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Tra Etruria e Mediterraneo: ricordando Luciana Drago

2017, Mediterranea

in Mediterranea 2017

tra Es Tra Etruria e Mediterraneo: ricordando Luciana Drago tto Marco Arizza, Ida Oggiano, Alessandra Piergrossi Abstract Luciana Drago passed away prematurely last year. Beyond a talented researcher of the ancient world, she was a brave woman and a gentle soul. As colleagues, but mostly as friends of her in diferent times and ways, the authors of this note want to remember her commitment to her work, how much she loved it and her openness and friendliness towards colleagues and students. Keywords: Luciana Drago, Veii, Etruscans, Mediterranean Sea Luciana La Sapienza e Veio Luciana Drago (Fig. 1) è stata per molti di noi studiosi dell’Etruria e del Lazio amica e collega leale e preziosa, oltre che per le sue doti di ricercatrice e per l’entusiasmo e la passione che sapeva trasmettere, per l’umanità che la contraddistingueva e che le ha permesso di intrattenere sempre rapporti autentici. Sia con gli studenti, che sono sempre stati al centro della sua massima dedizione, che con i colleghi giovani e anziani, sapeva creare un clima di conidenza e afettuosità libero dagli schemi accademici ed istituzionali, tratto non comune nel nostro ambiente a volte impaludato nelle convenzioni. Da studente l’ho incontrata per la prima volta nel 1987, quando seguivo i suoi seminari sui materiali del Museo delle Antichità Etrusche e Italiche della Sapienza Università di Roma; la sua gentilezza e la sua disponibilità mi permisero di avvicinarmi a lei con estrema facilità e ben presto ci ritrovammo anche amiche. Mi coinvolse in quasi 1 2 Drago 2012. Drago 2009. tutti i suoi numerosi progetti, accordandomi iducia e stima, ma anche comprensione e incoraggiamento, trasmettendo con generosità suggerimenti e indicazioni sempre utili. Ne ricordo solo alcuni: le ricognizioni e gli scavi diretti nel Lazio sull’area dell’Artemisio (Velletri-Lariano) tra protostoria e Medioevo1, che hanno dato impulso alla realizzazione di un più ampio progetto, con la partecipazione di molti studiosi attivi nel territorio, presentato nel volume “Il Lazio dai Colli Albani ai Monti Lepini tra preistoria ed età moderna”2, attuato parallelamente al coordinamento degli studi per l’edizione integrale dei materiali dal santuario delle SS. Stimmate a Velletri; l’edizione degli scavi della necropoli orientalizzante di Ficana, oggetto della sua tesi di laurea; il volume dedicato ai materiali protostorici del Catalogo del Museo delle Antichità Etrusche e Italiche della Sapienza Università di Roma3 e lo studio delle copie delle pitture funerarie etrusche tra la metà del XIX e i primi decenni 3 Drago Troccoli 2005. Marco Arizza, Ida Oggiano, Alessandra Piergrossi tra Es 138 tto insieme ad Alessandra Berardinetti sulla necropoli veiente di Grotta Gramiccia, che conto di portare a termine con il suo stesso impegno e la sua stessa passione. Interessata sia alla cultura materiale, con analisi puntuali e ricchissime (ricordo ad esempio lo studio del vaso a stivaletto oggetto del suo primo articolo nel 19814, ino al recente lavoro sulle opere del pittore di Narce e dei suoi epigoni insieme ad un gruppo di giovani collaboratori5), che all’ideologia religiosa e funeraria (rimangono fondamentali le presentazioni del corredi della tomba 871 e 804 di Casal del Fosso6), si è immersa nell’archeologia del Mediterraneo, approfondendo i rapporti con le aree vicine (Fermo e l’area tiberina7), per poi attraversare il Tirreno, oltre i conini della sua disciplina, ed analizzare i rapporti con la Sardegna8 e ino alla Spagna, dove studiando i materiali c.d. villanoviani di Huelva9 ha potuto rivedere completamente la morfologia dei vasi attribuendoli all’area meridionale greco-italica, verosimilmente Cuma. Tra i lavori in preparazione c’era un articolo dal titolo “Oltre le Colonne d’Ercole. Etruschi sull’Atlantico nella prima età del Ferro”, che sta bene ad indicare come i suoi interessi si fossero ampliati ad integrare la storia di tutte le componenti etniche e culturali del Mediterraneo e a cercare e stabilire collaborazioni di respiro internazionale e