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Nel passato i codici dell'abbigliamento erano relativamente stabili e gli abiti esprimevano in modo quasi univoco, l'identità sociale di una persona. Con il tempo si è assistito ai fenomeni di democratizzazione della moda e l'appropriazione di simboli ad essa estranei per cui è diminuita la loro capacità di far trasparire l'identità del soggetto che li indossa. R. Barthes ne il Sistema della moda (1967) sostiene che l'abbigliamento può assumere tre aspetti: reale, rappresentato e utilizzato. Il primo è quello che viene concretamente prodotto, il secondo è quello che si può vedere nelle riviste di moda e altri reclame, il terzo è quello che si compra e indossa. In quanto consumatori, il capo che svolge un ruolo fondamentale è quello che ci giunge per primo tramite la sua rappresentazione. Dunque nel sistema moda non conta tanto la materialità dei vestiti bensì il suo stesso linguaggio costituito da rappresentazioni e relativi significati. Secondo lo strutturalista Saussure, Barthes opera una netta distinzione tra significante e significato traducibile come la differenza tra l'aspetto materiale di un indumento ed il suo significato. Il loro rapporto è regolato da un codice: un insieme di norme condivise e non conoscerlo vale a dire non sapersi orientare all'interno del sistema. In conclusione Barthes attribuisce agli abiti la capacità di esprimere significati profondi per cui non dovremo esserne condizionati. Per quanto l'abbigliamento possa esprimere un significato più o meno debole, esso da dove deriva? Da chi lo crea, chi lo indossa o chi lo guarda? La moda non è dotata di una grammatica e di un vocabolario come il linguaggio, ma come le parole, essa assume un significato a seconda del contesto spaziale e temporale nel quale si trova.
Verga e il Verismo, a cura di Giorgio Forni, Roma, Carocci, 2022
Some reflections about the communication and the advertising of fashion: Its effectiveness, its values
Per gli studiosi degli anni sessanta e settanta la moda era un oggetto che incuriosiva, in parte anche attraeva per il suo trasformarsi proprio in quell'epoca da pratica di distinzione sociale, la moda di classe, a pratica espressiva e comunicativa, la moda "degli stili di vita" , ma che veniva aspramente criticato in quanto uno dei fenomeni di neomania indotti dal capitalismo. Sulla scorta della Scuola di Francoforte, nella propensione ai consumi veniva individuata una possibile deriva dall'impegno sociale. Gli studi recenti 1 , al contrario, si sono focalizzati principalmente sull'interpretazione della varietà di significati di ciò che va sotto il termine moda, cercando di liberarla dalla connotazione effimera di cui ha sofferto a fasi alterne sin dai tempi della polemica settecentesca sul lusso. Già Jean Baudrillard 2 , seppure assai critico nei confronti della moda, che secondo la sua analisi promette un'uguaglianza di fatto introvabile nelle società capitaliste, riteneva che la moda offrisse il terreno per analizzare aspetti significativi delle nostre società. Il continuo rinnovamento di segni, la perenne produzione di senso, solo in apparenza arbitrario, nel mistero intatto dell'alternanza dei suoi cicli, sono l'espressione più efficace della nostra società contemporanea. Con il tramonto della moda come distinzione sociale e l'inizio dell'era della moda aperta 3 , nuovi significati si presentano pronti a essere veicolati dalla moda, emblema dei consumi culturali della società contemporanea. Nella società tardo-capitalista dei consumi l'accresciuta importanza della moda in quanto comunicazione è più che evidente. Non solo la forma moda influenza, ma plasma le modalità del desiderio e dell'immaginazione. Il desiderio di "muoversi con la moda" 4 fa convergere in modo crescente le nozioni dello stile sul corpo vestito e la nostra attenzione si focalizza sull'insieme delle pratiche che definiscono l'identità. La moda è dunque attività antropoietica per eccellenza, serve, cioè, a "fare umanità" 5 . Attraverso i suoi must la moda fornisce indicazioni su cosa è giusto o non è giusto indossare e ci prepara per l'immediato futuro, facendoci assaporare le anticipazioni dei Susy Porter e Mike Nichols da Maxim's a Parigi, 1962 (Fotografia Richard Avedon)
MAREA, 2019
Short essay on the topic of prostitution. Published in Italian by the feminist journal MAREA.
