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L’ecofemminismo in Italia. Le radici di una rivoluzione necessaria

a cura di Franca Marcomin e Laura Cima

Voci di donne del grande arcipelago verde, tante, espressioni di movimento, rappresentanti nel parlamento, esponenti del governo, tutte impegnate nella salvaguardia dei territori, della comunità, della biosfera, della salute. Un percorso politico che inizia nel 1985 con la costruzione delle prime Liste Verdi e si intreccia con quello antinucleare e pacifista; dove si forma la resistenza – nonviolenta, ma implacabile – all’etnocentrismo, al patriarcato, al capitalismo cieco e alla scienza opportunista, creando nuove pratiche politiche, stili di vita originali e, soprattutto, una cultura forte in grado di reggere l’impatto con la globalizzazione e con la crisi: la cultura ecofemminista, sinergia originale di una battaglia per la difesa dei valori e dei dirittidelle donne, della Natura e della vita. Archivio di una memoria fatta di testimonianze dirette – parole, idee, azioni concrete, interviste, articoli, convegni, dibattiti, leggi –, questo volume collettivo custodisce e tramanda l’impegno di tutte quelle donne che, sostenendo l’importanza di una prospettiva femminile nella politica come nella quotidianità, hanno portato avanti battaglie e stimolato riflessioni che ancora oggi si pongono come un’alternativa, verde e rosa, all’inquinamento reale e ideologico che sta minacciando la nostra Madre Terra.

soggetti rivelati ritratti, storie, scritture di donne collana di studi coordinata da Saveria Chemotti 60 l’ecofemminismo in italia le radici di una rivoluzione necessaria a cura di Franca Marcomin e Laura Cima ILPOLIGRAFO Il volume è stato realizzato con il contributo del Forum Donne Verdi Copyright © giugno  Il Poligrafo casa editrice srl  Padova piazza Eremitani - via Cassan,  tel.   - fax   e-mail: [email protected] www.poligrafo.it ISBN ---- INDICE  Prefazione Franca Marcomin, Laura Cima  Premessa Laura Cima, Franca Marcomin TESTIMONIANZE  Ecofemminismo al servizio della tutela del patrimonio naturale, storico-artistico e architettonico Antonella Caroli  Fare politica da femminista ecologista Laura Cima  Impegno femmista a scuola: sensibilizzare all’altro Lucia Coppola  Nonviolenza, ecologia e femminismi a Vicenza Antonella Cunico  Partire da sé per cambiare il mondo. Dalla cultura verde alla “passione” per la mobilità sostenibile Anna Donati  La visione ecofemminista nell’agricoltura Roberta Ferruti  Il verde e il rosa, un intreccio vitale Grazia Francescato  La globalizzazione ci sta stretta Monica Lanfranco  Fata Morgana: storia di una Convenzione delle donne del Sud Maria Francesca Lucanto  Valori della Terra-Matria Laura Marchetti  Autorità e sovranità femminile nel governo e nella propria vita Franca Marcomin  Dai Verdi al World Green Party Elena Mazza Niro  Riflessioni sparse Pinuccia Montanari  I Verdi: una storia di opportunità mancate Marella Narmucci  La difesa degli animali: Verdi contro la caccia Annamaria Procacci  Siciliana, femminista, ecologista Eliana Rasera  La “conversione ecologica” Edvige Ricci  Luglio : carovana nella ex Jugoslavia delle donne verdi del Nord-Est Maura Rosa  Autorità femminile al Governo per rilanciare l’ecologia politica Luana Zanella LE RADICI DI UNA RIVOLUZIONE NECESSARIA TEMI POLITICI, CONVEGNI E PROPOSTE DI LEGGE  Rappresentanza  Fecondazione artificiale, parto naturale, aborto  Ecofemminismo  Ecopacifismo  Proposte di legge L’ECOFEMMINISMO IN ITALIA PREFAZIONE Il desiderio di lasciare traccia del nostro percorso politico di donne nel movimento ecologista e antinucleare, e poi nel partito dei Verdi, si è manifestato in noi, Franca e Laura, alcuni anni fa e così scrivemmo ad alcune donne autorevoli e amiche, incontrate nella nostra storia comune, chiedendo di darci la loro testimonianza. Possiamo dire che poche risposero al nostro invito, e lo attribuimmo al fatto che era passato molto tempo dalle ultime vicende vissute insieme, ma anche a una fragilità dei nostri rapporti che non avevamo mantenuto negli anni. Quelle che risposero sono presenti con un loro scritto, e le ringraziamo per aver fatto con noi un altro pezzettino di strada. Questo testo dà conto di una storia che è cominciata nel , quando all’interno di un importante convegno delle Liste dei Verdi, presenti a livello amministrativo in  regioni con le elezioni del , molte donne diedero vita a un luogo separatista, poi nominato Forum