Università di Berna
Dipartimento di Teologia cattolica cristiana
ORTODOSSIA E GENDER
Studente: Elisabetta Tisi
Prof. Dr. Tamara Grdzelidze
2015-2016
SOMMARIO
Abbreviazioni ....................................................................................................................................... 2
Introduzione ......................................................................................................................................... 3
1
2
3
4
Ortodossia ..................................................................................................................................... 4
1.1
Divinizzazione ....................................................................................................................... 4
1.2
Ortodossia e Tradizione......................................................................................................... 4
La questione femminile ................................................................................................................ 6
2.1
Il femminismo ....................................................................................................................... 6
2.2
Donna e Chiesa ...................................................................................................................... 6
δe risposte nell’τrtodossia ........................................................................................................... 8
3.1
La divinizzazione ................................................................................................................. 8
3.2
Persona e Trinità .................................................................................................................... 9
3.3
Dire Dio ............................................................................................................................... 10
3.4
Eucaristia e Chiesa .............................................................................................................. 12
Quali possibilità concrete ........................................................................................................... 13
Bibliografia ........................................................................................................................................ 14
Abstract
The core of the Orthodoxy is the strong Trinitarian faith and liturgy and that man and woman are imago Dei,
called to deification by divine grace. Divinization is for everyone. There is equality in the spiritual life of man
and woman. Divinization involves also the body. Male and female body. This is also the core of this essay.
Prosopon and Trinity. Holy Fathers changed this word in an onthologic, divine cathegory. Difference and
alterity are constitutional parts of the internal life of God. Trinitarian theology has a very important
anthropological signification. Person is a divine quality in the human being.
God and gender. Languages push you to think God as a masculine essence. Femminist and other theologies
tried to say God in different way. It is not a solution to name God just as Creator, Savior, Life Giver,
distinguishing God only for His/Her/* activities (it is Sabellianism) because Father means the relationship
between the Persons. We cannot operate a de-sexualization of the Holy Trinity and it means also that sexuality
is a fundamental structure of the human person. The body, as the spirit, takes part of the image of God.
Sexuality, in fact, is not important only for the purposes of procreation but it is always at stake in our
relationships. God is neither male nor female, but He/She/* created man and woman to build their own people
and to shape their relationships as image of the Trinity. A correct reading of the divine relationships breaks up
any pretence of a Church which believes to reveal the full face of God without taking into account the equal
dignity of genres.
Rethinking the role of women is not marginal. At stake is not only the equality and full humanity of women
within the Church. Beyond this, it is to risk the spiritual and sacramental fullness of the Body of Christ.
2
Abbreviazioni
PG
Migne, J.P., (ed), Patrologiae Cursus Completus. Series Graeca, 161 vol. (Paris 18571866)
NT
Nuovo Testamento
Introduzione
«The Church cannot escape its responsibility and opportunity to “give an answer to everyone, who asks us
to give the reason for the hope that we have – and to do this with gentleness and respect.” (1 Peter 3:15)
As Orthodox Christians, we have no right to ignore the world around us; this world requires our presence
and voice wherever it can be heard, precisely because the Church is the guardian of a universal truth,
which we have no right to restrict or confine within our zones of comfort. In fact, we are called to proclaim
the fullness of this truth precisely where we feel uncomfortable. To this end, then, Orthodoxy must be in
constant dialogue with the world. The Orthodox Church does not fear dialogue, because truth is not afraid
of dialogue. On the contrary, if Orthodoxy is enclosed within itself and not in dialogue with those outside,
it will fail in its mission and cease to be the “catholic” and “ecumenical” Church. Instead, it will become
introverted and self-contained, a “ghetto” on the margins of history»1. (Sua Santità Bartolomeo,
Arcivescovo di Costantinopoli-Nuova Roma e Patriarca ecumenico).
La Chiesa non esiste per se stessa ma per la vita e la salvezza del mondo. Se la Chiesa
ortodossa vuole agire in modo efficace nel mondo e compiere la sua missione, la riflessione delle
teologhe e dei teologi ortodossi deve confrontarsi con il mondo contemporaneo occidentale e le
questioni sociali attuali, in particolar modo con la questione femminile, superando la tentazione di
liquidare in fretta l’argomento tramite semplificazioni o risposte che non interrogano la Tradizione
ma la usano come risposta preconfezionata contro ogni domanda di pieno riconoscimento. Il
movimento femminista comincia ad essere riconosciuto quale segno dei tempi da sempre più parti
nelle Chiese ufficiali. Il dialogo ecumenico, le legislazioni nazionali ed internazionali premono sulle
chiese affinché riconsiderino il ruolo delle donne all’interno delle proprie istituzioni ecclesiastiche.
La Chiese ortodosse, insieme alle altre Chiese ed istituzioni religiose sono chiamate a rompere
il silenzio sulla discriminazione e disuguaglianza di genere e superare gli stereotipi che negano alle
donne la piena partecipazione alla vita e ai processi decisionali della Chiesa.
Questo lavoro intende mostrare come l’τrtodossia, nella sua specificità, racchiuda una
risposta positiva alla richiesta di pieno riconoscimento delle donne nella vita ecclesiale.
1
KALAITZIDIS, P., FITZGERALD, T., HOVORUN C., PEKRIDOU, A., ASPROULIS, N., LIAGRE, G., WERNER, D., ed., Orthodox
Handbook on Ecumenism. Resources for Theological Education “That they all may be one” (John 17:21), Regnum Books
International, Oxford 2014, XVI.
