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La ricerca indaga il ruolo del profitto personale e delle norme di gruppo sulla scelta di una strategia individuale vs. collettiva per gestire l’identità sociale nei membri di un gruppo di basso status. I risultati confermano che sia le norme di gruppo sia il profitto personale rappresentano incentivi importanti per il comportamento dei membri di un gruppo. Inoltre, quando il profitto individuale confligge con le norme di gruppo, si genera un dilemma che si riflette nel tempo impiegato per scegliere la strategia da seguire. I risultati sono discussi in termini di processi di influenza sociale e strategie di gestione dell’identità.

Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale: il ruolo delle Norme di Gruppo e del Profitto Personale Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach La ricerca indaga il ruolo del profitto personale e delle norme di gruppo sulla scelta di una strategia individuale vs. collettiva per gestire l’identità sociale nei membri di un gruppo di basso status. I risultati confermano che sia le norme di gruppo sia il profitto personale rappresentano incentivi importanti per il comportamento dei membri di un gruppo. Inoltre, quando il profitto individuale confligge con le norme di gruppo, si genera un dilemma che si riflette nel tempo impiegato per scegliere la strategia da seguire. I risultati sono discussi in termini di processi di influenza sociale e strategie di gestione dell’identità. L’appartenenza ai gruppi sociali si configura come un aspetto essenziale della vita degli esseri umani, in quanto fa riferimento a bisogni imprescindibili di affiliazione, sostegno e sicurezza (Maslow, 1954). Secondo i teorici dell’identità sociale (Tajfel e Turner, 1979), tale appartenenza ad uno o più gruppi determina una parte importante dell’identità delle persone. In questo senso, i processi di confronto sociale (Festinger, 1954) tra l’ingroup e i diversi outgroup con i quali viene in contatto, materialmente o simbolicamente, determinano la valenza positiva o negativa associata alla propria appartenenza ad un gruppo, unitamente ad una serie di conseguenze affettive, cognitive e comportamentali (per una recente rassegna si veda Pagliaro, 2010). Infatti, per i membri di un gruppo che occupa una posizione dominante nel contesto sociale (alto status relativo) l’appartenenza al proprio gruppo risulta gratificante, in quanto ne derivano conseguenze positive, ad esempio sui sentimenti di autostima. Al contrario, l’esser parte di un gruppo che occupa una posizione subordinata (basso status relativo) risulta maggiormente problematico in termini identitari, in quanto provoca sentimenti di frustrazione che si riverberano negativamente sull’identità personale. In quest’ultimo caso, il disagio esperito motiva gli individui a cercare di migliorare la propria identità sociale attraverso strategie cognitive e/o comportamentali definite Identity Management Strategies (Blanz, Mummendey, Mielke e Klink, 1998; Ellemers, 1993). PSICOLOGIA SOCIALE n. 3, settembre-dicembre 2010 385 Secondo la Teoria dell’identità sociale (da adesso in poi indicata come TIS; Tajfel e Turner, 1979), i membri di un gruppo di basso status possono utilizzare diverse strategie per tentare di migliorare la propria situazione. Da un lato, essi possono tentare di migliorare lo status di tutto il gruppo di appartenenza, ad esempio migliorando le prestazioni del proprio gruppo rispetto a quelle di un outgroup in un determinato compito (cambiamento sociale); dall’altro, possono tentare di migliorare la propria posizione individuale, ad esempio cercando di entrare a far parte di un gruppo di status relativo superiore (mobilità individuale). La letteratura ha evidenziato come una serie di fattori determinano la probabilità che i membri di un gruppo di basso status scelgano una strategia individuale o collettiva di gestione dell’identità, quali, ad esempio, il livello di identificazione con il gruppo, le credenze circa la struttura sociale (Ellemers, 1993), la visibilità delle proprie risposte agli altri membri del gruppo (Barreto e Ellemers, 2000), le norme dell’ingroup (Ellemers, Pagliaro, Barreto e Leach, 2008). Ciò nonostante, un’attenzione minore è stata prestata al processo decisionale coinvolto nella scelta della strategia (individuale vs. collettiva) per gestire l’identità sociale (per un’eccezione, si veda Ellemers et al., 2008). Nel presente lavoro abbiamo preso in considerazione proprio tale processo decisionale. L’obiettivo specifico dello studio è stato di comprendere cosa accade quando diverse forze motivazionali confliggono, in quanto indicano l’adozione di strategie differenti per gestire un’identità sociale negativa. In modo particolare, questo studio è