multidisciplinare con studiosi di altri ambiti. Luciana mi manca moltissimo, come a tutti noi, ma non sarà dimenticata. A.P. Fig. 1. Luciana Drago. del XX secolo, in collaborazione con l’Istituto Svedese di Studi Classici a Roma. Luciana sapeva trasmettere autorevolezza e guadagnarsi la considerazione scientiica ed il rispetto umano, che immancabilmente ricambiava, senza mai essere autoritaria. Negli anni poi le nostre strade si sono divise, ma ogni volta che ci incontravamo rimaneva inalterata la sensazione di familiarità, conidenza ed afetto. Il suo impegno primario, non esclusivo perché la sua mente brillante la portava a muoversi e a ‘curiosare’ in molteplici ambiti sia spaziali che cronologici della nostra disciplina, è stata Veio, inizialmente sotto la guida di Gilda Bartoloni: tra le circa ottanta sue pubblicazioni almeno la metà trattano di Veio e delle sue necropoli, specialmente Casal del Fosso, che nonostante i consueti problemi di reperimento dei fondi, ha quasi condotto alla pubblicazione deinitiva che presto vedrà la luce. A me ha lasciato in eredità il lavoro da lei iniziato 4 5 6 7 8 Drago 1981. Drago et alii 2014. Drago Troccoli 2005a, 2009a e 2013a. Drago Troccoli 1999, 2003, 2009b. Drago Troccoli 2012a. Luciana e l’ideologia funeraria di Veio arcaica Negli anni 2007-2008 ebbi l’occasione di scavare, in un piccolo sepolcreto lungo la via Veientana in località Giustiniana, una sepoltura veiente ad incinerazione di età arcaica dalla forma inusuale10 e con un Drago et alii 2015. Necropoli di via A. d’Avack; un primo approfondimento in Arizza et alii 2013. L’edizione monograica dello scavo è in corso di preparazione a cura di chi scrive. 9 10 tra Es Tra Etruria e Mediterraneo: ricordando Luciana Drago 139 da volermi seguire direttamente, con mio grande orgoglio, in qualità di tutor15. È probabilmente questa l’occasione nella quale ho avuto modo di saggiare personalmente la generosità e la sua totale dedizione alla formazione. Già dai primi incontri per l’avvio della ricerca rimasi ammirato dalla capacità di prodigare informazioni, idee, spunti e consigli. La velocità della sua parola – e chi la conosceva sa precisamente a cosa mi riferisco – andava di pari passo con l’entusiasmo e l’incoraggiamento che sapeva infondere, soprattutto nei momenti di incertezza; per una combattente però l’esempio ha sempre valso più della parola e di questo ha continuamente fornito ampia dimostrazione. La programmazione del calendario degli incontri era spesso una corsa a ostacoli tra i suoi impegni scientiici, medici, personali e, per così dire, pubblici. Non posso infatti non ricordare l’esperienza collegata al convegno sui Santuari Mediterranei16: entrambi relatori con argomenti diferenti abbiamo partecipato alla visita al santuario di Gravisca e all’inaugurazione della relativa mostra17, percorrendo assieme gli spostamenti da una sede all’altra. Una full immersion di chiacchiere leggere, spunti scientiici e goliardie condite da risate ironiche e – da parte sua – immancabilmente autoironiche. Visitare una mostra assieme signiicava perdersi davanti ad ogni singola vetrina in rilessioni e pensieri apparentemente sconnessi ma che, alla ine, trovavano in modo inspiegato sempre un senso; nel giro di pochi istanti poi le idee si tramutavano in un progetto di studio e di collaborazione e, a distanza di molto tempo, Luciana riprendeva l’argomento, magari durante una telefonata nata con tutt’altro scopo, riaccendendo di colpo l’interesse per quel tema e lasciando nell’interlocutore, ino all’occasione successiva, la sottile sensazione di Drago Troccoli 1997. Stigmatizzata da Giovanni Colonna nella deinizione di “aspetto oscuro del Lazio arcaico”: Colonna 1977. 13 Bartoloni et alii 1994, in cui Luciana si occupò delle sepolture di VIII sec. a.C. 14 Ci tengo particolarmente a ricordare Loretana in questa occasione, anch’ella scomparsa prematuramente lasciando un vuoto umano e scientiico ancora diicile da colmare. 15 Tra i suoi ruoli accademici rivestiva, tra l’altro, quello di membro del Collegio dei Docenti di Dottorato in Archeologia, curriculum di Etruscologia presso la Sapienza Università di Roma. 16 Convegno dal titolo: “Santuari Mediterranei tra Oriente e Occidente. Interazioni e contatti culturali”, CivitavecchiaRoma, 18/22 giugno 2014; gli atti in: Russo Tagliente, Guarneri 2016. 