I restauri della cattedrale di Piacenza (1897-1925)
Manuel Ferrari e Barbara Zilocchi
i principali restauri del tempo – evidenti le analogie con
quello condotto sulla cattedrale fidentina una decina d’anni
prima, con cui faremo dei brevi parallelismi tematici8 – già
approvato nelle linee principali nel 1894, subì un fermo di
cantiere disposto dal Prefetto, dopo una vertenza con il Ministero dell’Istruzione, infine una dichiarata condanna9?
Cercheremo in questa trattazione di descrivere alcuni fatti
e capire le vere ragioni.
Le ragioni per cui si è ritenuto di argomentare i restauri condotti tra il 1897 e il 1902 e poi dal 1909 al 1911 (1°
cantiere Guidotti), noti come restauri scalabriniani, progettati e diretti da Camillo Guidotti, e ripresi negli anni
’20 (2° cantiere Guidotti), sono diverse1.
Per la prima volta la cattedrale fu al centro di un restauro progettato di rilevanza nazionale ma anche europea2, che in linea coi modi italiani del restauro storico-filologico, di cui fu esponente l’architetto Luca Beltrami3,
allievo di Camillo Boito, oltre a riparare, mirava anche a
restituire lo stile originario della fabbrica secondo quella
logica razionale ed archeologica, come si legge anche nei
documenti piacentini – logico e razionale sarà definito
il restauro del duomo piacentino nella relazione di Beltrami4 – che non avrebbe lasciato spazio ad invenzioni,
in quanto scaturiva da ricerche storiche, da ispezioni, da
rilievi5 e si avvaleva della registrazione dei lavori – scritta
e fotografica – di confronto tra i dati progettati e quelli
riscontrati. Il diario dei lavori era il luogo della registrazione incontrovertibile degli interventi per non trarre in
inganno né il prossimo né altri (Boito).
Di questa registrazione ci è giunto uno dei più straordinari corpus documentario, noto come ‘Diario Guidotti’, un moderno giornale dei lavori, composto da 4 volumi
datati 1898, 1899, 1900, 1901 (nn. 14, 15, 16, 17), dalla
cui lettura non ci siamo potuti sottrarre per l’occasione di
questo convegno (fig. 1).
Proveremo poi ad illustrare con quali tecniche e modalità questo restauro sia stato condotto, spesso avvalendosi
di metodologie in contrasto tra loro.
Così assistiamo da una parte al metodo analitico per
la ricerca accurata dell’arenaria più appropriata per le sostituzioni, in nome della durevolezza e non della tonalità;
prima alla integrazione e poi alla riconoscibilità degli innesti – secondo boitiana memoria – per passare alla copia perfetta di pezzi scolpiti, non semplificati nelle forme,
come prescriveva Boito, oppure all’invecchiamento delle
pietre riparate, all’abile graffiatura e martellatura dei mattoni delle sostruzioni murarie.
E infine assistiamo alla progettazione di pezzi d’invenzione per analogia architettonica in sostituzione di alcuni
elementi del portale maggiore rifatti nel XVI secolo6, fino
alla riproduzione di interi sistemi architettonici perduti o
mai esistiti, come le logge del transetto nord, o il ripristino del sistema di accessi in cripta. Invece assistiamo alle
prescrizioni per il trattamento delle lacune pittoriche a
grigio-neutro e per l’impiego di linee separatrici tra parti
aggiunte e parti antiche, che Luigi Morgari dovrà seguire
per il restauro degli affreschi7.
Ma allora perché questo restauro, così in linea con
La seconda ragione è che i restauri ottocenteschi modificarono profondamente la cattedrale.
Va detto fin da ora che in quegli anni non si disponeva né di prodotti né di tecnologie adeguate ad arrestare il
degrado dei materiali lapidei e quindi le tecniche ormai
consolidate erano la rimozione del materiale disgregato
mediante bruschinaggio e scalpellatura e successiva lavorazione della materia rimasta. Vi era poi il grosso problema,
dichiarato dalla direzione lavori, di manodopera inesperta
e quindi queste tecniche, che inizialmente dovevano essere predominanti, furono limitate alle zone meno compromesse e per il resto si intervenne con le sostituzioni. Anche
il consolidamento strutturale della lesione sub-verticale in
facciata rese necessario lo smontaggio del sistema murario
centrale compreso tutto il protiro maggiore.
Questo insieme di operazioni annullò quindi la maggior parte delle discontinuità murarie che erano prova di
stratificazioni, e che oggi, in assenza di un’accurata analisi
archeologica degli elevati e mensiocronologica delle murature, risultano difficilmente leggibili10. Furono rimosse
le lavorazioni antiche delle pietre, dei letti e dei giunti di
malta, alterate ammorsature e addossamenti, indispensabili per inquadrare cronologie e maestranze. L’intervento
comportò la più ingente perdita di materiale antico scolpito: sulla facciata furono sostituiti più di 30 mc di arenarie
e sui lati longitudinali più di 300 ml di marmo veronese11.
Agli architetti restauratori di oggi queste modalità –
affettature delle pietre, livellamenti, abrasioni delle parti ‘guaste’, inserimenti di lastre lapidee di rivestimento
ancorate con ferri ossidabili, uso di cemento portland,
rincocciature del sodo murario con laterizi nuovi – impongono di affrontare il tema complesso del ‘restauro del
restauro’.
La terza ragione si deve alla necessità di fare chiarezza su estensione, tipologia e cronologia degli interventi. I
dati ricavati dal diario conservato nell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza, dove sono riportati giornalmente con meticolosa descrizione maestranze, fasi di
lavoro, materiali e visite, intrecciati con quelli dei verbali delle sedute della commissione amministrativa, delle
spese, dei contratti e della corrispondenza epistolare, ma
9
1. Settimana dal 6 al 12 novembre, Diario dei lavori, n. 15, 1899
(Archivio Capitolare della Cattedrale di Piacenza, d’ora in poi ACCPC)
anche dei documenti dell’archivio Guidotti, consentono
di arricchire la conoscenza del palinsesto materiale della cattedrale e delle sue trasformazioni di fine ‘800 e di
inizio ‘900, utile non solo agli storici dell’arte ma anche
ad architetti e restauratori che dovranno intervenire in
futuro sulla fabbrica12.
La nostra trattazione quindi si conclude con la registrazione grafica, sui rilievi a laser scanner messi a disposizione dall’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di
Piacenza, degli interventi eseguiti tra il 1897 e il 1901, tra
il 1910 e il 1911 e poi attorno al 1923-25, principalmente
su architettura e scultura, una sorta di as build, dove sono
distinte le aree di demolizione e di costruzione per ripristino, di riparazione, di consolidamento, di sostituzione/
riproduzione, di smontaggio e rimontaggio e di invenzione.
Svilupperemo quindi la nostra trattazione sul ‘primo
cantiere Guidotti’ in tre atti: le anticipazioni al restauro;
il confronto sul restauro; metodi, estensione e tempi del
restauro. Infine abbiamo riservato una trattazione a sé
stante al ‘secondo cantiere Guidotti’, relativo al restauro
dell’abside maggiore e della sua monofora, condotto tra il
1923 e il 1925, luogo interessantissimo dove riconoscere,
come vedremo, oltre le effettive trasformazioni della materia scolpita, anche un nuovo modo di concepire la copia
nel restauro moderno.
1. Le anticipazioni al restauro
Le ragioni che portarono nel 1894 il vescovo Giovanni
Scalabrini ad intraprendere il restauro completo della cattedrale erano la riparazione urgente per l’avanzato stato
di degrado, l’isolamento del monumento dalle superfetazioni che le erano addossate, eliminare quelle aggiunte
che all’interno avevano alterato le linee originarie dell’edificio, migliorare l’occupazione lavorativa della popolazione. Le stesse ragioni che avevano incentivato anche il
restauro della cattedrale fidentina13.
Le premesse risalivano però al 1884 e già nel 1885 si
stendevano le linee guida per il progetto di intervento sulla cattedrale, anche se alcuni lavori erano già stati avviati
tra il 1872 e il 1875, come la rimozione di lapidi dai pavimenti, le decorazioni attorno agli altari, nuove finestre a
lancetta del cleristorio14 e la demolizione degli intonaci,
che portò in luce alcune trifore della navata centrale.
Sui quotidiani dell’epoca si parlava di caduta di ele10
2. Facciata del duomo di Piacenza, 6 giugno 1894, progetto di puntellamento della galleria sommitale, prospetto e pianta, dettagli, scala 1:100
(Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di
Parma e Piacenza, fondo ex Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici, busta PC/M21, 1892-1905) (d’ora in poi: ASABAPPR, ASBAP,
b. PC/M21)
3. Facciata del duomo di Piacenza, 6 giugno 1894, progetto di puntellamento della galleria sommitale, sezioni, dettagli, scala 1:20 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905)
4. Prospetto sud, raffronto tra stato di fatto e progetto, da C. Guidotti, Il
Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in Archivio Centrale dello Stato, Ministero della Pubblica Istruzione, Direzione Generale Antichità e
Belle Arti, Monumenti (Divisione Undicesima) 1898-1907 (III versamento,
II parte), (d’ora in poi: ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
5. Progetto di ripristino del lato meridionale (1895 circa), prospetto, sezioni e pianta, scala 1:100, copia eliografica (Archivio Soprintendenza
Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna, Archivio disegni, “Piacenza – Chiesa cattedrale”, d’ora in poi: ASABAPBO)
menti lapidei dalla facciata e la risposta a queste segnalazioni fu il sopralluogo dell’ingegnere Guglielmo della Cella
il 30 dicembre 1884, cui seguirà una sua perizia dettagliata il 1° aprile 1885 sulle condizioni di salute del duomo
e le soluzioni da adottare; quindi due successive perizie,
una del 1885 ed una del 1894, con cui si ampliavano i
lavori e aumentavano i costi, da 23.900 a 200.000 lire15.
Durante il sopralluogo annotava urgenti lavori alle coperture e agli elementi lapidei in arenaria della facciata,
dei fianchi e dell’abside e attorno alla cupola. Riteneva in-
dispensabili interventi urgenti di “riattazione anche parziale delle membrature di quelle danneggiate” e, notando
che di recente erano state inserite delle pietre in arenaria
di diverso colore, ne prescriveva la rimozione. Questa soluzione verrà abbandonata più tardi nella pratica del cantiere16. Fin da subito invece si affrontò anche il tema del
ripristino.
Nella prima perizia si prevedevano sostituzioni dei rivestimenti e rifacimenti di pilastri e semicolonne, colonnine, capitelli, mensole e basi delle loggette, sia in facciata
che sui fronti laterali; e già allora la rimozione della balaustra dal secondo ordine del protiro centrale. Riguardo
alla finestra absidale, molto compromessa, si prevedeva
la sostituzione di 5 mq dell’ornato del finestrone posteriore. Ma, come vedremo, dovremo attendere il 1925 per
assistere ad un intervento mirato sulla monofora absidale,
quando, come vedremo, furono eseguiti i calchi dei due
profeti ai suoi lati, oggi conservati nel seminario vescovile.
La seconda perizia scaturiva dalla relazione fatta dalla
Commissione Conservatrice dei Monumenti17, trasmessa
sia alla Regia Prefettura che all’Ufficio Regionale per la
Conservazione dei Monumenti dell’Emilia, che dipendeva
dal Ministero della Pubblica Istruzione. La Commissione
11
6. Planimetria generale e piano delle demolizioni, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671
e in ACCPC)
7. Planimetria generale e pianta della chiesa, progetto di isolamento
del duomo e accesso al presbiterio, in parte non realizzato, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB,
Mm, b. 671 e in ACCPC)
affiancava con compiti consultivi l’Ufficio Regionale – dal
1885 ne era direttore l’architetto Raffaele Faccioli, delegato regionale per i monumenti nazionali, che come vedremo seguirà tutto il corso dei lavori, come accadde anche
per il duomo fidentino. Fino al 1884 faceva parte della
commissione il pittore Bernardino Pollinari che nei suoi
Scritti d’Arte (1894) riflettendo sui restauri in corso nella
cattedrale criticava quella “smania invadente di abbellire e rimodernare l’antico, che comportava la rimozione
della patina, quel documento irrefutabile dell’antichità”.
Si sarebbe dovuto ‘conservare’, non ‘rimodernare’, non
‘abbellire’18.
Eppure le osservazioni fatte dalla commissione erano in
linea con quanto previsto dal Cella: in facciata, la sostituzione di pietre sfaldate, quelle ad esempio delle due semicolonne, la sostituzione del capitello di quella a sinistra, la
ricostruzione di una parte mancante della bocca di leone in
marmo a destra del portale maggiore; la sostituzione di parti della cornice sommitale a spira, di alcune colonne della
loggia superiore; il “riattamento del rivestimento dei due
piloni estremi”; la rimozione di alcune pietre recenti di rivestimento di colore diverso dalle originarie; la riparazione
e la sostituzione di modanature della zoccolatura. Genericamente si prescriveva che la pietra nuova fosse ‘adeguata’
all’edificio. Nel portale maggiore si approvava l’idea di eliminare le aggiunte cinquecentesche, balaustre, capitelli del
secondo ordine, la statua in legno dipinto lì appoggiata. Nel
protiro meridionale si prevedeva la riparazione della lastra
che riportava la data della fondazione dell’edificio.
Infine, la commissione concordava con l’idea della rimozione del quadrante dell’orologio del secondo ordine.
Nella sua ultima relazione datata 1894, Della Cella ripercorreva i fatti dal 1892 e riportava come nonostante la
grave condizione riscontrata su coperture, sottotetti sovraccaricati da detriti e frontone della facciata, solo nella
primavera del 1894 fosse giunto un Ispettore da Bologna
che si era limitato a progettare il solo puntellamento delle
lastre di pietra e di alcuni archi della galleria superiore
(figg. 2, 3).
Allora il vescovo aveva deciso di nominare tre commissioni di controllo dei restauri che si sarebbero intrapresi:
‘tecnica artistica’, ‘amministrativa’ ed ‘archeologica-storico-liturgica’, allo scopo di studiare secondo le diverse competenze le soluzioni più adeguate. Ed era qui che si inseriva
la figura del piacentino Camillo Guidotti19.
Attraverso una serie di studi storici, analisi e indagini accurate, già nel 1894 l’architetto aveva ipotizzato il
ripristino delle logge interrotte verso i chiostri e sempre
12
8. “Pianta della chiesa inferiore al secolo XIII e allo stato attuale”
(ASABAPBO, “Piacenza – Chiesa cattedrale, Archivio disegni Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici dell’Emilia – Bologna”
(anche da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895, copia in ACS,
MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
nel lato sud il ripristino delle monofore e della finestra
centrale dell’abside maggiore del transetto meridionale, la
demolizione degli edifici addossati al duomo; all’interno, il
ripristino del ‘vano originario’ della cripta, riducendone le
campate. Nel progetto preliminare, in assenza degli accertamenti di scavo, progettava due scale di salita al presbiterio ed una centrale di discesa in cripta. Per fare questo
avrebbe arretrato la scalinata centrale e quelle laterali,
abbassato i piani pavimentali che occupavano l’ultima
campata sotto alla cupola, la prima campata della navata
in asse con l’abside di san Martino e la prima campata in
asse con l’abside di sant’Alessio (figg. 4-7).
Alla relazione accompagnatoria del progetto, Della Cella
allegava una perizia con i costi aggiuntivi per l’isolamento
del duomo, per la decorazione interna delle volte su fondo
‘azzurro oltremare’ ed oro, lo stamponamento della finestra
absidale e sua riparazione/ricostruzione – non meglio precisata –, per un totale in più rispetto alle perizie precedenti
di 133.585 lire.
Nel novembre 1894, Guidotti ampliava il suo progetto,
con la rimozione degli altari interni addossati alla parete
sud e il ripristino delle finestre della navata meridionale,
l’abbassamento del piano del presbiterio e delle absidi laterali, il ripristino delle scale di discesa in cripta e di salita
al presbiterio, facendo schizzare i costi a 200.000 lire (fig.
8).
Quindi l’ingegnere concludeva il suo fascicolo tecnico,
redatto tra il 30 dicembre 1884 e il 21 febbraio 189520,
con una sintesi dei lavori previsti, che a causa di ulteriori
aggiunte raggiungevano la somma di 228.450 lire21.
In facciata, oltre ai lavori indicati dalla commissione, si
sarebbe sostituita la statua in arenaria su relativa mensola
collocata sulla parasta estrema sud. Ma nell’elaborato di
Guidotti compaiono per analogia anche un’altra scultura
inserita in quella estrema a nord, l’architrave istoriato del
portale centrale, la lunetta e i tre nuovi bassorilievi sul
protiro maggiore, “in armonia con quelli delle (porte) laterali” (figg. 9, 10).
Nel lato meridionale si sarebbero sostituite le altre tre
statue e loro mensole situate sulle paraste, si sarebbero
ricomposte le monofore ad arco della navata minore, modificate per la presenza degli altari interni, ripristinandole
secondo la forma originaria e allo stesso livello di quelle
a nord; si sarebbero ricostruite le due monofore del presbiterio al posto del grande finestrone ad arco ribassato,
quindi rivestiti i muri sfaldati, compreso il basamento, ripristinata la galleria di coronamento, costruite nuove loggette, riaperte la porta della prima campata e la finestra
centrale dell’abside maggiore del transetto.
Nel lato est, si prevedeva il ripristino delle finestre originarie delle tre absidi, il rivestimento dei muri, lo stamponamento della finestra centrale, il restauro della galleria, il rifacimento della cornice decorata alla base e lo
smontaggio del portale che in parte otturava il protiro di
via Guastafredda (figg. 11, 14, 15).
Sul lato nord, grazie alla demolizione degli edifici ad13
9. Prospetto ovest (facciata), stato di fatto, da Il Duomo di Piacenza, Studi
e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
10. Prospetto ovest (facciata), progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi
e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
11. Prospetto est (abside), progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e
proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
12. Prospetto nord, raffronto tra stato di fatto e progetto, da Il Duomo
di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm,
b. 671 e in ACCPC)
dossati, si sarebbe ricomposto il protiro nord-est, restaurata la loggetta soprastante, rivestiti i muri ‘sfaldati’ e ricostruita la galleria del transetto; come nel lato sud, si
sarebbero ricostruite le due monofore del presbiterio al
posto del grande finestrone ad arco ribassato e sempre per
analogia con il fronte meridionale si inserivano tre nuove statue sulle paraste corrispondenti agli archi rampanti
(figg. 12, 13, 16).
Per quanto riguardava il battistero si ripristinava l’apertura circolare ad est e quella archiacuta sulla parete
nord. Nel tiburio si aggiungeva una fascia di coronamento
ad archetti, si progettava una copertura in rame ed un
lanternino, mai realizzato. Esistono addirittura quattro
soluzioni progettuali della cupola a firma del Della Cella,
sempre datate 1895, dove si propongono quattro diverse
curvature della struttura lignea del tetto: con curvatura ad
un centro (A), a due centri (B), con curva e controcurva
superiore (C), con curvatura uguale a quella del duomo di
Parma (D) (fig. 17).
All’interno della chiesa, si riconfermavano: la rimozione degli altari del lato sud; il ripristino del sistema di
scale in cripta, sotto la cupola e nei lati longitudinali del
presbiterio, la ricostruzione delle trifore dei matronei, la
prosecuzione dei bassorilievi in chiave d’arco in analogia
con quelli della navata centrale. Anche se non dichiarato,
tutto questo avrebbe comportato ovviamente la rimozione di organo, cantorie e dipinti (figg. 18, 19).
Per riportarla alla forma originaria, la cripta veniva accorciata verso est. Cioè, venivano abbattute le prime tre
campate del piedicroce costruite nel XVII secolo, e ripristinate volte e colonne, che furono rimosse all’incrocio
dei bracci del transetto e davanti alle absidi laterali. Si
spostava poi l’altare maggiore dal centro della cripta verso
l’abside mediana. Dovendo dimostrare l’attendibilità delle
sue interpretazioni e quindi delle sue proposte iniziali, i
saggi e i rilievi nei sotterranei, come vedremo, impegneranno Guidotti per tutta la durata del cantiere.
Gli studi e il progetto preliminare furono pubblicati nel 1895: vi è copia anche presso l’Archivio Centrale
dello Stato. Dal carteggio risulta che il progetto22 venne
trasmesso all’Ufficio Regionale per la Conservazione dei
Monumenti di Bologna e quindi alla Giunta Superiore di
Antichità e Belle Arti del Ministero dell’Istruzione, dove al
momento sono stati rintracciati solo gli elaborati grafici
degli amboni, delle transenne presbiteriali e del pulpito23.
Come vedremo, non tutti i lavori progettati verranno realizzati, e cioè: in facciata, la scultura sulla parasta angolare
nord, la riparazione delle bocche di leone vicino alle semicolonne, la riparazione dei capitelli delle semicolonne e
della lastra con iscrizione, che saranno rifatti; la nuova lu14
13. Prospetto nord, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
14. “Le absidi a mattina” prima dei lavori (Archivio Guidotti, fasc.
Duomo di Piacenza. Fotografie, d’ora in poi, APG, Fotografie)
15. «Protiro a mattina prima dei restauri» (APG, Fotografie)
16. Veduta della «testata a notte della traversa opera di compimento
del prof. Guidotti» (APG, Fotografie)
netta istoriata del portale centrale – verrà mantenuta quella esistente ma affrescata; nel lato sud, la copia delle due
sculture collocate sulle paraste corrispondenti agli archi
rampanti e la ricostruzione della parte sommitale dell’abside minore ovest del transetto, con le relative loggette; nel
lato est, la rimozione totale degli edifici addossati all’abside minore sud, la riparazione della galleria e della finestra
centrale – bisognerà attendere il 1923 e poi il 1925 –; nel
lato nord, le tre nuove statue sulle paraste corrispondenti
agli archi rampanti; nel tiburio, la modifica della struttura del tetto, il nuovo lanternino e la cornice ad archetti
del sottogronda; infine all’interno della chiesa, non saranno ‘replicate’ le sculture in chiave d’arco nel presbiterio in
prosecuzione con quelle della navata maggiore.
l’approccio adottato, anche se poi nella pratica del cantiere
seguirà quella prassi tutta italiana, che alternava atteggiamenti più vicini al restauro stilistico francese ad atteggiamenti più vicini al restauro conservativo inglese.
