbale’? Forse
bisognerebbe leggere activa <et> ex quacumque voce, facendo riferimento al fatto che
esistono anche i neutralia e i deponenti che possono essere costruiti con l’accusativo
se c’è transitività? Cfr. GL III 267, 19-20 similiter etiam neutra vel deponentia actum
significantia cum transitione in quodcumque accusativum sequuntur, ut ‘facio doctum
(Rosellini: f. domum codd.), eo iter, navigo Pontum, ardeo uxorem’, quando pro ‘amo’
accipitur; 277, 19-22 Neutra et deponentia, quod superius dictum est, si actum significent et habeant transitionem ab homine in hominem, accusativo coniunguntur, ut ‘facio
te doctum, sequor hominem, miror, aspernor, suspicor, contemplor, conspicor’.
17
92
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isolata19, è diversa da quella di altre fonti bilingui note.
Gli Idiomata sono raccolte di liste lessicali bilingui, tramandate indipendentemente, come gli Idiomata Parisina del codice Paris, Bibliothèque Nationale, lat. 7530, 41r = GL IV 566-72 oppure incluse nelle grammatiche
della triade, Charisius (De idiomatibus 379-386 Barwick), Diomedes (De
consensu verborum cum casibus, GL I 310-320), Dositheus (GL VII 376-428)
e in Anonymus Bobiensis (pp. 32-25 De Nonno). Nelle fonti grammaticali,
le liste di parole sono, in due casi, introdotte da un riferimento alla dottrina
della derivazione del latino dal greco, da cui discende che gli idiomata sono
‘casi particolari’, deviazioni del latino rispetto al greco20. Questa differenza
di metodo è probabilmente riportabile alla differenza di destinazione, più
elementare nel caso degli Idiomata, che quindi si preoccupano soprattutto
di evitare i facili errori della traduzione. Per questo motivo gli elenchi degli
Idiomata sono organizzati con criteri diversi da quelli del glossario di Prisciano, che tende a sottolineare invece la coincidenza tra le due lingue. Persino
per ἀκούω, un lessema ad alta frequenza d’uso e notoriamente un caso in cui
le due lingue divergono, Prisciano cerca un esempio di costruzione con l’accusativo: cfr. GL III 279, 5-7 Nos ‘audio illum’; sic etiam illi. Δημοσθένης [...]
‘ὅταν δὲ πρὸς τὰ πράγματ᾽ ἀποβλέψω καὶ ὅταν πρὸς τοὺς λόγους οὓς ἀκούω’
(naturalmente Prisciano ha consapevolezza della differenza di significato rispetto alla costruzione con il genitivo, discussa ad esempio nel capitolo sui
genera verborum¸ GL III 276, 23).
Prendiamo ad esempio aufero tibi in Prisciano GL III 280, 13-21 (Latini
‘aufero tibi et a te’ [...] Homerus in Iliadis A ‘αὐτὰρ ὁ τοῖσιν ἀφείλετο νόστιμον
19
Simile in ogni modo anche il passo di Macrobio, De verborum Graeci et Latini differentiis uel societatibus excerpta, 9, 8-9 De Paolis utrumque similiter uniuersis
paene casibus seruit, ut misereor illius, pareo illi, veneror illum, uenio ab illo, nitor illo,
item φροντίζω τοῦδε, πείθομαι τῷδε, φιλῶ τόνδε; Anonymus de verbo, 21, 5-6 Passalacqua, a Graeca lingua Romanam nullis aut paucis admodum discrepantem.
20
Anche Macrobio conosce questa definizione di idiomata: cfr. Macr. De verborum Graeci et Latini differentiis uel societatibus excerpta, 7, 7-10 De Paolis, cum partes orationis in utraque lingua arta inter se similitudine uincirentur, quasdam tamen
proprietates quibus seorsum insignirentur habuerunt, quae Graeco nomine idiomata
uocantur, da dove però si evincerebbe che ci possono essere idiomata anche per il
greco. Barwick riteneva che queste liste di idiomata derivassero da una grammatica
molto più antica, del I secolo d. C.: Barwick 1922, pp. 115-16. Per un’importante
messa a punto degli idiomata nel contesto della teoria linguistica antica dei rapporti
tra greco e latino si veda ora De Paolis (in stampa).
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
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ἦμαρ’, et per accusativum tamen idem in Iliadis A ‘μήτε σὺ τόνδε [...] ἀποαίρεο
κούρην’), senza lemma greco neppure in seguito, ma presumibilmente
ἀφαιροῦμαι21. Qui non disponiamo del modello greco e la voce, che appartiene al gruppo di quelle riorganizzate da Prisciano in sequenza latino-greco22,
non è ricostruibile dai lessici sintattici superstiti. Prisciano elenca due reggenze latine e due greche, la prima delle quali identica alla prima latina. La
sequenza che contiene lo stesso verbo greco negli Idiomata casuum del Par.
lat. 7530 è invece organizzata in modo da sottolineare le differenze, non le
somiglianze, che anzi in questo caso non compaiono mai: GL IV 566, 22-25
rapio tibi ἀφαιροῦμαι σε, ἁρπάζω σου, aufero tibi ἀποκομίζομαί σού τι, eximo
tibi ἀφαιροῦμαι σέ τινος, ὑφαιροῦμαι σού τι, adimo tibi ἀφαιροῦμαι σου, demo
tibi ἀφαιροῦμαι σου, subtraho tibi ἀφαιροῦμαι σου, subduco tibi ἀφέλκω σού τι.
Anche gli Idiomata, tuttavia, contemplano la possibilità della compresenza di costruzioni diverse, rubricate alle voci ad esempio idiomata genetivi et
dativi casus, idiomata dativi et ablativi casus. Qui si possono trovare maggiori
corrispondenze con Prisciano. Mi soffermo in particolare sul confronto tra
GL IV 570, 22-23 frango servi caput κατεάσσω τοῦ θεράποντος τὴν κεφαλὴν et
frango servo caput συνθλῶ συντρίβω τοῦ δούλου τὸ κρανίον, rumpo servo caput
ῥήσσω τοῦ μαστιγία τὴν κεφαλήν e Prisc. GL III 321, 11 ‘κατέαγε τοῦ δεῖνα’ καὶ
‘τῷ δεῖνι ἡ κλείς’, similiter Latini ‘fractum illius’ et ‘illi crus’. In questi esempi
greco e latino hanno un’area di sovrapposizione, più completa in Prisciano,
parziale negli Idiomata23. Si noti tuttavia che, nelle frasi qui citate, gli Idiomata
La questione della forma dei lemmi è in realtà più complessa, poiché spesso
erano, nella fonte di Prisciano e in generale nei lessici confrontabili, identici a una
delle citazioni, mentre a volte erano al presente, prima o terza persona. Ne discute
bene Rosellini 2010, pp. 80-81.
22
Rosellini 2010, pp. 83-92.
23
Prisciano, al contrario, ha una interessante discussione in GL III 213, 12-214,
5 sulla differenza dell’uso del genitivo e dativo in casi in cui sono effettivamente
interscambiabili, con considerazioni che sembrano precorrere quelle di Löfstedt
1956, pp. 214-222. Naturalmente gli idiomata casuum vanno utilizzati con molte
cautele, soprattutto perché non hanno una solida tradizione manoscritta (il greco è
passato per le mani di copisti che non lo conoscevano) e non se ne conosce la storia e
l’originaria destinazione. Vediamo ad esempio, dagli Idiomata Parisina, GL III 572,
9-10 invideo condiscipulum libri et libro et librum φθονῶ τῷ συμφοιτητῇ τοῦ βιβλίου:
la costruzione latina appare molto strana, con le tre reggenze indifferenti per la cosa
(‘del libro, al libro, il libro’). Prisciano ad esempio è consapevole di una costruzione
alla greca, con il dativo della persona (qui assente, ad esempio condiscipulo); Prisciano
21
94
R. Ferri
sembrano raccomandare per il greco la sola costruzione con il genitivo (τοῦ
θεράποντος [...] τοῦ δούλου [...] τοῦ μαστιγία), scorrettamente, anche se forse
per influenza dell’evoluzione del greco ‘comune’, dove il genitivo tendeva a
sostituirsi al dativo della lingua letteraria24. Di nuovo gli Idiomata sottolineano la differenza, forse per una maggiore attenzione alla realtà della lingua
parlata, mentre Prisciano vede l’esatto parallelismo, che è qui una risposta
corretta, almeno al livello della lingua letteraria.
La stessa insistenza sui casi di difformità e sugli inganni della traduzione
la troviamo in un antico papiro lessicografico greco-latino, il Pap. Sorb. 2069
ll. 95-100, databile al terzo secolo, dove, volendo chiarire l’uso di vos per un
greco che impara il latino, si illustrano una serie di costruzioni in cui il greco
e il latino reggono casi diversi25:
vos ὑμεῖς ὑμᾶς: vos priores venistis ὑμεῖς πρότεροι ἐληλύθατε; uos sic iussi
ὑμᾶς οὕτως ἐκέλευςα genetivi sic fit casus γενικῆς οὕτω γείνεται πτώσεως:
audio uos, ἀκούω ὑμῶν, ἀκούω ὑμᾶς; contemno vos, καταφρονῶ ὑμῶν;
dativi rursus sic δοτικῆς πάλιν οὕτως: secuor vos ἀκολουθῶ ὑμῖν adiuvo
uos βοηθῶ ὑμῖν.
L’interpretazione della voce è in realtà controversa26, poiché non si spiegano
bene, in un lessico chiaramente destinato a parlanti greci e attento ad ambiguità e omografie del latino, le indicazioni morfologiche ‘al caso genitivo
fa così’ e ‘di nuovo al dativo fa così’ esemplificate da frasi che contengono
sempre la stessa forma latina vos. In realtà io credo che genetivi sic fit casus e
GL III 271, 24-25 cita Hor. ep. 1, 14, 41-42 invidet usum / lignorum et pecoris tibi
calo argutus, definendolo ‘imitazione greca’, ma non cita l’altro, più grecizzante, caso
di Hor. serm. 2, 6, 83-84 neque ille / sepositi ciceris nec longae invidit avenae, che per
Quintiliano era un grecismo conclamato e corrisponderebbe dunque a libri. Può
essere che originariamente questi Idiomata sintattici fossero stati scritti per greci,
dunque più interessati alla molteplici possibilità del latino che a imparare tutte le
sfumature del greco, che conoscevano?
