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F. Pace (a cura di) Duecentodiecianni fa La frana Sernio.pdf

1807 – 2017 Duecentodieci anni fa la frana di Sernio dalla MEMORIA Su la Frana di Sernio nella Valtellina che generò nel 1807 un nuovo lago e sui mezzi praticati per scemarne le dannose conseguenze. di Filippo Ferranti ingegnere in capo. Agosto 1814 Como. Presso Carlantonio Ostinelli Tipografo Dipartimentale 9 “Tra le tante cause che vanno continuamente alterando la superficie del globo terracqueo non è fuor di proposito l’enumerare anche la Frana di Sernio, una delle maggiori accadute negli ultimi secoli […]. §I La Valtellina o la vallata del fiume Adda risulta da due grandi catene di monti chiamati di transizione, le quali coll’andamento da levante a ponente diramansi dalle grandi Alpi Rezie. Quel fiume, percorse trentadue miglia italiane contate dalla sua più lontana origine sopra il monte Braulio, e poco prima di bagnare le mura del cospicuo borgo di Tirano si rinserra fra un’ampia collina a figura di semiconoschiacciato composta dalle alluvioni del sinistro torrente Valchiosa, e le radici del destro monte Masuccio. Questo monte, uno de’ più maestosi della catena alla quale appartiene, è alto metri 2820 sopra il mare; ai dirupi sottoposti alla quasi sempre nevosa sua cima sottentrano pascoli estivi e poi selve di castagni, e poi ubertosissime viti coltivate ammirabilmente sino all’altezza di metri 360 almeno sopra il livello della valle in ajuole con artificio formate a gradinata e sostenute da muricioli sovente rovesciati al minimo scroscio di pioggia. Tutta la superficie del monte, che ove non alimenta né il pastore né il vignajuolo presenta un informe ammasso di schistosi macigni diroccati dall’alto, facilmente assorbe le acque di pioggia e di neve provenienti anche da tre piccoli laghi, le quali passando per le nascoste vie di scolo zampillano poi in cinque o sei polle al piede d’una parte del monte chiamata perciò Fontanile. La diuturna azione dissolvente di tali acque tolse ogni coesione tra il nucleo del pietroso monte ed una parte vicina al Fontanile del superficiale scomposto ammasso di macigni e terre argillose sminuzzate dalla coltivazione; quell’ammasso con quelle terre rese più sciolte e pesanti dalle straordinarie piogge dell’autunno 1807, verso l’albeggiare del giorno 8 dicembre di detto anno, scoscesero improvvisamente a far alto ingombro al corso dell’Adda. Ecco l’avvenimento che dal nome del territorio in cui accadde fu detto Frana di Sernio. Le precipitate vigne dalle quali traevano celebrità i vini di quel paese valutaronsi dell’anno reddito di some dugento cinquanta; cinque mulini da macina componenti tredici rodigini e quattro grandi torchj da vino nel basso della valle furono seppelliti dalla rovina. La Frana fu annunciata a Sernio, Lovere e Tirano da cupo e propagato rumore simile al cigolio di grande ferrata macchina strascinata in vastissimo tempio di scabro pavimento(1). Ognuno destasi a tanto strepito e compare il (1) Il rumore non può essere durato meno di venti secondi. 11 giorno a farne palese la causa; l’arrestato corso del fiume, l’esagerato calcolo del volgo su l’altezza della congerie che ne formava la chiusa, l’immagine anticipata di un estesissimo allagamento molto più grande del lago formatosi poi in fatti e che sarebbe stato tanto più dannoso a que’ paesi scarseggianti di terreni adatti ai cereali, il certo danno per proprietarj delle già rovesciate vigne e dei sotterrati rurali edificj, il dubbio che nei medesimi edificj un considerevol numero d’individui fosse già rimasto vittima dell’impensato caso o chiamasse invano aita contro l’inevitabile ultima sorte: tanti veri mali e pericoli e tanti timori misero nel più angoscioso scompiglio Sernio, Lovere