Anabases 14 (2011), p. 173-184.
Mommsen, Cesare e il cesarismo*
LEANDRO POLVERINI
1
Il più grande storico di Roma del XIX secolo fu – oltre che uno studioso (ed un organizzatore di imprese scientifiche) di eccezionale importanza – personaggio significativo
nella vita politica tedesca, prima e dopo la fondazione del secondo Reich, e scrittore
di forte rilievo 1. Di Mommsen come studioso, basterà ricordare il dato statistico più
ovvio (e più imponente): gli oltre 1500 titoli dell’elenco dei suoi scritti 2. Di Mommsen
*
1
2
anabase 14.indd Sec8:173
Il testo presentato a Tolosa il 18 marzo 2011, in francese, si pubblica in italiano con
l’aggiunta di un apparato di note e l’omissione di quanto aveva interesse occasionale. Ma
non era occasionale il sentimento che ispirava – e ispira – l’espressione dei ringraziamenti:
a Corinne Bonnet e a Pascal Payen per la dedica del numero 12 di Anabases e l’invito alla
sua presentazione; agli autori dei contributi dell’omaggio nella rivista; ai colleghi e agli
studenti che parteciparono alla presentazione, in particolare a quelli venuti dall’Italia, dal
direttore dell’École française de Rome, Michel Gras, a Gino Bandelli dell’Università di
Trieste, ad alcuni allievi di Roma Tre.
Una sintesi dei tre fondamentali aspetti di Theodor Mommsen (Garding, Schleswig,
30.11.1817 – Charlottenburg, 1.11.1903) è già nel titolo di una recente raccolta di
saggi: J. WIESEHÖFER (Hg.), Theodor Mommsen: Gelehrter, Politiker und Literat, Stuttgart,
Steiner, 2005. La bibliografia su Mommsen è immensa; tanto più notevole si rivela il
quadro d’assieme, dell’uomo e della sua opera, di S. REBENICH, Theodor Mommsen. Eine
Biographie, München, Beck, 2002, 20072.
K. ZANGEMEISTER, Theodor Mommsen als Schriftsteller. Ein Verzeichnis seiner Schriften,
bearbeitet und fortgesetzt von E. Jacobs, neu bearbeitet von S. Rebenich, Hildesheim,
Weidmann, 2000. L’edizione di Jacobs (Berlin, Weidmann, 1905) constava di 1513
numeri; altri 34 sono stati aggiunti da Rebenich nella nuova edizione (dove sono elencati
a p. VIII).
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
come uomo politico, è ben noto che egli stesso aveva rivelato la natura intimamente e
profondamente politica della propria personalità nel famoso codicillo testamentario, la
cui pubblicazione fu rinviata – et pour cause – dal 1933 al 1948: «Politische Stellung
und politischen Einfluß habe ich nie gehabt und nie erstrebt; aber in meinem innersten Wesen, und ich meine, mit dem Besten was in mir ist, bin ich stets ein animal
politicum gewesen und wünschte ein Bürger zu sein. Das ist nicht möglich in unserer
Nation, bei der Einzelne, auch der Beste, über den Dienst im Gliede und den politischen Fetischismus nicht hinauskommt. Diese innere Entzweiung mit dem Volke,
dem ich angehöre, hat mich durchaus bestimmt, mit meiner Persönlichkeit, soweit mir
dies irgend möglich war, nicht vor das deutsche Publikum zu treten, vor dem mir die
Achtung fehlt 3». Di Mommsen come scrittore, infine, è significativo il riconoscimento
più vistoso: l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura, nel 1902 4.
L’opera di Mommsen in cui lo studioso, l’uomo politico e lo scrittore convergono,
e si fondono compiutamente, è la Römische Geschichte, cioè l’insieme organico e unitario dei primi tre volumi di una storia romana di carattere generale, apparsi fra il 1854 e
il 1856 5 (trent’anni più tardi, il V volume avrebbe avuto altra genesi, altra ispirazione,
altra natura 6; il IV volume non fu mai pubblicato 7). Alla Römische Geschichte faceva,
3
4
5
6
7
È il terzo dei cinque capoversi del codicillo testamentario datato «Heringsdorf,
2. September 1899», pubblicato nella rivista tedesca Die Wandlung 3 (1948), p. 69-70
(dalla quale è riprodotta la citazione), e subito anche nella rivista italiana Athenaeum 26
(1948), p. 285-287. Traduzione italiana, con importante commento: G. PASQUALI, «Il
testamento di Teodoro Mommsen», Rivista storica italiana 61 (1949), p. 332-350 (poi
in Stravaganze quarte e supreme, Venezia, Pozza, 1951, p. 147-163 = Pagine stravaganti,
Firenze, Sansoni, 1968, II, p. 383-396); traduzione francese: A. AYMARD, «Le codicille de
Th. Mommsen», Revue des études anciennes 54 (1952), p. 213-214. Vd. ora REBENICH,
Theodor Mommsen, p. 165-193 e 256-260, con aggiornamento bibliografico a p. 234-235
della seconda edizione.