24
Un fenomeno ben noto dai papiri e dal greco del Nuovo Testamento e che
culmina nella scomparsa del dativo nel greco moderno: cfr. ad es. Horrocks 1997,
pp. 58-59 e passim.
25
Do un testo normalizzato, con una punteggiatura interpretativa moderna, eliminando tutti i diacritici dell’edizione, che è quella di Dickey – Ferri 2010, pp.
177-187.
26
Per una diversa interpretazione (parte di un primitivo dizionario rivolto a parlanti latini che imparano il greco) si veda Dickey 2010, p. 195.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
95
dativi rursus sic vadano interpretati come ‘(anche) al genitivo (soggiacente,
cioè greco) la traduzione è vos, in audio vos, e di nuovo troviamo vos per il
(nostro) dativo, in secuor vos’ ecc. Si tratterebbe dunque di una voce di tipo
sintattico, che verte appunto su alcuni dei più tipici casi di divergenza tra
greco e latino, come sequor/ ἀκολουθῶ o adiuvo/ βοηθῶ27.
Infine, un filone linguistico antico nel quale c’era necessariamente interesse per le variazioni di significato associate a diverse costruzioni verbali, ma
che non sembra esibire punti di contatto con il glossario di Prisciano è quello della grande lessicografia bilingue, in particolare i due grandi vocabolari
bilingui pervenutici dall’antichità, lo Pseudo-Cirillo e lo Pseudo-Filosseno,
editi in Goetz 1888. Come esempio di lemma nel quale vengono presentate
diverse costruzioni con la necessità pratica di distinguere diversi significati
si può confrontare CGL II 402, 8-10 (= London, British Library, Harley
5792, f. 169v): περιβάλλω ἱματίῳ amicio coperior | περιβάλλομαι ἱμάτιον amicior| περιβάλλω πράγματι ἢ τιμωρίᾳ adficio, cioè ‘metto addosso un vestito (a
qualcuno, qui non espresso) e ‘mi metto addosso un vestito’, mentre il latino
non ha la costruzione equivalente ma solo la voce verbale corrispondente,
attiva o media. Il terzo caso illustra invece una corrispondenza in locuzione
metaforica, dove περιβάλλω significa ‘affliggo, colpisco’ e il compilatore esplicita giustamente la non corrispondenza idiomatica tra le due lingue con un
nuovo lessema latino.
L’assunto ‘metodologico’ di Prisciano, che le due lingue siano per lo più
gemelle nelle costruzioni, aiuta a volte a comprendere meglio il rapporto tra
lemma e testo. Ad esempio GL III 280, 7 impero tibi ἄρχω σου28 non corrisponde allo spirito generale di sottolineare l’intersezione tra le due lingue,
confermato proprio dall’unico esempio fornito, la strana citazione (GL III
280, 10) Ἀθηναίοις ἦρχε [probabilmente da Thuc. 1, 93 ἐπὶ τῆς ἐκείνου ἀρχῆς
Cioè la forma soggiacente, quella della propria lingua, come Prisciano parla
di forma intellecta in GL III 255, 27-256, 1 Quod autem in plerisque intellectae supra
dictae coniunctiones Graecae, id est ‘ἄν’ et ‘ἄρα’, faciunt poni subiunctivos etiam aliis
coniunctionibus positis, usibus auctorum iterum aliis quoque comprobabimus e 262, 8-9
ubique ‘ἄρα’ vel ‘ἄν’ Graecae coniunctiones intellegendae sunt in interpretatione: cioè
‘bisogna intendere che ci sono queste quando si traduce’.
28
Come mi informa Michela Rosellini, «l’apparato di Hertz è fuorviante: i
manoscritti principali hanno in realtà σου (σοι WDJ, codici ‘bassi’ nella trad.), che
deve [...] essere la lezione dell’archetipo. Ciò non toglie che σου possa essere una
corruttela (lo scambio υ/ι è comunissimo) e qui in particolare una banalizzazione
quasi obbligata».
27
96
R. Ferri
ἧς κατ᾽ ἐνιαυτὸν Ἀθηναίοις ἦρξε29]). Si tratta infatti di una costruzione particolare, di solito riferita all’arcontato, non al semplice ‘comandare’. Bisogna
dunque correggere il lemma in σοι30.
Per altri paralleli relativi alla costruzione di questo verbo con il dativo, quasi
sempre limitato al sottosenso di denominativo di ἄρχων ‘arconte’, cfr. Cooper 1998,
pp. 240-241.
30
Segnalo qui altri casi di piccole correzioni relative alla corrispondenza tra
lemma e esempi. GL III 351, 22 προέχοντες τούτων καὶ τούτοις (Attici ‘προέχοντες
τούτων’ καὶ ‘τούτοις’ καὶ ‘πολλῷ πάντων’) va sostituito con τούτων καὶ τούτους perché
il resto della voce non presenta esempi se non con l’accusativo, e cioè la citazione da
Platone comico, Ἀλλ᾽ ἡγούμεσθα εὖ κἀνδρείως πολλῷ πάντων προέχοντες (che regge
il genitivo, anche con il modificatore avverbiale) e ἑνὶ μόνῳ προέχοντες οἱ ἱππεῖς ἡμᾶς
(che regge l’accusativo). Un altro errore di mancata corrispondenza a GL III 367, 12
‘τοσούτου διήνεγκεν, ὅσῳ’ καὶ ‘τοσοῦτον διήνεγκεν, ὅσον’ dove il primo modificatore va
corretto in τοσούτῳ sia per corrispondere a ὅσῳ perché il genitivo indica non la misura della differenziazione, ma il referente da cui ci si differenzia (sarebbe stato diverso
dire ‘è diverso da una tanto grande folla, τοσούτου πλήθους). Inoltre nessuno dei due
esempi dati offre un confronto per il genitivo (Αἰσχίνης Ἀξιόχῳ: καὶ τοσούτῳ ἐκεῖνο
τούτου διαφέρειν ἐνόμιζον ὅσον κρείττων ἐστὶν ἀνήρ γυναικός). Un po’ più confuso è invece il caso di GL III 307 ἔλαττον τόσων καὶ τόσοις (Attici ‘ἔλαττον τόσων’ καὶ ‘τόσοις’.
similiter nos ‘minor tot annos’). L’unico modo di interpretare il similiter di Prisciano
nel contesto sembra a me quello di riferirlo all’omissione della congiunzione comparativa, ἤ, quam, non all’uso dell’accusativo in minor tot annos (minor/maior tot annos
natus, una forma di apposizione). Se il similiter di Prisciano ha questo senso, la voce
doveva comprendere un esempio greco nel quale il genitivo qui rappresentato da
τόσων (che indica un numerale nell’uso di Prisciano o della sua fonte nei lemmi del
glossario) non era un secondo termine di paragone, poiché normalmente il genitivo
di comparazione e la congiunzione comparativa ἤ si escludono, eccetto in casi in
cui il genitivo si giustifica come costrutto a sé stante, ad esempio come indicazione
dell’età in dipendenza dal participio γεγονώς, o come complemento di estensione: cf.
Kühner – Gerth 1955, p. 311. Per un esempio di questa costruzione si veda Plato,
Leg. 829c ποιητὴς δὲ ἔστω τῶν τοιούτων μὴ ἅπας, ἀλλὰ γεγονὼς πρῶτον μὲν μὴ ἔλαττον
πεντήκοντα ἐτῶν. Il secondo caso, ἔλαττον con il dativo, è illustrato da una citazione,
dalla quale si evince che il dativo va inteso come dativo di limitazione, Δημοσθένης
ἐν τῷ πρὸς Σπουδίαν ὑπὲρ προικός: ἔπειτα ὡς ἔλαττον ταῖς χιλίαις ἐκομισάμην (la frase di senso compiuto è ὑμῖν μάρτυρας παρέξομαι τοὺς παραγενομένους ὅτ᾽ ἠγγύα
μοι Πολύευκτος τὴν θυγατέρ᾽ ἐπὶ τετταράκοντα μναῖς· ἔπειθ᾽ ὡς ἔλαττον ταῖς χιλίαις
ἐκομισάμην), e qui dunque il similiter di Prisciano è meno pertinente come esempio
di costruzione parallela. Dal punto di vista della fonte greca, il lemma si giustificava
in quanto mostrava come ἔλαττον poteva essere ‘costruito’, cioè ‘seguito’, sia dal genitivo sia dal dativo, anche se la funzione logica dei due casi era diversa e così anche
lo statuto di frequenza delle due costruzioni (la prima una forma ellittica sostanzial29
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
97
Prisciano vede un parallelismo tra le reggenze e le costruzioni possibili,
ma in generale le costruzioni ammesse in latino costituiscono un sottoinsieme di quelle del greco piuttosto che (come negli Idiomata) un’opposizione
artificiosamente costruita o un parallelismo assoluto. La maggiore varietà del
greco non è naturalmente un riflesso naturale della libertà greca contrapposta alla normatività latina, ma un risultato del corpus molto maggiore che ha
fornito a Prisciano i suoi esempi: i pochi testi degli autori della quadriga, una
scelta ristretta anche rispetto all’entità effettiva dei testi degli autori inclusi,
soprattutto Cicerone, sono una massa incomparabilmente minore rispetto
al sia pur selettivo corpus degli autori attici. Soprattutto l’inclusione degli
oratori deve aver portato nel corpus greco una grande varietà di registri.