Gli strumenti metodologici che caratterizzano questo
intervento come moderno sono da subito la formazione di
tre commissioni che coordinano, tengono i contatti con
gli organi di controllo e dettano le linee guida del restauro e un atteggiamento analitico e scientifico che precede
ogni azione progettuale e di intervento, finalizzato al ripristino dell’originale. Il metodo e l’approccio erano condivisi sia dalla committenza, che dagli uffici degli organi
di controllo regionali, perché un restauro che si prefigurava così complesso e di così ampio respiro non poteva
essere lasciato al caso e rischiare interruzioni. Riteniamo
che queste fossero le ragioni che mossero fin da subito le
decisioni del vescovo Scalabrini: individuare figure della
cultura e della politica locali, coinvolgere tecnici di comprovata esperienza, sia locale che nazionale.
2. Il confronto sul restauro
Già dalle premesse, il restauro della cattedrale piacentina si prefigurava come un intervento in linea con le teorie
più attuali del restauro ‘storico-filologico’, fondato su criteri
di scientificità e coordinato da figure ben definite nei loro
ruoli; filologico secondo i principi boitiani e storico secondo la strada tracciata da Luca Beltrami24, suo allievo. Va annoverato tra i più moderni casi di restauro di fine ’800 per
15
17. Tiburio del duomo di Piacenza, soluzioni progettuali (A,B,C,D), Guglielmo Della Cella, 1895
(APCC, busta n. 11)
Dalle carte fidentine risulta che il Mella ad un certo
punto agisse in maniera autonoma rispetto al collega locale, arrivando perfino a proporsi per la progettazione del
completamento della facciata incompiuta25. Viceversa,
l’affiancamento di Beltrami a Guidotti è costante fin dalla
prima fase di impostazione del progetto, verrà coinvolto
su ogni questione da affrontare, architettonica ed artistica. Sul diario sono registrati i sopralluoghi di Beltrami in
cantiere e i viaggi di Guidotti a Milano per raggiungere lo
studio del collega. Nel 1899 Guidotti veniva pagato per la
redazione di 9 tavole illustrative, una relazione tecnica
e per viaggi a Milano “nell’occorrenza della compilazione dei disegni”26. Dal che si presume il coinvolgimento
dell’architetto milanese anche nella stesura progettuale.
Le commissioni venivano istituite, con nomi diversi rispetto alle intenzioni iniziali, nella loro operatività il 19
gennaio 189727. La commissione amministrativa era composta dal vescovo Scalabrini, dai canonici Pietro Piacenza,
Girolamo Bianchi e Camillo Mangot, da Salvatore Lucca,
deputato al parlamento e dall’avvocato Valentino Piatti,
membri dell’opera parrocchiale del duomo, dall’avvocato
Francesco Achille, presidente della Deputazione provinciale e consigliere comunale, dall’avvocato Vittorio Cipelli, presidente del consiglio provinciale, da Carlo Cattaneo
e da Carolippo Guerra, membro dell’opera parrocchiale
del duomo, nominato vicepresidente. Quest’ultimo avrà
un ruolo determinante durante tutto il corso dei lavori.
La commissione tecnica era composta dall’architetto Raffaele Faccioli, da Camillo Guidotti e dall’ingegnere Giuseppe Manfredi di Piacenza. La commissione consultiva
era composta da Luca Beltrami, dall’ingegnere Manfredo
Manfredi28 e da don Francesco Rotta. A questa commissione si sarebbe dovuto ricorrere per le “questioni di maggior
rilievo e ogni qualvolta si crederebbe opportuno”.
Già nel febbraio 1894 il vescovo Scalabrini29 aveva definito criteri e finalità dell’intervento. Scriveva: “l’azione de-
Le modalità ricordano quelle adottate qualche anno
prima per il restauro del duomo di Fidenza, ma a Piacenza
assistiamo a varianti interessanti.
A Fidenza era stata nominata una sola commissione per
i restauri interna alla diocesi, ci si era affidati al fidentino
ingegnere Antonio Armanetti per la progettazione e la direzione dei lavori e si era individuato nell’architetto piemontese Edoardo Arborio Mella il consulente per il ripristino e
per il progetto di isolamento della cattedrale. A Piacenza le
tre commissioni erano composte principalmente da figure
esterne alla diocesi, – il vescovo era il Presidente – per la
progettazione e la direzione lavori ci si affidava al piacentino architetto Camillo Guidotti, quindi si era individuato
nell’architetto milanese Luca Beltrami il consulente per i
restauri e per risolvere i temi più delicati di ripristino.
16
18. Sezione longitudinale verso nord, raffronto tra stato di fatto e progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
19. Sezione longitudinale verso nord, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte,
1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
molitrice del tempo … ha corroso i lati
esterni del nostro duomo; l’aberrazione di età trascorse entrò nel suo interno per mascherarne e manomettere
l’ammirevole euritmia originaria, per
compromettere persino la statica della vetusta fabbrica; alcuni lati esterni
sono asserragliati da inconsulte costruzioni (…) quindi il duomo nostro
deve essere restaurato, consolidato,
completato e lo sarà”.
Per metterli in pratica, Camillo
Guidotti si sarebbe servito del metodo scientifico, della ricerca storica e
dell’archeologia. Perché “s’indende
[…] tutte le opere di ripristino e di risarcimento non potranno essere concretate con appositi particolareggiati
disegni, se non dopo opportuni e lunghi assaggi praticati sotto le avvenute
superfetazioni”30. Era ben consapevole che le considerazioni scaturite dai
rilievi, necessitavano di prove. Facendo rilievi in cripta già dal 1895, aveva
capito che era stata allungata di tre
campate verso ovest, impiegando colonne e capitelli, smontati dall’incrocio del transetto e davanti alle absidi
minori, che il sistema di scale, l’allargamento delle volte
e il sopralzo del piano di calpestio del presbiterio e delle
due absidi laterali, erano frutto dell’adattamento seicentesco. Quindi progettava una scala centrale per scendere
in cripta e due ai lati per salire al presbiterio, riduceva
la cripta di tre campate e ripristinava le volte originarie
all’incrocio dei bracci del transetto e quelle delle absidi
laterali. Le ragioni che avanzava Guidotti a sostegno della
sua interpretazione erano diverse. Innanzitutto le volte
del prolungamento, erano “prive di nervature lungo le pareti d’ambito, prive di archi di separazione tra una piccola
crociera e l’altra, la muratura con cui erano state costruite
era a quadrettoni o meglio a spina pesce e inoltre le pareti del quadrilatero (erano) di una lavorazione grossolana,
trascurata e rimaneggiata in diversi tempi”. Era evidente
quindi che il prolungamento della cripta venne realizzato impiegando le otto colonne con relativi capitelli, provenienti dallo smontaggio delle quattro attorno all’altare
maggiore e di altre quattro provenienti dalle absidi minori
(due per parte). All’allungamento verso la navata corrispose un ampliamento dello spazio presbiteriale in cripta
e degli spazi attorno alle absidi minori, ottenuto con la ri-
mozione delle colonne, la demolizione delle piccole volte
e con la costruzione di volte più ampie molto ribassate e
presumibilmente in mattoni in folio31. Ciò comportò anche la rimozione degli archi d’imposta d’ambito (tavv. I,
II, III, figg. 20, 21).
Poi, grazie ai saggi iniziati dall’estate del 189932 e proseguiti fino agli inizi del 190033, era venuto alla luce un
altro sistema di accessi. Sotto ai gradini del presbiterio
erano comparsi i vani di due scale che scendevano in
cripta e altre due davanti alle absidi minori. Tra i materiali di riempimento erano emersi due chiavi di volta e
costoloni in arenaria, “di gusto e di lavorazione”, che non
erano coeve all’intervento post tridentino (figg. 22, 23).
Erano comparse le scale con i loro 15 gradini in arenaria,
transenne perimetrali e parapetto sostenuto da archetti
poggianti su colonnine, “il tutto ispirato ai motivi della
facciata”. Il loro stato di degrado non ne consentiva la
conservazione, ma c’erano tutti gli elementi per una comprovata ricostruzione. Nell’intervento di ripristino delle
volte, reimpiegava colonne e capitelli utilizzate nell’ampliamento seicentesco, ricostruiva il muro ovest, ripristinava le scale e le aperture, di cui aveva trovato anche le
17
20. Capitello figurato smontato da un’arcata di prolungamento della
cripta verso ovest e rimontato nel 1° cantiere Guidotti al centro della
cripta a destra dell’altare maggiore (A)
21. Colonne e in primo piano capitello del lato nord, smontato da
un’arcata di prolungamento della cripta verso ovest e rimontato nel 1°
cantiere Guidotti al centro a sinistra dell’altare maggiore (B)
22. Rilievi delle spallette modanate degli accessi alla cripta rinvenuti durante i saggi di scavo, 30 gennaio 1900 (Ripristino della cripta
absidale, lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza 30
gennaio 1900, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905)
23. Rilievi delle chiavi scolpite delle volte della cripta rinvenute durante i saggi di scavo, 30 gennaio 1900 (Ripristino della cripta absidale,
lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza 30 gennaio
1900, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905)
imposte dei cardini e le monofore delle absidi34. Scriverà
più tardi che il “ripristino” [era stato condotto] “secondo
le esigenze dell’arte e dell’archeologia”35.
Tornando alla chiesa, i saggi praticati sugli intonaci interni confermavano la presenza di trifore dei matronei, già
ipotizzata in fase progettuale, sia nel presbiterio che sotto
la cupola. Anche le ispezioni dentro ai vani murati, sia nei
lati longitudinali, che agli angoli dell’abside maggiore e di
quella del transetto nord, gli consentivano di ripristinare il
sistema di scale interne ai muri, ma non tutte quelle ipotizzate nel progetto.
Nel caso poi in cui vi fosse stato “il tipo vecchio da riprodurre o da imitare, rifacendo conci o parti distrutte o non
ultimate in origine per fortuite cagioni, converrà che le parti
nuove siano lasciate nella loro tinta naturale e di più sarà
bene contraddistinguerle con segni certi affinché i posteri
non abbiano da essere tratti in inganno”36. Ma nei fatti si
adotterà il criterio mimetico. Ancora, se in fase progettuale
si prevedeva il completamento della parte sommitale dell’abside minore ovest del braccio sud del transetto, per mancanza di prove non si procederà alla ricostruzione. Oppure sulla
scorta dei capitelli, architravi e pulvini con mascheroni esistenti, si riproducevano quelli mancanti nella nuova galleria
del transetto nord. Nell’inviare alla ditta Monti l’elenco dei
pezzi per le gallerie mediane e per il frontone della facciata37,
si raccomandava che l’architrave con mascherone da collocare nell’estremità a sinistra della galleria mediana nord,
dovesse avere “il carattere siccome quelli dell’abside maggiore” anche se di dimensioni un poco diverse. Lo smontaggio dell’ordine superiore del portale centrale era necessario
18
25. Particolare del sistema di ancoraggio del rosone prima dei restauri
(Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
Fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav.
18; “Sommità della ruota. Il gocciolatoio è tenuto in sesto da appositi ferri. Veggasi il filo orizzontale AB. I conci si sono abbassati per
cm10”, Giuseppe Caldi (attribuibili a) con commenti di Camillo Guidotti, 1898 c.a., APG, Fotografie)
26. Duomo di Piacenza. Restauri della facciata, Rosone, prospetto, sezione e particolari, scale 1:50 e 1:10, 1898 c.a., C. Guidotti (attribuibile
a), china su carta telata (ASABAPBO)
24. Particolare del cornicione sommitale della facciata (Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, Fotografie a
completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18; “Galleria di coronamento (falda di destra), superiormente alla Grande
Ruota sale sino alla sommità del frontone e i conci del cordone a
spira, gli archetti si sono staccati fra loro per la grossezza di un mattone (cm 6)”, Giuseppe Caldi (attribuibili a) con commenti di Camillo
Guidotti, 1898 c.a., APG, Fotografie)
per consolidare la lesione che tagliava
la facciata e per rimuovere le superfetazioni cinquecentesche. In una delle immagini della galleria sommitale,
scattata nel 1897, commentava che
“il crepaccio che manifestasi in modo
allarmante superiormente alla Grande
Ruota sale sino alla sommità del frontone; i conci del cordone a spira, gli
archetti si sono staccati fra loro per la
grossezza di un mattone (cm. 6)”. Il rosone poi era “tenuto in sesto da appositi ferri” e i conci si erano abbassati di
circa 10 cm (figg. 24-26).
Le ispezioni poi servivano a chiarire anche alcune fasi edilizie dell’edificio: nella loggia sommitale di facciata
Guidotti trovava il livello “dell’antichissimo frontone”, più basso di circa 90 cm; nella galleria mediana di sinistra, dietro alla semicolonna, una scala a
chiocciola che “immetteva nel sottotetto della navata centrale” – per l’instabilità della facciata decise di murarla completamente –, e sempre dietro alla semicolonna di sinistra,
riconosceva il livello antico dello spiovente, che spiegava
“come” (in antico) “l’ordine inferiore della torre dovesse
essere interamente scoperto”38.
Raffaele Faccioli si inseriva nell’andamento dei lavori in
qualità di Direttore dell’Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti dell’Emilia. La sua posizione spesso
risulterà in linea con la direzione lavori e agirà più come
un consigliere e poi come sostenitore del progetto. Era collaborativo e presente, dettava le linee di indirizzo, faceva
da tramite con il Ministero dell’Istruzione, sia per l’ottenimento di fondi pubblici, che per sostenere le scelte progettuali e operative del collega piacentino. Come vedremo, il
suo ruolo sarà determinante per sbloccare la controversia
con la Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti39.
Fin dal gennaio 189740, Faccioli si era confrontato con
Guidotti per la scelta della pietra di sostituzione, aveva
richiesto saggi di lavorazione in opera, per valutare l’esperienza delle maestranze.
All’inizio del 1898 approvava il progetto, che poi inviava al Ministero, con una richiesta di fondi. Anche la
Giunta Superiore di Antichità e Belle Arti aveva emesso
un parere favorevole di massima41, tranne che sullo smontaggio dell’ordine superiore del protiro centrale, poiché
temeva che l’“abbellimento potesse togliere valore storico
e pittorico” al duomo; smontaggio che Guidotti motivava con esigenze strutturali, insieme ad un corpus di disegni molto eloquenti42 (figg. 27-29) e che Faccioli riteneva
“una doverosa riparazione” di quelle parti sia pericolanti
e che avevano alterato col loro “barocchismo” la propor19
27. Particolari della parte superiore della facciata. Sono rilevate in prospetto le lesioni da taglio
nella parete, in sezione verticale si vedono le putrelle doppie di progetto al di sopra del rosone,
vincolate alla parete longitudinale sud. Nella sezione si vede il tetto, più basso dell’attuale, in legno e tegole, appoggiato su tre file di pilastri poggianti sulle volte. (Duomo di Piacenza. Restauri
della facciata, prospetto e sezioni, s.s., 1898, C. Guidotti, copia, ASABAPBO)
28. Particolari del quadro fessurativo del protiro centrale. Si nota la lesione sia in facciata che
in controfacciata (Studio per le opere di consolidamento, prospetti e sezione, scala 1:50, 1898,
C. Guidotti, copia, ASABAPBO)
29. Particolari del rosone prima dei lavori (Deformazioni avvenute nelle ghiere e nella ruota,
prospetti e sezione, scala 1:50, 1898, C. Guidotti, copia, ASABAPBO)
zione e lo stile della loggia centrale.
L’album fotografico43 che gli era stato
trasmesso per “addimostrare le ruine
del monumento”, registrava lo stato
di degrado di colonne e capitelli delle
gallerie della facciata e delle lastre di
copertura e il sopralzo del timpano del
protiro centrale fino ad otturare una
parte del rosone. Emergevano anche
gli “antichi incastri della copertura”
della loggia al di sotto della posizione
attuale, prova di un antico sopralzo
della facciata. In più, per dimostrare
“con quanta ponderazione e cautela
procede(sse)” il comitato faceva notare come le analisi fisico chimiche
su alcuni campioni di arenaria dimostrassero che quella piacentina fosse
la più adeguata, perché la stessa che
“gli antichi adoperarono nella costruzione”. Faccioli aveva inviato in due
pacchi separati i documenti e pregava il ministro Panzacchi di approvare
il progetto, assicurandolo di vigilare
attentamente sui lavori44.
Il 19 marzo 1898, Faccioli aveva ricevuto l’integrazione richiesta e
manifestava “il suo particolare compiacimento per l’opera serena ed efficace che (la) Commissione (anda)va
svolgendo nello interesse di uno dei
più insigni monumenti dello Stato”45.
Il 26 aprile aveva approvato i saggi di
restauro, ma rilevava ancora una certa
inesperienza degli scalpellini, che ancora non conoscevano le “necessarie
pratiche nell’arte particolare del monumento stesso”. Si riferiva alla posa e
alla rifinitura in opera dei conci nuovi,
e alla “scalpellatura delle parti guaste”.
Suggeriva poi di intercedere presso
qualche deputato locale affinché si riconoscesse l’“importanza e necessità
dei progettati restauri e perché il Superiore Governo” si decidesse presto
ad approvare tutti i progetti presentati
e stabilisse “la propria quota di concorso”46.
Raffaele Faccioli, aveva elogiato
con il Ministro il lavoro compiuto e
20
missione Amministrativa con Luca Beltrami avvenne il 25
agosto 1899. Il suo intervento era stato richiesto per interpretare i saggi in cripta, certi che “tra le tante incertezze
(…) il Beltrami tutto ci saprà spiegare”55. Visitava i lavori
accompagnato dal canonico della basilica di sant’Eustorgio don Paolo Rotta, insieme al Vescovo Scalabrini, a Guidotti e all’ing. Giuseppe Manfredi. In facciata si trovava di
fronte alla parte superiore del protiro centrale smontato,
alla prova di montaggio dei due nuovi capitelli di sostegno
dell’archivolto e alla “prova di pettinatura o sagrinatura dei
mattoni a vista del nicchione” da pochi giorni ricostruito56,
che gli venivano sottoposte durante il sopralluogo. Poteva
già vedere i due nuovi capitelli delle semicolonne addossate
alla facciata da poco ritoccati, la sarcitura muraria del quadrante dove si trovava l’orologio, le brecce sopra al rosone,
predisposte per le catene, nuovi pezzi della ghiera, la loggia
sommitale di sinistra quasi interamente smontata. Girando
intorno all’abside, doveva vedere l’opera di stamponatura
in corso della finestra absidale e i fronti verso via Guastafredda quasi completamente liberati dalle casette, appena
demolite57. Dentro la chiesa, erano in corso le opere di rimozione degli altari del lato sud, saggi nel presbiterio, in
cripta, dentro i muri alla ricerca delle scale a chiocciola. Al
sopralluogo seguiva una relazione a stampa sui lavori58. Di
questa esiste anche una versione scritta a mano da Beltrami indirizzata direttamente al vescovo59. Si diceva soddisfatto che la “mole del tempio [fosse] in gran parte liberata
dalle costruzioni che l’avevano avvinghiata”; apprezzava le
indagini estese ovunque, sia fuori che dentro, “per modo
da precisare sempre più le opere necessarie a ritornare al
pristino suo splendore il monumento” ed anche “il logico
e razionale indirizzo” adottato dal Guidotti, apprezzava l’equipe di lavoro. Passando poi all’esame dei lavori, concordava in linea generale con gli studi e le proposte del collega.
In facciata non riteneva che ci si fosse spinti oltre il necessario riguardo alle ricostruzioni, proprio per la “necessità
di compiere opera veramente durevole di restauro” e non
aveva dubbi neppure sul ‘riattamento’ della parte superiore
del protiro centrale. Invece non vedeva prove certe a sostegno della ricostruzione della finestra dell’abside centrale
del transetto nord, come quella esistente nella opposta a
sud. La rimozione degli altari all’interno era giustificata da
esigenze strutturali per ripristinare gli squarci operati sui
muri, ma riconosceva che questa operazione servisse anche a ridonare “al tempio la severa armonia di linee ed il
carattere primitivo”. Suggeriva di conservare quelli di “valore d’arte e interesse storico”, ma di assegnarvi una nuova
destinazione.