delle Donne Verdi, che si mosse su contenuti e progetti quali la rappresentanza, l’aborto e le manipolazioni genetiche, la pace, l’ambientalismo ecofemminista e molto altro. Producemmo convegni, dibattiti, pubblicazioni, Univeristà Verdi Donna, leggi, scuola politica, numeri monografici in alcune riviste, e molto altro, di cui una parte significativa ma non esaustiva abbiamo voluto far conoscere. Rileggendo questo materiale ci siamo accorte, naturalmente, che alcuni contenuti sono datati, ma resta traccia dell’entusiasmo e del momento sorgivo di un’esperienza politica forte per noi, per molte altre donne che l’hanno attraversata e ne sono state coinvolte in qualche modo e per i Verdi in generale. Ordinando questo materiale abbiamo anche cominciato a confrontarci sul perché in  PREFAZIONE Italia, a differenza di altri luoghi, non si sia affermata una forte cultura politica ecofemminista, capace di andare oltre la nostra esperienza iniziale e a consolidarla. È diventato un nostro forte desiderio riaprire un dibattito, ora che le ragioni fondanti del nostro movimento ecologista si sono rese più visibili anche a seguito delle distruzioni provocate dai cambiamenti climatici e con la conoscenza delle cause che li determinano. Una storia delle Liste Verdi e del partito non è mai stata scritta, se non su Wikipedia (vedi https://it.wikipedia.org/wiki/Federazione_dei_Verdi) e in questo testo abbiamo voluto ripercorrere i momenti salienti di questa esperienza attraverso le testimonianze di noi donne verdi, storia che inizia a livello nazionale nel  e termina a livello istituzionale nel , ultimo anno che ha visto eletti/e Verdi. Ma la fase più ricca è stata nell’ultimo decennio del secolo scorso, come risulta anche dalla documentazione raccolta in questo testo. Alcune donne – Laura Cima, Franca Marcomin, Antonella Caroli, Lucia Coppola, Antonella Cunico, Anna Donati, Roberta Ferruti, Grazia Francescato, Monica Lanfranco, Maria Francesca Lucanto, Laura Marchetti, Elena Mazza Niro, Pinuccia Montanari, Marella Narmucci, Annamaria Procacci, Eliana Rasera, Edvige Ricci, Maura Rosa, Luana Zanella – ci hanno consegnato testimonianze che dimostrano la prosecuzione del loro impegno in altri contesti. Inoltre sono presenti scritti su Vandana Shiva, Elisabetta Donini e Laura Conti (tratti dalla tesi di laurea di Franca, Donne ed ecologia: il contributo della riflessione femminile alla coscienza ambientale in Italia dopo Chernobyl), Elvia Franco, Marina Terragni, Anna Finocchiaro, Maria Falcone e altre che hanno partecipato ai nostri incontri e hanno lavorato con noi. Abbiamo voluto riconoscere valore alle donne presenti nel libro, ma molte altre ne abbiamo incontrate, e con loro abbiamo lavorato e le vogliamo ricordare, pur non qui presenti e, le ultime due, non più tra noi: Loredana De Petris, Alessandra Cecchetto Coco, Monica Frassoni, Franca Bassi, Giuseppina Schiavon, Giuseppina Ciuffreda, Graziella Bronzini, solo per citarne alcune. Le testimonianze raccolte ci sembrano dimostrare che il fervore che ci animava non si è spento, che molti nostri contenuti e progetti  PREFAZIONE vivono ancora, che i passaggi della nostra storia che abbiamo ritenuto importanti possono coinvolgere queste amiche, e molte altre più giovani che incontriamo, in una storia che continua. Per questo abbiamo curato questa pubblicazione. Ci auguriamo che molte altre donne che si riconoscono nell’ecofemminismo e che qui non compaiono si facciano cogliere dal desiderio di ripensare e dare significato al lavoro comune: abbiamo ancora molta documentazione da far emergere e insieme potremmo trovare il modo di valorizzarla. FRANCA MARCOMIN - LAURA CIMA  In primo piano, da sinistra: Laura Cima, Luana Zanella, Loredana De Petris, Anna Donati; in seconda fila, da sinistra: Paola Balducci, Monica Frassoni, Annamaria Procacci, Grazia Francescato Franca Marcomin (a destra) e Giuseppina Schiavon, del Forum Donne Verdi del Veneto PREMESSA Laura Cima, Franca Marcomin Il termine ecofemminismo (dal francese écoféminisme) risale a un lavoro di Françoise d’Eaubonne del , Feminism or Death. Tra i filoni di critica dello sviluppo attenti all’incrocio tra questione ambientale e differenze tra i generi, alcune elaborazioni femministe hanno messo radicalmente in discussione il progetto di dominio sulla natura verso cui sono orientate la scienza e la tecnologia, nella versione che è invalsa a partire dall’Ottocento moderno e contemporaneo. Molti contributi di questa “controcultura” sono venuti dalle donne del Sud del mondo da Vandana Shiva, Arundathi Roy, Bina Agarwal in India a Shanysa Khasiani e Esther I. Njiro in Africa. Il movimento si è fatto portavoce di una posizione che va oltre sia la rivendicazione femminile di uno statuto di razionalità e di diritti politici ed economici al pari della condizione maschile, sia l’affermazione della specificità femminile e dell’alternativa femminista alla cultura maschilista. Alcune autrici italiane e internazionali hanno evidenziato come l’ecofemminismo si dedichi ad affrontare e superare i modelli discriminatori attraverso una rivalutazione, celebrazione e difesa di tutto quello che la società patriarcale ha svalutato interpretando il reale secondo metafore dicotomiche in cui il femminile è sottostimato in quanto associato a ciò che riguarda la corporeità, le emozioni, la sapienza intuitiva, la cooperazione, l’istinto alla cura, la capacità  E. MARKS, I. DE COURTIVRON, New Frenche Feminism: An Anthology, Amherst (MA), University of Massachusetts Press, , pp. -.  Un’ampia bibliografia si trova in La critica dello sviluppo in una prospettiva di genere, a cura delle amiche piemontesi Franca Balsamo, Elisabetta Donini, Vanessa Maher, Anna Segre e altre del CIRSDE, «Notiziario», , febbraio .  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN simpatetica e quella empatica, mentre il maschile è celebrato poiché accostato a concetti opposti, quali teoricità, razionalità, intelletto, competizione, dominio e apatia. Questa controcultura comprendeva all’inizio posizioni varie: liberali, marxiste, radicali e socialiste da una parte e uno spiritualismo legato all’esaltazione del principio femminile in rapporto alla madre-terra dimostrando grande eterogeneità, ma anche ricchezza nelle differenze dall’altra. Si è intrecciata con il pacifismo, il movimento antinucleare, la critica all’industrialismo inquinatore e alle politiche aggressive dell’ecosistema. In Italia, dal  in poi, cioè dalla fondazione delle Liste Verdi, molte donne si sono spese nel movimento ambientalista e nella scommessa di una rappresentanza istituzionale delle istanze ecologiste, dando vita a un femminismo ecologista che, dato il rilevante successo elettorale dei Verdi, e in particolare delle donne verdi e della loro elaborazione politica a partire dalle regionali nella seconda metà degli anni Ottanta e poi in parlamento e in molti enti locali, si caratterizzò presto come istituzionale. Naturalmente anche l’associazionismo ambientalista e femminista entrarono in contatto e parteciparono al grande cambiamento culturale e politico che ebbe inizio e cambiò il sistema politico italiano e i comportamenti sociali e di vita. Con le testimonianze e la documentazione allegata vogliamo ripercorrere alcune tappe di questa storia. Mentre l’ecofemminismo in Italia, arrivato dopo la grande ondata degli anni Settanta e la crisi del nucleare e della chimica inquinante, ha cambiato molto i comportamenti, da quelli alimentari al diffondersi dello specismo e del rispetto della natura, dal lato della rappresentanza istituzionale non è facile rintracciare una continuità di percorsi collettivi di donne impegnate nell’ecologia politica che abbiano contaminato le istituzioni fino ad oggi. L’esperienza delle elette nei Verdi a poco a poco si spense sotto il contrattacco maschile a partire dagli uomini delle Liste Arcobaleno che schiacciarono l’esperienza del Sole che ride, invadendo il campo ecologista naif della prima ora, imponendo allo stato nascente di movimento una strutturazione tradizionale di partito e cacciando le donne dal parlamento.  s.v. Ecofemminismo, www.wikipedia.it  PREMESSA Rimane a testimonianza un significativo episodio storico definito “fase del matriarcato verde”, quello del direttivo parlamentare di sole donne nel gruppo dei Verdi alla fine degli anni Ottanta che di fatto condusse, insieme ad altre donne del movimento iniziale, il Sole che ride nella difficile fase di unificazione con le liste Arcobaleno. Non sono mancate neppure dirigenti ecologiste di rilievo in altri partiti e gruppi parlamentari come la Sinistra radicale e persino nel PCI-DS-PD. Tra le più autorevoli Laura Conti, eletta nel PCI, fece parte del gruppo di sinistra indipendente alla Camera, anche se non si riconobbe mai come ecofemminista e anzi fu spesso in polemica con Verdi e femministe, ed è riconosciuta come una delle madri del pensiero ecologista in Italia. Negli anni Ottanta la rivista del