stato progettato per verificare sperimentalmente se, quando le persone devono fronteggiare spinte motivazionali opposte, si determina un dilemma decisionale legato alla scelta della strategia. A tale scopo, ci si è focalizzati su quelle situazioni nelle quali a confliggere sono i profitti individuali e le Norme di Gruppo. Sono stati esaminati il modo in cui incentivi di natura diversa influenzano la scelta della strategia individuale vs. collettiva di miglioramento dell’identità sociale, e la presenza o meno di un dilemma decisionale è stata rilevata attraverso il tempo impiegato dai partecipanti a scegliere l’una o l’altra strategia. Miglioramento individuale vs. collettivo. La TIS (Tajfel e Turner, 1979; Tajfel, 1981) descrive diverse strategie che i membri di un gruppo di basso status possono utilizzare per migliorare la loro posizione nel panorama sociale. Come accennato in precedenza, le diverse strategie descritte in letteratura convergono in due cluster principali, ovvero le strategie di miglioramento individuale vs. collettivo (Tajfel e Turner, 1979; si veda anche Ellemers, 1993). La distinzione tra strategie individuali e collettive per la gestione di un’identità sociale negativa risulta utile tanto dal punto di vista teorico quanto dal punto di vista pratico. Da un punto di vista teorico, infatti, non solo l’utilizzo dell’una o dell’altra strategia presuppone credenze differenti sul sistema di relazioni di status vigente (Ellemers, 1993), ma, inoltre, le due strategie sono caratterizzate da pattern cognitivi, affettivi e comportamentali diversi (Ellemers, 2001). Inoltre, da un punto di vista pratico, nella vita reale il tempo e le energie a disposizione delle persone sono limitate, così che scegliere una delle due strategie spesso comporta l’abbandono dell’altra (Doosje, Ellemers, e Spears, 1995; 386 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach Ellemers, 2001; Ellemers, Spears e Doosje, 1997; Ellemers, Van den Heuvel, De Gilder, Maass e Bonvini, 2004). Questa ricerca è focalizzata proprio sulle situazioni nelle quali le persone si trovano a dover scegliere tra il miglioramento individuale o, piuttosto, l’investimento nel gruppo al fine di migliorarne lo status complessivo (Boen e Vanbeselaere, 2000, 2002; Ellemers, 1993; Tajfel, 1981; Tajfel e Turner, 1979). A tal proposito, abbiamo creato delle condizioni sperimentali nelle quali i miglioramenti individuali e collettivi dello status sono stati resi incompatibili. 1. Il dilemma tra profitto individuale e Norme di Gruppo Oltre ad indagare gli effetti di incentivi diversi, quali appunto le Norme di Gruppo ed il Profitto Personale, sulla scelta della strategia per la gestione dell’identità sociale da parte dei membri di un gruppo di basso status, nel presente lavoro l’interesse è focalizzato su quanto la contrapposizione tra questi tipi di incentivi generi un dilemma che richiede maggior tempo per essere risolto. Tanto nella teorizzazione quanto nella letteratura di ricerca precedente, esiste un diffuso consenso sul fatto che i profitti individuali rappresentino degli incentivi primari sulla guida del comportamento delle persone, e che questo principio sia valido anche rispetto ai comportamenti individuali nei contesti di gruppo. In linea con questa visione teorica, il comportamento dei membri di un gruppo può essere spiegato nei termini di processi individuali razionali di scelta. L’assunzione alla base di questa prospettiva è che gli individui tendono generalmente a massimizzare i propri outcomes materiali (ad es., in termini di accesso alle risorse) o sociali (ad es., in termini di autostima positiva). Quando il raggiungimento dei propri obiettivi è legato all’interdipendenza con gli altri, come spesso avviene nei contesti di gruppo, gli individui possono scegliere di investire energie nel gruppo stesso, ma, secondo questa tradizione teorica, questo avviene soltanto fino a quando è funzionale agli interessi personali. Pertanto, la mobilità individuale sarebbe sempre preferita rispetto alle strategie di gruppo – e rappresenterebbe la fonte maggiore di profitto individuale (ad es., Taylor e McKirnan, 1984; si veda anche il fenomeno noto come supremazia del sé individuale, Gaertner, Sedikides e Graetz, 1999; Gaertner, Sedikides, Vevea e Iuzzini, 2002). Diversamente da questa corrente di pensiero, la prospettiva della TIS assegna un ruolo importante alla componente del sé legata all’appartenenza ad un gruppo, affermando che le identità sociali possono acquisire un grande significato indipendentemente dalle considerazioni più prettamente individuali (Turner, Hogg, Oakes, Reicher e Wetherell, 1987). In quest’ottica, la motivazione a stabilire un’identità di gruppo distintiva può rappresentare una preoccupazione importante per i