Nel presbiterio approvava di eliminare “lo sconcio di
quei due finestroni” e quindi di ripristinare la coppia del-
lo zelante impegno del Comitato. Rassicurava che il restauro mirava a conservare il più possibile della “primitiva struttura del tempio” e si limitava a “rinnovare quelle
parti che non si reggono e che non possono essere sorrette con cerchiature, grappe e perni metallici” o quei pezzi
caduti con grave pericolo per i passanti; invece riguardo
al ripristino della loggia centrale si sarebbe rimandata la
questione dopo ulteriori studi47. Il Ministero, l’8 maggio
1898 dopo avere dato autorizzazione ad iniziare i lavori, con lettera pervenuta a Piacenza il 28 giugno 1898,
aveva ritenuto di assegnare, a titolo di incoraggiamento,
la somma di 15.000 lire48. Faccioli visitò regolarmente il
cantiere durante l’anno successivo, autorizzando ed assistendo allo smontaggio dell’ancona intagliata in controfacciata, per la quale suggeriva il collocamento sull’altare
maggiore e la rimozione delle tavole di fondo, per ridurle
di dimensione – operazione fortunatamente non eseguita
grazie al parere espresso dalla Commissione amministrativa, su insistenza di Guidotti – e allo smontaggio degli
altari. Approvava i calchi di basi e capitelli della loggia
mediana e superiore, che gli sarebbero stati inviati a Bologna49. Nel 1900, approvava il progetto di ripristino della
cripta, la rimozione degli affreschi in presbiterio, ma prescriveva di coprire le pareti con dei velari come era in uso
nel XII° – XIV° secolo, e la rimozione dell’organo. Durante
il suo sopralluogo del 12 luglio aveva riscontrato alcuni
lavori eseguiti senza approvazione: la lunetta scolpita dallo scultore Enrico Astorri sopra all’architrave del portale centrale e smontaggi della parte superiore del protiro
(la demolizione della volta e dell’arco fino ai fusti delle
colonne era già compiuta nell’agosto dell’anno prima)50.
Motivati da Guerra e Guidotti, il 25 luglio51, li approvava
con alcune prescrizioni: per la loggia si poteva seguire il
progetto preliminare52, ma si sarebbero dovuti rimuovere
la lunetta scolpita sopra all’architrave del portale centrale – era stata montata come prova tra il 28 e 30 maggio
1900 – e il nuovo architrave del portale nord, rimontando
quello antico opportunamente consolidato. Per le nuove
decorazioni delle absidi, delle pareti del presbiterio e della
cripta, si sarebbe dovuto compilare un regolare progetto,
perché non convincevano le soluzioni proposte. Per gli altari tolti dalle pareti delle navate laterali, il Ministero si
riservava di trattare a parte la questione.
Fu lo stesso Faccioli a suggerire l’acquisto dei due leoni
da collocare nel portale nord-est, dall’antiquario Rambaldi di Bologna53, invece che recuperare da Torrano i due
leoni mutili provenienti dallo stesso portale, opportunamente completati nella parte posteriore mancante, come
avrebbe preferito Guidotti54.
Il primo incontro documentato dai membri dalla Com21
glielmo Calderini, rispettivamente alter ego di Faccioli
per le Marche e l’Umbria e, per Roma Aquila e Chieti?
Il carteggio rinvenuto da chi scrive presso l’Archivio
Centrale dello Stato67 ci restituisce una scenografia molto
chiara della posizione assunta dal Ministero e di quella del
suo Ufficio periferico.
A fronte delle sostituzioni di 65 metri di cornici intagliate, di 193 archetti, capitelli e fogliami, basi e architravi
scolpiti, dello scalpellamento di 123 mq di rivestimento di
arenarie e di marmi di Verona, motivate da sfaldamenti
ed erosioni – era quanto prevedeva il progetto di restauro
della facciata trasmesso da Bologna il 26 novembre 1897
– sorprendono le prescrizioni impartite dai funzionari romani il 15 dicembre 189768, che anticipavano i moderni
principi del restauro: l’esecuzione dei saggi e delle indagini opportune, delle fotografie e dei rilievi, a sostegno delle
necessarie sostituzioni – solo per questa ragione il 4 agosto 1896 era stata approvata la costruzione dei ponteggi
– il rispetto delle “parti aggiunte e sovrapposte alla primitiva costruzione”, cioè dell’ordine superiore del protiro
centrale di facciata, il mantenimento dei conci degradati,
piuttosto che scalpellarli e rivestirli con “brutte rappezzature moderne, inferiori quanto a resistenza” agli antichi
e difficilmente collegabili con quelli. Perché il restauro
aveva “per iscopo supremo la difesa ed il rispetto della
autenticità delle opere d’arte”.
Ai primi di gennaio del 1898, il progetto di massima,
quello pubblicato nella monografia di Guidotti per intenderci69, era stato trasmesso a Roma col parere favorevole
dell’Ufficio di Bologna insieme ad una proposta di impegno
economico governativo70, ma il 13 gennaio la Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero, che lo aveva approvato
il 7 ottobre 189571, si ricredeva sull’idea di ripristinare la
parte superiore del protiro centrale, in quando si sarebbe
impoverita del valore pittoresco e storico e richiedeva alcuni dettagli della facciata72. Per dimostrare la necessità
di quello smontaggio per ragioni statiche, sappiamo poi
che furono trasmesse a Roma le 18 tavole fotografiche73. A
quel punto, il 28 giugno 1898, la Giunta assegnava il noto
contributo a titolo di incoraggiamento, grazie agli elogi di
Faccioli sul lavoro compiuto74.
L’anno successivo il Ministero riceveva il progetto di
rimozione degli altari e di ripristino della cripta, condiviso appunto con Luca Beltrami e Raffaele Faccioli75. Ma
fu proprio ‘la cripta’ ad innescare una controversia con il
Ministero76, insieme ad altri lavori non autorizzati77, tra
cui la sostituzione dei due capitelli addossati a muro –
considerati originali – dell’ordine superiore del protiro
centrale, della nuova lunetta sopra l’architrave del portale
centrale e dell’architrave del portale nord78.
le monofore sulle pareti. All’interno era dell’idea che il restauro dovesse concorrere a ripristinare le “primitive condizioni” rimuovendo “le alterazioni introdotte nel corso
dei secoli” e quindi anche “la stessa possibilità di asportare
gli affreschi (…) concorre[va] ad allontanare quegli ultimi
scrupoli che potessero essere ancora rimanere in proposito”. I risultati dei saggi in cripta davano ragione al ripristino
progettato, anche se occorrevano ulteriori approfondimenti sia sul posto che con “qualche ricerca d’archivio”. Concludeva che quel restauro fosse “impresa…gradita” non
solo per Piacenza, ma per tutto il paese.
Ancora sul finire del 1899, sul tema della ricomposizione del protiro centrale, si sottoponeva a Beltrami il quesito se sostituire o meno i leoni esistenti: Guidotti era del
parere di conservarli, mentre gli scultori Enrico Astorri e
Ferruccio Massari, di rifarli nuovi60.
E poi il 30 novembre don Pietro Piacenza61 raggiungeva
a Milano Luca Beltrami per sottoporgli alcune questioni.
Il progetto di ripristino della cripta aveva trovato in Beltrami un sostenitore e quindi i membri della commissione
si dichiaravano favorevoli ad inviarlo all’Ufficio Regionale
per l’approvazione. Approvava anche il ‘concetto’ dei nuovi amboni progettati da Guidotti; mentre per le transenne
proponeva di interrompere la ripartizione degli archetti
con l’intercalare di vani chiusi o colonnette, di togliere
alcuni emblemi dalla chiave degli archi degli amboni e di
riunirli nel superiore pluteo, di togliere poi il corrimano
lungo la scala. Interveniva anche sul tema della decorazione del presbiterio, suggerendo che il catino affrescato
dal Procaccini dovesse essere contornato da un fregio in
stile con l’affresco e con l’architettura e suggeriva di lasciare a vista lo spigolo in pietra della parasta, che chiudeva la conca absidale. Preferiva la nudità delle pareti e non
sentiva il bisogno di decorarle. Anche per il colore delle
nuove vetrate proponeva dei toni poco vivaci. Poi esprimendosi sui leoni ‘di maniera cinquecentista’ del protiro
centrale era dell’idea di mantenerli.
Si ricorreva a lui ancora per un parere sullo strappo degli affreschi62 dalle pareti del presbiterio per ripristinare le
trifore dei matronei; per la nuova collocazione dell’organo
del Serassi63, per la decorazione delle pareti del presbiterio64 e per la conservazione, riduzione o rimozione dell’altare della Madonna del Popolo. Concordava con Faccioli
che l’organo potesse essere spostato, ma nel rispetto delle
esigenze della liturgia, oppure mantenuto dov’era65; invece il progetto decorativo di Morgari e Secchi per l’abside
di San Martino non aveva incontrato la sua approvazione,
perché la figura del Santo risultava secondaria66.
E la Giunta Superiore di Belle Arti del Ministero dell’Istruzione, di cui facevano parte Giuseppe Sacconi e Gu22
mediana e all’interno del duomo, con la ricollocazione di
cornici, bassorilievi, capitelli e ornamenti rimossi, e intervenendo con “lievissimi restauri per i guasti subiti più per
la eseguita scomposizione che per lo stato di conservazione”83. Differente giudizio si esprimeva sulla rimozione degli
affreschi del Carracci per mettere in luce i matronei. Si ordinava semplicemente di conservarli provvisoriamente nel
palazzo vescovile. Mentre si attendevano elaborati grafici
del nuovo sistema di accessi al presbiterio e alla cripta e
delle decorazioni dell’abside, da sottoporre all’esame della
Giunta Superiore di Belle Arti. Su tutto ciò Faccioli avrebbe dovuto vigilare con “sollecita e paziente cura”, affinché
le disposizioni venissero “pienamente adempiute”. A quelle disposizioni si sarebbe risposto con il verbale di sopralluogo dell’agosto di quell’anno, ma fu impossibile metterle
tutte in pratica.
Nel verbale dell’11 agosto 190084 – alla stesura parteciparono Guidotti, Faccioli e il funzionario Ottavio Germano – si
davano diverse prescrizioni. Tra le principali, per la facciata vi erano: il consolidamento di due capitelli della galleria
sommitale, la rimozione della croce in marmo sommitale, la
sostituzione delle due teste di leone a fianco delle colonne
magne, la ricostruzione di tutta la ghiera esterna del rosone,
il rimontaggio dei capitelli addossati alla parete dell’archivolto dell’ordine superiore del portale centrale, il rifacimento
dei due capitelli sorreggenti l’archivolto, in quanto quelli antichi erano “inservibili e opera del XVI secolo”, l’invio di una
fotografia del nuovo architrave istoriato del portale centrale
al Ministero per l’approvazione. In caso contrario si sarebbe
dovuto rimontare l’architrave in granito inserito nel 1564. Si
disponeva che non fossero montati i tre bassorilievi raffiguranti Speranza, Fede e Carità. Ma come sappiamo, questa
prescrizione fu disattesa.
Nella parte sinistra della facciata, si sarebbe dovuto rimontare l’architrave antico opportunamente consolidato.
Si concordava con la quasi totale sostituzione delle colonne della galleria sommitale, già eseguita.
All’esterno della chiesa, per le finestre della cripta si
prescrivevano delle inferriate come quelle della chiesa di
san Savino, serramenti in legno con vetri semplici; nella
testata del transetto nord si dovevano interrompere i lavori di rivestimento dell’esterno dei muri e dello zoccolo
e sostituire solo i conci sfaldati o mancanti.
All’interno della chiesa, le volte della cripta dovevano
essere trattate con intonaco diverso; i gradini di accesso dovevano essere in arenaria senza cordone; si richiedevano le fotografie delle prove della balaustra sopra la
cripta e dei pezzi antichi che erano serviti di ispirazione;
si dovevano rimuovere le modanature barocche sui due
pilastri e sulle tre arcate antistanti l’abside sinistra, quindi
Secondo il Ministero, i lavori all’interno dell’edificio
erano stati condotti con “criteri d’arte deplorevoli essendosi proceduto alla demolizione di altari bellissimi ed alla
distruzione di frastagli ed affreschi di non lieve pregio tanto che le navate laterali e della centrale raccogli(evano)
un mucchio di rovine”. A quel punto si sarebbe dovuto
verificare i danni, rimediarli ove possibile, individuare le
relative responsabilità e soprattutto impedire “nuove opere di devastamenti”79.
Guidotti aveva documentato con altri disegni e con immagini commentate dei saggi esplorativi il progetto di ripristino; faceva notare la differenza tra le geometrie e le tecniche esecutive tra l’intervento del ’600 e le parti originali,
avrebbe documentato con immagini le prove degli amboni.
I documenti sono oggi conservati presso l’Archivio
Centrale dello Stato, inseriti in una busta col titolo eloquente di “Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”. Si tratta dei calchi di
alcuni capitelli delle navate laterali, che servirono di ispirazione al progetto del pulpito e degli amboni e prove di
simulazione delle transenne del presbiterio e del pulpito
aderente alla colonna80.
Di suo pugno, il Vescovo81 spiegava come lo smontaggio dell’archivolto del protiro e della balaustra – approvato da Faccioli – fosse andato “in fascio tanto era lo stato
suo rovinoso” e invece, i due capitelli si sarebbero potuti
conservare, come avrebbe voluto il direttore dei lavori, ma
conservarli costava di più che sostituirli. A quel punto proponeva di esporre i vecchi capitelli nel museo annesso alla
cattedrale e, riguardo alla lunetta e all’architrave scolpite
dall’Astorri “a titolo di saggio”, ne avrebbe disposto la rimozione, non essendo state neppure approvate dalla Commissione interna dei restauri. Alcuni pezzi sono oggi visibili
nei sottotetti all’interno di un suggestivo percorso museale.
La musealizzazione era un tema molto caro a Faccioli:
anche per il duomo di Fidenza aveva proposto la costruzione di un museo per conservare i pezzi smontati provenienti
dall’abside. Soddisfatto per la tempestiva risposta agli ordini
impartiti, avrebbe riferito subito al Ministero della immediata risoluzione e ciò gli faceva ben sperare che si potesse
concludere presto e in maniera positiva la vertenza in corso.
Ma il 20 luglio 190082 il Prefetto sospendeva alcuni lavori eseguiti senza approvazione, tra cui il montaggio della lunetta
centrale, dell’architrave del portale nord, della scultura raffigurante la Carità e della croce di marmo in facciata, e poi la
decorazione del presbiterio e gli accessi in cripta.
I verbali della Commissione amministrativa diocesana
di quell’anno tacciono sull’urgente richiamo del ministro
Panzacchi al direttore Faccioli, a rimediare al più presto
ai danni praticati sulla facciata, in particolare sulla galleria
23
30. Facciata, galleria superiore a sinistra, degrado delle colonne
(“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata,
tav. 18”, APG)
31. Facciata, galleria superiore a destra, degrado delle colonne
(“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata,
tav. 18”, APG)
si dovevano completare l’arco e la porzione di volta, che
furono demoliti quando venne inserito l’organo, concludere il restauro dei matronei dell’abside, sollecitare il progetto per la sua decorazione; non si autorizzavano neppure i semplici ornati a fiamma delle chiavi delle volte della
navata centrale; si dovevano praticare saggi per trovare il
piano e la forma del primitivo battistero. Il verbale veniva
inviato alla Diocesi e al Ministero.
Guidotti trasmetteva85, insieme al parere di Beltrami,
16 tavole del progetto di ripristino della cripta, immagini,
disegni delle nuove vetrate, il progetto di distacco degli affreschi dai pennacchi e di stamponamento delle trifore del
presbiterio – dove le colonne erano in buone condizioni – il
progetto del protiro centrale e del suo completo smontaggio per la necessità di riparare anche i basamenti dei leoni.
La lettera inviata il 20 febbraio 190186 da Carolippo
Guerra al Prefetto e al presidente della Commissione Conservatrice dei Monumenti di Piacenza, conteneva una cronistoria dei fatti e chiudeva in maniera drastica tutta la
vicenda. La Giunta Superiore di Belle Arti non si era mai
pronunciata in modo ufficiale – se non sulla bocciatura del
ripristino del portale centrale, e sull’approvazione dello
strappo degli affreschi – fino al 23 dicembre 1901, quando ordinava che non si proseguissero i lavori progettati.
Eppure erano stati controllati, documentati, apprezzati,
avevano dato lavoro a 150 operai, la commissione amministrativa e la direzione lavori, per rispetto dell’Autorità, avevano interrotto i lavori nell’attesa di una risposta, ma ora
in vista dell’anno giubilare non si potevano sospendere e
quindi, assumendosi piena responsabilità, Carolippo Guerra intendeva procedere secondo il verbale sottoscritto. Ma
vedremo che alcune prescrizioni verranno disattese.
3. Metodi, estensione e tempi del restauro.
Il ‘primo cantiere Guidotti’
ANNO 1897.
Il 1897 fu l’anno della formazione dell’equipe di lavoro,
delle ricerche e delle prove. Per questo motivo non esiste
un diario dei lavori e le notizie provengono dalle adunanze
24
32. Facciata, pilastro e gocciolatoio a destra prima dei lavori
(“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata,
tav. 18”, APG)
33. Facciata, galleria mediana di sinistra prima dei lavori, Giuseppe
Caldi, 1897 (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo
di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della
facciata, tav. 18”, APG)
34. Facciata, galleria mediana di destra, prima dei lavori, Giuseppe
Caldi, 1897 (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo
di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della
facciata, tav. 18”, APG)
35. Facciata, protiro centrale, ordine superiore. L’“esplorazione” portava alla luce il livello originario del vertice del timpano, più basso di
circa 60 cm (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo
di Piacenza, fotografie a completamento del progetto pei lavori della
facciata, tav. 18”, APG)
della commissione amministrativa. Come si è detto, si formarono le commissioni; a Camillo Guidotti vennero affiancati l’ingegnere Enrico Rossi, con il ruolo di un moderno
direttore operativo e progettista dei consolidamenti strutturali87, e l’assistente di cantiere Alfonso Cantù, responsabile del ponteggio e poi compilatore del Diario. Il luogo di
indagine e sperimentazione fu la facciata, che mostrava i
segni più gravi. La ricerca era finalizzata alla comprensione dello stato di degrado lapideo e strutturale, alla conoscenza delle murature, al metodo di rimozione delle parti
disgregate e alla individuazione della pietra più adeguata
per le sostituzioni88: le parti venivano classificate secondo
25
36. Facciata, protiro centrale, ordine superiore, balaustra. La colonna di destra appoggiava in origine sulla schiena dell’animale
e non sulla balaustra (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza, fotografie a completamento del progetto
pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
37. Facciata, architravi dei portali laterali prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
38. Facciata, telamoni del protiro minore di sinistra prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
39. Facciata, telamoni del protiro minore di destra prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
il livello di gravità, dai cornicioni, alle
gallerie, al rosone, per passare alle
sculture che risultavano in discreto
stato di conservazione (figg. 30-42).
Le prove erano finalizzate anche alla
verifica delle abilità delle maestranze,
sia nella fase di restauro, che nella riproduzione dei pezzi nuovi.
Per analizzare da vicino le superfici,
si decise per prima cosa di montare un
ponteggio89. La scelta della pietra per
le sostituzioni ricadeva sull’arenaria
piacentina90, anche se poco durevole, perché si trovava già impiegata in
origine in tutta la cattedrale. A quel
punto la ricerca era orientata a trovare
l’arenaria più resistente, che a Piacenza si spinse ben oltre ad una semplice
esplorazione di cave, come avvenne
per il duomo fidentino. I campioni delle arenarie di Bobbio e di Pianello furono sottoposti ai funzionari e ai membri della commissione conservatrice
dei monumenti91, dalle ditte Monti e
Polloni92, ma per la scelta definitiva si
attendevano i risultati delle indagini
fisico-chimiche93. La direzione lavori,
che nel frattempo aveva visitato diverse cave di Pianello94, notava che la pietra della cava di Roccapulzana aveva
una tonalità disomogenea – dall’azzurrognolo al giallognolo – mentre quella
di Ruino, nonostante avesse un colore
uniforme (azzurrognolo), presentava
lenti di materiale terroso, che la rendeva meno resistente. E siccome la scelta
sarebbe dovuta ricadere su una pietra
che rispondesse ai requisiti di compattezza e durezza, piuttosto che di colore, si attendevano i risultati. Intanto,
Guidotti acquistava 5 mc di pietra di
Ruino per eseguire sul posto dei “saggi di restauro”, che non davano l’esito
sperato. I membri della Commissione
conservatrice, che avevano visitato i
nuovi campioni, erano del parere di
impiegare l’arenaria di Roccapulzana
per il rivestimento delle pareti e quella
di Bobbio per le modanature sporgenti e gli aggetti. L’ostinazione della ditta
26
40. Facciata, protiro di sinistra, san Giovanni, prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
41. Facciata, protiro di destra, bassorilievi prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
42. Facciata, protiro di sinistra, bassorilievi prima dei lavori (“Commissione Amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza,
fotografie a completamento del progetto pei lavori della facciata, tav. 18”, APG)
43. Analisi delle arenarie, risultati delle prove di resistenza, prof. Cesare Stroppa, Bologna 24 dicembre 1897
(Rapporti Stime Perizie chimiche ecc., Perizia chimica delle arenarie piacentine e dei dintorni, 20 marzo 1898, ACCPC, fasc. n. 1)
27
44-48. Facciata, ordine inferiore e particolari prima dell’intervento,
fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (Biblioteca Palatina di Parma, fondo
fotografico, C/7, d’ora in poi: BPPR)
Monti per l’impiego dell’arenaria di Ruino di Nibbiano, ritenuta la più resistente, convinse Guidotti ad inserire tra le
analisi un ulteriore campione e proponeva alla commissione di incaricare anche uno scultore di un’altra città per eseguire una prova di lavorazione e avere un secondo parere.
Fu individuato allora lo scultore milanese Enrico Astorri95.
Ciascuno avrebbe mostrato la propria abilità sottoponendo
il campione di un capitello, di una cornice e di una base.
I risultati delle analisi classificavano l’arenaria di Pianello lungo il Chiarone, di colore grigio plumbeo, come la
migliore (fig. 43). Era la più compatta e offriva buone garanzie di cementazione. L’unico dubbio per gli scultori era
che fosse di difficile reperimento. A quel punto si proponeva di impiegarla solo per le parti decorative, e in mancanza, di usare quella di Sarnico, mentre per le pietre da
rivestimento si indicava quella di Bobbio96. Di fatto verrà
utilizzata questa.