popolo ambientalista per eccellenza «La nuova ecologia» aveva una redazione totalmente femminile, le associazioni contavano presidenti come Renata Ingrao di Legambiente, Grazia Francescato del WWF e Rosa Filippini degli Amici della Terra. Per ritrovare memoria del “femminismo verde”, come lo definiva Franca Fossati in un suo articolo su «Noi donne» nel dicembre  bisogna appunto risalire alle origini del movimento ecologista in Italia, a quello antinucleare soprattutto dopo Chernobyl (aprile ), quando vari gruppi femministi aprirono una riflessione approfondita sulla scienza dando vita, insieme alle donne verdi, all’ecofemminismo italiano. La battaglia contro il nucleare Alcune tappe significative dell’opposizione femminista che mise in discussione le fondamenta della scienza occidentale dopo l’incidente di Chernobyl furono molto condivise: la manifestazione nazionale di sole donne il  maggio  a Roma, il convegno di Ripetta il  luglio  organizzato dalle donne del Partito Comunista dal titolo “Scienza, potere, coscienza del limite” e il Forum di donne “Per  L. CONTI, Questo Pianeta, Roma, Editori Riuniti, ; EAD., Ambiente terra. L’energia, la vita, la storia, Milano, Mondadori, ; EAD., Tra sesso e ambiente un rapporto da scoprire ed È biologico il rifiuto femminile del rischio?, «La nuova ecologia», dicembre  e marzo .  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN un futuro senza nucleare” nel febbraio  organizzato dal Coordinamento donne del movimento verde sono state le prime risposte ecofemministe che hanno coinvolto molte giovani. Il  maggio , a un mese dall’incidente nucleare, a Bologna venne organizzato dal Centro di documentazione delle donne e dall’associazione Orlando il “Bucato antinucleare in Piazza Maggiore” e fu la prima uscita pubblica come donne; poi seguì un appello nazionale contro il nucleare nel quale si possono rintracciare alcuni pensieri centrali nella copiosa riflessione dopo il grave incidente nucleare: la denuncia di un uso della scienza astratta dalla materialità della vita e l’affermazione della distanza delle donne da chi le vorrebbe complici silenziose di scelte sentite come estranee. Le donne sono contro un pensiero che si definisce universale mentre in realtà esprime la parzialità di un solo sesso, al quale viene opposto un pensiero attento alla vita e una pratica politica capace di produrre effetti positivi sul mondo. Elisabetta Donini, ricercatrice di Torino e teorica del movimento delle donne, scrive una serie di articoli che affrontano questo nodo politico e un testo importante: La nube e il limite. Donne, scienza, percorsi nel tempo. Molti gruppi di sole donne fioriscono contro il nucleare e la scienza che l’ha prodotto: gruppi di riflessione e di iniziativa politica quali “Cassandra” a Milano, “GINES (Genere & Scienza)” di Roma, “Casa Balena” della provincia di Perugia e “Gruppo Futura. Donne contro il nucleare” a Venezia-Mestre. Nel primo periodo del loro percorso, le componenti di Futura attribuivano alla sensibilità femminile e all’assimilazione donna-natura il loro dissenso e il loro pubblico intervento sulla catastrofe nucleare e su quel pensiero che l’ha prodotta e la riproduce nei rapporti di dominio e di sfruttamento tra i sessi e tra le classi. Poi, il percorso si snoda scoprendo quanto il genere sessuale sia invece una struttura simbolica e quanto la cura del mondo e il maternage siano valori differenti solo se sottratti alla sfera del naturale, potendo così accedere alla dimensione di storia e di simbolo. Nel febbraio  il Coordinamento donne del movimento verde organizza a Roma il Forum di sole donne “Per un futuro senza nu E. DONINI, La nube e il limite. Donne, scienza, percorsi nel tempo, Torino, Rosenberg & Sellier, .  PREMESSA cleare”, in contrapposizione alla Conferenza nazionale sull’energia, che ha un grande rilievo. In quell’occasione si elabora un appello per il sì al referendum contro il nucleare. Si denuncia l’esclusione delle donne dal dibattito sul futuro energetico dell’Italia, si denuncia il concreto rischio nucleare dietro alla pretesa di “scientificità”, si ritiene che il linguaggio dell’economia e della tecnologia divida la ragione dal corpo e non tenga conto dell’angoscia, delle emozioni e dell’espropriazione vissuta soprattutto dalle donne nei giorni dell’emergenza. Non si vuole accettare né il rischio nucleare, né una scienza che non è consapevole dei propri limiti e si afferma l’autodeterminazione, una delle parole