membri di un gruppo. Di conseguenza, le Norme di Gruppo possono rappresentare delle linee guida che prescrivono il comportamento dei membri di un gruppo (Sherif, 1966), spingendoli ad agire nei modi che meglio incarnano le caratteristiche Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 387 distintive dell’ingroup rispetto agli outgroup (Turner, 1991). Numerose evidenze empiriche confermano che le preoccupazioni inerenti la distintività dell’ingroup influenzano i comportamenti dei suoi membri (Barreto e Ellemers, 2000; Ellemers et al., 2008; Jetten, Postmes e McAuliffe, 2002; Jetten, Spears e Manstead, 1997). Ulteriori ricerche, poi, hanno indicato come questo possa addirittura spingere i membri di un gruppo ad investire energie nel gruppo stesso, anche contro i propri interessi personali: ad esempio, diversi studi mostrano come i membri di una squadra sportiva possano attribuire a se stessi la responsabilità in caso di una sconfitta, se pensano che questo possa contribuire a preservare la coesione del gruppo (Taylor e Doria, 1981; Taylor, Doria e Tyler, 1983). 2. La ricerca Nonostante esistano evidenze empiriche a supporto del fatto che sia il Profitto Personale sia le Norme di Gruppo possono rappresentare determinanti del comportamento dei membri di un gruppo, fino ad ora non è stato considerato esplicitamente il processo decisionale che sottende la scelta di una strategia individuale vs. di gruppo quando le norme indicano una strada diversa dal profitto individuale. In relazione alla scelta della strategia, l’importanza di esaminare questo fenomeno risiede nel fatto che nel passato è stato spesso implicitamente assunto che la mobilità individuale rappresentasse la fonte maggiore di profitto individuale (ad es. Taylor e McKirnan, 1984), mentre, al contrario, è stato assunto che le Norme di Gruppo spingessero verso i comportamenti collettivistici. Tuttavia la letteratura precedente mostra come questo non sempre sia vero, in quanto gli obiettivi di gruppo possono essere interiorizzati come fonte di Profitto Personale (Barreto e Ellemers, 2000) e, allo stesso modo, le norme di gruppo possono prescrivere comportamenti individualistici e competitivi (Jetten e Postmes, 2005) piuttosto che di gruppo e cooperativi. Per questa ragione, in questo studio viene esaminato l’impatto del profitto individuale e delle norme di gruppo indipendentemente da quale strategia comportamentale – individuale o collettiva – suggeriscano come la cosa migliore da fare per i membri di un gruppo. Sulla base della letteratura precedente e delle assunzioni teoriche di questa ricerca, si ipotizza che sia le Norme di Gruppo sia il Profitto Personale influenzino la scelta della strategia per migliorare l’identità sociale (Hp1). Quest’ipotesi viene esaminata controbilanciando il contenuto della strategia comportamentale, che genera profitto individuale o è supportata dalle Norme di Gruppo. In altre parole, il Profitto Personale e le Norme di Gruppo possono entrambe o spingere verso una strategia individuale, o verso una di gruppo per gestire l’identità sociale. Le assunzioni teoriche in merito al conflitto generato da istanze differenti sulla scelta della strategia conducono ad ipotizzare che il verificarsi del dilemma decisionale dovrebbe dipendere dal fatto che i guadagni personali e le Norme di Gruppo 388 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach spingono verso la stessa strategia, o suggeriscono diverse strategie da seguire. Infatti, nel passato i ricercatori hanno osservato come scelte diverse si verificavano in condizioni differenti (ad es. scelta pubblica vs. privata). Da queste osservazioni hanno desunto – o inferito – che gli incentivi individuali e di gruppo potessero creare un dilemma per i membri di un gruppo (ad es. Barreto e Ellemers, 2000; Jetten et al., 2002; ma si veda anche Ellemers et al., 2008). Per esaminare la presenza effettiva di un tale dilemma, in questo studio è stato misurato il tempo necessario a scegliere tra le diverse strategie a disposizione nelle situazioni nelle quali le Norme di Gruppo ed il Profitto Personale spingevano verso l’adozione della stessa strategia o di strategie differenti. Sebbene questa metodologia sia stata applicata soltanto in un’occasione al dominio delle strategie di gestione dell’identità sociale (Ellemers et al., 2008), esistono evidenze consistenti in merito alla sua applicazione nel campo della psicologia dei consumi. In diverse ricerche è stato, infatti, dimostrato come un livello di conflitto maggiore – indotto dalla proposizione di prodotti di diverse marche – si associa a latenze decisionali più lunghe (ad es. Audley, 1960; Berlyne, 1960; Bockenholt, Dietrich, Aschenbrenner e Schmalhofer, 1991; Espinoza-Varas e Watson 1994; Kiesler, 1966; Tyebjee, 1979). Applicando tale ragionamento all’oggetto di indagine di questo lavoro, si prevede che quando il Profitto Personale spinge i membri di un gruppo verso una determinata azione per migliorare la propria identità sociale, incompatibile con quanto prescritto dalle Norme di Gruppo, questo genera un dilemma rispetto alla decisione di seguire i propri interessi personali o aderire alle Norme di Gruppo. Pertanto, nelle condizioni in cui il Profitto Personale e le Norme di Gruppo prescrivono l’adozione di strategie opposte – individuali vs. collettive – i partecipanti impiegheranno più tempo a scegliere, rispetto alle condizioni nelle quali le due motivazioni suggeriscono l’utilizzo della stessa strategia (Hp2). 