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Qual è la differenza tra saggio e intelligente?

2024, Toscana ebraica

The controversy between Arius and the Catholics interpreted on the basis of the wisdom of the Kabbalah in Elia Benamozegh's commentary on the Pentateuch.

Anno 37 n. 4 Luglio - Agosto 2024 Siwan – Tammuz – Av 5784 Bimestrale di notizie e cultura ebraica Firenze Ebraica. Bimestrale toscano di notizie e cultura ebraica. Autorizzazione del Tribunale di Firenze n. 3628 del 3.11.1987 Direttrice responsabile: Hulda Brawer Liberanome Redazione: Renzo Bandinelli Wlodek Goldkorn Paola Jarach Bedarida Daniela Nencini Milka Ventura Avanzinelli Emanuele Viterbo e-mail: [email protected] www.toscanaebraica.it Comunità ebraica di Firenze Via Luigi Carlo Farini, 4 50121 Firenze Tel. 055 245252 – Fax 055 241811 e-mail: [email protected] IBAN IT71Y0103002804000000454947 ISSN 2612-0895 (Ed. cartacea) ISSN 2784-854X (Ed. digitale) Impaginazione e stampa: Nova Arti Grafiche srl - Signa (Firenze) I numeri di Toscana ebraica sono consultabili presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze e la Biblioteca della Comunità ebraica di Firenze In copertina: Marc Chagall, Agar dans le désert, litografia, 1960 (credit wikiart.org) Indice Lettera ai lettori Hulda Brawer Liberanome .............................................................................. 3 Festivit à e p e n si e ro e b ra i co La “legge del taglione” e il diritto antico-israelita Andrea Bemporad ........................... 4 Cultu ra La Fondazione Ambron e Castiglioni Alberto Boralevi ....................................................... 8 Leone Ambron e la Galleria d’arte moderna di Firenze Graziella Cirri ...................... 12 Gli Ambron Lionella Neppi Modona Viterbo .............................................................................. 16 Il Maghen nashim di Leone de’ Sommi Umberto Fortis .................................................... 20 Qual è la differenza tra saggio e intelligente? Marco Liuzzi ....................................... 24 Gli ebrei, i Medici e il ghetto di Firenze; una mostra alla Galleria degli Uffizi Jan Władysław Woś ................................................ 28 S ho à, Ge n ocid i , Re si ste n z a Memorie di Resistenza Fiorentina Patrizia Valobra ........................................................... 32 Is rae le Opinioni sul conflitto Renzo Bandinelli; David Cassuto; Wlodek Goldkorn; Giorgio Jellici; Ilana Raccah; Tullio Sonnino; Sandro Ventura ............................................... 34 Do m a n de e ri sp o ste ‘ a l r e g h e l a chat ‘Anan, “nuvola” Filippo Tedeschi, Ufficio rabbinico di Firenze .......................................... 46 La voce de i ra g a z z i Shabbat Acharé mot derashà di Elà Shafir ............................................................................ 48 Shabbat Bechuqqotay derashà di Gadiel Servi ....................................................................... 50 Dal le Com u n it à Firenze Testimonianze Emanuela Servi Di Castro .................................................................................. 54 Non solo nomi Sara Cividalli ......................................................................................................... 55 Indice Le interviste che creano ponti: i testimoni della Shoà si raccontano ai giovani fiorentini Ilana Raccah ........................ 59 Una “Cena con Delitto” a Firenze Ariet Lea Jelinek ................................................................ 61 Elezioni per il rinnovo del Consiglio della Comunità di Firenze Emanuele Viterbo ..... 64 Al via la XII edizione del Balagan Café "Dove comincia la pace" ................................... 68 Anag ra fe .................................................................................................................................. 