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Moda e linguaggio

Nel passato i codici dell'abbigliamento erano relativamente stabili e gli abiti esprimevano in modo quasi univoco, l'identità sociale di una persona. Con il tempo si è assistito ai fenomeni di democratizzazione della moda e l'appropriazione di simboli ad essa estranei per cui è diminuita la loro capacità di far trasparire l'identità del soggetto che li indossa. R. Barthes ne il Sistema della moda (1967) sostiene che l'abbigliamento può assumere tre aspetti: reale, rappresentato e utilizzato. Il primo è quello che viene concretamente prodotto, il secondo è quello che si può vedere nelle riviste di moda e altri reclame, il terzo è quello che si compra e indossa. In quanto consumatori, il capo che svolge un ruolo fondamentale è quello che ci giunge per primo tramite la sua rappresentazione. Dunque nel sistema moda non conta tanto la materialità dei vestiti bensì il suo stesso linguaggio costituito da rappresentazioni e relativi significati. Secondo lo strutturalista Saussure, Barthes opera una netta distinzione tra significante e significato traducibile come la differenza tra l'aspetto materiale di un indumento ed il suo significato. Il loro rapporto è regolato da un codice: un insieme di norme condivise e non conoscerlo vale a dire non sapersi orientare all'interno del sistema. In conclusione Barthes attribuisce agli abiti la capacità di esprimere significati profondi per cui non dovremo esserne condizionati. Per quanto l'abbigliamento possa esprimere un significato più o meno debole, esso da dove deriva? Da chi lo crea, chi lo indossa o chi lo guarda? La moda non è dotata di una grammatica e di un vocabolario come il linguaggio, ma come le parole, essa assume un significato a seconda del contesto spaziale e temporale nel quale si trova.

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