chiave del femminismo negli anni Settanta, attraverso lo strumento del referendum popolare contro il nucleare. Molte donne si spesero nella campagna referendaria del novembre  contro il nucleare nel referendum che fu vinto e fece uscire il nostro Paese da questa pericolosa forma di energia. Il dibattito continua anche ora rispetto ai cambiamenti climatici e spesso si affianca a una critica delle multinazionali che producono sementi geneticamente modificate, agroalimentare contenente coloranti e pesticidi e vari prodotti farmaceutici non sempre a vantaggio della nostra salute. Le liste a cerniera A Pescara, nel settembre del , al primo convegno internazionale delle Liste Verdi, “La terra ci è data in prestito dai nostri figli” – recentemente ricordato a distanza di trent’anni in un evento promosso da Edvige Ricci –, si cominciò ad affrontare il problema della rappresentanza. Dei  forum previsti in quell’incontro su tutti gli aspetti ambientali, il nascente “arcipelago” – come si chiamò per differenziarlo da partiti e movimenti tradizionali – non ne aveva previsto neppure uno per le donne, madri reali o simboliche di quei figli, di quella generazione futura di cui ci si preoccupava. Fu così che le donne, un centinaio, si autoconvocarono nell’anticamera della sala in cui si tenevano i lavori “importanti” e discussero di sessualità, maternità e aborto insieme alle conseguenze del disastro nucleare, di risparmio energetico e di come ridurre il tasso di violenza nella società. Subito si parlò della necessità  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN di essere rappresentate al % in tutti i livelli decisionali dell’arcipelago quando nel PCI le donne si accontentavano della quota del %. Nel convegno successivo di sole donne ecologiste e femministe, a Milano a novembre, dal titolo “Tra il rosa e il verde”, si discusse anche se e come partecipare alla nascente Federazione dei Verdi a Finale Ligure nel novembre dello stesso anno. La mozione delle donne per il % (qualcuna chiese il % come avevano ottenuto le donne della Lista Verde di Amburgo conquistando il ,% di suffragi) negli organi della Federazione non passò, ma vennero elette  donne su  nel Direttivo. Franca Fossati riporta a questo proposito una dichiarazione di Laura Cima rispetto al dilemma se privilegiare l’identità femminista o quella ecologista: «L’identità che ho ritrovato è quella mia. È così che sto nella Lista Verde di Torino, come una outsider, libera di cambiare idea quando voglio, di impegnarmi o di ritirarmi se qualcosa non mi convince». I gruppi di lavoro avviati danno un’idea del dibattito ecofemminista allo stato nascente del movimento politico ecologista: donne scienza e tecnologia, maternità e gravidanza, i luoghi e i modi del potere delle donne. Il movimento ecofemminista e le donne verdi a Mantova nel maggio  costrinsero le Liste Verdi a candidare il % di donne, il % di capolista e l’alternanza a cerniera di uomini e donne per il parlamento (si era deciso di provare a presentare una lista di sole donne, ma nel giro di pochi giorni la proposta parve impraticabile). Il primo gruppo alla Camera dei deputati vide un sostanziale equilibrio tra donne e uomini eletti, equilibrio che permise di aprire un ampio dibattito sulla politica nazionale e internazionale, in cui le donne furono le protagoniste. Quando per le dimissioni di Michele Boato nel  il gruppo raggiunse la maggioranza femminile, con una bella e divertente battaglia politica le deputate conquistarono la maggioranza del gruppo e costituirono un direttivo di sole donne che condusse la lista concorrente Arcobaleno all’unificazione con il gruppo originario del Sole che ride. Secondo Elisabetta Donini, nel movimento ambientalista c’era una forte presenza femminile, che però non sembrava attenta a differenziarsi dal resto del movimento, proprio perché condivideva in partenza la critica allo sfruttamento della natura, nonché quella alla  PREMESSA cultura industrialista e la consapevolezza della necessità di un diverso modello di sviluppo. È sembrato quindi che la politica verde fosse per postulato amica delle donne, perché “non violenta” e rispettosa delle differenze, fino a quando emersero i problemi con le rappresentanze politiche. Dopo una prima fase di forte presenza di donne verdi nelle amministrazioni locali e nazionali, questa poi si attesterà ai livelli degli altri partiti. Aborto, parto, biotecnologie Nel  molte donne del movimento ambientalista firmarono un appello