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Atti Cattedrale Piacenza e la civilta medievale Ferrari Zilocchi

2024, Carlo Arturo Quintavalle (a cura di), La cattedrale di Piacenza e la civiltà medievale

Nuove scoperte dai cantieri di restauro otto-novecenteschi: copie, rilavorazioni, sostituzioni degli originali

I restauri della cattedrale di Piacenza (1897-1925) Manuel Ferrari e Barbara Zilocchi i principali restauri del tempo – evidenti le analogie con quello condotto sulla cattedrale fidentina una decina d’anni prima, con cui faremo dei brevi parallelismi tematici8 – già approvato nelle linee principali nel 1894, subì un fermo di cantiere disposto dal Prefetto, dopo una vertenza con il Ministero dell’Istruzione, infine una dichiarata condanna9? Cercheremo in questa trattazione di descrivere alcuni fatti e capire le vere ragioni. Le ragioni per cui si è ritenuto di argomentare i restauri condotti tra il 1897 e il 1902 e poi dal 1909 al 1911 (1° cantiere Guidotti), noti come restauri scalabriniani, progettati e diretti da Camillo Guidotti, e ripresi negli anni ’20 (2° cantiere Guidotti), sono diverse1. Per la prima volta la cattedrale fu al centro di un restauro progettato di rilevanza nazionale ma anche europea2, che in linea coi modi italiani del restauro storico-filologico, di cui fu esponente l’architetto Luca Beltrami3, allievo di Camillo Boito, oltre a riparare, mirava anche a restituire lo stile originario della fabbrica secondo quella logica razionale ed archeologica, come si legge anche nei documenti piacentini – logico e razionale sarà definito il restauro del duomo piacentino nella relazione di Beltrami4 – che non avrebbe lasciato spazio ad invenzioni, in quanto scaturiva da ricerche storiche, da ispezioni, da rilievi5 e si avvaleva della registrazione dei lavori – scritta e fotografica – di confronto tra i dati progettati e quelli riscontrati. Il diario dei lavori era il luogo della registrazione incontrovertibile degli interventi per non trarre in inganno né il prossimo né altri (Boito). Di questa registrazione ci è giunto uno dei più straordinari corpus documentario, noto come ‘Diario Guidotti’, un moderno giornale dei lavori, composto da 4 volumi datati 1898, 1899, 1900, 1901 (nn. 14, 15, 16, 17), dalla cui lettura non ci siamo potuti sottrarre per l’occasione di questo convegno (fig. 1). Proveremo poi ad illustrare con quali tecniche e modalità questo restauro sia stato condotto, spesso avvalendosi di metodologie in contrasto tra loro. Così assistiamo da una parte al metodo analitico per la ricerca accurata dell’arenaria più appropriata per le sostituzioni, in nome della durevolezza e non della tonalità; prima alla integrazione e poi alla riconoscibilità degli innesti – secondo boitiana memoria – per passare alla copia perfetta di pezzi scolpiti, non semplificati nelle forme, come prescriveva Boito, oppure all’invecchiamento delle pietre riparate, all’abile graffiatura e martellatura dei mattoni delle sostruzioni murarie. E infine assistiamo alla progettazione di pezzi d’invenzione per analogia architettonica in sostituzione di alcuni elementi del portale maggiore rifatti nel XVI secolo6, fino alla riproduzione di interi sistemi architettonici perduti o mai esistiti, come le logge del transetto nord, o il ripristino del sistema di accessi in cripta. Invece assistiamo alle prescrizioni per il trattamento delle lacune pittoriche a grigio-neutro e per l’impiego di linee separatrici tra parti aggiunte e parti antiche, che Luigi Morgari dovrà seguire per il restauro degli affreschi7. Ma allora perché questo restauro, così in linea con La seconda ragione è che i restauri ottocenteschi modificarono profondamente la cattedrale. Va detto fin da ora che in quegli anni non si disponeva né di prodotti né di tecnologie adeguate ad arrestare il degrado dei materiali lapidei e quindi le tecniche ormai consolidate erano la rimozione del materiale disgregato mediante bruschinaggio e scalpellatura e successiva lavorazione della materia rimasta. Vi era poi il grosso problema, dichiarato dalla direzione lavori, di manodopera inesperta e quindi queste tecniche, che inizialmente dovevano essere predominanti, furono limitate alle zone meno compromesse e per il resto si intervenne con le sostituzioni. Anche il consolidamento strutturale della lesione sub-verticale in facciata rese necessario lo smontaggio del sistema murario centrale compreso tutto il protiro maggiore. Questo insieme di operazioni annullò quindi la maggior parte delle discontinuità murarie che erano prova di stratificazioni, e che oggi, in assenza di un’accurata analisi archeologica degli elevati e mensiocronologica delle murature, risultano difficilmente leggibili10. Furono rimosse le lavorazioni antiche delle pietre, dei letti e dei giunti di malta, alterate ammorsature e addossamenti, indispensabili per inquadrare cronologie e maestranze. L’intervento comportò la più ingente perdita di materiale antico scolpito: sulla facciata furono sostituiti più di 30 mc di arenarie e sui lati longitudinali più di 300 ml di marmo veronese11. Agli architetti restauratori di oggi queste modalità – affettature delle pietre, livellamenti, abrasioni delle parti ‘guaste’, inserimenti di lastre lapidee di rivestimento ancorate con ferri ossidabili, uso di cemento portland, rincocciature del sodo murario con laterizi nuovi – impongono di affrontare il tema complesso del ‘restauro del restauro’. La terza ragione si deve alla necessità di fare chiarezza su estensione, tipologia e cronologia degli interventi. I dati ricavati dal diario conservato nell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza, dove sono riportati giornalmente con meticolosa descrizione maestranze, fasi di lavoro, materiali e visite, intrecciati con quelli dei verbali delle sedute della commissione amministrativa, delle spese, dei contratti e della corrispondenza epistolare, ma 9 1. Settimana dal 6 al 12 novembre, Diario dei lavori, n. 15, 1899 (Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza, d’ora in poi ACCPC) anche dei documenti dell’archivio Guidotti, consentono di arricchire la conoscenza del palinsesto materiale della cattedrale e delle sue trasformazioni di fine ‘800 e di inizio ‘900, utile non solo agli storici dell’arte ma anche ad architetti e restauratori che dovranno intervenire in futuro sulla fabbrica12. La nostra trattazione quindi si conclude con la registrazione grafica, sui rilievi a laser scanner messi a disposizione dall’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza, degli interventi eseguiti tra il 1897 e il 1901, tra il 1910 e il 1911 e poi attorno al 1923-25, principalmente su architettura e scultura, una sorta di as build, dove sono distinte le aree di demolizione e di costruzione per ripristino, di riparazione, di consolidamento, di sostituzione/ riproduzione, di smontaggio e rimontaggio e di invenzione. Svilupperemo quindi la nostra trattazione sul ‘primo cantiere Guidotti’ in tre atti: le anticipazioni al restauro; il confronto sul restauro; metodi, estensione e tempi del restauro. Infine abbiamo riservato una trattazione a sé stante al ‘secondo cantiere Guidotti’, relativo al restauro dell’abside maggiore e della sua monofora, condotto tra il 1923 e il 1925, luogo interessantissimo dove riconoscere, come vedremo, oltre le effettive trasformazioni della materia scolpita, anche un nuovo modo di concepire la copia nel restauro moderno. 1. Le anticipazioni al restauro Le ragioni che portarono nel 1894 il vescovo Giovanni Scalabrini ad intraprendere il restauro completo della cattedrale erano la riparazione urgente per l’avanzato stato di degrado, l’isolamento del monumento dalle superfetazioni che le erano addossate, eliminare quelle aggiunte che all’interno avevano alterato le linee originarie dell’edificio, migliorare l’occupazione lavorativa della popolazione. Le stesse ragioni che avevano incentivato anche il restauro della cattedrale fidentina13. Le premesse risalivano però al 1884 e già nel 1885 si stendevano le linee guida per il progetto di intervento sulla cattedrale, anche se alcuni lavori erano già stati avviati tra il 1872 e il 1875, come la rimozione di lapidi dai pavimenti, le decorazioni attorno agli altari, nuove finestre a lancetta del cleristorio14 e la demolizione degli intonaci, che portò in luce alcune trifore della navata centrale. Sui quotidiani dell’epoca si parlava di caduta di ele10 2. Facciata del duomo di Piacenza, 6 giugno 1894, progetto di puntellamento della galleria sommitale, prospetto e pianta, dettagli, scala 1:100 (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Parma e Piacenza, fondo ex Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici, busta PC/M21, 1892-1905) (d’ora in poi: ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21) 3. Facciata del duomo di Piacenza, 6 giugno 1894, progetto di puntellamento della galleria sommitale, sezioni, dettagli, scala 1:20 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) 4. Prospetto sud, raffronto tra stato di fatto e progetto, da C. Guidotti, Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Monumenti (Divisione Undicesima) 1898-1907 (III versamento, II parte), (d’ora in poi: ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 5. Progetto di ripristino del lato meridionale (1895 circa), prospetto, sezioni e pianta, scala 1:100, copia eliografica (Archivio Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna, Archivio disegni, “Piacenza – Chiesa cattedrale”, d’ora in poi: ASABAPBO) menti lapidei dalla facciata e la risposta a queste segnalazioni fu il sopralluogo dell’ingegnere Guglielmo della Cella il 30 dicembre 1884, cui seguirà una sua perizia dettagliata il 1° aprile 1885 sulle condizioni di salute del duomo e le soluzioni da adottare; quindi due successive perizie, una del 1885 ed una del 1894, con cui si ampliavano i lavori e aumentavano i costi, da 23.900 a 200.000 lire15. Durante il sopralluogo annotava urgenti lavori alle coperture e agli elementi lapidei in arenaria della facciata, dei fianchi e dell’abside e attorno alla cupola. Riteneva in- dispensabili interventi urgenti di “riattazione anche parziale delle membrature di quelle danneggiate” e, notando che di recente erano state inserite delle pietre in arenaria di diverso colore, ne prescriveva la rimozione. Questa soluzione verrà abbandonata più tardi nella pratica del cantiere16. Fin da subito invece si affrontò anche il tema del ripristino. Nella prima perizia si prevedevano sostituzioni dei rivestimenti e rifacimenti di pilastri e semicolonne, colonnine, capitelli, mensole e basi delle loggette, sia in facciata che sui fronti laterali; e già allora la rimozione della balaustra dal secondo ordine del protiro centrale. Riguardo alla finestra absidale, molto compromessa, si prevedeva la sostituzione di 5 mq dell’ornato del finestrone posteriore. Ma, come vedremo, dovremo attendere il 1925 per assistere ad un intervento mirato sulla monofora absidale, quando, come vedremo, furono eseguiti i calchi dei due profeti ai suoi lati, oggi conservati nel seminario vescovile. La seconda perizia scaturiva dalla relazione fatta dalla Commissione Conservatrice dei Monumenti17, trasmessa sia alla Regia Prefettura che all’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti dell’Emilia, che dipendeva dal Ministero della Pubblica Istruzione. La Commissione 11 6. Planimetria generale e piano delle demolizioni, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 7. Planimetria generale e pianta della chiesa, progetto di isolamento del duomo e accesso al presbiterio, in parte non realizzato, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) affiancava con compiti consultivi l’Ufficio Regionale – dal 1885 ne era direttore l’architetto Raffaele Faccioli, delegato regionale per i monumenti nazionali, che come vedremo seguirà tutto il corso dei lavori, come accadde anche per il duomo fidentino. Fino al 1884 faceva parte della commissione il pittore Bernardino Pollinari che nei suoi Scritti d’Arte (1894) riflettendo sui restauri in corso nella cattedrale criticava quella “smania invadente di abbellire e rimodernare l’antico, che comportava la rimozione della patina, quel documento irrefutabile dell’antichità”. Si sarebbe dovuto ‘conservare’, non ‘rimodernare’, non ‘abbellire’18. Eppure le osservazioni fatte dalla commissione erano in linea con quanto previsto dal Cella: in facciata, la sostituzione di pietre sfaldate, quelle ad esempio delle due semicolonne, la sostituzione del capitello di quella a sinistra, la ricostruzione di una parte mancante della bocca di leone in marmo a destra del portale maggiore; la sostituzione di parti della cornice sommitale a spira, di alcune colonne della loggia superiore; il “riattamento del rivestimento dei due piloni estremi”; la rimozione di alcune pietre recenti di rivestimento di colore diverso dalle originarie; la riparazione e la sostituzione di modanature della zoccolatura. Genericamente si prescriveva che la pietra nuova fosse ‘adeguata’ all’edificio. Nel portale maggiore si approvava l’idea di eliminare le aggiunte cinquecentesche, balaustre, capitelli del secondo ordine, la statua in legno dipinto lì appoggiata. Nel protiro meridionale si prevedeva la riparazione della lastra che riportava la data della fondazione dell’edificio. Infine, la commissione concordava con l’idea della rimozione del quadrante dell’orologio del secondo ordine. Nella sua ultima relazione datata 1894, Della Cella ripercorreva i fatti dal 1892 e riportava come nonostante la grave condizione riscontrata su coperture, sottotetti sovraccaricati da detriti e frontone della facciata, solo nella primavera del 1894 fosse giunto un Ispettore da Bologna che si era limitato a progettare il solo puntellamento delle lastre di pietra e di alcuni archi della galleria superiore (figg. 2, 3). Allora il vescovo aveva deciso di nominare tre commissioni di controllo dei restauri che si sarebbero intrapresi: ‘tecnica artistica’, ‘amministrativa’ ed ‘archeologica-storico-liturgica’, allo scopo di studiare secondo le diverse competenze le soluzioni più adeguate. Ed era qui che si inseriva la figura del piacentino Camillo Guidotti19. Attraverso una serie di studi storici, analisi e indagini accurate, già nel 1894 l’architetto aveva ipotizzato il ripristino delle logge interrotte verso i chiostri e sempre 12 8. “Pianta della chiesa inferiore al secolo XIII e allo stato attuale” (ASABAPBO, “Piacenza – Chiesa cattedrale, Archivio disegni Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia – Bologna” (anche da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895, copia in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) nel lato sud il ripristino delle monofore e della finestra centrale dell’abside maggiore del transetto meridionale, la demolizione degli edifici addossati al duomo; all’interno, il ripristino del ‘vano originario’ della cripta, riducendone le campate. Nel progetto preliminare, in assenza degli accertamenti di scavo, progettava due scale di salita al presbiterio ed una centrale di discesa in cripta. Per fare questo avrebbe arretrato la scalinata centrale e quelle laterali, abbassato i piani pavimentali che occupavano l’ultima campata sotto alla cupola, la prima campata della navata in asse con l’abside di san Martino e la prima campata in asse con l’abside di sant’Alessio (figg. 4-7). Alla relazione accompagnatoria del progetto, Della Cella allegava una perizia con i costi aggiuntivi per l’isolamento del duomo, per la decorazione interna delle volte su fondo ‘azzurro oltremare’ ed oro, lo stamponamento della finestra absidale e sua riparazione/ricostruzione – non meglio precisata –, per un totale in più rispetto alle perizie precedenti di 133.585 lire. Nel novembre 1894, Guidotti ampliava il suo progetto, con la rimozione degli altari interni addossati alla parete sud e il ripristino delle finestre della navata meridionale, l’abbassamento del piano del presbiterio e delle absidi laterali, il ripristino delle scale di discesa in cripta e di salita al presbiterio, facendo schizzare i costi a 200.000 lire (fig. 8). Quindi l’ingegnere concludeva il suo fascicolo tecnico, redatto tra il 30 dicembre 1884 e il 21 febbraio 189520, con una sintesi dei lavori previsti, che a causa di ulteriori aggiunte raggiungevano la somma di 228.450 lire21. In facciata, oltre ai lavori indicati dalla commissione, si sarebbe sostituita la statua in arenaria su relativa mensola collocata sulla parasta estrema sud. Ma nell’elaborato di Guidotti compaiono per analogia anche un’altra scultura inserita in quella estrema a nord, l’architrave istoriato del portale centrale, la lunetta e i tre nuovi bassorilievi sul protiro maggiore, “in armonia con quelli delle (porte) laterali” (figg. 9, 10). Nel lato meridionale si sarebbero sostituite le altre tre statue e loro mensole situate sulle paraste, si sarebbero ricomposte le monofore ad arco della navata minore, modificate per la presenza degli altari interni, ripristinandole secondo la forma originaria e allo stesso livello di quelle a nord; si sarebbero ricostruite le due monofore del presbiterio al posto del grande finestrone ad arco ribassato, quindi rivestiti i muri sfaldati, compreso il basamento, ripristinata la galleria di coronamento, costruite nuove loggette, riaperte la porta della prima campata e la finestra centrale dell’abside maggiore del transetto. Nel lato est, si prevedeva il ripristino delle finestre originarie delle tre absidi, il rivestimento dei muri, lo stamponamento della finestra centrale, il restauro della galleria, il rifacimento della cornice decorata alla base e lo smontaggio del portale che in parte otturava il protiro di via Guastafredda (figg. 11, 14, 15). Sul lato nord, grazie alla demolizione degli edifici ad13 9. Prospetto ovest (facciata), stato di fatto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 10. Prospetto ovest (facciata), progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 11. Prospetto est (abside), progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 12. Prospetto nord, raffronto tra stato di fatto e progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) dossati, si sarebbe ricomposto il protiro nord-est, restaurata la loggetta soprastante, rivestiti i muri ‘sfaldati’ e ricostruita la galleria del transetto; come nel lato sud, si sarebbero ricostruite le due monofore del presbiterio al posto del grande finestrone ad arco ribassato e sempre per analogia con il fronte meridionale si inserivano tre nuove statue sulle paraste corrispondenti agli archi rampanti (figg. 12, 13, 16). Per quanto riguardava il battistero si ripristinava l’apertura circolare ad est e quella archiacuta sulla parete nord. Nel tiburio si aggiungeva una fascia di coronamento ad archetti, si progettava una copertura in rame ed un lanternino, mai realizzato. Esistono addirittura quattro soluzioni progettuali della cupola a firma del Della Cella, sempre datate 1895, dove si propongono quattro diverse curvature della struttura lignea del tetto: con curvatura ad un centro (A), a due centri (B), con curva e controcurva superiore (C), con curvatura uguale a quella del duomo di Parma (D) (fig. 17). All’interno della chiesa, si riconfermavano: la rimozione degli altari del lato sud; il ripristino del sistema di scale in cripta, sotto la cupola e nei lati longitudinali del presbiterio, la ricostruzione delle trifore dei matronei, la prosecuzione dei bassorilievi in chiave d’arco in analogia con quelli della navata centrale. Anche se non dichiarato, tutto questo avrebbe comportato ovviamente la rimozione di organo, cantorie e dipinti (figg. 18, 19). Per riportarla alla forma originaria, la cripta veniva accorciata verso est. Cioè, venivano abbattute le prime tre campate del piedicroce costruite nel XVII secolo, e ripristinate volte e colonne, che furono rimosse all’incrocio dei bracci del transetto e davanti alle absidi laterali. Si spostava poi l’altare maggiore dal centro della cripta verso l’abside mediana. Dovendo dimostrare l’attendibilità delle sue interpretazioni e quindi delle sue proposte iniziali, i saggi e i rilievi nei sotterranei, come vedremo, impegneranno Guidotti per tutta la durata del cantiere. Gli studi e il progetto preliminare furono pubblicati nel 1895: vi è copia anche presso l’Archivio Centrale dello Stato. Dal carteggio risulta che il progetto22 venne trasmesso all’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti di Bologna e quindi alla Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti del Ministero dell’Istruzione, dove al momento sono stati rintracciati solo gli elaborati grafici degli amboni, delle transenne presbiteriali e del pulpito23. Come vedremo, non tutti i lavori progettati verranno realizzati, e cioè: in facciata, la scultura sulla parasta angolare nord, la riparazione delle bocche di leone vicino alle semicolonne, la riparazione dei capitelli delle semicolonne e della lastra con iscrizione, che saranno rifatti; la nuova lu14 13. Prospetto nord, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 14. “Le absidi a mattina” prima dei lavori (Archivio Guidotti, fasc. Duomo di Piacenza. Fotografie, d’ora in poi, APG, Fotografie) 15. «Protiro a mattina prima dei restauri» (APG, Fotografie) 16. Veduta della «testata a notte della traversa opera di compimento del prof. Guidotti» (APG, Fotografie) netta istoriata del portale centrale – verrà mantenuta quella esistente ma affrescata; nel lato sud, la copia delle due sculture collocate sulle paraste corrispondenti agli archi rampanti e la ricostruzione della parte sommitale dell’abside minore ovest del transetto, con le relative loggette; nel lato est, la rimozione totale degli edifici addossati all’abside minore sud, la riparazione della galleria e della finestra centrale – bisognerà attendere il 1923 e poi il 1925 –; nel lato nord, le tre nuove statue sulle paraste corrispondenti agli archi rampanti; nel tiburio, la modifica della struttura del tetto, il nuovo lanternino e la cornice ad archetti del sottogronda; infine all’interno della chiesa, non saranno ‘replicate’ le sculture in chiave d’arco nel presbiterio in prosecuzione con quelle della navata maggiore. l’approccio adottato, anche se poi nella pratica del cantiere seguirà quella prassi tutta italiana, che alternava atteggiamenti più vicini al restauro stilistico francese ad atteggiamenti più vicini al restauro conservativo inglese. Gli strumenti metodologici che caratterizzano questo intervento come moderno sono da subito la formazione di tre commissioni che coordinano, tengono i contatti con gli organi di controllo e dettano le linee guida del restauro e un atteggiamento analitico e scientifico che precede ogni azione progettuale e di intervento, finalizzato al ripristino dell’originale. Il metodo e l’approccio erano condivisi sia dalla committenza, che dagli uffici degli organi di controllo regionali, perché un restauro che si prefigurava così complesso e di così ampio respiro non poteva essere lasciato al caso e rischiare interruzioni. Riteniamo che queste fossero le ragioni che mossero fin da subito le decisioni del vescovo Scalabrini: individuare figure della cultura e della politica locali, coinvolgere tecnici di comprovata esperienza, sia locale che nazionale. 