3. Il lessico sintattico greco
I lemmi greci del lessico priscianeo, sia che occorrano all’inizio della voce
sia che siano stati posposti al latino (per le parti riorganizzate da Prisciano,
dunque in GL III 278, 13-282, 4), hanno una forma astratta che sintetizza gli
esempi subito dopo presentati, ad esempio GL III 281, 21-282, 3 ‘ἀπήλαυσα
τούτου’ καὶ ‘ἀπὸ τούτου’ καὶ ‘τοῦτο’, cui seguono immediatamente gli esempi,
che normalmente rispecchiano le reggenze indicate nel lemma: Ἰσοκράτης ἐν
τῷ περὶ τῆς εἰρήνης· ‘καὶ κατ᾿ ἀρχὰς μὲν ἀπολαύωσιν, ὧν [genitivo, = 1 τούτου]
ἂν λάβωσιν’, in sequentibus vero idem: ‘δέδοικα, μὴ πειρώμενος ὑμᾶς εὐεργετεῖν
αὐτὸς ἀπολαύσω τι [accusativo = 3 τοῦτο] φλαῦρον’. Πλάτων ἐν τῇ Σωκράτους
ἀπολογίᾳ· ‘καὶ εἴ γε μέντοι τι ἀπὸ τούτων [ἀπό + genitivo = 2 ἀπὸ τούτου, anche
se in realtà il verbo regge l’indefinito τι] ἀπήλαυον’. Questo modo di indicare
la costruzione sintattica di un verbo non è quello più comune nei lessici sintattici conservati, ad esempio il Coislinianus 345 (Petrova 2006), il Laurentianus 59, 16, il Baroccianus 57 e gli altri elencati in Rosellini 2010,
p. 79. La formula τούτ- καὶ τούτ- (anche con il dimostrativo τόδε) si trova
comunque varie volte, nella letteratura scoliastica (ad esempio Sch. Aristoph. Plut. 226 ὥσπερ μεταλαμβάνω τούτου καὶ τοῦτο φαμέν) o in altre opere
mente eccezionale, la seconda una indicazione senza alternative sintattiche, poiché
ἔλαττον ταῖς χιλίαις è l’unico modo per dire ‘meno mille dracme/mille dracme in
meno’). La successiva precisazione di Prisciano nam ‘minor triginta annorum’ cum
dicimus, ad genetivum deest ‘illo qui est triginta annorum’, ἥττων τούτου τριάκοντα
ἐτῶν, et similia suggerisce una correzione in GL III 175 similiter dicitur ‘minor viginti
annorum’ ἥττων τοῦ τῶν εἴκοσι ἐτῶν, da cambiare in τούτου εἴκοσι ἐτῶν sulla base di
questo passo.
98
R. Ferri
grammaticali (ad esempio Philetaerus, 263 τόνδε ἀποστερῆσαι τόδε, οὐ τοῦδε)
e in alcune parti dell’ Etymologicum Symeonis, ad esempio ἀγανακτῶ τούτοις
καὶ τούτων31. Un confronto sistematico tra questo lessico bizantino e il glossario priscianeo sembra confermare un rapporto significativo tra i due testi,
come vedremo subito sotto.
L’Etymologicum Symeonis venne compilato, nella prima metà del secolo
XII da un non identificato ‘Simeone’, che usava come fonte l’Etymologicum
Genuinum, arricchendolo però con un ampio numero di altre fonti32. Purtroppo ES è ancora largamente inedito (solo le lettere Ά e Β, cui si sono appena aggiunte Γ-Ε ad opera di Davide Baldi).
Nell’edizione Lasserre-Livadaras alcune voci sono ipoteticamente identificate da una dizione in corsivo con l’abbreviazione Synt., cioè con questo gli
editori ipotizzano, sulla base del confronto con gli altri Etymologica o altre
fonti lessicografiche, che queste voci siano tratte dal lessico sintattico che per
primo aveva ipotizzato Reitzenstein (vd. n. 32). Naturalmente si tratta solo
di un’ipotesi, ma che acquista consistenza, a mio parere, proprio sulla base
del confronto con Prisciano. Nello specchietto che segue, ho trascritto le voci
così identificate, per le sole lettere disponibili, dall’edizione Lasserre indicando le coincidenze con la parte corrispondente di Prisciano:
1, 20, 7-10 ἄγαμαι, σου τοῦδε· (Dem. Or.
18, 204) ‘τίς γὰρ ἂν οὐκ ἄγαιτο τῶν ἀνδρῶν
ἐκείνων τῆς ἀρετῆς’. καὶ ἄγαμαί σε τοῦδε·
(Plat. Parm. 130a) ‘ Ὦ Σώκρατες, ὡς ἄξιος εἶ
ἄγασθαι τῆς ὁρμῆς τῆς ἐπὶ τοὺς λόγους’. καὶ
‘ἀγασθέντες αὐτά’.
1, 20, 11-13 ἀγαπῶ, ταῦτα καὶ ἀγαπήσας τούτοις
ἀντὶ τοῦ ἀρκεσθείς, οἷον (Dem. Or. 1, 14)·
‘οὐκ ἔστιν ὅπως ἀγαπήσας τοῖς πεπραγμένοις
ἡσυχίαν σχήσει’, ἀντὶ τοῦ ἀρκεσθείς.
Per altre osservazioni sull’uso dei dimostrativi nell’esemplificazione della reggenza sintattica in altri testi lessicografici si veda il contributo di S. Valente.
32
Per tutte le notizie di inquadramento storico dipendo dall’introduzione di
Baldi 2013, gentilmente anticipatami dall’autore, che ringrazio anche per avermi
fornito copie di alcuni dei testimoni manoscritti e le bozze della lettera delta. Importante ancora è Reitzenstein 1897, dove si trova formulata per la prima volta
l’ipotesi relativa alla combinazione del Genuinum con una fonte sintattica.
31
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
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1, 20, 14-15 ἀγανακτῶ, τούτοις καὶ ἀγανακτῶ
τούτων, καὶ πάλιν ταῦτα ἀγανακτῶ καὶ τούτοις
ἀγανακτῶ καὶ τούτοις ἀγανακτῶ
1, 24, 23-26 ἀγωνίζεσθαι, περὶ πράγματος
καὶ ἀγωνίζεσθαι περὶ πρᾶγμα (Ar. Eq. 614)·
ἀνάγγειλον ἡμῖν· περὶ τὸ πρᾶγμα ἠγωνίσω.
1, 24, 27 ἀγαπώμενος, ὑπὸ τούτων καὶ
ἀγαπώμενος τούτοις.
1, 98, 20-21 ἀήθης, εἰμὶ τούτῳ τῷ πράγματι·
καὶ τούτου τοῦ πράγματος.
1, 202, 10-12 ἀκούειν, τὸ ἀκροᾶσθαι,
τὸ ὑπακούειν· Δημοσθένης (Or. 1, 1)· ‘†
προσήκατο προθύμως ἐθέλειν ἀκούειν’, ἐπὶ τοῦ
ἀκροᾶσθαι· ἐπὶ δὲ τοῦ ὑπακούειν· (Dem. Or. 1,
23) ‘καὶ γὰρ† ἄηθες τοῦ κατακούειν τινός [...]’.
1, 294, 22-23 ἁλισκεσθαι, ἐν συμφοραῖς καὶ
ὑπὸ συμφορᾶς καὶ συμφορᾷ.
1, 295, 7-11 ἀλλά, τοῦτον τὸν σύνδεσμον
παραλαμβάνομεν κόσμου ἕνεκα, ἀλλὰ οὗτος
ὁ σύνδεσμος δοκεῖ προσκειμένοις τισὶν
ἐπιφέρεσθαι, οἷον· ‘οὐκ ἐγὼ ταῦτα εἶπον, ἀλλ’
οὗτος’, καὶ ἐν τῷ (Dem. Or. 2, 22). ‘οὐ μὴν
ἀλλ’ ἔγωγε’. ἄρχων δὲ λόγου ὁ ἀλλά σύνδεσμος
θαυμασμόν τινα καὶ ἔκπληξιν εἰσάγει, οἷον
(Xen. Conv. 1, 1)· ‘ἀλλ’ ἔμοιγε δοκεῖ’.
1, 295, 13-14 ἄλλως, καὶ ὠς ἄλλως· ἀντὶ τοῦ
μάτην, οἷον (Dem. Or. 6, 32)· ‘οὐδ’ ἵνα ὡς
ἄλλως ἀδολεσχῶ’.
1, 295, 15-16 ἀλλ’ ὁτιοῦν ἢ τόδε, καὶ ἀλλ’
ὁτιοῦν τόδε, χωρὶς τοῦ ἤ.
1, 295, 17-19 ἀλλ’ οὖν, συντάσσεται ἐλλιπεῖ
φράσει, οἷον (Dem. Or. 9, 30)· ‘ὅσα μὲν ὑπὸ
Λακεδαιμονίων ἔπασχον οἱ Ἕλληνες, ἀλλ’
οὖν ὑπὸ γνησίων γ’ ὄντων’· ἐμφαίνει γάρ τι
τοιοῦτον, εἰ καὶ μηδὲν ἕτερον ἀλλὰ τοῦτο γοῦν.
1, 295, 24-27 ἄλλοθι πανταχοῦ καὶ ἄλλοθι (passo usato anche in Prisc, GL III 336, 18οὐδαμοῦ καὶ πάλιν (Plat. Charm. 160c)· ‘οὔτ’ 21, ma alla voce ὅ τι μάλιστα, cioè: Πλάτων
ἐν λέξει, οὔτ’ ἄλλοθι οὐδαμοῦ’.
in eodem: ‘οὐδὲ ταύτῃ σωφροσύνης ἂν εἴη
μᾶλλόν τι τὸ ἡσυχῇ πράττειν ἢ τὸ σφόδρα τε
καὶ ταχέως, οὔτε ἐν βαδισμῷ οὔτε ἐν λέξει οὔτε
ἄλλοθι οὐδαμοῦ’)
100
R. Ferri
1, 298, 16-18 ἁλῶναι ὑπὸ τούτων καὶ ἁλῶναι
εἰς τοὺς πολεμίους, οἷον ἑάλωμεν εἰς τοὺς
πολεμίους (Isaeus, 6, 1).
1, 358, 18-21 ἁμαρτάνειν, τοῦ παντὸς καὶ
παντός· τοῦτο συντάσσουσιν ἐπὶ τοῦ ‘κατὰ
πᾶν ἥμαρτεν’ ἢ ‘παντὸς ἀπέτυχεν’, οἷον (Plat.
Phaidr. 237c)· ‘ἢ παντὸς ἁμαρτεῖν’, καὶ πάλιν
(Plat. Phaidr. 235e)· ‘Λυσίας τοῦ παντὸς ὅτι
ἡμάρτηκεν’.
1, 360, 8-9 ἀμέλει, διὰ τοῦτο· ἔστι καὶ
βεβαιωτικῶς εὑρεῖν κείμενον· συντάσσεται καὶ
ὡς προστακτικὸν ῥῆμα.