3. Metodo 3.1. Disegno sperimentale In questo studio è stato utilizzato un disegno fattoriale tra i soggetti 2 (Profitto Personale: perseguendo una strategia individuale vs. collettiva) X 2 (Norma di Gruppo: a favore di una strategia individuale vs. collettiva). Partecipanti. Hanno partecipato all’esperimento 116 studenti della Facoltà di Psicologia dell’Università di Chieti-Pescara (96 femmine; 20 maschi; età media = 19.60; DS = 1.18). Da 28 a 30 partecipanti hanno fatto parte delle quattro condizioni del disegno sperimentale. Ogni sessione sperimentale ha coinvolto 5 partecipanti ed è durata circa un’ora, al termine della quale i partecipanti hanno ricevuto un punto per l’esame di Psicologia Sociale. Al termine di ogni sessione sperimentale è stata effettuata una sessione di debriefing. Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 389 3.2. Procedura 3.2.1. Introduzione e formazione del gruppo La procedura utilizzata è stata adattata da quella messa a punto da Ellemers et al. (2008; vedi anche Barreto e Ellemers, 2000). Ai partecipanti, posizionati in postazioni PC separate da pannelli, è stato chiesto di completare un Compito di Pensiero Associativo (CPA), con lo scopo (fittizio) di studiare le strategie di problem solving utilizzate nei compiti di gruppo. È stato poi detto che studi precedenti avevano definito due stili di problem solving individuale, ovvero il ragionamento induttivo e deduttivo, e che il CPA serviva ad individuare quale strategia era utilizzata da ciascun partecipante al fine di formare due gruppi in accordo con questo criterio. Veniva inoltre detto che lo scopo della ricerca era di studiare quale delle due strategie di ragionamento fosse più efficace a livello di gruppo. Dopo aver completato il compito, il PC procedeva ad una fittizia procedura di scoring e, attraverso il monitor, venivano date informazioni circa l’appartenenza di ciascun partecipante al gruppo dei ragionatori induttivi o dei ragionatori deduttivi. Per verificare che l’assegnazione fosse stata ben compresa, a ciascun partecipante era chiesto di indicare il gruppo al quale apparteneva. Ogni volta che il partecipante commetteva un errore, una schermata lo avvertiva dell’errore e lo invitava a correggere la risposta. Questa procedura è stata adottata rispetto ad ogni variabile manipolata, al fine di assicurare una comprensione ottimale del setting sperimentale. Successivamente, è stata misurata l’identificazione con il gruppo attraverso tre item su una scala Likert a 7 passi, da 1 = completamente in disaccordo, a 7 = completamente d’accordo (ad es., «Mi sento legato ai ragionatori induttivi (vs. deduttivi)»; alfa = .85). L’identificazione con il gruppo è risultata simile nelle quattro condizioni (su tutto il campione: M = 4.61; DS = 1.20), F(3,112) = 1.46, n.s. 3.2.2. Induzione del basso status per il gruppo di appartenenza Dopo la formazione del gruppo, ai partecipanti è stato presentato un compito di gruppo con lo scopo fittizio di determinare quale dei due gruppi (ragionatori deduttivi o induttivi) avesse performance migliori nei compiti di problem solving (task 1). Il compito consisteva in 5 dilemmi aziendali, per ciascuno dei quali i partecipanti dovevano scegliere tra due alternative (Ellemers, Wilke e Van Knippenberg, 1993). Facendo loro credere che i PC fossero sincronizzati, dopo ogni risposta sul monitor compariva il risultato ottenuto dal proprio gruppo. Dopo le prove, veniva fornito il risultato comparativo dei due gruppi. In tutte le condizioni, ai partecipanti veniva detto che il proprio gruppo aveva ottenuto un punteggio di 16/25, inferiore sia al punteggio dell’outgroup (22/25) sia al punteggio medio della popolazione studentesca (19/25). In questo modo, è stata indotta una condizione di basso status in tutti 390 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach i partecipanti, al fine di motivarli al miglioramento (individuale o collettivo) della propria situazione. Questa manipolazione è stata controllata chiedendo ai partecipanti di segnalare il punteggio del proprio gruppo rispetto a quello dell’outgroup (inferiore, uguale o superiore). Anche in questo caso, gli errori sono stati seguiti da una schermata che ricordava il punteggio dell’ingroup. 