3
1
Ortodossia
1.1
Divinizzazione
Ortodosso (in greco ό
, retto, e ό α, dottrina ma anche gloria) significa retta dottrina ma
anche retta glorificazione, attraverso la liturgia e con la propria vita. δ’τrtodossia non è una serie di
idee o insegnamenti. È piuttosto una comunità che celebra, una comunità di preghiera in cui non c’è
divisione tra terra e cielo.
Se il cristianesimo occidentale ha posto l’accento sul tema del peccato configurando la
salvezza prima di tutto come redenzione dal peccato, l’τriente cristiano preferisce intendere la
salvezza come rinnovamento reale dell’essere umano, partecipazione per grazia alla stessa vita divina.
Per l'Ortodossia lo scopo della vita è la έω , l’unione con Dio, la divinizzazione dell’essere umano
per grazia divina. Questo è ben sintetizzato dal detto di sant’Atanasio di Alessandria: Dio è divenuto
Uomo affinché l’Uomo possa divenire Dio. Quindi la salvezza ( ω ία) è una pienezza di vita, vita
nella vita divina. Sperimentare la salvezza non è qualcosa di astratto o di teorico né una promessa che
riguarda semplicemente un periodo successivo alla morte. Significa avere la certezza di poter vivere
una vita trasformata dalla presenza dello Spirito divino. Per la bocca dei suoi santi, l’τrtodossia ha
sempre affermato che una vita ortodossa (ossia aderente alla tradizione dei Padri) comporta la
pienezza della Grazia, che vorrebbe donarsi a tutti2.
L’τrtodossia non è composta, dunque, da un insieme d’idee ma da una vita divina che vuole
condividersi con l’essere umano, una vita nello Spirito.
Una peculiarità della Chiesa ortodossa è quella di legare tra loro, in un’inscindibile unità, la
teologia, cioè la riflessione, con la liturgia e la spiritualità. Teologia come riflessione di ciò che si
vive e si celebra e non mera speculazione. δ’τrtodossia ha usato i concetti filosofici del pensiero
greco per la propria riflessione teologica senza cadere in un razionalismo o in un pensiero deduttivo
(forma che invece caratterizzerà a lungo il pensiero occidentale), mantenendo una visione olistica.
1.2
Ortodossia e Tradizione
δ’τrtodossia è determinata a rimanere fedele al passato e a vivere in continuità con la Chiesa
dei tempi antichi. Questa idea di continuità è riassunta per gli ortodossi in una parola: Tradizione.
A differenza dei cattolici che distinguono Scrittura e Tradizione considerandole come due
fonti distinte della fede cristiana, per gli ortodossi c’è una sola fonte poiché la Scrittura è essa stessa
all’interno della Tradizione.
Il rischio in cui possono incorrere le chiese ortodosse è di ritenersi soddisfatte di una teologia
della ripetizione, rivolta al passato che finisce per essere sclerotizzata, rafforzando lo stereotipo di chi
pensa l’τrtodossia come una forma di cristianesimo che si rifiuta di scendere a patti con la modernità.
Una vera fedeltà al passato deve essere sempre una fedeltà creativa, la Tradizione non è un principio
di immobilismo ma di crescita e di rigenerazione. La Tradizione è l’ininterrotta esistenza della
Rivelazione nella Chiesa, è la vita dello Spirito Santo nella Chiesa, è un dimorare costante dello
Spirito che è vita ed è costante rinnovamento: «Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla
verità tutta intera» (Gv 16,13). Fedeltà alla Tradizione non può essere, dunque, solo la memoria delle
«Che tutti siano uno» così ha pregato Gesù nell’ultima cena «perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in
me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato» (Gv 17,21). Questa idea di una unione
personale tra Dio e l'uomo è un tema costante nel Vangelo di Giovanni ma è anche un tema costante nelle Lettere di Paolo,
che vede la vita cristiana soprattutto come una vita in Cristo, come pure nella seconda lettera di Pietro: «Attraverso queste
promesse si può diventare partecipi della natura divina» (2Pt 1,4) La dottrina ortodossa della divinizzazione ha
chiaramente una solida base biblica.
2
4
parole, come del resto le tradizioni umane non vanno confuse con la Tradizione che è la vita della
Chiesa.
I Patriarchi ortodossi hanno affermato che «il protettore della religione è lo stesso corpo della
Chiesa, persino il popolo stesso»3. La Tradizione è protetta, dunque, non dalla gerarchia solamente,
ma da tutto il corpo della Chiesa. Gli ordinati insegnano e interpretano ma è tutto il popolo che
dichiara fedeltà. Il popolo di Dio possiede un sensus spiritualis che giudica se questa interpretazione
trasmessa è autentica o meno. Chi trasmette il Vangelo non può ignorare il popolo di Dio poiché esso
stesso è portatore e custode della Tradizione: coloro che insegnano e quelli a cui viene insegnato sono
un unico corpo che coopera affinché la Tradizione non sia un deposito morto ma fonte perenne di vita
divina per il mondo contemporaneo.
3
Enciclica dei Patriarchi Orientali a Pio IX, 1848: http://www.cristianiortodossi.it/docs/encicliche_patriarchi.pdf
5
2
La questione femminile
2.1
Il femminismo
La seconda guerra mondiale aveva portato la donna, nel mondo occidentale, a sostituire gli
uomini che erano al fronte, nelle fabbriche e nei lavori che fino a quel momento erano stati loro
preclusi per poter sostenere l’economia nazionale e la macchina bellica. Alla fine della guerra era
impossibile che milioni di donne tornassero nell’ombra della casa domestica senza alcun impegno
sociale ed accettassero di nuovo il ruolo che prima era stato loro assegnato. Così fino agli anni ’θ0, il
pensiero femminista si è caratterizzato per una rivendicazione di uguaglianza e di pari condizioni e
opportunità sociali per la donna.