1, 360, 10-11 ἀμελεῖς, τούτων καὶ περὶ τούτων,
οἷον· ‘ἀμελεῖς περὶ τούτων, περὶ ὧν ἐλήλυθας’.
1, 362, 1-2 ἀμνημονῶ τούτου καὶ ταῦτα, οἷον GL III 295, 19-21 Isocrates panegyrico: ‘οὐκ
(Dem. Or. 6, 12)· ‘οὐδ’ ἀμνημονεῖτε τοὺς ἀμνημονῶν οὔτε ἐκείνων’. Demosthenes in Phiλόγους οὐδὲ τὰς ὑποσχέσεις’.
lippicis: ‘οὔτε ἀμνημονεῖ τοὺς λόγους οὔτε τὰς
ὑποσχέσεις ἐφ᾿ αἷς τῆς εἰρήνης ἔτυχεν’.
1, 363, 8-9 ἀμύνειν τὸν πόλεμον· καὶ ἀμύνειν
τῷδε, ὡς βοηθεῖν τῷδε, ἐπικουρεῖν τῷδε.
1, 364, 23-30 ἀμφότεροι, τοῦτο οὐκ ἐπὶ δυοῖν Cfr. GL III 306, 2 ‘ἑκάτεροι’ de plebe duplici
μόνων λέγεται ἀνδρῶν ἢ τόπων ἢ χρόνων, apud illos dicitur; GL III 306, 8-9 ‘ἕκαστος’ et
ἀλλὰ καὶ ἐπὶ διττοῦ πλήθους. Ὅμηρος (8, 3)· ‘ἕκαστοι’ de duobus non dicunt, quomodo nec
ἀμφότεροι μέμασαν· καὶ Δημοσθένης (Or. apud nos ‘quisque’.
16, 1)· ‘ἀμφότεροι ἁμαρτάνειν καὶ οἱ τοῖς
Ἀρκάσι καὶ οἱ τοῖς Λακεδαίμοσι συνειρηκότες’.
παρατηρητέον δέ, ὅτι καὶ οὕτως λέγεται· ‘ὅ τε
Φίλιππος καὶ οἱ Ἀθηναῖοι’. τὸ γὰρ οἱ Ἀθηναῖοι
ὡς ἕν τι ἀριθμεῖται διὰ τὸ ἓν πλῆθος εἶναι.
1, 364, 31-365, 3 ἀμφισβητεῖ, περὶ τοῦδε
καὶ τόδε· Πλάτων (Menex. 237c)· ‘ἡ τῶν
ἀμφισβητησάντων περὶ αὐτὴν θεῶν κρίσις’.
καὶ τὸ ἀμφισβητήσιμος δὲ καὶ θηλυκῷ ἄρθρῳ
συντάσσεται, οἷον (Plat. Symp. 175e)· ‘ἡ μὲν
γὰρ ἐμὴ φαύλη τις ἂν εἴη καὶ ἀμφισβητήσιμος’.
2, 3, 9-11 ἀνακογχυλίσαι, ὕδωρ καὶ ὕδατι, οἷον
(loc. inc.)· ‘ὕδωρ μοί τις δότω ἀνακογχυλίσαι’,
καὶ πάλιν (Plat. Symp. 185d)· ‘ἀνακογχύλισον
ὕδατι’.
2, 4, 6-9 ἀναψύχειν, τοῦδε καὶ τόδε, οἷον (E
795)· ‘ἕλκος ἀναψύχοντα’, καὶ (frg. trag. inc. )
‘μακρὰν ἐλθὼν τοῦδε ἀναψῦξαι θέλω’.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
101
2, 5, 18-23 ἀναβὰς ἐπὶ τὸν ἵππον <ἀπῄει>
(Xen. Hell. 4, 1, 39), καὶ <πάλιν> (Xen.
Hell. 4, 1, 39)· ‘ἀναπηδήσας ἐπὶ τὸν ἵππον
κατεδίωκε τὸν πατέρα’, <καὶ (Xen. Hipparch.
6, 5) ‘ἀρξαμένους δ’ ἀπὸ τοῦ ἀναβαίνειν ἐπὶ
τοὺς ἵππους πάντα τὰ ἐν ἱππικῇ μελετᾶν’.
τὸ δ’ ‘ἀναβὰς τὸν ἵππον’ οὐ πάνυ δόκιμον·
Ἀριστοφάνης Θεσμοφοριαζούσαις (frg. 344)·
‘ἀναβῆναι τὴν γυναῖκα βούλομαι’>.
2, 5, 25-27 ἀναμνησθεὶς τοῦτο καὶ τούτου,
οἷον (Dem. Or. 36, 23)· ‘ταῦτ’ ἀνεμνήσθητε’,
καὶ (Isocr. 1, 9) ‘τὰς τοῦ πατρὸς προαιρέσεις
ἀναμνησθείς’.
2, 6, 1-3 ἀναλίσκων εἰς τούτους καὶ ἀναλίσκων
τούτους καὶ ἀναλίσκειν εἰς τόνδε καὶ πρὸς
τόνδε καὶ ὑπὲρ τοῦδε, οἷον (Dem. Or. 3, 19)·
‘ἂν τὰ παρόντα ἀναλώσῃ πρὸς ἃ μὴ δεῖ’.
2, 6, 22 ἀνέθεσαν ἐν τῷδε τῷ τόπῳ καὶ εἰς τόνδε (GL III 309, 26-27 Illi ‘ἐγκατέσκηψεν εἰς
τὸν τόπον.
τόνδε τὸν τόπον’ καὶ ‘ἐν τῷδε’ καὶ ‘τῷδε’ καὶ
‘περὶ τόνδε’. nos quoque ‘astitit illum locum’ et
‘illo’ et ‘illi’ et ‘circa illum’).
2, 6, 23-25 ἀνέῳγεν ἡ θύρα οὐχ Ἑλληνικόν,
ἀλλ’ ‘ἀνέῳγε τὴν θύραν ὅδε’ ἢ ‘ἀνέῳκται ἡ
θύρα’· τὸ γὰρ ἀνέῳγεν ἐνεργητικῷ ἰσοδυναμεῖ.
2, 7, 13-15 ἀνέχεσθαι τούτων καὶ τούτους καὶ GL III 279, 12-14=296, 12-16 Demosthenes
ταῦτα, οἷον (Dem. Or. 18, 160)· ‘μηδὲ τοὺς ἐν τῷ κατὰ Αἰσχίνου περὶ τῆς παραπρεσβείας·
λόγους αὐτῶν ἀνέξεσθε’, καὶ (frg. inc.) ‘τίς δὲ ‘οὔτε τῶν τὰ τρόπαια καὶ τὰς ναυμαχίας λεγόντων
ἀνασχήσεται ταῦτα;’.
ἀνέξεσθε’. idem pro Ctesiphonte: ‘εἰ μὲν ἴστε με
τοιοῦτον ὄντα οἷον οὗτος ᾐτιᾶτο (οὐ γὰρ ἄλλοθί που
βεβίωκ᾽ ἢ παρ᾽ ὑμῖν), μηδὲ φωνὴν ἀνάσχησθε’.
2, 7, 16-17 ἀνήκει πρὸς ἑτέραν αἰτίαν οἷον GL III 298, 18-20 ‘Attinet ad illam rem’,
τὰ μὲν πρὸς ἑτέραν αἰτίαν ανήκειν δοκοῦντα ‘ἀνήκει πρὸς τόδε’. Λυσίας ἐν τῷ κατὰ Μικίνου
παραλείπωμεν.
φόνου: ‘καὶ πρὸς ἑτέρας αἰτίας ανήκειν
δοκοῦντα παραλελείψεται’.
2, 10, 19 ἀνιῶμαι διὰ ταύτας καὶ ἐπὶ ταύταις
καὶ τούτων ἕνεκα.
2, 10, 20-23 ἀνιστάμενος ἕωθεν (Plat.
Charm. 155b), καίτοι φησὶ (cfr. Ammon. De
diff. α 50) μὴ λέγεσθαι ἀνίστασθαι ἐπὶ τῶν
ἀφυπνισμένων, ἀλλὰ μόνως ἐγείρεσθαι, εἰ μὴ
ἄρα προσυπακουστέον τὸ ἀνιστάμενος ἐκ τῆς
κλίνης.
102
R. Ferri
2, 11, 17-18 ἀντικαταλλάξασθαι ἀντὶ τοῦδε, GL III 296, 3-6 Isocrates in Archidamo:
τόνδε, καὶ ἐπὶ τῷδε τιμήν, καὶ τοῦδε τόδε.
‘ἐνθυμηθέντες ὅτι κάλλιόν ἐστιν ἀντὶ θνητοῦ
σώματος ἀθάνατον δόξαν ἀντικαταλλάξασθαι’.
Demosthenes ἐν τῇ περὶ τῆς ἑαυτοῦ καθόδου
ἐπιστολῇ· ‘οὔτ᾿ ἐνηλλαξάμην ἀντὶ ταύτης
οὐδέν’.
2, 11, 19-21 ἀντίδικός μοι κατέστης καὶ
ἀντίδικος πρός με καθέστηκεν.
2, 11, 21-22 ἀντιβλέψας αὐτοὺς καὶ αὐτοῖς οἷον GL III 297, 22-298, 1 ‘Prospicio’ et ‘pro(loc. inc.)· ‘μηδέποτε μηδὲ τοὺς πολεμ<ί>ους video illi’ et ‘illum’. Αἰσχίνης ἐν τῷ κατὰ
ἀντιβλέψας’.
Κτησιφῶντος· ‘ὁ μηδεπώποτε μήτε τοὺς
πολεμίους ἀντιβλέψας’ (vd. anche n. 40).
2, 11, 23-24 ἀντιάζομεν (frg. trag. inc. ?)
αὐτὸν ἀντιάζομεν.
2, 11, 25 ἀντιποιούμενος ἀρχῆς καὶ (Xen.
Anab. 2, 3, 23?) ‘ἀντιποιούμενος βασιλεῖ τῆς
ἀρχῆς’.
