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La villa di Domiziano a Castel Gandolfo

M. VALENTI (a cura di), Residenze imperiali nel Lazio (atti della giornata di studio - Monte Porzio Catone, 3 aprile 2004), Tuscolana – Quad. Mus. Monte Porzio Catone 2, Monte Porzio Catone 2008, pp. 53-60

Albanum Domitiani, la villa che l'imperatore s' era costruito presso l'attuale Castel Gandolfo, si trovava nel cuore di una vastissima proprietà imperiale che, in base a quanto attestano le fonti, abbracciava praticamente tutto il lago di Albano. 1

La villa di Domiziano a Castel Gandolfo Paolo Liverani 53 Fig. 1 - Pianta della villa di Domiziano nell’area di Villa Barberini: 1. teatro della villa, 2. nicchioni della sostruzione tra i terrazzamenti superiore e mediano, 3. criptoportico di sostruzione tra i terrazzamenti mediano e inferiore, 4 area del palazzo imperiale (da Liverani 1989) L’ Albanum Domitiani, la villa che l’imperatore s’era costruito presso l’attuale Castel Gandolfo, si trovava nel cuore di una vastissima proprietà imperiale che, in base a quanto attestano le fonti, abbracciava praticamente tutto il lago di Albano.1 Il corpo centrale della proprietà si può localizzare nell’area oggi compresa nella villa pontificia, già Barberini, (ig. 1) subito a sud della cittadina di Castel Gandolfo e – in parte – nell’ambito della villa della Congregazione di Propaganda Fide, a est della proprietà pontificia. Tale area comprende dunque la cresta del cratere vulcanico occupato dal lago di Albano e il declivio che scende verso sud-ovest in direzione del mare. Tale declivio fu suddiviso in terrazzamenti che formano tre ripiani principiali. Almeno per uno di essi, quello mediano, abbiamo tracce di un terrazzamento in opera reticolata anteriore all’intervento di Domiziano, che si riconosce in alcuni tratti dove il muraglione del grande criptoportico flavio ha ceduto, all’altezza del giardino degli aranci. Sul ripiano superiore si trovano le conserve d’acqua, una delle quali particolarmente notevole rientra nella proprietà di Propaganda Fide. Esse dovevano essere rifornite dall’acqua piovana e, grazie alla loro posizione elevata, potevano distribuire acqua a tutti gli edifici della villa imperiale. Il resto del pianoro superiore, invece, non doveva essere utilizzato dall’imperatore, visto che vi si sono trovate le tracce di un sepolcreto utilizzato per i servi della tenuta. L’evidenza andrebbe però riesaminata per capire la fase di utilizzo, in relazione alle tombe Residenze Imperiali del Lazio, Atti della Giornata di Studio (Monte Porzio Catone, 3 aprile 2004) a cura di M. Valenti (Tusculana - Quaderni del Museo di Monte Porzio Catone, 2) Frascati 2008 54 Figg. 2-3 - G.B. P, 1762: vedute delle sostruzioni della villa di Domiziano (Foto Musei Vaticani) rinvenute in altre parti della villa, di cui si dirà più avanti. Il ripiano più importante era certamente quello mediano. Qui si concentravano le La villa di Domiziano a Castel Gandolfo strutture di maggiore impegno monumentale e di rappresentanza. Vi trovava posto il corpo principale del palazzo imperiale, attualmente diviso tra la proprietà pontificia e quella di Paolo Liverani Fig. 4 - Il teatro della villa di Domiziano (Foto Musei Vaticani) Propaganda Fide. Si tratta della parte meno nota di tutto il complesso, ricostruibile nelle grandi linee solo sulla base dei vecchi rilievi ottocenteschi del Rosa,2 che vide i resti in uno stato probabilmente migliore dell’attuale. Dopo gli studi ancora fondamentali del Lugli