2. Il confronto sul restauro Già dalle premesse, il restauro della cattedrale piacentina si prefigurava come un intervento in linea con le teorie più attuali del restauro ‘storico-filologico’, fondato su criteri di scientificità e coordinato da figure ben definite nei loro ruoli; filologico secondo i principi boitiani e storico secondo la strada tracciata da Luca Beltrami24, suo allievo. Va annoverato tra i più moderni casi di restauro di fine ’800 per 15 17. Tiburio del duomo di Piacenza, soluzioni progettuali (A,B,C,D), Guglielmo Della Cella, 1895 (APCC, busta n. 11) Dalle carte fidentine risulta che il Mella ad un certo punto agisse in maniera autonoma rispetto al collega locale, arrivando perfino a proporsi per la progettazione del completamento della facciata incompiuta25. Viceversa, l’affiancamento di Beltrami a Guidotti è costante fin dalla prima fase di impostazione del progetto, verrà coinvolto su ogni questione da affrontare, architettonica ed artistica. Sul diario sono registrati i sopralluoghi di Beltrami in cantiere e i viaggi di Guidotti a Milano per raggiungere lo studio del collega. Nel 1899 Guidotti veniva pagato per la redazione di 9 tavole illustrative, una relazione tecnica e per viaggi a Milano “nell’occorrenza della compilazione dei disegni”26. Dal che si presume il coinvolgimento dell’architetto milanese anche nella stesura progettuale. Le commissioni venivano istituite, con nomi diversi rispetto alle intenzioni iniziali, nella loro operatività il 19 gennaio 189727. La commissione amministrativa era composta dal vescovo Scalabrini, dai canonici Pietro Piacenza, Girolamo Bianchi e Camillo Mangot, da Salvatore Lucca, deputato al parlamento e dall’avvocato Valentino Piatti, membri dell’opera parrocchiale del duomo, dall’avvocato Francesco Achille, presidente della Deputazione provinciale e consigliere comunale, dall’avvocato Vittorio Cipelli, presidente del consiglio provinciale, da Carlo Cattaneo e da Carolippo Guerra, membro dell’opera parrocchiale del duomo, nominato vicepresidente. Quest’ultimo avrà un ruolo determinante durante tutto il corso dei lavori. La commissione tecnica era composta dall’architetto Raffaele Faccioli, da Camillo Guidotti e dall’ingegnere Giuseppe Manfredi di Piacenza. La commissione consultiva era composta da Luca Beltrami, dall’ingegnere Manfredo Manfredi28 e da don Francesco Rotta. A questa commissione si sarebbe dovuto ricorrere per le “questioni di maggior rilievo e ogni qualvolta si crederebbe opportuno”. Già nel febbraio 1894 il vescovo Scalabrini29 aveva definito criteri e finalità dell’intervento. Scriveva: “l’azione de- Le modalità ricordano quelle adottate qualche anno prima per il restauro del duomo di Fidenza, ma a Piacenza assistiamo a varianti interessanti. A Fidenza era stata nominata una sola commissione per i restauri interna alla diocesi, ci si era affidati al fidentino ingegnere Antonio Armanetti per la progettazione e la direzione dei lavori e si era individuato nell’architetto piemontese Edoardo Arborio Mella il consulente per il ripristino e per il progetto di isolamento della cattedrale. A Piacenza le tre commissioni erano composte principalmente da figure esterne alla diocesi, – il vescovo era il Presidente – per la progettazione e la direzione lavori ci si affidava al piacentino architetto Camillo Guidotti, quindi si era individuato nell’architetto milanese Luca Beltrami il consulente per i restauri e per risolvere i temi più delicati di ripristino. 16 18. Sezione longitudinale verso nord, raffronto tra stato di fatto e progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) 19. Sezione longitudinale verso nord, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) molitrice del tempo … ha corroso i lati esterni del nostro duomo; l’aberrazione di età trascorse entrò nel suo interno per mascherarne e manomettere l’ammirevole euritmia originaria, per compromettere persino la statica della vetusta fabbrica; alcuni lati esterni sono asserragliati da inconsulte costruzioni (…) quindi il duomo nostro deve essere restaurato, consolidato, completato e lo sarà”. Per metterli in pratica, Camillo Guidotti si sarebbe servito del metodo scientifico, della ricerca storica e dell’archeologia. Perché “s’indende […] tutte le opere di ripristino e di risarcimento non potranno essere concretate con appositi particolareggiati disegni, se non dopo opportuni e lunghi assaggi praticati sotto le avvenute superfetazioni”30. Era ben consapevole che le considerazioni scaturite dai rilievi, necessitavano di prove. Facendo rilievi in cripta già dal 1895, aveva capito che era stata allungata di tre campate verso ovest, impiegando colonne e capitelli, smontati dall’incrocio del transetto e davanti alle absidi minori, che il sistema di scale, l’allargamento delle volte e il sopralzo del piano di calpestio del presbiterio e delle due absidi laterali, erano frutto dell’adattamento seicentesco. Quindi progettava una scala centrale per scendere in cripta e due ai lati per salire al presbiterio, riduceva la cripta di tre campate e ripristinava le volte originarie all’incrocio dei bracci del transetto e quelle delle absidi laterali. Le ragioni che avanzava Guidotti a sostegno della sua interpretazione erano diverse. Innanzitutto le volte del prolungamento, erano “prive di nervature lungo le pareti d’ambito, prive di archi di separazione tra una piccola crociera e l’altra, la muratura con cui erano state costruite era a quadrettoni o meglio a spina pesce e inoltre le pareti del quadrilatero (erano) di una lavorazione grossolana, trascurata e rimaneggiata in diversi tempi”. Era evidente quindi che il prolungamento della cripta venne realizzato impiegando le otto colonne con relativi capitelli, provenienti dallo smontaggio delle quattro attorno all’altare maggiore e di altre quattro provenienti dalle absidi minori (due per parte). All’allungamento verso la navata corrispose un ampliamento dello spazio presbiteriale in cripta e degli spazi attorno alle absidi minori, ottenuto con la ri- mozione delle colonne, la demolizione delle piccole volte e con la costruzione di volte più ampie molto ribassate e presumibilmente in mattoni in folio31. Ciò comportò anche la rimozione degli archi d’imposta d’ambito (tavv. I, II, III, figg. 20, 21). Poi, grazie ai saggi iniziati dall’estate del 189932 e proseguiti fino agli inizi del 190033, era venuto alla luce un altro sistema di accessi. Sotto ai gradini del presbiterio erano comparsi i vani di due scale che scendevano in cripta e altre due davanti alle absidi minori. Tra i materiali di riempimento erano emersi due chiavi di volta e costoloni in arenaria, “di gusto e di lavorazione”, che non erano coeve all’intervento post tridentino (figg. 22, 23). Erano comparse le scale con i loro 15 gradini in arenaria, transenne perimetrali e parapetto sostenuto da archetti poggianti su colonnine, “il tutto ispirato ai motivi della facciata”. Il loro stato di degrado non ne consentiva la conservazione, ma c’erano tutti gli elementi per una comprovata ricostruzione. Nell’intervento di ripristino delle volte, reimpiegava colonne e capitelli utilizzate nell’ampliamento seicentesco, ricostruiva il muro ovest, ripristinava le scale e le aperture, di cui aveva trovato anche le 17 20. Capitello figurato smontato da un’arcata di prolungamento della cripta verso ovest e rimontato nel 1° cantiere Guidotti al centro della cripta a destra dell’altare maggiore (A) 21. Colonne e in primo piano capitello del lato nord, smontato da un’arcata di prolungamento della cripta verso ovest e rimontato nel 1° cantiere Guidotti al centro a sinistra dell’altare maggiore (B) 22. Rilievi delle spallette modanate degli accessi alla cripta rinvenuti durante i saggi di scavo, 30 gennaio 1900 (Ripristino della cripta absidale, lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza 30 gennaio 1900, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) 23. Rilievi delle chiavi scolpite delle volte della cripta rinvenute durante i saggi di scavo, 30 gennaio 1900 (Ripristino della cripta absidale, lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza 30 gennaio 1900, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) imposte dei cardini e le monofore delle absidi34. Scriverà più tardi che il “ripristino” [era stato condotto] “secondo le esigenze dell’arte e dell’archeologia”35. Tornando alla chiesa, i saggi praticati sugli intonaci interni confermavano la presenza di trifore dei matronei, già ipotizzata in fase progettuale, sia nel presbiterio che sotto la cupola. Anche le ispezioni dentro ai vani murati, sia nei lati longitudinali, che agli angoli dell’abside maggiore e di quella del transetto nord, gli consentivano di ripristinare il sistema di scale interne ai muri, ma non tutte quelle ipotizzate nel progetto. Nel caso poi in cui vi fosse stato “il tipo vecchio da riprodurre o da imitare, rifacendo conci o parti distrutte o non ultimate in origine per fortuite cagioni, converrà che le parti nuove siano lasciate nella loro tinta naturale e di più sarà bene contraddistinguerle con segni certi affinché i posteri non abbiano da essere tratti in inganno”36. Ma nei fatti si adotterà il criterio mimetico. Ancora, se in fase progettuale si prevedeva il completamento della parte sommitale dell’abside minore ovest del braccio sud del transetto, per mancanza di prove non si procederà alla ricostruzione. Oppure sulla scorta dei capitelli, architravi e pulvini con mascheroni esistenti, si riproducevano quelli mancanti nella nuova galleria del transetto nord. Nell’inviare alla ditta Monti l’elenco dei pezzi per le gallerie mediane e per il frontone della facciata37, si raccomandava che l’architrave con mascherone da collocare nell’estremità a sinistra della galleria mediana nord, dovesse avere “il carattere siccome quelli dell’abside maggiore” anche se di dimensioni un poco diverse. Lo smontaggio dell’ordine superiore del portale centrale era necessario 18 25. Particolare del sistema di ancoraggio del rosone prima dei restauri (Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, Fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18; “Sommità della ruota. Il gocciolatoio è tenuto in sesto da appositi ferri. Veggasi il filo orizzontale AB. I conci si sono abbassati per cm10”, Giuseppe Caldi (attribuibili a) con commenti di Camillo Guidotti, 1898 c.a., APG, Fotografie) 26. Duomo di Piacenza. Restauri della facciata, Rosone, prospetto, sezione e particolari, scale 1:50 e 1:10, 1898 c.a., C. Guidotti (attribuibile a), china su carta telata (ASABAPBO) 24. Particolare del cornicione sommitale della facciata (Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, Fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18; “Galleria di coronamento (falda di destra), superiormente alla Grande Ruota sale sino alla sommità del frontone e i conci del cordone a spira, gli archetti si sono staccati fra loro per la grossezza di un mattone (cm 6)”, Giuseppe Caldi (attribuibili a) con commenti di Camillo Guidotti, 1898 c.a., APG, Fotografie) per consolidare la lesione che tagliava la facciata e per rimuovere le superfetazioni cinquecentesche. In una delle immagini della galleria sommitale, scattata nel 1897, commentava che “il crepaccio che manifestasi in modo allarmante superiormente alla Grande Ruota sale sino alla sommità del frontone; i conci del cordone a spira, gli archetti si sono staccati fra loro per la grossezza di un mattone (cm. 6)”. Il rosone poi era “tenuto in sesto da appositi ferri” e i conci si erano abbassati di circa 10 cm (figg. 24-26). Le ispezioni poi servivano a chiarire anche alcune fasi edilizie dell’edificio: nella loggia sommitale di facciata Guidotti trovava il livello “dell’antichissimo frontone”, più basso di circa 90 cm; nella galleria mediana di sinistra, dietro alla semicolonna, una scala a chiocciola che “immetteva nel sottotetto della navata centrale” – per l’instabilità della facciata decise di murarla completamente –, e sempre dietro alla semicolonna di sinistra, riconosceva il livello antico dello spiovente, che spiegava “come” (in antico) “l’ordine inferiore della torre dovesse essere interamente scoperto”38. Raffaele Faccioli si inseriva nell’andamento dei lavori in qualità di Direttore dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti dell’Emilia. La sua posizione spesso risulterà in linea con la direzione lavori e agirà più come un consigliere e poi come sostenitore del progetto. Era collaborativo e presente, dettava le linee di indirizzo, faceva da tramite con il Ministero dell’Istruzione, sia per l’ottenimento di fondi pubblici, che per sostenere le scelte progettuali e operative del collega piacentino. Come vedremo, il suo ruolo sarà determinante per sbloccare la controversia con la Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti39. Fin dal gennaio 189740, Faccioli si era confrontato con Guidotti per la scelta della pietra di sostituzione, aveva richiesto saggi di lavorazione in opera, per valutare l’esperienza delle maestranze. All’inizio del 1898 approvava il progetto, che poi inviava al Ministero, con una richiesta di fondi. Anche la Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti aveva emesso un parere favorevole di massima41, tranne che sullo smontaggio dell’ordine superiore del protiro centrale, poiché temeva che l’“abbellimento potesse togliere valore storico e pittorico” al duomo; smontaggio che Guidotti motivava con esigenze strutturali, insieme ad un corpus di disegni molto eloquenti42 (figg. 27-29) e che Faccioli riteneva “una doverosa riparazione” di quelle parti sia pericolanti e che avevano alterato col loro “barocchismo” la propor19 27. Particolari della parte superiore della facciata. Sono rilevate in prospetto le lesioni da taglio nella parete, in sezione verticale si vedono le putrelle doppie di progetto al di sopra del rosone, vincolate alla parete longitudinale sud. Nella sezione si vede il tetto, più basso dell’attuale, in legno e tegole, appoggiato su tre file di pilastri poggianti sulle volte. (Duomo di Piacenza. Restauri della facciata, prospetto e sezioni, s.s., 1898, C. Guidotti, copia, ASABAPBO) 28. Particolari del quadro fessurativo del protiro centrale. Si nota la lesione sia in facciata che in controfacciata (Studio per le opere di consolidamento, prospetti e sezione, scala 1:50, 1898, C. Guidotti, copia, ASABAPBO) 29. Particolari del rosone prima dei lavori (Deformazioni avvenute nelle ghiere e nella ruota, prospetti e sezione, scala 1:50, 1898, C. Guidotti, copia, ASABAPBO) zione e lo stile della loggia centrale. L’album fotografico43 che gli era stato trasmesso per “addimostrare le ruine del monumento”, registrava lo stato di degrado di colonne e capitelli delle gallerie della facciata e delle lastre di copertura e il sopralzo del timpano del protiro centrale fino ad otturare una parte del rosone. Emergevano anche gli “antichi incastri della copertura” della loggia al di sotto della posizione attuale, prova di un antico sopralzo della facciata. In più, per dimostrare “con quanta ponderazione e cautela procede(sse)” il comitato faceva notare come le analisi fisico chimiche su alcuni campioni di arenaria dimostrassero che quella piacentina fosse la più adeguata, perché la stessa che “gli antichi adoperarono nella costruzione”. Faccioli aveva inviato in due pacchi separati i documenti e pregava il ministro Panzacchi di approvare il progetto, assicurandolo di vigilare attentamente sui lavori44. Il 19 marzo 1898, Faccioli aveva ricevuto l’integrazione richiesta e manifestava “il suo particolare compiacimento per l’opera serena ed efficace che (la) Commissione (anda)va svolgendo nello interesse di uno dei più insigni monumenti dello Stato”45. Il 26 aprile aveva approvato i saggi di restauro, ma rilevava ancora una certa inesperienza degli scalpellini, che ancora non conoscevano le “necessarie pratiche nell’arte particolare del monumento stesso”. Si riferiva alla posa e alla rifinitura in opera dei conci nuovi, e alla “scalpellatura delle parti guaste”. Suggeriva poi di intercedere presso qualche deputato locale affinché si riconoscesse l’“importanza e necessità dei progettati restauri e perché il Superiore Governo” si decidesse presto ad approvare tutti i progetti presentati e stabilisse “la propria quota di concorso”46. Raffaele Faccioli, aveva elogiato con il Ministro il lavoro compiuto e 20 missione Amministrativa con Luca Beltrami avvenne il 25 agosto 1899. Il suo intervento era stato richiesto per interpretare i saggi in cripta, certi che “tra le tante incertezze (…) il Beltrami tutto ci saprà spiegare”55. Visitava i lavori accompagnato dal canonico della basilica di sant’Eustorgio don Paolo Rotta, insieme al Vescovo Scalabrini, a Guidotti e all’ing. Giuseppe Manfredi. In facciata si trovava di fronte alla parte superiore del protiro centrale smontato, alla prova di montaggio dei due nuovi capitelli di sostegno dell’archivolto e alla “prova di pettinatura o sagrinatura dei mattoni a vista del nicchione” da pochi giorni ricostruito56, che gli venivano sottoposte durante il sopralluogo. Poteva già vedere i due nuovi capitelli delle semicolonne addossate alla facciata da poco ritoccati, la sarcitura muraria del quadrante dove si trovava l’orologio, le brecce sopra al rosone, predisposte per le catene, nuovi pezzi della ghiera, la loggia sommitale di sinistra quasi interamente smontata. Girando intorno all’abside, doveva vedere l’opera di stamponatura in corso della finestra absidale e i fronti verso via Guastafredda quasi completamente liberati dalle casette, appena demolite57. Dentro la chiesa, erano in corso le opere di rimozione degli altari del lato sud, saggi nel presbiterio, in cripta, dentro i muri alla ricerca delle scale a chiocciola. Al sopralluogo seguiva una relazione a stampa sui lavori58. Di questa esiste anche una versione scritta a mano da Beltrami indirizzata direttamente al vescovo59. Si diceva soddisfatto che la “mole del tempio [fosse] in gran parte liberata dalle costruzioni che l’avevano avvinghiata”; apprezzava le indagini estese ovunque, sia fuori che dentro, “per modo da precisare sempre più le opere necessarie a ritornare al pristino suo splendore il monumento” ed anche “il logico e razionale indirizzo” adottato dal Guidotti, apprezzava l’equipe di lavoro. Passando poi all’esame dei lavori, concordava in linea generale con gli studi e le proposte del collega. In facciata non riteneva che ci si fosse spinti oltre il necessario riguardo alle ricostruzioni, proprio per la “necessità di compiere opera veramente durevole di restauro” e non aveva dubbi neppure sul ‘riattamento’ della parte superiore del protiro centrale. Invece non vedeva prove certe a sostegno della ricostruzione della finestra dell’abside centrale del transetto nord, come quella esistente nella opposta a sud. La rimozione degli altari all’interno era giustificata da esigenze strutturali per ripristinare gli squarci operati sui muri, ma riconosceva che questa operazione servisse anche a ridonare “al tempio la severa armonia di linee ed il carattere primitivo”. Suggeriva di conservare quelli di “valore d’arte e interesse storico”, ma di assegnarvi una nuova destinazione. Nel presbiterio approvava di eliminare “lo sconcio di quei due finestroni” e quindi di ripristinare la coppia del- lo zelante impegno del Comitato. Rassicurava che il restauro mirava a conservare il più possibile della “primitiva struttura del tempio” e si limitava a “rinnovare quelle parti che non si reggono e che non possono essere sorrette con cerchiature, grappe e perni metallici” o quei pezzi caduti con grave pericolo per i passanti; invece riguardo al ripristino della loggia centrale si sarebbe rimandata la questione dopo ulteriori studi47. Il Ministero, l’8 maggio 1898 dopo avere dato autorizzazione ad iniziare i lavori, con lettera pervenuta a Piacenza il 28 giugno 1898, aveva ritenuto di assegnare, a titolo di incoraggiamento, la somma di 15.000 lire48. Faccioli visitò regolarmente il cantiere durante l’anno successivo, autorizzando ed assistendo allo smontaggio dell’ancona intagliata in controfacciata, per la quale suggeriva il collocamento sull’altare maggiore e la rimozione delle tavole di fondo, per ridurle di dimensione – operazione fortunatamente non eseguita grazie al parere espresso dalla Commissione amministrativa, su insistenza di Guidotti – e allo smontaggio degli altari. Approvava i calchi di basi e capitelli della loggia mediana e superiore, che gli sarebbero stati inviati a Bologna49. Nel 1900, approvava il progetto di ripristino della cripta, la rimozione degli affreschi in presbiterio, ma prescriveva di coprire le pareti con dei velari come era in uso nel XII° – XIV° secolo, e la rimozione dell’organo. Durante il suo sopralluogo del 12 luglio aveva riscontrato alcuni lavori eseguiti senza approvazione: la lunetta scolpita dallo scultore Enrico Astorri sopra all’architrave del portale centrale e smontaggi della parte superiore del protiro (la demolizione della volta e dell’arco fino ai fusti delle colonne era già compiuta nell’agosto dell’anno prima)50. Motivati da Guerra e Guidotti, il 25 luglio51, li approvava con alcune prescrizioni: per la loggia si poteva seguire il progetto preliminare52, ma si sarebbero dovuti rimuovere la lunetta scolpita sopra all’architrave del portale centrale – era stata montata come prova tra il 28 e 30 maggio 1900 – e il nuovo architrave del portale nord, rimontando quello antico opportunamente consolidato. Per le nuove decorazioni delle absidi, delle pareti del presbiterio e della cripta, si sarebbe dovuto compilare un regolare progetto, perché non convincevano le soluzioni proposte. Per gli altari tolti dalle pareti delle navate laterali, il Ministero si riservava di trattare a parte la questione. Fu lo stesso Faccioli a suggerire l’acquisto dei due leoni da collocare nel portale nord-est, dall’antiquario Rambaldi di Bologna53, invece che recuperare da Torrano i due leoni mutili provenienti dallo stesso portale, opportunamente completati nella parte posteriore mancante, come avrebbe preferito Guidotti54. Il primo incontro documentato dai membri dalla Com21 glielmo Calderini, rispettivamente alter ego di Faccioli per le Marche e l’Umbria e, per Roma Aquila e Chieti? Il carteggio rinvenuto da chi scrive presso l’Archivio Centrale dello Stato67 ci restituisce una scenografia molto chiara della posizione assunta dal Ministero e di quella del suo Ufficio periferico. A fronte delle sostituzioni di 65 metri di cornici intagliate, di 193 archetti, capitelli e fogliami, basi e architravi scolpiti, dello scalpellamento di 123 mq di rivestimento di arenarie e di marmi di Verona, motivate da sfaldamenti ed erosioni – era quanto prevedeva il progetto di restauro della facciata trasmesso da Bologna il 26 novembre 1897 – sorprendono le prescrizioni impartite dai funzionari romani il 15 dicembre 189768, che anticipavano i moderni principi del restauro: l’esecuzione dei saggi e delle indagini opportune, delle fotografie e dei rilievi, a sostegno delle necessarie sostituzioni – solo per questa ragione il 4 agosto 1896 era stata approvata la costruzione dei ponteggi – il rispetto delle “parti aggiunte e sovrapposte alla primitiva costruzione”, cioè dell’ordine superiore del protiro centrale di facciata, il mantenimento dei conci degradati, piuttosto che scalpellarli e rivestirli con “brutte rappezzature moderne, inferiori quanto a resistenza” agli antichi e difficilmente collegabili con quelli. Perché il restauro aveva “per iscopo supremo la difesa ed il rispetto della autenticità delle opere d’arte”. Ai primi di gennaio del 1898, il progetto di massima, quello pubblicato nella monografia di Guidotti per intenderci69, era stato trasmesso a Roma col parere favorevole dell’Ufficio di Bologna insieme ad una proposta di impegno economico governativo70, ma il 13 gennaio la Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero, che lo aveva approvato il 7 ottobre 189571, si ricredeva sull’idea di ripristinare la parte superiore del protiro centrale, in quando si sarebbe impoverita del valore pittoresco e storico e richiedeva alcuni dettagli della facciata72. Per dimostrare la necessità di quello smontaggio per ragioni statiche, sappiamo poi che furono trasmesse a Roma le 18 tavole fotografiche73. A quel punto, il 28 giugno 1898, la Giunta assegnava il noto contributo a titolo di incoraggiamento, grazie agli elogi di Faccioli sul lavoro compiuto74. L’anno successivo il Ministero riceveva il progetto di rimozione degli altari e di ripristino della cripta, condiviso appunto con Luca Beltrami e Raffaele Faccioli75. Ma fu proprio ‘la cripta’ ad innescare una controversia con il Ministero76, insieme ad altri lavori non autorizzati77, tra cui la sostituzione dei due capitelli addossati a muro – considerati originali – dell’ordine superiore del protiro centrale, della nuova lunetta sopra l’architrave del portale centrale e dell’architrave del portale nord78. le monofore sulle pareti. All’interno era dell’idea che il restauro dovesse concorrere a ripristinare le “primitive condizioni” rimuovendo “le alterazioni introdotte nel corso dei secoli” e quindi anche “la stessa possibilità di asportare gli affreschi (…) concorre[va] ad allontanare quegli ultimi scrupoli che potessero essere ancora rimanere in proposito”. I risultati dei saggi in cripta davano ragione al ripristino progettato, anche se occorrevano ulteriori approfondimenti sia sul posto che con “qualche ricerca d’archivio”. Concludeva che quel restauro fosse “impresa…gradita” non solo per Piacenza, ma per tutto il paese. Ancora sul finire del 1899, sul tema della ricomposizione del protiro centrale, si sottoponeva a Beltrami il quesito se sostituire o meno i leoni esistenti: Guidotti era del parere di conservarli, mentre gli scultori Enrico Astorri e Ferruccio Massari, di rifarli nuovi60. E poi il 30 novembre don Pietro Piacenza61 raggiungeva a Milano Luca Beltrami per sottoporgli alcune questioni. Il progetto di ripristino della cripta aveva trovato in Beltrami un sostenitore e quindi i membri della commissione si dichiaravano favorevoli ad inviarlo