C. LANZA, «Il Nobel a Mommsen», Studia et documenta historiae et iuris 68 (2002),
p. 501-525; H. SCHLANGE-SCHÖNINGEN, «Ein “goldener Lorbeerkranz” für die “Römische
Geschichte”. Theodor Mommsens Nobelpreis für Literatur», in WIESEHÖFER, Theodor
Mommsen, p. 207-228.
Th. MOMMSEN, Römische Geschichte, I (Bis zur Schlacht von Pydna), II (Von der Schlacht
von Pydna bis auf Sullas Tod ), III (Von Sullas Tod bis zur Schlacht von Thapsus), Berlin,
Weidmann, 1854, 1855, 1856. Lo straordinario successo dei tre volumi è dimostrato
dalle otto edizioni che seguirono alla prima già durante la vita di Mommsen (nona
edizione: 1902, 1903, 1904).
Come spiega l’autore nella premessa e nell’introduzione al volume: Th. MOMMSEN, Römische
Geschichte, V (Die Provinzen von Caesar bis Diocletian), Berlin, Weidmann, 1885, 19045 (la
quinta edizione del V volume completava la nona edizione dei primi tre).
Vd. A. DEMANDT, «Einleitung», in Th. MOMMSEN, Römische Kaisergeschichte, nach den
Vorlesungs-Mitschriften von S. und P. Hensel 1882/86, hrsg. von B. und A. Demandt,
München, Beck, 1992, p. 15-56, in particolare 15-36. – Sull’opera di gran lunga più nota
di Mommsen, anche perché la sola di carattere ‘divulgativo’, resta fondamentale il saggio
di K. CHRIST, «Theodor Mommsen und die “Römische Geschichte”», in Th. MOMMSEN,
174
anabase 14.indd Sec8:174
6/10/11 11:48:01
MOMMSEN, CESARE E IL CESARISMO*
in effetti, precipuo riferimento l’assegnazione del premio Nobel per la letteratura del
1902 8. E di natura essenzialmente e appassionatamente politica era la caratteristica
modernizzazione della storia romana repubblicana che affascinò subito i contemporanei, e continua ad affascinare anche oggi (come mostrano le continue ristampe del testo
originale 9, ma anche delle traduzioni 10). Letteratura e politica non sovrastano, tuttavia,
esaltano anzi la vigorosa originalità dell’impianto scientifico dell’opera, in ordine sia
al quadro generale, sia a particolari in apparenza minuti, in realtà densi di significato
storico 11. Questo contributo intende, appunto, mostrare uno specifico esempio del
nesso profondo e della reciproca interdipendenza, nei primi tre volumi della Römische
Geschichte, fra i tre fondamentali aspetti della personalità di Mommsen.
2
Il III volume si concludeva cronologicamente con la battaglia di Tapso (6 aprile – in
realtà, 7 febbraio 12 – del 46 a. C.), cioè con la definitiva affermazione militare di
Cesare, che avrebbe dovuto preludere alla sua definitiva affermazione politica e alla
8
9
10
11
12
Römische Geschichte, München, DTV, 1976 (20016), 8, p. 7-66 (poi in K. CHRIST,
Römische Geschichte und Wissenschaftsgeschichte, III, Darmstadt, WBG, 1983, p. 26-73).
Vd. LANZA, «Il Nobel a Mommsen», p. 502-504; SCHLANGE-SCHÖNINGEN, «Ein “goldener
Lorbeerkranz” für die “Römische Geschichte”», in particolare p. 207: «Der Sekretär teilte
Mommsen weiterhin mit, daß ihm der Preis “unter besonderer Berücksichtigung” des
“monumentalen Werkes Römische Geschichte” zugesprochen worden sei».
La fortunata edizione in otto volumi ‘tascabili’, a cura di K. Christ (vd. la precedente
n. 7), è stata ora riproposta in due volumi, con introduzione di S. Rebenich (Darmstadt,
WBG, 2010).
In Inghilterra, per esempio, la classica traduzione dei volumi I-III, di W. P. Dickson
(London, Bentley, 1868), è stata parzialmente ripubblicata da C. J. Shepherd, con introduzione di A. Grafton (A History of Rome from the foundation of the City to the sole rule of
Julius Caesar, London, The Folio Society, 2006). In Italia, la più recente di una numerosa
serie di traduzioni, pubblicata con introduzione di G. Pugliese Carratelli (Storia di Roma
antica, I-III, Firenze, Sansoni, 1960: il volume II corrisponde ai volumi II e III, il III al
volume V dell’edizione originale), è stata parzialmente ristampata più volte, da ultimo nel
2001. In Francia, la traduzione dei volumi I-III e V, rispettivamente di Ch. A. Alexandre
(in otto tomi: Paris, Franck, 1863-1872) e di R. Cagnat e J. Toutain (in tre tomi: Paris,
Vieweg, poi Bouillon, 1887-1889), è stata ripubblicata in due volumi da C. Nicolet
(Histoire romaine, Paris, Laffont, 1985 = Le Grand livre du mois, 1996).