17 Mostra dal titolo: “Il mare che univa. Gravisca santuario mediterraneo”, Museo Archeologico Nazionale di Civitavecchia, 20 giugno-20 luglio 2014. 11 12 tto corredo ridottissimo, pressoché inesistente. Ne scaturì una ricerca preliminare su questa particolare tipologia architettonica che mi condusse rapidamente al primo incontro, per così dire “bibliograico”, con Luciana. Il suo lavoro su questo argomento11, come ebbi poi modo di veriicare nel prosieguo della ricerca, rimane infatti un caposaldo imprescindibile della storia degli studi. Il fenomeno della contrazione dei corredi nelle sepolture di VI e V sec. a.C. nel Lazio12 fu parzialmente afrontato, per l’area veiente, in un’analisi guidata da Gilda Bartoloni13, cui fece seguito, a distanza di pochi anni, il sopra citato lavoro. Le capacità di lucida analisi e, al tempo, di presentazione sintetica dei risultati, consentirono a Luciana, partendo dai casi di due tombe di Grotta Gramiccia, di formalizzare la tipologia architettonica delle cosiddette “tombe a vestibolo”, cogliendone la correlazione con il fenomeno della contrazione dei corredi e con il cambiamento del rituale funerario: dall’inumazione di età Orientalizzante all’incinerazione di età Arcaica. In questo studio ebbe l’opportunità di integrare le informazioni archeologiche con i dati paleoantropologici elaborati da Loretana Salvadei14 dimostrando, ancora una volta, una particolare predilezione per un approccio multidisciplinare ai temi che afrontava. Il progressivo interesse per l’argomento e l’incremento dei campioni a mia disposizione dovuto a casuali rinvenimenti di archeologia preventiva, mi convinsero a proporre il tema dell’ideologia funeraria di Veio letta alla luce di questa particolare tipologia architettonica, come progetto di ricerca di dottorato. Da subito Luciana, scevra da tanto insani quanto frequenti sentimenti di possessività, si dimostrò entusiasta all’idea che potessi proseguire ed ampliare con dati nuovi il percorso di ricerca che aveva avviato anni prima, tanto Marco Arizza, Ida Oggiano, Alessandra Piergrossi Luciana e il Mediterraneo Al momento di scrivere queste righe in ricordo di Luciana mi sono chiesta se fosse più opportuno scegliere di mettere in luce l’aspetto personale del nostro rapporto oppure sofermarmi sugli argomenti della ricerca che ci hanno avvicinato. Mi sono resa conto, dopo molte rilessioni, che i due fattori non potevano essere disgiunti. Luciana era tutto insieme: la travolgente simpatia, la passione per la ricerca, la nozione e la fantasia, la fame di conoscere e la inarrestabile voglia di fare. Io sono capitata nella sua vita, e lei nella mia, grazie al mio lavoro su S. Imbenia. Ormai molti anni fa mi telefonò perché voleva conoscermi per discutere con me gli spunti che aveva tratto dalla lettura del mio lavoro sul materiale fenicio e nuragico rinvenuto in questo importante sito sardo della Nurra. Dopo la telefonata ci incontrammo. In tutti i sensi. Il mio lavoro, che ricordo solo per spiegare la natura delle nostre discussioni, parlava dell’incontro, in un sito della Sardegna nord-occidentale, tra popolazioni levantine e le comunità nuragiche che abitavano nella baia di Porto Conte. La comunità locale, in seguito all’incontro con le popolazioni orientali, iniziò a produrre un tipo 18 Drago Troccoli 2009a, 2009b, 2012a. di recipiente, l’anfora, estranea al repertorio locale e che ricordava, in alcuni aspetti morfologici, quelle del Levante meridionale. Venne anche introdotto nel villaggio l’uso del tornio e alcune tecniche di depurazione delle argille che inluenzarono la produzione ceramica locale. Le motivazioni che portarono alla produzione delle anfore del tipo oggi noto come S. Imbenia, fu la commercializzazione del vino prodotto nella zona. Diverse competenze tecniche si incontrarono per soddisfare comuni esigenze, lasciando a noi gli indizi materiali dell’incontro in forma di oggetti dai caratteri particolari. Questo storia e, credo, il modo in cui avevo proposto la ricostruzione degli eventi, appassionò Luciana