sono poche le acquisizioni significative. Ricordo solo i saggi di Filippo Magi sul lato occidentale del palazzo, all’angolo con le sostruzioni del ripiano superiore.3 Secondo il Rosa si potevano riconoscere almeno tre piani che coprivano il salto di quota tra il ripiano superiore e quello mediano. A nord-ovest del palazzo si estende la grandiosa sostruzione che sorregge il ripiano superiore, animata da quattro grandi nicchioni che servivano da ninfei4 e che da sempre formano uno degli elementi più caratteristici e suggestivi della villa imperiale. Ne restano numerose riproduzioni da parte di turisti e di artisti: ricordo diversi disegni seicenteschi in codici vaticani5 o nel Museo Cartaceo di Cassiano del Pozzo,6 nonché le famosissime vedute del Piranesi (igg. 2-3).7 A metà circa di questo muraglione è il cunicolo che attraversa la cresta del cratere e che serviva come scorciatoia all’imperatore quando voleva recarsi al lago.8 All’estremità nord-occidentale della sostruzione si trova il piccolo teatro della villa (ig. 4), dove si svolgevano abitualmente i ludi scenici per celebrare i Quinquatria Minervae, la festività che ricorreva dal 19 al 23 marzo. È probabile che anche le gare poetiche e oratorie che si tenevano in quest’occasione si svolgessero nello stesso luogo.9 Le prime notizie sullo scavo risalgono al 1657. In questi scavi10 si rinvennero i quattro esemplari del satiro versante di Prassitele,11 che entrarono nella collezione Chigi.12 Attualmente sono divisi tra Dresda, il British Museum e il Museo Getty. Vennero inoltre alla luce un paio di fistole plumbee13 ed è probabile che dagli stessi scavi vengano anche il cornicione e l’architrave disegnati in un codice barberiniano della Biblioteca Vaticana,14 in quanto appaiono identici ai frammenti architettonici rinvenuti successivamente (ig. 5) , probabilmente durante gli scavi Lanciani della fine dell’800.15 Tra Otto- e Novecento, in diverse riprese, è stata messa alla luce tutta l’orchestra, buona parte della cavea, con il sottostante corridoio, Fig. 5 - Cornicione probabilmente dalla porticus del teatro di Domiziano (Foto Musei Vaticani) Residenze Imperiali nel Lazio Tusculana 2 55 56 il pulpito e una piccolissima parte della scena.16 Alle spalle di quest’ultima doveva estendersi un portico sostenuto dai terrazzamenti che tuttora sostengono il moderno piazzale. Henner von Hesberg ha in corso di pubblicazione uno studio con la ricostruzione del teatro e della sua decorazione architettonica, presentato in via preliminare alcuni anni fa17 e più di recente in un seminario dell’Istituto Archeologico Germanico di Roma.18 I frammenti architettonici sono esposti parte sul posto e parte nel piccolo antiquarium della villa pontificia. Nel muraglione con i nicchioni, in un punto adiacente al teatro erano murati anche alcuni frammenti interessanti non solo in sé, ma anche perché furono disegnati da Piranesi: alludo in particolare a un rilievo con scena di sacrificio e a un cumulo d’armi. Di recente sono stati restaurati e portati nell’antiquarium per difenderli dalle intemperie.19 Il terzo terrazzamento, infine, era quello più vasto e articolato. Lo divideva dal ripiano mediano un colossale criptoportico (ig. 6), uno dei più monumentali del mondo romano, che – come si è accennato – sostituiva in parte un terrazzamento anteriore più modesto. Del grande criptoportico domizianeo si conser- Fig. 6 - Criptoportico, veduta dell’interno (Foto Musei Vaticani) La villa di Domiziano a Castel Gandolfo va piuttosto bene solo la