La registrazione della cronologia dei lavori del primo
(1898-1902; 1911) e, poi, del secondo cantiere Guidotti
(1923-1925), sulle planimetrie della chiesa e della cripta,
28
49. Facciata, protiro nord, fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (BPPR)
50. Facciata, protiro sud, fotografo Pietro Dall’Olio, 1896 (BPPR)
dimostra il sovrapporsi e la mole dei cantieri che si susseguiranno in pochi anni (tavv. IVa-IVb).
ANNO 1898.
Fino alla primavera del 1898, i lavori si concentrarono sulla facciata e sulla volta della prima campata della
navata centrale. Dalla volta erano caduti a terra dei cunei e quindi si eseguiva una riparazione provvisoria. Si
tentava di scaricarla dal peso del tetto che era appoggiato
su pilastri che gravavano in falso sulle volte, inserendo
una staffa metallica “allacciante i due puntoni poggianti
su pilastri e questi sui volti della prima navata per impedire ulteriore spostamento del puntone a destra97”. Fu
costruito un ponteggio a sbalzo appoggiato sui davanzali
delle trifore dei matronei. I ponteggi in facciata consentivano di rimuovere il quadrante dell’orologio, eseguire i
lavori di messa in sicurezza, i rilievi grafici e fotografici,
prove di lavorazione di pietre esistenti e di nuovi conci
e calchi per la riproduzione di pezzi scolpiti98 (figg. 4450, 58). Il capomastro Luigi Finetti iniziava già a gennaio
gli schizzi della facciata, gli operai della ditta Monti rilevavano “triangoli, archetti, peduzzi, gradini da sostituire
nella galleria di coronamento”, per riprodurli in arenaria
di Bobbio; il fotografo Giuseppe Caldi iniziava il rilievo fotografico della facciata, tra cui le due sculture sulla parasta sud, che dovevano essere rifatte99; le maestranze della
ditta Polloni e Monti si cimentavano nella lavorazione di
alcune pietre danneggiate del cornicione, del paramento
e di alcuni capitelli, che poi Guidotti avrebbe esaminato. L’intenzione iniziale era quella di togliere il materiale
disgregato, con le tecniche dello “scalpellamento”, dello
spianamento e del “faccettamento”, cioè della riduzione
della sezione dei pezzi, e sostituire solo quelli davvero
inservibili. Gli scalpellini Pietro Spelta e Domenico Tricò lavoravano alla preparazione di alcuni conci nuovi
in arenaria di Pianello per la semicolonna a destra della
facciata. Si eseguivano anche prove di finitura a martellina. La lavorazione dei capitelli delle colonne magne di
facciata non soddisfaceva la direzione lavori, che quindi
disponeva lo smontaggio del capitello a sinistra, insieme
ad archetti, colonne, basi e gradini della galleria di coronamento a destra della facciata100 (fig. 51). Alla fine di giugno erano già montati conci nuovi dal 6° al 12° filare della
parasta di sinistra, era smontata una parte del cornicione
e della galleria di coronamento di destra, dove si inserivano una base, un fusto e un capitello nuovi. Luigi Peveri
preparava calchi dei conci della semi-colonna a destra e
dei “mascheroni della galleria mediana a sinistra ed i primi due quadretti in bassorilievo delle figure dell’epistilio
della porta a destra per commissione avuta dallo scultore
29
51. Facciata, smontaggio del capitello di una colonna magna, 1° giugno
1898 (ACCPC, Restauri al duomo di Piacenza, Diario dei lavori, anno
1898, n.14, d’ora in poi: Diario n. 14)
52. Facciata, mappatura delle pietre sostituite (Opere in pietra eseguite a titolo di saggio della ditta Polloni Francesco e fratelli di Piacenza
dal 18 agosto al 24 dicembre 1897, Spese dal 1895 al 1899, fascicolo
n. 12 (d’ora in poi: fasc. 12), ACCPC)
53. Il nuovo epistilio della porta maggiore doveva avere carattere e ‘stile
lombardo’ e veniva sorretto dalle mensole originali dell’Usura e dell’Avarizia (lettera di Camillo Guidotti e Pietro Piacenza, 17 marzo 1898,
Commissione amministrativa per il restauro del duomo di Piacenza,
Corrispondenza 1900-1901-1902 (d’ora in poi: C. 1900-1902, ACCPC)
54. Descrizione delle scene raffigurate negli architravi minori e nella
nuova architrave centrale (lettera di Camillo Guidotti e Pietro Piacenza, 17 marzo 1898, C. 1900-1902, ACCPC)
55. Progetto dell’epistilio centrale e scene raffigurate: al centro Gesù in
mandorla, le guarigioni del cieco, del paralitico, la resurrezione di Lazzaro e la tramutazione dell’acqua in vino (bozzetto, Camillo Guidotti,
inserito nella lettera del 17 marzo 1898, matita e inchiostro su carta,
C. 1900-1902, ACCPC)
30
56. Misure dell’architrave della porta maggiore (bozzetto, Camillo Guidotti, 22 novembre 1898, matita e inchiostro su carta, C. 1900-1902,
ACCPC)
57. Elaborati grafici del consolidamento strutturale della volta della prima campata della navata centrale, sezioni orizzontale e verticali (scala
1:100), profilo della deformazione della volta (scala 1:50), inchiostro
su carta, Enrico Rossi (Disegno inserito nella lettera trasmessa a Raffaele Faccioli, 18 marzo 1899, ASBAP, ASABAPPR). Nel dettaglio delle
sezioni verticali CE e AB, si nota la struttura lignea del tetto spingente,
i cui puntoni poggiavano su pilastri e questi sulle volte
58. Ponteggi interni nella prima campata della navata maggiore montati per la ricostruzione di uno spicchio di volta, ditta Marcello Cantoni,
18 marzo 1897-30 maggio 1898 (fasc. 12, ACCPC)
59.Trasmissione del bozzetto al Luigi Monti (Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, Piacenza 10 giugno 1899, C. 1900-1902, ACCPC)
60. Bozzetto dei gocciolatoi a testa leonina (allegato alla Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, Piacenza 10 giugno 1899, C. 1900-1902,
ACCPC)
Astorri di Milano”101. Inizialmente si pensava quindi di
sostituire anche l’architrave scolpito del portale sud, tanto che si era iniziato lo smontaggio. Il 23 giugno veniva
inaugurato il nuovo orologio collocato sulla facciata del
palazzo vescovile e il 25 arrivavano in cantiere due carri,
con 82 quintali di blocchi in marmo di Verona102, che sarebbero serviti per nuovi conci delle due paraste laterali e
per l’intero filare alla base della galleria mediana103.
Nel secondo semestre, Monti e Polloni (fig. 52) fornivano, come prova, nuovi pezzi decorati della cornice a spira,
basi, peducci, capitelli, fusti e archetti delle gallerie104; a
luglio era stata quasi interamente smontata la parasta di
sinistra e rimontata con conci nuovi in arenaria; a metà
agosto si completavano le stesse operazioni nella parasta
31
61. Gocciolatoio a testa di leone, particolare realizzato
62. Progetto di ripristino del protiro centrale, raffronto tra lo stato di
fatto e di progetto, prospetti ovest e sezione trasversale verso nord,
scala 1:20, china su lucido (ASABAPBO)
di destra e giungeva da Milano il bozzetto dell’architrave
in gesso del portale centrale, preparato dall’Astorri105, su
progetto di Camillo Guidotti.
Il 17 marzo 1898 gli aveva inviato un bozzetto dell’architrave istoriato, con indicazioni geometriche e contenuti iconografici – Gesù al centro, a sinistra le guarigioni
e a destra la resurrezione di Lazzaro e la tramutazione
dell’acqua in vino – precisando che sarebbe stato “sorretto dalle due attuali originarie figure che rappresentano
una l’avarizia e l’altra l’usura”106 (figg. 53-56).
È palese quindi che la mensola raffigurante l’Usura non
venne sostituita durante il cantiere ottocentesco con una
copia, ma è più probabile che fosse stata sostituita durante il rimaneggiamento nella seconda metà del ’500107.
Si susseguivano lavori di scalpellamento dei componenti della galleria di coronamento a sinistra e di demolizione di una parte del frontone108, la formazione di altri
calchi per le basi delle colonnine della stessa galleria sommitale e mediana109, riparazioni di brecce tra il campanile
e il frontone, lo smontaggio quasi completo della galleria
sommitale a sinistra, il parziale svuotamento per estrarre conci guasti attorno alla semicolonna nord, lo “spianamento e riduzione di pietre arenaria vecchie per rivestimento”, la posa di gradini, colonne, archetti, capitelli,
architravi, pulvini e mascheroni nella galleria nord110; la
demolizione del magazzino a sud addossato alla chiesa,
vicino alla porta del Paradiso111. La tecnica di ‘affettare’
le pietre, per togliere le superfici delaminate, e quella di
‘spianarle’ con scalpelli e spazzole di ferro, era molto diffusa nei cantieri di restauro dell’800, come avvenne anche
nel duomo fidentino. Nel diario dei lavori queste tecniche
sono descritte con molta precisione: non si trattava cioè
di rivoltare i conci, ma di togliere materia degradata.
A ottobre i nuovi pezzi in opera venivano ritoccati dagli
scultori, si montavano alcuni conci in marmo della parasta di sinistra – si registrava la posizione esatta dei conci
– e per dare maggiore solidità si inserivano delle barre metalliche di ancoraggio113. L’architrave in gesso dell’Astorri,
veniva rispedito a Milano per le dovute correzioni114.
Il 1898 si chiudeva con la demolizione del capitello della semicolonna a destra e lo smontaggio della semicolonna
a sinistra115, per la quale di disponevano delle piastre metalliche orizzontali e verticali per evitare l’instabilità dei
conci addossati alla parete; coi ritocchi alle pietre nuove
della parasta nord e al filare di marmo nuovo sotto alla galleria mediana116; con la scalpellatura di conci di arenaria
corrispondenti alla zona dove era stato rimosso l’orologio;
con la posa del nuovo cornicione a spirale nella galleria di
coronamento a destra e dell’ultimo archetto e dell’ultimo
concio di cornice della galleria mediana di sinistra117.
Per controllare poi l’andamento delle lesioni presenti nel
muro meridionale della navata maggiore e della volta si posizionavano dei listelli di vetro, gli estensimetri ante litteram.
32
63. Progetto di ripristino del protiro centrale, raffronto tra lo stato di
fatto e di progetto, prospetto sud e ovest, piante dello zoccolo, scala
1:40, copia eliografica (ASABAPBO)
64. Veduta dei pennacchi della cupola e del presbiterio durante i lavori (1899) (ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21, 1892-1905)
ANNO 1899.
Nel 1899 proseguivano i lavori in facciata e all’interno
della chiesa iniziavano quelli di restauro dell’abside minore ovest del transetto nord, la rimozione degli altari delle
navate minori e le riparazioni murarie degli squarci rimasti, la demolizione degli stucchi e i primi saggi esplorativi
in cripta e sulle finestre da ripristinare. Si programmava
di consolidare la lesione verticale nel cleristorio presente
nel lato sud della prima campata della navata centrale, dovuta alla rotazione dell’angolo sud-ovest. Per contrastare
l’allontanamento della facciata dalla parete meridionale,
si inserivano due profili metallici al di sopra e al di sotto
della finestra del muro sud118 (figg. 57, 58).
Il tutto si attuava secondo le prescrizioni delle commissioni che si riunivano con cadenze mensili: nel protiro
centrale, la rimozione della balaustra dalla loggia superiore come “era in antico”, l’inserimento delle tre virtù teologali, il soggetto iconografico della nuova lunetta del portale centrale, raffigurante Maria Assunta e i santi protettori
di Piacenza; l’inserimento di un nuovo architrave scolpito
e quattro nuovi capitelli, due nell’ordine inferiore e due
nell’ordine superiore del protiro centrale; la prosecuzione
del restauro della galleria esterna del lato nord; nuovi amboni sopra alle transenne del presbiterio; lo strappo degli
affreschi dalle pareti del presbiterio per riportare alla luce
le trifore dei matronei; la scelta dei pittori che avrebbero
decorato l’interno e i soggetti iconografici dei nuovi affreschi119. Nell’adunanza del 6 maggio 1899, si incaricava lo
scultore Enrico Astorri per la realizzazione dell’architrave
istoriato, della lunetta soprastante, delle Virtù teologali,
dei due capitelli del primo e secondo ordine del protiro
maggiore e della croce sommitale di facciata120.
Nel diario dei lavori si legge che fino alla metà di aprile,
una squadra di manovali era impegnata nello smontaggio
delle lastre di copertura del frontone della facciata, nella
preparazione delle nuove e nello smontaggio di una parte
del muro in prossimità del colmo per ispezionare il primo
tratto della lesione verticale e nella ricostruzione del muro
interno della controfacciata121. Nello stesso tempo i muratori più specializzati trattavano la muratura scalpellata,
dove era stato rimosso l’orologio, con olio di lino cotto. Gli
scalpellini della ditta Monti122 mettevano in opera pietre
lavorate nella galleria superiore, iniziavano la sostituzione
di intere colonne del lato sud della galleria superiore123, ri33
tale. L’ornatista Peveri, poi, faceva calchi dell’architrave del
portale nord e di quanto restava dei due leoni in marmo provenienti dal portale a nord-est, ancora a Chiappino, nella
parrocchia di Torrano, che sarebbero serviti all’Astorri per la
ricostruzione della parte posteriore134. L’archivolto superiore
del protiro era smontato fino all’altezza dei fusti delle colonne già il 23 agosto e prima di ricostruire la calotta della nicchia, si facevano delle prove di “pettinatura e sagrinatura dei
mattoni a vista” che venivano poi sottoposte alla direzione
lavori e a Luca Beltrami135. Il trattamento dei nuovi inserti in
laterizio, eseguito su indicazione del funzionario dell’Ufficio
regionale Ottavio Germano, consisteva nell’applicazione di
un’acqua-tinta rossastra, che serviva ad abbassare il colore
rosso vivo dei mattoni nuovi rispetto a quelli antichi136.
A ottobre tutto l’archivolto del protiro centrale era ricostruito e si posava il concio in chiave di marmo di Verona
della calotta137. Poi tutto il sistema sarebbe stato ricomposto ad una quota più bassa come era in origine, per portare
in vista tutta la ghiera del rosone138. All’interno della chiesa, il 28 luglio si iniziava la rimozione degli altari laterali
della navata settentrionale, mentre quella degli altari del
lato sud era compiuta il 29 luglio. In cripta si facevano i
primi saggi139. Nella settimana dal 14 al 20 agosto si smontava la tela dell’Assunta dall’abside maggiore, per poi smurare la finestra. A settembre si rimuovevano gli ornati e le
cariatidi, si svuotavano le scale interne nei muri del lato
sud e si scopriva la scala a chiocciola in spessore di muro a
sinistra dell’abside maggiore del transetto nord; cominciavano i lavori di ripristino delle finestre della navata minore
sud, la ricostruzione dell’abside sinistra del transetto nord,
lo smaltellamento del piano presbiteriale e la demolizione
dell’altare di san Severo140.
Tra ottobre e novembre lo scalpellino Pietro Spelta ricostruiva l’archivolto e i muri d’ambito della parte superiore
del protiro centrale, montava gli architravi che lo sorreggevano, i conci delle modanature tubolari in arenaria e in
marmo veronese della nicchia e i due capitelli di prova sulle lesene141. Contemporaneamente, all’interno della chiesa, i muratori della ditta Cantoni lavoravano a martellina i
laterizi da impiegare nelle integrazioni murarie dietro agli
altari rimossi e nel presbiterio chiudevano i finestroni per
poi ricostruire le coppie di monofore sui lati longitudinali;
mentre gli operai della ditta Ravelli costruivano un nuovo
arco in pietra della porta laterale della navata minore sud.
Riprendevano anche i restauri delle absidi minori del transetto nord, i lavori di cucitura dei varchi lasciati dagli altari,
le rimozioni dell’altare del Santissimo, del monumento del
vescovo Ranza e della testata sud. Le esplorazioni in cripta
poi portavano alla luce le due scale laterali di accesso e le
relative modanature (figg. 22, 23). A dicembre142 si liberava-
paravano il “cordone a spira” su cui poggiava la copertura.
Altri proseguivano la ricostruzione della parasta sinistra e
della parte superiore del muro verso il palazzo vescovile,
la demolizione delle ultime due arcate a sinistra, vicino al
vertice della galleria superiore nord e, il 14 aprile, avveniva
il montaggio di prova dei due capitelli nuovi sulle colonne
magne124. Sono questi i mesi in cui si interveniva sulla lesione in facciata, su volta e costoloni della prima campata
della navata maggiore e sulla parte superiore del protiro
centrale125. Si praticava un’apertura in breccia orizzontale
al di sopra del rosone per inserire una putrella ed una catena, che si ancoravano al muro meridionale della navata. Per
questa ragione occorreva anche smontare una parte della
muratura della parete sud – veniva poi ricucita dopo l’inserimento del capochiave126 – e, in controfacciata, la tavola
lignea quattrocentesca. All’interno si praticava un primo
intervento con l’infilaggio di “staffe, stanghette e putrelle”
nel costolone rotto dello spicchio di volta addossato alla
facciata. Contemporaneamente si smontavano la copertura
del protiro centrale e il catino della nicchia, si ricostruiva
quindi l’arco di scarico e il 15 aprile si smontavano l’architrave della porticina interna e la balaustra del protiro.
Tra maggio e giugno127 si ricostruiva una porzione della
volta della navata centrale, si montavano le grappe metalliche per trattenere le lastre sommitali degli spioventi di
facciata, si demoliva la parte di muratura intorno al rosone, partendo dalla finestra a croce, per poi ricostruirla con
pietre nuove. Per questa operazione, il rosone fu presidiato
con centine di legno e puntelli.
Gli scalpellini inserivano diversi conci in varie parti della facciata e rifinivano con scalpelli, martelline e spazzole di ferro, quelli innestati nella semicolonna a nord e si
preparavano per mettere in opera 12 fusti di colonne della
galleria sommitale128 e nelle gallerie mediane. Venivano poi
eseguiti nuovi calchi delle due bocche di scarico a forma di
testa di leone, da riprodurre sulla base dei bozzetti di Guidotti129 (figg. 59-61).
Una squadra di manovali demoliva l’edificio addossato
a nord-est e la parte di fabbricato tra il vescovado e l’abside del transetto nord.
Nel secondo semestre dell’anno, una parte delle maestranze si concentrava sulla ricostruzione della muratura attorno
al rosone130, nello smontaggio di una parte della ghiera131,
nello smontaggio del saliente a destra di facciata – quello
a sinistra era compiuto – nella ricostruzione della nicchia
dell’ordine superiore del protiro132 – seguendo il progetto di
ripristino (figg. 62, 63) – che proseguirà fino a tutto il mese di
settembre. Per ritoccare i nuovi capitelli delle colonne magne
veniva chiamato Angelo Pasquali un abilissimo “ornatista”133,
altri scalpellini ritoccavano i capitelli della galleria sommi34
65. Ripristino della cripta, ambone dell’Epistola, tav. 2,
china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO)
69a. Ripristino della cripta, fronte della cripta, particolari diversi,
tav. 1, china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO)
66. Transenna presbiteriale della navata minore di destra, lato frontale
e laterale, tav. 4, china lucido, settembre 1900 (ASABAPBO)
67. Transenna presbiteriale della navata minore di sinistra,
lato frontale e laterale, tav. 5, china lucido, settembre 1900 (ASABAPBO)
68. Ripristino della cripta, prospetto, piante, sezione, china lucido,
settembre 1900 (ASABAPBO)
69. Ripristino della cripta, sezioni in corrispondenza delle scale,
china su lucido, settembre 1900 (ASABAPBO)
no i ponteggi dalle macerie, si trasferivano in chiesa la balaustra del protiro e lo stemma basilicale; all’interno veniva
rimossa la balaustra nell’abside della Madonna del Popolo
e accorciato il coro ligneo. Gli scavi proseguivano in cripta
per individuarne il perimetro originario e si demolivano le
due voltine in corrispondenza sotto la cupola (fig. 64).
ANNO 1900.
Nelle sedute del 1900, i membri della commissione amministrativa e tecnica, definivano i modi e lo stile da applicare ai nuovi amboni, su progetto di Camillo Guidotti
e scolpiti da Fedele Toscani, che veniva incaricato il 10
aprile. In una sua lettera143 a Faccioli, Guidotti definiva
35
70. Capitelli delle navate, calchi (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB,
Mm, b. 671)
71. Capitello del transetto sud e calchi per gli studi di amboni e transenne (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel
duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671)
72. Studi per gli amboni e le transenne, calchi (“Fotografie dei modelli
per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI,
DGABB, Mm, b. 671)
73. Studi per le transenne presbiteriali, calchi (“Fotografie dei modelli
per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI,
DGABB, Mm, b. 671)
74. Pulpito, bozzetto alla colonna (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB,
Mm, b. 671)
75. Pulpito, pianta e prospetto, scala 1:10, copia eliografica (“Fotografie dei modelli per le sculture del nuovo pulpito nel duomo di Piacenza”, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671). Si veda anche: progetto del
pulpito, pianta e prospetto, scala 1:10, copia eliografica (ASABAPPR,
ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905)
gli amboni di carattere semplice: composti da un’arcata,
due coppie di colonnine ai lati, sorrette da piccoli telamoni
e da animali simbolici, riprendevano “i motivi sviluppati
nel portale a levante verso via Guastafredda”. Un altro riferimento era il portale nord della chiesa di sant’Antonino. In alto agli angoli del parapetto si trovavano le statue
dei santi piacentini “dei quali due originari (…) conservati
nel piccolo museo di questa cattedrale”. Le transenne del
santuario ritraevano “in piccola scala i motivi dominanti
nell’architettura del tempio e precisamente della facciata;
il parapetto veniva sostenuto da archetti semicircolari su
36
76, 77, 77a. Parti scolpite degli amboni smontati e oggi conservati in
un locale annesso alla cripta
Tav. V. Planimetria con individuazione delle volte e dei capitelli ricostruiti
piedritti ovvero su mensoline, che appoggiavano direttamente sulle colonnine”, come era nel matroneo a nord del
transetto di sinistra. Le figure frontali riproducevano “alcune statuette che trovansi alla chiave degli archi delle navate
piccole, prospicienti la navata maggiore ed anche dei ruderi di due statuette che trovansi nel piccolo museo annesso
alla cattedrale” (oggi i profeti nei Musei Civici)144. Come
per la facciata il magazzino delle idee era l’abside, per gli
amboni e il pulpito, le fonti di ispirazione erano i capitelli
interni delle navate e della cripta (figg. 65-69).