2, 90, 25 ἄξιοι μισεῖσθαι τῇ πόλει
GL III 299, 1-3 ‘ἄξιοι μισεῖσθαι τῇ πόλει’
Hyperides ἐν τῷ κατὰ Πασικλέους pro hoc Latini dicunt ‘dignus est odio esse urbi’ et ‘dignus
est qui odio sit urbi’.
2, 90, 27-30 ἀξιόχρεων πρὸς τοσαῦτα καὶ
ἀξιόχρεων τοσούτων (Dem. Or. 19, 131)·
‘δήμῳ τοσούτων ἀδικημάτων ἀξιόχρεως
ἐφάνη’, καὶ Δείναρχος (frg. novum)· ‘οὕστινας
ἀξιοχρέους εἶναι νομίζοι τῆς ἐγγύης’.
2, 100, 1-4 ἀπαγγέλλεται ἥκειν καὶ ἥκων·
τὸ σὺν μετοχῇ φασίν τινες βάρβαρον εἶναι,
ἀλλ’ ὁ Δημοσθένης (Or. 3, 4)· ‘μέμνησθε, ὦ
ἄνδρες Ἀθηναῖοι, ὅτ’ ἀπηγγέλθη Φίλιππος
ἡμῖν ἐν Θρᾴκῃ τρίτον ἔτος τουτὶ Ἡραῖον τεῖχος
πολιορκῶν’.
2, 100, 12-14 ἀπέστη τούτων καὶ ἀπέστη τούτους GL III 282, 17-19 = 300, 20-22 Euripides:
καὶ ἀπέστη ἀπὸ τούτων οἷον· ‘ἀπέστη Μεσήνη ‘οὐχ᾿ ἑσπέρας φᾶσ᾿ ἀλλὰ καὶ μεσημβρίας
ἀπὸ Ἀθηνῶν’ καὶ ‘ἀπέστη Εὔβοια Ἀθηναίους’ καὶ τούτους ἀφεστήκασιν ἡμέραν τρίτην’.
‘μεσημβρίας τούτους ἀφεστήκασιν’.
1, 100, 15 ἀπεύχεσθαι μὴ γενέσθαι καὶ
εὔχεσθαι μὴ γενέσθαι.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
103
2, 100, 32-33 ἀπέχομαι τούτου καὶ ἀπέχομαι 299, 9-12 Illi ‘ἀπέχομαι τούτου’ καὶ ‘τοῦτο’.
τοῦτο· Πλάτων (Resp. 354b)· ‘οὐκ ἀπεσχόμην nos quoque ‘abstineo illius’ et ‘illum’ et ‘illo’.
τὸ μὴ οὐ διὰ τοῦτον ἐλθεῖν ἀπ’ ἐκείνου’.
Πλάτων πολιτειῶν primo: ‘οὐκ ἀπεσχόμην τὸ
μὴ οὐ διὰ τούτων ἐλθεῖν ἀπ’ ἐκείνου’. idem in II:
‘καὶ θέλοι ἀπέχεσθαι τῶν ἀλλοτρίων’.
2, 100, 34-37 ἀπέλαυσα τούτου καὶ τοῦτο GL III 281, 21-282, 3 [lemma: potior illius
καὶ ἀπὸ τούτου οἷον (Or. inc.)· ‘ἐν τῇ πόλει δὲ rei] similiter Attici: ‘ἀπήλαυσα τούτου καὶ
ἀπολαῦσαι καὶ τοὺς νικῶντας κακῶν’ καὶ (Iso- ἀπὸ τούτου καὶ τοῦτο’. Ίσοκράτης ἐν τῷ περὶ
cr. 8, 81) ‘μὴ ἀπολαύσω τι φλαῦρον’. Πλάτων τῆς εἰρήνης· ‘καὶ κατ᾿ ἀρχὰς μὲν ἀπολαύωσιν
δὲ (Apol. 31b) ‘εἰ μέν τι ἀπὸ τούτων ἀπήλαυον’. ὧν ἂν λάβωσιν’, in sequentibus vero idem:
‘δέδοικα, μὴ πειρώμενος ὑμᾶς εὐεργετεῖν
αὐτὸς ἀπολαύσω τι φλαῦρον’. Πλάτων ἐν τῇ
Σωκράτους ἀπολογίᾳ· ‘καὶ εἴ γε μέντοι τι ἀπὸ
τούτων ἀπήλαυον’.
2, 101, 15-18 ἀπήγγειλα πρὸς τὴν βουλὴν καὶ GL III 299, 6-8 ‘ἀπήγγειλα πρὸς τὴν βουλὴν
εἰς τὴν βουλὴν καὶ ἐν τῇ βουλῇ· Δημοσθένης καὶ τῇ βουλῇ’ dicunt illi. Cicero Verrinarum
(Or. 19, 18)· ‘πάντ’ ἀληθῆ πρὸς τὴν βουλὴν II: ‘nuntio tibi’, inquit, ‘hodiernis comitiis te
ἀπήγγειλα’ καὶ (Or. 18, 169) ‘ἐν ἡμῖν esse absolutum’.
ἀπήγγειλε καὶ ἦκε δ’ ἀγγέλων τις <ὡς> τοὺς
πρυτάνεις’.
2, 101, 19-21 ἀποδημεῖν οὐ δηλοῖ τὸ ἐξορμᾶν
καὶ ἐξιέναι, ἀλλὰ τὸ ἀπεῖναι καὶ μὴ εἶναι
ἔνδημον. ἁμαρτάνουσιν οὖν οἱ λέγοντες
‘ἀποδημῶ τήμερον καὶ ἐνδημῶ αὔριον’ ἐπὶ
ἐνδημοῦντος καὶ παρόντος.
2, 102, 13-16 ἀποδέχομαι τὸν λόγον καὶ τοῦ
λόγου καὶ τοῦδε τὸν λόγον καὶ τοῦδε λέγοντος
καὶ παρὰ τοῦδε τὸν λόγον· Πλάτων (Resp. 2,
367d)· ‘τῶν μὲν ἄλλων ἀποδεχοίμην ἂν οὕτως
ἐπαινούντων τὴν δικαιοσύνην’, καὶ (Dem. Or.
7, 21) ‘ἀποδεχόμενοι τῶν συκοφαντούντων’.
2, 104, 35-39 ἀποστερούμενος τούτου (Dem. GL III 300, 5-6 Attici dicunt ‘ἀποστερούμενος
Or. 30, 15) καὶ τοῦτο· Δημοσθένης (Or. τοῦτο’ καὶ ‘τούτου’. huic simile est, ‘pascitur il24, 8)· ‘χρημάτων οὐκ ὀλίγων ἀποστερῆσαι lam rem’ et ‘illa re’.
βουλόμενος τὴν πόλιν’ καὶ (Or. 27, 46) ‘τοὺς
διδασκάλους τοὺς μισθοὺς ἀποστερεῖ φησίν’,
(Or. 49, 2) ‘οὐ μόνον οὐκ ἀπέδωκε χάριν ἀλλὰ
καὶ τὸ δοθὲν ἀποστερεῖ με’.
Annotazioni ad alcuni passi di ES
- ES 1, 24, 23: περί va espunto, come fa Alpers nel frammento di Oro tradito in Zonara = Orus
frg. *2 Alpers, in Zonaras 36, dove il testo della citazione è ἀνάγγειλον ἡμῖν πῶς τὸ πρᾶγμα
ἠγωνίσω, ma περὶ τὸ πρᾶγμα è attestata come variante in alcuni codici (il primo περὶ, come
104
R. Ferri
in ES, è in tutti i codici; il secondo è forse corretto sulla base di conoscenza diretta di Aristofane). Sul rapporto tra ES e Zonaras, che attinge dal primo, si veda ora BALDI 2013
pp. xxxvii-xxxviii.
- ES 1, 202, 10: notare che sia 1, 98 sia 1, 202 riprendono la stessa costruzione ispirata a Demostene Or. 1, 23 καὶ γὰρ ἀήθεις τοῦ κατακούειν τινός εἰσι.
- ES 1, 358, 18: πάλιν indica la ripetizione della stessa fonte, come il nostro idem o ibidem.
- ES 2, 5, 18: Orus frg. 4 Alpers, ricostruito sulla base di Zonaras 195.
- ES 2, 11, 19: forse da Antiph. In novercam 4, 3 ἐμοὶ δ᾿ ἀντίδικοι καθεστᾶσι, 5, 2 ἀντίδικος
καθέστηκε πρὸς ἐμέ.
Il confronto tra i due lessici dimostra a mio parere in maniera abbastanza
convincente che il lessico sintattico utilizzato da Simeone ad integrazione
dei lemmi del Genuinum era un discendente dello stesso lessico che utilizzava Prisciano, conservato da Simeone in una forma leggermente impoverita e
probabilmente rifuso nel più ampio Etimologico adattandolo alla alfabetizzazione assai più rigorosa di quest’ultimo (Prisciano, con il suo ordine fino alla
seconda lettera potrebbe aver conservato più fedelmente il modello, probabilmente un testo relativamente breve nel quale non c’era bisogno di adottare un ordinamento alfabetico completo)33. Le voci conservate in entrambe
le fonti e confrontabili hanno gli stessi passi, in un caso perfino le stesse varianti non attestate altrove (GL III 297, 22-298, 1 e ES riportano il testo di
Eschine, Contro Ctesifonte, 151 nella forma ὁ μηδεπώποτε μήτε τοὺς πολεμίους
ἀντιβλέψας34; l’ultimo editore di Eschine, Dilts 1997, stampa invece ὁ τοῖς
πολεμίοις οὐδεπώποτ᾽ ἀντιβλέψας). Forse ancora più significativamente,
Prisciano e ES tramandano alcuni degli stessi frammenti di letteratura greca,
dei quali, prima della pubblicazione di ES, si riteneva che Prisciano fosse testimone unico35. ES si affianca dunque a Prisciano come testimone per almeno
Naturalmente ciò non esclude che anche le sei coincidenze in lemma e citazioni segnalate in Rosellini 2010, pp. 81-83 con il lessico del manoscritto coisliniano
risalgano in qualche modo ad una fonte lessicografica comune.
34
L’ulteriore corruttela πολέμους è anche in alcuni codici priscianei ma, come
mi segnala Michela Rosellini, non è probabilmente quella dell’archetipo e si tratta
in ogni caso di un tipo di errore che può avere facilmente un’origine poligenetica.