all’Ufficio Regionale per l’approvazione. Approvava anche il ‘concetto’ dei nuovi amboni progettati da Guidotti; mentre per le transenne proponeva di interrompere la ripartizione degli archetti con l’intercalare di vani chiusi o colonnette, di togliere alcuni emblemi dalla chiave degli archi degli amboni e di riunirli nel superiore pluteo, di togliere poi il corrimano lungo la scala. Interveniva anche sul tema della decorazione del presbiterio, suggerendo che il catino affrescato dal Procaccini dovesse essere contornato da un fregio in stile con l’affresco e con l’architettura e suggeriva di lasciare a vista lo spigolo in pietra della parasta, che chiudeva la conca absidale. Preferiva la nudità delle pareti e non sentiva il bisogno di decorarle. Anche per il colore delle nuove vetrate proponeva dei toni poco vivaci. Poi esprimendosi sui leoni ‘di maniera cinquecentista’ del protiro centrale era dell’idea di mantenerli. Si ricorreva a lui ancora per un parere sullo strappo degli affreschi62 dalle pareti del presbiterio per ripristinare le trifore dei matronei; per la nuova collocazione dell’organo del Serassi63, per la decorazione delle pareti del presbiterio64 e per la conservazione, riduzione o rimozione dell’altare della Madonna del Popolo. Concordava con Faccioli che l’organo potesse essere spostato, ma nel rispetto delle esigenze della liturgia, oppure mantenuto dov’era65; invece il progetto decorativo di Morgari e Secchi per l’abside di San Martino non aveva incontrato la sua approvazione, perché la figura del Santo risultava secondaria66. E la Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero dell’Istruzione, di cui facevano parte Giuseppe Sacconi e Gu22 mediana e all’interno del duomo, con la ricollocazione di cornici, bassorilievi, capitelli e ornamenti rimossi, e intervenendo con “lievissimi restauri per i guasti subiti più per la eseguita scomposizione che per lo stato di conservazione”83. Differente giudizio si esprimeva sulla rimozione degli affreschi del Carracci per mettere in luce i matronei. Si ordinava semplicemente di conservarli provvisoriamente nel palazzo vescovile. Mentre si attendevano elaborati grafici del nuovo sistema di accessi al presbiterio e alla cripta e delle decorazioni dell’abside, da sottoporre all’esame della Giunta Superiore di Belle Arti. Su tutto ciò Faccioli avrebbe dovuto vigilare con “sollecita e paziente cura”, affinché le disposizioni venissero “pienamente adempiute”. A quelle disposizioni si sarebbe risposto con il verbale di sopralluogo dell’agosto di quell’anno, ma fu impossibile metterle tutte in pratica. Nel verbale dell’11 agosto 190084 – alla stesura parteciparono Guidotti, Faccioli e il funzionario Ottavio Germano – si davano diverse prescrizioni. Tra le principali, per la facciata vi erano: il consolidamento di due capitelli della galleria sommitale, la rimozione della croce in marmo sommitale, la sostituzione delle due teste di leone a fianco delle colonne magne, la ricostruzione di tutta la ghiera esterna del rosone, il rimontaggio dei capitelli addossati alla parete dell’archivolto dell’ordine superiore del portale centrale, il rifacimento dei due capitelli sorreggenti l’archivolto, in quanto quelli antichi erano “inservibili e opera del XVI secolo”, l’invio di una fotografia del nuovo architrave istoriato del portale centrale al Ministero per l’approvazione. In caso contrario si sarebbe dovuto rimontare l’architrave in granito inserito nel 1564. Si disponeva che non fossero montati i tre bassorilievi raffiguranti Speranza, Fede e Carità. Ma come sappiamo, questa prescrizione fu disattesa. Nella parte sinistra della facciata, si sarebbe dovuto rimontare l’architrave antico opportunamente consolidato. Si concordava con la quasi totale sostituzione delle colonne della galleria sommitale, già eseguita. All’esterno della chiesa, per le finestre della cripta si prescrivevano delle inferriate come quelle della chiesa di san Savino, serramenti in legno con vetri semplici; nella testata del transetto nord si dovevano interrompere i lavori di rivestimento dell’esterno dei muri e dello zoccolo e sostituire solo i conci sfaldati o mancanti. All’interno della chiesa, le volte della cripta dovevano essere trattate con intonaco diverso; i gradini di accesso dovevano essere in arenaria senza cordone; si richiedevano le fotografie delle prove della balaustra sopra la cripta e dei pezzi antichi che erano serviti di ispirazione; si dovevano rimuovere le modanature barocche sui due pilastri e sulle tre arcate antistanti l’abside sinistra, quindi Secondo il Ministero, i lavori all’interno dell’edificio erano stati condotti con “criteri d’arte deplorevoli essendosi proceduto alla demolizione di altari bellissimi ed alla distruzione di frastagli ed affreschi di non lieve pregio tanto che le navate laterali e della centrale raccogli(evano) un mucchio di rovine”. A quel punto si sarebbe dovuto verificare i danni, rimediarli ove possibile, individuare le relative responsabilità e soprattutto impedire “nuove opere di devastamenti”79. Guidotti aveva documentato con altri disegni e con immagini commentate dei saggi esplorativi il progetto di ripristino; faceva notare la differenza tra le geometrie e le tecniche esecutive tra l’intervento del ’600 e le parti originali, avrebbe documentato con immagini le prove degli amboni. I documenti sono oggi conservati presso l’Archivio Centrale dello Stato, inseriti in una busta col titolo eloquente di “Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”. Si tratta dei calchi di alcuni capitelli delle navate laterali, che servirono di ispirazione al progetto del pulpito e degli amboni e prove di simulazione delle transenne del presbiterio e del pulpito aderente alla colonna80. Di suo pugno, il Vescovo81 spiegava come lo smontaggio dell’archivolto del protiro e della balaustra – approvato da Faccioli – fosse andato “in fascio tanto era lo stato suo rovinoso” e invece, i due capitelli si sarebbero potuti conservare, come avrebbe voluto il direttore dei lavori, ma conservarli costava di più che sostituirli. A quel punto proponeva di esporre i vecchi capitelli nel museo annesso alla cattedrale e, riguardo alla lunetta e all’architrave scolpite dall’Astorri “a titolo di saggio”, ne avrebbe disposto la rimozione, non essendo state neppure approvate dalla Commissione interna dei restauri. Alcuni pezzi sono oggi visibili nei sottotetti all’interno di un suggestivo percorso museale. La musealizzazione era un tema molto caro a Faccioli: anche per il duomo di Fidenza aveva proposto la costruzione di un museo per conservare i pezzi smontati provenienti dall’abside. Soddisfatto per la tempestiva risposta agli ordini impartiti, avrebbe riferito subito al Ministero della immediata risoluzione e ciò gli faceva ben sperare che si potesse concludere presto e in maniera positiva la vertenza in corso. Ma il 20 luglio 190082 il Prefetto sospendeva alcuni lavori eseguiti senza approvazione, tra cui il montaggio della lunetta centrale, dell’architrave del portale nord, della scultura raffigurante la Carità e della croce di marmo in facciata, e poi la decorazione del presbiterio e gli accessi in cripta. I verbali della Commissione amministrativa diocesana di quell’anno tacciono sull’urgente richiamo del ministro Panzacchi al direttore Faccioli, a rimediare al più presto ai danni praticati sulla facciata, in particolare sulla galleria 23 30. Facciata, galleria superiore a sinistra, degrado delle colonne (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 31. Facciata, galleria superiore a destra, degrado delle colonne (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) si dovevano completare l’arco e la porzione di volta, che furono demoliti quando venne inserito l’organo, concludere il restauro dei matronei dell’abside, sollecitare il progetto per la sua decorazione; non si autorizzavano neppure i semplici ornati a fiamma delle chiavi delle volte della navata centrale; si dovevano praticare saggi per trovare il piano e la forma del primitivo battistero. Il verbale veniva inviato alla Diocesi e al Ministero. Guidotti trasmetteva85, insieme al parere di Beltrami, 16 tavole del progetto di ripristino della cripta, immagini, disegni delle nuove vetrate, il progetto di distacco degli affreschi dai pennacchi e di stamponamento delle trifore del presbiterio – dove le colonne erano in buone condizioni – il progetto del protiro centrale e del suo completo smontaggio per la necessità di riparare anche i basamenti dei leoni. La lettera inviata il 20 febbraio 190186 da Carolippo Guerra al Prefetto e al presidente della Commissione Conservatrice dei Monumenti di Piacenza, conteneva una cronistoria dei fatti e chiudeva in maniera drastica tutta la vicenda. La Giunta Superiore di Belle Arti non si era mai pronunciata in modo ufficiale – se non sulla bocciatura del ripristino del portale centrale, e sull’approvazione dello strappo degli affreschi – fino al 23 dicembre 1901, quando ordinava che non si proseguissero i lavori progettati. Eppure erano stati controllati, documentati, apprezzati, avevano dato lavoro a 150 operai, la commissione amministrativa e la direzione lavori, per rispetto dell’Autorità, avevano interrotto i lavori nell’attesa di una risposta, ma ora in vista dell’anno giubilare non si potevano sospendere e quindi, assumendosi piena responsabilità, Carolippo Guerra intendeva procedere secondo il verbale sottoscritto. Ma vedremo che alcune prescrizioni verranno disattese. 3. Metodi, estensione e tempi del restauro. Il ‘primo cantiere Guidotti’ ANNO 1897. Il 1897 fu l’anno della formazione dell’equipe di lavoro, delle ricerche e delle prove. Per questo motivo non esiste un diario dei lavori e le notizie provengono dalle adunanze 24 32. Facciata, pilastro e gocciolatoio a destra prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 33. Facciata, galleria mediana di sinistra prima dei lavori, Giuseppe Caldi, 1897 (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 34. Facciata, galleria mediana di destra, prima dei lavori, Giuseppe Caldi, 1897 (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 35. Facciata, protiro centrale, ordine superiore. L’“esplorazione” portava alla luce il livello originario del vertice del timpano, più basso di circa 60 cm (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) della commissione amministrativa. Come si è detto, si formarono le commissioni; a Camillo Guidotti vennero affiancati l’ingegnere Enrico Rossi, con il ruolo di un moderno direttore operativo e progettista dei consolidamenti strutturali87, e l’assistente di cantiere Alfonso Cantù, responsabile del ponteggio e poi compilatore del Diario. Il luogo di indagine e sperimentazione fu la facciata, che mostrava i segni più gravi. La ricerca era finalizzata alla comprensione dello stato di degrado lapideo e strutturale, alla conoscenza delle murature, al metodo di rimozione delle parti disgregate e alla individuazione della pietra più adeguata per le sostituzioni88: le parti venivano classificate secondo 25 36. Facciata, protiro centrale, ordine superiore, balaustra. La colonna di destra appoggiava in origine sulla schiena dell’animale e non sulla balaustra (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 37. Facciata, architravi dei portali laterali prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 38. Facciata, telamoni del protiro minore di sinistra prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 39. Facciata, telamoni del protiro minore di destra prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) il livello di gravità, dai cornicioni, alle gallerie, al rosone, per passare alle sculture che risultavano in discreto stato di conservazione (figg. 30-42). Le prove erano finalizzate anche alla verifica delle abilità delle maestranze, sia nella fase di restauro, che nella riproduzione dei pezzi nuovi. Per analizzare da vicino le superfici, si decise per prima cosa di montare un ponteggio89. La scelta della pietra per le sostituzioni ricadeva sull’arenaria piacentina90, anche se poco durevole, perché si trovava già impiegata in origine in tutta la cattedrale. A quel punto la ricerca era orientata a trovare l’arenaria più resistente, che a Piacenza si spinse ben oltre ad una semplice esplorazione di cave, come avvenne per il duomo fidentino. I campioni delle arenarie di Bobbio e di Pianello furono sottoposti ai funzionari e ai membri della commissione conservatrice dei monumenti91, dalle ditte Monti e Polloni92, ma per la scelta definitiva si attendevano i risultati delle indagini fisico-chimiche93. La direzione lavori, che nel frattempo aveva visitato diverse cave di Pianello94, notava che la pietra della cava di Roccapulzana aveva una tonalità disomogenea – dall’azzurrognolo al giallognolo – mentre quella di Ruino, nonostante avesse un colore uniforme (azzurrognolo), presentava lenti di materiale terroso, che la rendeva meno resistente. E siccome la scelta sarebbe dovuta ricadere su una pietra che rispondesse ai requisiti di compattezza e durezza, piuttosto che di colore, si attendevano i risultati. Intanto, Guidotti acquistava 5 mc di pietra di Ruino per eseguire sul posto dei “saggi di restauro”, che non davano l’esito sperato. I membri della Commissione conservatrice, che avevano visitato i nuovi campioni, erano del parere di impiegare l’arenaria di Roccapulzana per il rivestimento delle pareti e quella di Bobbio per le modanature sporgenti e gli aggetti. L’ostinazione della ditta 26 40. Facciata, protiro di sinistra, san Giovanni, prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 41. Facciata, protiro di destra, bassorilievi prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 42. Facciata, protiro di sinistra, bassorilievi prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG) 43. Analisi delle arenarie, risultati delle prove di resistenza, prof. Cesare Stroppa, Bologna 24 dicembre 1897 (Rapporti Stime Perizie chimiche ecc., Perizia chimica delle arenarie piacentine e dei dintorni, 20 marzo 1898, ACCPC, fasc. n. 1) 27 44-48. Facciata, ordine inferiore e particolari prima dell’intervento, fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (Biblioteca Palatina di Parma, fondo fotografico, C/7, d’ora in poi: BPPR) Monti per l’impiego dell’arenaria di Ruino di Nibbiano, ritenuta la più resistente, convinse Guidotti ad inserire tra le analisi un ulteriore campione e proponeva alla commissione di incaricare anche uno scultore di un’altra città per eseguire una prova di lavorazione e avere un secondo parere. Fu individuato allora lo scultore milanese Enrico Astorri95. Ciascuno avrebbe mostrato la propria abilità sottoponendo il campione di un capitello, di una cornice e di una base. I risultati delle analisi classificavano l’arenaria di Pianello lungo il Chiarone, di colore grigio plumbeo, come la migliore (fig. 43). Era la più compatta e offriva buone garanzie di cementazione. L’unico dubbio per gli scultori era che fosse di difficile reperimento. A quel punto si proponeva di impiegarla solo per le parti decorative, e in mancanza, di usare quella di Sarnico, mentre per le pietre da rivestimento si indicava quella di Bobbio96. Di fatto verrà utilizzata questa. La registrazione della cronologia dei lavori del primo (1898-1902; 1911) e, poi, del secondo cantiere Guidotti (1923-1925), sulle planimetrie della chiesa e della cripta, 28 49. Facciata, protiro nord, fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (BPPR) 50. Facciata, protiro sud, fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (BPPR) dimostra il sovrapporsi e la mole dei cantieri che si susseguiranno in pochi anni (tavv. IVa-IVb). ANNO 1898. Fino alla primavera del 1898, i lavori si concentrarono sulla facciata e sulla volta della prima campata della navata centrale. Dalla volta erano caduti a terra dei cunei e quindi si eseguiva una riparazione provvisoria. Si tentava di scaricarla dal peso del tetto che era appoggiato su pilastri che gravavano in falso sulle volte, inserendo una staffa metallica “allacciante i due puntoni poggianti su pilastri e questi sui volti della prima navata per impedire ulteriore spostamento del puntone a destra97”. Fu costruito un ponteggio a sbalzo appoggiato sui davanzali delle trifore dei matronei. I ponteggi in facciata consentivano di rimuovere il quadrante dell’orologio, eseguire i lavori di messa in sicurezza, i rilievi grafici e fotografici, prove di lavorazione di pietre esistenti e di nuovi conci e calchi per la riproduzione di pezzi scolpiti98 (figg. 4450, 58). Il capomastro Luigi Finetti iniziava già a gennaio gli schizzi della facciata, gli operai della ditta Monti rilevavano “triangoli, archetti, peduzzi, gradini da sostituire nella galleria di coronamento”, per riprodurli in arenaria di Bobbio; il fotografo Giuseppe Caldi iniziava il rilievo fotografico della facciata, tra cui le due sculture sulla parasta sud, che dovevano essere rifatte99; le maestranze della ditta Polloni e Monti si cimentavano nella lavorazione di alcune pietre danneggiate del cornicione, del paramento e di alcuni capitelli, che poi Guidotti avrebbe esaminato. L’intenzione iniziale era quella di togliere il materiale disgregato, con le tecniche dello “scalpellamento”, dello spianamento e del “faccettamento”, cioè della riduzione della sezione dei pezzi, e sostituire solo quelli davvero inservibili. Gli scalpellini Pietro Spelta e Domenico Tricò lavoravano alla preparazione di alcuni conci nuovi in arenaria di Pianello per la semicolonna a destra della facciata. Si eseguivano anche prove di finitura a martellina. La lavorazione dei capitelli delle colonne magne di facciata non soddisfaceva la direzione lavori, che quindi disponeva lo smontaggio del capitello a sinistra, insieme ad archetti, colonne, basi e gradini della galleria di coronamento a destra della facciata100 (fig. 51). Alla fine di giugno erano già montati conci nuovi dal 6° al 12° filare della parasta di sinistra, era smontata una parte del cornicione e della galleria di coronamento di destra, dove si inserivano una base, un fusto e un capitello nuovi. Luigi Peveri preparava calchi dei conci della semi-colonna a destra e dei “mascheroni della galleria mediana a sinistra ed i primi due quadretti in bassorilievo delle figure dell’epistilio della porta a destra per commissione avuta dallo scultore 29 51. Facciata, smontaggio del capitello di una colonna magna, 1° giugno 1898 (ACCPC, Restauri al duomo di Piacenza, Diario dei lavori, anno 1898, n.14, d’ora in poi: Diario n. 14) 52. Facciata, mappatura delle pietre sostituite (Opere in pietra eseguite a titolo di saggio della ditta Polloni Francesco e fratelli di Piacenza dal 18 agosto al 24 dicembre 1897, Spese dal 1895 al 1899, fascicolo n. 12 (d’ora in poi: fasc. 12), ACCPC) 53. Il nuovo epistilio della porta maggiore doveva avere carattere e ‘stile lombardo’ e veniva sorretto dalle mensole originali dell’Usura e dell’Avarizia (lettera di Camillo Guidotti e Pietro Piacenza, 17 marzo 1898, Commissione amministrativa per il restauro del duomo di Piacenza, Corrispondenza 1900-1901-1902 (d’ora in poi: C. 1900-1902, ACCPC) 54. Descrizione delle scene raffigurate negli architravi minori e nella nuova architrave centrale (lettera di Camillo Guidotti e Pietro Piacenza, 17 marzo 1898, C. 1900-1902, ACCPC) 55. Progetto dell’epistilio centrale e scene raffigurate: al centro Gesù in mandorla, le guarigioni del cieco, del paralitico, la resurrezione di Lazzaro e la tramutazione dell’acqua in vino (bozzetto, Camillo Guidotti, inserito nella lettera del 17 marzo 1898, matita e inchiostro su carta, C. 1900-1902, ACCPC) 30 56. Misure dell’architrave della porta maggiore (bozzetto, Camillo Guidotti, 22 novembre 1898, matita e inchiostro su carta, C. 1900-1902, ACCPC) 57. Elaborati grafici del consolidamento strutturale della volta della prima campata della navata centrale, sezioni orizzontale e verticali (scala 1:100), profilo della deformazione della volta (scala 1:50), inchiostro su carta, Enrico Rossi (Disegno inserito nella lettera trasmessa a Raffaele Faccioli, 18 marzo 1899, ASBAP, ASABAPPR). Nel dettaglio delle sezioni verticali CE e AB, si nota la struttura lignea del tetto spingente, i cui puntoni poggiavano su pilastri e questi sulle volte 58. Ponteggi interni nella prima campata della navata maggiore montati per la ricostruzione di uno spicchio di volta, ditta Marcello Cantoni, 18 marzo 1897-30 maggio 1898 (fasc. 12, ACCPC) 59.Trasmissione del bozzetto al Luigi Monti (Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, Piacenza 10 giugno 1899, C. 1900-1902, ACCPC) 60. Bozzetto dei gocciolatoi a testa leonina (allegato alla Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, Piacenza 10 giugno 1899, C. 1900-1902, ACCPC) Astorri di Milano”101. Inizialmente si pensava quindi di sostituire anche l’architrave scolpito del portale sud, tanto che si era iniziato lo smontaggio. Il 23 giugno veniva inaugurato il nuovo orologio collocato sulla facciata del palazzo vescovile e il 25 arrivavano in cantiere due carri, con 82 quintali di blocchi in marmo di Verona102, che sarebbero serviti per nuovi conci delle due paraste laterali e per l’intero filare alla base della galleria mediana103. Nel secondo semestre, Monti e Polloni (fig. 52) fornivano, come prova, nuovi pezzi decorati della cornice a spira, basi, peducci, capitelli, fusti e archetti delle gallerie104; a luglio era stata quasi interamente smontata la parasta di sinistra e rimontata con conci nuovi in arenaria; a metà agosto si completavano le stesse operazioni nella parasta 31 61. Gocciolatoio a testa di leone, particolare realizzato 62. Progetto di ripristino del protiro centrale, raffronto tra lo stato di fatto e di progetto, prospetti ovest e sezione trasversale verso nord, scala 1:20, china su lucido (ASABAPBO) di destra e giungeva da Milano il bozzetto dell’architrave in gesso del portale centrale, preparato dall’Astorri105, su progetto di Camillo Guidotti. Il 17 marzo 1898 gli aveva inviato un bozzetto dell’architrave istoriato, con indicazioni geometriche e contenuti iconografici – Gesù al centro, a sinistra le guarigioni e a destra la resurrezione di Lazzaro e la tramutazione dell’acqua in vino – precisando che sarebbe stato “sorretto dalle due attuali originarie figure che rappresentano una l’avarizia e l’altra l’usura”106 (figg. 53-56). È palese quindi che la mensola raffigurante l’Usura non venne sostituita durante il cantiere ottocentesco con una copia, ma è più probabile che fosse stata sostituita durante il rimaneggiamento nella seconda metà del ’500107. Si susseguivano lavori di scalpellamento dei componenti della galleria di coronamento a sinistra e di demolizione di una parte del frontone108, la formazione di altri calchi per le basi delle colonnine della stessa galleria sommitale e mediana109, riparazioni di brecce tra il campanile e il frontone, lo smontaggio quasi completo della galleria sommitale a sinistra, il parziale svuotamento per estrarre conci guasti attorno alla semicolonna nord, lo “spianamento e riduzione di pietre arenaria vecchie per rivestimento”, la posa di gradini, colonne, archetti, capitelli, architravi, pulvini e mascheroni nella galleria nord110; la demolizione del magazzino a sud addossato alla chiesa, vicino alla porta del Paradiso111. La tecnica di ‘affettare’ le pietre, per togliere le superfici delaminate, e quella di ‘spianarle’ con scalpelli e spazzole di ferro, era molto diffusa nei cantieri di restauro dell’800, come avvenne anche nel duomo fidentino. Nel diario dei lavori queste tecniche sono descritte con molta precisione: non si trattava cioè di rivoltare i conci, ma di togliere materia degradata. A ottobre i nuovi pezzi in opera venivano ritoccati dagli scultori, si montavano alcuni conci in marmo della parasta di sinistra – si registrava la posizione esatta dei conci – e per dare maggiore solidità si inserivano delle barre metalliche di ancoraggio113. L’architrave in gesso dell’Astorri, veniva rispedito a Milano per le dovute correzioni114. Il 1898 si chiudeva con la demolizione del capitello della semicolonna a destra e lo smontaggio della semicolonna a sinistra115, per la quale di disponevano delle piastre metalliche orizzontali e verticali per evitare l’instabilità dei conci addossati alla parete; coi ritocchi alle pietre nuove della parasta nord e al filare di marmo nuovo sotto alla galleria mediana116; con la scalpellatura di conci di arenaria corrispondenti alla zona dove era stato rimosso l’orologio; con la posa del nuovo cornicione a spirale nella galleria di coronamento a destra e dell’ultimo archetto e dell’ultimo concio di cornice della galleria mediana di sinistra117. Per controllare poi l’andamento delle lesioni presenti nel muro meridionale della navata maggiore e della volta si posizionavano dei listelli di vetro, gli estensimetri ante litteram. 