Le immagini dei calchi di alcuni capitelli, delle prove di
simulazione delle transenne del presbiterio e del pulpito
aderente alla colonna, vennero spedite al Ministero per
l’approvazione145 (figg. 70-75).
Entro il 30 settembre lo scultore avrebbe dovuto realizzare
10 statue in pietra da collocare intorno ai plutei dei nuovi amboni, quattro gruppi simbolici e le figure di san Pietro e Paolo.
La commissione approvava146 anche il progetto di ripristino del fronte esterno settentrionale e della testata nord-est,
che aveva presentato Guidotti, sotto forma di tre elaborati
grafici andati perduti – particolari delle finestre dell’abside
maggiore e delle gallerie di coronamento – e la sua proposta di volere sostituire, per i nuovi lavori, la ditta Monti con
lo scultore piacentino Giovanni Pagani, per ragioni economiche. Si definivano le linee guida per la sostituzione della
lunetta e dell’architrave del portale centrale e di quello del
portale nord, per il restauro degli affreschi, per i nuovi cicli pittorici della Madonna del Popolo, della cappella di san
Martino e di sant’Alessio. Si affidava l’incarico alla ditta Stefanoni di Bergamo per lo strappo degli affreschi dalle pareti
absidali e dai pennacchi della cupola147. La commissione definiva, dopo varie discussioni, la nuova collocazione dell’organo rimosso dal presbiterio, richiedeva all’Astorri di modificare per la terza volta la lunetta del portale centrale e le tre
virtù teologali – nel caso si auspicava l’intervento di Fedele
Toscani nella fase del ritocco148 – e incaricava oltre al Toscani anche Giovanni Pagani per la realizzazione del nuovo pulpito, sempre su progetto di Guidotti (figg. 76, 77, 77a). Per le
vetrate istoriate della Madonna del Popolo, del SS. Salvatore
e dell’Assunta si richiedevano tre proposte progettuali.
La maggior parte dei lavori di restauro si svolsero nel
1900. Il diario di quell’anno registra la presenza di molte
maestranze distribuite in tutta la cattedrale – all’interno 20
muratori e 9 scalpellini specializzati (6 della ditta Monti e
3 della ditta Micheli) – senza un chiaro piano di coordinamento: dalla facciata, all’interno, sulle volte e sugli affreschi, nelle navate, nei transetti, in abside, in cripta, all’esterno, sulla testata nord e sui muri esterni longitudinali.
Per maggiore chiarezza seguiremo l’andamento dei lavori per aree di intervento.
In facciata i lavori ripresero a febbraio con “la posa di
cordoni in marmo attorno alla calotta del nicchione centrale nella facciata e lavoro d’ornato”150. A marzo proseguivano con la demolizione della lunetta del portale centrale
per sostituirla con quella nuova; con le opere preparatorie
37
parasta a sud e la croce in marmo sulla sommità della facciata. A ottobre la parte bassa della controfacciata e quella
attorno alle spalle della porta maggiore venivano ripristinate
con “laterizi battuti a martellina”159; a novembre si inserivano nuovi conci nella strombatura del portale centrale e
si ricollocavano i due quadrupedi sulla parte alta del protiro
maggiore160. A dicembre lo scultore Stefano Scalabrini ritoccava, insieme a Giovanni Pagani, i nuovi capitelli del protiro
centrale, i manovali si apprestavano a costruire il ponteggio
per lo smontaggio delle colonne inferiori, a puntellare l’architrave a sinistra, di sostegno dell’archivolto e procedere
quindi allo smontaggio di capitello e colonna161. Quindi si
rimuoveva il leone di sinistra per riparare il basamento162.
Le stesse operazioni furono predisposte a fine anno anche
per lo smontaggio del sistema colonna-leone a destra163, che
però verrà attuato l’anno successivo. Tra il 26 febbraio e il 24
novembre, un’altra squadra di manovali e scalpellini lavorava sui paramenti esterni dell’abside maggiore, delle paraste
laterali – quella a nord-est fu completamente rifatta164 – e dei
muri d’ambito, della parete e del portale a nord-est, verso via
Guastafredda, della testata del transetto nord e del lato nord
verso il vescovado165. Venivano messi in opera conci in arenaria e in breccia di Verona, nell’angolo nord-ovest verso il
Vescovado . Poi il 28 maggio venivano montate nuove cornici in arenaria alla base delle gallerie delle absidi del transetto
nord e alla fine di giugno iniziava lo smontaggio completo
della parasta angolare nord-ovest del transetto nord166. A luglio si scalpellavano le paraste del lato nord e si restaurava
il paramento a sinistra del portale verso via Guastafredda.
Interessante ricordare l’intervento di parziale smontaggio,
scalpellatura dei conci e rimontaggio di nuovi elementi in
arenaria della colonna addossata in angolo tra il lato longitudinale nord e il transetto167. A novembre si lavoravano nuovi
conci per la strombatura dell’abside del transetto nord, si
scalpellavano “le pietre guaste” del portale nord-est su via
Guastafredda e si rivestiva in arenaria l’interno della porta
verso il cortile del vescovado168.
All’interno, volte e costoloni di tutta la chiesa venivano
ripuliti con spazzole d’acciaio dalle verniciature. La parte
alta del presbiterio vicino al coro, la volta attigua all’altare
del Santissimo e i capitelli che sorreggevano la cupola venivano liberati da stucchi e ornati.
In estate, iniziavano i lavori di consolidamento dell’arco acuto lesionato tra la prima e la seconda campata.
L’intervento consistette nella rimozione di conci rotti,
nell’inserimento di staffe di rinforzo e nella posa di nuovi conci sagomati. All’estradosso si inserivano due briglie
metalliche di incatenamento dell’arco, ancora visibili nel
sottotetto della navata169.
Il quadro fessurativo presente sulle volte della nava-
per la rimozione dell’architrave sottostante e la sostituzione di alcuni conci di marmo sconnessi dell’archivolto151. L’architrave in granito cinquecentesco venne smontato il 27 marzo, mediante l’impiego di tagliole e puntelli
e il 5 aprile era montato e sigillato il nuovo architrave
istoriato dell’Astorri. Si mise mano anche alla riparazione
degli strombi interni del portale stesso e ripresero i lavori di sostituzione delle colonnine della galleria sommitale
e della cornice a spira, completati con la formazione del
pavimento interno in accoltellato152. Alla fine di maggio
veniva montata la nuova lunetta del portale centrale153 e
pochi giorni dopo154 furono smontati anche la lunetta e
l’architrave istoriato del portale nord, rotto in due parti,
allo scopo di sostituirli con delle copie. Si legge che prima
del montaggio del nuovo architrave si “scalpella[va]no le
brecce lateralmente alle mensole dell’architrave vecchio”.
Insomma le operazioni di smontaggio e di rimontaggio –
ben due volte – furono devastanti per l’assetto dell’architrave e sicuramente comportarono delle alterazioni nella
ricomposizione dei pezzi. Anche il suo archivolto interno subiva delle modifiche: per motivi di dissesto, veniva
smontato completamente155 e ancora a luglio si scalpellavano le pietre rotte agli angoli per procedere con le sostituzioni. Nel resto della facciata si sostituivano alcuni conci in marmo delle paraste laterali, mentre sul paramento
liscio del primo ordine si praticavano innesti con delle
lastre più sottili156. Il fissaggio alla parte interna in laterizio veniva eseguito con calce e cemento, mentre il fissaggio ai blocchi antichi, opportunamente liberati dalla parte
degradata, veniva eseguito con zanche di ferro, come era
avvenuto anche nell’abside del duomo di Fidenza. In alcuni casi, principalmente nel restauro dei pezzi scolpiti,
vennero impiegati dei perni in ottone157, come avvenne
per l’ancoraggio della mensola di sostegno della scultura
sulla parasta sud della facciata.
A giugno si inserivano i conci in arenaria a chiusura dei
varchi praticati per alloggiare i capochiavi delle catene annegate al di sopra del rosone. Nel mese di luglio venivano
sostituiti alcuni conci di marmo attorno al portale nord,
nella parasta di sinistra e in varie parti delle superfici lisce
della facciata. Si estraevano poi dal muro le teste di leone
“in parte mancanti e in parte male imitati” – era stato fatto
un tentativo non riuscito di rilavorazione di quelli antichi –
per poi mettere in opera quelle nuove; si lavoravano nuovi
conci di marmo per gli appoggi dell’arco del portale nord158.
Per tutta l’estate si praticavano innesti di brecce veronesi
su tutto il paramento e sostituzioni di conci nella parasta a
sud. Il 3 agosto veniva smontata la lunetta istoriata del portale centrale. A settembre si mettevano in opera “cappello
e mensola per la statuetta da porsi sulla medesima” nella
38
78. Cripta, particolare della lavorazione dei nuovi laterizi e confronto
con quelli antichi
79. Cripta, graffiatura e velatura dei laterizi nuovi
80. Chiesa, interno, parete longitudinale del paramento murario parzialmente ricostruito
ta minore sud, a partire dalla seconda, che rischiava il
crollo170, imponeva di abbandonare il consolidamento, già
praticato per gli archi. Come per la volta della prima campata della navata centrale171, anche qui la direzione lavori
decideva di procedere con lo smontaggio completo e la
ricostruzione. Il 1° dicembre si costruiva la centina per
l’ultima campata (tav. V).
Dalle pareti della navata centrale e dalle laterali venivano rimossi tutti gli intonaci, si ripulivano le superfici con
spazzole d’acciaio e si stuccavano i paramenti in laterizio;
dove erano stati tolti gli altari si ricostruivano i muri con
mattoni nuovi “lavorati a martellina e rigatura” e si integravano le scale interne alle pareti. I lavori si sarebbero conclusi alla fine di settembre (figg. 78-80). A giugno si ricuciva il paramento murario dove era stato rimosso l’organo e
per riaprire la finestra murata172. Durante gli interventi di
cucitura muraria, praticata sulla parete corrispondente alla
seconda campata della navata meridionale, andava perduta
purtroppo l’evidente soluzione di continuità che commentava il compilatore del diario. Testimoniava come questo lato
della chiesa fosse sorta “in due periodi diversi” e ciò si capiva
“dalla disposizione dei filari del paramano” (paramento), ossia dal disallineamento tra i filari dei laterizi e da un sopral-
zo evidente. Il segno si perdeva con la “riparazione al tratto
d’unione nella parte centrale della seconda parete entrando
nel tempio”173. La linea verticale risulta però ancora leggibile
all’esterno. Tra ottobre e novembre si eseguivano le stesse
operazioni in controfacciata e attorno all’ingresso principale174. Durante le lavorazioni sui paramenti, si ricostruivano
davanzali e imbotte delle finestre. A gennaio si perfezionavano i davanzali delle due finestre absidali, si ricostruiva la muratura attorno a quelle della navata centrale e delle laterali.
Si consolidavano le lesioni presenti sulle pareti della seconda campata della navata centrale175. Nell’abside maggiore venivano demolite “le spalle di muratura rovinate della finestra
grande per fare spazio al nuovo davanzale in pietra”176. Era
stato da poco rimosso il tamponamento. Alla fine di marzo
si preparavano i conci per le due nuove finestre laterali del
presbiterio, che si completavano ad aprile con nuovi archi
in pietra. Anche nel lato nord e sud della navata centrale si
ricostruivano le strombature delle finestre del cleristorio e
la muratura intorno, nel lato meridionale della navata laterale si ripristinavano le finestre ad arco, poi si ricostruivano
i paramenti murari della navata minore settentrionale e del
muro nord del presbiterio. Il 9 maggio iniziavano i lavori di
rimozione dei muri di tamponamento dei matronei del pre39
le basi della porta d’ingresso”, mentre gli operai delle ditte
Monti e Micheli mettevano in opera i gradini della scala a
destra e di quella che dalla navata minore sud portava in
cripta186. Nel trimestre successivo, si preparavano i conci
delle spallette interne delle finestre, l’arco in marmo della
porta vicino alla sacrestia e di quella vicino al battistero, i
conci in marmo per gli ingressi laterali e per la scala dalla
parte del battistero. Il 28 maggio si costruivano gli archi
“sopra le colonne ricollocate in opera (…) corrispondente
al vano ove trovansi l’altare”, cioè all’incrocio dei bracci del
transetto. I lavori di ricostruzione delle volte si concludevano ai primi di giugno187. Nei mesi successivi si rivestivano i muri delle absidi e delle pareti. La superficie interna
dell’abside del braccio nord quasi totalmente distrutta veniva completamente ricostruita188. Si realizzavano le volte
delle absidi minori con nuovi conci in arenaria, si completavano il muro vicino all’arco della porta a sinistra con arenaria di Pianello, poi archetti, voltine, gradini, intonaci su
volte e archi, scale. A giugno si facevano delle prove di montaggio della transenna di recinzione del presbiterio sopra la
scala (fig. 73). Tra il 27 agosto e il 1° settembre lo scultore Pagani, lavorava colonne nuove, basi e pietre diverse e
gradini per il nuovo altare maggiore. Si procedeva poi con
il ripristino dell’abside minore sud. Nell’ultimo trimestre,
venivano realizzati nuovi intonaci per gli affreschi, i gradini
per gli altari laterali e dell’altare maggiore. A dicembre la
cripta era chiusa da finestre e il 18 novembre il battistero,
dalla cappella del Santissimo, veniva trasferito qui.
sbiterio177. A dicembre si preparavano laterizi sagomati per
le finestre della cupola178.
Sulle absidi dei transetti si intervenne pesantemente:
la rimozione degli altari, soprattutto quello della Madonna
del Popolo179, comportò smontaggi significativi delle murature delle absidi, tanto che si dovettero ‘tracciare’ le nuove
curvature, per regolarizzare e dare continuità alle superfici. I lavori iniziarono con la rimozione di intonaci, pulitura delle superfici con spazzole di acciaio, ricostruzione
dei paramenti murari con laterizi “sagomati e battuti con
martellina”180. Durante i lavori nel transetto sud, i muratori della ditta Rovelli smuravano i capitelli dell’abside centrale181 e il capitello interno sopra alla lesena ovest della
stessa182, per poi sostituirlo l’anno successivo. Poi scalpellavano “vecchi capitelli sfaldati nella crociera” dell’abside
minore ovest183 (tav. V).
Nelle absidi dei due transetti si inserivano nuovi conci
in arenaria nelle cornici degli archi e nelle lesene: a marzo
nella cornice orizzontale e poi, dal 1° ottobre, nell’arco in
pietra del catino dell’abside minore a ovest del transetto
nord. Ad aprile analoghe operazioni si eseguivano nell’abside minore est. A maggio veniva ripristinata la scala a
chiocciola interna a fianco dell’abside centrale. Tra agosto
e fine settembre si preparavano gli intonaci per gli affreschi dell’abside di san Martino e della cappella dell’Addolorata (abside ovest del transetto nord).
I lavori in cripta ripresero già da gennaio. Si trattò a tutti gli
effetti di un cantiere autonomo, dove proseguivano le funzioni
religiose grazie alla costruzione di una parete trasversale che
recintava l’area di cantiere. Ovviamente la rimozione del sistema di gradinate attorno al presbiterio coinvolse anche i sotterranei. I piani sopraelevati del santuario erano già stati rimossi
e ora si realizzavano le scale di discesa in cripta e di salita al
presbiterio. Nei primi tre mesi dell’anno i muratori della ditta
Eberli si concentrarono nella preparazione di nuovi conci per
le monofore delle absidi, nella demolizione delle prime tre arcate, corrispondenti alla zona che occupava l’ultima campata
sotto la cupola, nella costruzione delle pareti delle scale e del
nuovo muro ovest che riduceva il ‘piedicroce’ di tre campate,
inglobandovi le quattro colonne rimaste184. Le colonne smontate – basi, fusti e capitelli – sarebbero state reimpiegate per
ripristinare il sistema delle volte attorno all’incrocio dei bracci
del transetto e davanti alle absidi laterali185.
Nello stesso trimestre, i muratori della ditta Eberli montavano le nuove semicolonne sopra “la banchina del muro
perimetrale”, demolivano le vecchie finestre per poter realizzare quelle ad arco, le raccordavano con le volte, rialzavano i muri d’ambito per il sostegno dell’archivolto, su cui
si sarebbe impostata la scalinata centrale del presbiterio, lo
scultore Giovanni Pagani lavorava “le palmette d’ornato per
ANNO 1901.
Nel 1901 i membri della commissione si incontravano
a cadenza bimestrale. Era imminente – il 17 giugno – l’inaugurazione dei lavori, anche se non erano conclusi. Le
scelte erano già state prese l’anno precedente e le decisioni vertevano ora su alcuni aspetti di tipo artistico: la
scelta per una lunetta dipinta del portale centrale, simile
a quella dell’ingresso a nord-est, perché quella scolpita
dall’Astorri non convinceva189 – “era deficiente la composizione e manca[va] di sentimento” –, per le nuove vetrate istoriate, per nuove decorazioni delle absidi e del presbiterio190, per l’acquisto di due leoni antichi per il portale
nord-est191, per lo strappo degli affreschi dal presbiterio,
pennacchi e dalla pareti sotto la cupola192. Nella seduta
del 10 agosto si comunicava che la ditta Monti era stata
incaricata di fornire i pezzi della galleria del lato nord,
allo scalpellino Pietro Spelta erano stati affidati lavori in
economia per le riquadrature dei pezzi lisci e allo scultore
Giovanni Pagani la realizzazione di tutti i capitelli193.
Nel primo trimestre dell’anno, in facciata veniva rimontato il leone a destra del protiro centrale194, lo scultore Gio40
gano, si ricostruiva il paramento murario sopra alle prime
due colonne del lato nord, si preparavano nuovi conci per
le colonne e le finestre delle pareti laterali, si montavano le
transenne del recinto presbiteriale, si costruiva la gradinata
centrale211. A metà gennaio gli scultori lavoravano marmi e
arenarie per gli amboni, che saranno conclusi il 22 aprile
1901. Tra aprile e giugno i lavori proseguivano in facciata,
in vista dell’inaugurazione. Si completava la ricostruzione
del rosone, la riparazione dei conci della ghiera, l’inserimento della nuova cornice a spira e nella muratura intorno.
Nel protiro centrale, il 13 aprile si posavano i primi conci
della cornice superiore, poi le nuove lastre della copertura e tra il 14 il 17 maggio si faceva un’ulteriore prova con
la lunetta scolpita nuovamente ritoccata dall’Astorri. Dopo
le prescrizioni di Faccioli, l’architrave antico del portale
nord veniva rimontato212. La sua copia giace ora nel Museo
Kronos annesso alla cattedrale di Piacenza. Le operazioni
di consolidamento che seguirono, sia su questo e che su
quello del portale minore sud, consistettero nella riparazione con innesti di parti mancanti dell’architrave del portale
nord213 e nella trapanatura dell’architrave del portale sud
in quanto rotto, per l’inserimento di elementi metallici214.
Tra il 7 e l’8 giugno veniva messa in opera la nuova lastra
iscritta in marmo veronese sul portale minore sud, in sostituzione “alla vecchia sfaldata (…) sulla quale si scolpiscono
le stesse parole della data di principio del tempio”.
Nel rilievo fotografico prima dei lavori, Guidotti aveva
inserito i tre protiri tra le parti “in discreto stato di conservazione”, ma da un’attenta comparazione tra le immagini
prima e dopo i lavori risulta che nel portale nord rimosse le
parti distaccate delle lastre di copertura, nel concio in chiave
inserì la perduta pupilla in piombo e l’arto posteriore sinistro
dell’Agnus Dei con la tecnica dell’incrostazione – già rilevato
da Gigli nel 1985 – nel bassorilievo della Vergine entrambe le
pupille in piombo e in quello di san Giovanni quella dell’occhio destro; l’architrave del portale rotto in tre pezzi, smontato per sostituirlo con la copia, fu poi rimontato innestando
parti mancanti non meglio dichiarate e inserendo all’interno
una ‘putrella’; nell’occasione dello smontaggio venne rimossa la lunetta superiore che fu sostituita con nuove lastre di
marmo. Nel portale sud gli interventi consistettero in limitate riparazioni delle lastre di copertura, nella rilavorazione
delle dita del piede destro del profeta Elia – aveva perduto le
forme per erosione – e nell’integrazione del suo piede sinistro, quasi del tutto mancante nella immagine prima del restauro, infine nel consolidamento dell’architrave del portale.