35
Come è noto, ES è purtroppo edito solo per le due lettere iniziali, cui ora si
aggiunge l’edizione di Baldi, che ho consultato in bozze per la sola lettera delta. Per le
parti inedite ho condotto alcuni controlli selettivi su alcuni testimoni, in particolare
due testimoni della versione chiamata magna grammatica (Firenze, Biblioteca Laurenziana, San Marco 303, Leiden, Bibliothek der Rijksuniversiteit, Vossianus gr. Q
20) e un testimone della versione del Simeone (Wien, Österreichische Nationalbi33
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
105
due frammenti oratori, Hyperides frg. 161 Baiter-Sauppe (κατὰ Πασικλέους)
e Lysias frg. 173 Baiter-Sauppe (κατὰ Μικίνου φόνου) e per Eur. frg. 1006
Nauck, anche se in tutti i casi ES è portatore di varianti chiaramente inferiori. Purtroppo l’abbandono della fonte sintattica nelle parti inedite di ES,
per quanto ho potuto vedere da alcuni sondaggi nelle parti corrispondenti al
lessico di Prisciano, non porta aggiunte al numero significativo di altri frammenti attici traditi da Prisciano36.
Fra le altre comunanze tra i due testimoni del lessico attico c’è il modo
di segnare la reggenza rispetto a oggetti inanimati, con πρᾶγμα (ES 1, 24,
23 ἀγωνίζεσθαι περὶ πράγματος καὶ ἀγωνίζεσθαι περὶ πρᾶγμα [sic, vd. supra];
1, 98, 20 ἀήθης, εἰμὶ τούτῳ τῷ πράγματι· καὶ τούτου τοῦ πράγματος = GL III
315, 3-4 Illi ‘ἐπεξιέναι τῷ πράγματι’ καὶ ‘τὸ πρᾶγμα’. nos ‘exequi rem’ solum;
353, 3 ‘προσήκων τῷ πράγματι’ καὶ ‘τοῦ πράγματος’; 358, 23 Illi ‘σεμνύνεται
τὸ πρᾶγμα καὶ ἐπὶ τῷ πράγματι’, da confrontare con ES) e poi i casi in cui si
indicano reggenze locali-spaziali (ES 2, 6, 21 ἀνέθεσαν ἐν τῷδε τῷ τόπῳ καὶ
εἰς τόνδε τὸν τόπον, da confrontare con GL III 309, 26-27 Illi ‘ἐγκατέσκηψεν
εἰς τόνδε τὸν τόπον’ καὶ ‘ἐν τῷδε’ καὶ ‘τῷδε’ καὶ ‘περὶ τόνδε’). Inoltre si noti anche la somiglianza della discussione relativa all’uso dei pronomi ἀμφότεροι e
ἑκάτεροι rispettivamente in ES e in Prisciano (ES 1, 364, 23 ἀμφότεροι, τοῦτο
ο ὐ κ ἐ π ὶ δ υ ο ῖ ν μ ό ν ω ν λ έ γ ε τ α ι ἀνδρῶν ἢ τόπων ἢ χρόνων, ἀλλὰ καὶ
ἐ π ὶ δ ι τ τ ο ῦ π λ ή θ ο υ ς , da confrontare con GL III 306, 2 ἑκάτεροι d e
p l e b e d u p l i c i apud illos dicitur; 306, 8 ‘ἕκαστος’ et ‘ἕκαστοι’ d e d u o b u s n o n d i c u n t , quomodo nec apud nos ‘quisque’).
4. Lemma, struttura della voce, errori antichi nella copia di Prisciano
Naturalmente il lessico sintattico tradito in ES ha subito delle modifiche, soprattutto qualche taglio alle citazioni (come si vede confrontando ad esempio il frammento di Euripide) e ha perduto molte indicazioni delle fonti, i
nomi degli autori e spesso delle opere che invece Prisciano spesso conserva (ci sono però anche due casi in cui ES conserva una nota più lunga di
Prisc. GL II 101, 15 ἀπήγγειλα, dove ES ha conservato anche le due citazioni
bliothek, gr. 31), ma senza successo, cioè senza trovare paralleli significativi con Prisciano. Esito a trarne conclusioni perché l’esame è stato troppo selettivo, ma nulla
esclude che il compilatore di ES avesse potuto utilizzare solo un lacerto dell’antico
lessico che aveva potuto utilizzare Prisciano.
36
Fra i più cospicui ricordo Lisia, Περὶ τοῦ Ἡγησάδρου κλήρου 108-9 B.-S., Περὶ
τοῦ Διογένους κλήρου 77-78 B.-S., Iperide, Δηλιακός 72 B.-S.
106
R. Ferri
esemplificative di Demostene, laddove in Prisciano si legge solo il lemma e
una citazione latina da Cicerone37, e ES 2, 104, 35 ἀποστερούμενος, in corrispondenza del quale Prisciano ha solo il lemma)38. È impossibile ricostruire la
storia testuale di questo lessico fino a ES, ma ci sono coincidenze abbastanza
significative per concludere che Prisciano e ‘Simeone’ avevano usato lo stesso
testo lessicografico, o i discendenti di esso.
Il confronto di ES e Prisciano non aiuta molto a ricostruire la forma del
lemma o la struttura della voce del lessico originario (ammesso che avesse una
forma relativamente fissa), ma conferma almeno molti aspetti che apparivano già chiari (l’uso dei dimostrativi come segnacaso; una forma del lemma
erratica, che a volte coincide nel tempo/modo/persona con la prima delle
citazioni). Se le voci sintattiche di ES conservano più fedelmente di Prisciano la struttura del lessico originario (una possibilità, se non altro perché ES
non aveva la necessità del confronto interlinguistico), vediamo che il lemma
non era fisso, ma di solito consisteva della forma verbale (vari modi, tempi
e persone, anche se prevalentemente la prima persona o la terza oppure il
nominativo maschile singolare della forma participiale e a volte l’infinito).
Il lemma includeva uno o più dimostrativi nel caso opportuno per indicare la reggenza. È probabile che qui, anche nella fonte, ci fosse un segno di
punteggiatura, una ἄνω στιγμή come nei papiri lessicografici superstiti che
introduceva agli esempi degli autori39.
È tuttavia abbastanza chiaro che Simeone, come Prisciano, può aver modificato le voci e i lemmi introduttivi di sua iniziativa; abbastanza certamente
li abbreviava o li ereditava già in una forma abbreviata. Non è facile invece ricostruire che tipo di selezione abbia operato Prisciano: forse non molto grande, visto che ha lasciato anche voci per cui non trovava nessun soddisfacente
parallelo latino. D’altro canto, poiché le voci identificate come ‘sintattiche’
in ES lo sono solo ipoteticamente, il confronto tra i due testi non rende facile
37
ἀπήγγειλα πρὸς τὴν βουλὴν καὶ εἰς τὴν βουλὴν καὶ ἐν τῇ βουλῇ· Δημοσθένης (Or.
19, 18)· ‘πάντ’ ἀληθῆ πρὸς τὴν βουλὴν ἀπήγγειλα’ καὶ (Or. 18, 169) ‘ἐν ἡμῖν ἀπήγγειλε
καὶ ἦκε δ’ ἀγγέλων τις <ὡς> τοὺς πρυτάνεις’.
38
Il testo di ES è ἀποστερούμενος τούτου (Dem. Or. 30, 15) καὶ τοῦτο· Δημοσθένης
(Or. 24, 8)· ‘χρημάτων οὐκ ὀλίγων ἀποστερῆσαι βουλόμενος τὴν πόλιν’ καὶ (Or. 27, 46)
‘τοὺς διδασκάλους τοὺς μισθοὺς ἀποστερεῖ, φησίν’ (Or. 49, 2) ‘οὐ μόνον οὐκ ἀπέδωκε
χάριν ἀλλὰ καὶ τὸ δοθὲν ἀποστερεῖ με’.
39
Si veda Esposito 2009 per una catalogo aggiornato della struttura delle voci
lessicografiche su papiro.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
107
trarre conclusioni neppure su questo punto (altrimenti Prisciano apparirebbe, anche alla lettera alpha, più selettivo di ES, forse per aver eliminato voci
prevalentemente lessicali come ES 2, 3, 9 ἀνακογχυλίσαι, per cui non trovava
corrispettivi in latino?).
Una caratteristica del glossario, già evidente dal solo glossario priscianeo,
che appare confermata da ES, è quella della ripetizione degli stessi passi sotto
lemmi diversi, una osservazione che aiuta anche a identificare con qualche
maggiore probabilità alcune delle citazioni anonime.
Un caso molto interessante è quello di GL III 365, 20 τοῦ πλείονός ἐστιν
οὗτος (‘τοῦ πλείονός ἐστιν οὗτος’ ἀντὶ τοῦ ‘πρὸς μόνῳ τῷ κέρδει ἐστίν’, cioè ‘costui è tutto preda del più’, nel senso di ‘ha solo di mira il guadagno’), una ‘figura’ definita frequentissima in latino (evidentemente si pensa alle costruzioni
annominali di qualità) e confrontata con Sall. Iug. 85, 10, qui citato nella forma homines veteris prosapiae, multarum imaginum ac nullius stipendii. La frase greca è in effetti un adattamento di Demostene Or. 37, 53, citato più estesamente a GL III 359, 22-360, 1 (lemma Attici συγγνώμης οὐκ ἔστιν οὗτος id
est ‘nemini dat veniam’. Δημοσθένης ἐν τῇ παραγραφῇ τῇ πρὸς Πανταίνετον),
dove però la frase ‘τοῦ πλείονός ἐστιν οὗτος’ non compare nella stessa forma
esatta ma come segue: ‘μισεῖσθαι μέντοι τινὰς ἂν εἰκότως ὑφ᾽ ὑμῶν, οἳ τέχνην
τὸ πρᾶγμα πεποιημένοι μήτε συγγνώμης μήτ᾽ ἄλλου μηδενός εἰσιν ἀλλ᾽ ἢ τοῦ
πλείονος’ (‘è verisimile che alcuni sarebbero odiati da voi, quelli che hanno
trasformato in mestiere la cosa e non conoscono né la compassione né altro
se non il guadagno’). Non esiste in Demostene la frase precisa, ma il genitivo
è stato estratto dalla frase per esemplificare la costruzione del genitivo con il
verbo essere (si noti la lemmatizzazione alla lettera τ, partendo dall’articolo,
non molto utile nella consultazione di un vocabolario, ma non infrequente
nella lessicografia greca antica). In questo caso sembra che il primo costrutto
avesse suggerito la lemmatizzazione del secondo.