69 Var ie I cimiteri ebraici e acattolici di Livorno: storia e memoria in un recente volume di Lucia Frattarelli Fischer Lorenzo Benedetti ......................... 72 Leggi razziali, vita, morte in un romanzo breve di Valentina Supino Fabrizio Franceschini ............................................................................... 77 Agar e Sara Anna Uncini ................................................................................................................ 81 In Vers i Il Rabbino di Praga e ir Golem Piero Nissim .......................................................................... 85 Strettoie Alessandro Nocchi .......................................................................................................... 85 Libri e film Moralità recensione di Renzo Bandinelli .................................................................................... 86 Le vite spezzate delle Fosse Ardeatine recensione di Marinella Mannelli ...................... 89 La ragazza dei colori recensione di Lionella Neppi Modona Viterbo .................................. 91 Segnalazioni ..................................................................................................................................... 92 Lettere Ringraziamentoo Maxim Ribakov ............................................................................................... 93 Rico rdo di Jacopo Treves rav Gadi Piperno; rav Amedeo Spagnoletto; Daniele Liberanome; Sandro Ventura ....... 94 Augu ri de l la Re d a z i o n e ................................................................................ 102 Cultura Qual è la differenza tra saggio e intelligente? Marco Liuzzi L ’estate il sabato è tempo di lettura del Deuteronomio. Elia Benamozegh, nel suo commento alla Torà, Em la-Miqrà, commenta il verso di Deuteronomio 1,13; eccolo: ‫ָהָֹבּו ָָלָכֶם ֲֲאֹנֵָׁשִִים ֲַח ָָכִמִִים ּוֹנֹּבֹֹנִִים‬ ‫ֵׁש ֹּבֵטִׁיָכֶם ַו ֲֲאִׂשִִיִמׁם ְּב ָָּרֲאֵׁשִׁיָכֶם‬ ִ ‫ִוִיֻדֻ ַעִִים ָּל‬ Sceglietevi [“portate a voi”] uomini saggi [chakhamim] e intelligenti [nevonim] e conosciuti [yedu‘im] per le vostre tribù e Io li metterò come vostri capi. Rashì commenta: Intelligenti [nevonim] – capiscono [mevinim] cosa di dentro cosa. Questo è quello che chiese Ario a rabbi Yosè: “Qual è la differenza tra saggi [chakhamim] e intelligenti [nevonim]?”; [rabbi Yosè gli rispose:] “Il saggio [chakham] è come il banchiere ricco [‘ashir], che quando gli portano dei denari a vedere vede, e quando non gliene portano siede e si interroga; l’intelligente [navon] è come il commerciante [shulchanì tagar], il quale quando gli portano soldi a vedere vede, e quando non gliene portano ricicla [machzer; anche ‘va in giro’, dandosi quindi da fare] e porta del suo”. Ario, scrive Benamozegh, altri non è che quell’Ario fondatore della setta degli Ariani che durante il IV secolo fu al centro di aspre discussioni e crisi dentro la Chiesa. 24 Ario sosteneva che il Figlio, “strumento” usato da Dio per la creazione del mondo, era stato creato al momento della creazione, e quindi, essendo Dio invece situato al di fuori del tempo, vi era stato un quando in cui il Figlio non era. Il suo oppositore nella disputa, il vescovo Alessandro, sosteneva di contro che il Figlio era stato da sempre presente presso Dio. Se il Figlio fosse comparso sulla scena in un secondo tempo, infatti – era la sua tesi – vi sarebbe stato un tempo in cui Dio, privo del Figlio, era «alogos», privo del Logos, della Sapienza, e questo non era a parere di Alessandro concepibile. I cristiani tutti infatti identificavano il Figlio con il Logos, la Sapienza: per i cristiani vi sono Dio (il “padre”), e il Logos (il “figlio”). Tutti dovevano prendere molto sul serio l’obiezione di Alessandro, e Benamozegh non fa eccezione. In realtà, per rispondere sarebbe sufficiente notare che un principio generale del pensiero emanazionistico è che i caratteri dell’ipostasi emanata si trovano già in quella emanante, almeno