32 63. Progetto di ripristino del protiro centrale, raffronto tra lo stato di fatto e di progetto, prospetto sud e ovest, piante dello zoccolo, scala 1:40, copia eliografica (ASABAPBO) 64. Veduta dei pennacchi della cupola e del presbiterio durante i lavori (1899) (ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905) ANNO 1899. Nel 1899 proseguivano i lavori in facciata e all’interno della chiesa iniziavano quelli di restauro dell’abside minore ovest del transetto nord, la rimozione degli altari delle navate minori e le riparazioni murarie degli squarci rimasti, la demolizione degli stucchi e i primi saggi esplorativi in cripta e sulle finestre da ripristinare. Si programmava di consolidare la lesione verticale nel cleristorio presente nel lato sud della prima campata della navata centrale, dovuta alla rotazione dell’angolo sud-ovest. Per contrastare l’allontanamento della facciata dalla parete meridionale, si inserivano due profili metallici al di sopra e al di sotto della finestra del muro sud118 (figg. 57, 58). Il tutto si attuava secondo le prescrizioni delle commissioni che si riunivano con cadenze mensili: nel protiro centrale, la rimozione della balaustra dalla loggia superiore come “era in antico”, l’inserimento delle tre virtù teologali, il soggetto iconografico della nuova lunetta del portale centrale, raffigurante Maria Assunta e i santi protettori di Piacenza; l’inserimento di un nuovo architrave scolpito e quattro nuovi capitelli, due nell’ordine inferiore e due nell’ordine superiore del protiro centrale; la prosecuzione del restauro della galleria esterna del lato nord; nuovi amboni sopra alle transenne del presbiterio; lo strappo degli affreschi dalle pareti del presbiterio per riportare alla luce le trifore dei matronei; la scelta dei pittori che avrebbero decorato l’interno e i soggetti iconografici dei nuovi affreschi119. Nell’adunanza del 6 maggio 1899, si incaricava lo scultore Enrico Astorri per la realizzazione dell’architrave istoriato, della lunetta soprastante, delle Virtù teologali, dei due capitelli del primo e secondo ordine del protiro maggiore e della croce sommitale di facciata120. Nel diario dei lavori si legge che fino alla metà di aprile, una squadra di manovali era impegnata nello smontaggio delle lastre di copertura del frontone della facciata, nella preparazione delle nuove e nello smontaggio di una parte del muro in prossimità del colmo per ispezionare il primo tratto della lesione verticale e nella ricostruzione del muro interno della controfacciata121. Nello stesso tempo i muratori più specializzati trattavano la muratura scalpellata, dove era stato rimosso l’orologio, con olio di lino cotto. Gli scalpellini della ditta Monti122 mettevano in opera pietre lavorate nella galleria superiore, iniziavano la sostituzione di intere colonne del lato sud della galleria superiore123, ri33 tale. L’ornatista Peveri, poi, faceva calchi dell’architrave del portale nord e di quanto restava dei due leoni in marmo provenienti dal portale a nord-est, ancora a Chiappino, nella parrocchia di Torrano, che sarebbero serviti all’Astorri per la ricostruzione della parte posteriore134. L’archivolto superiore del protiro era smontato fino all’altezza dei fusti delle colonne già il 23 agosto e prima di ricostruire la calotta della nicchia, si facevano delle prove di “pettinatura e sagrinatura dei mattoni a vista” che venivano poi sottoposte alla direzione lavori e a Luca Beltrami135. Il trattamento dei nuovi inserti in laterizio, eseguito su indicazione del funzionario dell’Ufficio regionale Ottavio Germano, consisteva nell’applicazione di un’acqua-tinta rossastra, che serviva ad abbassare il colore rosso vivo dei mattoni nuovi rispetto a quelli antichi136. A ottobre tutto l’archivolto del protiro centrale era ricostruito e si posava il concio in chiave di marmo di Verona della calotta137. Poi tutto il sistema sarebbe stato ricomposto ad una quota più bassa come era in origine, per portare in vista tutta la ghiera del rosone138. All’interno della chiesa, il 28 luglio si iniziava la rimozione degli altari laterali della navata settentrionale, mentre quella degli altari del lato sud era compiuta il 29 luglio. In cripta si facevano i primi saggi139. Nella settimana dal 14 al 20 agosto si smontava la tela dell’Assunta dall’abside maggiore, per poi smurare la finestra. A settembre si rimuovevano gli ornati e le cariatidi, si svuotavano le scale interne nei muri del lato sud e si scopriva la scala a chiocciola in spessore di muro a sinistra dell’abside maggiore del transetto nord; cominciavano i lavori di ripristino delle finestre della navata minore sud, la ricostruzione dell’abside sinistra del transetto nord, lo smaltellamento del piano presbiteriale e la demolizione dell’altare di san Severo140. Tra ottobre e novembre lo scalpellino Pietro Spelta ricostruiva l’archivolto e i muri d’ambito della parte superiore del protiro centrale, montava gli architravi che lo sorreggevano, i conci delle modanature tubolari in arenaria e in marmo veronese della nicchia e i due capitelli di prova sulle lesene141. Contemporaneamente, all’interno della chiesa, i muratori della ditta Cantoni lavoravano a martellina i laterizi da impiegare nelle integrazioni murarie dietro agli altari rimossi e nel presbiterio chiudevano i finestroni per poi ricostruire le coppie di monofore sui lati longitudinali; mentre gli operai della ditta Ravelli costruivano un nuovo arco in pietra della porta laterale della navata minore sud. Riprendevano anche i restauri delle absidi minori del transetto nord, i lavori di cucitura dei varchi lasciati dagli altari, le rimozioni dell’altare del Santissimo, del monumento del vescovo Ranza e della testata sud. Le esplorazioni in cripta poi portavano alla luce le due scale laterali di accesso e le relative modanature (figg. 22, 23). A dicembre142 si liberava- paravano il “cordone a spira” su cui poggiava la copertura. Altri proseguivano la ricostruzione della parasta sinistra e della parte superiore del muro verso il palazzo vescovile, la demolizione delle ultime due arcate a sinistra, vicino al vertice della galleria superiore nord e, il 14 aprile, avveniva il montaggio di prova dei due capitelli nuovi sulle colonne magne124. Sono questi i mesi in cui si interveniva sulla lesione in facciata, su volta e costoloni della prima campata della navata maggiore e sulla parte superiore del protiro centrale125. Si praticava un’apertura in breccia orizzontale al di sopra del rosone per inserire una putrella ed una catena, che si ancoravano al muro meridionale della navata. Per questa ragione occorreva anche smontare una parte della muratura della parete sud – veniva poi ricucita dopo l’inserimento del capochiave126 – e, in controfacciata, la tavola lignea quattrocentesca. All’interno si praticava un primo intervento con l’infilaggio di “staffe, stanghette e putrelle” nel costolone rotto dello spicchio di volta addossato alla facciata. Contemporaneamente si smontavano la copertura del protiro centrale e il catino della nicchia, si ricostruiva quindi l’arco di scarico e il 15 aprile si smontavano l’architrave della porticina interna e la balaustra del protiro. Tra maggio e giugno127 si ricostruiva una porzione della volta della navata centrale, si montavano le grappe metalliche per trattenere le lastre sommitali degli spioventi di facciata, si demoliva la parte di muratura intorno al rosone, partendo dalla finestra a croce, per poi ricostruirla con pietre nuove. Per questa operazione, il rosone fu presidiato con centine di legno e puntelli. Gli scalpellini inserivano diversi conci in varie parti della facciata e rifinivano con scalpelli, martelline e spazzole di ferro, quelli innestati nella semicolonna a nord e si preparavano per mettere in opera 12 fusti di colonne della galleria sommitale128 e nelle gallerie mediane. Venivano poi eseguiti nuovi calchi delle due bocche di scarico a forma di testa di leone, da riprodurre sulla base dei bozzetti di Guidotti129 (figg. 59-61). Una squadra di manovali demoliva l’edificio addossato a nord-est e la parte di fabbricato tra il vescovado e l’abside del transetto nord. Nel secondo semestre dell’anno, una parte delle maestranze si concentrava sulla ricostruzione della muratura attorno al rosone130, nello smontaggio di una parte della ghiera131, nello smontaggio del saliente a destra di facciata – quello a sinistra era compiuto – nella ricostruzione della nicchia dell’ordine superiore del protiro132 – seguendo il progetto di ripristino (figg. 62, 63) – che proseguirà fino a tutto il mese di settembre. Per ritoccare i nuovi capitelli delle colonne magne veniva chiamato Angelo Pasquali un abilissimo “ornatista”133, altri scalpellini ritoccavano i capitelli della galleria sommi34 65. Ripristino della cripta, ambone dell’Epistola, tav. 2, china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) 69a. Ripristino della cripta, fronte della cripta, particolari diversi, tav. 1, china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) 66. Transenna presbiteriale della navata minore di destra, lato frontale e laterale, tav. 4, china lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) 67. Transenna presbiteriale della navata minore di sinistra, lato frontale e laterale, tav. 5, china lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) 68. Ripristino della cripta, prospetto, piante, sezione, china lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) 69. Ripristino della cripta, sezioni in corrispondenza delle scale, china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO) no i ponteggi dalle macerie, si trasferivano in chiesa la balaustra del protiro e lo stemma basilicale; all’interno veniva rimossa la balaustra nell’abside della Madonna del Popolo e accorciato il coro ligneo. Gli scavi proseguivano in cripta per individuarne il perimetro originario e si demolivano le due voltine in corrispondenza sotto la cupola (fig. 64). ANNO 1900. Nelle sedute del 1900, i membri della commissione amministrativa e tecnica, definivano i modi e lo stile da applicare ai nuovi amboni, su progetto di Camillo Guidotti e scolpiti da Fedele Toscani, che veniva incaricato il 10 aprile. In una sua lettera143 a Faccioli, Guidotti definiva 35 70. Capitelli delle navate, calchi (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671) 71. Capitello del transetto sud e calchi per gli studi di amboni e transenne (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671) 72. Studi per gli amboni e le transenne, calchi (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671) 73. Studi per le transenne presbiteriali, calchi (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671) 74. Pulpito, bozzetto alla colonna (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671) 75. Pulpito, pianta e prospetto, scala 1:10, copia eliografica (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671). Si veda anche: progetto del pulpito, pianta e prospetto, scala 1:10, copia eliografica (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) gli amboni di carattere semplice: composti da un’arcata, due coppie di colonnine ai lati, sorrette da piccoli telamoni e da animali simbolici, riprendevano “i motivi sviluppati nel portale a levante verso via Guastafredda”. Un altro riferimento era il portale nord della chiesa di sant’Antonino. In alto agli angoli del parapetto si trovavano le statue dei santi piacentini “dei quali due originari (…) conservati nel piccolo museo di questa cattedrale”. Le transenne del santuario ritraevano “in piccola scala i motivi dominanti nell’architettura del tempio e precisamente della facciata; il parapetto veniva sostenuto da archetti semicircolari su 36 76, 77, 77a. Parti scolpite degli amboni smontati e oggi conservati in un locale annesso alla cripta Tav. V. Planimetria con individuazione delle volte e dei capitelli ricostruiti piedritti ovvero su mensoline, che appoggiavano direttamente sulle colonnine”, come era nel matroneo a nord del transetto di sinistra. Le figure frontali riproducevano “alcune statuette che trovansi alla chiave degli archi delle navate piccole, prospicienti la navata maggiore ed anche dei ruderi di due statuette che trovansi nel piccolo museo annesso alla cattedrale” (oggi i profeti nei Musei Civici)144. Come per la facciata il magazzino delle idee era l’abside, per gli amboni e il pulpito, le fonti di ispirazione erano i capitelli interni delle navate e della cripta (figg. 65-69). Le immagini dei calchi di alcuni capitelli, delle prove di simulazione delle transenne del presbiterio e del pulpito aderente alla colonna, vennero spedite al Ministero per l’approvazione145 (figg. 70-75). Entro il 30 settembre lo scultore avrebbe dovuto realizzare 10 statue in pietra da collocare intorno ai plutei dei nuovi amboni, quattro gruppi simbolici e le figure di san Pietro e Paolo. La commissione approvava146 anche il progetto di ripristino del fronte esterno settentrionale e della testata nord-est, che aveva presentato Guidotti, sotto forma di tre elaborati grafici andati perduti – particolari delle finestre dell’abside maggiore e delle gallerie di coronamento – e la sua proposta di volere sostituire, per i nuovi lavori, la ditta Monti con lo scultore piacentino Giovanni Pagani, per ragioni economiche. Si definivano le linee guida per la sostituzione della lunetta e dell’architrave del portale centrale e di quello del portale nord, per il restauro degli affreschi, per i nuovi cicli pittorici della Madonna del Popolo, della cappella di san Martino e di sant’Alessio. Si affidava l’incarico alla ditta Stefanoni di Bergamo per lo strappo degli affreschi dalle pareti absidali e dai pennacchi della cupola147. La commissione definiva, dopo varie discussioni, la nuova collocazione dell’organo rimosso dal presbiterio, richiedeva all’Astorri di modificare per la terza volta la lunetta del portale centrale e le tre virtù teologali – nel caso si auspicava l’intervento di Fedele Toscani nella fase del ritocco148 – e incaricava oltre al Toscani anche Giovanni Pagani per la realizzazione del nuovo pulpito, sempre su progetto di Guidotti (figg. 76, 77, 77a). Per le vetrate istoriate della Madonna del Popolo, del SS. Salvatore e dell’Assunta si richiedevano tre proposte progettuali. La maggior parte dei lavori di restauro si svolsero nel 1900. Il diario di quell’anno registra la presenza di molte maestranze distribuite in tutta la cattedrale – all’interno 20 muratori e 9 scalpellini specializzati (6 della ditta Monti e 3 della ditta Micheli) – senza un chiaro piano di coordinamento: dalla facciata, all’interno, sulle volte e sugli affreschi, nelle navate, nei transetti, in abside, in cripta, all’esterno, sulla testata nord e sui muri esterni longitudinali. Per maggiore chiarezza seguiremo l’andamento dei lavori per aree di intervento. In facciata i lavori ripresero a febbraio con “la posa di cordoni in marmo attorno alla calotta del nicchione centrale nella facciata e lavoro d’ornato”150. A marzo proseguivano con la demolizione della lunetta del portale centrale per sostituirla con quella nuova; con le opere preparatorie 37 parasta a sud e la croce in marmo sulla sommità della facciata. A ottobre la parte bassa della controfacciata e quella attorno alle spalle della porta maggiore venivano ripristinate con “laterizi battuti a martellina”159; a novembre si inserivano nuovi conci nella strombatura del portale centrale e si ricollocavano i due quadrupedi sulla parte alta del protiro maggiore160. A dicembre lo scultore Stefano Scalabrini ritoccava, insieme a Giovanni Pagani, i nuovi capitelli del protiro centrale, i manovali si apprestavano a costruire il ponteggio per lo smontaggio delle colonne inferiori, a puntellare l’architrave a sinistra, di sostegno dell’archivolto e procedere quindi allo smontaggio di capitello e colonna161. Quindi si rimuoveva il leone di sinistra per riparare il basamento162. Le stesse operazioni furono predisposte a fine anno anche per lo smontaggio del sistema colonna-leone a destra163, che però verrà attuato l’anno successivo. Tra il 26 febbraio e il 24 novembre, un’altra squadra di manovali e scalpellini lavorava sui paramenti esterni dell’abside maggiore, delle paraste laterali – quella a nord-est fu completamente rifatta164 – e dei muri d’ambito, della parete e del portale a nord-est, verso via Guastafredda, della testata del transetto nord e del lato nord verso il vescovado165. Venivano messi in opera conci in arenaria e in breccia di Verona, nell’angolo nord-ovest verso il Vescovado . Poi il 28 maggio venivano montate nuove cornici in arenaria alla base delle gallerie delle absidi del transetto nord e alla fine di giugno iniziava lo smontaggio completo della parasta angolare nord-ovest del transetto nord166. A luglio si scalpellavano le paraste del lato nord e si restaurava il paramento a sinistra del portale verso via Guastafredda. Interessante ricordare l’intervento di parziale smontaggio, scalpellatura dei conci e rimontaggio di nuovi elementi in arenaria della colonna addossata in angolo tra il lato longitudinale nord e il transetto167. A novembre si lavoravano nuovi conci per la strombatura dell’abside del transetto nord, si scalpellavano “le pietre guaste” del portale nord-est su via Guastafredda e si rivestiva in arenaria l’interno della porta verso il cortile del vescovado168. All’interno, volte e costoloni di tutta la chiesa venivano ripuliti con spazzole d’acciaio dalle verniciature. La parte alta del presbiterio vicino al coro, la volta attigua all’altare del Santissimo e i capitelli che sorreggevano la cupola venivano liberati da stucchi e ornati. In estate, iniziavano i lavori di consolidamento dell’arco acuto lesionato tra la prima e la seconda campata. L’intervento consistette nella rimozione di conci rotti, nell’inserimento di staffe di rinforzo e nella posa di nuovi conci sagomati. All’estradosso si inserivano due briglie metalliche di incatenamento dell’arco, ancora visibili nel sottotetto della navata169. Il quadro fessurativo presente sulle volte della nava- per la rimozione dell’architrave sottostante e la sostituzione di alcuni conci di marmo sconnessi dell’archivolto151. L’architrave in granito cinquecentesco venne smontato il 27 marzo, mediante l’impiego di tagliole e puntelli e il 5 aprile era montato e sigillato il nuovo architrave istoriato dell’Astorri. Si mise mano anche alla riparazione degli strombi interni del portale stesso e ripresero i lavori di sostituzione delle colonnine della galleria sommitale e della cornice a spira, completati con la formazione del pavimento interno in accoltellato152. Alla fine di maggio veniva montata la nuova lunetta del portale centrale153 e pochi giorni dopo154 furono smontati anche la lunetta e l’architrave istoriato del portale nord, rotto in due parti, allo scopo di sostituirli con delle copie. Si legge che prima del montaggio del nuovo architrave si “scalpella[va]no le brecce lateralmente alle mensole dell’architrave vecchio”. Insomma le operazioni di smontaggio e di rimontaggio – ben due volte – furono devastanti per l’assetto dell’architrave e sicuramente comportarono delle alterazioni nella ricomposizione dei pezzi. Anche il suo archivolto interno subiva delle modifiche: per motivi di dissesto, veniva smontato completamente155 e ancora a luglio si scalpellavano le pietre rotte agli angoli per procedere con le sostituzioni. Nel resto della facciata si sostituivano alcuni conci in marmo delle paraste laterali, mentre sul paramento liscio del primo ordine si praticavano innesti con delle lastre più sottili156. Il fissaggio alla parte interna in laterizio veniva eseguito con calce e cemento, mentre il fissaggio ai blocchi antichi, opportunamente liberati dalla parte degradata, veniva eseguito con zanche di ferro, come era avvenuto anche nell’abside del duomo di Fidenza. In alcuni casi, principalmente nel restauro dei pezzi scolpiti, vennero impiegati dei perni in ottone157, come avvenne per l’ancoraggio della mensola di sostegno della scultura sulla parasta sud della facciata. A giugno si inserivano i conci in arenaria a chiusura dei varchi praticati per alloggiare i capochiavi delle catene annegate al di sopra del rosone. Nel mese di luglio venivano sostituiti alcuni conci di marmo attorno al portale nord, nella parasta di sinistra e in varie parti delle superfici lisce della facciata. Si estraevano poi dal muro le teste di leone “in parte mancanti e in parte male imitati” – era stato fatto un tentativo non riuscito di rilavorazione di quelli antichi – per poi mettere in opera quelle nuove; si lavoravano nuovi conci di marmo per gli appoggi dell’arco del portale nord158. Per tutta l’estate si praticavano innesti di brecce veronesi su tutto il paramento e sostituzioni di conci nella parasta a sud. Il 3 agosto veniva smontata la lunetta istoriata del portale centrale. A settembre si mettevano in opera “cappello e mensola per la statuetta da porsi sulla medesima” nella 38 78. Cripta, particolare della lavorazione dei nuovi laterizi e confronto con quelli antichi 79. Cripta, graffiatura e velatura dei laterizi nuovi 80. Chiesa, interno, parete longitudinale del paramento murario parzialmente ricostruito ta minore sud, a partire dalla seconda, che rischiava il crollo170, imponeva di abbandonare il consolidamento, già praticato per gli archi. Come per la volta della prima campata della navata centrale171, anche qui la direzione lavori decideva di procedere con lo smontaggio completo e la ricostruzione. Il 1° dicembre si costruiva la centina per l’ultima campata (tav. V). Dalle pareti della navata centrale e dalle laterali venivano rimossi tutti gli intonaci, si ripulivano le superfici con spazzole d’acciaio e si stuccavano i paramenti in laterizio; dove erano stati tolti gli altari si ricostruivano i muri con mattoni nuovi “lavorati a martellina e rigatura” e si integravano le scale interne alle pareti. I lavori si sarebbero conclusi alla fine di settembre (figg. 78-80). A giugno si ricuciva il paramento murario dove era stato rimosso l’organo e per riaprire la finestra murata172. Durante gli interventi di cucitura muraria, praticata sulla parete corrispondente alla seconda campata della navata meridionale, andava perduta purtroppo l’evidente soluzione di continuità che commentava il compilatore del diario. Testimoniava come questo lato della chiesa fosse sorta “in due periodi diversi” e ciò si capiva “dalla disposizione dei filari del paramano” (paramento), ossia dal disallineamento tra i filari dei laterizi e da un sopral- zo evidente. Il segno si perdeva con la “riparazione al tratto d’unione nella parte centrale della seconda parete entrando nel tempio”173. La linea verticale risulta però ancora leggibile all’esterno. Tra ottobre e novembre si eseguivano le stesse operazioni in controfacciata e attorno all’ingresso principale174. Durante le lavorazioni sui paramenti, si ricostruivano davanzali e imbotte delle finestre. A gennaio si perfezionavano i davanzali delle due finestre absidali, si ricostruiva la muratura attorno a quelle della navata centrale e delle laterali. Si consolidavano le lesioni presenti sulle pareti della seconda campata della navata centrale175. Nell’abside maggiore venivano demolite “le spalle di muratura rovinate della finestra grande per fare spazio al nuovo davanzale in pietra”176. Era stato da poco rimosso il tamponamento. Alla fine di marzo si preparavano i conci per le due nuove finestre laterali del presbiterio, che si completavano ad aprile con nuovi archi in pietra. Anche nel lato nord e sud della navata centrale si ricostruivano le strombature delle finestre del cleristorio e la muratura intorno, nel lato meridionale della navata laterale si ripristinavano le finestre ad arco, poi si ricostruivano i paramenti murari della navata minore settentrionale e del muro nord del presbiterio. Il 9 maggio iniziavano i lavori di rimozione dei muri di tamponamento dei matronei del pre39 le basi della porta d’ingresso”, mentre gli operai delle ditte Monti e Micheli mettevano in opera i gradini della scala a destra e di quella che dalla navata minore sud portava in cripta186. Nel trimestre successivo, si preparavano i conci delle spallette interne delle finestre, l’arco in marmo della porta vicino alla sacrestia e di quella vicino al battistero, i conci in marmo per gli ingressi laterali e per la scala dalla parte del battistero. Il 28 maggio si costruivano gli archi “sopra le colonne ricollocate in opera (…) corrispondente al vano ove trovansi l’altare”, cioè all’incrocio dei bracci del