Come si è visto il portale centrale venne quasi del tutto
smontato e rifatto: fu smontato e abbassato l’ordine superiore del protiro, sostituiti le lastre della copertura e i conci
dell’archivolto, le colonne e le semicolonne con relativi basi
vanni Scalabrini ritoccava in chiesa i due capitelli grossi nel
protiro centrale195, gli scalpellini della ditta Monti preparavano le due basi dell’ordine inferiore del protiro centrale196,
poi si rilavorava ad una sua colonna “per ridurla a forma
e sagoma diversa”197. Tra i vari pezzi che componevano le
colonne venivano interposte delle lastre di piombo – una
tecnica tradizionale già impiegata in antico per assorbire
gli sforzi e dissipare le azioni dinamiche – e si mettevano
in opera basi e spallette nuove della porta principale. Tra
il 28 febbraio e il 1° marzo si rimontavano la colonna e il
capitello a sinistra del protiro, le due statuette nella parasta a sud-ovest, si rimuoveva l’armatura di sostegno per la
collocazione della colonna sul leone di sinistra, si costruivano i ponteggi per la rimozione della colonna e del leone
di destra; si rivestiva poi con nuove lastre di marmo tutto
il paramento al di sopra dei segni dello zodiaco. Poi si innestavano nuovi conci alla base del protiro e si collocava
uno dei due bovi sull’ordine superiore198, si mettevano in
opera il nuovo basamento, il leone e la colonna a destra
dell’ordine inferiore, una colonna, capitello e architrave del
secondo ordine199. Ancora si tentava un’altra prova con la
nuova lunetta istoriata e il nuovo archivolto al di sopra200,
si lavoravano quindi tutte le pietre di rivestimento dell’arco
superiore, scalpellando in parte quelle antiche, che venivano rivestite con nuove lastre di marmo di Verona201.
Gli operai della ditta Monti, Pietro Spelta, Giovanni Pagani e Fedele Toscani lavoravano sul portale nord-est “per
le sculture di restauro”202, rivestendo le spalle laterali203 e
sulla galleria del lato est del transetto nord, inserendo nuovi capitelli e colonnine. Tra il 25 e il 30 marzo giungevano
in cantiere 2 semicapitelli, 2 capitelli, 4 basi per la sostituzione di pezzi nel lato nord della galleria verso via Guastafredda204. All’interno della cattedrale, i lavori procedevano nelle absidi dei due transetti: l’inserimento dei “due
grossi capitelli” per le lesene dell’abside della Madonna del
Popolo205, la ricostruzione del catino dell’abside maggiore
del transetto nord e dell’altare dei Vescovi nel lato est del
transetto sud206, la cucitura muraria dello squarcio rimasto
dopo lo smontaggio dell’organo nell’ultima campata della navata nord, la ricostruzione della parasta in arenaria
dell’abside di san Martino verso il presbiterio, la posa dei
nuovi capitelli nella cappella del Santissimo207, il ripristino
delle quattro finestre della cupola208, la collocazione di un
altro capitello e tre conci a fiori per la ghiera del rosone
nell’abside della Madonna del Popolo209.
Nel matroneo sud del presbiterio furono sostituiti alcuni
archetti, nonostante Guidotti avesse sostenuto inizialmente che fossero in buono stato. Invece il primo matroneo a
nord veniva ricostruito interamente210. Sempre nel presbiterio, si riparavano le colonne dove era stato rimosso l’or41
81. Ripristino delle trifore degli pseudomatronei, 1901
(Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, ASABAPPR, ASBAP,
b. PC/M21, 1892-1905)
82. Navata centrale, cupola e presbiterio, ripristino delle trifore,
sezione longitudinale parziale, china su lucido (ASABAPBO)
83. Presbiterio e transetto, ripristino delle trifore,
sezione longitudinale parziale, copia eliografica (ASABAPBO)
84. “Triforii della nave maggiore della traversa”, prospetto e pianta,
china su lucido (ASABAPPR, ASBAP, PC/M21, 1901-1928)
85. Particolari del ripristino delle trifore a fine lavori, 1901
(APG, Fotografie)
86. Particolare della trifora della prima campata della navata centrale,
lato nord, oggi
e capitelli, rimossa la balaustra; venne puntellato l’archivolto
dell’ordine inferiore per sostituire alcuni conci, gli architravi
e le colonne con relativi fusti e capitelli, quindi per smontare i leoni e poter sostituire i loro basamenti. La nicchia in
laterizio dell’ordine superiore venne completamente rifatta
e sostituiti gli architravi delle porte; nel portale vennero sostituiti l’architrave in granito con quello istoriato, la lunetta
soprastante che venne affrescata e alcuni conci mistilinei
perimetrali e una lastra nel piedritto destro della porta.
A questo punto, grazie alle notizie del diario e alla osservazione delle immagini scattate prima del restauro è ora
possibile aggiornare quel ‘catalogo’ delle sostituzioni e rilavorazioni dei tre protiri, già redatto da Cassanelli nel 1985215,
con l’uso efficace di alcuni grafici (tav. VI).
All’interno della chiesa, si inserivano nuove colonne nelle
trifore dei matronei dei due bracci del transetto216, si preparavano gli archi superiori, si smuravano le trifore a sinistra
della cupola secondo i progetti presentati217 (figg. 81-86).
42
87. Transetto nord, abside centrale, capitelli a destra, copia (1901)
88. Transetto sud, abside minore a sinistra, capitello di sinistra, copia
(1901)
89. Transetto sud, abside centrale, capitello di destra, copia (1901)
90. Transetto sud, abside centrale, capitello di sinistra, copia (1901)
91. Il pergamo nuovo a fine lavori, fotografo Giuseppe Caldi (attribuibile), 1902 (APG, Fotografie)
92. Ambone dell’Epistola e dell’Evangelo a fine lavori, fotografo Giuseppe Caldi (attribuibile), 1902 (APG, Fotografie)
La rimozione
degli affreschi dai
pennacchi e il
successivo abbattimento dell’intonaco mettevano
in luce le “foderature” – cioè murature sovrapposte
– con cui furono
rettificate le superfici sottostanti
per la stesura degli affreschi. Dopo
la loro demolizione, vennero alla
luce gli archi a
scalare dei pennacchi perfettamente conservati218.
Tra luglio e
settembre i lavori
si concentravano
sulle trifore della
navata centrale,
con l’inserimento
di nuove colonne
e la costruzione
dei
“camerini”
retrostanti
nei
sottotetti. Furono
costruiti
prima
quelli del lato sud
e poi quelli del
lato nord219.
Nel transetto
settentrionale, si
metteva in opera il nuovo capitello della parasta a destra
dell’abside centrale, quindi altri due sempre nella stessa
parasta220. Nel transetto sud si demoliva un vecchio capitello “da sostituirsi con nuovo nella parasta di fronte a destra
dell’abside maggiore della traversa a sud”. Si realizzavano
intonaci, si montavano altari, si completavano gli affreschi221 (figg. 87-90).
Tra il 22 e il 27 luglio veniva recintata l’area per l’“erigendo pulpito in marmo di Verona vicino alla colonna dove si
trova[va] quello in legno”. I pezzi furono trasportarti in chiesa per il montaggio, che avvenne dal 30 luglio al 17 agosto
(figg. 91- 92).
Nel secondo semestre il cantiere si spostava sul lato
esterno nord: verrà completato il portale verso via Guastafredda, ricostruite paraste e paramenti murari e l’intero sistema di gallerie.
A luglio si montavano i ponteggi, dove le cornici di coronamento e i dentelli alla base della galleria erano “mancanti per la massima parte”222, si innalzavano quindi le cornici, si posavano archetti e colonne fino alla fine di agosto,
43
93. La facciata della cattedrale a fine lavori
(APG, Fotografie)
94. Veduta della cattedrale da nord-est a fine
lavori (APG, Fotografie)
95. Veduta della cattedrale dalla torre di sant’Antonino. Si noti il livello delle coperture prima
della loro sostituzione nel 1958 con una struttura in laterocemento. L’intervento comportò un
evidente sopralzo, con il quale venne coperta la scossalina in pietra esistente sulla parete del
tiburio (APG, Fotografie)
riore e tra il 25 e il 30 novembre si trasportavano i leoni
acquistati per il successivo montaggio sui basamenti.
I lavori in cripta, ripresi ad aprile, venivano completati
attorno al 12 ottobre: ad aprile si erano montate le mense
d’altare dell’abside e poi dell’altare maggiore, a giugno i
gradini degli altari, scale e pavimenti, ad agosto erano state montate le nuove semicolonne dell’abside maggiore223,
a settembre le finestre, infine i cancelli laterali dell’altare
centrale.
Sull’andamento di eventuali altri interventi i documenti tacciono, mentre alcune immagini mostrano la cattedrale a fine lavori (figg. 93, 94, 96) e come la si vedeva
dalla torre di sant’Antonino (fig. 95) o dal palazzo episcopale (fig. 97).
Dagli incontri della Commissione risulta che nel 1902
dovevano essere completati o meglio rivisti gli affreschi
dell’abside minore ovest del transetto nord, dedicata ai
Vescovi piacentini, dovevano essere modificati i leggii degli amboni, giudicati non conformi al carattere romanico.
Nel 1903 si discuteva sulla collocazione degli affreschi
staccati.
Nel 1910 la commissione si riuniva per decidere la destinazione degli altari rimossi. Nel 1917224 venivano rendicontati tutti i pagamenti eseguiti, dal 15 febbraio 1895
al 9 marzo 1912.
Il conto finale ammontava a 410.119,03 lire, interamente sostenuto dai fondi provenienti dalla veneranda
opera parrocchiale, dal Capitolo, dal comune di Piacenza,
dalla vendita dell’ex chiesa di santo Stefano, dalla cassa
si ricostruivano
parte delle paraste verso il cortile del vescovado
e parte del paramento murario
con arenarie di
Bobbio. Veniva
sostituita tutta la
fascia in marmo
di Verona al di
sotto della galleria. A settembre
si mettevano in
opera le lastre
orizzontali di copertura della nuova galleria del lato ovest
del transetto nord. Ma i lavori proseguiranno almeno fino
alla fine dell’anno e non si ha notizia nel diario della data
del completamento. Si sa invece dalla Libertà del 18 settembre 1901, che Luigi Monti e il nipote Annibale stavano
scolpendo in un locale del Vescovado i mascheroni delle mensole delle gallerie nord, dove venivano raffigurati
i membri della commissione dei restauri, dal canonico
Rossi all’assistente Cantù, e come atto autocelebrativo, le
tre statue-colonna raffiguranti Camillo Guidotti in veste
bizantina, Carolippo Guerra togato, con al centro il vescovo Scalabrini.
A novembre si sostituivano le travi del tetto del protiro
N/E, procedevano i lavori di ricostruzione dell’attico supe44
96. Il lato nord della cattedrale dopo i lavori: sono indicate con il n.
1 e il n. 2 le statue-colonna raffiguranti Carolippo Guerra e Camillo
Guidotti (APG, Fotografie)
97. La cattedrale vista dal palazzo vescovile dopo i lavori: è indicata
con il n. 3 la statua-colonna raffigurante il vescovo Giovanni Scalabrini
(APG, Fotografie)
98. Particolare del consolidamento del tiburio (“La cupola del Duomo di
Piacenza. Proposta di opere di consolidamento. Rapporto e preventivo
di spesa”, Camillo Guidotti, luglio 1905, ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21,
1892-1905)
di Risparmio di Piacenza, dal Ministero della Pubblica
Istruzione, dal Ministero di Grazia e Giustizia, dal vescovo Scalabrini, da offerenti privati, dalla Banca Cattolica
di sant’Antonino e dalla Società Operaia Cattolica, dalla vendita della cantoria e da interessi maturati presso la
Banca Cattolica.
Anni 1910-1911: restauro del tiburio
La proposta di “robustimento” della cupola risale al
luglio 1905225. In una lunga dissertazione sull’architettura del tiburio, Guidotti notava che le colonne di sostegno erano state rinforzate e quella dell’imposta centrale a
nord era a pianta cruciforme, riteneva che il transetto fosse stato costruito in un secondo momento e pure il tiburio
fosse “opera addizionale alla prima erezione del Tempio”.
Le lesioni della cupola non erano recenti e dopo una visita
attenta alle gallerie, interna ed esterna, e dei sottotetti,
riteneva che non vi fossero pericoli imminenti, ma che si
trattasse di fenomeni di degrado locali, quali ad esempio
la “decrepitezza raggiunta dall’arenaria piacentina” della
galleria esterna e imputava ai movimenti locali generati
dallo stamponamento degli ultimi restauri, o dai pali dei
ponteggi che si erano innestati durante il distacco degli
affreschi del Franceschini, la lesione sopra agli archi delle
trifore. Tutto questo aveva indotto il Capitolo ad intervenire con dei muricci interni alle trifore per rinforzarle,
pur mantenendo la percezione della loro apertura. I fenomeni più gravi si riscontravano nella galleria esterna del
tiburio a causa del degrado delle colonne in arenaria e per
l’allontanamento della galleria esterna dovuto, secondo il
Guidotti, all’alternarsi su due livelli del sistema delle logge, poggianti per metà sullo stesso muro, e alla mancata
azione di contrasto delle spinte della cupola per la presenza dell’alta intercapedine, generata dalle due gallerie
sovrapposte.
Proponeva quindi la sostituzione delle colonnine esterne e delle cornici e una cerchiatura metallica, di cui dava
una restituzione grafica molto chiara (fig. 98).
Alla perizia seguirono i lavori tra il 1910 e il 1911,
con il contributo di 2.000 lire del Ministero della Pubblica Istruzione, su una stima presunta di circa 3.800226. I
ponteggi vennero montati a maggio 1910, furono stabilite
con precisione le misure delle catene e delle chiavarde
esterne, furono centinati gli archetti della galleria esterna
e quindi nell’anno si completò l’opera di cerchiatura. La
sostituzione delle colonnine fu eseguita da Pietro Spelta
l’anno successivo. Nella rendicontazione finale, tra il 26
ottobre 1910 e il 18 maggio 1911, risultavano rifatti un
tratto di cornice,12 fusti, 15 basi e 13 capitelli227.
45
99. Abside prima dei lavori, 1892 circa (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora
100. Abside prima dei lavori, 1897 circa (APG, Fotografie). Evidente l’avanzato stato di degrado
del paramento murario, della galleria e della monofora
101. La finestra absidale prima dei lavori, 1897 circa (APG, Fotografie)
Gli interventi del primo cantiere
Guidotti sono registrati graficamente
sui fotopiani dei prospetti est, nord
ed est (tav. VII, VIII, XII).
4. ‘Il secondo cantiere Guidotti’
(1923-1925):
abside e monofora, i restauri di
Carlo Strinati.
L’abside, che nel 1884 Della Cella aveva segnalato come la parte più
compromessa della cattedrale, non fu
sottoposta ad interventi ricostruttivi
nel ‘primo cantiere Guidotti’. Almeno
non vi è traccia nei documenti indagati presso l’archivio Capitolare fino
al 1925. Recenti studi228 assegnano una parte del fregio
scolpito alla base della galleria alla mano di Carlo Strinati,
scultore piacentino che l’avrebbe realizzata su progetto
di Camillo Guidotti, attorno al 1921-22. L’intervento ricostruttivo in quegli anni, per la precisione poco dopo,
è confermato dai documenti rintracciati presso l’archivio
della Soprintendenza di Parma229 e della Opera Parrocchiale della Cattedrale di Piacenza230, di recente inventario, dove si legge anche di sostituzioni di pezzi della monofora.
Insieme alla documentazione grafica e fotografica231 risalente al ‘primo cantiere Guidotti’ (figg. 99-105), questo
carteggio inedito e la visione ravvicinata dei manufatti,
grazie al ponteggio recentemente innalzato, ci restituiscono uno scenario più chiaro sulle sostituzioni praticate in
abside negli anni ’20 e principalmente sulla monofora. Ripercorriamo ora gli antefatti.
Il 30 dicembre 1884 si prevedeva già di sostituire 5
mq “per l’ornato del finestrone posteriore” 232; nella perizia del 1° aprile 1885, si parlava del “rifacimento della
finestra absidale”233 e il 21 febbraio 1895, dello stamponamento della finestra e della sua riparazione234.
Cioè sul finire del secolo si progettava già di intervenire sia all’interno che all’esterno della monofora.
Iniziato il cantiere, tra il 30 maggio e il 1° giugno
1898235, si eseguivano dei calchi di alcuni dettagli scultorei
46
102. Monofora absidale prima dei lavori, 1895
circa (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 18921905). Evidente l’avanzato stato di degrado
del paramento murario, della galleria e della
monofora
103. Abside prima dei lavori, stipite sinistro con bassorilievi.
(ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria e della monofora
104. Abside prima dei lavori, stipite destro con bassorilievi. 1892 circa (ASABAPPR, ASBAP, b.
PC/M21, 1892-1905). Evidente l’avanzato stato di degrado del paramento murario, della galleria
e della monofora
105. Rilievo dell’abside prima dei lavori, Camillo Guidotti (attribuibile), 1892 circa, copia eliografica. (ASABAPBO). Interessante il bassorilievo zoomorfo su mensola, alla base del saliente
di destra della parete presbiteriale, evidenziato nel riquadro. Oggi si vedono i resti di questa
mensola e al di sopra del tetto, quelli di una scultura.
dell’abside: si trattava di calchi di alcuni architravi figurati che venivano
riprodotti per la galleria mediana di
facciata, ma di dimensioni più piccole, secondo le prescrizioni di Guidotti. Il 26 agosto 1899 si completava lo
stamponamento della monofora236. Il
6 settembre 1899, Beltrami, durante
il suo sopralluogo, approvava la riapertura della monofora, che riteneva
“interessantissima”. “La decorazione
dell’abside corale (…) venne rimaneggiata in quelle parti prive di carattere storico e che erano in manifesto
contrasto colle geniali membrature
della ritrovata finestra centrale. (…)
Eseguite le esplorazioni attorno alla
magnifica finestra absidale si rese
tosto necessaria la demolizione di
alcuni stucchi che erano malsicuri e
sospesi con ferri oramai consunti”237.
Il vescovo Scalabrini scrivendo a Faccioli alla fine del 1899238, precisava
che abbassata la tela che chiudeva la
monofora, non si era trovata nessuna
pittura murale antica. Ma la condizione dell’archivolto e delle spalle non
doveva essere presentabile, visti i lavori che sarebbero seguiti. È probabi47
106. Restauri dell’abside maggiore, Camillo Guidotti, 26 settembre
1921 (M. Strinati, Carlo Strinati 1893-1964, Strenna Piacentina, 2018)
107. Fascia scolpita della galleria absidale, Carlo Strinati, 1923
(su 34) di ml 15 di cornice sopra le voltine e ml 15 di
lastre di gronda”242 dell’abside maggiore. Ma a quella data
interventi non ve ne furono, se ancora nel 1920 il soprintendente Luigi Corsini, scrivendo a Guidotti, ora Ispettore Onorario dei Monumenti – figurerà ancora direttore dei
lavori all’inizio del 1924 – ravvisava la necessità di intervenire sulla “parte superiore absidale in quanto le condizioni statiche e conservative della loggetta reclamavano
provvedimenti”, piuttosto che sulla parete longitudinale
sud della cattedrale, dove si erano sostituiti dei conci con
arenaria “inadeguata per colore all’antica”243. A quel punto Guidotti, nel giustificare l’uso dell’arenaria sul lato meridionale perché disponibile dagli ultimi restauri, comunicava di avere intrapreso i rilievi e gli elaborati dell’abside
che avrebbe poi trasmesso a Bologna244. Di questi elaborati
datati 26 settembre 1921 vi è copia nell’Archivio Privato
Guidotti (fig. 106): sono raffigurati il prospetto dell’abside
est e una pianta della galleria con la selezione di alcune
colonne da sostituire e indicazioni circa il “ripristino delle finestre dei sotterranei (cripta) dell’abside maggiore”,
evidentemente non completato nei precedenti restauri. I
ripristini e le sostituzioni con arenaria di tonalità molto
scura – quella criticata dal soprintendente Corsini – interesseranno per la massima parte la galleria, colonne, architravi, pulvini e cornice figurata alla base.
Solo nel 1922 la Fabbriceria del Duomo deliberava di
iniziare i restauri all’“esterno dell’abside maggiore e massime alla loggetta di coronamento (…) in stato rovinoso”.
Nella perizia delle “Opere di restauro e di consolidamento
alla grande abside corale. Preventivo delle spese da sostenersi” dello stesso anno245, si prevedevano: il ponteggio
di servizio che raggiungeva la galleria e il coronamento
sommitale, la torre di carico davanti alla monofora centrale necessaria anche “per la sua riparazione”; la sostituzione di conci in arenaria attorno alle finestre della cripta
le che tra il 1605 e il 1609 le spalle e l’archivolto fossero
stati rilavorati per adattarvi la tela del Procaccini, circondata poi dagli stucchi.
Così, nella settimana dal 12 al 17 marzo 1900 si legge
della “demolizione delle spalle di muratura rovinate della
finestra grande per far spazio al nuovo davanzale in pietra”239, poi nella settimana dal 23 al 28 luglio 1900 dello
“scalpellamento della grande finestra per la posa dell’arco”
– chiaramente quello interno – “dell’abside maggiore”240,
e ancora dal 27 agosto al 1° settembre 1900, di “ritocchi
delle spalle interne della finestra dell’abside maggiore”241,
ritocchi che nei fatti consistettero nella ricostruzione delle
strombature con modanature mistilinee.
Nel 1902 – così risulta datato il documento, ma la data
ci sembra apposta più tardi per errore, perché il testo assume il senso di una perizia di lavori ancora da eseguire,
che invece a quella data erano già stati conclusi – era prevista l’“intera demolizione e ricostruzione con ricambio
(su 31 colonne) di 23 basi, 21 fusti (…) e 21 capitelli di
tutti i 26 ml di sviluppo di fascia decorata al piano della
galleria, di 6 architravi con mascheroni, di 12 frontalini
48
te distrutti” ne parlava già Giuseppe Sidoli nel suo opuscolo
di 30 pagine dal titolo VIII° centenario della fondazione del
Duomo Piacenza 1922. Poi della ricostruzione quasi integrale del “cordolo” figurato alla base della galleria “senza
salvare nulla dell’esistente perché talmente ammalorato da
impedirne il recupero”, della ‘ripulitura’ delle figure della
monofora e delle due nuove mensole sotto ai profeti, ne
ha parlato Ferdinando Arisi in un suo articolo pubblicato
su “Il Nuovo Giornale” di Piacenza del 17 aprile 2009249.