Ricordo, per esempio, che sul problema allora molto dibattuto della presenza di Germani
nella battaglia di Clastidium (222 a. C.) Mommsen non esitò a ribaltare la propria posizione
sull’attendibilità della notizia dei Fasti triumphales dalla prima alla seconda edizione (uscita
due anni dopo) del I volume: vd. L. POLVERINI, «Germani in Italia prima dei Cimbri?», in
B. e P. SCARDIGLI (cur.), Germani in Italia, Roma, CNR, 1994, p. 3 e n. 10-11.
Secondo il conguaglio di P. GROEBE, «Der römische Kalender in den Jahren 65-43 v. Chr.»,
in W. DRUMANN, Geschichte Roms, III2, Leipzig, Borntraeger, 1906 (= Hildesheim, Olms,
1964), p. 753-827, in particolare 818.
175
anabase 14.indd Sec8:175
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
conseguente sistemazione dell’impero mediterraneo. Nella prospettiva mommseniana,
in quella almeno della Römische Geschichte, Cesare non è solo il più grande personaggio
della storia romana; degli aspetti essenziali e più creativi della storia romana egli è, in
certo modo, la personificazione assoluta (l’icona, diremmo oggi). Di qui l’appassionato
e incondizionato entusiasmo con il quale parla della persona, delle idee, dell’opera di
Cesare un Mommsen ancora romantico, a metà del XIX secolo: romantico in termini
sia di sensibilità politica e letteraria, sia di concezione storiografica. In termini storiografici, appunto, è fondamentale (per quanto riguarda l’interpretazione mommseniana
di Cesare) il capitolo XI del V libro 13: è, in sostanza, l’ultimo capitolo del III volume,
perché il capitolo XII presenta una sintesi della vita religiosa e culturale, letteraria e
artistica, del trentennio che va dalla morte di Silla alla battaglia di Tapso.
Die alte Republik und die neue Monarchie è il titolo che, con caratteristica efficacia,
sottolinea il carattere conclusivo di un capitolo di straordinario, di sempre nuovo interesse ad ogni rilettura 14. Si apre con un intenso profilo psicologico più che biografico
di Cesare («Caesars Charakter» 15), già per natura – prima che per la sua formazione e le
varie esperienze di vita – destinato ad essere uomo di Stato nel più profondo senso della
parola («Caesar als Staatsmann»). E vero uomo di Stato Cesare si rivelò infatti, dopo
Tapso, cercando innanzitutto di eliminare dalla scena politica i vecchi partiti, causa
delle guerre civili («Beseitigung der alten Parteien»): così i populares, che ebbero non
infondato motivo di ritenersi traditi dal loro capo («Unzufriedenheit der Demokraten»,
«Caelius und Milo», «Dolabella»), come gli optimates («Maßregeln gegen Pompeianer
und Republikaner»), solo in minima parte riconciliati dalla clemenza di Cesare e
dalle sue misure di grazia («Amnestie»). La radicale, drastica posizione di Cesare nei
confronti dei contrapposti partiti («Caesar gegenüber den Parteien»), in assoluto
13
14
15
La divisione dell’opera in volumi era dettata da ovvie esigenze di ordine editoriale; la
divisione più propriamente storiografica è in libri, alla maniera della storiografia classica.
Il V libro (che occupava l’intero III volume), Die Begründung der militärischen Monarchie,
si propone come naturale, cioè inevitabile, conclusione storica dell’età dai Gracchi a Silla
descritta nel IV libro (che occupava l’intero II volume), Die Revolution (il titolo avrebbe
avuto singolare fortuna nel successivo secolo e mezzo di dibattito storiografico). – Il I
volume conteneva tre libri (1. Bis zur Abschaffung des römischen Königthums, 2. Von der
Abschaffung des römischen Königthums bis zur Einigung Italiens, 3. Von der Einigung Italiens
bis auf die Unterwerfung Karthagos und der griechischen Staaten), il V volume un libro (8.
Länder und Leute von Caesar bis Diocletian).
Vd. K. CHRIST, Caesar. Annäherungen an einen Diktator, München, Beck, 1994,
p. 142-147 (nel quadro di un’analisi storico-storiografica del Cesare di Mommsen:
p. 134-165).
La densa articolazione della trattazione mommseniana si lascia agilmente ripercorrere
grazie ai titoletti marginali, opportunamente introdotti a partire dalla seconda edizione
(dalla quale si citano).
176
anabase 14.indd Sec8:176
6/10/11 11:48:01
MOMMSEN, CESARE E IL CESARISMO*
dispregio delle possibili conseguenze di ordine personale 16, spiega appunto come egli
intendesse rinnovare profondamente lo Stato («Caesars Werk»).
Con la sezione dedicata all’opera di Cesare si entra nell’argomento specifico di
questo contributo: è, dunque, opportuno proporla (almeno in parte) direttamente,
seguendo lo svolgimento del pensiero di Mommsen attraverso le varie edizioni del
III volume, in particolare dalla prima (1856) alla sesta (1875) 17. Questa era la formulazione originaria 18:
Versuchen wir im Einzelnen Rechenschaft zu geben von der Ueberführung der alten
Zustände in die neue Bahn, so ist zunächst daran zu erinnern, daß Caesar nicht kam um
anzufangen, sondern um zu vollenden. Der Plan zu einer neuen zeitgemäßen Politie 19,
längst von Gaius Gracchus entworfen, war von seinen Anhängern und Nachfolgern wohl
mit mehr oder minder Geist und Glück, aber ohne Schwanken festhgehalten worden.