A partire dagli anni ’θ0, ha avuto inizio una seconda fase del femminismo che ha invece
sottolineato la radicale differenza, lo specifico della donna. A questa seconda fase, è succeduta una
terza, iniziata negli anni ’λ0 e ancora in corso. Tale movimento di pensiero non riguarda più solo le
donne «come se le donne soltanto avessero un sesso e gli uomini fossero neutri»4. È evidente la
necessità di ripensare il maschile in relazione ad una donna che ha cambiato il proprio ruolo
attribuitole dalla società e dalla cultura dominante.
«La storia di genere chiede quindi agli storici uomini di riconoscere la parzialità del proprio genere e
della propria parola, di interrogare e modificare il proprio sapere, il proprio sguardo su di sé e sul
mondo»5.
Oggi la riflessione femminista si fa queer, estendendo le sue riflessioni ad ogni tipo di alterità
e diversità che nella categoria di gender ha individuato la sua cifra simbolica privilegiata,
interpretandola in modi molto diversi.
2.2
Donna e Chiesa
Gesù non difende la donna in quanto creatura antropologicamente e ontologicamente più
debole, la difende come categoria sociale, insieme agli emarginati della società (poveri, malati,
bambini, anziani ecc…). Gesù conferisce alla donna, esclusa dal contesto religioso e sociale ebraico,
dignità personale e valore autonomo. Gesù ha chiamato le donne come gli uomini a seguirlo6. Era un
rabbi che insegnava alle donne e ciò era uno scandalo poiché ai rabbini era espressamente proibito
farlo. Ha rifiutato un solo singolo ruolo per la donna e ha elogiato la scelta di una donna (Maria,
sorella di Lazzaro) di sedersi ai suoi piedi (il che significa studiare con un maestro, diventarne
discepolo). Le donne stanno sotto la croce e sono le prime testimoni della resurrezione. Sono le prime
vere annunciatrici del Vangelo. Gli uomini ricevono l’annuncio dalle donne (a εaria di εagdala,
infatti, nella tradizione ortodossa viene dato il titolo di apostola degli apostoli).
Anche se nei Vangeli nessuna donna è stata scelta per essere un apostolo, la Chiesa ortodossa
riconosce un certo numero di donne uguali agli apostoli oltre a Maria di Magdala, Tecla, incaricata
da Paolo di predicare il Vangelo, chiamata apostolo e protomartire fra le donne, Elena, madre
dell'imperatore Costantino, e Nina, che ha convertito la Georgia.
4
AMMICHT-QUINN, R., «Un pensare rischioso: genere e teologia», in Concilium 4/2012, 23.
VEDOVATI, C., «Tra qualcosa che mi manca e qualcosa che mi assomiglia. La riflessione maschile in Italia tra men’s
studies genere e storia», in DELL’AGNESA, E., - RUSPINI E., Mascolinità all’Italiana. Costruzioni, narrazioni, mutamenti,
Utet, 2007: http://www.maschileplurale.it/2007-i-mens-studies-in-italia
5
Il verbo α
υ ώ (seguire), con il suo speciale significato del σuovo Testamento di diventare un discepolo, viene
utilizzato per donne (Mc 15,41) e uomini. Inoltre, donne come Maria di Magdala, Giovanna e Susanna (Lc 8,1)
appartenevano alla cerchia dei discepoli di Gesù.
6
6
La leadership nelle prime comunità cristiane è stata esercitata tanto dalle donne quanto dagli
uomini. Troviamo nel Nuovo Testamento i nomi e le attività di alcune delle donne di primo piano
nella Chiesa primitiva. Paolo menziona un certo numero di donne che ha scelto come collaboratori,
chiama Giunia apostolo (Rm 16,7). δe chiese ortodosse riconoscono l’importanza di queste
evangelizzatrici dell'impero romano, Giunia, Prisca, Marianna. Lo Spirito Santo non ha mai avuto
alcun pregiudizio di genere e così sia uomini che donne hanno profetizzato e guarito. In At 21, 8-9
Luca menziona le quattro figlie di Filippo che profetizzano, dunque parlano pubblicamente della
parola di Dio.
Le donne hanno anche servito la Chiesa primitiva come diacone. La prima, Febe, viveva
vicino alla città di Corinto ed era tenuta in grande considerazione da Paolo.
Le donne sono state, dunque, discepole, apostole, evangeliste, diacone7, guaritrici, missionarie
e profetesse. Le donne hanno costruito chiese e monasteri. Hanno stabilito e mantenuto innumerevoli
istituzioni filantropiche delle chiese ortodosse. Come imperatrici hanno convocato e diretto tre
importanti concili ecumenici (Efeso 431, Calcedonia 451, e Nicea II 787). δ’imperatrice Teodora ha
“restaurato” l’τrtodossia nel κ43 (e a ricordo si festeggia ancora la festa dell’ortodossia). Tra i primi
monaci cristiani troviamo donne e tra loro vi sono le madri del deserto (Amma) pari in saggezza ai
celebri padri del deserto. Il calendario liturgico ortodosso ricorda sante e martiri femminili poiché il
martirio non conosce genere.