e Mazzo posti nella valle all’insù della Frana; ed a Tirano collocato inferiormente il sospeso mormorio delle acque lasciò luogo ad un insolito silenzio che sembrava foriere di mali maggiori. Alla notizia dell’avvenimento rapidamente diffusa accorse anche il preside al governo della provincia(2); le di lui autorevoli ed obbliganti cure, attenuando o rappresentando al vero le mal concepite idee del già sofferto e del temibil danno, portarono alquanta calma negli animi tribolati; al che non poco contribuì la pronta e precisa verificazione che quattro soltanto erano le vittime, cioè una donna incinta, il marito ed un giovanetto, rimasto sotto la rovina. § II Determinato in seguito col livello alla mano il limite massimo a cui sarebbe giunto l’allagamento che si andava formando si ordinò l’abbandono delle case di Lovere prossime ad essere sommerse, ed io considerai colla possibile attenzione gli accidenti che interessavano il mio ufficio. Il movimento della Frana dev’essere cominciato al piede del monte ed è salito sino all’altezza perpendicolare di metri 600 circa sopra il letto d’allora del fiume, alla quale terminò contro un proteso burrone rimasto quasi senza base. Sicuramente principiarono a cedere le terre argillose al piede del monte, ove sono sempre più minute e scomposte quanto più è umile il loro livello, ed in pari ragione meno atte a reggere al peso delle superiori. Oltre a questa pruova della direzione dal basso all’alto del moto della Frana una seconda ne somministrano le piccole frane parziali avvenute nei quattro giorni antecedenti alla medesima sempre al piede del monte e senza il completo avvallamento dei superiori (2) Il sig. Francesco Saverio Venosta ingegnere aspirante nel corpo d’ingegneri d’acque e strade era per incombenza d’ufficio a Tirano la notte dal 7 all’ 8 dicembre; egli fu il primo a recare a Sondrio il tristo annuncio e ad esaminare la frana come ingegnere nel successivo giorno 9 in compagnia del sig. Cavaliere Barone Ticozzi in allora Prefetto del Dipartimento dell’Adda, attualmente Regio Cesareo Prefetto del Dipartimento dell’Alto Po. Trovandomi io nel giorno 9 absente da Sondrio non ho potuto essere al luogo della Frana che nel giorno 11. […] 12 terreni, il moto de’quali rimase in certa maniera sospeso dopo alcuni cedimenti. Effetto di simili cedimenti sono le varie più o men larghe spaccature che vedonsi anche oggigiorno nel monte annunciante così la sua superficiale dissoluzione; la maggior parte di esse accavalla all’altezza di altri 600 metri la gran Frana del giorno 8, ed ha fatto sempre ragionevolmente temere che il burrone formante ancora il cappello della Frana stessa potesse di questa seguirne la via e portarne i mali alla più spaventosa misura. Una parte del precipitato ammasso è rimbalzata dall’altro lato della valle, e perciò la cresta meno alta della chiusa opposta al fiume restò dal lato dello scosceso monte. La chiusa considerata da questo lato avea sopra l’antico letto del fiume l’altezza maggiore di metri 43, la quale declinava a zero con due piani inclinati lunghi uno metri 300 circa contro la direzione ed uno metri 630 a seconda del fiume(3). L’altezza di metri 43 diminuita della declività che in metri 300 circa avea l’antico letto del fiume rappresentava allora approssimativamente la maggiore profondità del bacino pel lago in formazione, il quale compì il suo incremento in 11 giorni. Le acque dell’Adda nella sera del giorno 18 dicembre sormontaron la chiusa, e ripigliarono il loro corso tutte unite verso Tirano. Alquanto più sollecito sarebbe stato il maggiore allagamento se nel progressivo innalzarsi del medesimo una parte delle acque non avesse trovato un passaggio fra gli interstizj della chiusa, dal quale come cretosa poltiglia trapelò nei giorni 15, 