Caesar, von Haus aus und gleichsam schon nach Erbrecht 20 das Haupt der Popularpartei,
hatte seit dreißig Jahren deren Schild hoch emporgehalten, ohne je die Farbe zu verleugnen 21 oder auch nur zu decken; er blieb Demokrat auch als Monarch.
«Monarca democratico»: tale fu Cesare, secondo Mommsen 22, non solo in quanto
erede delle idealità e del programma (e dell’odio contro l’aristocrazia) del movimento
‘democratico’ iniziato da Gaio Gracco, ma per la natura stessa della sua monarchia («die
Vertretung der Nation durch ihren höchsten und unumschränkten Vertrauensmann»),
nella quale la ‘democrazia’ romana trovò compiuta realizzazione («zur Vollendung und
Erfüllung gelangte»). Con le parole di Mommsen, nel séguito della citazione:
16
17
18
19
20
21
22
È caratteristica (per quanto riguarda, al tempo stesso, l’ispirazione politica e lo stile letterario di Mommsen) la conclusione della sezione: «Noch weniger fragte er, wer ihn haßte
oder auf Mord gegen ihn sann. Wie jeder echte Staatsmann diente er dem Volke nicht
um Lohn, auch nicht um den Lohn seiner Liebe, sondern gab die Gunst der Zeitgenossen
hin für den Segen der Zukunft und vor allem für die Erlaubniß seine Nation retten und
verjüngen zu dürfen» (così nella prima edizione del III volume, p. 442-443; il testo della
citazione resta immutato nelle edizioni successive).
Ad esse si farà riferimento con il solo numero del volume e l’indicazione sia dell’edizione
(in esponente), sia dell’anno di pubblicazione. – Nella presentazione del testo a Tolosa,
avevo fatto opportuno ricorso alla bella traduzione di Charles Alexandre, citata nella
precedente n. 10; va da sé che solo il riferimento al testo originale permette di seguire
i continui, significativi interventi di Mommsen sulla sua opera (particolarmente ampi e
sostanziali nella seconda edizione).
III1, 1856, p. 443.
Poi (III5, 1869, p. 461): «Politik».
In quanto nipote di Mario (che aveva sposato una sorella del padre di Cesare).
Poi (III2, 1857, p. 457): «wechseln».
Al «monarca democratico» di Mommsen corrisponde almeno formalmente, nel linguaggio del XX secolo, il «dittatore democratico» di L. CANFORA, Cesare. Il dittatore democratico, Roma-Bari, Laterza, 1999.
177
anabase 14.indd Sec8:177
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
Wie er die Erbschaft seiner Partei […] unbeschränkt antrat, der Aristokratie und den
echten Aristokraten den bittersten selbst persönlichen Haß zollte und die wesentlichen
Gedanken der römischen Demokratie […] 23 unverändert festhielt, so war auch seine
Monarchie so wenig mit der Demokratie in Widerspruch, daß vielmehr diese erst durch
sie 24 zur Vollendung und Erfüllung gelangte. Denn diese Monarchie war nicht die orientalische Despotie von Gottes Gnaden, sondern die Monarchie, wie Gaius Gracchus sie
gründen wollte, wie Perikles und Cromwell sie gründeten: die Vertretung der Nation
durch ihren höchsten und unumschränkten Vertrauensmann 25. Es waren insofern die
Gedanken, die zum Werke Caesars zu Grunde lagen, nicht eigentlich neue; aber ihm
gehört ihre Verwirklichung, die zuletzt überall die Hauptsache bleibt, und ihm die
Großheit der Ausführung, die selbst den genialen Entwerfer, wenn er sie hätte schauen
können, überrascht haben möchte 26.
3
«Die Stellung des neuen Staatsoberhaupts erscheint formell in seltsamer Gestalt 27»,
innanzitutto come dittatura 28: così, nella prima edizione del III volume, si passava
23
24
25
26
27
28
Cioè (dal tempo dei Gracchi): il miglioramento della condizione dei debitori, la colonizzazione transmarina, il progressivo livellamento delle differenze giuridiche all’interno delo
Stato, l’emancipazione dal Senato del potere esecutivo.
Poi (III2, 1857, p. 457): «jene».
La formula compendia con vigorosa efficacia – in termini storici e politici – la natura della
«monarchia democratica» di Mommsen (sulla quale CHRIST, Caesar, p. 144-145).
Nella seconda edizione, la considerazione che conclude il passo citato era così completata:
«und die Jeden, dem sie in lebendiger Wirklichkeit oder im Spiegel der Geschichte entgegengetreten ist, welcher geschichtlichen Epoche und welcher politischen Farbe immer
er angehöre, je nach dem Maß seiner Fassungskraft für menschliche und geschichtliche
Größe mit tiefer und tieferer Bewegung und Bewunderung ergriffen hat und ewig ergreifen wird » (III2, 1857, p. 457-458). – Anche un grande ammiratore di Mommsen come
Charles Alexandre era indotto, da queste e simili espressioni entusiastiche (vd. la precedente n. 16), a rilevare «sa complaisante et excessive apothéose de César» e a prenderne le
distanze: così a p. XI dell’«Avant-propos» dell’ultimo tomo della citata traduzione francese,
steso peraltro nel clima politico e culturale seguìto alla disfatta del 1870.