La stessa situazione si replica altre volte. In GL III 301, 23-24 Attici dicunt
‘ἄπιστος τούτου’ καὶ ‘πρὸς τοῦτον’ similiter nos ‘perfidus’ et ‘infidus’ et ‘fidus isti’
et ‘ad istum’, l’astratto lemma greco è, almeno in parte, chiaramente ripreso
da Demostene Or. 19, 27 (De falsa legatione), citato altre due volte, alla voce,
là rielaborata, memini illam rem et illius rei (GL III 280, 1), dove la citazione
greca (righe 5-8) viene data per esteso (e ripetuta in GL III 298, 9) ‘ἵνα τὴν
ὅτ᾽ ἀδωροδόκητος ὑπῆρχε προαίρεσιν αὐτοῦ τῆς πολιτείας ἀναμνησθέντες, ὡς
108
R. Ferri
προβεβλημένη καὶ ἄπιστος ἦν πρὸς τὸν Φίλιππον’40. In GL III 337, 9-10 la discussione della doppia negazione attica, che mantiene un significato negativo,
ha il lemma οὐδὲ τόδε ἐποίησεν atque οὐδὲ τόδε οὐκ ἐποίησεν pro eodem ponunt
Attici ex supervacuo duplicantes abnegationem41. Prisciano non offre, neppure
qui, paralleli greci, ma mi pare possibile che la fonte citasse i due passi greci
citati da Prisciano più avanti, a GL III 340, 3-542 (un frammento di Lisia e un
passo di Demostene, De corona) Λυσίας ἐν τῷ πρὸς Κλεόστρατον: ‘οὐδὲ εἴ τις
εἰσποίητος πάθοι, οὐκ ἀποστερεῖ τὴν μητέρα αὐτοῦ τῶν χρημάτων’ [‘né, se uno
fosse adottato, priverà la madre dei propri beni’]. abundat altera abnegatio.
similiter ‘οὐ βούλομαι δὲ δυσχερὲς οὐδὲν εἰπεῖν’. Ora, proprio questo secondo
esempio, Dem. Or. 18, 3 (De corona) ἀλλ᾽ ἐμοὶ μὲν – οὐ βούλομαι δυσχερὲς
εἰπεῖν οὐδὲν ἀρχόμενος τοῦ λόγου un passaggio famoso per l’aposiopesi iniziale
[‘ma a me – ma non voglio dire alcunché di spiacevole cominciando il mio
discorso’], è chiaramente la fonte di almeno una delle alternative offerte in
GL III 307, 4 ἐλαττοῦμαι τούτοις καὶ ταῦτα Atticum est, anche in quel caso
senza esempi greci espliciti, e cioè Dem. Or. 18, 3 π ο λ λ ὰ μὲν οὖν ἔγωγ᾽
ἐ λ α τ τ ο ῦ μ α ι κατὰ τουτονὶ τὸν ἀγῶν᾽ Αἰσχίνου (‘su molte cose sono in
svantaggio in questa lite contro Eschine’). Una situazione simile sembra verificarsi per GL III 303, 23-304, 1 ἐκκέκοπται τὸν ὀφθαλμόν (Illi ‘ἐκκέκοπται
τὸν ὀφθαλμόν’. Virgilius huic simile in I: ‘Nuda genu nodoque sinus collecta
fluentes’) che sembra corrispondere a Demostene Or. 18, 67 ἑώρων δ᾽ αὐτὸν
τὸν Φίλιππον, πρὸς ὃν ἦν ἡμῖν ὁ ἀγών, ὑπὲρ ἀρχῆς καὶ δυναστείας τὸν ὀφθαλμὸν
ἐκκεκομμένον, τὴν κλεῖν κατεαγότα, τὴν χεῖρα, τὸ σκέλος πεπηρωμένον, πᾶν ὅ
τι βουληθείη μέρος ἡ τύχη τοῦ σώματος παρελέσθαι, τοῦτο προϊέμενον, una citazione che a sua volta suggerisce un parallelo per GL III 321, 11 ‘κατέαγε τοῦ
δεῖνα’ καὶ ‘τῷ δεῖνι ἡ κλείς’. similiter Latini ‘fractum illius’ et ‘illi crus’43.
Anche se forse si tratta di un indizio tenue, se consideriamo le voci sintattiche di ES un prolungamento del lessico fonte di Prisciano, possiamo trovare
40
Anche se, come è tràdita, mancante della conclusione sintattica, τὴν μετὰ
ταῦτ᾽ ἐξαίφνης γεγονυῖαν πίστιν καὶ φιλίαν σκέψησθε.
41
Un grecismo già codificato nella tradizione scolastica: vd. n. 14 supra.
42
In questo caso per illustrare la costruzione οὐχ ὅπως τόδε οὐκ ἐγένετο, ἀλλ᾽ οὐδὲ
τόδε et rursus οὐχ ὅπως τόδε οὐκ ἐγένετο, ἀλλὰ τόδε καὶ τόδε.
43
Si trattava di un passo famoso di Demostene, più volte citato nella lessicografia e negli scoli agli autori, e a mio parere l’eco demostenica può essere sostenuta anche a dispetto della differenza di costruzione (accusativo di relazione in Demostene,
soggetto nell’esempio di Prisciano).
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
109
anche là citazioni dagli stessi passi citati da Prisciano, ad esempio a 1, 295,
24 ἄλλοθι πανταχοῦ καὶ ἄλλοθι οὐδαμοῦ καὶ πάλιν44· ‘οὔτ’ ἐν λέξει, οὔτ’ ἄλλοθι
οὐδαμοῦ’, ES cita da Platone, Charm. 160c, come fa Prisciano in GL III 336,
22-337, 2 (lemma Attici ὅ τι μάλιστα), ‘ἂν εἴη μᾶλλόν τι τὸ ἡσυχῇ πράττειν ἢ
τὸ σφόδρα τε καὶ ταχέως, οὔτε ἐν βαδισμῷ οὔτε ἐν λέξει οὔτε ἄλλοθι οὐδαμοῦ›.
Anche dove non possiamo avere confronti tra Prisciano e ES alcune plausibili identificazioni con passi di autori del ristretto canone atticista del lessico fonte permettono di intravedere la forma del lemma originario. In GL
III 360, 15 il lemma illustra due possibili costruzioni del verbo συλάω, con
il doppio accusativo e con accusativo e genitivo (ovviamente una falsa alternativa, perché il genitivo sarà retto dal complemento oggetto), illi ‘συλήσας
τοὺς θεοὺς τὰς δεκάτας’ καὶ ‘τῶν θεῶν τὰς δεκάτας’. et nostri ‘depilatus deos decumas’ et ‘deorum decumas’. Prisciano non ha conservato esempi, ma è possibile, se ce n’erano nella fonte, che si trattasse di Dem. Or. 24, 182 τὴν μὲν
γὰρ θεὸν τοὺς στεφάνους σεσυλήκασιν e di Dem. Or. 24, 120 τὰ μὲν ἱερά, τὰς
δεκάτας τῆς θεοῦ καὶ τὰς πεντηκοστὰς τῶν ἄλλων θεῶν, σεσυληκότες καὶ ἀντὶ
τοῦ ἀποδοῦναι αὐτοὶ ἔχοντες45. Il fatto che i due passi che sembrano esemplificare le due costruzioni del lemma provengano dalla stessa orazione sembra
rafforzare che questa ne sia la fonte. Il lemma di Prisciano/fonte greca cerca
di render chiara la sovrapponibilità delle due costruzioni usando gli stessi
sostantivi è συλήσας τοὺς θεοὺς τὰς δεκάτας καὶ τῶν θεῶν τὰς δεκάτας che non
corrisponde a nessuno dei due passi e neppure alla forma in cui i due passi
sono lemmatizzati nei due diversi lessici, Harpocration e il lessico del codice
Coislinianus, De syntacticis σ 171 συλῶ46.
44
Anche ἄλλοθι πανταχοῦ viene da Plato, Charm. 160a (οὐκοῦν καὶ τὸ συνιέναι τὰ
λεγόμενα, καὶ ἐν γραμματιστοῦ καὶ κιθαριστοῦ καὶ ἄλλοθι πανταχοῦ, οὐχ ὡς ἡσυχαίτατα
ἀλλ᾽ ὡς τάχιστά ἐστι κάλλιστα), per questo usa l’avverbio πάλιν.
45
Citato anche in Harpocration 227, lemma ὅσιον. La costruzione con il doppio
accusativo è citata anche in De synctaticis con Dem. Or. 24, 182, τὴν μὲν γὰρ θεὸν τοὺς
στεφάνους σεσυλήκασιν, che deve essere il secondo esempio citato nel lessico.