3.2.3. Strategie per il miglioramento dello status Ai partecipanti è stato detto che un ulteriore scopo della ricerca era quello di esaminare come le prestazioni individuali e di gruppo potessero essere ottimizzate. Per questa ragione, veniva chiesto loro di completare un secondo compito (task 2), durante il quale lo sperimentatore avrebbe esaminato le prestazioni individuali e/o del gruppo. Il secondo compito consisteva di nuovo in una serie di 5 dilemmi aziendali o logici. Prima di ciascun compito, i partecipanti avrebbero potuto scegliere se essere testati individualmente o come membri del proprio gruppo. In questo modo, è stato ribadito come ciascun partecipante potesse contribuire o al proprio miglioramento individuale (attraverso la scelta di essere testato individualmente) o al miglioramento del gruppo (attraverso la scelta di essere testato con il gruppo). 3.2.4. Manipolazione del Proitto Personale Nella condizione di Profitto Personale ottenuto perseguendo una strategia per il miglioramento dello status individuale, ai partecipanti è stato detto che ogni volta che avessero scelto di essere testati individualmente, avrebbero ricevuto una ricompensa (un punto in più da aggiungere al punteggio finale), mentre, ogni volta che avessero scelto di essere testati insieme al gruppo, non avrebbero ricevuto ricompense (zero punti aggiuntivi). Al contrario, nella condizione di Profitto Personale ottenuto perseguendo una strategia per il miglioramento dello status del gruppo, ai partecipanti veniva detto che ogni volta che avessero scelto di essere testati individualmente, non avrebbero ricevuto ricompense individuali (zero punti aggiuntivi), mentre, ogni volta che avessero scelto di essere testati insieme al gruppo, il gruppo stesso avrebbe ricevuto una ricompensa (un punto in più da aggiungere al punteggio finale). In questo modo, è stata manipolata la possibilità di ottenere un Profitto Personale attraverso una strategia individuale vs. collettiva di gestione dell’identità sociale1. Inoltre, ai partecipanti 1 Per testare se la manipolazione del Profitto Personale potesse essere considerata effettivamente una manipolazione dell’attrattività del perseguire una strategia individuale vs. collettiva per il miglioramento dello status, è stato condotto uno studio pilota nel quale 35 studenti dell’Università di ChietiPescara (23 femmine, 12 maschi; età media = 19.46, SD = 1.12) hanno completato una forma breve della procedura appena descritta. I partecipanti hanno completato i tasks 1 e 2, sono stati sottoposti alla Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 391 è stato detto che, dopo ogni scelta, le risposte di tutti i membri del gruppo sarebbero apparse sullo schermo. Rendere visibili le risposte agli altri membri del gruppo aveva lo scopo di rendere saliente la motivazione ad aderire alle norme del gruppo. 3.2.5. Manipolazione della Norma di Gruppo Successivamente, ai partecipanti è stato chiesto di indicare su una scala Likert a 7 passi (da 1 = malissimo, a 7 = benissimo) in che modo valutassero un membro del proprio gruppo che si focalizzava sulle proprie possibilità e sceglieva, quindi, di lavorare individualmente, ed un membro del gruppo che si focalizzava sulle possibilità del gruppo e sceglieva, quindi, di essere testato con il gruppo2. La Norma di Gruppo è stata manipolata attraverso un falso feedback relativo alle risposte date a queste domande. A metà dei partecipanti è apparsa una schermata nella quale veniva detto che in media i membri del proprio gruppo avevano valutato meglio chi sceglieva di essere testato con il gruppo piuttosto che individualmente (condizione in cui la norma era di migliorare lo status del gruppo; feedback fornito: lavorare con il gruppo = 6.1; lavorare individualmente = 2.4). L’altra metà dei partecipanti ha avuto l’indicazione opposta (condizione in cui la norma era di migliorare il proprio status individuale; feedback fornito: lavorare con il gruppo = 2.4; lavorare individualmente = 6.1). Anche in questo caso, questa manipolazione è stata controllata chiedendo ai partecipanti di indicare la valutazione delle due strategie da parte dei membri del proprio gruppo. 