III1, 1856, p. 443.
Opportuna, dunque, la riformulazione introdotta da Mommsen in una successiva
edizione: «Die Stellung des neuen Staatsoberhaupts erscheint formell, zunächst wenigstens, als Dictatur» (III6, 1875, p. 478; ivi, p. 479, la definizione costituzionale della
dittatura di Cesare, che non è la dittatura arcaica, ovviamente, ma la dittatura rei publicae
constituendae di Silla: «ein Amt, dessen Competenz nicht durch die verfassungsgemäßigen
Ordnungen über das höchste Einzelamt, sondern durch besonderen Volksschluß festgestellt ward und zwar dahin, daß der Inhaber in dem Auftrag Gesetzte zu entwerfen und
das Gemeinwesen zu ordnen eine rechtlich unumschränkte die republikanische Theilung
der Gewalten aufhebende Amtsbefugniß empfing»).
178
anabase 14.indd Sec8:178
6/10/11 11:48:01
MOMMSEN, CESARE E IL CESARISMO*
senz’altro alla successiva sezione del capitolo. Ma nella seconda edizione, fra la sezione
«Caesars Werk» e la sezione «Formulirung der neuen Monarchie 29», fu inserita un’ampia aggiunta 30, di grande interesse generale e specifico. Anche in questo caso è, dunque,
opportuno proporne direttamente la parte più significativa, articolando la compatta
stesura secondo la sua forte scansione argomentativa:
Wohl aber wird es gerade hier am Orte sein das, was der Geschichtschreiber stillschweigend überall voraussetzt, einmal ausdrücklich zu fordern und Einspruch zu thun
gegen die der Einfalt und der Perfidie gemeinschaftliche Sitte geschichtliches Lob und
geschichtlichen Tadel von den gegebenen Verhältnissen abgelöst als allgemein gültige
Phrase zu verbrauchen, in diesem Falle das Urtheil über Caesar in ein Urtheil über den
sogenannten Caesarianismus 31 umzudeuten.
Il «cosiddetto cesarismo» era, in effetti, un neologismo non attestato prima del
1850; resta classica la definizione che ne diede Littré: «Domination des Césars, c’est-àdire des princes [“dei dittatori”, diremmo oggi] portés au gouvernement par la démocratie mais revêtus d’un pouvoir absolu» (con una seconda accezione: «Théorie de ceux
qui pensent [ce ne sono ancora!] que cette forme de gouvernement est la meilleure») 32.
Il vistoso intervento polemico di Mommsen, nell’aggiunta del 1857, richiamava con
forza la «necessità di distinguere tra Cesare e Cesarismo» 33, perché la storia del passato
aiuta bensì a comprendere il presente, ma non nel senso in cui la sentenza historia
magistra vitae viene comunemente intesa:
Freilich soll die Geschichte der vergangenen Jahrhunderte die Lehrmeisterin des
laufenden sein; aber nicht in dem gemeinen Sinne, als könne man die Conjuncturen
der Gegenwart in den Berichten über die Vergangenheit nur einfach wieder aufblättern
und aus denselben der politischen Diagnose und Receptirkunst die Symptome und
Specifica zusammenlesen; sondern sie ist lehrhaft einzig insofern, als die Beobachtung
der älteren Culturen die organischen Bedingungen der Civilisation überhaupt, die
überall gleichen Grundkräfte und die überall verschiedene Zusammensetzung dersel-
29
30
31
32
33
Poi, dalla sesta edizione (in conformità del nuovo incipit della sezione, citato nella nota
precedente): «Dictatur».
III2, 1857, p. 458-459. L’importanza che ad essa annetteva Mommsen è messa in evidenza
già dalla sua estensione: quasi il doppio dell’estensione della sezione sull’opera di Cesare
nella prima edizione.
Poi (III5, 1869, p. 462): «Caesarismus». Vd. la successiva n. 45.
É. LITTRÉ, Dictionnaire de la langue française, I, Paris, Hachette, 1863, p. 534.
Così A. MOMIGLIANO, «Per un riesame della storia dell’idea di Cesarismo», Rivista storica
italiana 68 (1956), p. 220-229, in particolare 223 (poi in Secondo contributo alla storia
degli studi classici, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1960 [= 1984], p. 273-282, in
particolare 275-276).
179
anabase 14.indd Sec8:179
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
ben offenbart 34 und statt zum gedankenlosen Nachahmen vielmehr zum selbstständigen Nachschöpfen anleitet und begeistert.