16, 17, e 18 ad un livello inferiore di metri 36 a quello del più alto punto della chiusa medesima. Questa importantissima osservazione, che dovrò in seguito ricordare, indusse a ritenere la chiusa composta, come appariva in superficie, quasi tutta di macigni macchinossissimi ed inamovibili dalle acque in qualunque stato. Si è detto allora: se la maggiore materia componente la chiusa fosse non di macigni ma di terra argillosa le acque avrebbero di mano in mano che s’innalzavano sempre più ampliata la prima trovatavi sortita e sotto la pressione di metri 36 d’altezza l’avrebbero o rovesciata od almeno scossa come i fiumi in piena scuotono o rovesciano gli alti terrosi argini nel (3) La differenza nella lunghezza dei due piani inclinati o delle due scarpe della chiusa deve essere in gran parte dovuta alla subitanea azione dell’arrestata corrente dell’Adda contro la congerie che le interdiceva il cammino. (4) Nel rapporto alla Direzione Generale delle Acque e Strade del 20 dicembre 1807 al N. 321 ho detto “E’ bene pei paesi e terreni inferiori che la resistenza opponibile al naturale corso del fiume dalle cadute materie e cadenti non possa essere subitaneamente vista dal peso delle ammassate acque in modo da permetterne la repentina irruzione; del che se non si accertano e la vastità dei macigni formanti l’ingombro e le larghe scarpe di questo, sembra una prova l’essersi le acque aperta nel giorno 15 una sortita fra i sotterranei interstizi da cui copiose e torbide apparivano al livello di circa metri 36 inferiore al pelo del lago in quel giorno”. 13 dorso dei quali si manifesta il più piccolo zampillo(4). Il nuovo lago col suo maggior incremento, essendo giunte le acque sino a metri 2,85 sopra la soglia della porta principale della Chiesa di S. Agostino in Lovere, acquistò la massima dimensione in lungo di metri 2580 ed in largo di metri 830, e la superficie di metri quadrati 1097500 (pertiche di Valtellina circa 1522) la quale copriva molti vigneti a destra, ed a sinistra campi e prati e la quinta parte del suolo caseggiato di Lovere(5). § III Appena accaduta la Frana, il primo pensiero che occupò la mente degli abitanti di Lovere e Sernio proprietari dei beni che andavan sommergendosi fu di tosto tentare l’abbassamento della chiusa. I lavori a questo uopo cominciarono quasi tumultuariamente nel giorno 10 dicembre e continuaronsi fino alla metà del successivo gennajo; ma troppo angusto essendo lo spazio sul quale utilmente potevano essere impiegate le tanto accorse braccia, l’opera loro non riuscì di sensibile vantaggio. Ciò non pertanto venne allargato l’emissario del nuovo lago rompendo e trasportando i macigni che l’ostruivano; rimestandone il fondo con ronche si aiutava le acque a spingere avanti i sassi minori e la poca terra, onde isolare i più macchinosi pietroni e minarli, molti de’ quali avean la cubicità di quaranta a cinquanta metri. Manifestando allora la ferma mia opinione che in simile lavoro la mano dell’uomo non era che un agente minimo in ajuto degli agenti naturali la forza delle acque ed il tempo(6) aveva però fin dal 20 dicembre fatto conoscere su quale piano sarebbe stato più utile il continuarlo all’oggetto di deprimere per metri 5 il livello del nuovo lago, bastanti a sottrarre all’innondamento tutto il caseggiato di Lovere ed i più preziosi terreni del suo contorno. Avevo dimostrato che un sì utile intento, anche seguendo per lo scavo la meno dispendiosa linea, richiedeva di smuovere almeno metri cubi cinquantadue mila di macigni misti a grossa congerie e poca terra; l’opera fu valutata al minimo circa lire sessantaduemila italiane, ma questo primo calcolo era diventato il soggetto delle più attente considerazioni. Giunto l’aprile i danneggiati reclamarono un provvedimento, e quasi volessero aumentare le difficoltà nell’ottenerlo unirono al reclamo il progetto di dirigere lo scavo sopra una più meridionale linea, la quale confrontata poi colla da me proposta si trovò senza reali vantaggi e soltanto quattro volte più dispendiosa. (5) (6) Vedi nota 22 al § XI. Espressione del rapporto 20 dicembre 1807 al N. 321. 