La piena partecipazione delle donne nella vita della Chiesa, però, non è durata a lungo. Le
strutture e le tradizioni basate su antichi modelli patriarcali si sono ri-affermate nella comunità
cristiana. Con il IV secolo le donne erano state effettivamente escluse dalla leadership nella Chiesa,
la loro α ία molto circoscritta. Da allora la situazione ecclesiale delle donne è rimasta
sostanzialmente la stessa, appellandosi a brani delle Scritture che riportano visioni patriarcali,
sorvolando, in realtà, sul vero messaggio rivoluzionario di uguaglianza e di considerazione portato
da Gesù per le donne e sull’importanza delle donne nell’opera di evangelizzazione di Paolo di Tarso.
7
Purtroppo, non solo molti ecclesiastici ma anche il programma di scrittura Word segnala come errori tutte queste parole
al femminile.
7
3
Le risposte nell’Ortodossia
3.1
La divinizzazione
«Dio creò l'uomo [ἄ
creò» (Gen 1,27).
ωπ ] a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li
«Masculi vero nomen omnium esse eum ducem significat; masculus enim semper longe principem locum
tenet, ut femina ubique secundo loco [ υ α α ] numeratur»8.
Nella Chiesa esiste più di una tradizione relativa alla natura e al posto che dovrebbero
occupare le donne: parità e simmetria tra maschile e femminile, entrambi immagine divina oppure
supremazia maschile e relativa subordinazione femminile (con tutte le varianti tra una posizione e
l’altra).
Nel NT si trovano testi che sostengono la subordinazione delle donne. Il fatto che questa
sottomissione patriarcale si trovi nelle Scritture e nella Tradizione non significa che abbia avuto
origine dalle Scritture, non è stata inventata dai teologi cristiani o dai Padri della Chiesa ma deriva
dal contesto sociale del tempo. Aristotele aveva insegnato che ogni femmina è un uomo mutilato9 che
non crea nulla ma accoglie solamente il seme maschile e che solo esso dà vita. Questa visione
maschilista era radicata sia in ambito semitico che greco-romano.
Tertulliano e Girolamo chiamano la donna porta del diavolo, Clemente di Alessandria invita
le donne a vergognarsi del solo fatto di essere donne: se si guarda alle storie dei monaci, a volte
sembra che la salvezza invocata sia prima di tutto salvezza dalla donna10. Eppure la Sacra Tradizione
ha in sé un’immagine positiva delle donne. δ’insegnamento dei Padri, che ancora continua ad
influenzare il pensiero dei teologi ortodossi, nel suo complesso non ha mai tentato di affermare
teologicamente l’inferiorità della donna, a differenza della scolastica in Occidente che ha abbracciato
il pensiero di Aristotele quale verità scientifica e l’ha sancita in Summae Teologicae.
Prima di tutto, il cuore spirituale che distingue l’τrtodossia dagli altri rami del cristianesimo
è la convinzione incrollabile che ogni essere umano sia creato ad immagine e somiglianza divina.
Questo insegnamento nelle chiese ortodosse non è mai cambiato. La tradizione patristica coglie nella
divinizzazione il messaggio di salvezza ed esso è lo stesso per entrambi i sessi. Nelle discussioni dei
Padri sulla έω , le donne non vengono mai trattate separatamente. Insieme agli uomini esse
ricevono dal Creatore la vocazione a divinizzarsi e così raggiungere la santità. Come Dio, la santità
non ha genere.
δ’unione mistica fra Dio e l’essere umano è una vera unione, ma in questa unione Creatore e
creatura non diventano fusi in un unico essere11. δ’essere umano deificato resta distinto (anche se non
separato) da Dio. Il mistero della Trinità è un mistero di unità nella diversità e coloro che esprimono
la Trinità in se stessi non sacrificano le loro caratteristiche personali.
8
CIRILLO DI ALESSANDRIA, De adoratione in spiritu et veritate, Lib. XVII, PG 68, 1067C.
9
ARISTOTELE, De Generatione Animalium 782A, 17.
EVDOKIMOV, P., La femme et le salut du monde: Etude d’anthropologie chrétienne sur les charismas de la femme, cit.
in KASSELOURI-HATZIVASSILIADI, E.,- HATZIVASSILIADI, G., The gender Factor in Contemporary Orthodox Biblical
Research: A Presentation of the Greek Orthodox Context, in Theological Women’s Studies in Southern Europe 13/2005,
103.
10
Questa deve sempre essere compresa alla luce della distinzione tra l’essenza di Dio e le Sue energie. δ’unione con Dio
significa unione con le energie divine, non con l’essenza divina: l’τrtodossia, mentre parla di divinizzazione e di unione,
rifiuta ogni forma di panteismo.
11
8
La deificazione è qualcosa che coinvolge il corpo12. Dal momento che l’essere umano è una
unità di corpo e anima, e dal momento che l’incarnazione di Cristo ha salvato e redento tutto l’essere
umano, ne consegue che anche il corpo dell'uomo viene deificato, allo stesso tempo come la sua
anima13. In quella somiglianza divina che l'uomo è chiamato a realizzare in se stesso, il corpo ha il
suo posto. «Il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19). La divinizzazione completa
del corpo deve attendere, tuttavia, l'ultimo giorno14.