Alla luce di questa interpretazione della sentenza ciceroniana 35, Mommsen nega
recisamente che il moderno cesarismo trovi un’anticipazione nella storia di Cesare, la
quale è anzi – in realtà («wahrlich») – «eine bittrere 36 Kritik der modernen Autokratie,
als eines Menschen Hand sie zu schreiben vermag». Ed è significativo (in ordine a
quanto si è appena osservato, in nota, con riferimento alla citazione immediatamente
precedente) che sull’analogia di una «legge di natura» Mommsen fondasse la propria
radicale critica dell’assolutismo e la connessa esaltazione del costituzionalismo liberale:
Nach dem gleichen Naturgesetz, weßhalb der geringste Organismus unendlich mehr
ist als die kunstvollste Maschine, ist auch jede noch so mangelhafte Verfassung, die der
freien Selbstbestimmung einer Mehrzahl von Bürgern Spielraum läßt, unendlich mehr als
der genialste und humanste Absolutismus 37; denn jene ist der Entwickelung 38 fähig, also
lebendig, dieser ist was er ist, also todt.
Ma se la stessa «legge di natura» spiega la successiva degenerazione della monarchia cesariana nell’assolutismo imperiale («Wenn in den Anfängen der Autokratie
und vor allem in Caesars eigener Seele [...] noch der hoffnungsreiche Traum einer
Vereinigung freier Volksentwicklung und absoluter Herrschaft waltet, so hat schon das
Regiment der hochbegabten Kaiser des julischen Geschlechts in schrecklicher Weise
34
35
36
37
38
Si profila la ‘filosofia della storia’ di stampo positivistico che avrebbe costituito quanto
meno il quadro concettuale della successiva, più ampia e caratteristica, fase dell’operosità
scientifica di Mommsen (compreso, si è visto, il V volume della Römische Geschichte).
Ad essa faceva non sorprendente riferimento anche Charles Alexandre nell’«Avant-propos» del primo tomo della citata traduzione francese, p. VI: «Nous rencontrons un attrait
toujours neuf et puissant dans ces grandes leçons du passé qui nous enseignent le présent,
comme les vicissitudes des temps présents nous donnent souvent le secret des événements d’autrefois». Ma è interessante l’aggiunta di Alexandre, segnalata dal corsivo (mio), con la
quale la sentenza sfociava nella sentenza inversa, vita magistra historiae, cara a Gaetano De
Sanctis, che ne fece un caratteristico principio metodico (rinvio al saggio «“Vita magistra
historiae”. La concezione storica di Gaetano De Sanctis nella Storia dei Romani» (in corso
di pubblicazione).
Poi (III5, 1869, p. 462): «schärfere».
È il liberale del XIX secolo, il liberale della Costituzione di Francoforte (1848), che si
riconosce nell’icastica spiegazione della superiorità di una (anche se difettosa) costituzione
liberale, la quale lasci alla maggioranza dei cittadini l’autodeterminazione del loro destino,
rispetto al più geniale ed umano degli assolutismi: la costituzione è suscettibile di sviluppo,
è dunque un organismo vivente; l’assolutismo non può cambiare, è cosa morta.
Poi (III5, 1869, p. 462): «Entwicklung».
180
anabase 14.indd Sec8:180
6/10/11 11:48:01
MOMMSEN, CESARE E IL CESARISMO*
gelehrt, inwiefern es möglich ist in dasselbe Gefäß Feuer und Wasser zu fassen» 39),
resta intatto il giudizio conclusivo di Mommsen sull’opera di Cesare:
Caesars Werk war nothwendig und heilsam, nicht weil es an sich Segen brachte oder
auch nur bringen konnte, sondern weil, bei der antiken auf Sklaventum gebauten von
der republikanisch-konstitutionellen Vertretung völlig abgewandten Volksorganisation
und gegenüber der legitimen in der Entwicklung eines halben Jahrhunderts zum oligarchischen Absolutismus herangereiften Stadtverfassung, die absolute Militärmonarchie der
logisch nothwendige Schlußstein und das geringste Uebel war.
La monarchia cesariana, «democratica» (si è visto), era dunque anche «necessaria», in quanto «logicamente» imposta da un’organizzazione politica fondata sulla schiavitù e sfociata nell’assolutismo oligarchico; onde la ‘previsione’ dettata dall’analogia di
situazioni storiche pur tanto lontane nel tempo e nello spazio:
Wenn einmal in Virginien und Ohio 40 die Sklavenhalteraristokratie es so weit
gebracht haben wird wie ihre Wahlverwandten in dem sullanischen Rom, so wird dort
auch der Caesarianismus vor dem Geist der Geschichte legitimirt sein; wo er unter andern
Entwicklungsverhältnissen auftritt, ist er zugleich eine Fratze und eine Usurpation [...].
4
Interrompo qui la citazione 41, perché il riferimento – nell’aggiunta del 1857 – all’aristocrazia schiavistica di alcuni Stati della confederazione nordamericana fu occasione
di un’ulteriore aggiunta nella quarta edizione 42:
Als dies geschrieben wurde, im Jahre 1857, konnte man noch nicht wissen, wie
bald durch den gewaltigsten Kampf und den herrlichsten Sieg, den die Geschichte des
39
40
41
42
Così (segnalando almeno un esempio caratteristico) la convergenza di pensiero politico e
arte letteraria di Mommsen concorre significativamente alla formulazione del suo giudizio
storico.
Poi (III4, 1866, p. 463) : « in Virginien und den Carolinas ». Vd. la successiva n. 43.