14 Tale riclamo vivificato da una deputazione a Milano, la divergenza delle idee relativamente alla traccia dello scavo, la difficoltà di disporre i mezzi per eseguirne qualcuno, il pericolo che l’opera della mano già ritenuta per un agente minimo in confronto degli agenti naturali la forza delle acque ed il tempo sarebbe stata maggiormente vana quando un altro ammasso di materiale si fosse, come a ragione temevasi, staccato dallo screpolato monte hanno indotto il Governo a mandare sopra il luogo altro uomo d’arte onde con maggiore certezza appigliarsi al migliore espediente(7). § IV Il risultamento della nuova indagine fu che si dovessero continuare con attività i lavori seguendo il piano da me suggerito sin nel dicembre. Ma eravamo allora al finir d’aprile ed il tempo migliore, quel mezzo primario ed indispensabile per trarre profitto dalla forza delle acque del fiume mentre la copia loro è suscettibile di freno e direzione, il tempo migliore era inutilmente trascorso; ciò malgrado ripigliai l’opera col metodo del dicembre e gennajo, e per regolare l’azione delle acque ho fatto costruire all’imboccatura dell’emissario una paratoja in legno con dieci porte larghe due metri cadauna; tutto il meccanismo era debole (a farlo stabile richiedevansi e tempo e mezzi assai maggiori degli accordatimi), e di una resistenza alla forza delle acque minima in paragone della resistenza che loro presentava il suolo o letto dell’emissario; ciò è tanto vero che mentre duravasi fatica a sostenerlo servibile alla meglio traboccavano le acque, e limpide scorgevansi al piede della chiusa rendendo così palmare la loro inazione su detto suolo o letto. Ho creduto a tutta prima di potere, malgrado la debole struttura di quel meccanismo, tener interpolatamente serrate tutte le porte onde avere nel letto asciutto maggior libertà pel lavoro; ma il giornaliero preveduto incremento del fiume mi costrinse a stabilire l’alternativo aprimento e chiudimento di cinque porte, ed a dividere l’emissario in due canali a fine che scorressero in uno le acque mentre operavasi sull’altro. Perciò lo sperato vantaggio si ridusse ad assai meno della metà. Con simile metodo si è lavorato dal primo alla sera del 14 maggio 1808, (7) Fu mandato sopra luogo il sig. Carlo Gianella già direttore delle grandiose opere per la strada valicante il Sempione, in allora ingegnere in capo del Dipartimento del Lario, attuale ingegnere in capo del dipartimento d’Olona. (8) Il riposo in quel giorno consacrato al divin culto era pure a me necessario dopo averne quattordici interi esposto continuamente ai più caldi raggi del sole ripercossi dai dirupati scogli sui quali stavo io stesso dirigendo e sollecitando una quantità di minatori falegnami e manovali la maggior parte inesperti in quel lavoro che era pericolosissimo per ciascuno. La maggior attività nel soprastare agli operaj era indispensabile trattandosi d’un lavoro pagato ad economia, gli elementi del quale erano tanto varj e non suscettibili di esatta posteriore verificazione. 