L’Arisi scriveva che lo Strinati aveva sostituito le due mensole non figurate e la cornice liscia progettati dal Guidotti
per la finestra, con il mensolone figurato a sinistra del tutto
inventato e con il capitello perduto a destra e che aveva
“fornito aiuto” anche nella realizzazione di alcuni architravi della galleria.
Ma torniamo ai fatti del ’22. Agli scalpellini Sante Bassi e Pietro Spelta erano state affidate la realizzazione dei
conci di rivestimento delle pareti e dello zoccolo, dello
spessore dai 15 ai 20 cm, delle colonne della galleria e
delle voltine corrispondenti ad ogni arco, il tutto in pietra
di Bobbio o di Sarnico lavorata alla martellina250.
Ma anche in questo caso, l’opera effettivamente eseguita si apprende dalla rendicontazione della fine del ‘23251:
17 colonne, 17 basi, 2 colonne intere, 5 capitelli, 1 capitello ‘ornato’ per colonna, 2 architravi con mascheroni, 1
pezzo di colonna aderente alla parete sotto alla galleria,
1,37 mc di pietre di rivestimento, ferri per capitelli e mascheroni, il tutto per un totale di 5.858,88 lire. Quindi a
Bassi e Spelta si devono gli interventi sulle colonne e sugli
architravi figurati della galleria.
Nella rendicontazione finale dei lavori252, le sostituzioni della fascia decorata alla base della galleria si riducevano a 16,49 ml, cioè 13,42 ml nell’emiciclo, 1,80 ml nel
lato sud e 1,27 ml nel lato nord.
Il 15 luglio 1922 il capomastro Augusto Bisotti costruiva
il ponteggio e così si potevano fare “calchi e assaggi”253 dei
pezzi da sostituire. In una sua lettera Guidotti comunicava
a Bologna che il 16 luglio 1923 si sarebbero iniziati i lavori
di restauro della loggetta di coronamento dell’abside254.
Il 15 giugno 1925 Bisotti, scrivendo da Piacenza255 a Corsini, avvertiva che “il lavoro di restauro al finestrone del duomo di Piacenza era ormai ultimato” e prima della rimozione
del ponteggio auspicava un sopralluogo per esaminare la “finestra dell’abside restaurata”, sopralluogo che avvenne poi il
20 giugno256. Il soprintendente allora aveva visitato la grande finestra centrale e la giudicava “completata molto bene
usando pietra di Sarnico la quale meglio di quella di Bobbio
si armonizza(va) con quella originaria”. Era poi dell’avviso
che “anche nel restauro dello stilobate e delle finestre della
cripta” si impiegasse la stessa pietra257.
– archivolti e spalle – restauro della grande monofora, con
nuovo davanzale, nuove mensole sotto alle sculture e il
consolidamento delle colonnette e delle cordonate ecc..;
il restauro della galleria, con la sostituzione di 1 architrave con mascherone e 1 base nel lato nord, con la sostituzione di 8 basi, 3 fusti, 4 capitelli nell’emiciclo, con
la sostituzione di 2 architravi e relativo mascherone e 1
fusto nel lato sud; il “restauro” (leggi: sostituzione) “della
fascia ornamentale con figure” alla base della galleria, 25
ml nell’emiciclo, 1 ml nel lato sud e 1 ml nel lato nord. Il
costo della perizia ammontava a 44.000 lire.
Per questi interventi era stato incaricato sul finire del
’22, con apposito contratto246 lo scultore Carlo Strinati247,
che inizialmente si sarebbe dovuto occupare anche degli
“architravi in appoggio alle voltine adornati in fronte da
visi umani o da animali o anche da un’intera piccola figura” (fig. 107). Per ogni metro di fascia in arenaria nella
parte curva si erano convenuti 410 lire, per ogni metro di
fascia rettilinea a fogliami si erano convenuti 250 lire, per
ogni metro di fascia rettilinea “con mostri e figure umane”, 280 lire. Ogni architrave figurata costava 180 lire. Nei
prezzi erano compresi la fornitura dei calchi e della pietra
– quella impiegata nei saggi, cioè arenaria di Bobbio priva
di difetti – la lavorazione di ogni singolo pezzo che doveva
“corrispondere esattamente al vecchio”, la piombatura e
l’assistenza alla posa in opera. Lo scultore poi, su richiesta
del direttore dei lavori, avrebbe dovuto realizzare calchi
e ‘modellato’ prima dell’esecuzione alcuni “ornamenti o
figure consunte dall’azione demolitrice del tempo”, per
evitarne la perdita e mantenere intatta la memoria. Come
vedremo con il termine ‘modellazione’ si intendeva la rilavorazione dei bassorilievi ai lati della monofora, perché
solo ad uno scultore poteva essere affidata la ‘rilavorazione’ di quelle sculture, in assenza di adeguati prodotti per
il restauro e tecniche di consolidamento.
Dell’opera eseguita dallo Strinati si ha certezza dal
conto finale allo scadere del ‘23248: 13,42 ml di cornice in
curva alla base della galleria, poi 1,80 ml nel lato destro
e 1,27 ml nel lato sinistro, per un totale di 6.323,70 lire,
ma non si parla di architravi figurati. Anche della rilavorazione delle sculture non c’è traccia nelle carte contabili,
forse perché inserita a contratto, senza costi aggiuntivi e
considerata un’azione di routine nel trattamento del materiale lapideo danneggiato, come avvenne anche su alcune sculture in facciata nel primo cantiere Guidotti, azione
di cui non si parlava, ma riconoscibile anche là, grazie alla
comparazione tra le immagini prima e dopo il restauro.
Dell’incarico allo Strinati per il restauro della “grande
finestra a cornice figurata (…) e più sopra i gruppi di figure
mascheroni animali fantastici (…) corrosi cadenti e in par49
108. Cornice di imposta in pietra di Sarnico,
Pietro Spelta, 1925
109. Formella dell’Agnus Dei di destra, Carlo
Strinati, 1925
110. Particolare della mensola figurata di sinistra della finestra absidale, Carlo Strinati
(1925)
111. Particolare del monolite che unisce Angelo Annunciante e Profeta Balaam, rilavorati
da Carlo Strinati (1925)
sottostanti di rivestimento del paramento. Durante la sostituzione della
mensola superiore di sinistra molto
probabilmente venne danneggiata la
sottostante formella dell’Agnus Dei,
che rispetto all’immagine di inizio
’900 risulta troncata nella parte superiore della cornice. Prima del restauro
semplicemente sagomate come mostrano le immagini del 1899 – quella
di destra era ancora ben conservata
– le due mensole inferiori furono sostituite con una mensola inventata e
ispirata ai mostri della galleria (quella
a sinistra) (fig. 110) e con una a semplice modanatura (quella a destra).
La scarsa durevolezza della pietra di
Sarnico spiega il rapido degrado delle
parti sostituite: il fusto della colonna
di sinistra, le mensole inferiori, in particolare quella di destra completamente caduta.
L’attuale ponteggio montato attorno alla finestra absidale258, dove si
collocano i profeti Balaam a sinistra e
Isaia a destra, l’Angelo Annunciante e
l’Annunciata e le altre due formelle,
ci ha permesso di approfondire lo studio stratigrafico dei
montaggi e dei litotipi, e fare alcune riflessioni.
Gli altorilievi ai lati della monofora sono in pietra carbonatica di colore beige con inclusioni fossilifere259, analoga a quella impiegata nei telamoni dei portali di facciata;
Balaam e Angelo annunciante sono scolpiti in un monolito (figg. 111-116, tav. IX), mentre Isaia e Annunciata
sono scolpiti in due blocchi distinti, o forse tagliati per
l’adattamento alla finestra (figg. 117-119); nella faccia inferiore della base del profeta Isaia è tuttora presente l’antica finitura con nastrino a scalpello; sono presenti piccoli frammenti di velature di tonalità gialla, come si trova
su alcuni capitelli interni della cattedrale; gli altorilievi
sono ancorati con zanche in ferro piatte e sagomate di
forgiatura non recente (fig. 120); il degrado delle superfici risulta eccezionalmente molto uniforme; sono presenti
sigillature a malta debolmente cementizia. Come pure risulta fortemente rilavorato l’arco figurato cilindrico (figg.
121-122), mentre dal confronto con l’immagine del 1899,
sembrerebbe rifatto il leone di sinistra (fig. 123).
Quindi gli altorilievi sono antichi sia per il materiale
impiegato, che per le tecniche di lavorazione ancora visibili, ma anche per l’insieme e i particolari, come vedre-
Ma quali furono le sostituzioni e in cosa consistette la
“modellazione delle figure consunte” citata nel contratto
o la ‘ripulitura’ ricordata dall’Arisi sulle sculture della monofora? E che dire dei calchi in gesso dei due profeti ai lati
della monofora oggi conservati nel seminario vescovile?
Chiaramente riconoscibili le sostituzioni praticate nel ’23
nella galleria per il criticato uso di arenaria bobbiese molto
scura, lo sono anche quelle della finestra centrale in pietra
bergamasca, ancora oggi commercialmente molto diffusa.
Grazie alla presenza dei ponteggi e alla comparazione
con le immagini del primo cantiere Guidotti conservate
nell’archivio della Soprintendenza di Parma, databili attorno al 1899 – si vede ancora il retro della tavola che
chiudeva la finestra – ci è stato possibile riconoscere le
sostituzioni, ma anche individuare le operazioni praticate
dallo Strinati sulle sculture della monofora.
Ecco quindi a partire dall’alto le sostituzioni in pietra
di Sarnico: i conci dell’arco della monofora eccetto quello in chiave figurato, le due mensole superiori degli stipiti
(fig. 108), la formella di destra raffigurante l’Agnus Dei (fig.
109), realizzata da Carlo Strinati (fonte orale: Mariaclara
Strinati), le due colonne di sostegno del tubolare ad arco,
le due mensole alla base degli stipiti, lo stilobate e i conci
50
112. Particolare dell’Angelo Annunciante,
rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
113. Particolare del volto dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
114. Particolare della veste dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
Si noti la stessa lacuna nella manica come nell’immagine del 1897
115. Particolare del rotolo dell’Angelo Annunciante, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
nell’arto posteriore destro. Ci sembra che l’incrostazione sia stata
adottata anche
nella parte sinistra del capitello
vicino. A partire
dall’Angelo
annunciante, notiamo che è stato assottigliato il volto,
in particolare rilavorate le labbra;
sono state praticate incisioni verticali nella parte
inferiore dell’ala
destra; è stata abbassata la lacuna presente nella manica
del braccio destro, abbassato il modellato, parte del panneggio a sinistra e sotto al rotolo; è stata levigata la sinuosità
delle pieghe e il drappeggio è stato lavorato con nuove incisioni verticali. L’intervento più evidente si vede nel rotolo:
l’iscrizione molto erosa, la frattura presente nel quadrante
inferiore, il ricciolo inferiore del rotolo evidenti nell’immagine del 1899, sono stati trattati con la levigatura completa
fino ad abbassare la lacuna e ad eliminare quasi del tutto il
ricciolo, e infine con la completa ripassatura delle incisioni
dell’iscrizione (fig. 115).
Risultano ritoccati anche il volto, l’occhio destro e le
vesti del profeta Balaam, come pure reincise le lettere sul
rotolo, (tav. IX) abbassati i panneggi al di sopra del pie-
mo comparando le immagini; sono stati oggetto di un rimontaggio non recente, verosimilmente attorno agli inizi
del XVII secolo visto il tipo di ancoraggio; è probabile che
provenissero dall’interno della cattedrale per la presenza degli stessi pigmenti gialli riscontrati nei solchi delle
lavorazioni, che si trovano ancora in tracce sui capitelli
interni; le loro superfici sono state oggetto di uno scrape
generalizzato che ha rimosso la materia disgregata e ha
modificato il modellato; le stuccature a malta debolmente
cementizia è compatibile con gli interventi dello Strinati.
Il tutto venne eseguito sotto la vigile approvazione del
soprintendente Luigi Corsini. La pratica del restauro delle
pietre all’aperto non era cambiata rispetto al ventennio
precedente, ma come vedremo era cambiata la finalità dei
calchi e quindi anche la visione del restauro.
In cosa consistette esattamente la ‘ripulitura’ di cui
parla l’Arisi?
Confrontando le immagini prima dei restauri dello Strinati con lo stato attuale si nota che la raschiatura consistette nella rimozione generalizzata delle velature gialle insieme
a depositi polverulenti più o meno aderenti, che dovevano
essere stese su tutto il modellato, nella rimozione delle parti
erose o disgregate, con il conseguente abbassamento di parti del modellato, nell’assottigliamento dei volti, nella riduzione dovuta alla raschiatura delle pieghe dei cartigli, delle
vesti e delle capigliature, in nuove incisioni delle iscrizioni.
Queste operazioni spiegano l’aspetto uniforme delle superfici granulose e alveolizzate, provocate dalla rimozione delle
inclusioni fossilifere e degli inerti superficiali. Nella formella
dell’Agnus Dei di sinistra, è stata adottata la tecnica dell’incrostazione, molto evidente nella cornice verticale di destra, dove oggi compare una frattura a ridosso della coda e
51
116. Volto del profeta Balaam, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
117. Particolare dell’Annunciata, rilavorazione di Carlo Strinati
(1925)
118. Particolare del profeta Isaia, rilavorazione di Carlo Strinati
(1925)
119. Rotolo del profeta Isaia, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
52
120. Particolare di un ancoraggio in ferro e colatura a piombo
(XVII secolo)
121. Arco figurato cilindrico, rilavorazione di Carlo Strinati (1925)
122. Particolare di una testa dell’ arco figurato cilindrico, rilavorazione
di Carlo Strinati (1925)
123. Leone di sinistra (rifacimento 1925 ?)
de destro. È stato interamente rilavorato anche il leone a
fianco. Un volto più sottile e una capigliatura semplificata
si notano nella Vergine, come pure il panneggio centrale
della veste risulta appiattito. Sul volto del profeta Isaia e
in particolare sui capelli, sulla barba e sulle labbra, l’abbassamento delle superfici ha comportato l’appiattimento
del modellato e ridotto i tratti somatici (fig. 118). Le iscrizioni sul rotolo invece non ci sembrano reincise in quanto
i tagli sono meno netti delle altre e conservano ancora le
tracce della levigatura antica (fig. 119).
I calchi in gesso dei due profeti ai lati della monofora
(tavv. X, XI), confrontati con le immagini prima del restauro del 1924, a questo punto non sono che le copie eseguite da Carlo Strinati, secondo quanto era stato previsto
nel suo contratto, indispensabili a registrare fedelmente
il vero modellato delle sculture – e con tanto di finitura
gialla – prima di metter mano alla loro ‘ripulitura’. Perciò
la novità del secondo cantiere Guidotti sta proprio nella
diversa funzione dei calchi, che ora non servivano più a
riprodurre copie con cui sostituire gli originali, ma a fissare l’hic et nunc, consapevoli che l’originale esposto è
inevitabilmente destinato alla rovina e non resta che riprodurlo per “non perderne la memoria”.
Sono i calchi quindi a meritare oggi un’attenta analisi
da parte degli storici dell’arte, perché sono l’unica fonte
che ritrae gli originali prima dell’intervento e, quindi, a
meritare un’adeguata musealizzazione.
La registrazione degli interventi praticati in abside nel
primo e nel secondo cantiere Guidotti è restituita graficamente sull’ortofoto del prospetto est (tav. XII).
53
I. Particolare della pianta della chiesa, accessi al presbiterio, progetto non realizzato,
una scala di discesa in cripta e due scale di salita al presbiterio,
da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC)
II. Pianta della cripta, stato di fatto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC).
In giallo sono evidenziati le colonne e relativi capitelli, in origine al centro della cripta e davanti alle absidi minori.
In rosso è evidenziato il limite originario della cripta secondo l’interpretazione di Guidotti (rielaborazione critica, M. Ferrari e B. Zilocchi)
III. Pianta della cripta, progetto, da Il Duomo di Piacenza, Studi e proposte, 1895 (copie in ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671 e in ACCPC).
In rosso sono evidenziati colonne e relativi capitelli provenienti dallo smontaggio della zona allungata verso ovest nel XVII secolo;
in rosso anche le volte a crociera ricostruite.
Nel muro anteriore ovest furono inglobate le colonne esistenti (rielaborazione critica M. Ferrari e B. Zilocchi)
IVa-IVb. Cronologia dei cantieri
4. Presbiterio (1899, fine - 1901);
5. Cripta (1899, fine - 1900);
6. Abside e monofore (1923-25);
6a. Abside minore e paraste (1901);
7. Portale nord-est (1900, metà - 1901);
7a. Testata transetto nord (1901);
8. Lato sud (finestre navata laterale, 1899; finestre cleristorio, 1900);
9. Lato nord (1901)
Pianta della chiesa e della cripta,
individuazione dei cantieri otto-novecenteschi:
1. Facciata (1897-1901);
2. Navata centrale e laterali (1899-1901);
3. Bracci del transetto (absidi, 1899, fine - 1902);
3a. Pennacchi e muri di appoggi della cupola (1900-1901);
8
3
1
2
4
3A
6
6A
9
3
7
7A
5
V. Planimetria con individuazione delle volte, degli archi e dei capitelli ricostruiti
PROSPETTO OVEST
5
7
PROTIRO E PORTALE SUD
PROTIRO E PORTALE NORD
88
9
6
88
10
9
14
1
2
15
11
3
12
11
Agnus Dei, inserimento arto posteriore sinistro
2
Vergine, rilavorazione
3
Smontaggio e rimontaggio con sostituzione
4
Architrave, smontaggio (1900), scalpellamento appoggi, montaggio
copia (1900); rimontaggio architrave antico rotto (1901);
consolidamento con elementi metallici
5
E. Astorri, concio in chiave (Carità), 1901
6
Smontaggio tetto e archivolto e rimontaggio con nuovi
conci (quota più bassa), 1900
7
Ricostruzione calotta, 1900
8
E. Astorri, capitelli sostituiti, 1900 (con Pagani e
Scalabrini)
9
E. Astorri, Fede e Speranza, 1901
10 Archivolto con innesti, 1901
16
4
13
1
13
11
E. Astorri, capitelli sostituiti, 1900 (ritocchi, Pagani e
Scalabrini)
12 E. Astorri, architrave, 1900
13 Smontaggi e rimontaggi per rifacimento basamenti, 1901
14 Iscrizione, sostituzione (1901)
15 Profeta Elia, rilavorazione
16
0
1
2
3
4
5m
Architrave, "innesti di parti mancanti" e
consolidamento con elementi metallici (1901)
VI. Facciata, protiri e portali, registrazione degli interventi (1900-1901) (M. Ferrari e B. Zilocchi)
PROTIRO E PORTALE CENTRALE
VII. Facciata, registrazione degli interventi su ortofoto (M. Ferrari e B. Zilocchi)
LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti)
costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie
B
smontaggio e rimontaggio con ripristini murari parziali
lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento)
L
lavorazione di paramenti in laterizio esistenti
E
invenzioni per supposte analogie stilistiche o costruttive
C
reimpiego o inserimenti precedenti da altri cantieri
F
consolidamento con barre metalliche
originali non modificati
smontaggi e rimontaggi con o senza sostituzioni
D
integrazione delle mancanze (tecnica "incrostazione")
PER I PROTIRI SI VEDA LA RELATIVA MAPPATURA DI DETTAGLIO
E
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
B
E
E
B
B
E
E
L
L
L
L
B
E
D
D
E
C
0
1
2
3
4
5m
E
E
E
F
C
PROSPETTO OVEST
costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie
reimpiego pietre di recupero dallo stesso cantiere
A
lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento)
E
invenzioni per supposte analogie stilistiche o costruttive
C
reimpiego elementi di recupero da altri luoghi
demolizioni di ripristino
LEGENDA LAVORI TIBURIO 1910-1911
cerchiature (intervento 1910)
sostituzione di alcune colonnine (intervento 1910)
S
LEGENDA LAVORI ABSIDE 1923-1925
costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie
G - pietra arenaria di Bobbio (galleria)
E
E
G
E
E
E
A
A
A
A
C
A
A
A
0
1
2
3
4
5m
PROSPETTO NORD
VIII. Lato nord, registrazione degli interventi (1898-1902) (M. Ferrari e B. Zilocchi)
LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti)
IX. Particolare del rotolo del profeta Balaam, rilavorazione
di Carlo Strinati (1925). Si notano anche tracce di pigmenti gialli
X. Calco in gesso dipinto raffigurante il profeta Balaam,
Carlo Strinati (1925)
XI. Calco in gesso dipinto raffigurante il profeta Isaia,
Carlo Strinati (1925)
costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie
M
B
smontaggio e rimontaggio con ripristini murari parziali
lavorazione di pietre esistenti (scalpellatura e assottigliamento)
C
reimpiego elementi di recupero da altri luoghi
LEGENDA LAVORI TIBURIO 1910-1911
cerchiature (intervento 1910)
S
sostituzione di alcune colonnine della loggia (intervento 1910)
LEGENDA LAVORI ABSIDE 1923-1925 (secondo cantiere Guidotti)
costruzioni / sostituzioni di ripristino e copie
G - pietra arenaria di Bobbio (galleria)
M - pietra arenaria di Sarnico
rilavorazione con mezzo meccanico
PARTICOLARE DELLA MONOFORA
G
M
B
M
M
M
C
0
1
2
3
4
5m
C
PROSPETTO EST
XII. Registrazione su ortofoto degli interventi in abside nel primo (1898-1902; 1910-1911)
e nel secondo cantiere Guidotti (1923-1925) (M. Ferrari e B. Zilocchi)
LEGENDA LAVORI 1898-1902 (primo cantiere Guidotti)
1. Particolare riconoscenza da parte
nostra va al prof. Arturo Carlo Quintavalle, al quale si deve l’ideazione e
la curatela del convegno La cattedrale di Piacenza e la civiltà medievale,
per l’opportunità di averlo affiancato
nella ricerca e nello studio della cattedrale e per la fiducia che ci ha riservato nell’affidarci un argomento che
si pensava esaurito dalla bibliografia,
come quello dei restauri otto-novecenteschi.