3.2.6. Variabili dipendenti La Scelta della Strategia per il Miglioramento dello Status è stata misurata contando il numero di volte in cui i partecipanti hanno scelto di essere testati individualmente vs. con il gruppo nel task 2. Ad ogni scelta del partecipante di essere testato individualmente, è stato assegnato un punteggio di 0; al contrario, ad ogni scelta di essere manipolazione del Profitto Personale e hanno scelto se essere testati individualmente o con il gruppo. Non è stata invece presentata la manipolazione relativa alla Norma di Gruppo. Un’ANCOVA ad una via ha confermato l’effetto del Profitto Personale sulla Scelta della Strategia per il Miglioramento dello Status sociale, misurata su una scala da 0 (= massima scelta per il miglioramento dello status individuale) a 5 (= massima scelta per il miglioramento dello status del gruppo). I partecipanti nella condizione di Profitto Personale ottenuto perseguendo una strategia per il miglioramento dello status individuale hanno scelto più spesso la strategia individuale (M = 1.63, SD = 1.60) rispetto ai partecipanti nella condizione di Profitto Personale ottenuto perseguendo una strategia per il miglioramento dello status del gruppo (M = 3.75, DS = 1.53), F(1,33) = 15.42, p < .001, partial h2 = .32. 2 Come negli studi precedenti, in cui è stata utilizzata una manipolazione simile a quella utilizzata in questa ricerca (Ellemers et al., 2008), è stato testato un eventuale effetto di tali valutazioni a priori sulle variabili dipendenti introducendole come covariate in un’analisi di covarianza. Non sono emersi effetti significativi, pertanto è possibile escludere che la scelta di una strategia individuale versus collettiva per la gestione dell’identità sociale da parte dei partecipanti all’esperimento sia stata determinata dalle loro valutazioni iniziali delle due opposte strategie. 392 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach testato con il gruppo, è stato assegnato un punteggio di 1. Sommando questi punteggi, la scala presenta un range da 0 (= scelta di lavorare individualmente in tutte le prove) a 5 (= scelta di lavorare con il gruppo in tutte le prove) (alfa = .73). Il Tempo di Decisione – ovvero il tempo medio impiegato nell’effettuare la scelta tra essere testati individualmente o con il gruppo nelle 5 prove del task 2 (alfa = .74) – è stato misurato attraverso il software E-prime 1.0 (Schneider, Eschman e Zuccolotto, 2002). Seguendo le indicazioni in merito al trattamento degli outliers nella rilevazione dei tempi di reazione (Fazio, 1990; Tabachnick e Fidell, 2001), i tempi di decisione sono stati standardizzati, e i partecipanti con tempi di reazione che si discostavano di più di 3 Deviazioni Standard dalla media (N = 1) sono stati eliminati dalle analisi successive su questa variabile. Questo ha prodotto una distribuzione normale della variabile. 4. Risultati Al fine di verificare le nostre ipotesi, per ciascuna variabile dipendente è stata calcolata un’Analisi della Covarianza (ANCOVA) 2 (Profitto Personale: perseguendo una strategia individuale vs. collettiva) X 2 (Norma di Gruppo: a favore di una strategia individuale vs. collettiva), considerando l’identificazione con l’ingroup come covariata, e sono stati testati gli effetti semplici. Scelta della Strategia per il Miglioramento dello Status. In primo luogo, l’identificazione con l’ingroup non è risultata essere una covariata significativa (F(1,111) = .98, n.s.). L’ANCOVA ha mostrato un effetto significativo della Norma di Gruppo, F(1,111) = 18.05, p < .001, partial h2 = .14. Tale effetto indica che i partecipanti hanno optato in misura maggiore per una strategia collettiva quando, questa era prescritta dalla Norma di Gruppo (M = 3.45; DS = 1.62), rispetto alla condizione nella quale questa prescriveva una strategia individuale (M = 2.28; DS = 1.12). In maniera analoga, è stato rilevato un effetto principale del Profitto Personale sulla scelta della strategia, ad indicare che i partecipanti hanno scelto più spesso di contribuire al miglioramento dello status di tutto il gruppo, quando questa strategia era ricompensata in termini di Profitto Personale (M = 3.41; DS = 1.69), rispetto a quando il Profitto Personale poteva essere raggiunto attraverso una strategia individuale (M = 2.31; DS = 1.13), F(1,111) = 12.87, p < .001, partial h2 = .11. Non sono emersi altri effetti significativi. Poiché sia la Norma di Gruppo sia il Profitto Personale hanno avuto l’effetto predetto sulla scelta della strategia (vedi tabella 1), in linea con l’assunto teorico di questo studio, quando le due motivazioni considerate prescrivevano strategie comportamentali opposte, le persone avrebbero dovuto esperire un dilemma. Per verificare quest’ipotesi, è stato misurato il tempo che i partecipanti hanno impiegato per decidere quale strategia (individuale vs. collettiva) seguire per migliorare la propria identità sociale. Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 393 TAB. 1. Medie (e Deviazioni Standard) della Scelta della Strategia per il Miglioramento dello Status in funzione del Profitto Personale e delle Norme di Gruppo Norma di Gruppo Strategia Collettiva Strategia Individuale Profitto Personale (attraverso) Strategia Individuale Strategia Collettiva 2.86 (1.60) 1.78c (1.20) 4.03a (1.31) 2.79b (1.70) b Nota: 0 (massima scelta individuale); 5 (massima scelta collettiva). Apici differenti indicano una differenza significativa (p < .05). 