parte sud-orientale, che costituisce circa un terzo dell’originaria lunghezza, mentre quella nord-occidentale appare crollata fin dalle prime immagini che possediamo della villa.20 Un indizio sull’epoca del crollo si può trovare nel diario di viaggio di una nobildonna tedesca che nel 1806 visitò villa Barberini. La contessa Elisa von der Recke, infatti, riferisce che – in epoca di poco anteriore alla sua visita – era stata scoperta una necropoli all’interno del criptoportico e che il “castellano” – verosimilmente il principe Barberini – le aveva raccontato che le teste degli scheletri erano protette da tegole e avevano talvolta monete in bocca, alcune delle quali la contessa ebbe in dono. Si trattava di una piccola moneta d’argento con l’immagine di Faustina e di due in bronzo in cui si leggeva il nome di Settimio Severo e Caracalla e si riconosceva il loro ritratto.21 Se dunque un monumento che pure conserva tracce della sua lussuosa ornamentazione era stato declassato a luogo di sepoltura, è lecito pensare che già verso la fine del II – inizi del III sec. fosse stato danneggiato da uno dei terremoti non infrequenti in questa zona, anche se in genere non molto violenti. La parte crollata è infatti quella nord-occidentale che, a differenza della sezione sopravvissuta, in questo tratto aveva larghe finestre che ne indebolivano la struttura. In questo modo si spiegano forse anche le sepolture di tipo simile, ma di età imprecisata, che furono rinvenute nel 1909 nel piazzale dietro alla scena del teatro,22 che – come s’è detto – nell’epoca di splendore della villa doveva essere occupato da un quadriportico. D’altronde già Lugli aveva ipotizzato una decadenza della villa in età severiana, quando cioè nell’area della tenuta imperiale – in corrispondenza dell’attuale cittadina di Albano – erano stati edificati da Settimio Severo i Castra Albana per la fedelissima seconda Legione Partica, che l’imperatore si era portato dall’oriente per evidenti ragioni di sicurezza. Per continuare l’analisi del ripiano inferiore della villa, si deve ricordare almeno la presenza, a sud-ovest del nucleo del palazzo, Paolo Liverani Fig. 7 - Monumento equestre (Foto Musei Vaticani) del cosiddetto Ippodromo: un’area recintata da due murature parallele, allineate con le sostruzioni dei ripiani e chiusa a nord-ovest a semicerchio, mentre non è chiara la sua conclusione sud-orientale. In realtà si tratta di una sistemazione a giardino e non di un vero ippodromo,23 anche se verso il 1930 l’illusione del nome era stata rafforzata dal rinvenimento, in questa zona, di un monumento equestre (ig. 7).24 Esso sembrava particolarmente adatto a un ippodromo, ma in realtà un esame più attento mostra la presenza di una serie di integrazioni seicentesche, per cui dobbiamo ritenere che sia stato posto qui dai Barberini e che sia successivamente caduto e rimasto sepolto, così da dare l’illusione di una sua pertinenza alla decorazione originale della villa imperiale.25 Di recente il monumento è stato spostato nei giardini della villa pontificia per dargli un maggiore risalto e allo stesso tempo una migliore protezione dalle infestazioni di lichene che lo avevano aggredito. A conclusione di questa rapida panoramica si possono dare alcune indicazioni riassuntive Residenze Imperiali nel Lazio 57 Fig. 8 - Arianna tipo Valentini (Foto Musei Vaticani) sulla decorazione scultorea, che doveva arredare il parco della villa. Conosciamo infatti il luogo di rinvenimento di alcune sculture venute alla luce tra il 1930 