transetto. I lavori di ricostruzione delle volte si concludevano ai primi di giugno187. Nei mesi successivi si rivestivano i muri delle absidi e delle pareti. La superficie interna dell’abside del braccio nord quasi totalmente distrutta veniva completamente ricostruita188. Si realizzavano le volte delle absidi minori con nuovi conci in arenaria, si completavano il muro vicino all’arco della porta a sinistra con arenaria di Pianello, poi archetti, voltine, gradini, intonaci su volte e archi, scale. A giugno si facevano delle prove di montaggio della transenna di recinzione del presbiterio sopra la scala (fig. 73). Tra il 27 agosto e il 1° settembre lo scultore Pagani, lavorava colonne nuove, basi e pietre diverse e gradini per il nuovo altare maggiore. Si procedeva poi con il ripristino dell’abside minore sud. Nell’ultimo trimestre, venivano realizzati nuovi intonaci per gli affreschi, i gradini per gli altari laterali e dell’altare maggiore. A dicembre la cripta era chiusa da finestre e il 18 novembre il battistero, dalla cappella del Santissimo, veniva trasferito qui. sbiterio177. A dicembre si preparavano laterizi sagomati per le finestre della cupola178. Sulle absidi dei transetti si intervenne pesantemente: la rimozione degli altari, soprattutto quello della Madonna del Popolo179, comportò smontaggi significativi delle murature delle absidi, tanto che si dovettero ‘tracciare’ le nuove curvature, per regolarizzare e dare continuità alle superfici. I lavori iniziarono con la rimozione di intonaci, pulitura delle superfici con spazzole di acciaio, ricostruzione dei paramenti murari con laterizi “sagomati e battuti con martellina”180. Durante i lavori nel transetto sud, i muratori della ditta Rovelli smuravano i capitelli dell’abside centrale181 e il capitello interno sopra alla lesena ovest della stessa182, per poi sostituirlo l’anno successivo. Poi scalpellavano “vecchi capitelli sfaldati nella crociera” dell’abside minore ovest183 (tav. V). Nelle absidi dei due transetti si inserivano nuovi conci in arenaria nelle cornici degli archi e nelle lesene: a marzo nella cornice orizzontale e poi, dal 1° ottobre, nell’arco in pietra del catino dell’abside minore a ovest del transetto nord. Ad aprile analoghe operazioni si eseguivano nell’abside minore est. A maggio veniva ripristinata la scala a chiocciola interna a fianco dell’abside centrale. Tra agosto e fine settembre si preparavano gli intonaci per gli affreschi dell’abside di san Martino e della cappella dell’Addolorata (abside ovest del transetto nord). I lavori in cripta ripresero già da gennaio. Si trattò a tutti gli effetti di un cantiere autonomo, dove proseguivano le funzioni religiose grazie alla costruzione di una parete trasversale che recintava l’area di cantiere. Ovviamente la rimozione del sistema di gradinate attorno al presbiterio coinvolse anche i sotterranei. I piani sopraelevati del santuario erano già stati rimossi e ora si realizzavano le scale di discesa in cripta e di salita al presbiterio. Nei primi tre mesi dell’anno i muratori della ditta Eberli si concentrarono nella preparazione di nuovi conci per le monofore delle absidi, nella demolizione delle prime tre arcate, corrispondenti alla zona che occupava l’ultima campata sotto la cupola, nella costruzione delle pareti delle scale e del nuovo muro ovest che riduceva il ‘piedicroce’ di tre campate, inglobandovi le quattro colonne rimaste184. Le colonne smontate – basi, fusti e capitelli – sarebbero state reimpiegate per ripristinare il sistema delle volte attorno all’incrocio dei bracci del transetto e davanti alle absidi laterali185. Nello stesso trimestre, i muratori della ditta Eberli montavano le nuove semicolonne sopra “la banchina del muro perimetrale”, demolivano le vecchie finestre per poter realizzare quelle ad arco, le raccordavano con le volte, rialzavano i muri d’ambito per il sostegno dell’archivolto, su cui si sarebbe impostata la scalinata centrale del presbiterio, lo scultore Giovanni Pagani lavorava “le palmette d’ornato per ANNO 1901. Nel 1901 i membri della commissione si incontravano a cadenza bimestrale. Era imminente – il 17 giugno – l’inaugurazione dei lavori, anche se non erano conclusi. Le scelte erano già state prese l’anno precedente e le decisioni vertevano ora su alcuni aspetti di tipo artistico: la scelta per una lunetta dipinta del portale centrale, simile a quella dell’ingresso a nord-est, perché quella scolpita dall’Astorri non convinceva189 – “era deficiente la composizione e manca[va] di sentimento” –, per le nuove vetrate istoriate, per nuove decorazioni delle absidi e del presbiterio190, per l’acquisto di due leoni antichi per il portale nord-est191, per lo strappo degli affreschi dal presbiterio, pennacchi e dalla pareti sotto la cupola192. Nella seduta del 10 agosto si comunicava che la ditta Monti era stata incaricata di fornire i pezzi della galleria del lato nord, allo scalpellino Pietro Spelta erano stati affidati lavori in economia per le riquadrature dei pezzi lisci e allo scultore Giovanni Pagani la realizzazione di tutti i capitelli193. Nel primo trimestre dell’anno, in facciata veniva rimontato il leone a destra del protiro centrale194, lo scultore Gio40 gano, si ricostruiva il paramento murario sopra alle prime due colonne del lato nord, si preparavano nuovi conci per le colonne e le finestre delle pareti laterali, si montavano le transenne del recinto presbiteriale, si costruiva la gradinata centrale211. A metà gennaio gli scultori lavoravano marmi e arenarie per gli amboni, che saranno conclusi il 22 aprile 1901. Tra aprile e giugno i lavori proseguivano in facciata, in vista dell’inaugurazione. Si completava la ricostruzione del rosone, la riparazione dei conci della ghiera, l’inserimento della nuova cornice a spira e nella muratura intorno. Nel protiro centrale, il 13 aprile si posavano i primi conci della cornice superiore, poi le nuove lastre della copertura e tra il 14 il 17 maggio si faceva un’ulteriore prova con la lunetta scolpita nuovamente ritoccata dall’Astorri. Dopo le prescrizioni di Faccioli, l’architrave antico del portale nord veniva rimontato212. La sua copia giace ora nel Museo Kronos annesso alla cattedrale di Piacenza. Le operazioni di consolidamento che seguirono, sia su questo e che su quello del portale minore sud, consistettero nella riparazione con innesti di parti mancanti dell’architrave del portale nord213 e nella trapanatura dell’architrave del portale sud in quanto rotto, per l’inserimento di elementi metallici214. Tra il 7 e l’8 giugno veniva messa in opera la nuova lastra iscritta in marmo veronese sul portale minore sud, in sostituzione “alla vecchia sfaldata (…) sulla quale si scolpiscono le stesse parole della data di principio del tempio”. Nel rilievo fotografico prima dei lavori, Guidotti aveva inserito i tre protiri tra le parti “in discreto stato di conservazione”, ma da un’attenta comparazione tra le immagini prima e dopo i lavori risulta che nel portale nord rimosse le parti distaccate delle lastre di copertura, nel concio in chiave inserì la perduta pupilla in piombo e l’arto posteriore sinistro dell’Agnus Dei con la tecnica dell’incrostazione – già rilevato da Gigli nel 1985 – nel bassorilievo della Vergine entrambe le pupille in piombo e in quello di san Giovanni quella dell’occhio destro; l’architrave del portale rotto in tre pezzi, smontato per sostituirlo con la copia, fu poi rimontato innestando parti mancanti non meglio dichiarate e inserendo all’interno una ‘putrella’; nell’occasione dello smontaggio venne rimossa la lunetta superiore che fu sostituita con nuove lastre di marmo. Nel portale sud gli interventi consistettero in limitate riparazioni delle lastre di copertura, nella rilavorazione delle dita del piede destro del profeta Elia – aveva perduto le forme per erosione – e nell’integrazione del suo piede sinistro, quasi del tutto mancante nella immagine prima del restauro, infine nel consolidamento dell’architrave del portale. Come si è visto il portale centrale venne quasi del tutto smontato e rifatto: fu smontato e abbassato l’ordine superiore del protiro, sostituiti le lastre della copertura e i conci dell’archivolto, le colonne e le semicolonne con relativi basi vanni Scalabrini ritoccava in chiesa i due capitelli grossi nel protiro centrale195, gli scalpellini della ditta Monti preparavano le due basi dell’ordine inferiore del protiro centrale196, poi si rilavorava ad una sua colonna “per ridurla a forma e sagoma diversa”197. Tra i vari pezzi che componevano le colonne venivano interposte delle lastre di piombo – una tecnica tradizionale già impiegata in antico per assorbire gli sforzi e dissipare le azioni dinamiche – e si mettevano in opera basi e spallette nuove della porta principale. Tra il 28 febbraio e il 1° marzo si rimontavano la colonna e il capitello a sinistra del protiro, le due statuette nella parasta a sud-ovest, si rimuoveva l’armatura di sostegno per la collocazione della colonna sul leone di sinistra, si costruivano i ponteggi per la rimozione della colonna e del leone di destra; si rivestiva poi con nuove lastre di marmo tutto il paramento al di sopra dei segni dello zodiaco. Poi si innestavano nuovi conci alla base del protiro e si collocava uno dei due bovi sull’ordine superiore198, si mettevano in opera il nuovo basamento, il leone e la colonna a destra dell’ordine inferiore, una colonna, capitello e architrave del secondo ordine199. Ancora si tentava un’altra prova con la nuova lunetta istoriata e il nuovo archivolto al di sopra200, si lavoravano quindi tutte le pietre di rivestimento dell’arco superiore, scalpellando in parte quelle antiche, che venivano rivestite con nuove lastre di marmo di Verona201. Gli operai della ditta Monti, Pietro Spelta, Giovanni Pagani e Fedele Toscani lavoravano sul portale nord-est “per le sculture di restauro”202, rivestendo le spalle laterali203 e sulla galleria del lato est del transetto nord, inserendo nuovi capitelli e colonnine. Tra il 25 e il 30 marzo giungevano in cantiere 2 semicapitelli, 2 capitelli, 4 basi per la sostituzione di pezzi nel lato nord della galleria verso via Guastafredda204. All’interno della cattedrale, i lavori procedevano nelle absidi dei due transetti: l’inserimento dei “due grossi capitelli” per le lesene dell’abside della Madonna del Popolo205, la ricostruzione del catino dell’abside maggiore del transetto nord e dell’altare dei Vescovi nel lato est del transetto sud206, la cucitura muraria dello squarcio rimasto dopo lo smontaggio dell’organo nell’ultima campata della navata nord, la ricostruzione della parasta in arenaria dell’abside di san Martino verso il presbiterio, la posa dei nuovi capitelli nella cappella del Santissimo207, il ripristino delle quattro finestre della cupola208, la collocazione di un altro capitello e tre conci a fiori per la ghiera del rosone nell’abside della Madonna del Popolo209. Nel matroneo sud del presbiterio furono sostituiti alcuni archetti, nonostante Guidotti avesse sostenuto inizialmente che fossero in buono stato. Invece il primo matroneo a nord veniva ricostruito interamente210. Sempre nel presbiterio, si riparavano le colonne dove era stato rimosso l’or41 81. Ripristino delle trifore degli pseudomatronei, 1901 (Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) 82. Navata centrale, cupola e presbiterio, ripristino delle trifore, sezione longitudinale parziale, china su lucido (ASABAPBO) 83. Presbiterio e transetto, ripristino delle trifore, sezione longitudinale parziale, copia eliografica (ASABAPBO) 84. “Triforii della nave maggiore della traversa”, prospetto e pianta, china su lucido (ASABAPPR, ASBAP, PC/M21, 1901-1928) 85. Particolari del ripristino delle trifore a fine lavori, 1901 (APG, Fotografie) 86. Particolare della trifora della prima campata della navata centrale, lato nord, oggi e capitelli, rimossa la balaustra; venne puntellato l’archivolto dell’ordine inferiore per sostituire alcuni conci, gli architravi e le colonne con relativi fusti e capitelli, quindi per smontare i leoni e poter sostituire i loro basamenti. La nicchia in laterizio dell’ordine superiore venne completamente rifatta e sostituiti gli architravi delle porte; nel portale vennero sostituiti l’architrave in granito con quello istoriato, la lunetta soprastante che venne affrescata e alcuni conci mistilinei perimetrali e una lastra nel piedritto destro della porta. A questo punto, grazie alle notizie del diario e alla osservazione delle immagini scattate prima del restauro è ora possibile aggiornare quel ‘catalogo’ delle sostituzioni e rilavorazioni dei tre protiri, già redatto da Cassanelli nel 1985215, con l’uso efficace di alcuni grafici (tav. VI). All’interno della chiesa, si inserivano nuove colonne nelle trifore dei matronei dei due bracci del transetto216, si preparavano gli archi superiori, si smuravano le trifore a sinistra della cupola secondo i progetti presentati217 (figg. 81-86). 42 87. Transetto nord, abside centrale, capitelli a destra, copia (1901) 88. Transetto sud, abside minore a sinistra, capitello di sinistra, copia (1901) 89. Transetto sud, abside centrale, capitello di destra, copia (1901) 90. Transetto sud, abside centrale, capitello di sinistra, copia (1901) 91. Il pergamo nuovo a fine lavori, fotografo Giuseppe Caldi (attribuibile), 1902 (APG, Fotografie) 92. Ambone dell’Epistola e dell’Evangelo a fine lavori, fotografo Giuseppe Caldi (attribuibile), 1902 (APG, Fotografie) La rimozione degli affreschi dai pennacchi e il successivo abbattimento dell’intonaco mettevano in luce le “foderature” – cioè murature sovrapposte – con cui furono rettificate le superfici sottostanti per la stesura degli affreschi. Dopo la loro demolizione, vennero alla luce gli archi a scalare dei pennacchi perfettamente conservati218. Tra luglio e settembre i lavori si concentravano sulle trifore della navata centrale, con l’inserimento di nuove colonne e la costruzione dei “camerini” retrostanti nei sottotetti. Furono costruiti prima quelli del lato sud e poi quelli del lato nord219. Nel transetto settentrionale, si metteva in opera il nuovo capitello della parasta a destra dell’abside centrale, quindi altri due sempre nella stessa parasta220. Nel transetto sud si demoliva un vecchio capitello “da sostituirsi con nuovo nella parasta di fronte a destra dell’abside maggiore della traversa a sud”. Si realizzavano intonaci, si montavano altari, si completavano gli affreschi221 (figg. 87-90). Tra il 22 e il 27 luglio veniva recintata l’area per l’“erigendo pulpito in marmo di Verona vicino alla colonna dove si trova[va] quello in legno”. I pezzi furono trasportarti in chiesa per il montaggio, che avvenne dal 30 luglio al 17 agosto (figg. 91- 92). Nel secondo semestre il cantiere si spostava sul lato esterno nord: verrà completato il portale verso via Guastafredda, ricostruite paraste e paramenti murari e l’intero sistema di gallerie. A luglio si montavano i ponteggi, dove le cornici di coronamento e i dentelli alla base della galleria erano “mancanti per la massima parte”222, si innalzavano quindi le cornici, si posavano archetti e colonne fino alla fine di agosto, 43 93. La facciata della cattedrale a fine lavori (APG, Fotografie) 94. Veduta della cattedrale da nord-est a fine lavori (APG, Fotografie) 95. Veduta della cattedrale dalla torre di sant’Antonino. Si noti il livello delle coperture prima della loro sostituzione nel 1958 con una struttura in laterocemento. L’intervento comportò un evidente sopralzo, con il quale venne coperta la scossalina in pietra esistente sulla parete del tiburio (APG, Fotografie) riore e tra il 25 e il 30 novembre si trasportavano i leoni acquistati per il successivo montaggio sui basamenti. I lavori in cripta, ripresi ad aprile, venivano completati attorno al 12 ottobre: ad aprile si erano montate le mense d’altare dell’abside e poi dell’altare maggiore, a giugno i gradini degli altari, scale e pavimenti, ad agosto erano state montate le nuove semicolonne dell’abside maggiore223, a settembre le finestre, infine i cancelli laterali dell’altare centrale. Sull’andamento di eventuali altri interventi i documenti tacciono, mentre alcune immagini mostrano la cattedrale a fine lavori (figg. 93, 94, 96) e come la si vedeva dalla torre di sant’Antonino (fig. 95) o dal palazzo episcopale (fig. 97). Dagli incontri della Commissione risulta che nel 1902 dovevano essere completati o meglio rivisti gli affreschi dell’abside minore ovest del transetto nord, dedicata ai Vescovi piacentini, dovevano essere modificati i leggii degli amboni, giudicati non conformi al carattere romanico. Nel 1903 si discuteva sulla collocazione degli affreschi staccati. Nel 1910 la commissione si riuniva per decidere la destinazione degli altari rimossi. Nel 1917224 venivano rendicontati tutti i pagamenti eseguiti, dal 15 febbraio 1895 al 9 marzo 1912. Il conto finale ammontava a 410.119,03 lire, interamente sostenuto dai fondi provenienti dalla veneranda opera parrocchiale, dal Capitolo, dal comune di Piacenza, dalla vendita dell’ex chiesa di santo Stefano, dalla cassa si ricostruivano parte delle paraste verso il cortile del vescovado e parte del paramento murario con arenarie di Bobbio. Veniva sostituita tutta la fascia in marmo di Verona al di sotto della galleria. A settembre si mettevano in opera le lastre orizzontali di copertura della nuova galleria del lato ovest del transetto nord. Ma i lavori proseguiranno almeno fino alla fine dell’anno e non si ha notizia nel diario della data del completamento. Si sa invece dalla Libertà del 18 settembre 1901, che Luigi Monti e il nipote Annibale stavano scolpendo in un locale del Vescovado i mascheroni delle mensole delle gallerie nord, dove venivano raffigurati i membri della commissione dei restauri, dal canonico Rossi all’assistente Cantù, e come atto autocelebrativo, le tre statue-colonna raffiguranti Camillo Guidotti in veste bizantina, Carolippo Guerra togato, con al centro il vescovo Scalabrini. A novembre si sostituivano le travi del tetto del protiro N/E, procedevano i lavori di ricostruzione dell’attico supe44 96. Il lato nord della cattedrale dopo i lavori: sono indicate con il n. 1 e il n. 2 le statue-colonna raffiguranti Carolippo Guerra e Camillo Guidotti (APG, Fotografie) 97. La cattedrale vista dal palazzo vescovile dopo i lavori: è indicata con il n. 3 la statua-colonna raffigurante il vescovo Giovanni Scalabrini (APG, Fotografie) 98. Particolare del consolidamento del tiburio (“La cupola del Duomo di Piacenza. Proposta di opere di consolidamento. Rapporto e preventivo di spesa”, Camillo Guidotti, luglio 1905, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905) di Risparmio di Piacenza, dal Ministero della Pubblica Istruzione, dal Ministero di Grazia e Giustizia, dal vescovo Scalabrini, da offerenti privati, dalla Banca Cattolica di sant’Antonino e dalla Società Operaia Cattolica, dalla vendita della cantoria e da interessi maturati presso la Banca Cattolica. Anni 1910-1911: restauro del tiburio La proposta di “robustimento” della cupola risale al luglio 1905225. In una lunga dissertazione sull’architettura del tiburio, Guidotti notava che le colonne di sostegno erano state rinforzate e quella dell’imposta centrale a nord era a pianta cruciforme, riteneva che il transetto fosse stato costruito in un secondo momento e pure il tiburio fosse “opera addizionale alla prima erezione del Tempio”. Le lesioni della cupola non erano recenti e dopo una visita attenta alle gallerie, interna ed esterna, e dei sottotetti, riteneva che non vi fossero pericoli imminenti, ma che si trattasse di fenomeni di degrado locali, quali ad esempio la “decrepitezza raggiunta dall’arenaria piacentina” della galleria esterna e imputava ai movimenti locali generati dallo stamponamento degli ultimi restauri, o dai pali dei ponteggi che si erano innestati durante il distacco degli affreschi del Franceschini, la lesione sopra agli archi delle trifore. Tutto questo aveva indotto il Capitolo ad intervenire con dei muricci interni alle trifore per rinforzarle, pur mantenendo la percezione della loro apertura. I fenomeni più gravi si riscontravano nella galleria esterna del tiburio a causa del degrado delle colonne in arenaria e per l’allontanamento della galleria esterna dovuto, secondo il Guidotti, all’alternarsi su due livelli del sistema delle logge, poggianti per metà sullo stesso muro, e alla mancata azione di contrasto delle spinte della cupola per la presenza dell’alta intercapedine, generata dalle due gallerie sovrapposte. Proponeva quindi la sostituzione delle colonnine esterne e delle cornici e una cerchiatura metallica, di cui dava una restituzione grafica molto chiara (fig. 98). Alla perizia seguirono i lavori tra il 1910 e il 1911, con il contributo di 2.000 lire del Ministero della Pubblica Istruzione, su una stima presunta di circa 3.800226. I ponteggi vennero montati a maggio 1910, furono stabilite con precisione le misure delle catene e delle chiavarde esterne, furono centinati gli archetti della galleria esterna e quindi nell’anno si completò l’opera di cerchiatura. La sostituzione delle colonnine fu eseguita da Pietro Spelta l’anno successivo. Nella rendicontazione finale, tra il 26 ottobre 1910 e il 18 maggio 1911, risultavano rifatti un tratto di cornice,12 fusti, 15 basi e 13 capitelli227. 45 99. Abside prima dei lavori, 1892 circa (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora 100. Abside prima dei lavori, 1897 circa (APG, Fotografie). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora 101. La finestra absidale prima dei lavori, 1897 circa (APG, Fotografie) Gli interventi del primo cantiere Guidotti sono registrati graficamente sui fotopiani dei prospetti est, nord ed est (tav. VII, VIII, XII). 4. ‘Il secondo cantiere Guidotti’ (1923-1925): abside e monofora, i restauri di Carlo Strinati. L’abside, che nel 1884 Della Cella aveva segnalato come la parte più compromessa della cattedrale, non fu sottoposta ad interventi ricostruttivi nel ‘primo cantiere Guidotti’. Almeno non vi è traccia nei documenti indagati presso l’archivio Capitolare fino al 1925. Recenti studi228 assegnano una parte del fregio scolpito alla base della galleria alla mano di Carlo Strinati, scultore piacentino che l’avrebbe realizzata su progetto di Camillo Guidotti, attorno al 1921-22. L’intervento ricostruttivo in quegli anni, per la precisione poco dopo, è confermato dai documenti rintracciati presso l’archivio della Soprintendenza di Parma229 e della Opera Parrocchiale della Cattedrale di Piacenza230, di recente inventario, dove si legge anche di sostituzioni di pezzi della monofora. Insieme alla documentazione grafica e fotografica231 risalente al ‘primo cantiere Guidotti’ (figg. 99-105), questo carteggio inedito e la visione ravvicinata dei manufatti, grazie al ponteggio recentemente innalzato, ci restituiscono uno scenario più chiaro sulle sostituzioni praticate in abside negli anni ’20 e principalmente sulla monofora. Ripercorriamo ora gli antefatti. Il 30 dicembre 1884 si prevedeva già di sostituire 5 mq “per l’ornato del finestrone posteriore” 232; nella perizia del 1° aprile 1885, si parlava del “rifacimento della finestra absidale”233 e il 21 febbraio 1895, dello stamponamento della finestra e della sua riparazione234. Cioè sul finire del secolo si progettava già di intervenire sia all’interno che all’esterno della monofora. Iniziato il cantiere, tra il 30 maggio e il 1° giugno 1898235, si eseguivano dei calchi di alcuni dettagli scultorei 46 102. Monofora absidale prima dei lavori, 1895 circa (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 18921905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora 103. Abside prima dei lavori, stipite sinistro con bassorilievi. (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora 104. Abside prima dei lavori, stipite destro con bassorilievi. 