4.1. Tempo di Decisione L’identificazione con l’ingroup non è risultata essere una covariata significativa (F(1,110) = 2.66, n.s.). L’ANCOVA non ha evidenziato un effetto principale della Norma di Gruppo, F(1,110) = 2.66, n.s. Al contrario, è emerso un effetto principale del Profitto Personale sui Tempi di Decisione della strategia, F(1,110) = 3.53, p < .05, partial h2 = .04. Questo effetto indica che i partecipanti hanno scelto più rapidamente la strategia da seguire quando il Profitto Personale era perseguibile attraverso una strategia collettiva (M = 4.06 sec.; DS = 1.70 sec), rispetto a quando era perseguibile attraverso una strategia individuale (M = 4.78 sec.; DS = 1.95 sec). Nonostante l’interazione tra i due fattori non sia risultata significativa (F(1,110) = .457, n.s.), poiché erano state predette delle latenze decisionali più rapide nei casi in cui il Profitto Personale e la Norma di Gruppo coincidevano, è stato esaminato se l’effetto principale del Profitto Personale si verificasse in entrambi i livelli della Norma di Gruppo. L’analisi degli effetti semplici ha evidenziato come, in linea con la seconda ipotesi di questo studio, l’effetto del Profitto Personale sul tempo necessario per scegliere una strategia collettiva risulta significativo solo quando anche la Norma di Gruppo prescrive una strategia mirante al miglioramento dello status collettivo del gruppo, F(1,110) = 4.57, p < .05, partial h2 = .05. In altre parole, sono emerse risposte più rapide nella scelta della strategia collettiva solo quando questa era suggerita sia in termini di Profitto Personale sia di Norma di Gruppo (vedi tabella 2). Questo risultato è coerente con il nostro ragionamento, secondo il quale la Scelta della Strategia per il Miglioramento dello Status presenta un dilemma di minore intensità (ovvero risulta in latenze decisionali più rapide) quando le indicazioni normative sono in linea con le motivazioni al Profitto Personale. Contrariamente alle previsioni, invece, quando la Norma di Gruppo suggerisce una strategia mirante al miglioramento dello status individuale, l’effetto del Profitto Personale non risulta significativo, F(1,110) = .52, n.s. Pertanto, questo studio offre evidenze più dirette, seppur parziali, rispetto alle ricerche precedenti sul fatto che i membri di un gruppo esperiscano un dilemma quando gli incentivi rappresentati dalle Norme di Gruppo e dal Profitto Personale divergono, attestando ulteriormente l’importanza di entrambe le istanze motivazionali. 394 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach TAB. 2. Medie (e deviazioni standard) del Tempo di Decisione (in secondi) in funzione del Profitto Personale e delle Norme di Gruppo Norma di Gruppo Profitto Personale (attraverso) Strategia Individuale Strategia Collettiva Strategia Individuale Strategia Collettiva 4.67 (0.36) 4.89a (0.42) a 3.59b (0.53) 4.53a (0.35) Nota: Apici differenti indicano una differenza significativa (p < .05). 5. Discussione e conclusioni Quando si confrontano con un gruppo di status relativo più alto, i membri di un gruppo di basso status si trovano a fronteggiare una minaccia per la propria identità sociale (Tajfel, 1981). Di conseguenza, spesso provano a migliorare la propria posizione sociale o abbandonando il gruppo di appartenenza o tentando di migliorare la posizione del gruppo nel complesso (Branscombe e Ellemers, 1998; Ellemers, 1993; Ellemers et al., 1997; Tajfel, 1981; Tajfel e Turner, 1979). Diversi fattori influiscono sulla scelta della strategia individuale vs. collettiva per la gestione dell’identità sociale, quali il livello di identificazione con il gruppo, le credenze circa la struttura sociale (Ellemers, 1993), la visibilità delle proprie risposte agli altri membri del gruppo (Barreto e Ellemers, 2000), le norme dell’ingroup (Barreto e Ellemers, 2000; Ellemers et al., 2008). L’obiettivo principale della presente ricerca è stato quello di verificare sperimentalmente la presenza di un dilemma decisionale legato alla divergenza tra interessi personali e di gruppo per i membri del gruppo stesso. I risultati dello studio hanno parzialmente confermato l’idea che la divergenza tra interessi personali e di gruppo generi un dilemma da risolvere. Infatti, i membri del gruppo di basso status hanno impiegato più tempo a scegliere la strategia per il miglioramento dello status quando gli incentivi personali e di gruppo erano in conflitto, ma soltanto nella condizione in cui il Profitto Personale spinge le persone verso una strategia individuale e le Norme di