46
Do qui una lista di altre possibili fonti non menzionate nelle voci di Prisciano. GL III 356, 23 Illi ‘σεμνύνεται τὸ πρᾶγμα καὶ ἐπὶ τῷ πράγματι, forse da Demosthenes, Or. 18, 256 (De corona) οὔτ᾽ εἴ τις ἐν ἀφθόνοις τραφεὶς ἐπὶ τούτῳ σεμνύνεται e
Plato, Gorgias 512b σεμνύνων τὸ πρᾶγμα; 357, 18 Illi ‘πρᾶγμα ποιεῖσθαι› ἀντὶ τοῦ ‹μέγα
ἡγεῖσθαι›. Terentius in Andria: ‘Id sibi negotii credidit solum dari’ proviene certamente,
normalizzandolo, da Herodot. 7, 150, 3 ταῦτα ἀκούσαντας Ἀργείους λέγεται πρῆγμα
ποιήσασθαι, καὶ παραχρῆμα μὲν οὐδὲν ἐπαγγελλομένους μεταιτέειν, come chiarisce la corretta esegesi greca del passo; 375, 11 Attici ‘φθόνον μοι συνάγει› et nos ‘invidiam mihi
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R. Ferri
Un caso di confusione che deve rimontare alla copia del lessico utilizzato da Prisciano si rivela in GL III 305, 23-24 Illi ‘εἰς ὅσον ἡλικίας ἤκει’ καὶ
‘οὐδενὸς χείρων’. nos quoque ‘hoc aetatis’ et ‘nihilo minus’47. La fonte del lemma
(probabilmente εἰς ὅσον ἡλικίας) era Platone Charm. 157d καὶ τἆλλα πάντα,
εἰς ὅσον ἡλικίας ἥκει, οὐδενὸς χείρων ὤν e la dubbiosa, ‘provvisoria’ traduzione
priscianea suggerisce che l’errore era nella sua copia del glossario greco, dato
che minus presuppone un χεῖρον48. Lo stesso caso di divisione erronea di
una voce in due tronconi deve essersi verificato in GL III 305, 16-17 Illi ‘εἰς
ὀρθὸν φρονῶ’ et ‘εἰς ταύτην πρόθεσιν’. Sallustius: ‘in hunc modum disseruit’
pro ‘hoc modo’, dove πρόθεσιν è troppo parola grammaticale per essere parte
di un esempio ‘d’autore’. Deve invece trattarsi della spiegazione, che poteva
forse recitare più o meno in questi termini εἰς ὀρθὸν φρονῶ <περιττεύει τῇ>
εἰς προθέσει oppure <περισσεύειν φασὶ τινές> τὴν εἰς πρόθεσιν, sulla linea di
Antiatt. 92, 1 B. (~ Phot. ε 320 Th.) εἰς ὀρθὸν φρονεῖν· ἀντὶ τοῦ καλῶς φρονεῖν.
Σοφοκλῆς Τριπτολέμῳ (fr. 612 Rzach)49.
colligit’ è tratto da Dem. Or. 21, 29 βουλόμενος φθόνον τιν᾽ ἐμοὶ διὰ τούτων τῶν λόγων
συνάγειν. In GL III 343, 8-9 Illi ‘παύω τόνδε λυπούμενον’ καὶ ‘λυπεῖσθαι’ καὶ ‘μὴ ποιεῖν
τόδε’, et nostri ‘compesco illum insanientem’ et ‘insanire’ et ‘ne insaniat’, una possibile
fonte della costruzione predicativa con il participio potrebbe essere Isocrates, Or. 12,
23 (Panathenaicus) εἰ [...] τούτους οἰηθείην ὁμοίως διαλεχθεὶς ὥσπερ πρότερον παύσειν ἐπὶ
τοῖς λεγομένοις λυπουμένους, ἀλλ᾽ οὐ μᾶλλον ἀλγήσειν. In GL III 288, 13-14 Illi ‘ἐξαρκεῖ
αὐτοῖς τόδε πεποιηκόσιν’ καὶ ‘πεποιηκέναι’; nos ‘sufficit illis pransis esse’ et ‘prandisse’ sembra avere in mente Dem. Or. 47, 52 καὶ ταῦτα ἔχουσιν οὐκ ἐξήρκεσεν αὐτοῖς e Or. 24,
117 ἀλλ᾽ ἐξήρκει ἂν αὐτοῖς ἀπεστερηκόσι τὴν πόλιν τὰ χρήματα τῶν ἄλλων μὴ φροντίζειν.
GL III 346, 10-11 Illi ‘πεποιηκὼς δείξω’ ἀντὶ τοῦ ‘πεποιηκότα ἐμαυτὸν δείξω’. huic simile
Virgilius in II: ‘sensit medios illapsus in hostes’ pro ‘illapsum se esse’ è quasi certamente da
Dem. Or. 19, 177 συλλογίσασθαι δὴ βούλομαι τὰ κατηγορημέν᾽ ἀπ᾽ ἀρχῆς, ἵν᾽ ὅσ᾽ ὑμῖν
ὑπεσχόμην ἀρχόμενος τοῦ λόγου δείξω πεποιηκώς.
47
Si noti però, come mi informa Michela Rosellini, che il καί non è nei codici
ed è un’aggiunta di Hertz, per istituire una corrispondenza con la traduzione latina.
Non è probabilmente possibile capire se il passo giungesse già corrotto a Prisciano o
se l’errore appartenga alla sua tradizione.
48
Forse si può correggere il latino (da tibicines in tibicinae) anche in GL 3, 310,
2-5 Isocrates in Ariopagitico: ‘ἐν ταῖς αὐλητρίσιν’, pro ‘in loco, in quo habitant tibicines’.
huic simile Cicero in I invectivarum: ‘dico te priore nocte venisse inter falcarios’, id est ‘in
locum, ubi sunt falcarii’. Qui mi sembra meno plausibile che la piccola svista sia di Prisciano, anche se non completamente da escludere. Si consideri inoltre che tibicines è
possibile anche per il femminile, anche se raro, e qui si perderebbe completamente
il senso dell’allusione
49
Discusso anche da S. Valente in questo volume. Su questo problema della
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
111
Un altro possibile errore antico compare in GL III 364, 17-18 Attici ‘τί
μοι τοῦτο;’ καὶ ‘τί μοι δεῖ τούτων;’ Terentius in adelphis: ‘sed quid ista, Aeschine,
/ nostra? aut quid nobis cum illis?’ Se il lessico tende a individuare costruzioni
diverse dello stesso verbo, non penso che δεῖν sia qui il verbo giusto, soprattutto perché non si lega bene alla prima alternativa, con τοῦτο soggetto di
δεῖ. A mio parere bisogna correggere δεῖ in μ έ λ ε ι , ‘importa’ (τί μοι μέλει
τούτων), che corrisponde bene, sia lessicalmente che idiomaticamente, al latino refert/interest, qui sottinteso. Anche μέλει è spesso sottinteso, soprattutto in espressioni di stizza, in testi di autori comici, dove è costruito sia con
l’accusativo interno sia con il genitivo; cfr. ad es. Men. Samia 362 τί δέ μοι
τοῦτο, παῖ; Phasma 28 τί δ᾿ ἐμοὶ μέλει τοῦτο; Georgus 33 τί δ᾿ ἡμῖν, εἰπέ μοι, /
τούτου μέλει; oppure Dem. Or. 9, 16 (3 Phil.) μηδεὶς εἴπῃ, ‘τί δὲ ταῦτ᾽ ἐστίν,
ἢ τί τούτων μέλει τῇ πόλει;’. La corruttela è possibile in codici occidentali in
maiuscola, dove μοιμελει poteva diventare μοιδει (dunque un’aplografia e la confusione tra delta e lambda tipica della maiuscola). Una conferma
a questa correzione mi sembra venire da GL III 326, 18, alla lettera μ, Illi
‘μέλει μοι ταῦτα’ καὶ ‘τούτων’. nos ‘curo has res’, anche in base alle osservazioni
che abbiamo fatto sopra sulla riproposizione della stessa esemplificazione in
punti diversi dell’ordine alfabetico. In teoria l’errore potrebbe appartenere
a una fase molto antica e trovarsi ancora nell’esemplare del lessico usato da
Prisciano, perché l’esempio latino sembra insistere su un cambio di costruzione all’interno della stessa frase, ma non è certo che Prisciano intendesse
il lemma greco come una frase sola. Il lemma è anche uno dei molti casi in
cui il lessico greco riportava esempi di registro corrente, colloquiale, probabilmente per il grande rilievo che tra le sue fonti avevano quelle comiche o i
dialoghi platonici50.
ridondanza delle preposizioni, contenute nel prefisso del verbo e nella preposizione
del complemento, si usano espressioni come περιττή, παρέλκει, παρελκομένη ἐστί ἡ
πρόθεσις, πλεονάζει, κατὰ πλεονασμόν; cfr. anche Eustathius, Commentarii ad Homeri Iliadem 3, 234, 24-27 Ἰστέον δὲ ὅτι τὸ ‘ἐξοπίσω ἀναχάζεσθαι’ φθάσας ὁ ποιητὴς
ἀναχωρεῖν εἶπε, καὶ ὅτι ἐκ περισσοῦ κεῖται τὸ ὀπίσω. ἤρκει γὰρ ἀντ᾿ αὐτοῦ ἡ ἀνα
πρόθεσις, κειμένου δὲ τοῦ ἐξοπίσω περιττεύει ἡ ἀνα e Sch. Arist. Eq. 37 περιττὴ ἡ παρά
[...] πλεονάζουσι καὶ ἐλλείπουσι ταῖς προθέσεσιν Ἀττικοί.
50
Altri esempi interessanti, tra molti, di questa attenzione per le frasi di sapore
dialogico, purtroppo in contesti spesso poco chiari, sono GL III 326, 9-11 Attici
‘μετ᾽ ἐμοῦ ἐστι τὰ δίκαια’. Cicero in III Verrinarum: ‘heres erat filia; faciebant omnia
cum puella, leges, aequitas, voluntas patris, edicta praetorum (soprattutto per la parte latina, faciebant [...] cum puella); 364, 6-7 Illi ‘†καλὴν τὴν ὥραν’ [alla lettera τ].
112
R. Ferri
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Sallustius in Catilinario: ‘pro deum atque hominum fidem, victoria nobis in manu est’
, dove il greco è probabilmente un’esclamazione, anche se non è chiaro quale; 294,
5-7 Illi ‘εἰς’ etiam pro ‘ἐν’ ponunt. Aristophanes σφηξίν: ‘Νύκτωρ κατέκλινεν αὐτὸν εἰς
Ἀσκληπιοῦ’, καὶ Θουκυδίδης πρώτῃ: ‘καθεζόμενοι εἰς τὸ Ἥραιον ἱκέται’, che ha dietro una
tradizione, anche greca, di osservazioni sul solecismo nell’uso erroneo delle preposizioni, anche in questo caso ben documentato nei papiri (εἰς che si sostituisce a ἐν, vd.
Horrocks 2010, p. 214-216, ma a volte si trattava semplicemente di un’incertezza
tra stato e moto anche nelle fonti letterarie più raffinate). Nelle fonti grammaticali
greche si veda Ps.-Herod. Περὶ σολοικισμοῦ καὶ βαρβαρισμοῦ 307, εὐπαρατήρητος δὲ ὁ
περὶ τὰς προθέσεις σολοικισμός [...] ἄλλης εἰς ἄλλην μεταθείσης.
Alcuni aspetti della metodologia e delle fonti del glossario priscianeo
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