Questa chiamata alla divinizzazione nel pensiero ortodosso è indubbia anche per la donna e
per il suo corpo. Anche se l’Incarnazione è avvenuta in un corpo maschile, il corpo della donna è
chiamato ugualmente alla divinizzazione poiché ciò che è stato assunto da Cristo è la nostra umanità,
non solo un genere.
Quando si guarda ai modelli di vita cristiana, agli uomini e le donne santi, le distinzioni di
genere e ruoli di genere non reggono così strettamente. Non esiste una spiritualità per uomini e una
per le donne. Uomini e donne condividono lo stesso percorso di salvezza. I frutti dello Spirito, che
tutti siamo chiamati ad acquisire, non mostrano alcuna distinzione di genere. La parità femminile
viene riconosciuta nella vita dell’anima, nel rapporto con Dio, la perfezione cristiana può essere meta
sia dell’uomo sia della donna.
Vi sono esempi nella storia della Chiesa antica come quelli del monaco Marina, donna
desiderosa di vivere la vita monastica insieme al padre, la quale si veste da monaco ed entra nel
monastero maschile condividendo in tutto la loro vita e arrivando fino alla santità. Solo da morta si
riconoscerà in lei il suo sesso. O la famosa amma del deserto che fece sapere al monaco che aveva
cambiato lato della strada al suo passaggio, che se fosse stato perfetto non si sarebbe accorto del suo
essere donna.
Se si vive la pienezza della vita cristiana non si ha bisogno di vivere in modo rigido l’essere
uomo o donna.
3.2
Persona e Trinità
«[…] la teologia ortodossa deve essere preparata a interpretare la sua fede in termini pratico-esistenziali.
Due dominî in particolare chiedono nell’immediato una tale lettura. Uno riguarda le necessità esistenziali
della persona umana. Si avverte infatti nella nostra epoca una preoccupazione crescente che mira al
rispetto della dignità e della libertà umane, a fronte del crescente progresso della tecnologia e della
scienza. Il tema determinante della teologia nella nostra epoca dovrebbe dunque essere incentrato sul
significato della persona. La teologia ortodossa deve trarre dalla sua ricca tradizione, in particolare dalla
dottrina trinitaria, una comprensione della persona umana che possa rispondere alle preoccupazioni
esistenziali dell’uomo d’oggi15».
È questa trasfigurazione del corpo in corpo risorto che l’icona tenta di rappresentare simbolicamente. Pur mantenendo
le caratteristiche personali distintive di un santo, l’icona evita deliberatamente di fare un ritratto fotografico non
intendendo rappresentarlo nello stato decadutoma rappresentando, invece, il corpo celeste.
12
13
Cf. MASSIMO IL CONFESSORE, Capita theologica et oeconomica, PG 90, 1168A. Sulla deificazione dei corpi dei santi
si veda anche MACARIO IL GRANDE, Homilia V, PG 34, 494-508; GIOVANNI CLIMACO, Scala paradisi, PG 88, 1157B;
GIOVANNI DAMASCENO, Expositio fidei orthodoxae, 790-1226.
Non solo il corpo dell’uomo ma tutta la creazione finirà per essere trasfigurata: «Vidi poi un nuovo cielo e una nuova
terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi» (Ap 21,1). δ’umanità redenta non è separata dal resto del creato
ma la creazione viene salvata e glorificata con essa. «L’ardente aspettativa della creazione, infatti, è protesa verso la
rivelazione dei figli di Dio. La creazione infatti è stata sottoposta alla caducità - non per sua volontà, ma per volontà di
colui che l’ha sottoposta - nella speranza che anche la stessa creazione sarà liberata dalla schiavitù della corruzione per
entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo infatti che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie
del parto fino ad oggi». (Rm 8,19-22). Questa idea di redenzione cosmica si basa sulla comprensione dell’Incarnazione:
Cristo si è incarnato entrando nell’ordine materiale rendendo così possibile la redenzione e la metamorfosi di tutto l’ordine
fisico.
14
ZIZIOULAS, I., «Il contributo della teologia ortodossa occidentale», Prolusione all’Istituto di teologia ortodossa SaintSerge di Parigi, il 10 febbraio 2008, in occasione del conferimento del diploma di dottorato di teologia honoris causa:
15
9
Con il termine π ό ωπ i greci designavano originariamente la parte del volto umano proprio
al di sotto del cranio e degli occhi. Molto presto il termine indicò la maschera indossata dagli attori
nel teatro. Nella letteratura latina esso acquisiva il senso del ruolo speso nella vita sociale, soprattutto
nel rapporto con lo stato (cf. persona giuridica).
Con i Padri della Chiesa il termine acquisì il più alto significato ontologico, e questo si verificò
durante la lotta per la formulazione della dottrina della Trinità. Per evitare il pericolo di
fraintendimento del termine, i Padri Cappadoci suggerirono di usare il termine persona come
sinonimo della parola greca ὑπό α che indica un modo di essere. Identificando la persona con il
termine ipostasi la teologia trinitaria innalzava la nozione di persona ad una categoria ontologica. Ed
essendo in relazione al vero essere di Dio la persona divenne sacra quanto Dio stesso16.
Quando si dice Dio, si intende Padre, Figlio e Spirito Santo. Non si concepisce Dio come una
serie di astrazioni ma come tre Persone. Nel Dio trinitario la differenza e l’alterità sono parti
costitutive della sua vita interna. La differenza è santificata, vivificata dalla Trinità. Le differenze
personali in Dio, però, non indicano Dio in sé, bensì la relazione tra le Persone17. Padre e Figlio
indicano una relazione, Io e Tu che non sono due Io ma si compiono in un Noi, lo Spirito, alleanza
d’amore tra Padre e Figlio. δ’essere divino, che è amore, è originario inter-esse: originaria relazione
e originaria cura per l’altro da sé18. Si tratta di differenze che scoprono la propria identità piena
proprio in relazione, la cui libertà non si costituisce contro quella delle altre persone.