Gruppo prescrivono un comportamento collettivo. Quindi, questo studio mostra come, anche nel campo della gestione dell’identità, un conflitto tra diversi tipi di incentivi può portare le persone ad esitare quando devono scegliere tra due opzioni comportamentali. Inoltre, il fatto che, almeno nella condizione in cui le Norme di Gruppo prescrivono un comportamento collettivo, i partecipanti abbiano bisogno di più tempo per decidere quando si presenta il dilemma, ma alla fine optano per una scelta più neutrale e di conseguenza meno proficua dal punto di vista individuale, sembra indicare l’utilizzo di una scelta strategica, al fine di evitare i costi sociali che deriverebbero dall’apparire come devianti (Barreto e Ellemers, 2000; Baumeister, 1982). Anche se non completamente convinti del fatto che il comportamento suggerito dalla Norma di Gruppo sia il più redditizio a livello personale, i membri del gruppo potrebbero adattare il loro comportamento (pubblico) per non apparire come devianti. In questo senso, Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 395 l’utilizzo dei tempi di reazione per rilevare l’esitazione delle persone nel processo decisionale rappresenta una metodologia non intrusiva, che consente di evitare, o almeno ridurre, le istanze di auto-presentazione. L’effetto predetto è stato rintracciato tuttavia solo quando le Norme di Gruppo erano di tipo collettivistico. Quando, al contrario, la Norma di Gruppo favoriva un comportamento individualistico, i tempi di decisione non sono stati influenzati dal fatto che il Profitto Personale fosse perseguibile attraverso una strategia individuale o collettiva. Pertanto, poiché nel presente lavoro il dilemma da noi predetto è risultato visibile nei termini di latenze decisionali circa la scelta della strategia quando il Profitto Personale spinge le persone verso una strategia individuale e le Norme di Gruppo prescrivono un comportamento collettivo, negli studi futuri sarà necessario approfondire, anche a livello procedurale, questo aspetto. Ad esempio, in futuro si potrebbe rilevare una misura baseline, in cui non vi siano conflitti o facilitazioni, e confrontare tale condizione con quelle in cui sono presenti dilemmi o convergenze. Nonostante i risultati abbiano supportato parzialmente le ipotesi iniziali, questo studio lascia aperte alcune questioni che meritano di essere esaminate. Sebbene l’utilizzo dei tempi di reazione abbia consentito di evidenziare il dilemma tra incentivi personali e di gruppo, non è certo che le persone siano consapevoli di esperire tale dilemma. Probabilmente le persone sono consapevoli del tempo che impiegano per soppesare le varie alternative prima di prendere la decisione, ma non è detto che siano disposte ad ammettere sinceramente l’occorrenza del dilemma, poiché questo avrebbe un peso negativo sulla presentazione di sé. Negli studi successivi si indagherà anche il modo in cui i membri di un gruppo percepiscono soggettivamente le situazioni che inducono dilemma decisionale, e quanto sono disposti ad ammetterlo agli altri membri del gruppo. Inoltre, sarebbe interessante esaminare le conseguenze dettate dalla necessità di gestire il dilemma decisionale, ad esempio in termini di impegno profuso nella strategia scelta. È plausibile ipotizzare che coloro che esperiscono la scelta di lavorare per il gruppo come dilemmatica investano meno energie nei tentativi di migliorare lo status del gruppo, di quanto facciano, invece, le persone che scelgono la strategia collettiva senza esitazioni, anche se la verifica di questa ipotesi chiama in causa uno studio ad hoc. Riferimenti bibliografici Audley, R. J. (1960). A stochastic model for individual choice behavior. The Psychological Review, 67, 1-15. Barreto, M. e Ellemers, N. (2000). You can’t always do what you want: social identity and self-presentational determinants of the choice to work for a low-status group. Personality and Social Psychology Bulletin, 26, 891-906. 396 Stefano Pagliaro, Naomi Ellemers, Manuela Barreto e Colin W. Leach Baumeister, R. F. (1982). A self-presentational view of social phenomena. Psychological Bulletin, 91, 3-26. Berlyne, D. E. (1960). Conflict, arousal and curiosity. New York: McGraw-Hill Book Co. 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Results are discussed in terms of social influence and identity management strategies. Keywords: identity management strategies, social norms, personal incentives [???-???]. Stefano Pagliaro, Facoltà di Psicologia, Università di Chieti-Pescara, Via dei Vestini, 31, 66013 Chieti, Italy [email protected] Naomi Ellemers manca manca manca manca Manuela Barreto manca manca manca manca Colin W. Leach manca manca manca manca Strategie (individuali vs. collettive) di gestione dell’identità sociale 399