sull’aborto in polemica con molti uomini dei Verdi, tra cui Alex Langer. Dopo un serrato confronto alla Camera dei deputati su una mozione per la vita firmata Martinazzoli, le posizioni ecofemministe riuscirono vincenti perché ruppero i vecchi schieramenti abortista e antiabortista proprio affrontando le contraddizioni che inducevano le nuove frontiere della scienza. L’elaborazione poi si concentrò sulle biotecnologie, le manipolazioni genetiche e le tecniche di riproduzione artificiale. Le donne verdi, con le parlamentari, promossero con il GATRA (Gruppo di Attenzione Tecniche Riproduttive) lo storico convegno di Bologna “Madre Provetta” nel giugno , che vide la partecipazione attiva di moltissime studiose delle discipline più varie: medicina, psicologia, sociologia, storia, fisica. Parteciparono molte giornaliste e politiche e numerose associazioni femministe per discutere di fecondità e sterilità, di sessualità, contraccezione, procreazione e identità femminile, di gravidanza, parto e maternità, di nuovi rapporti parentali indotti dalla fecondazione artificiale, di cultura medico-scientifica, di regole e norme per la fecondazione artificiale e di modifiche possibili alla legge sull’adozione. Emerse una forte critica alla scienza medica profondamente maschile nella sua incapacità di darsi limiti, nella sua pretesa onnipotenza, e alle tecniche che inducono il bisogno di un figlio a tutti i costi con i mezzi più artificiali creando dipendenza e spostando la riproduzione da un’economia della reciprocità a una di scambio, come sostenne Franca Bimbi.  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN Fu elaborata una proposta di legge molto articolata che rompeva con l’ipocrisia del donatore anonimo, si riaffermò l’autodeterminazione della donna anche rispetto alla scelta della fecondazione artificiale e si aprì la strada alle successive posizioni contro la brevettabilità della vita e la manipolazione genetica degli embrioni, posizioni assunte dagli ecologisti in parlamento e nel Paese. Contemporaneamente venne preparata, in collegamento con l’Associazione delle Ostetriche per il parto in casa, e poi presentata in parlamento, una proposta di legge sull’autodeterminazione delle donne nella scelta di partorire in strutture ospedaliere umanizzate e in altri luoghi quali le case di maternità e il domicilio. Inquinamento, pace, Nord-Sud Rispetto all’inquinamento la battaglia esemplare per la chiusura dell’Acna di Cengio fu condotta da donne capaci di opporsi alle istituzioni e al sindacato insieme all’associazione della Valbormida. E dall’Acna partì una proposta di legge per la compatibilità ambientale delle attività produttive e una forte critica alla gestione dei rifiuti tossici e nocivi che viaggiavano con le navi dei veleni verso il Sud. Ilaria Alpi sarà uccisa proprio per le sue scoperte sul traffico di rifiuti e di armi. Altra radice fortissima del movimento ambientalista è il movimento pacifista con esperienze come “la ragnatela” di Comiso, l’iniziativa “Visitare luoghi difficili” (costruita dalla Casa delle donne di Torino insieme all’associazione Orlando di Bologna e alle donne dell’Associazione per la pace), il Campo di pace dell’agosto  a Gerusalemme che vide la partecipazione di  donne italiane tra le quali alcune deputate, tra cui Laura Cima. Le Donne in nero in Italia nacquero subito dopo, grazie agli incontri con le Women in Black israeliane. Alcune deputate verdi si incatenarono al ponte di Taranto per impedire la partenza delle nostre navi nella Prima Guerra del Golfo e si promosse la raccolta di firme su un’iniziativa di legge popolare che prevedeva la riconversione delle fabbriche di armi. Molta attenzione venne inoltre posta sulle tematiche concernenti la divaricazione della ricchezza e delle condizioni di vita tra il Nord e il Sud del mondo, tema all’attenzione del movimento ambientalista nel  PREMESSA suo complesso, grazie anche alle analisi di Vandana Shiva con il suo testo Sopravvivere allo sviluppo e in collegamento con la Campagna Nord-Sud di Alex Langer per la restituzione del debito ai Paesi poveri distrutti dalle politiche del FMI e della Banca Mondiale. Molte donne partecipano alle elaborazioni dell’Agenda . Piano d’Azione delle Donne, prodotto in preparazione del Forum delle Organizzazioni Non Governative tenutosi alla Conferenza Mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, a Rio de Janeiro nel . Il gruppo “Pianeta donna” tenne a Venezia, nel maggio , un