in potenza, e che l’ipostasi emanante non subisce diminuzione a causa del processo di emanazione dell’ipostasi successiva. L’«Uno», insegna Plotino, nell’atto dell’emanare «rimane interamente in se stesso». L’Uno non ha bisogno di riverToscana Ebraica Anno 37 n. 4 del 2024 Cultura sarsi nelle altre cose che esistono dopo di lui; non ha bisogno che «qualcosa d’altro nasca da Lui e lo abbandoni per andare, ovunque sia, nelle altre cose» (Enneadi V 5,12; VI 5,3). L’«Uno», dice ancora Plotino, «è tutti, perché Egli non si consuma se tutti nascono da lui» (Enneadi V 8,9). Nonostante ciò, come dicevamo, tutti prendevano a quanto pare molto seriamente l’obiezione del vescovo Alessandro, né Benamozegh stesso propone nel suo commento la contro-obiezione delineata sopra. Il vescovo Alessandro sosteneva che il Figlio, presente secondo lui da sempre fin da prima la creazione del mondo, era “consustanziale” con il Padre, mentre Ario, il quale predicava che il Figlio era stato creato al momento della creazione del mondo, ne negava la consustanzialità. Benamozegh rintraccia l’origine della contesa nell’identificazione del Figlio con due diverse emanazioni divine (sefirot) della Cabbalà: il vescovo Alessandro identificava il Figlio con la Chokhmà, la “sapienza superiore” della Cabbalà, la quale è per i cabbalisti “vicina” a Dio e in accordo con tale vicinanza affermava la consustanzialità del Figlio. Ario identificava, senza esserne conscio, il Figlio con la Tif’eret, la “sapienza inferiore” della Cabbalà, la quale è per i cabbalisti “lontana” da Dio, e in accordo con tale lontananza ne negava la consustanzialità. Nel sistema di Platone, la “sapienza superiore” della Cabbalà, la Chokhmà, corrisponde al “bene”; la “sapienza inferiore”, la Tif’eret, al “bello”. Luglio - Agosto 2024 / Siwan - Tammuz - Av 5784 Benamozegh parte dal commento di Rashì sopra riportato, nel quale Ario chiede della differenza tra saggio e intelligente e, cercando tra i testi della tradizione, trova un altro commento a Deuteronomio 1,13, quello dello Yalqut Shim‘oni, che nella prima edizione stampata a Venezia nel 1566 scrive: Questo è ciò che chiese Ario a rabbi Yosè; gli disse: “Chi è il saggio [chakham]?”; [rabbi Yosè] gli disse: “Colui che pratica [meqayyem] il suo studio [talmudò]”; [Ario replicò:] “O non è questi forse solo l’intelligente [navon]?”; [rabbi Yosè] gli disse: “È già detto [esplicitamente] ‘intelligenti’ [nevonim]; qual è la differenza tra saggio [chakham] e intelligente [navon]? Il saggio [chakham] è come il banchiere [che] quando gli portano [del denaro] a vedere vede [e] quando non gliene portano fa uscire del suo e vede; l’intelligente [navon] è come il banchiere povero [‘anì] [che] quando gli portano [del denaro] a vedere vede, quando non gli portano [del denaro] a vedere siede e si interroga”. Si vede come in questo commento dello Yalqut le caratterizzazioni del saggio e dell’intelligente siano scambiate tra loro rispetto al commento di Rashì: per lo Yalqut, il saggio quando non gli portano del denaro a vedere «fa uscire del suo», mentre l’intelligente quando non gli portano del denaro a vedere «siede e si interroga». Dunque il saggio, rileva Benamozegh, fa più dell’intelligente, e, poiché a questi è richiesto meno che al saggio, da ciò deriva – è la sua conclusione – che ogni saggio è intelligente. Benamozegh, tramite un’analisi fi25 Cultura lologica complicata dei testi, dichiara «sbagliata» (come dice lui) la versione del commento di Rashì, e giusta e più vera e originale la versione dello Yalqut. Ogni saggio è dunque intelligente. Il problema dal quale si era partiti non era tuttavia quello di se ogni saggio fosse già di per sé intelligente, ma se Dio, prima dell’emanazione del Figlio (il quale per i cristiani era la Sapienza) fosse già sapiente (cioè già “saggio”; possiamo identificare tra loro i due termini di “saggio” e “sapiente”, facendo entrambi capo alla parola