15 giorno di sabbato che fu sereno e caldissimo come il successivo di domenica nel quale per religioso costume e per la stanchezza degli operaj permettere il riposo(8). §V Dopo avere riferito quanto si è fatto per ottenere coll’arte la depressione del nuovo lago riporterò la descrizione del suo subitaneo abbassamento seguito nel giorno 16 maggio, il quale fu e disastroso al comune di Tirano attraversato dal fiume Adda, e pregiudizievolissimo al comune di Villa avente il caseggiato posto a destra e discosto dal detto fiume, ed i terreni piani parte a destra e parte a sinistra. Ricordo per incidenza che il disastro fu allora da taluno gratuitamente attribuito ai lavori all’emissario del lago(9), e vedremo poi invece quanto abbiano i medesimi lavori contribuito a scemare i guasti dell’improvviso sgorgo di tante acque che è stato originato dalle seguenti cause naturali. La calda temperatura del giorno 15 avendo sciolte molte nevi sulle montagne dell’alta Valtellina e della vallata di Grosio che ne è una delle maggiori ramificazioni accrebbe smisuratamente le già copiose acque del fiume e quindi anche l’efflusso delle medesime dal lago nella mattina del giorno 16; alle cinque ore antimeridiane l’impetuosa corrente cominciò una straordinaria azione sul letto dell’emissario e vi fece in un istante senza alcuna mia meraviglia scomparire la paratoja in legno, che sino dalle sette ore pomeridiane del giorno 14 era inoperosa e colle dieci porte tutte alzate; quest’azione erasi dapprima rivolta a sinistra invitata dalla disposizione artificialmente data al canale per cui risparmiò nel primo periodo della sua maggior forza d’urtare e corrodere il piede della Frana e dello screpolato monte: e questo è l’eminente vantaggio prodotto da quel lavoro dal quale volevasi da i menchiaroveggenti pur causato il gran male(10). Quando la violenta corrente si trovò a sinistra sopra un letto di macigni non movibili dalla sua forza quantunque aumentatissima ripiegò la sua azione a destra e più all’ingiù dell’emissario, ove fatalmente trovò una meno resistente congerie, e con una forte corrosione promosse la caduta di al- (9) Nel giorno 16 maggio in un momento in cui ad ogni uomo nella uguale mia situazione sarebbe riescito aggradevole il più meschino asilo ho ricevuto la più cordiale ospitalità a Sernio in casa del sig. Don Benedetto Omodei coltissimo e distinto proprietario, ed il più danneggiato dalla Frana. (10) Il confronto tra i profili uniti al rapporto 20 dicembre 1807 al N. 321 e quelli uniti al rapporto 19 giugno 1808 al N. 760, confronto già instituito in quest’ultimo rapporto è una prova più indubitata di tale vantaggio. Con esso si vede quanto maggiore sia stata su la sponda sinistra l’azione dello sgorgo in paragone di quella contro la sponda destra. 16 cune vigne poste sull’inferior parte di monte che avea sofferto un sensibile cedimento nell’antecedente dicembre. Questo cedimento si accrebbe da un lato sino alla Frana e dall’altro sino alla contigua parte del monte che si accosta ai Baruffini, contrada di Tirano collocata su di un burrone all’altezza di circa metri 320 sopra il livello del sottoposto fiume. Il sovvertimento dell’emissario ed il ripiegarsi delle acque alternativamente a destra ed a sinistra non cessò se non dopo l’abbassamento di metri 12,3 del lago operatosi in cinque ore circa di tempo e dopo che la declività del letto del fiume sino a Tirano fu quasi uniformata. La quantità d’acqua ordinariamente scorrente nel fiume in cinque ore di un giorno sereno di maggio è calcolata in quattro milioni circa di metri cubi; la quantità che serbata nel bacino fu aggiunta a questa in pari tempo s’avvicina ai dodici milioni, per cui il fiume fu durante lo sgorgo, quadruplicato; ma a renderne forse otto volte maggiore l’impeto contribuì l’estrema quantità di terra staccata dalle sponde specialmente destre della valle colla quale dal lago a Tirano le acque s’impregnavano e facevansi più voluminose e pesanti. Il lago si è col subitaneo abbassamento ridotto alla lunghezza di metri 1590, alla larghezza di metri 520, alla superficie di metri quadrati 550120 (o pertiche di Valtellina 771), ed alla profondità massima in un sol punto di metri 