Ma non si può non richiamare l’icastica conclusione: «Die Geschichte aber wird sich
nicht bescheiden dem rechten Caesar deßhalb die Ehre zu verkürzen, weil ein solcher
Wahlspruch den schlechten Caesaren gegenüber die Einfalt irren und der Bosheit zu Lug
und Trug Gelegeheit geben kann. Sie ist auch eine Bibel, und wenn sie so wenig wie diese
dem Thoren es wehren kann sie mißzuverstehen und dem Teufel sie zu citiren, so wird
beides auch ihr ebensowenig zu schaden im Stande sein».
III4, 1866, p. 463 nota (inserita dopo le parole «so wird dort auch der Caesarianismus vor
dem Geist der Geschichte legitimirt sein»).
181
anabase 14.indd Sec8:181
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
Menschengeschlechts bisher verzeichnet hat 43, demselben 44 diese furchtbare Probe
erspart und dessen Zukunft der unbedingten, durch keinen localen Caesarianismus 45 auf
die Dauer zu hemmenden sich selbst beherrschenden Freiheit gesichert werden sollte.
Aveva precorso questa nota di Mommsen – si ‘scopre’ con sorpresa ed interesse
– l’autore della prima traduzione italiana della Römische Geschichte 46. Nella traduzione
del III volume, pubblicata nel 1865 (un anno prima della quarta edizione tedesca),
Giuseppe Sandrini faceva infatti seguire alla previsione di Mommsen («Quando nella
Virginia e nell’Ohio l’aristocrazia dei tenitori di schiavi avrà spinto le cose come i suoi
emuli nella Roma di Silla, sarà anche colà legittimato il cesarismo dinanzi allo spirito
della storia») una pertinente, acuta considerazione 47: «La recente emancipazione degli
schiavi negli Stati Uniti d’America, non preveduta dal Mommsen, che scriveva il suo
volume nel 1854 48, mutò naturalmente la posizione degli antichi proprietarii di schiavi,
per cui le conseguenze prevedute dall’autore difficilmente potranno aver luogo». Non si
può fare a meno di esprimere la più viva ammirazione per i traduttori di un tempo!
5
Ho proposto un esempio della convergenza e intrinseca connessione della storiografia, del pensiero politico, dell’arte letteraria di Mommsen nei primi tre volumi della
Römische Geschichte, attraverso la lettura di alcune pagine singolarmente efficaci e
43
44
45
46
47
48
Ovvio il riferimento alla recente conclusione della Guerra civile americana (1861-1865),
alla luce della quale si spiega la correzione di Mommsen citata nella precedente n. 40:
l’Ohio era rimasto infatti dalla parte dell’Unione, mentre la Carolina del Sud era stata la
prima a proclamare la secessione.
Cioè, «dem Menschengeschlecht», opportunamente tradotto «aux États-Unis» da Charles
Alexandre (nell’edizione citata nella precedente n. 10: VIII, p. 66 n. 1) e «agli USA»
nell’edizione italiana più diffusa (citata nella stessa nota: II, p. 1214 n. 5).
Come si è detto nella precedente n. 31, il termine «Caesarismus» avrebbe sostituito
«Caesarianismus» solo nella quinta edizione (1869), forse anche in séguito al successo
dell’opera di NAPOLÉON III, Histoire de Jules César, I-II, Paris, Imprimerie Impériale
(edizione in-folio) e Plon (edizione in-quarto), 1865-1866. Su Mommsen e Napoleone
III: CHRIST, Caesar, p. 151-152.
T. MOMMSEN, Storia romana, Prima traduzione dal tedesco di G. Sandrini, I 1, Torino,
Guigoni, 1857; I 2, Milano, Guigoni, 1862; II, ivi, 1864; III, ivi, 1865. – Nel 1857,
quando usciva la prima parte del I volume, questa traduzione era effettivamente la «prima
traduzione dal tedesco» (è uno dei suoi vari motivi d’interesse).
Inserita come «Nota del Trad[uttore]» a p. 447.
In realtà, dopo il 1856 (data di pubblicazione della prima edizione del III volume): la
‘previsione’ di Mommsen compare nella seconda edizione (1857).
182
anabase 14.indd Sec8:182
6/10/11 11:48:01
MOMMSEN, CESARE E IL CESARISMO*
significative, sia per la trasparente qualità letteraria dell’esposizione 49 e la forza concettuale delle caratteristiche riflessioni di carattere politico generale, sia (soprattutto) per il
rapporto funzionale che i due aspetti hanno con il preminente aspetto storiografico.
E poiché l’aspetto storiografico dell’esempio proposto si identifica con Cesare,
nella duplice prospettiva del più grande personaggio storico dell’antica Roma e di
un’ideologia politica del XIX secolo che da lui traeva il nome, la valutazione di questo
aspetto presuppone un’analisi comparativa fra la posizione di Mommsen (da una parte)
e il successivo svolgimento storiografico di oltre un secolo e mezzo (dall’altra). È quel
che, sulla storiografia relativa a Cesare, ha fatto Karl Christ nella sua citata, esemplare
indagine 50. Quanto al cesarismo, un fenomeno politico di origine francese divenuto
universale nel corso del XX secolo, si capisce che esso abbia finito per attrarre un’attenzione più politica che storiografica, anzi quasi esclusivamente politica 51; tanto più
si è indotti a rilevare, e ad ammirare, la vigorosa coesistenza di ispirazione storiografica
e politica che informa, e ha reso celebre, l’intervento polemico di Mommsen contro
l’identificazione di Cesare e cesarismo.