che vi trovò un parallelo con quanto, a suo parere, era avvenuto in area laziale tra la ine del IX e gli inizi dell’VIII sec. a.C. Negli atelier dei ceramisti veienti, sollecitati dai contatti diretti e indiretti con artigiani allogeni, si iniziarono a sperimentare nuove tecniche di lavorazione e nuove forme vascolari. In particolare, nella tecnica dell’impasto rosso con superici lucidate, Luciana vide una imitazione della Red Slip levantina avvenuta secondo meccanismi di trasmissione delle informazioni, tecnologiche e culturali, simili a quelli da me individuati per S. Imbenia18. In entrambi i casi, i manufatti ceramici ci parlano, grazie alle loro caratteristiche formali e tecniche, dell’incontro di genti e dello scambio di informazioni all’interno dei laboratori artigianali che produssero tali oggetti, che ci permettono oggi di formulare ipotesi sulla vita di quelle comunità. Non è nelle mie competenze trattare dell’argomento e, certo, non è questa la sede e il momento. Quello che a Luciana interessava, nella discussione con me, era esaminare il metodo di studio adottato, con un desiderio che era quasi una necessità, di far parlare la cultura materiale usando tutti i metodi possibili: analisi crono-tipologiche, esami petrograici, analisi chimiche, testi, epigrai, insomma, tutti gli strumenti della tradizione degli tto avere qualcosa in sospeso di cui ancora parlare e su cui confrontarsi. Di questa sensazione spero di riuscire a non liberarmi. Ritengo importante, inine, ricordare il contributo di Luciana per la rivista Mediterranea che ospita queste righe: anche grazie al suo impegno nel gruppo dei referee anonimi, in virtù delle sue ampie e sfaccettate competenze e del suo equilibrio, si deve la crescita della qualità scientiica e del prestigio del periodico. Credo che il miglior modo, dal punto di vista di un “giovane collega”, per onorare il suo impegno e il suo lavoro, sia quello di mantenere sempre acceso il fuoco della curiosità senza conini e della appassionata dedizione. M.A. tra Es 140 19 Drago Troccoli 2012b, 2013b. 141 fondazione e consacrazione di ediici e strutture sacre, oferte uiciali e non di singoli oferenti che ben si accordano con il carattere dei culti inferi di Śuri e Cavatha»19. Sull’argomento dell’aniconismo voleva organizzare un incontro di studio che aveva già strutturato nei dettagli e che sarebbe bello fare così come lei lo aveva pensato. Luciana, lo sappiamo tutti, era piena di passione e si innamorava delle idee e delle persone. La stima e l’afetto enorme che mi ha sempre dimostrato, certo non meritati, mi hanno sempre commosso. Le idee scientiiche le abbiamo sempre discusse in incontri informali dove si mescolavano teorie scientiiche e racconti sulle nostre vite. Luciana era una studiosa rigorosa ma quello che più si ricorderà di lei è la sua capacità di mescolare sorrisi e analisi petrograiche, abbracci e teorie scientiiche, dolore e nuovi progetti. Nessuno la poteva fermare. Niente e nessuno potrà mai privarci della sua eredità scientiica e umana. I.O. tto studi in cui era cresciuta uniti alle nuove tendenze della ricerca. La sua curiosità era insaziabile. Ci siamo poi sempre sentite e viste, pur occupandoci di argomenti diversi ma sempre legate dall’afetto, dalla stima e dalla voglia di collaborare che lei, con considerazione certo eccessiva (Luciana era così), manifestava continuamente nelle sue telefonate e nella sue lettere elettroniche. L’ultimo argomento di interesse comune che aveva trovato concerneva i culti aniconici. Si era appassionata a questo tema in seguito allo studio degli undici manufatti in piombo ritrovati nel santuario meridionale Pyrgi. Inizialmente interpretati come “lingotti” o “cippi”, furono riletti da Luciana come riproduzioni di ceppi d’ancora litici “nell’ambito della più ampia categoria dei tetragonoi lithoi utilizzati negli antichissimi culti aniconici ricordati da Pausania, e ritenute, anche sulla base della distribuzione delle iscrizioni relative al dio, oferte peculiari del culto di Śuri/Ade/Apollo». Luciana pensò anche che le riproduzioni plumbee di ceppi d’ancora fossero utilizzate in «rituali di tra Es Tra Etruria e Mediterraneo: ricordando Luciana Drago