28 circa. Il caseggiato di Lovere e quasi tutto il suo migliore territorio piano (cioè pertiche 749 di Valtellina) fu liberato dall’innondazione. I vigneti stati sommersi per più di cinque mesi vestironsi rapidamente di frondi e diedero tosto speranza di abbondantissimo frutto; forse le viti non avrebbero resistito ad alcuni altri giorni di sommersione. Li noci, castagni e moroni quantunque vegeti ancora dopo l’abbassamento delle acque mostraronsi poi intisichiti, e dovettero essere tagliati per cedere lo spazio a più robusti allievi. § VI Assai maggiore del vantaggio ottenuto collo sgorgo del lago fu il danno che esso causò al territorio di Tirano. Distrusse quasi tutti que’ terreni compreso una casa che col fondo in epoche lontane formato da simili fenomeni esistevano nel basso della valle dall’emissario al caseggiato. Per la corrosione del piede del monte a destra e per l’urto a sinistra nelle punte più salienti de’ grandi rivoni assai terrosi sotto la Valchiosa rovesciaronsi molti vigneti e prati e campi di elevata posizione le cui terre minute si mischiavano colle acque come si è detto e le rendevano più impetuose. Attraversando le acque il caseggiato di Tirano trovarono il letto troppo angusto; quindi una casa ed alcuni orticelli posti fuori della sinistra muraglia già di antica fortificazione ed occupanti perciò una superficie usurpata al fiume; il 17 ponte in un’arcata di circa metri 22 di corda senza pie dritto eretta nel 1708 col fianco sinistro appoggiata a detta muraglia; cinque piccole case fra cui era rinserrato il fianco destro di detta arcata tutto fu rovesciato, ed il fiume si aprì lungo il caseggiato un più ampio e raddrizzato letto. Rapido fu il disordine e furono lenti i proprietarj delle case a trasportarne i mobili, per cui ne perdettero la maggior parte. Onde ampliare alcune cantine di livello molto depresso sotto l’antico letto del fiume o formarvi accessi per attingere acqua a comodo delle vicine case, quell’antica muraglia fu ne’ tempi addietro scarnata ne’ fondamenti e fuori terra e traforata in mille guise con abuso riprovevolissimo. Tali squarciature vennero dall’impeto del fiume ampliate; da una di esse il filone minacciò il cuore del caseggiato e da tutte penetrò l’innondazione; varie cantine si riempirono d’arena e poltiglia e molto vino si è perduto o fatto guasto. La non naturale svolta che il fiume fa dopo il caseggiato ed il seguito subitaneo rialzamento del suo letto produssero nella sinistra sponda una rotta o deviazione d’acque, la quale minacciando di tutte assorbirle in breve tempo passava sul successivo territorio di Villa, e dopo il corso di quasi tre miglia rientrava nell’Adda: la sua larghezza in principio di metri 135 diminuivasi progressivamente. A pochi campi però tolse in superficie tutta la terra di coltivazione generalmente non più alta di tre o quattro decimetri e tutta proveniente da vecchie deposizioni di straripamenti di torbide acque(11). Nei paesi inferiori a Villa almeno fino oltre S. Pietro sotto Berbenno o dopo circa altri venticinque miglia di corso del fiume contati dall’emissario del nuovo lago si è manifestata una straordinaria ma momentanea piena che innondò tutte le pianure senza però causarvi rimarcabili danni(12). § VII Prima d’indicare i provvedimenti praticati a Tirano a riparo di mali maggiori confermiamoci ben bene nella certezza che il guasto ivi accaduto fu inevitabil effetto di naturali cause inevitabili. (11) E’ facile farsi un’idea dell’impeto delle acque a Tirano nel giorno 16 maggio 1808 colla pendenza del precedente tratto di fiume fino al lago; dal pelo di questo lago al pelo del fiume sotto il ponte discosto metri 2810 eravi la caduta di metri 78,686 la quale con lo sgorgo e con l’alzamento al posto suddetto si è in detto giorno ridotta a metri 64,971. (12) La maggior differenza tra le magre dell’Adda e le sue piene osservate in quasi 8 anni al porto d’Albosaggia dirimpetto a Sondrio fu nel giorno 30 maggio 1807 di metri 2,30. La momentanea piena prodotta dallo sgorgo del lago di Sernio nel giorno 16 maggio 1808 giunse nello stesso luogo a metri 2,25. La magra delle acque corrisponde al zero dell’idrometro interinale collocato in vicinanza del nominato porto. 