Sui problemi relativi a Cesare e al cesarismo non mi trattengo, anche per lasciare a
questo contributo la sostanza della sua presentazione a Tolosa. Sono problemi, tuttavia,
che non riguardano solo la storia romana o la storia del XIX secolo; essi costituiscono
anche parte essenziale di un contributo di storia della storiografia. Perché la storia della
storiografia non dovrebbe mai limitarsi allo studio degli autori o delle opere, tanto più
che autori ed opere non si lasciano comprendere (se non superficialmente) senza la
duplice considerazione storica sia dell’epoca trattata, sia dell’epoca di appartenenza. Ed
49
50
51
In prospettiva letteraria, appunto, non sono senza significato i ritocchi formali apportati da Mommsen nel corso delle varie edizioni dell’opera; anche per questo motivo è
sembrato opportuno segnalarli.
CHRIST, Caesar, p. 134-154 (sul Cesare di Mommsen) e 155-315 (sullo svolgimento della
storiografia cesariana da Eduard Meyer alla fine del XX secolo). E si ricordano alcuni
dei contributi raccolti in K. CHRIST, E. GABBA (Hg.), Caesar und Augustus (Römische
Geschichte und Zeitgeschichte in der deutschen und italienischen Altertumswissenschaft des
19. und 20. Jahrhunderts, I), Como, New Press, 1989.
È significativo, in questo senso, l’articolo di A. PANEBIANCO, «Cesarismo», in Enciclopedia
delle scienze sociali, I, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 1991, p. 714-720, dove
l’origine storica del termine è confinata in un paio di righe: «Nonostante l’ispirazione
provenga da due differenti epoche storiche e i termini evochino due figure diverse di
leader (Giulio Cesare e Napoleone Bonaparte), nel lessico politico contemporaneo cesarismo e bonapartismo sono termini intercambiabili e come sinonimi verranno considerati
anche in questo articolo». – Sul problema dell’analogia storica fra il potere di Cesare e il
cesarismo dei due Napoleoni (affrontato polemicamente, e negato, da Mommsen), si è
ricordato il fondamentale saggio di MOMIGLIANO, «Per la storia dell’idea di Cesarismo»;
per una sintesi degli essenziali dati storici, storiografici e bibliografici rinvio al mio saggio
«Imitatio Caesaris. Cesare e Alessandro, Napoleone e Cesare», in A. BARZANÒ, C. BEARZOT,
F. LANDUCCI, L. PRANDI, G. ZECCHINI (cur.), Modelli eroici dall’antichità alla cultura europea, Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2003, p. 403-414, in particolare 408-412.
183
anabase 14.indd Sec8:183
6/10/11 11:48:01
LEANDRO POLVERINI
è così che la storia della storiografia può risolversi in «ricerca storica a più dimensioni»,
come ebbi occasione di definirla nella recensione di una raccolta di saggi storiografici
di Arnaldo Momigliano 52. Non è certo un risultato frequente, nelle indagini di storia
della storiografia; il titolo del mio contributo ha voluto almeno segnalare questa loro
suggestiva potenzialità.
Che poi, nel corso del contributo, abbia spesso preferito far ‘parlare’ Mommsen,
non è solo perché le sue parole risultano ovviamente più trasparenti ed efficaci di ogni
parafrasi e commento; come dissi a Tolosa (piace rinnovare il gradito ricordo di quella
giornata), «j’ai saisi volontiers l’occasion pour rappeler que les classiques de l’historiographie ne sont pas là pour être cités; ils sont là pour être lus».
Leandro POLVERINI
Via Antistene 5
I-00124 Roma
[email protected]
52
Essays in ancient and modern historiography, Oxford, Blackwell, 1977. La recensione è in
Athenaeum 68 (1980), p. 480-483; vd. in particolare p. 481: «[...] la ricerca ‘storiografica’
del M. è, in realtà, ricerca ‘storica’, e non già (o non solo) nel senso ovvio che la storiografia può costituire oggetto di ricerca storica al pari di qualsiasi altra manifestazione
intellettuale o materiale della vita umana; e nemmeno nel senso ‘storicistico’ che lo studio
di un fenomeno culturale, quale è la storiografia, non può in ogni caso prescindere dai
presupposti di ordine politico, sociale, economico e dalla loro valutazione storica; ma
perché un’indagine come quella del M., dove ad ogni passo si intersecano i piani temporali rispettivamente individuati dall’opera storiografica presa in esame, dal periodo storico
in essa trattato, dalle circostanze in cui si svolge – ricavandone sollecitazioni non solo
intellettuali – la riflessione dello studioso sull’una e sull’altro, non è che una forma più
complessa e articolata (se si vuole, più sofisticata) di ricerca storica: di ricerca storica, per
così dire, a più dimensioni».
184
anabase 14.indd Sec8:184
6/10/11 11:48:01