seminario dal titolo “Dalle donne: Ambiente, Giustizia, Diritto al futuro” a cui parteciparono americane, indiane, tra le quali Vandana Shiva, e uomini, che testimoniarono sui disastri ecologici, da Seveso a Bhopal, passando per i danni del nucleare. Nel frattempo era caduto il muro di Berlino e la linea di trasversalità, fluidità e di ponti rispetto all’arcipelago, proposta dalle donne ed espressa da Alex Langer nello slogan «Né di destra né di sinistra ma avanti», stava diventando anche storicamente chiara. Nessuno osava trasformare in partito la Federazione anche per l’opposizione determinata di molte donne, poiché la trasformazione in una struttura tradizionale le avrebbe soffocate politicamente. La nostra forza veniva dal consenso di tante ecofemministe e ambientaliste delle Associazioni, dei Comitati e delle Liste Verdi locali. Nel dicembre del  Laura Cima chiariva al convegno degli Arcobaleno la differenza femminile confutando una frase di Gianni Tamino – che aveva affermato «Dobbiamo rimettere l’uomo all’interno della natura» – in questo modo: Io dico che dobbiamo rimettere l’uomo e la donna all’interno della natura e non dico una cosa formale, ma di sostanza. Sono molto contenta di essere capogruppo in un direttivo di sole donne perché oggi è molto importante agire a livello simbolico [...] la grossa novità verde ecologista è l’affermazione di un pensiero circolare, e quindi squisitamente femminile, su un pensiero maschile lineare, dominatore della natura, della donna e dei più deboli, su un modello di struttura della società piramidale con al vertice il maschio bianco. Un ordine di pensiero maschile che ha le sue radici nella filosofia cartesiana della conoscenza si sta sgretolando: dall’uso di un linguaggio neutro alla separazione tra corpo e mente, tra irrazionale e razionale, tra soggetto e oggetto, tra natura e cultura. Si afferma un pensiero che spezza le sfere chiuse, che si arricchisce delle differenze, che parte dalla singolarità, dalla temporalità e dalla località cercando le connessioni, per poi separare diversamente quando è necessaria  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN la chiarezza. Il processo della conoscenza si fa complesso, attraversa sentieri che si intrecciano e si ricompongono. È una novità dirompente che trova poi forme organizzative dirompenti come la sfida che stiamo giocando di essere arcipelago che sta nelle istituzioni senza trasformarsi in partito. Quindi le donne verdi affermano di non voler ricadere nella dicotomia donna-natura vs uomo-cultura, servita per contrabbandare l’inferiorità femminile, e oppongono alla cultura del dominio la cultura del rispetto, edificata dalle donne verso tutte le forme viventi. Affermano che anche la ragione ha un corpo, per le donne, cioè che il rapporto con il reale è più caldo e affettuoso e non si limita agli strumenti d’analisi razionali. Fiore Selvatico La convenzione “Fiore Selvatico” del febbraio del  che promuovemmo per consolidare l’ecofemminismo praticato nel movimento, nelle associazioni e in parlamento in Italia, fu un’occasione di confronto internazionale importante a cui parteciparono donne di Boston e della California, dove il movimento si era affermato da più di dieci anni coinvolgendo migliaia di donne di tutte le etnie. Le statunitensi insistettero nell’affermazione del concetto di sacralità laica della terra e degli organismi e nella denuncia del fatto che la cultura dello sviluppo occidentale stesse spazzando via i modi tradizionali di produrre vita e cibo, tramandati per secoli dalle donne che hanno sempre rispettato l’equilibrio degli ecosistemi. La giovane palestinese che raccontava come la colonizzazione dei territori occupati avesse distrutto un’agricoltura in mano alle donne e un’organizzazione sociale che garantiva cibo a tutti, risultava essere in totale sintonia con le statunitensi. Come lo era l’intervento della tedesca dell’est che si augurava di non essere costretta, dopo la caduta del muro, a ripercorrere gli errori occidentali. Manuela Fraire tenne una relazione su Maternità e potere dove parlò dello scompiglio creato dalla donna ecofemminista con il suo comportamento di autodeterminazione che rompe la complicità con il maschile per promuovere solidarietà e rispetto della natura: Provate a mostrare quanto sia grande il godimento della singolarità e come possa coesistere con l’esperienza della maternità come un altro modo di godere di se stessa e vedrete se non si scatena la guerra pubblica e privata.  