18 Dal narrato metodo (alli §§ III e IV) con cui si eseguirono i lavori per un artificioso abbassamento del lago si deduce che l’emissario fu disposto sotto una più uniforme pendenza distruggendone i salti ed allargandolo. Ora è chiaro che quando non si voglia ammettere che simili operazioni non abbiano diminuita la naturale attitudine dell’emissario di cedere col sovvertimento del suo fondo allo sforzo delle gonfiate acque, deve ognuno riconoscere che l’attitudine stessa non potè dai lavori essere aumentata. Concludiamo adunque che lo sgorgo o era evitabile col proposto lavoro e non eseguito che in piccola parte per mancanza anche di tempo, o non lo era in alcun altro modo. Il secondo dei due casi è il più probabile giacché il tempo trascorso tra la formazione del lago ed il suo abbassamento non era forse sufficiente per eseguir questo a piccole riprese. La storia poi di altre frane accadute nella Svizzera dimostra generalmente che o da esse fu generato un lago perpetuo, o le da loro incollate acque si sono aperte un varco col primo rigonfiarsi del fiume da cui ebbero origine(13). Il disastro di Tirano non è stato né da me né da altri preveduto appunto perché si è creduto perpetuo il nuovo lago, e perché non venne completamente giustificata dal fatto la fiducia (vedi § II) nelle qualità delle materie componenti la chiusa od il sostegno pel nuovo lago: né poteva distruggerla od attenuarla la cognizione che mista a tali materie eravi la superficie di terra già coltivata a vigna, la quale dovea supporsi in quantità minima in confronto di tutto l’ammasso della chiusa. Ma in casi simili i cui elementi per lo più si sottraggono ad ogni calcolo; in casi simili che segnano epoche lontanissime l’uomo può egli avere una sufficiente esperienza? Sussisteva è vero a Tirano la tradizione che ivi poco superiormente avesse esistito un altro lago, ed io la riconobbi sin nel 1807 comprovata dalla conformazione di molti rivoni i cui tagli quasi a perpendicolo vedonsi manifestamente effettutati da grandi sgorghi d’acque; due volte sicuramente ebbero questi luogo, ma tutto indica nella più indubitabil maniera che le materie generatrici de’ laghi non diruparono dal destro monte Masuccio ma sortirono per alluvione dell’opposta Valchiosa sulla cui ampia e fertilissima produzione Sernio giace(14). […] (13) E’ forse inutile l’avvertire che la perpetuità e l’esistenza dei laghi simili è sempre proporzionata alla loro ampiezza; le torbide dei fiumi li riempiono e li convertono in pianure in un tempo però assai minore di quello nel quale anche li mari mediterranei diventeranno fertili campagne. (14) Il profilo trasversale della vallata dell’Adda sulla linea intersecante il principio dell’emissario somministra la prova più palmare che le materie dalle quali fu altre volte serrato il corso del fiume sortirono dalla Valchiosa il cui nome tien forse luogo di un’altra prova. Il prolungamento della linea di declività della collina di sernio batte nel monte Masuccio ad un’altezza superiore a quella dell’attual emissario del lago. 19 Guida alla Valtellina ed alla sue acque minerali pubblicata per cura del CLUB ALPINO ITALIANO Sezione Valtellinese ___ Seconda edizione Sondrio Stab. Tipo Litografico A. Moro & C. 1884 Pag. 269 […] Ma a cominciare da Tirano la salita si fa più erta, la vegetazione muta, e, gradatamente