2012
Nonostante la grande attenzione mediatica ricevuta dai fashion designer nel corso degli ultimi secoli, ciò che hanno raccontato e scritto ha finora ottenuto poca considerazione da parte degli studi sulla moda. Il libro presenta dichiarazioni e testi di fashion designer, con l'obiettivo di commentarli criticamente e contribuire alla comprensione della moda attraverso una delle figure più affascinanti e discusse prodotte dalla cultura occidentale di epoca contemporanea. Jean-Philippe Worth, Rosa Genoni, Charles Creed, Paul Poiret, Madeleine Vionnet, Elsa Schiaparelli, Christian Dior, Emilio Pucci, Gianfranco Ferré, Franco Moschino, Marc Jacobs, Alexander McQueen, Bless e Bruno Pieters sono alcuni dei nomi coinvolti in un dialogo ideale. Il libro indaga il processo storico di definizione del potere culturale dei designer e i loro ambiti progettuali, con particolare attenzione al lavoro creativo e ai concetti di autorialità e storytelling. Il volume esplora inoltre le interazioni dei fashion designer con il sistema della moda, mostrando la vitalità del dibattito interno e gli aspetti conflittuali.
L'articolo presenta le caratteristiche fondamentali della gara poetica improvvisata logudorese, attraverso lo spettro della comunicazione religiosa dei componimenti "a taulinu" che chiudevano la gara stessa in onore al santo patrono o all'occasione
Il presente volume raccoglie gli atti del Convegno “Diritto e linguaggio: il prestito semantico tra le lingue naturali e i diritti vigenti in una prospettiva filosofico-sociologica e informatico-giuridica”, tenutosi presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche Cesare Beccaria dell’Università di Milano, il 12 e 13 dicembre 2014. Alcuni saggi del volume riproducono le relazioni presentate al Convegno (si tratta dei seguenti contributi: L’analisi semantica come strumento per l’argomentazione giuridica; Mimesi istituzionale come integrazione concettuale: una interpretazione del prestito semantico nel contesto giuridico; Linguaggio del diritto e informatica giuridica; Le modalità di ricerca nelle banche di dati giuridiche (tra linguaggio utilizzato e possibilità predittive)). Gli altri saggi sono frutto di interventi di partecipanti al Convegno e, per quanto concerne i curatori, rappresentano un primo esito di un progetto di ricerca avviato nel 2014 volto ad approfondire il tema dei rapporti semiotici tra linguaggio ordinario e linguaggio giuridico e, in particolare, avente l’obiettivo di analizzare il fondamento, la funzione e la struttura, nonché la estensione e i limiti del prestito semantico sussistente tra lingue naturali e discorsi giuridici. [...] Sul punto, ci piace richiamare le parole di John Austin nel suo celebre paper “A Plea for Excuses” (in «Proceedings of the Aristotelian Society», New Series, Vol. 57, 1956-1957, pp. 1-30): Then, for the Last Word. Certainly ordinary language has no claim to be the last word, if there is such a thing. It embodies, indeed, something better than the metaphysics of the Stone Age, namely, as was said, the inherited experience and acumen of many generations of men. But then, that acumen has been concentrated primarily upon the practical business of life. If a distinction works well for practical purposes in ordinary life (no mean feat, for even ordinary life is full of hard cases), then there is sure to be something in it, it will not mark nothing: yet this is likely enough to be not the best way of arranging things if our interests are more extensive or intellectual than the ordinary. And again, that experience has been derived only from the sources available to ordinary men throughout most of civilized history: it has not been fed from the resources of the microscope and its successors. And it must be added too, that superstition and error and fantasy of all kinds do become incorporated in ordinary language and even sometimes stand up to the survival test (only, when they do, why should we not detect it?). Certainly, then, ordinary language is not the last word: in principle it can everywhere be supplemented and improved upon and superseded. Only remember, it is the first word.
Tesis ENAH Arqueología, 2024
OCCULTISME CELTIQUE : AU PIED DE LA LANTERNE DES MORTS., 2017
IOER International Multidisciplinary Research Journal, 2020
Туризмът - отвъд очакванията. Сборник юбилейна международна научна конференция: 100 години УНСС и 30 години катедра "Икономика на туризма", стр. 788-797 , 2020
APSA Pre Prints, 2024
Visión de Futuro, 2021
KnE Social Sciences
Scientific Reports, 2021
Rheumatology International, 2013
IOSR journal of research & method in education, 2014
Anais do Encontro Nacional de Engenharia de Produção, 2018