ebraica chokhmà, anche se alcuni filosofi, in particolare Aristotele, fanno distinzione tra le due parole), oppure no. Ario però tendeva ad identificare il Figlio con la “sapienza inferiore”, la Tif’eret, la quale è infatti il “Figlio” per la Cabbalà, e Tif’eret è strettamente legata all’intelligenza, la Binà, la “Madre” di Tif’eret per la Cabbalà. Anche nel sistema di Platone, d’altronde, l’“intelligenza demiurgica”, la Binà della Cabbalà, genera il “bello”, la Tif’eret, e le due emanazioni sono strettamente associate tra loro. A integrazione del commento di Benamozegh, citiamo anche Dante, ove in Paradiso XXXII, 84, san Bernardo invita il poeta a contemplare il volto di Maria (Binà per la Cabbalà): Riguarda omai ne la faccia che a Cristo [Tif’eret, per Ario] più si somiglia, ché la sua chiarezza sola ti può disporre a veder Cristo. Ora, a Dio, scrive Benamozegh, è attribuito nei testi sacri il carattere di 26 “saggio” (ad esempio in Giobbe 9,4: «Egli è saggio di cuore e intrepido nella forza»), e se, come deriva dall’interpretazione del commento dello Yalqut, ogni saggio è intelligente, Dio, che è saggio (tale saggezza essendo interpretata come riferita alla “saggezza superiore”, la Chokhmà), egli è anche da sempre intelligente: Dio aveva così in sé il Logos (inteso come “saggezza inferiore”, Tif’eret) già prima dell’emanazione del Figlio. L’obiezione del vescovo Alessandro è in tal modo confutata. I sottili distinguo che la Cabbalà compiva tra la “sapienza superiore” e la “sapienza inferiore” erano andati perduti nel pensiero teologico cristiano, il quale aveva, più o meno consapevolmente, abbandonato il riferimento delle “emanazioni divine”, le dieci sefirot, corrispondenti ciascuna a un comandamento di Dio. Essendo le origini cabbalistiche del sistema cristiano tuttavia ai tempi di Ario e del vescovo Alessandro ancora ben presenti ai pensatori cristiani, Ario andò a conferire con rabbi Yosè per capire di più circa la Sapienza e per avere appoggi alla sua tesi che il Figlio non era consustanziale con Dio: «“Qual è la differenza tra saggi [chakhamim] e intelligenti [nevonim]?”; “Il saggio [chakham] è come il banchiere ricco [‘ashir] […]”» Pur essendo ogni saggio intelligente, c’è tuttavia una differenza tra i due, e nel rispondere ad Ario rabbi Yosè gli indica quella necessità di distinguere tra gli oggetti della teologia, di una conferma della quale egli era alla ricerca: il Figlio non è il Padre, ma una Toscana Ebraica Anno 37 n. 4 del 2024 Cultura ipostasi posta a un livello inferiore. L’arianesimo, il quale trionfò per determinati periodi nell’Impero romano, «riavvicinò i cuori», scrive Benamozegh, di ebrei e cristiani, i primi vedendo nell’affermazione ariana della subordinazione del Figlio al Padre il riconoscimento appunto del concetto così caro all’ebraismo della differenziazione tra i diversi oggetti della teologia, e la loro disposizione su livelli diversi nell’albero delle sefirot. Gli imperatori ariani da parte loro tenevano in grande onore i rabbini, e dicevano che avevano vinto le battaglie perché nel corso di esse gli era apparso davanti il volto di un qualche rabbino. Noi siamo grati a Benamozegh, il quale ci mostra come i concetti della teologia ebraica (cioè, della Cabbalà) possano essere usati per seguire le dispute che si svolgono in altre religioni, in ciò venendo ribadito il concetto dell’unitarietà della riflessione teologica attraverso tutti i popoli e ogni cultura. Riferiamo il lettore che sia interessato ad approfondire il commento di Benamozegh al nostro libro Qual è la differenza tra saggio e intelligente? (Amazon Digital Services, 2021), il quale illustra anche, usando il linguaggio della psicologia moderna, il significato delle diverse sefirot, e spiega la loro relazione con i dieci comandamenti. Per segnalare episodi di antisemitismo rivolgersi a: 800979060 [email protected] Luglio - Agosto 2024 / Siwan - Tammuz - Av 5784 27