e il 1932 durante i lavori di adeguamento, eseguiti dopo l’acquisizione da parte della Santa Sede. Vicino al bordo del terrazzamento mediano, a sud del palazzo imperiale, fu rinvenuta una statua tipo Arianna Valentini (ig. 8), attualmente esposta nell’atrio di Villa Barberini.26 Una decina d’anni fa la scultura è stata nuovamente restaurata e in Tusculana 2 58 Fig. 10 - Torso in basanite, tipo atleta di Efeso (Foto Musei Vaticani) Fig. 9 - Efebo tipo Westmacott (Foto Musei Vaticani) quell’occasione si è potuto constatare come anche questa scultura sia da datare all’età di La villa di Domiziano a Castel Gandolfo Domiziano, contrariamente a quanto riteneva l’autore dello studio più esauriente sul tipo, il Bielefeld, che pensava a una datazione in età antonina. Poco più a nord-ovest nel ripiano inferiore, a breve distanza dal muro di terrazzamento che sostiene il ripiano mediano, furono rinvenute diverse altre sculture, anch’esse di notevole livello qualitativo: si tratta di una replica del Marsia mironiano,27 attualmente esposta nel Museo Gregoriano Profano in Vaticano, Paolo Liverani di una dell’Efebo tipo Westmacott28 (ig. 9) e di un magnifico torso in basanite tipo atleta di Efeso (ig. 10).29 Possiamo immaginare che tali statue siano cadute dal margine del terrazzamento superiore. Se a questi dati più sicuri aggiungiamo con cautela anche i rinvenimenti di altre sculture, di cui non è purtroppo conservata la provenienza esatta, sembra di poter riconoscere alcune linee di tendenza e di indovinare qualche elemento del progetto originario.30 Innanzitutto è chiaro che Domiziano, o meglio i suoi architetti e arredatori, utilizzarono sia sculture fatte eseguire appositamente per la villa, sia sculture già esistenti, provenienti da altre proprietà imperiali o forse da ville acquisite in vari modi nell’area. Tra queste sculture più antiche dobbiamo per esempio annoverare proprio l’efebo tipo Westmacott e il Marsia. In secondo luogo è possibile aggregare tematicamente o stilisticamente dei nuclei di sculture. All’efebo e al torso in basanite già citati, infatti, possiamo accostare due torsi tipo fanciullo di Dresda:31 si tratta in tutti questi casi di sculture che risentono in maniera diretta o indiretta dell’influsso policleteo e che sembrano abbastanza coerenti per un programma di decorazione a carattere atletico. Meno caratterizzate da un punto tematico e più genericamente decorative sono alcune statue di dimensioni minori del vero che costituiscono repliche da prototipi medio ellenistici, come un satiro, che faceva parte di un gruppo con una ninfa,32 una Venere tipo Anadyomene,33 un torso di Dioniso, parte di un gruppo in cui il dio ebbro veniva sorretto da un satirello,34 e infine un’erma dell’inverno,35 parte di una serie rappresentante le quattro stagioni. NOTE 1 Ancora fondamentale G. L, La villa di Domiziano sui Colli Albani, parte I, BullCom XLVII, 1917, pp. 5-54; L 1918. 2 L 1918, tav. I; G. L, La villa di Domiziano sui Colli Albani, parte III, BullCom XLIX, 1919, pp. 153-205. 3 F. M, Omaggio a Venere (su architrave domizianeo di Castel Gandolfo), RM LXXXIII, 1976, pp. 157-164. 4 M. B, Roman Construction in Italy from Tiberius through the Flavians, Washington 1959, pp. 135-136; N. N, L’architettura delle fontane e dei ninfei dell’Italia antica, MemNapoli V, 1965, pp. 156-157, n. 75, figg. 34, 83; P. G, Les jardins romains, Paris 1969, p. 305; A.G. MK, Houses, villas and palaces in the Roman World, London 1975, p. 131; G. H H, Studien zur römischen Nischenarchitektur, Leiden 1979, p. 72; H. M, Die Römische Villa. Architektur und Lebensform, München 1987, p. 71, fig. 44; W. L, Römische Brunnen und Nymphea in der westlichen Reichshälfte, (diss.) Münster 1989, p. 308, n. 73. 