Persona indica una qualità divina nell’essere umano. Dire che l’essere umano, maschio e
femmina, è immagine di Dio è riferirsi al modo in cui Dio esiste, cioè come essere in relazione. La
teologia trinitaria acquisisce in questo modo il più alto significato antropologico. Solo se si guarda al
modo in cui Dio esiste come Trinità si può cogliere il pieno significato della persona umana19. Questo
paradosso di unità e diversità che caratterizza la parte più profonda dell’essere divino costituisce
anche l’essenza di essere una persona. Il mistero della persona sta proprio nella combinazione
dell’unità e dell’essere altro. Come la santa Trinità una persona non può essere mai concepita in se
stessa ma solo in relazione ad un’altra persona. Si può essere definiti uomini solo in relazione alle
donne e viceversa. Definizione per comparazione, differenza e per relazione.
3.3
Dire Dio
La tradizione biblica e teologica ci fa pensare e parlare di Dio a partire dal maschile. Anche
se chiamiamo Dio Padre, dandogli una connotazione sessuale con il linguaggio, Dio trascende tutte
le categorie umane, compreso il sesso. La teologia femminista ed altre teologie hanno cercato di dire
Dio Padre in altri modi per evitare ogni definizione oppressiva o patriarcale. Purtroppo ogni metafora
http://www.esarcato.it/archivio_testi/theologica/teologia_ortodossa_occidentale.pdf
ZIZIOULAS, I., «L’idea di persona umana deriva dalla Trinità», Lectio magistralis presso la Facoltà teologica dell’Italia
settentrionale di Milano, per il conferimento della laurea honoris causa, 24 gennaio 2015 :
http://www.lastampa.it/2015/01/24/vaticaninsider/ita/documenti/lidea-di-persona-umana-deriva-dalla-trinitBitotOJ9CROsrFdkdUEr8L/pagina.html
16
17
La definizione di persona secondo Boezio, naturae rationalis individua substantia, a cui ha dato seguito il pensiero
teologico occidentale non può essere accettata come significato del termine persona in teologia trinitaria: ne scaturirebbero
tre dèi, perché significherebbe tre sostanze o tre centri di volontà autodeterminantesi. La teologia scolastica latina,
sottolineando l’essenza a scapito delle Persone, si avvicina a trasformare Dio in un’idea astratta. Egli diventa un essere
remoto e impersonale, la cui esistenza deve essere provata con argomenti metafisici, un Dio dei filosofi, non il Dio di
Abramo, Isacco e Giacobbe. δa teologia latina ha portato alla nascita dell’individualismo nella cultura occidentaleν ha
anche reso la razionalità la più alta qualità dell’essere umano (con il problema se gli esseri umani che mancano di
razionalità come ad esempio i neonati, le persone mentalmente ritardate possano essere considerate pienamente persone).
18
In italiano, interesse racchiude il doppio significato: a) relazione e b) farsi coinvolgere, interessarsi, preoccuparsi.
19
ZIZIOULAS, I., «L’idea di persona umana deriva dalla Trinità», cit.
10
finisce sempre per implicare una sorta di corporeità che Dio non ha; inoltre queste definizioni dicono
Dio sempre in relazione a noi e non quale Egli è in sé.
La stessa rivelazione non dissolve il mistero di Dio in sé. In particolare i Cappadoci, che sono
stati tra i protagonisti della prima formulazione del dogma trinitario, ci sono in questo ancora maestri.
Opponendosi ad Eunomio20, i Padri Cappadoci affermano che l’essenza di Dio è innominabile e
inconoscibile. Essi negano ogni comparazione tra generazione umana e divina. Dio non è maschio
per il fatto che è chiamato Padre. Sulla scia di Origene, anche i Cappadoci affermano che Dio non è
comparabile a nessuna realtà individuale corporea.
I Padri ci ricordano che Dio non è il nostro linguaggio, basti guardare alla difficoltà e alle
dispute sulle categorie con cui si è elaborato il dogma della Trinità e alla difficoltà di trasporre questi
concetti in latino.
Il problema del gender applicato alle persone della Trinità è un chiaro esempio del limite del
nostro linguaggio che ritengo insormontabile. Non è una soluzione quella scelta da alcune chiese di
nominare Dio solo come Creatore, Salvatore, Vivificatore, poiché significa operare una totale
desessualizzazione della Trinità e ciò non è auspicabile. Distinguendo Dio solo per le sue attività si
rischia di cadere nel sabellianismo21 e non si mette in evidenza le relazioni tra le Persone.