ma con rapida successione, si giunge ad una vegetazione puramente alpestre, la quale rende anche la via del piano più variata e più divertente. Uscendo da Tirano essa sale sinuosamente l’erto pendio di Sernio (630 m) (940 ab.) piccolo villaggio costrutto a pie’ del monte sulla sponda sinistra dell’Adda. Verso la sommità si è dovuto abbandonare un breve tratto della via antica, per costruirne un altro a mezzogiorno in posizione più alta. Il terreno, di natura franoso, si scoscese a poco a poco, e mancò la base alla via. La frana scende quasi a piombo per oltre cento metri fino all’Adda. Ed anche all’opposta parte del fiume lungo i fianchi del Masuccio appare una gigantesca frana. E fa penosa impressione il vedere i larghi scoscendimenti apertisi fra i vigneti costrutti con immensa cura su quel mobile suolo. Un giorno di pioggia dirotta può distruggere l’opera paziente di lunghi anni. Fu qui che nel 1807 un’enorme quantità di terreno disciolto da interne vie d’acqua, che ancora appajono, precipitò nell’alveo dell’Adda, chiudendo il varco alle onde, le quali rigurgitando trasformarono in un lago il superiore bacino di Lovere. Poi mentre si stava studiando il modo di dare gradatamente sfogo alle acque, esse irruppero ad un tratto cagionando enormi danni: il piano di Lovere non si potè più rimettere a coltura, e vedesi ora una grande superficie, che misura più chilometri di lunghezza, tutta coperta di ghiaia, in balia del fiume e delle paludi. […] 20 Fig. 1 – Sulla sinistra dell’immagine, a tratteggio, l’area interessata dalla frana dell’ 8 dicembre 1807. La probabile conformazione del lago formatosi a monte della stessa è definita dalla linea nera continua, al cui interno la linea tratteggiata segna i limiti del bacino relitto conseguente al parziale svuotamento dell’invaso iniziale verificatosi nelle prime ore del 16 maggio 1808. (Historical Maps of Habsurg Empire, Second military survey) Fig. 2 – Lovero. Chiesa di Sant’Agostino e convento degli Eremitani. (foto Ivano Gambarri) 21 Fig. 3 – Lovero. Il portale della chiesa di Sant’Agostino. Il livello del lago formatosi a monte della frana di Sernio raggiunse i 2,85 m sopra la soglia ricoprendo il portale per intero. (foto Ivano Gambarri) Fig. 4 – L’abitato di Tirano, qui rappresentato nella carta del “second military survey” dell’Impero Asburgico, sorgeva per intero sulla riva sinistra dell’Adda. Il rilievo cartografico è sicuramente posteriore al 1817, anno nel quale il fiume per effetto di una paurosa piena (27 agosto) abbandonò il suo alveo principale inondando la piana a valle dell’abitato e scavandosi un nuovo letto. 22 Fig. 5 – Il corso dell’Adda (margini tratteggiati) antecedente alla piena del 27 agosto 1817. Nel 1813 “nella pianura di Villa e Stazzona, alla sinistra dell’Adda” Melchiorre Gioia registrava per conto del Regno d’Italia una immensa palude – la più estesa della Valtellina – dalla superficie di 2000 pertiche di terreno di proprietà privata, originatasi – precisa nella nota esplicativa – dalla irruzione delle acque del lago di Sernio (16 maggio 1808). Fig. 6 – Villa di Tirano, il Punt de sass. Sotto le sue arcate scorreva l’Adda prima del 27 agosto 1817 (foto Luigi Folini) 23 Fig. 7 – Il Punt de sass nella rappresentazione della mappa del catasto Lombardo Veneto, Comune censuario di Stazzona (1812). Immediatamente a monte del ponte un’isola fluviale. Fig. 8 – Nel 1884 la “Guida alla Valtellina e alle sue acque minerali”, a 77 anni dalla caduta della frana di Sernio, così si esprime: “il piano di Lovere non si potè più rimettere a coltura, e vedesi ora una grande superficie, che misura più chilometri di lunghezza, tutta coperta di ghiaia, in balia del fiume e delle paludi.” (Historical Maps of Habsurg Empire, Second military survey) 24