5 Cod. barb. lat. 1871, fol. 44 (G. L, BullCom XLIX, 1919, p. 155, tav. XI; sul codice cfr. B. A - L. I, Monumenta Albani et locorum adiacentium, una raccolta di disegni del XVII secolo, Palladio 16, luglio-dicembre 1995, pp. 107-126); acquerello sul frontespizio del cod. barb. lat. 4362, contenente una raccolta di dipinti di fiori di Francesco Mingucci e datato 21 agosto 1639. 6 Windsor Library RL 10402: cfr. sulla serie di questi disegni F. S, Sull’atelier di Cassiano dal Pozzo: metodi di ricerca e documenti inediti, in QuadPuteani 3, 1992, specie pp. 57-60; M. B, in QuadPuteani 4, 1993, p. 129, n. 82; B. A - L. I, Monumenti di Albano, Castel Gandolfo e Residenze Imperiali nel Lazio Nemi in alcuni disegno della collezione Dal Pozzo di Windsor Castle, in Archeologia Laziale XII.2, Roma 1995, p. 502, n. 6 (vol. A12/186 f. 10365v); p. 504, n. 10, fig. 4 (vol. A12/186 f. 10402). 7 G.B. P, Di due spelonche ornate dagli antichi alla riva del lago Albano, Roma 1762, tavv. 9-10. 8 M. G, Una moneta di Tito nella Villa Pontiicia di Castel Gandolfo, in RendPontAcc, XLIV 1971-72, pp. 167-172; M.S. B, Via per montes excisa. Strade in galleria e passaggi sotterranei nell’Italia Romana, Roma 1998, pp. 254-255. 9 Suet., Domit. 21; Plin., Paneg. 82. 10 R. L, I commentari di Frontino intorno alle acque e gli acquedotti, MonAL s. III, IV, 1879-1880, p. 454; G. L, StRom II, 1914, p. 27; E. B, I papi in campagna, Brescia 1982 (II ed.), pp. 379, 384 n. 31; L 1989, pp. 23, 38 n. 17. Cfr. anche Bartoli, in C. F, Miscellanea ilologica, critica e antiquaria I, Roma 1790, memoria 147; R. L, Storia degli scavi di Roma V, Roma 1994, pp. 151, 226. 11 N 1988, pp. 50, 141, n. 9.2, tav. 5; P. L, RendPontAcc LXI, 1988-89, pp. 107-108 e nota 7. 12 Resta il conto, datato 22 giugno 1661 del loro trasporto da Castel Gandolfo a Roma, al palazzo dei Ss. Apostoli pubblicato da V. Golzio, Documenti artistici sul Seicento nell’archivio Chigi, Roma 1939, p. 312, n. 3781, cfr. anche p. 307. 13 CIL XIV 2304-2305 = XV 7819-7820; L, I commentarii, cit. a nota 10, pp. 453-454, nn. 202-203; Suarez, cod. vat. 9136, ff. 209-213; 9140, ff. 47-48 (cit. da L 1918, p. 15); cod. Barb. lat. 2063, f. 109; cod. Chis. J VI 205, ff. 57-58 (già 56-57) con ottimi calchi; Suarez, cod. vat. lat. 9136, f. Tusculana 2 59 264, ed. T. Schreiber, BerSächsGesellWissLeipzig 37, 1885, p. 122: “in agro Albano ad Castrum Gandolfi in Exc.mi Principis Praenestini [scil. Barberini] horto, tubo plumbeo ibidem invento anno 1657 erat incisum IMP. CAESAR. DOMITIANI AVG. SVB CVRA ALYPII PROC. FEC. ESY[5 cerchietti]CHVS ET HERA, quod olim supplebant.” 14 Cod. Barb. lat. 4426, f. 56 (già 42). Benché miscellaneo il codice contiene alcuni disegni che si possono approssimativamente datare: la sfinge (f. 22), il sarcofago di Villa Giulia (ff. 27, 29) e quello strigilato (f. 28) sembrano essere stati rinvenuti durante il rifacimento di Piazza S. Pietro (1667?); il mosaico del f. 44 viene probabilmente da scavi del 1670. 