1892 circa (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora 105. Rilievo dell’abside prima dei lavori, Camillo Guidotti (attribuibile), 1892 circa, copia eliografica. (ASABAPBO). Interessante il bassorilievo zoomorfo su mensola, alla base del saliente di destra della parete presbiteriale, evidenziato nel riquadro. Oggi si vedono i resti di questa mensola e al di sopra del tetto, quelli di una scultura. dell’abside: si trattava di calchi di alcuni architravi figurati che venivano riprodotti per la galleria mediana di facciata, ma di dimensioni più piccole, secondo le prescrizioni di Guidotti. Il 26 agosto 1899 si completava lo stamponamento della monofora236. Il 6 settembre 1899, Beltrami, durante il suo sopralluogo, approvava la riapertura della monofora, che riteneva “interessantissima”. “La decorazione dell’abside corale (…) venne rimaneggiata in quelle parti prive di carattere storico e che erano in manifesto contrasto colle geniali membrature della ritrovata finestra centrale. (…) Eseguite le esplorazioni attorno alla magnifica finestra absidale si rese tosto necessaria la demolizione di alcuni stucchi che erano malsicuri e sospesi con ferri oramai consunti”237. Il vescovo Scalabrini scrivendo a Faccioli alla fine del 1899238, precisava che abbassata la tela che chiudeva la monofora, non si era trovata nessuna pittura murale antica. Ma la condizione dell’archivolto e delle spalle non doveva essere presentabile, visti i lavori che sarebbero seguiti. È probabi47 106. Restauri dell’abside maggiore, Camillo Guidotti, 26 settembre 1921 (M. Strinati, Carlo Strinati 1893-1964, Strenna Piacentina, 2018) 107. Fascia scolpita della galleria absidale, Carlo Strinati, 1923 (su 34) di ml 15 di cornice sopra le voltine e ml 15 di lastre di gronda”242 dell’abside maggiore. Ma a quella data interventi non ve ne furono, se ancora nel 1920 il soprintendente Luigi Corsini, scrivendo a Guidotti, ora Ispettore Onorario dei Monumenti – figurerà ancora direttore dei lavori all’inizio del 1924 – ravvisava la necessità di intervenire sulla “parte superiore absidale in quanto le condizioni statiche e conservative della loggetta reclamavano provvedimenti”, piuttosto che sulla parete longitudinale sud della cattedrale, dove si erano sostituiti dei conci con arenaria “inadeguata per colore all’antica”243. A quel punto Guidotti, nel giustificare l’uso dell’arenaria sul lato meridionale perché disponibile dagli ultimi restauri, comunicava di avere intrapreso i rilievi e gli elaborati dell’abside che avrebbe poi trasmesso a Bologna244. Di questi elaborati datati 26 settembre 1921 vi è copia nell’Archivio Privato Guidotti (fig. 106): sono raffigurati il prospetto dell’abside est e una pianta della galleria con la selezione di alcune colonne da sostituire e indicazioni circa il “ripristino delle finestre dei sotterranei (cripta) dell’abside maggiore”, evidentemente non completato nei precedenti restauri. I ripristini e le sostituzioni con arenaria di tonalità molto scura – quella criticata dal soprintendente Corsini – interesseranno per la massima parte la galleria, colonne, architravi, pulvini e cornice figurata alla base. Solo nel 1922 la Fabbriceria del Duomo deliberava di iniziare i restauri all’“esterno dell’abside maggiore e massime alla loggetta di coronamento (…) in stato rovinoso”. Nella perizia delle “Opere di restauro e di consolidamento alla grande abside corale. Preventivo delle spese da sostenersi” dello stesso anno245, si prevedevano: il ponteggio di servizio che raggiungeva la galleria e il coronamento sommitale, la torre di carico davanti alla monofora centrale necessaria anche “per la sua riparazione”; la sostituzione di conci in arenaria attorno alle finestre della cripta le che tra il 1605 e il 1609 le spalle e l’archivolto fossero stati rilavorati per adattarvi la tela del Procaccini, circondata poi dagli stucchi. Così, nella settimana dal 12 al 17 marzo 1900 si legge della “demolizione delle spalle di muratura rovinate della finestra grande per far spazio al nuovo davanzale in pietra”239, poi nella settimana dal 23 al 28 luglio 1900 dello “scalpellamento della grande finestra per la posa dell’arco” – chiaramente quello interno – “dell’abside maggiore”240, e ancora dal 27 agosto al 1° settembre 1900, di “ritocchi delle spalle interne della finestra dell’abside maggiore”241, ritocchi che nei fatti consistettero nella ricostruzione delle strombature con modanature mistilinee. Nel 1902 – così risulta datato il documento, ma la data ci sembra apposta più tardi per errore, perché il testo assume il senso di una perizia di lavori ancora da eseguire, che invece a quella data erano già stati conclusi – era prevista l’“intera demolizione e ricostruzione con ricambio (su 31 colonne) di 23 basi, 21 fusti (…) e 21 capitelli di tutti i 26 ml di sviluppo di fascia decorata al piano della galleria, di 6 architravi con mascheroni, di 12 frontalini 48 te distrutti” ne parlava già Giuseppe Sidoli nel suo opuscolo di 30 pagine dal titolo VIII° centenario della fondazione del Duomo Piacenza 1922. Poi della ricostruzione quasi integrale del “cordolo” figurato alla base della galleria “senza salvare nulla dell’esistente perché talmente ammalorato da impedirne il recupero”, della ‘ripulitura’ delle figure della monofora e delle due nuove mensole sotto ai profeti, ne ha parlato Ferdinando Arisi in un suo articolo pubblicato su “Il Nuovo Giornale” di Piacenza del 17 aprile 2009249. L’Arisi scriveva che lo Strinati aveva sostituito le due mensole non figurate e la cornice liscia progettati dal Guidotti per la finestra, con il mensolone figurato a sinistra del tutto inventato e con il capitello perduto a destra e che aveva “fornito aiuto” anche nella realizzazione di alcuni architravi della galleria. Ma torniamo ai fatti del ’22. Agli scalpellini Sante Bassi e Pietro Spelta erano state affidate la realizzazione dei conci di rivestimento delle pareti e dello zoccolo, dello spessore dai 15 ai 20 cm, delle colonne della galleria e delle voltine corrispondenti ad ogni arco, il tutto in pietra di Bobbio o di Sarnico lavorata alla martellina250. Ma anche in questo caso, l’opera effettivamente eseguita si apprende dalla rendicontazione della fine del ‘23251: 17 colonne, 17 basi, 2 colonne intere, 5 capitelli, 1 capitello ‘ornato’ per colonna, 2 architravi con mascheroni, 1 pezzo di colonna aderente alla parete sotto alla galleria, 1,37 mc di pietre di rivestimento, ferri per capitelli e mascheroni, il tutto per un totale di 5.858,88 lire. Quindi a Bassi e Spelta si devono gli interventi sulle colonne e sugli architravi figurati della galleria. Nella rendicontazione finale dei lavori252, le sostituzioni della fascia decorata alla base della galleria si riducevano a 16,49 ml, cioè 13,42 ml nell’emiciclo, 1,80 ml nel lato sud e 1,27 ml nel lato nord. Il 15 luglio 1922 il capomastro Augusto Bisotti costruiva il ponteggio e così si potevano fare “calchi e assaggi”253 dei pezzi da sostituire. In una sua lettera Guidotti comunicava a Bologna che il 16 luglio 1923 si sarebbero iniziati i lavori di restauro della loggetta di coronamento dell’abside254. Il 15 giugno 1925 Bisotti, scrivendo da Piacenza255 a Corsini, avvertiva che “il lavoro di restauro al finestrone del duomo di Piacenza era ormai ultimato” e prima della rimozione del ponteggio auspicava un sopralluogo per esaminare la “finestra dell’abside restaurata”, sopralluogo che avvenne poi il 20 giugno256. Il soprintendente allora aveva visitato la grande finestra centrale e la giudicava “completata molto bene usando pietra di Sarnico la quale meglio di quella di Bobbio si armonizza(va) con quella originaria”. Era poi dell’avviso che “anche nel restauro dello stilobate e delle finestre della cripta” si impiegasse la stessa pietra257. – archivolti e spalle – restauro della grande monofora, con nuovo davanzale, nuove mensole sotto alle sculture e il consolidamento delle colonnette e delle cordonate ecc..; il restauro della galleria, con la sostituzione di 1 architrave con mascherone e 1 base nel lato nord, con la sostituzione di 8 basi, 3 fusti, 4 capitelli nell’emiciclo, con la sostituzione di 2 architravi e relativo mascherone e 1 fusto nel lato sud; il “restauro” (leggi: sostituzione) “della fascia ornamentale con figure” alla base della galleria, 25 ml nell’emiciclo, 1 ml nel lato sud e 1 ml nel lato nord. Il costo della perizia ammontava a 44.000 lire. Per questi interventi era stato incaricato sul finire del ’22, con apposito contratto246 lo scultore Carlo Strinati247, che inizialmente si sarebbe dovuto occupare anche degli “architravi in appoggio alle voltine adornati in fronte da visi umani o da animali o anche da un’intera piccola figura” (fig. 107). Per ogni metro di fascia in arenaria nella parte curva si erano convenuti 410 lire, per ogni metro di fascia rettilinea a fogliami si erano convenuti 250 lire, per ogni metro di fascia rettilinea “con mostri e figure umane”, 280 lire. Ogni architrave figurata costava 180 lire. Nei prezzi erano compresi la fornitura dei calchi e della pietra – quella impiegata nei saggi, cioè arenaria di Bobbio priva di difetti – la lavorazione di ogni singolo pezzo che doveva “corrispondere esattamente al vecchio”, la piombatura e l’assistenza alla posa in opera. Lo scultore poi, su richiesta del direttore dei lavori, avrebbe dovuto realizzare calchi e ‘modellato’ prima dell’esecuzione alcuni “ornamenti o figure consunte dall’azione demolitrice del tempo”, per evitarne la perdita e mantenere intatta la memoria. Come vedremo con il termine ‘modellazione’ si intendeva la rilavorazione dei bassorilievi ai lati della monofora, perché solo ad uno scultore poteva essere affidata la ‘rilavorazione’ di quelle sculture, in assenza di adeguati prodotti per il restauro e tecniche di consolidamento. Dell’opera eseguita dallo Strinati si ha certezza dal conto finale allo scadere del ‘23248: 13,42 ml di cornice in curva alla base della galleria, poi 1,80 ml nel lato destro e 1,27 ml nel lato sinistro, per un totale di 6.323,70 lire, ma non si parla di architravi figurati. Anche della rilavorazione delle sculture non c’è traccia nelle carte contabili, forse perché inserita a contratto, senza costi aggiuntivi e considerata un’azione di routine nel trattamento del materiale lapideo danneggiato, come avvenne anche su alcune sculture in facciata nel primo cantiere Guidotti, azione di cui non si parlava, ma riconoscibile anche là, grazie alla comparazione tra le immagini prima e dopo il restauro. Dell’incarico allo Strinati per il restauro della “grande finestra a cornice figurata (…) e più sopra i gruppi di figure mascheroni animali fantastici (…) corrosi cadenti e in par49 108. Cornice di imposta in pietra di Sarnico, Pietro Spelta, 1925 109. Formella dell’Agnus Dei di destra, Carlo Strinati, 1925 110. Particolare della mensola figurata di sinistra della finestra absidale, Carlo Strinati (1925) 111. Particolare del monolite che unisce Angelo Annunciante e Profeta Balaam, rilavorati da Carlo Strinati (1925) sottostanti di rivestimento del paramento. Durante la sostituzione della mensola superiore di sinistra molto probabilmente venne danneggiata la sottostante formella dell’Agnus Dei, che rispetto all’immagine di inizio ’900 risulta troncata nella parte superiore della cornice. Prima del restauro semplicemente sagomate come mostrano le immagini del 1899 – quella di destra era ancora ben conservata – le due mensole inferiori furono sostituite con una mensola inventata e ispirata ai mostri della galleria (quella a sinistra) (fig. 110) e con una a semplice modanatura (quella a destra). La scarsa durevolezza della pietra di Sarnico spiega il rapido degrado delle parti sostituite: il fusto della colonna di sinistra, le mensole inferiori, in particolare quella di destra completamente caduta. L’attuale ponteggio montato attorno alla finestra absidale258, dove si collocano i profeti Balaam a sinistra e Isaia a destra, l’Angelo Annunciante e l’Annunciata e le altre due formelle, ci ha permesso di approfondire lo studio stratigrafico dei montaggi e dei litotipi, e fare alcune riflessioni. Gli altorilievi ai lati della monofora sono in pietra carbonatica di colore beige con inclusioni fossilifere259, analoga a quella impiegata nei telamoni dei portali di facciata; Balaam e Angelo annunciante sono scolpiti in un monolito (figg. 111-116, tav. IX), mentre Isaia e Annunciata sono scolpiti in due blocchi distinti, o forse tagliati per l’adattamento alla finestra (figg. 117-119); nella faccia inferiore della base del profeta Isaia è tuttora presente l’antica finitura con nastrino a scalpello; sono presenti piccoli frammenti di velature di tonalità gialla, come si trova su alcuni capitelli interni della cattedrale; gli altorilievi sono ancorati con zanche in ferro piatte e sagomate di forgiatura non recente (fig. 120); il degrado delle superfici risulta eccezionalmente molto uniforme; sono presenti sigillature a malta debolmente cementizia. Come pure risulta fortemente rilavorato l’arco figurato cilindrico (figg. 121-122), mentre dal confronto con l’immagine del 1899, sembrerebbe rifatto il leone di sinistra (fig. 123). Quindi gli altorilievi sono antichi sia per il materiale impiegato, che per le tecniche di lavorazione ancora visibili, ma anche per l’insieme e i particolari, come vedre- Ma quali furono le sostituzioni e in cosa consistette la “modellazione delle figure consunte” citata nel contratto o la ‘ripulitura’ ricordata dall’Arisi sulle sculture della monofora? E che dire dei calchi in gesso dei due profeti ai lati della monofora oggi conservati nel seminario vescovile? Chiaramente riconoscibili le sostituzioni praticate nel ’23 nella galleria per il criticato uso di arenaria bobbiese molto scura, lo sono anche quelle della finestra centrale in pietra bergamasca, ancora oggi commercialmente molto diffusa. Grazie alla presenza dei ponteggi e alla comparazione con le immagini del primo cantiere Guidotti conservate nell’archivio della Soprintendenza di Parma, databili attorno al 1899 – si vede ancora il retro della tavola che chiudeva la finestra – ci è stato possibile riconoscere le sostituzioni, ma anche individuare le operazioni praticate dallo Strinati sulle sculture della monofora. Ecco quindi a partire dall’alto le sostituzioni in pietra di Sarnico: i conci dell’arco della monofora eccetto quello in chiave figurato, le due mensole superiori degli stipiti (fig. 108), la formella di destra raffigurante l’Agnus Dei (fig. 109), realizzata da Carlo Strinati (fonte orale: Mariaclara Strinati), le due colonne di sostegno del tubolare ad arco, le due mensole alla base degli stipiti, lo stilobate e i conci 50 112. Particolare dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 113. Particolare del volto dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 114. Particolare della veste dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) Si noti la stessa lacuna nella manica come nell’immagine del 1897 115. Particolare del rotolo dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) nell’arto posteriore destro. Ci sembra che l’incrostazione sia stata adottata anche nella parte sinistra del capitello vicino. A partire dall’Angelo annunciante, notiamo che è stato assottigliato il volto, in particolare rilavorate le labbra; sono state praticate incisioni verticali nella parte inferiore dell’ala destra; è stata abbassata la lacuna presente nella manica del braccio destro, abbassato il modellato, parte del panneggio a sinistra e sotto al rotolo; è stata levigata la sinuosità delle pieghe e il drappeggio è stato lavorato con nuove incisioni verticali. L’intervento più evidente si vede nel rotolo: l’iscrizione molto erosa, la frattura presente nel quadrante inferiore, il ricciolo inferiore del rotolo evidenti nell’immagine del 1899, sono stati trattati con la levigatura completa fino ad abbassare la lacuna e ad eliminare quasi del tutto il ricciolo, e infine con la completa ripassatura delle incisioni dell’iscrizione (fig. 115). Risultano ritoccati anche il volto, l’occhio destro e le vesti del profeta Balaam, come pure reincise le lettere sul rotolo, (tav. IX) abbassati i panneggi al di sopra del pie- mo comparando le immagini; sono stati oggetto di un rimontaggio non recente, verosimilmente attorno agli inizi del XVII secolo visto il tipo di ancoraggio; è probabile che provenissero dall’interno della cattedrale per la presenza degli stessi pigmenti gialli riscontrati nei solchi delle lavorazioni, che si trovano ancora in tracce sui capitelli interni; le loro superfici sono state oggetto di uno scrape generalizzato che ha rimosso la materia disgregata e ha modificato il modellato; le stuccature a malta debolmente cementizia è compatibile con gli interventi dello Strinati. Il tutto venne eseguito sotto la vigile approvazione del soprintendente Luigi Corsini. La pratica del restauro delle pietre all’aperto non era cambiata rispetto al ventennio precedente, ma come vedremo era cambiata la finalità dei calchi e quindi anche la visione del restauro. In cosa consistette esattamente la ‘ripulitura’ di cui parla l’Arisi? Confrontando le immagini prima dei restauri dello Strinati con lo stato attuale si nota che la raschiatura consistette nella rimozione generalizzata delle velature gialle insieme a depositi polverulenti più o meno aderenti, che dovevano essere stese su tutto il modellato, nella rimozione delle parti erose o disgregate, con il conseguente abbassamento di parti del modellato, nell’assottigliamento dei volti, nella riduzione dovuta alla raschiatura delle pieghe dei cartigli, delle vesti e delle capigliature, in nuove incisioni delle iscrizioni. Queste operazioni spiegano l’aspetto uniforme delle superfici granulose e alveolizzate, provocate dalla rimozione delle inclusioni fossilifere e degli inerti superficiali. Nella formella dell’Agnus Dei di sinistra, è stata adottata la tecnica dell’incrostazione, molto evidente nella cornice verticale di destra, dove oggi compare una frattura a ridosso della coda e 51 116. Volto del profeta Balaam, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 117. Particolare dell’Annunciata, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 118. Particolare del profeta Isaia, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 119. Rotolo del profeta Isaia, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 52 120. Particolare di un ancoraggio in ferro e colatura a piombo (XVII secolo) 121. Arco figurato cilindrico, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 122. Particolare di una testa dell’ arco figurato cilindrico, rilavorazione di Carlo Strinati (1925) 123. Leone di sinistra (rifacimento 1925 ?) de destro. È stato interamente rilavorato anche il leone a fianco. Un volto più sottile e una capigliatura semplificata si notano nella Vergine, come pure il panneggio centrale della veste risulta appiattito. Sul volto del profeta Isaia e in particolare sui capelli, sulla barba e sulle labbra, l’abbassamento delle superfici ha comportato l’appiattimento del modellato e ridotto i tratti somatici (fig. 118). Le iscrizioni sul rotolo invece non ci sembrano reincise in quanto i tagli sono meno netti delle altre e conservano ancora le tracce della levigatura antica (fig. 119). I calchi in gesso dei due profeti ai lati della monofora (tavv. X, XI), confrontati con le immagini prima del restauro del 1924, a questo punto non sono che le copie eseguite da Carlo Strinati, secondo quanto era stato previsto nel suo contratto, indispensabili a registrare fedelmente il vero modellato delle sculture – e con tanto di finitura gialla – prima di metter mano alla loro ‘ripulitura’. Perciò la novità del secondo cantiere Guidotti sta proprio nella diversa funzione dei calchi, che ora non servivano più a riprodurre copie con cui sostituire gli originali, ma a fissare l’hic et nunc, consapevoli che l’originale esposto è inevitabilmente destinato alla rovina e non resta che riprodurlo per “non perderne la memoria”. Sono i calchi quindi a meritare oggi un’attenta analisi da parte degli storici dell’arte, perché sono l’unica fonte che ritrae gli originali prima dell’intervento e, quindi, a meritare un’adeguata musealizzazione. La registrazione degli interventi praticati in abside nel primo e nel secondo cantiere Guidotti è restituita graficamente sull’ortofoto del prospetto est (tav. XII). 53 I. Particolare della pianta della chiesa, accessi al presbiterio, progetto non realizzato, una scala di discesa in cripta e due scale di salita al presbiterio, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC) II. Pianta della cripta, stato di fatto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC). In giallo sono evidenziati le colonne e relativi capitelli, in origine al centro della cripta e davanti alle absidi minori. In rosso è evidenziato il limite originario della cripta secondo l’interpretazione di Guidotti (rielaborazione critica, M. Ferrari e B. Zilocchi) III. Pianta della cripta, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC). In rosso sono evidenziati colonne e relativi capitelli provenienti dallo smontaggio della zona allungata verso ovest nel XVII secolo; in rosso anche le volte a crociera ricostruite. Nel muro anteriore ovest furono inglobate le colonne esistenti (rielaborazione critica M. Ferrari e B. Zilocchi) IVa-IVb. Cronologia dei cantieri 4. Presbiterio (1899, fine - 1901); 5. Cripta (1899, fine - 1900); 6. Abside e monofore (1923-25); 6a. Abside minore e paraste (1901); 7. Portale nord-est (1900, metà - 1901); 7a. Testata transetto nord (1901); 8. Lato sud (finestre navata laterale, 1899; finestre cleristorio, 1900); 9. Lato nord (1901) Pianta della chiesa e della cripta, individuazione dei cantieri otto-novecenteschi: 1. Facciata (1897-1901); 2. Navata centrale e laterali (1899-1901); 3. Bracci del transetto (absidi, 1899, fine - 1902); 3a. Pennacchi e muri di appoggi della cupola (1900-1901); 8 3 1 2 4 3A 6 6A 9 3 7 7A 5 V. Planimetria con individuazione delle volte, degli archi e dei capitelli ricostruiti PROSPETTO OVEST 5 7 PROTIRO E PORTALE SUD PROTIRO E PORTALE NORD 88 9 6 88 10 9 14 1 2 15 11 3 12 11 Agnus Dei, inserimento arto posteriore sinistro 2 Vergine, rilavorazione 3 Smontaggio e rimontaggio con sostituzione 4 Architrave, smontaggio (1900), scalpellamento appoggi, montaggio copia (1900); rimontaggio architrave antico rotto (1901); consolidamento con elementi metallici 5 E. Astorri, concio in chiave (Carità), 1901 6 Smontaggio tetto e archivolto e rimontaggio con nuovi conci (quota più bassa), 1900 7 Ricostruzione calotta, 1900 8 E. Astorri, capitelli sostituiti, 1900 (con Pagani e Scalabrini) 9 E. Astorri, Fede e Speranza, 1901 10 Archivolto con innesti, 1901 16 4 13 1 13 11 E. Astorri, capitelli sostituiti, 1900 (ritocchi, Pagani e Scalabrini) 12 E. Astorri, architrave, 1900 13 Smontaggi e rimontaggi per rifacimento basamenti, 1901 14 Iscrizione, sostituzione (1901) 15 Profeta Elia, rilavorazione 16 0 1 2 3 4 5m Architrave, "innesti di parti mancanti" e consolidamento con elementi metallici (1901) VI. Facciata, protiri e portali, registrazione degli interventi (1900-1901) (M. Ferrari e B. Zilocchi) PROTIRO E PORTALE CENTRALE VII. Facciata, registrazione degli interventi su ortofoto (M. Ferrari e B. Zilocchi) LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti) costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie B smontaggio e rimontaggio con ripristini murari parziali lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento) L lavorazione di paramenti in laterizio esistenti E invenzioni per supposte analogie stilistiche o costruttive C reimpiego o inserimenti precedenti da altri cantieri F consolidamento con barre metalliche originali non modificati smontaggi e rimontaggi con o senza sostituzioni D integrazione delle mancanze (tecnica "incrostazione") PER I PROTIRI SI VEDA LA RELATIVA MAPPATURA DI DETTAGLIO E B B B B B B B B B B B B B B B B B B B B E E B B E E L L L L B E D D E C 0 1 2 3 4 5m E E E F C PROSPETTO OVEST costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie reimpiego pietre di recupero dallo stesso cantiere A lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento) E invenzioni per supposte analogie stilistiche o costruttive C reimpiego elementi di recupero da altri luoghi demolizioni di ripristino LEGENDA LAVORI TIBURIO 1910-1911 cerchiature (intervento 1910) sostituzione di alcune colonnine (intervento 1910) S LEGENDA LAVORI ABSIDE 1923-1925 costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie G - pietra arenaria di Bobbio (galleria) E E G E E E A A A A C A A A 0 1 2 3 4 5m PROSPETTO NORD VIII. Lato nord, registrazione degli interventi (1898-1902) (M. Ferrari e B. Zilocchi) LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti) IX. Particolare del rotolo del profeta Balaam, rilavorazione di Carlo Strinati (1925). Si notano anche tracce di pigmenti gialli X. Calco in gesso dipinto raffigurante il profeta Balaam, Carlo Strinati (1925) XI. Calco in gesso dipinto raffigurante il profeta Isaia, Carlo Strinati (1925) costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie M B smontaggio e rimontaggio con ripristini murari parziali lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento) C reimpiego elementi di recupero da altri luoghi LEGENDA LAVORI TIBURIO 1910-1911 cerchiature (intervento 1910) S sostituzione di alcune colonnine della loggia (intervento 1910) LEGENDA LAVORI ABSIDE 1923-1925 (secondo cantiere Guidotti) costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie G - pietra arenaria di Bobbio (galleria) M - pietra arenaria di Sarnico rilavorazione con mezzo meccanico PARTICOLARE DELLA MONOFORA G M B M M M C 0 1 2 3 4 5m C PROSPETTO EST XII. Registrazione su ortofoto degli interventi in abside nel primo (1898-1902; 1910-1911) e nel secondo cantiere Guidotti (1923-1925) (M. Ferrari e B. Zilocchi) LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti) 1. Particolare riconoscenza da parte nostra va al prof. Arturo Carlo Quintavalle, al quale si deve l’ideazione e la curatela del convegno La cattedrale di Piacenza e la civiltà medievale, per l’opportunità di averlo affiancato nella ricerca e nello studio della cattedrale e per la fiducia che ci ha riservato nell’affidarci un argomento che si pensava esaurito dalla bibliografia, come quello dei restauri otto-novecenteschi. 