PREMESSA Ci si richiamava a Carolyn Merchant, con il suo invito a non scavare nel grembo della terra con il metodo proposto dalla scienza e tecnica maschile; al premio Nobel Barbara McClintock, con il suo invito ad ascoltare ciò che le cose hanno da dire, che ci avevano fornito la base della nuova ricerca; ad Hannah Arendt, che ci aveva insegnato il valore della politica; a Luisa Muraro con il pensiero della differenza che era in sintonia con il pensiero ecologista sul concetto del limite: «L’umanità è due. Uomo e donna sono differenti e non complementari, sono due assoluti che si limitano». Affermavamo orgogliosamente: La sfida e la voglia di vincere che ci siamo giocate finora nell’arcipelago verde rischia di essere schiacciata ancora una volta dall’omologazione. Non abbiamo crediti verso gli uomini e lo spazio che ci siamo prese è proporzionale alla nostra assunzione di responsabilità. I nostri progetti prendono forma e disegnano una società pensata da noi. Si trattava di imparare a governarla con il nostro punto di vista. Il partito Ma la restaurazione arrivò presto con la trasformazione in partito quando ci si unificò alla concorrente Lista dei Verdi Arcobaleno e la ripresa del potere da parte di politici navigati come Rutelli e Ronchi che, grazie anche all’introduzione della preferenza unica contro cui, sole, ci eravamo battute inutilmente, riuscirono a far eleggere solo uomini nella legislatura che segnò la fine della prima Repubblica e del primo esperimento di governo ecofemminista nel gruppo parlamentare. Fu comunque costituito un Forum delle Donne Verdi che all’inizio del nuovo millennio pose la parola d’ordine: “Politica: sostantivo femminile” in un convegno nazionale a Catania organizzato da Eliana Rasera e diede vita a un’associazione, “Hera-donnambiente”, che organizzò il seminario “Cosa bolle in pentola” per denunciare i rischi per la salute a causa di un agroalimentare che alla chimica dei pesticidi, dei conservanti, dei fitofarmaci e delle sofisticazioni voleva affiancare anche quelli degli OGM. La battaglia congressuale delle donne a Chianciano nel , quando i Verdi ormai ridotti a percentuali minime rispetto al grande successo ottenuto all’inizio tentarono di rifondarsi, fu giocata con  LAURA CIMA - FRANCA MARCOMIN grande autorevolezza e passione e portò all’elezione a presidente di Grazia Francescato. Per la prima volta una donna, femminista e fondatrice della storica rivista «Effe», guidava il partito. Ma il femminismo era ormai lontano e la normalizzazione politica compiuta. Un patto non esplicitato consegnò i Verdi nel  ad Alfonso Pecoraro Scanio fino al  e le donne verdi persero la loro forza collettiva. Nel  venne rieletta Grazia Francescato fino all’ottobre . Due donne verdi italiane (Francescato dal  al ) e Monica Frassoni (europarlamentare dei Verdi europei dal  per tre anni) sono state elette portavoce dei Verdi europei (che hanno per statuto l’obbligo di avere la doppia carica in tutti gli organismi, vertici compresi). I Verdi entrarono nel governo Prodi nel  ma quando cadde nel  subirono un insuccesso elettorale e non furono più presenti nel parlamento italiano né in quello europeo. Il resoconto più recente del dibattito ecofemminista si trova sulla rivista «Marea», /, dove sono anticipati alcuni contenuti e hanno scritto alcune testimoni e studiose; dove si trova una ricostruzione dell’ecofemminismo e che si chiude con i principi costitutivi di una democrazia della comunità terrena di Vandana Shiva, estratto dall’introduzione de Il bene comune della Terra. Nella quarta pagina di copertina si legge una sua dichiarazione fondamentale: Io penso che le scienze reali, autentiche, che stanno emergendo dalla nostra ricerca indipendente di conoscenza non sono connesse con il denaro, con il commercio o con il profitto. Il mio progetto è di salvare la biodiversità assicurando di servire la natura e soddisfare i nostri bisogni come risultato di tale servizio. Il mio progetto è di eliminare la diseguaglianza tra uomini e donne, tra Nord e Sud del mondo, tra ricchi e poveri. Queste sono strutture costruite dall’essere umano. Io credo che questo progetto vada molto d’accordo con una scienza moderna ed onesta. È la scienza moderna corrotta da cui dobbiamo tenerci lontano. La scienziata e filosofa indiana, attivista nella difesa dell’ambiente e delle culture native, è tutt’oggi un punto di riferimento politico per tutte noi che la seguimmo fin dagli inizi. 