Con questa irrinunciabilità della personalizzazione nel nominare Dio, la teologia afferma
anche che la sessualità è struttura fondamentale della persona umana. Essa, cioè, non va intesa
esclusivamente come un mezzo per il mantenimento della specie, ma rivela intrinsecamente in sé
caratteristiche relazionali, mutuali, spirituali e di comunione per cui non vi si può rinunciare senza
rinunciare all’umanità stessa in quanto umana e in quanto immagine del divino. Il corpo, come lo
spirito, partecipa dell’essere immagine di Dio. La sessualità, infatti, non è fondamentale solo ai fini
della procreazione ma è in gioco sempre nel nostro relazionarci. Dio non è né maschio, né femmina
ma ha creato l’uomo e la donna a costruire le proprie persone e a plasmare le loro relazioni ad
immagine dell'amore trinitario. La sessualità non è successiva alla persona, come un dato che si
aggiunge ma la costituisce nella sua identità. La sessualità è modo di essere del sé in forme assegnate
storicamente e culturalmente. È evidente che l’umanità non esiste se non secondo due modi d’essere
e che questi non si riducono ad una semplice differenza sessuale ma rinviano prima di tutto a due
modalità originarie dell’umano. Queste non vanno intese attraverso la solita nozione della
complementarietà, unica categoria autorizzata molto spesso nelle chiese ufficiali per parlare della
differenza. Essa non dice davvero la differenza dell’alterità: la donna o l’uomo non sono la metà che
manca all’altro. δ’altro è come me ed è radicalmente altro da me.
Una lettura corretta delle relazioni divine scardina ogni pretesa di una Chiesa che ritiene di
rivelare il volto completo di Dio senza tener conto della pari dignità dei generi. Percepire il principio
della diversità come ricchezza, diviene possibilità di comprendere e possibilità di essere compresi,
ricapitolati in Cristo.
«Proprio dalla accettazione delle diversità, come fondamento dell’unità della umanità ferita,
attraverso il dialogo d’amore, attraverso il reciproco rispetto, attraverso la accoglienza dell’Altro e la nostra
disponibilità ad accogliere e ad essere accolti potremo diventare per il mondo, icone di Cristo e come lui
nell’unità essere anche diversità»22.
20
Il pensiero di Eunomio, di matrice ariana, sottomette la fede alla ragione. Oltre ad affermare la diversa natura tra il
Padre e il Figlio, egli afferma che l’essere umano può conoscere Dio come se stesso.
Da Sabellio (III sec. d. C.); forma di monarchianismo che accentua l’unità divina sostenendo che in essa vi è solo una
successione di operazioni o modi dell’unica essenza: Padre nell’Antico Testamento, Figlio nella redenzione (da cui il
sabellianismo è detto anche patripassianismo, perché è il Padre che soffre come Figlio), Spirito nell’azione carismatica.
21
BARTOLOMEO I, «Lectio Magistralis di sua Santità K.K. Bartolomeo Arcivescovo di Costantinopoli – Nuova Roma e
Patriarca Ecumenico in occasione della consegna del Dottorato Honoris causa in cultura dell’Unità dell’Istituto
22
11
Siamo inviati alla costruzione di comunità di uguali e diversi (anche nella sessualità) ad
immagine delle relazioni tra le persone della Trinità.
3.4
Eucaristia e Chiesa
Se la έω , l’unione con Dio è il cuore mistico della teologia ortodossa, allora questa deve
essere il centro della liturgia, luogo in cui teologia ed esperienza si incontrano.
δ’eucaristia non è un sacramento tra gli altri ma è l’atto ecclesiale per eccellenza in cui si
esprime l’essere Chiesa che è essere in comunione con Dio trino e in comunione gli uni gli altri. Solo
in Cristo si ha unità e ciò è attualizzata nell’eucaristia23.
Il banchetto eucaristico instaura la piena
ω ία tra i partecipanti all’interno della vita
trinitaria. Il convito è presieduto da Dio stesso, il quale invita presso di sé, nella comunione delle sue
relazioni trinitarie: esso è banchetto escatologico ed è rappresentato egregiamente nell’icona della
Trinità di Rublev dove Trinità e comunione eucaristica sono un tutt’uno.
«Celebrating the Eucharist as one body, the Church rejects all fragmentation and discrimination on the
basis of class and caste, race and gender, age and wealth. In upholding and constantly promoting the
oneness of the Body, while respecting the identity and role of every particular organ, the Church sets the
model for the unity of humanity and of all creation»24.
È la presenza divina che ci porta nel Regno. Nella visione ortodossa non è la presenza di Cristo
che discende rendendosi presente nel pane e nel vino ma è lo Spirito che eleva la comunità che celebra
nel Regno.
La presenza dello Spirito è ciò che permette di superare l’impasse che nasce nel momento in
cui, all’interno della comunità, si creano distinzioni: ad esempio, quelle determinate dal conferimento
di ministeri ed ordini. Il problema, a mio avviso, risulta privo di fondamento nel momento in cui ogni
ordinazione avviene nel contesto della liturgia eucaristica: questo fa sì che tutti i ministeri vengano
identificati con il ministero di Cristo e che nessuno di essi sia concepibile al di fuori del contesto della
comunità ecclesiale, corpo di Cristo, sacramento del Regno che verrà25.
Ripensare al ruolo femminile non è marginale. La posta in gioco non è solo l’uguaglianza e la
piena umanità delle donne all'interno della Chiesa. Al di là di questo, è in gioco la pienezza spirituale
e sacramentale del Corpo di Cristo.
Universitario Sophia (Loppiano, 26 Ottobre 2015)»: http://www.focolare.org/press/files/2015/10/20151026Lectio
Magistralis _ PatriarcaBartolomeo.pdf
23
GRDZELIDZE, T., «Basic Elements of Church Unity/ Intercommunion According to Orthodox Understanding», in
Orthodox Handbook on Ecumenism, cit., 634.
24
INTER-ORTHODOX CONSULTATION FOR A RESPONSE TO THE FAITH AND ORDER STUDY, The Nature and Mission of the
Church. A Stage on the Way to a Common Statement (Faith and Order Paper 198, 2005 WCC), 2011, ivi, 636.