2. Come risulta dal diario dei lavori, il cantiere fu visitato da deputati del Regno, intellettuali italiani, da fotografi e architetti inglesi. 3. A. Bellini, Dibattito tra due vecchi soci della Società Storica Lombarda, in “Archivio Storico Lombardo”, 2001, pp. 379-393; S. Bertelli, Luca Beltrami, bibliografia 1881-1934, Silvana Editoriale, Milano 2014; A. Bellini, La bibliografia degli scritti di Luca Beltrami, ed. Ginevra Bentivoglio, Milano 2017. 4. L. Beltrami, Città di Piacenza. Commissione amministrativa pei restauri del Duomo, 1899 (Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza, d’ora in poi: ACCPC). 5. La fotografia era diventata uno strumento indispensabile nel cantiere di restauro di quegli anni. Ricordiamo che fu proprio Luca Beltrami a fondare nel 1892 la “Rivista scientifico-artistica di fotografia”. 6. Ancora, per riprendere una definizione ben nota di Boito, ‘il monumento doveva essere liberato da errori e rimaneggiamenti’, perché «il monumento è un libro (da) leggere senza riduzioni, aggiunte, rimaneggiamenti». 7. Del restauro degli affreschi hanno trattato in maniera approfondita Susanna Pighi e Daniela Costa (S. Pighi, Pitture murali in duomo tra medioevo ed età moderna, in Censimento del patrimonio architettonico e artistico. La cattedrale e il palazzo vescovile di Piacenza, a cura dell’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza Bobbio, Tip. Le.Co., Piacenza 2013, pp. 67-82; D. Costa, Restauri e decorazioni tra Otto e Novecento, in Censimento del patrimonio architettonico e artistico, cit., pp. 83-102). Insomma, ancora secondo la distinzione fatta da Boito, venivano applicati differenti modalità per il restauro dell’architettura, della scultura e della pittura; diversi atteggiamenti a seconda delle epoche storiche incontrate sul monumento. 8. L’officina Benedetto Antelami della Cattedrale di Fidenza. Studi ricerche restauro, a cura di B. Zilocchi, Skira, Milano 2019 pp. 91-139. 9. L. Cerri, La cattedrale di Piacenza prima e dopo i restauri, in “Archivio Storico per le provincie parmensi”, IX (1909). 10. N. Montevecchi, Lo sviluppo costruttivo della cattedrale di Fidenza alla luce della recente indagine ar- 15. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di Piacenza. Rapporti, stime, perizie chimiche ecc. n. 11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri (d’ora in poi: fasc. n. 11). 16. Il tema della riconoscibilità o meno degli inserti nuovi nel contesto antico ha sempre accompagnato la storia del restauro a partire da Camillo Boito – dal IV° Congresso Nazionale degli Architetti del 1883 – fino ad oggi. 17. Le commissioni vennero istituite con Regio Decreto nel 1876, organizzate con ispettori artistici nell’ambito delle prefetture, costituivano l’organo di sorveglianza dei cantieri, erano composte da storici locali che fino alla loro soppressione nel 1907 (Consiglio Superiore di Antichità e Belle Arti) svolgevano attività di volontariato in affiancamento all’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti dell’Emilia con sede a Bologna. 18. Per un approfondimento si veda V. Poli, Bernardino Pollinari e le commissioni conservatrici dei monumenti a Piacenza, in “Strenna Piacentina”, 2015. 19. Camillo Guidotti nasce a Piacenza nel 1853, dove muore nel 1925. Diplomato perito agrimensore nel 1873, diviene architetto dopo avere frequentato la Reale Accademia di Belle Arti di Torino. Insegna all’Istituto Gazzola di Piacenza dal 1894 e oltre al restauro della cattedrale piacentina, progetta e dirige quello della facciata della chiesa di san Donnino nel 1889, quello della chiesa di santa Eufemia, tra il 1898 e il 1905 e, della chiesa di sant’Anna tra il 1922 e il 1925, del castello di Rezzanello (1887) e di Gropparello (1910). Progetta ex novo la chiesa di san Lorenzo a Gazzola (notizie tratte dalla scheda Camillo Guidotti della Mostra sui restauri scalabriniani a cura di Valeria Poli, biblioteca del Seminario Vescovile di Piacenza, 15 maggio 2022). 20. ACCPC, fasc. 11, Commissione amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri, Guglielmo Della Cella, 21 febbraio 1895. 21. L’importo finale dei lavori raggiungerà la somma di 410.119,03 lire [ACCPC, fasc. Commissione Amministrativa (d’ora in poi, C.A.), Libro delle deliberazioni 1897-1912, n. 8 (d’ora in poi, L.D., fasc. 8]. 22. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, Tip. Marchesotti e Luigi Porta, Piacenza 1895. 23. Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e Belle Arti, Monumenti (Divisione Undicesima) 1898-1907 (III versamento, cheologica sugli elevati. I cantieri medievali, in B. Zilocchi (a cura di), L’officina Benedetto Antelami della cattedrale di Fidenza. Studi, ricerche e restauro, ed. Skira, Milano 2019, pp. 225-242 11. Lettera di Tommaso Piatti a Camillo Guidotti, 30 novembre 1899, fasc. Resoconto 1899, Capitolo IV, Restauro all’esterno dei fianchi mandati n. 2 per £ 1184,00, Città di Piacenza. Commissione Amministrativa pei restauri del Duomo di Piacenza, Corrispondenza 1900-1901-1902, Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza (d’ora in poi: ACCPC, C. 1900-1902). 12. Uno speciale ringraziamento va all’architetto Sara Scaringella, pronipote dell’architetto Camillo Guidotti che ci ha fornito documenti inediti dell’archivio privato, all’architetto Roberta Morisi e a Mariaclara Strinati, rispettivamente nipote e figlia dello scultore Carlo Strinati. A Roberta Morisi si deve la segnalazione e la riproduzione dei documenti dell’archivio privato Guidotti, che pubblichiamo in questa sede. A Lei si deve anche la biografia dello scultore Carlo Strinati, che per ragioni di spazio abbiamo dovuto sintetizzare in nota. Infine, ma non meno riconoscenti, siamo al dott. Tiziano Fermi, responsabile dell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza e al dott. Pietro Scottini, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Piacenza, alla dott.ssa Susanna Pighi, storico dell’arte e collaboratrice dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza, per la segnalazione del fascicolo sui restauri dell’abside (1922-1925), conservato presso l’Archivio dell’Opera Parrocchiale della Cattedrale di Piacenza, messo a nostra disposizione dopo il recentissimo inventario. Ringraziamo inoltre la dott.ssa Daniela Costa, il geom. Luciano Sivelli della Segreteria organizzativa del convegno, nonché collaboratori dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza; la sig.ra Indira Gandi, bibliotecaria della Biblioteca Diocesana e del Seminario Vescovile di Piacenza; l’arch. Maria Luisa Laddago, l’arch. Camilla Burresi e la dott.ssa Silvia Ciaccio Montalto, rispettivamente Soprintendente, funzionario di zona e responsabile dell’Archivio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza; il dott. Giovanni Sarti, responsabile dell’Archivio fotografico della Soprintendenza Archeologia Belle Arti della città metropolitana di Bologna. 13. B. Zilocchi, Storia dei restauri, in L’officina Benedetto Antelami della cattedrale di Fidenza. Studi ricerche restauro, a cura di B. Zilocchi, ed. Skira, Milano 2019. 14. R. Cassanelli, Il duomo. I restauri, in Gotico Neogotico Ipergotico, a cura di M. Dezzi Bardeschi, ed. Grafis, Piacenza, 1985, pp. 140-157. 54 II parte) (d’ora in poi: ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671). 24. A. Bellini, Dibattito tra due vecchi soci della Società Storica Lombarda, 2001, pp. 379-393. 25. L’officina Benedetto Antelami della Cattedrale di Fidenza. Studi ricerche restauro, a cura di B. Zilocchi, Skira, Milano 2019, pp. 118-119, nota 95. 26. ACCPC, Commissione amministrativa per i restauri del duomo di Piacenza, Spese dal 15 febbraio 1895 al 30 gennaio 1899, fasc. Resoconto, 30 gennaio 1899, n. 15 mandati di pagamento per lire 2.879,86 relativi al capitolo 1°, Progetto di massima. 27. ACCPC, C.A., L.D., fasc. 8. 28. Manfredo Manfredi, piacentino di origine, aveva vinto il concorso per il Vittoriano insieme a Giuseppe Sacconi (Sacconi e Guglielmo Calderini furono membri della Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero che elaborò il parere sui restauri del Duomo piacentino), si occupò dei restauri della basilica di san Marco a Venezia, partecipò alla ricostruzione del campanile di san Marco nel 1902, su progetto di Luca Beltrami. 29. C. Guidotti, Consolidamento e restauro del nostro Duomo 1894-1902, Stab. Tipografico V. Porta, Piacenza 1906. 30. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, p. 26. 31. Sulla tipologia costruttiva della volta centrale non ci sono descrizioni precise, ma l’ampiezza imponeva necessariamente una forma ribassata a vela o a padiglione con mattoni in folio, dovendosi conservare le quote di imposta. Anche se molto ribassata, poteva reggere il carico verticale dovuto al solo piano pavimentale del presbiterio. (ACCPC, C. 1900-1902, Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti). 32. ACCPC, Restauri al Duomo di Piacenza, Diario anno 1899, n. 15 (d’ora in poi, Diario n. 15). 33. ACCPC, C. 1900-1902, Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Ripristino della cripta absidale, Piacenza 30 gennaio 1900, Allegato n. 5, minuta della lettera di Camillo Guidotti indirizzata a Raffaele Faccioli. La lettera originale è conservata in ASABAPPR, ASBAP, Piacenza, PC/M 21, Duomo 1892-1905. Vi sono riportati i rilievi delle sagome della spalla di una finestra, dei basamenti degli stipiti delle porte di ingresso e due conci in chiave di volta. 34. Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza, 30 gennaio 1901 (Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, fondo ex Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici, busta PC/M21, 1892-1905; d’ora in poi, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21). 35. ACCPC, C. 1900-1902, Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Ripristino della cripta absidale, Piacenza 30 gennaio 1900, Allegato n. 5, minuta della lettera di Camillo Guidotti indirizzata a Raffaele Faccioli. 36. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, p. 24. 37. Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, 24 maggio 1898 (ACCPC, C. 1900-1902). 38. Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, 6 maggio 1899 (ACCPC, fasc. 11); Archivio Privato Guidotti (d’ora in poi, APG), Commissione Amministrativa pei restauri del Duomo di Piacenza. Fotografie a complemento del Progetto pei lavori della facciata, tav. 18, Esplorazioni nel fastigio della loggia centrale (con spiegazioni: Il fastigio o frontone attuale venne elevato per la distanza B-B’ di più di quello di origine che si connetteva alla facciata lungo la linea B’A’. Infatti vedonsi i filari esistenti tuttora tra B e B’. Il comignolo C copra la fascia della ghiera del rosone), fotografo Giuseppe Caldi (fig. 38). 39. In quanto funzionario del Ministero, Faccioli seguiva i principi del restauro elencati in una circolare emanata nel 1882 – una sorta di carta del restauro ante litteram – dal capo della Direzione Generale di Antichità e Belle Arti, l’archeologo Giuseppe Fiorelli. Prodotto degli intellettuali del Ministero, questo documento verteva soprattutto sulla teoria che il restauro dovesse essere fondato sullo studio dell’edificio, tramite rilievi e indagini, spingendosi indirettamente al ritorno della fase originaria prevalente del monumento: il ‘restauro storico’, appunto. 40. ACCPC, Città di Piacenza, C.A., L.D., fasc. 8. 41. Il parere fu espresso il 7 marzo 1895 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/ M21,1892-1905, Ripristino della cripta e di finestre nel corpo del tempio, relazione firmata da Carolippo Guerra e Camillo Guidotti, inviata a Raffaele Faccioli, 14 settembre 1900). 42. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27 gennaio 1898. 43. Il report è composto da 18 tavole fotografiche del piacentino Giuseppe Caldi. Fu inviato alla Giunta Superiore per il tramite di Faccioli, insieme a dettagli costruttivi in scala 1:1, tra cui il disegno della nuova connessione tra le lastre di copertura del frontone (copia conservata in APG, Commissione Amministrativa pei restauri del Duomo di Piacenza. Fotografie a complemento del Progetto pei lavori della facciata, tav. 18, fotografo Giuseppe Caldi, ca. febbraio-marzo 1898). Il disegno non è stato rintracciato nell’Archivio Centrale dello Stato. 44. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905, Lettera di Raffaele Faccioli al Ministro dell’Istruzione Pub- nella relazione trasmessa a Bologna. Il documento contiene la cronologia dell’iter amministrativo del progetto: autorizzazione alla costruzione dei ponteggi a scopo di studio ed esame (4 agosto 1896); trasmissione del progetto definitivo da parte dell’Ufficio Regionale al Ministero (26 novembre 1897); esame del progetto da parte della Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero e relative prescrizioni (15 dicembre 1897); assicurazioni da parte dell’Ufficio Regionale (Faccioli) di vigilare sui lavori e di rispettare le prescrizioni, necessità di iniziare i lavori (nel documento si legge “marzo 1898”, ma in realtà la lettera di Faccioli è del 23 aprile 1898); autorizzazione inviata dal Ministero all’Ufficio Regionale per le sole opere di consolidamento della facciata e riserva sul ripristino della loggia nello stato originario (8 maggio 1898). 69. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671, Restauri al duomo di Piacenza, Relazione a stampa del progetto di massima, approvata dalla Giunta Centrale, 7 ottobre 1895. 70. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27 gennaio 1898. Il Ministero assegnerà ulteriori 20.000 £ nel 1901 (adunanza 8 aprile 1901). 71. ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905, Ripristino della cripta e di finestre nel corpo del tempio, lettera di Carolippo Guerra (documento controfirmato da Camillo Guidotti) a Raffaele Faccioli, Piacenza, 14 settembre 1900. 72. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 14 febbraio 1898. 73. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3 marzo 1898. 74. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3 settembre 1898. 75. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 21 settembre 1899. 76. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Bologna 12 luglio 1900. 77. Non conosciamo il documento con cui venne approvato il distacco degli affreschi, ma si desume che la Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti lo avesse autorizzato, visto che due suoi funzionari, gli architetti Giuseppe Sacconi e Guglielmo Calderini, visitato il duomo, prescrivevano che gli affreschi staccati dal presbiterio fossero conservati temporaneamente nel vescovado, riservandosi poi di valutare la collocazione migliore (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 28 luglio 1900). 78. Lettera del direttore dell’Ufficio Regionale per la conservazione dei Monumenti dell’Emilia (Bologna) Raffaele Faccioli al presidente della Commissione per i restauri del Duomo, Bologna 12 luglio 1900 (ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti). 79. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671, Promemoria, Roma 20 ottobre 1899. 80. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671, blica di Roma, Bologna, 18 marzo 1898. 45. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 16 aprile 1898. 46. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 30 aprile 1898. 47. Lettera di Raffaele Faccioli al Ministro della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti, Piacenza 23 aprile 1898, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671. 48. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3 settembre 1898. 49. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 21 settembre 1898; Restauri al duomo di Piacenza. Diario dei lavori 1898, n.14 (d’ora in poi, Diario n. 14). 50. ACCPC, Diario n. 15, settimana dal 14 al 23 agosto 1899. 51. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 28 luglio 1900. 52. Il 12 luglio 1900 aveva bocciato, in quanto eseguiti senza approvazione: la demolizione dell’ordine superiore del portale maggiore, la sostituzione dei suoi capitelli, la sostituzione dell’architrave del portale minore nord e i lavori interni alla cripta (ACCPC, C.1900-1902, Schiarimenti intorno a lavori eseguiti. minuta della lettera del vescovo Scalabrini indirizzata a Raffaele Faccioli, Piacenza 15 luglio 1900). 53. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 1°giugno 1901. 54. Guidotti aveva visitato il luogo dove si trovavano i due leoni in località Chiappino nella parrocchia di Torrano, il 18 giugno 1899 (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 21 giugno 1899) e poi avrebbe fatto predisporre calchi dal Cantù di Ponte dell’Olio (16 giugno 1900). 55. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 2 agosto 1899. 56. ACCPC, Diario n. 15, settimana dal 14 al 25 agosto 1899. 57. ACCPC, Diario n. 15. 58. ACCPC, Città di Piacenza. Commissione amministrativa pei restauri del Duomo. Relazione Beltrami-Rotta, 1° settembre 1899. 59. ACCPC, C. 1900-1902, Lettera di Luca Beltrami e Paolo Rotta al Vescovo G.B. Scalabrini, 1° settembre 1899. 60. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6 novembre 1899. 61. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 14 dicembre 1899. 62. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 20 febbraio 1900. 63. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 10 aprile 1900. 64. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 9 giugno 1900. 65. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 16 giugno 1900. 66. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 7 luglio 1900. 67. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671. 68. Promemoria, Roma 20 ottobre 1899, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671. Il promemoria stilato dalla Giunta Superiore sarebbe stato trasformato 55 fasc. Duomo di Piacenza, Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza. 81. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Bologna 12 luglio 1900, Lettera del vescovo G.B. Scalabrini a R. Faccioli, 15 luglio 1900. 82. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo. Sospensione, lettera del Prefetto al Presidente della commissione per i restauri della cattedrale, 20 luglio 1900. 83. Lettera del Ministro dell’Istruzione Pubblica Enrico Panzacchi al direttore dell’Ufficio Regionale per la conservazione dei monumenti dell’Emilia, Roma 21 luglio 1900, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, fondo ex Soprintendenza Beni Storico Artistici, Piacenza-Duomo, A.V. 21 (1890-1905) (d’ora in poi, ASABAPPR, ASBSA, A.V. 21). Si veda a tale proposito anche il carteggio sempre presso l’ASABAPPR, ASBSA, A.V. 21 (Lettera di Enrico Panzacchi a Raffaele Faccioli, Roma 25 luglio 1900). 84. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo, Verbale di sopralluogo effettuatosi il giorno 11 agosto 1900. Disposizioni prese di comune accordo fra i sottoscritti durante il sopralluogo eseguitosi nel giorno 11 agosto 1900. 85. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo, Rapporto relativo ai particolari della cripta, 14 settembre 1900, trasmesso a Raffaele Faccioli, minuta. 86. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo. 87. Richiedeva i preventivi, predisponeva i contratti, la misura e la contabilità lavori, firmati poi da Guidotti, partecipava ai sopralluoghi in cantiere (ACCPC, fasc. 8, adunanza n. 2, 12 febbraio 1897). 88. Anche sulla meticolosa ricerca della pietra, il cantiere di restauro del duomo piacentino presenta forti analogie con quello fidentino (L’officina Benedetto Antelami, a cura di B. Zilocchi, pp. 103-112). A Fidenza la scelta ricadde su quella di Saltrio e di Viggiù: una pietra resistente ma di colore diverso dall’arenaria originale. 89. Durante l’infissione dei pali venivano alla luce sotto il sacrato, un pozzo pieno di macerie davanti all’accesso principale e tre tombe, ai lati, con copertura voltata. Il pozzo era “elevato colla sua muratura circolare fino al ripiano della gradinata”. Fu svuotato fino alla profondità di 7 m. Nelle tombe erano stati trovati diversi oggetti, vari crocefissi, medaglie, un pezzo di fiala, che Guidotti proponeva di donare alla biblioteca comunale. I resti umani furono ricomposti e si suggeriva di preparare un’epigrafe storica di quel ritrovamento (ACCPC, fasc. 8, adunanza n. 3 (9 giugno 1897) e n. 4 (28 luglio 1897). 90. Il Regio Ispettore degli Scavi e Monumenti di Ravenna in una sua lettera (ACCPC, fasc. 8, adunanza 11 agosto 1897) consigliava per i restauri del duomo di Piacenza una pietra tra il confine romagnolo e toscano, distante 35 km da Ravenna, che induriva maggiormente tolta dalla cava, mentre la ditta Monti, proponeva per le modanature e aggetti la pietra di Sarnico. Entrambe venivano scartate perché la prima era troppo costosa e la seconda non si integrava nel contesto esistente. 91. I funzionari Raffaele Faccioli e Giovanni Tosi, durante l’incontro, approvavano anche la rimozione del quadrante dell’orologio e la sua collocazione sulla sommità del palazzo vescovile. (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 28 luglio 1897). 92. La ditta Polloni aveva fornito diversi archetti, capitelli, fusti e basi per le due gallerie mediane e sommitali, per la fascia a spirale superiore, per il retrofacciata, per la parasta di sinistra, e conci lisci di rivestimento. Allegava all’elenco dei pezzi forniti un’utile mappatura delle pietre sostituite (ACCPC, Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, Spese dal 15 febbraio 1895 al 30 gennaio 1899, per lire 34.714,61, fasc. Restauri della facciata. Opere in pietra eseguite a titolo di saggio dalla Ditta Polloni Francesco e fratelli di Piacenza dal 18 agosto al 24 dicembre dell’anno 1897, fasc. n. 12) (d’ora in poi, ACCPC, n. 12). 93. Furono condotte dalla Regia Scuola di Applicazioni per Ingegneri di Bologna, diretta dal prof. Cesare Stroppa e dal prof. Severino Brigidini dell’Istituto Tecnico di Piacenza. Sui campioni vennero eseguite delle prove di resistenza meccanica, di stress termico e di permeabilità (Analisi fisico-chimica e meccanica di arenarie piacentine compiute dal prof. Cesare Stroppa di Bologna, 8 gennaio 1898 e Relazione sulla durevolezza di alcuni materiali naturali da costruzione, ing. Luigi Brigidini, Piacenza 26 marzo 1898, ACCPC, fasc. n. 11). 94. Aveva visitato le cave di Ruino (Nibbiano) e due del Chiarone vicino a Roccapulzana (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 4 settembre 1897). 95. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6 dicembre 1897. 96. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27 gennaio 1898. 97. Settimana dal 24 al 30 gennaio 1898 (ACCPC, Diario n. 14). La de- 105. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 18 luglio al 14 agosto 1898. 106. Piacenza 17 marzo 1898, lettera di Camillo Guidotti a Enrico Astorri, minuta con disegno allegato (ACCPC, C. 1900-1902). 107. A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico dei portali della Cattedrale di Piacenza, in Nicholaus e l’arte del suo tempo, Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia Patria, Ferrara 1985. 108. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 15 al 21 agosto 1898. 109. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 22 al 28 agosto e dal 5 all’11 settembre 1898. 110. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 5 al 25 settembre 1898. 111. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 29 agosto al 3 settembre 1898. 112. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 31 ottobre al 13 novembre 1898. 113. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 14 al 20 novembre 1898. 114. ACCPC, fasc. 8, adunanze del 3 settembre e 11 novembre 1898. 115. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 28 novembre al 4 dicembre 1898. 116. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 12 al 18 dicembre 1898. 117. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 19 al 25 dicembre 1898. 118. Elaborati grafici del consolidamento strutturale della volta della prima campata della navata centrale, sezioni orizzontale e verticali (scala 1:100), profilo della deformazione della volta (scala 1:50), inchiostro su carta, Enrico Rossi (Lettera di Enrico Rossi a Raffaele Faccioli, con disegno allegato, 18 marzo 1899, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1892-1905). 119. ACCPC, fasc. 8, adunanze del 1900. 120. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6 maggio 1899. 121. ACCPC, Restauri al duomo di Piacenza, Diario dei lavori, anno 1899, n. 15 (d’ora in poi, Diario n. 15), Settimana dal 23 febbraio al 9 aprile 1899. 122. Gli scalpellini erano: Pietro Spelta, Giuseppe Bertini, Domenico Tricò, Angelo Casalini, Luigi Ghelfi, i muratori Eugenio Curotti e Gaetano Roda, aiutati da 3 manovali e 1 garzone. A luglio all’equipe di scalpellini si univa Righelli di Bobbio. 123. La descrizione delle sostituzioni è molto precisa. A titolo di esempio il 24 marzo (settimana dal 18 al 24 marzo) viene messa in opera la seconda colonna nuova (base, fusto, capitello) della galleria sommitale a destra e così sarà a seguire per tutte quelle che saranno sostituite (ACCPC, Diario n. 15). 124. ACCPC, Diario n.15, Settimana dal 3 al 21 aprile 1899. 125. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 24 marzo al 28 aprile 1899. 126. ACCPC, Diario n. 15, Settimane dal 3 al 9, dal 10 al 15 e dal 16 al 21 aprile 1899. scrizione risulta particolarmente interessante perché registrava la tipologia costruttiva del tetto in legno, che fu sostituito con una copertura in laterocemento nel 1958, su progetto del Genio Civile. La copertura in legno appoggiava su un sistema di pilastri disposti su tre file, che a loro volta gravavano sulle volte ai terzi e al centro. La sua geometria si desume sia dai rilievi pubblicati nel 1895, sia nella perizia del Genio Civile, dove si legge dello smontaggio di 33 pilastri (11 al centro della volta per reggere il colmo e 11, per parte, ai terzi delle volte) di dimensioni 0,70x0,50m e altezza 2,70m. Questa copertura era più bassa di circa 20-25cm dell’attuale (Perizia generale relativa ai lavori di ripristino della Cattedrale di Piacenza, 30 novembre 1954, ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21 dal 1930 al 1982). Rimandiamo al testo di A. C. Quintavalle in questo volume, che ha esaminato i livelli di accrescimento dei tetti. Già nel 1952 il Genio Civile avvertiva la Soprintendenza di Bologna della grave situazione in cui versava la copertura. Nella lettera del 22 giugno si legge: “il tetto della navata è spingente in quanto è retto da apparenti capriate senza catena ed inoltre alcuni puntoni poggiano poco sui muri laterali o sono del tutto sorretti di pilastri, che gravano sugli archi e sulle volte. V’è poi un arco, già ancorato con ferri a I” (si trattava dell’intervento di Guidotti), “che non risponde assolutamente allo scopo in quanto essi ferri a I mancano di contrasto perché dette parti in ferro partendo dal muro esterno accompagnano l’arco, una fino al centro e l’altra solo per un quarto; mancando quindi di contrasto si può dire che anziché ridurre le spinte aumentano i carichi” (ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21 dal 1930 al 1982, Lettera dell’Ufficio del Genio Civile alla Soprintendenza ai monumenti per l’Emilia di Bologna, Piacenza 22 giugno 1952). Si vedano le figg. 61, 101, 102. 98. ACCPC, Diario n. 14. 99. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 14 al 19 febbraio 1898. 100. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 23 al 29 maggio e dal 30 maggio al 1° giugno 1898. 101. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 6 al 26 giugno 1898. 102. ACCPC, Diario n. 14, Settimana dal 22 al 25 giugno 1898. Lo spessore dei conci variava mediamente tra i 20 e i 30 cm (S. Ambrogio di Valpolicella, 30 novembre 1898, elenco di tutte le pietre ordinate, lettera del marmista Tommaso Piatti a Camillo Guidotti, ACCPC, C. 1900-1902). 103. Le lavorazioni venivano eseguite dal 16 settembre al 30 ottobre 1898 (ACCPC, Diario n. 14). 104. ACCPC, Diario n. 14, Settimane dal 4 luglio al 10 luglio 1898. 56 127. ACCPC, Diario n. 15, Settimane dal 1° maggio al 30 giugno 1899. 128. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 5 al 15 giugno 1899. 129. Trasmissione del bozzetto al Luigi Monti (ACCPC, C. 1900-1902, Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, Piacenza 10 giugno 1899). 130. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 17 al 23 luglio 1899. 131. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 31 luglio al 6 agosto 1899. 132. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 7 al 13 agosto 1899. 133. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 19 al 30 agosto 1899. 134. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 7 al 13 agosto 1899. I due calchi non avrebbero convinto la commissione e si sarebbe optato per l’acquisto di quelli dell’antiquario Rambaldi di Bologna. 135. ACCPC, Diario n. 15, 25 agosto 1899. 136. Si otteneva con una tecnica molto semplice: “un secchio d’acqua pulita, un mezzo cucchiaio di terra nera, un cucchiaio di terra d’ombra, quattro cucchiai di cemento in polvere”. Così scriveva Ottavio Germano il 2 novembre 1900 (ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905, Relazione di sopralluogo), motivando che l’errata esecuzione, lamentata in quei giorni sul quotidiano “Libertà”, era dovuta all’inesperienza dei muratori. L’operazione venne rifatta più volte. 137. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 2 all’8 ottobre 1899. 138. Durante le ispezioni nella settimana dal 26 giugno al 2 luglio, si rilevava che il livello era più basso. 139. ACCPC, Diario n. 15, Settimana dal 16 al 23 luglio 1899. 140. I lavori di sterro erano iniziati nella navata a destra del presbiterio (abside minore sud) già ad agosto e poi proseguivano nella settimana dall’11 al 16 settembre (ACCPC, Diario n. 15). 141. ACCPC, Diario n. 15, Settimane dal 30 ottobre al 5 novembre e dal 6 al 12 novembre 1899. 142. Nel corso dell’anno avevano visitato il cantiere: Carlo Cattaneo (1° e 6 maggio), Enrico Astorri (19 maggio), Raffaele Faccioli (22 maggio e 24 dicembre), il sottosegretario di Stato I. Galimberti (19 luglio), l’architetto B. Pesci e il conte Ludovico Marazzani (28 luglio), Luca Beltrami (25 agosto), gli architetti viennesi Arthur Baron (18741944) e Oskar Neumann (1870-1951) (tra l’11 e il 17 dicembre), il pittore Steffanoni di Bergamo per prendere visione degli affreschi da strappare (24 dicembre), il conte Nasalli Rocca (27 dicembre) (ACCPC, Diario n. 15). 143 ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905, Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza, 30 gennaio 1901. 144. ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905, I restauri al Duomo di Piacenza, Commissione consultiva per la conservazione dei monumenti, seduta del 6 marzo 1901. 145. ACS, MPI, DGABB, Mn, b. 671, fasc. Duomo di Piacenza, Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza. 146. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 30 maggio 1900. 147. Per gli interventi sugli affreschi si veda S. Pighi, Pitture murali in duomo tra medioevo ed età moderna e D. Costa, Restauri e decorazioni tra Otto e Novecento. 148. ACCPC, adunanza del 10 novembre 1900 (ACCPC, C. 1900-1902). 149. Le ditte impegnate all’interno erano cinque: Rovelli, Cantoni, Micheli, Monti, Eberli. 150. ACCPC, Restauri al duomo di Piacenza, Diario dei lavori, anno 1900, n.16 (d’ora in poi, Diario n. 16), Settimana dal 26 febbraio al 3 marzo 1900. 151. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 19 al 24 marzo 1900. 152. La copertura in lastroni veniva completata alla fine settembre (settimana dal 24 al 29, ACCPC, Diario n. 16). 153. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 28 al 30 maggio 1900. 154. 1° giugno 1900 (settimana dal 28 maggio al 2 giugno (ACCPC, Diario n. 16). Dal 30 maggio Guidotti veniva affiancato dall’ingegnere Ettore Martini, che rivestì principalmente il ruolo di assistente. La progettazione e la direzione lavori rimanevano assegnate a Guidotti. Ogni decisione spettava esclusivamente a lui (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 30 maggio 1900). 155. Il consolidamento con innesti parziali di blocchi di marmo, non raggiungeva l’esito sperato e gli scalpellini si dissero costretti a smontarlo completamente per poi rifarlo (ACCPC, Diario n. 16, settimana dal 18 al 23 giugno). 156. Per questa ragione i pezzi di marmo forniti dalla ditta Piatti e rendicontati il 30 novembre 1898, erano calcolati a metro lineare. 157. La tecnica è descritta nel verbale di sopralluogo datato 11 agosto 1900 (ACCPC, C. 1900-1902), nel quale Raffaele Faccioli e Ottavio Germano prendono atto che 8 basi, 3 fusti, 4 capitelli e 7 archetti della galleria mediana, lesionati sia in senso orizzontale che verticale, erano stati sostituiti, perché non era stato possibile consolidarli con “alie di ottone” (leggi: perni). 158. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 16 al 21 luglio 1900. 159. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 15 ottobre al 17 novembre 1900. 160. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 5 al 10 novembre e poi, per nuovi conci della strombatura del portale, dal 12 al 17 novembre (Diario dei lavori n. 16). Ancora dal 19 al 24 novembre si lavoravano conci nuovi in marmo vicino all’architrave del portale centrale. e Daniela Costa, Restauri e decorazioni tra Otto e Novecento, Piacenza 2013. 191. Dei due leoni acquistati per il protiro su via Guastafredda ha scritto Antonella Gigli (A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico dei portali della Cattedrale di Piacenza, in Nicholaus e l’arte del suo tempo, Ferrara 1985). L’antiquario Rambaldi aveva spedito anche un piccolo leone antico da collocare sulla sommità della facciata sotto alla croce in ferro più consona, che avrebbe dovuto sostituire quella in marmo secondo le disposizioni di Raffaele Faccioli (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 1° giugno 1901). La croce in marmo non venne sostituita e si disponeva che il piccolo leone fosse impiegato in un altro posto della cattedrale. 192. I membri della commissione decidevano che gli affreschi staccati dai pennacchi venissero trasferiti su telai e collocati nel palazzo gotico (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 22 giugno e del 21 dicembre 1901). 193. Giovanni Pagani fu incaricato di scolpire 45 capitelli “a fogliami in arenaria di Bobbio”, per un importo di 18,80 lire per ciascun capitello. I lavori furono saldati il 5 dicembre 1902. Insieme a Fedele Toscani, Giovanni Pagani fu incaricato anche per la realizzazione del nuovo pergamo in marmo botticino. Il costo pattuito era di 10.233 lire (lettera del 24 marzo 1901) (ACCPC, C. 1900-1901-1902, fasc. Contratti Pergamo, altari del SS mo e della Madonna del Popolo, vetrata Bertini, cancellata nel cortile, fornitura capitelli testata esterna trasversa, opere murarie ad economia). 194. Restauri del duomo di Piacenza, Diario dei lavori. Anno 1901, n 17 (d’ora in poi, Diario n. 17), Settimana dal 31 dicembre al 5 gennaio 1901. 195. Diario n. 17, Settimana dal 14 al 19 gennaio 1901. 196. Diario n. 17, Settimana dal 28 gennaio al 2 febbraio 1901. 197. Diario n. 17, Settimana dall’11 al 16 febbraio 1901. 198. Diario n. 17, Settimana dal 4 al 9 marzo 1901. 199. Diario n. 17, Settimana dall’11 al 16 marzo 1901. 200. Diario n. 17, Settimana dal 18 al 23 marzo 1901. 201. Diario n. 17, Settimana dal 25 al 30 marzo 1901. 202. Monti costruiva i gradini, Spelta le modanature del portale, Giovanni Pagani capitelli e colonne, Fedele Toscani lavorava alle sculture. Gli affidamenti si leggono nei pagamenti (ACCPC, fasc. 8, Specifica dei pagamenti fatti dalla Commissione amministrativa dei restauri): a “Giovanni Pagani, per i nuovi portali della cripta; a Fedele Toscani per le sculture degli amboni; Luigi Morgari: affreschi 161. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 10 al 15 dicembre 1900. 162. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 18 al 22 dicembre 1900. Il leone viene rimosso il 18 dicembre. 163. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 24 al 29 dicembre 1900. 164. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 23 al 28 luglio 1900. 165. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 26 febbraio al 3 marzo 1900. 166. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 28 maggio al 2 giugno 1900. 167. La recente caduta di alcuni conci ha portato in luce un sodo murario in laterizi frammentati riconducibili all’intervento del ‘cantiere Guidotti’. 168. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 19 al 24 novembre 1900. 169. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 25 al 30 giugno 1900. 170. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 24 al 29 settembre 1900. I lavori proseguirono fino alla fine dell’anno. 171. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 4 al 6 giugno 1900. 172. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 4 al 6 giugno 1900. 173. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 14 al 19 maggio 1900. 174. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 12 al 17 novembre 1900. 175. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 12 al 18 febbraio 1900. 176. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 12 al 17 marzo 1900. 177. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 7 al 12 maggio 1900. I lavori di stamponamento si concluderanno agli inizi di luglio. 178. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 17 al 22 dicembre 1900. 179. ACCPC, Diario n. 16, Settimane dal 15 gennaio al 3 marzo (Diario n. 16). Tra il 30 aprile il 5 maggio iniziava lo smontaggio della cantoria e dell’organo. 180. ACCPC, Diario n. 16, Settimane dall’8 gennaio al 7 aprile 1900. 181. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dall’8 al 14 gennaio 1900. 182. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 15 al 21 gennaio 1900. 183. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 22 al 28 gennaio 1900. 184. Nella settimana dal 12 al 18 febbraio 1900 (ACCPC, Diario n. 16) si demolivano le “4 voltine avendo dovuto innalzare il muro divisorio d’ambito di sostegno per le rimanenti conservate e formanti con muro piè di croce”. 185. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 12 al 18 febbraio 1900. 186. ACCPC, Diario n. 16, Settimane dal 12 al 24 marzo. 187. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 4 al 9 giugno. 188. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 2 al 7 luglio. 189. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 22 marzo 1901. 190. S. Pighi, Pitture murali in duomo tra medioevo ed età moderna, 57 nella cappella di san Martino; Aristide Secchi: decorazione a fascia attorno ai dipinti del Procaccino ; Tommaso Piatti per la scala maggiore: Toscani e Pagani per altari del SS Sacramento e Madonna del Popolo; Toscani per parapetto amboni e Pagani per cornici amboni; Tommaso Piatti per altari piccoli; Alfredo Tansini, per affresco sacra Famiglia; Pietro Spelta lavori alla galleria nord (pezzi squadrati); ditta Monti per calchi in gesso fatti a Chiaravalle della Colomba; Giovanni Pagani per i capitelli della rotonda a nord (abside transetto nord) e tre lati contigui, Giovanni Pagani per 4 colonne del tempietto della madonna del Popolo; Pietro Spelta, per la galleria sotto il campanile o della testata in curva; Fedele Toscani per le sculture di restauro al portale verso via Guastafredda; Giovanni Pagani, per i capitelli nuovi del portale di via Guastafredda; Spelta, lavori al portale di via Guastafredda basamento e gradinata”. 203. Diario n. 17, Settimana dal 7 al 12 gennaio 1901. 204. A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico dei portali della Cattedrale di Piacenza, 1985. 205. Diario n. 17, Settimana dal 14 al 19 gennaio 1901. 206. Diario n. 17, Settimana dall’11 al 16 marzo 1901. 207. Diario n. 17, Settimana dal 4 al 9 marzo 1901. 208. Diario n. 17, Settimana dal 4 al 9 marzo 1901. 209. Diario n. 17, Settimana dal 25 al 30 marzo 1901. 210. Diario n. 17, Settimane dal 4 al 23 marzo 1901. 211. Diario n. 17, Settimane dal 31 dicembre 1900 al 30 marzo 1901. 212. Diario n. 17, Settimana dal 25 maggio al 1° giugno 1901. 213. Il portale merita, d’ora in poi, un’attenta indagine dei pezzi e dei litotipi. 214. Diario n. 17, Settimane dal 25 maggio al 15 giugno 1901. 215. R. Cassanelli, Proposte per una definizione degli interventi di restauro della decorazione plastica della cattedrale di Piacenza, in Nicholaus e l’arte del suo tempo, Atti del seminario internazionale (Ferrara, 1981), a cura di A.M. Romanini, ed. Corbo, Ferrara 1985, p. 150. 216. Diario n. 17, Settimane dal 25 aprile al 18 maggio 1901. 217. Diario n. 17, Settimana dal 16 all’11 maggio 1901. 218. Diario n. 17, Settimane dal 6 al 18 maggio 1901. Il 28 maggio veniva rimossa la muratura dall’ultimo pennacchio. 219. Diario n. 17, Settimane dal 1° luglio al 21 settembre 1901. 220. Diario n. 17, Settimana dal 2 al 7 settembre 1901. 221. Diario n. 17, Settimana dal 30 settembre al 5 ottobre 1901. 222. Diario n. 17, Settimana dall’8 al 13 luglio 1901. 223. Diario n. 17, Settimana dal 5 al 10 agosto 1901. 224. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3 gennaio 1917. 225. C. Guidotti, La cupola del duomo di Piacenza. Sue condizioni statiche, proposte di robustimento, luglio 1905 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,1892-1905). 226. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928. 227. Opere di consolidamento della cupola dell’insigne Cattedrale di Piacenza, spese sostenute dal 18 gennaio 1905 al 10 maggio 1911, Camillo Guidotti, 14 giugno 1911(ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928). 228. M. Strinati, Carlo Strinati 18931964, in “Strenna Piacentina”, 2018. 229. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1892-1905; b. PC/M 21 Duomo 19011928; b. PC/M 21, 1930-1982. 230. Archivio Opera Parrocchiale della Cattedrale di Piacenza (d’ora in poi, AOPCPC), b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925. 231. Sarebbe interessante indagare due altri archivi fotografici di Piacenza, quello di Francesco Fornaroli e M. Carlotti, che ci risulta avrebbero ripreso i lavori di restauro (AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 19221925, Restauri all’esterno dell’abside maggiore negli anni 1922-1923. Alligati n. 8, relazione di Camillo Guidotti all’arciprete e presidente dell’Opera Parrocchiale Ludovico Mondini, Piacenza 15 gennaio 1924), ma al momento della nostra ricerca non ci è stato possibile rintracciare il materiale 232. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di Piacenza. Rapporti, stime, perizie chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri, Guglielmo della Cella, 30 dicembre 1884. 233. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di Piacenza. Rapporti, stime, perizie chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri, 1° aprile 1885. 234. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di Piacenza. Rapporti, stime, perizie chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri, 21 febbraio 1895. 235. ACCPC, Dario 1898, n. 14. 236. ACCPC, Diario 1899, n. 15. 237. ACCPC, fasc. Città di Piacenza, Commissione Amministrativa, Restauri del Duomo, Libro delle deliberazioni, 1897-1912, n. 8, adunanza del 21 settembre 1899. Si veda anche BELTRAMI, 1899. 238. ASABAPPR, ASBSA, Piacenza Duomo, A.V. 21 (1890-1905), lettera del vescovo Giovanni Battista Scalabrini al direttore dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti dell’Emilia, Piacenza 6 dicembre 1899. 239. ACCPC, Diario 1900, n. 16. 240. ACCPC, Diario 1900, n. 16. 241. ACCPC, Diario 1900, n. 16. 242. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, Cattedrale 1901-1928, Restauri al duomo di Piacenza, 1902 (?). 243. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, Cattedrale 1901-1928, lettera di Luigi Corsini (Soprintendente della Regia Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia in Bologna) a Camillo Guidotti (ora Ispettore onorario dei Monumenti), Bologna, 18 novembre 1920. 244. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, Cattedrale 1901-1928, lettera di Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 19 novembre 1920. 245. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Opere di restauro e di consolidamento alla grande abside corale. Preventivo delle spese da sostenersi 1922. 246. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri all’abside maggiore del duomo di Piacenza, contratto stipulato tra la Veneranda Opera Parrocchiale del Duomo e lo scultore Carlo Strinati, s.d. (1922, fine). 247. Carlo Strinati (Piacenza, 7 giugno 1893 – Piacenza, 21 gennaio 1964), si forma all’Accademia Albertina di Torino, completando gli studi artistici come scultore. Dal 1910 al 1915 vive e lavora a Parigi frequentando la bottega di Auguste Rodin come praticièn. La sua arte risentirà sempre dell’influenza del maestro. I 5 anni a Parigi gli permettono di frequentare l’ambiente dell’avanguardia artistica del ‘900 e stringe legami con vari artisti come Modigliani. Nel 1915 si arruola come volontario partendo per il fronte. Dopo la guerra, tornato a Piacenza riprende la sua carriera di scultore realizzando numerose opere pubbliche, fra cui i lavori all’abside del Duomo di Piacenza (1923-25), l’altorilievo ad Alessandro Casali nel famedio di palazzo Gotico (1926), il rosone di S. Francesco (1931), la statua del Partigiano Giannino Bosi nel cimitero cittadino, inaugurata nel 1946, la tomba di mons. Pellizzari in Duomo, le sculture per l’ingresso della Casa del Mutilato (1938). È assunto come ‘ornatista’ dal 1940 al 1943 presso la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Partecipa a diverse mostre d’arte cittadine e provinciali e nel 1934 vince il premio alla mostra Interprovinciale Sindacale Emiliana con l’opera il Bisavolo oggi custodita presso la Galleria Ricci Oddi (Pc). Si dedica anche al ripristino architettonico progettando la facciata della chiesa di Tavernago (Pc). Negli anni ’50, restaura le parti figurative scultoree della basilica di S. Agostino (notizie da Roberta Morisi). 248. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri all’abside maggiore della cattedrale di Piacenza, acconto e residuo, lettera di Carlo Strinati all’Opera parrocchiale del duomo, 27 dicembre 1923. 249. F. Arisi, Quella finestra che arricchisce l’abside del nostro Duomo, in “Il Nuovo Giornale”, 17 aprile 2009. 250. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri all’abside maggiore del duomo di 58 Piacenza, contratto stipulato tra la Veneranda Opera Parrocchiale del Duomo e gli scalpellini Sante Bassi e Pietro Spelta, s.d. (1922, fine). 251. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Resoconto dei lavori della ditta Bassi & Spelta, Piacenza 27 dicembre 1923. 252. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Specifica e importo dei lavori, Camillo Guidotti, Piacenza 7 gennaio 2024; poi Restauri all’esterno dell’abside maggiore negli anni 1922-1923. Alligati n. 8, relazione del direttore dei lavori Camillo Guidotti all’arciprete e presidente dell’Opera Parrocchiale Ludovico Mondini, Piacenza 15 gennaio 1924. 253. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928, Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 15 luglio 1922. 254. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928, Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 15 luglio 1923. 255. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928, Lettera di Augusto Bisotti a Luigi Corsini, Piacenza, 15 giugno 1925. 256. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928, Lettera di Luigi Corsini a Augusto Bisotti, Piacenza, 17 giugno 1925. 257. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928, Lettera di Luigi Corsini a mons. Mondini (capo del Capitolo), Bologna, 6 luglio 1925. 258. Si ringraziano: le restauratrici Arianna Rastelli e Roberta Ferrari della ditta Restauro snc di Piacenza, attualmente impegnate nel restauro dell’abside, per il confronto critico e la disponibilità di averci accolti sui ponteggi; l’architetto Camilla Burresi, funzionario della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, per averci illustrato le metodologie adottate nel restauro in corso e il progettista e direttore dei lavori architetto Fiorenzo Barbieri, che ci ha permesso di accedere al cantiere. 259. Analisi non invasiva tramite diffrazione dei raggi X in situ (XRD) e fluorescenza dei raggi X (XRF).