15 R. L, NSc 1886, p. 236; cfr. anche R. L, Notes from Rome, s.l. 1988, p. 14, corrispondenza del 12.8.1876. L 1918, p. 5, riporta la notizia dello scavo del teatro di S. Bartoli in C. F, Miscellanea ilologica, critica e antiquaria I, Roma 1790, memoria 147, ma la riferisce a un’ipotetica scala di comunicazione tra il secondo e il terzo terrazzamento. Un pagamento di casa Chigi dell’8 maggio 1662 a Adamo Bifronte “per aver fatto un busto d’Alabastro et restaurato una testa d’imperatrice antica (...) di Castel Gandolfo” potrebbe forse riferirsi agli stessi scavi (V. G, Documenti artistici sul Seicento nell’archivio Chigi, Roma 1939, p. 313). 60 Berlin 1817, pp. 181-182. 22 L 1918, p. 38 nota 2, tav. II, H. 23 L 1918, p. 65. 24 L. C, L’Illustrazione Vaticana 4, 1933, p. 580, figg. 4-6; O. B, AA 1933, cc. 594-595, n. 6, fig. 9; B. N, RendPontAcc IX, 1933, p. 70; Id., Atti III Congr. Naz. St. Rom. I, Bologna 1934, pp. 35-36, tav. VI; G. G, RendPontAcc X, 1934, pp. 81-82, n. 1; H.  R  M, Antike Reiterstandbilder, Berlin 1958, p. 54, fig. 280; N. G, BMusPont V, 1984, p. 163, figg. 7-8; N 1988, p. 143, n. 9.20; J. Bergemann, Römische Reiterstatuen, Mainz a.R. 1990, pp. 63-64, P12, tavv. 20-23c. 25 L 1993, p. 123. 26 E. B, Antike Plastik XVII, 1978, pp. 59-61, n. 7, tavv. 36c, 38-39, figg. 5, 8, 12-14, 18-21 (con bibliografia); il restauro è stato diretto nel 1991 da chi scrive. Per il luogo di rinvenimento cfr. L 1989, tav. I.2. 27 G. Daltrop, Il gruppo mironiano di Atena e Marsia nei Musei Vaticani, Città del Vaticano 1980, p. 42, n. 2, tavv. V, VII, IX, XI, XIII; N 1988, p. 142, n. 9.14; L 1989, tav. I.2; 16 G. L, Il teatro della villa albana di Domiziano, StRom II 1914, pp. 21-53; L 1918, pp. 37-57; F. M, I marmi del teatro di Domiziano a Castel Gandolfo, RendPontAcc XLVI, 1973-74, pp. 63-77; H. von Hesberg, La scaenae frons del teatro nella villa di Domiziano a Castel Gandolfo, Archeologia Laziale IV, Roma 1981, pp. 176-180; L 1989, pp. 23-48. 28 L 1989, pp. 55-59, n. 21, tav. I.3; L 1993, pp. 120-125. 17 H. von Hesberg, Zur Datierung des heaters in der Domitiansvilla von Castel Gandolfo, RendPontAcc LI-LII, 1979-81, pp. 305-324; Id., La scaenae frons cit.. 31 L 1989, pp. 63-64, nn. 24-25. 18 Il teatro nell’Albanum di Domiziano e la funzione dei teatri nel contesto della villa romana (26-27 marzo 2001). 33 L 1989, pp. 91, n. 32. 19 Sono stati pubblicati recentemente da H. von Hesberg, E cornu taurum. Zu Fragmenten von Staatsreliefs im Albanum Domitiani, in Rome et ses provinces. Genèse et difusion d’une image du pouvoir. Hommage a J.-Ch. Balty, Bruxelles 2001, pp. 237-357. 35 L 1989, pp. 96-97, n. 35. 20 Ai disegni già citati alle note 5-6, si aggiunga anche quello della Windsor Library pubblicato da Amendolea - Indrio, Archeologia Laziale XII.2, cit. a nota 5, p. 506, n. 18, fig. 9 (vol. A12/186 f. 10410), e ovviamente le vedute Di G.B. Piranesi, Descrizione e disegno dell’emissario del Lago Albano, Roma 1762, tav. IX. È in corso un rilevamento della struttura diretto dal prof. von Hesberg. 21 E.   R, Tagebuch einer Reise durch einen heil Deutschlands und durch Italien in den Jahren 1804-1806, IV, La villa di Domiziano a Castel Gandolfo 29 L 1989, pp. 59-60, n. 22, tav. I.4. 30 Su questo tema si veda N 1988, 139-144, n. 9; L 1989, pp. 13-14; L 1993, pp. 122-125. 32 L 1989, pp. 92-96, n. 34. 34 L 1989, pp. 92, n. 33. A B L P. 1989: L’antiquarium di Villa Barberini a Castel Gandolfo, Città del Vaticano L P. 1993: Il Doriforo del Braccio Nuovo e l’Efebo tipo Westmacott di Castel Gandolfo. Nota sul restauro e sul contesto, in H. Beck - C.P. Bol (a cura di), Polykletforschungen, Berlin, pp. 117-140 L G. 1918: La villa di Domiziano sui Colli Albani, parte II, BullCom XLVIII, pp. 3-68 N R. 1988: Die Skulpturenausstattung römischer Villen in Italien, Mainz am Rhein Paolo Liverani