In questo lavoro non si intende affrontare il problema dell’ordine per le donne. In realtà il problema della validità
eucaristica non andrebbe posto sul celebrante, icona di Cristo, bensì sullo scopo ultimo dell’evento rituale, la
trasformazione dei partecipanti nella stessa vita divina. In questo senso, in assenza della trasformazione dei partecipanti,
teologicamente si è costretti a concludere che non vi è vera realtà eucaristica, poiché il Cristo nella comunione dello
Spirito Santo non è salvificamente presente. La validità o invalidità è assolutamente svincolata dalla sessualità di chi
presiede la celebrazione.
25
12
4
Quali possibilità concrete
Le caratteristiche tradizionalmente ritenute maschili di autorità, potere, razionalità
e leadership sono oramai una conquista delle donne nella società odierna e tale conquista ha
dimostrato che ciò che si credeva femminile per natura era in realtà un’ideologia culturale.
È vero che non si può cercare dettagliatamente negli scritti dei Padri risposte a quesiti posti
dalle problematiche del nostro tempo. Ad esempio, riguardo all’ordinazione delle donne, per chi crede
ad un ruolo ben definito della donna ed è convinto di escludere le donne dall’ordinazione troverà
facilmente i dati per leggere i testi patristici in modo da ricondurre questa prassi a un volere di Cristo
stesso. Chi ritiene che sia un anacronismo, leggerà la misoginia che si trova in alcuni testi dei Padri
come dovuta alla cultura del tempo e causa dell’esclusione della donna.
Alcuni spunti:
1. prima ancora di parlare dell’accesso all’ordine per le donne bisognerebbe partire dall’accesso ai
laici (uomini e donne) all’intero processo decisionale, così che la chiesa tutta intera possa
decidere e seguire lo Spirito camminando insieme. Con il vescovo, custode e garante della
apostolicità della Chiesa, il popolo di Dio insieme può discernere quali sono le vie per dare piena
espressione e pieno riconoscimento alle donne. Sono le donne ortodosse che per prime sono
chiamate a sostenere le altre donne e insieme riformare atteggiamenti e pratiche nelle loro chiese,
a discutere e rispondere alle varie questioni sollevate dai problemi contemporanei.
2. Si potrebbero anche introdurre correttivi nelle espressioni usate nella liturgia. La Divina Liturgia
di Giovanni Crisostomo si conclude con le parole: «Attraverso le preghiere dei nostri santi padri,
Signore Gesù Cristo, nostro Dio, abbi pietà di noi». Eppure nella chiesa ortodossa, più che nelle
altre, è presente e custodita la testimonianza di fede delle Sante Madri. Sicuramente la loro
intercessione non è meno potente di quella dei Santi Padri. Anche espressioni come «fratelli in
questa santa Chiesa» o «figli di Dio» ignorano completamente l'esistenza di almeno la metà del
corpo di Cristo. La Chiesa include donne, sorelle, mogli, figlie, madri e non solo fratelli. Anche
le donne rendono culto a Dio ma il linguaggio esclusivo androcentrico nega la loro stessa
presenza. Dio non ha figlie e figli?26 La Chiesa deve mostrare maggiore sensibilità nell'uso del
linguaggio. Gesù Cristo ha fatto questa attenzione, alterando la lingua liturgica del giudaismo
che si riferiva agli Israeliti come figli di Abramo. Quando Cristo guarisce la donna storpia piegata
per diciotto anni, viene accusato di violare il sabato dal capo della sinagoga. Gesù non solo la
rialza, ma la chiama «figlia di Abramo», riconoscendone la dignità nella comunità di fede, in una
comunità che riconosceva solo i maschi (Lc 13,16).
3. Il diaconato delle donne27 dovrebbe essere nuovamente istituito nella Chiesa. La tradizione del
diaconato femminile è ben consolidata e documentata. Da Agapia (1976) a Creta (1991), le
conferenze sulle donne e la Chiesa hanno sempre raccomandato il rinnovo del
diaconato. Tuttavia nessuna azione è stata presa al riguardo.
26
Cf. TOPPING, E.C., Orthodox Women and Our Church: http://ocl.org/ocl-publications/project-for-orthodox-renewal2/orthodox-women-and-our-church/
27
Elisabeth Schüssler Fiorenza afferma che le donne sono le vere discepole di Gesù poiché hanno capito che il suo
ministero non era governo o gloria regale ma diakonia, servizio. Cf. Schüssler Fiorenza, E., In memoria di Lei. Una
ricostruzione femminista delle origini cristiane, Claudiana, Torino 1990, 6.
13
Bibliografia
MEYENDORFF, J., La teologia bizantina: Sviluppi storici e temi dottrinali, Marietti, Genova 1984, 336
SCHÜSSLER FIORENZA, E., In memoria di Lei. Una ricostruzione femminista delle origini cristiane,
Claudiana, Torino 1990, 397
Articoli
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Convivium
Assisiense
XI
1/2009,
105-146:
zi/3671531/GENERE_IN_
TEOLOGIA_DALLA_TRINITARIA_VERSO_UNA_RI-GENERAZIONE_DELLA_ MASCHILITA
_Convivium_Assisiense_XI_nuova_serie_2009_1_numero_monografico_Creata_ad_immagine_ di
_Dio. _A_venti_anni_dalla_Mulieris_dignatatem_105-146
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