2. Come risulta dal diario dei lavori,
il cantiere fu visitato da deputati del
Regno, intellettuali italiani, da fotografi e architetti inglesi.
3. A. Bellini, Dibattito tra due vecchi
soci della Società Storica Lombarda, in “Archivio Storico Lombardo”,
2001, pp. 379-393; S. Bertelli, Luca
Beltrami, bibliografia 1881-1934,
Silvana Editoriale, Milano 2014; A.
Bellini, La bibliografia degli scritti di
Luca Beltrami, ed. Ginevra Bentivoglio, Milano 2017.
4. L. Beltrami, Città di Piacenza.
Commissione amministrativa pei
restauri del Duomo, 1899 (Archivio
Capitolare della Cattedrale di Piacenza, d’ora in poi: ACCPC).
5. La fotografia era diventata uno
strumento indispensabile nel cantiere di restauro di quegli anni. Ricordiamo che fu proprio Luca Beltrami a
fondare nel 1892 la “Rivista scientifico-artistica di fotografia”.
6. Ancora, per riprendere una definizione ben nota di Boito, ‘il monumento doveva essere liberato da errori e
rimaneggiamenti’, perché «il monumento è un libro (da) leggere senza riduzioni, aggiunte, rimaneggiamenti».
7. Del restauro degli affreschi hanno trattato in maniera approfondita
Susanna Pighi e Daniela Costa (S.
Pighi, Pitture murali in duomo tra
medioevo ed età moderna, in Censimento del patrimonio architettonico
e artistico. La cattedrale e il palazzo
vescovile di Piacenza, a cura dell’Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici
della Diocesi di Piacenza Bobbio, Tip.
Le.Co., Piacenza 2013, pp. 67-82;
D. Costa, Restauri e decorazioni tra
Otto e Novecento, in Censimento del
patrimonio architettonico e artistico,
cit., pp. 83-102). Insomma, ancora
secondo la distinzione fatta da Boito,
venivano applicati differenti modalità per il restauro dell’architettura,
della scultura e della pittura; diversi
atteggiamenti a seconda delle epoche
storiche incontrate sul monumento.
8. L’officina Benedetto Antelami della
Cattedrale di Fidenza. Studi ricerche
restauro, a cura di B. Zilocchi, Skira,
Milano 2019 pp. 91-139.
9. L. Cerri, La cattedrale di Piacenza
prima e dopo i restauri, in “Archivio
Storico per le provincie parmensi”, IX
(1909).
10. N. Montevecchi, Lo sviluppo costruttivo della cattedrale di Fidenza
alla luce della recente indagine ar-
15. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di
Piacenza. Rapporti, stime, perizie
chimiche ecc. n. 11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri
del duomo di Piacenza. Copia della
perizia sommaria relativa al progetto di massima dei restauri (d’ora in
poi: fasc. n. 11).
16. Il tema della riconoscibilità o
meno degli inserti nuovi nel contesto
antico ha sempre accompagnato la
storia del restauro a partire da Camillo Boito – dal IV° Congresso Nazionale degli Architetti del 1883 – fino ad
oggi.
17. Le commissioni vennero istituite
con Regio Decreto nel 1876, organizzate con ispettori artistici nell’ambito
delle prefetture, costituivano l’organo
di sorveglianza dei cantieri, erano
composte da storici locali che fino alla
loro soppressione nel 1907 (Consiglio
Superiore di Antichità e Belle Arti)
svolgevano attività di volontariato in
affiancamento all’Ufficio Regionale
per la Conservazione dei Monumenti
dell’Emilia con sede a Bologna.
18. Per un approfondimento si veda
V. Poli, Bernardino Pollinari e le
commissioni conservatrici dei monumenti a Piacenza, in “Strenna Piacentina”, 2015.
19. Camillo Guidotti nasce a Piacenza nel 1853, dove muore nel 1925.
Diplomato perito agrimensore nel
1873, diviene architetto dopo avere
frequentato la Reale Accademia di
Belle Arti di Torino. Insegna all’Istituto Gazzola di Piacenza dal 1894 e
oltre al restauro della cattedrale piacentina, progetta e dirige quello della
facciata della chiesa di san Donnino
nel 1889, quello della chiesa di santa Eufemia, tra il 1898 e il 1905 e,
della chiesa di sant’Anna tra il 1922
e il 1925, del castello di Rezzanello
(1887) e di Gropparello (1910). Progetta ex novo la chiesa di san Lorenzo
a Gazzola (notizie tratte dalla scheda
Camillo Guidotti della Mostra sui restauri scalabriniani a cura di Valeria
Poli, biblioteca del Seminario Vescovile di Piacenza, 15 maggio 2022).
20. ACCPC, fasc. 11, Commissione
amministrativa pei restauri del duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto
di massima dei restauri, Guglielmo
Della Cella, 21 febbraio 1895.
21. L’importo finale dei lavori raggiungerà la somma di 410.119,03 lire
[ACCPC, fasc. Commissione Amministrativa (d’ora in poi, C.A.), Libro
delle deliberazioni 1897-1912, n. 8
(d’ora in poi, L.D., fasc. 8].
22. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, Tip. Marchesotti
e Luigi Porta, Piacenza 1895.
23. Archivio Centrale dello Stato,
Ministero della Pubblica Istruzione,
Direzione Generale Antichità e Belle
Arti, Monumenti (Divisione Undicesima) 1898-1907 (III versamento,
cheologica sugli elevati. I cantieri
medievali, in B. Zilocchi (a cura di),
L’officina Benedetto Antelami della cattedrale di Fidenza. Studi, ricerche e restauro, ed. Skira, Milano
2019, pp. 225-242
11. Lettera di Tommaso Piatti a Camillo Guidotti, 30 novembre 1899, fasc.
Resoconto 1899, Capitolo IV, Restauro
all’esterno dei fianchi mandati n. 2 per
£ 1184,00, Città di Piacenza. Commissione Amministrativa pei restauri del
Duomo di Piacenza, Corrispondenza
1900-1901-1902, Archivio Capitolare
della Cattedrale di Piacenza (d’ora in
poi: ACCPC, C. 1900-1902).
12. Uno speciale ringraziamento va
all’architetto Sara Scaringella, pronipote dell’architetto Camillo Guidotti
che ci ha fornito documenti inediti
dell’archivio privato, all’architetto Roberta Morisi e a Mariaclara Strinati,
rispettivamente nipote e figlia dello
scultore Carlo Strinati. A Roberta Morisi si deve la segnalazione e la riproduzione dei documenti dell’archivio
privato Guidotti, che pubblichiamo
in questa sede. A Lei si deve anche la
biografia dello scultore Carlo Strinati,
che per ragioni di spazio abbiamo dovuto sintetizzare in nota. Infine, ma
non meno riconoscenti, siamo al dott.
Tiziano Fermi, responsabile dell’Archivio Capitolare della Cattedrale di
Piacenza e al dott. Pietro Scottini, direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Piacenza, alla dott.ssa Susanna
Pighi, storico dell’arte e collaboratrice
dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza, per la
segnalazione del fascicolo sui restauri
dell’abside (1922-1925), conservato
presso l’Archivio dell’Opera Parrocchiale della Cattedrale di Piacenza,
messo a nostra disposizione dopo il
recentissimo inventario. Ringraziamo
inoltre la dott.ssa Daniela Costa, il
geom. Luciano Sivelli della Segreteria
organizzativa del convegno, nonché
collaboratori dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza; la sig.ra Indira Gandi, bibliotecaria
della Biblioteca Diocesana e del Seminario Vescovile di Piacenza; l’arch.
Maria Luisa Laddago, l’arch. Camilla Burresi e la dott.ssa Silvia Ciaccio
Montalto, rispettivamente Soprintendente, funzionario di zona e responsabile dell’Archivio della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio
per le province di Parma e Piacenza;
il dott. Giovanni Sarti, responsabile
dell’Archivio fotografico della Soprintendenza Archeologia Belle Arti della
città metropolitana di Bologna.
13. B. Zilocchi, Storia dei restauri, in
L’officina Benedetto Antelami della
cattedrale di Fidenza. Studi ricerche
restauro, a cura di B. Zilocchi, ed.
Skira, Milano 2019.
14. R. Cassanelli, Il duomo. I restauri, in Gotico Neogotico Ipergotico, a
cura di M. Dezzi Bardeschi, ed. Grafis, Piacenza, 1985, pp. 140-157.
54
II parte) (d’ora in poi: ACS, MPI,
DGABB, Mm, b. 671).
24. A. Bellini, Dibattito tra due vecchi soci della Società Storica Lombarda, 2001, pp. 379-393.
25. L’officina Benedetto Antelami
della Cattedrale di Fidenza. Studi
ricerche restauro, a cura di B. Zilocchi, Skira, Milano 2019, pp. 118-119,
nota 95.
26. ACCPC, Commissione amministrativa per i restauri del duomo di
Piacenza, Spese dal 15 febbraio 1895
al 30 gennaio 1899, fasc. Resoconto,
30 gennaio 1899, n. 15 mandati di
pagamento per lire 2.879,86 relativi
al capitolo 1°, Progetto di massima.
27. ACCPC, C.A., L.D., fasc. 8.
28. Manfredo Manfredi, piacentino di
origine, aveva vinto il concorso per il
Vittoriano insieme a Giuseppe Sacconi (Sacconi e Guglielmo Calderini furono membri della Giunta Superiore
di Belle Arti del Ministero che elaborò
il parere sui restauri del Duomo piacentino), si occupò dei restauri della
basilica di san Marco a Venezia, partecipò alla ricostruzione del campanile di san Marco nel 1902, su progetto
di Luca Beltrami.
29. C. Guidotti, Consolidamento e restauro del nostro Duomo 1894-1902,
Stab. Tipografico V. Porta, Piacenza
1906.
30. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, p. 26.
31. Sulla tipologia costruttiva della
volta centrale non ci sono descrizioni
precise, ma l’ampiezza imponeva necessariamente una forma ribassata
a vela o a padiglione con mattoni in
folio, dovendosi conservare le quote
di imposta. Anche se molto ribassata, poteva reggere il carico verticale
dovuto al solo piano pavimentale del
presbiterio. (ACCPC, C. 1900-1902,
Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti).
32. ACCPC, Restauri al Duomo di
Piacenza, Diario anno 1899, n. 15
(d’ora in poi, Diario n. 15).
33. ACCPC, C. 1900-1902, Vertenza colla giunta superiore delle Belle
Arti, Ripristino della cripta absidale,
Piacenza 30 gennaio 1900, Allegato
n. 5, minuta della lettera di Camillo
Guidotti indirizzata a Raffaele Faccioli. La lettera originale è conservata in
ASABAPPR, ASBAP, Piacenza, PC/M
21, Duomo 1892-1905. Vi sono riportati i rilievi delle sagome della spalla
di una finestra, dei basamenti degli
stipiti delle porte di ingresso e due
conci in chiave di volta.
34. Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza, 30 gennaio
1901 (Soprintendenza Archeologia
Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza, fondo ex
Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggistici, busta PC/M21,
1892-1905; d’ora in poi, ASABAPPR,
ASBAP, b. PC/M21).
35. ACCPC, C. 1900-1902, Vertenza
colla giunta superiore delle Belle Arti,
Ripristino della cripta absidale, Piacenza 30 gennaio 1900, Allegato n. 5,
minuta della lettera di Camillo Guidotti indirizzata a Raffaele Faccioli.
36. C. Guidotti, Il duomo di Piacenza. Studi e proposte, p. 24.
37. Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Monti, 24 maggio 1898 (ACCPC, C.
1900-1902).
38. Lettera di Camillo Guidotti a
Raffaele Faccioli, 6 maggio 1899
(ACCPC, fasc. 11); Archivio Privato Guidotti (d’ora in poi, APG),
Commissione Amministrativa pei
restauri del Duomo di Piacenza. Fotografie a complemento del Progetto pei lavori della facciata, tav. 18,
Esplorazioni nel fastigio della loggia
centrale (con spiegazioni: Il fastigio
o frontone attuale venne elevato per
la distanza B-B’ di più di quello di
origine che si connetteva alla facciata lungo la linea B’A’. Infatti vedonsi
i filari esistenti tuttora tra B e B’. Il
comignolo C copra la fascia della
ghiera del rosone), fotografo Giuseppe Caldi (fig. 38).
39. In quanto funzionario del Ministero, Faccioli seguiva i principi del
restauro elencati in una circolare
emanata nel 1882 – una sorta di carta
del restauro ante litteram – dal capo
della Direzione Generale di Antichità e Belle Arti, l’archeologo Giuseppe
Fiorelli. Prodotto degli intellettuali del Ministero, questo documento
verteva soprattutto sulla teoria che il
restauro dovesse essere fondato sullo
studio dell’edificio, tramite rilievi e
indagini, spingendosi indirettamente
al ritorno della fase originaria prevalente del monumento: il ‘restauro storico’, appunto.
40. ACCPC, Città di Piacenza, C.A.,
L.D., fasc. 8.
41. Il parere fu espresso il 7 marzo
1895 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/
M21,1892-1905, Ripristino della
cripta e di finestre nel corpo del tempio, relazione firmata da Carolippo
Guerra e Camillo Guidotti, inviata a
Raffaele Faccioli, 14 settembre 1900).
42. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27
gennaio 1898.
43. Il report è composto da 18 tavole fotografiche del piacentino Giuseppe Caldi. Fu inviato alla Giunta
Superiore per il tramite di Faccioli,
insieme a dettagli costruttivi in scala 1:1, tra cui il disegno della nuova
connessione tra le lastre di copertura del frontone (copia conservata in
APG, Commissione Amministrativa
pei restauri del Duomo di Piacenza.
Fotografie a complemento del Progetto pei lavori della facciata, tav. 18,
fotografo Giuseppe Caldi, ca. febbraio-marzo 1898). Il disegno non è stato rintracciato nell’Archivio Centrale
dello Stato.
44. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M21,
1892-1905, Lettera di Raffaele Faccioli al Ministro dell’Istruzione Pub-
nella relazione trasmessa a Bologna.
Il documento contiene la cronologia
dell’iter amministrativo del progetto:
autorizzazione alla costruzione dei
ponteggi a scopo di studio ed esame
(4 agosto 1896); trasmissione del progetto definitivo da parte dell’Ufficio
Regionale al Ministero (26 novembre
1897); esame del progetto da parte
della Giunta Superiore di Belle Arti
del Ministero e relative prescrizioni
(15 dicembre 1897); assicurazioni da
parte dell’Ufficio Regionale (Faccioli)
di vigilare sui lavori e di rispettare le
prescrizioni, necessità di iniziare i lavori (nel documento si legge “marzo
1898”, ma in realtà la lettera di Faccioli è del 23 aprile 1898); autorizzazione inviata dal Ministero all’Ufficio
Regionale per le sole opere di consolidamento della facciata e riserva sul
ripristino della loggia nello stato originario (8 maggio 1898).
69. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671,
Restauri al duomo di Piacenza, Relazione a stampa del progetto di
massima, approvata dalla Giunta
Centrale, 7 ottobre 1895.
70. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27
gennaio 1898. Il Ministero assegnerà
ulteriori 20.000 £ nel 1901 (adunanza 8 aprile 1901).
71. ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21,
1892-1905, Ripristino della cripta e
di finestre nel corpo del tempio, lettera di Carolippo Guerra (documento
controfirmato da Camillo Guidotti)
a Raffaele Faccioli, Piacenza, 14 settembre 1900.
72. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 14
febbraio 1898.
73. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3
marzo 1898.
74. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3
settembre 1898.
75. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 21
settembre 1899.
76. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Bologna 12 luglio 1900.
77. Non conosciamo il documento con
cui venne approvato il distacco degli
affreschi, ma si desume che la Giunta
Superiore di Antichità e Belle Arti lo
avesse autorizzato, visto che due suoi
funzionari, gli architetti Giuseppe Sacconi e Guglielmo Calderini, visitato il
duomo, prescrivevano che gli affreschi
staccati dal presbiterio fossero conservati temporaneamente nel vescovado,
riservandosi poi di valutare la collocazione migliore (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 28 luglio 1900).
78. Lettera del direttore dell’Ufficio
Regionale per la conservazione dei
Monumenti dell’Emilia (Bologna) Raffaele Faccioli al presidente della Commissione per i restauri del Duomo,
Bologna 12 luglio 1900 (ACCPC, C.
1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle Belle Arti).
79. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671,
Promemoria, Roma 20 ottobre 1899.
80. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671,
blica di Roma, Bologna, 18 marzo
1898.
45. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 16
aprile 1898.
46. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 30
aprile 1898.
47. Lettera di Raffaele Faccioli al Ministro della Pubblica Istruzione, Direzione Generale per le Antichità e Belle Arti, Piacenza 23 aprile 1898, ACS,
MPI, DGABB, Mm, b. 671.
48. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3
settembre 1898.
49. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 21
settembre 1898; Restauri al duomo
di Piacenza. Diario dei lavori 1898,
n.14 (d’ora in poi, Diario n. 14).
50. ACCPC, Diario n. 15, settimana
dal 14 al 23 agosto 1899.
51. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 28
luglio 1900.
52. Il 12 luglio 1900 aveva bocciato, in
quanto eseguiti senza approvazione: la
demolizione dell’ordine superiore del
portale maggiore, la sostituzione dei
suoi capitelli, la sostituzione dell’architrave del portale minore nord e
i lavori interni alla cripta (ACCPC,
C.1900-1902, Schiarimenti intorno
a lavori eseguiti. minuta della lettera del vescovo Scalabrini indirizzata
a Raffaele Faccioli, Piacenza 15 luglio
1900).
53. ACCPC, fasc. 8, adunanza del
1°giugno 1901.
54. Guidotti aveva visitato il luogo
dove si trovavano i due leoni in località Chiappino nella parrocchia di
Torrano, il 18 giugno 1899 (ACCPC,
fasc. 8, adunanza del 21 giugno 1899)
e poi avrebbe fatto predisporre calchi
dal Cantù di Ponte dell’Olio (16 giugno 1900).
55. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 2
agosto 1899.
56. ACCPC, Diario n. 15, settimana
dal 14 al 25 agosto 1899.
57. ACCPC, Diario n. 15.
58. ACCPC, Città di Piacenza. Commissione amministrativa pei restauri del Duomo. Relazione Beltrami-Rotta, 1° settembre 1899.
59. ACCPC, C. 1900-1902, Lettera di
Luca Beltrami e Paolo Rotta al Vescovo G.B. Scalabrini, 1° settembre 1899.
60. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6
novembre 1899.
61. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 14
dicembre 1899.
62. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 20
febbraio 1900.
63. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 10
aprile 1900.
64. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 9
giugno 1900.
65. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 16
giugno 1900.
66. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 7
luglio 1900.
67. ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671.
68. Promemoria, Roma 20 ottobre
1899, ACS, MPI, DGABB, Mm, b. 671.
Il promemoria stilato dalla Giunta
Superiore sarebbe stato trasformato
55
fasc. Duomo di Piacenza, Fotografie
dei modelli per le sculture del nuovo
pulpito nel duomo di Piacenza.
81. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Bologna 12 luglio 1900,
Lettera del vescovo G.B. Scalabrini a
R. Faccioli, 15 luglio 1900.
82. ACCPC, C. 1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo. Sospensione, lettera
del Prefetto al Presidente della commissione per i restauri della cattedrale, 20 luglio 1900.
83. Lettera del Ministro dell’Istruzione Pubblica Enrico Panzacchi al
direttore dell’Ufficio Regionale per
la conservazione dei monumenti
dell’Emilia, Roma 21 luglio 1900, Soprintendenza Archeologia Belle Arti
e Paesaggio per le province di Parma
e Piacenza, fondo ex Soprintendenza
Beni Storico Artistici, Piacenza-Duomo, A.V. 21 (1890-1905) (d’ora in
poi, ASABAPPR, ASBSA, A.V. 21). Si
veda a tale proposito anche il carteggio sempre presso l’ASABAPPR,
ASBSA, A.V. 21 (Lettera di Enrico
Panzacchi a Raffaele Faccioli, Roma
25 luglio 1900).
84. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo, Verbale di sopralluogo
effettuatosi il giorno 11 agosto 1900.
Disposizioni prese di comune accordo fra i sottoscritti durante il sopralluogo eseguitosi nel giorno 11 agosto
1900.
85. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo, Rapporto relativo ai
particolari della cripta, 14 settembre
1900, trasmesso a Raffaele Faccioli,
minuta.
86. ACCPC, C.1900-1902, fasc. Vertenza colla giunta superiore delle
Belle Arti, Piacenza Lavori di restauro del Duomo.
87. Richiedeva i preventivi, predisponeva i contratti, la misura e la contabilità lavori, firmati poi da Guidotti,
partecipava ai sopralluoghi in cantiere (ACCPC, fasc. 8, adunanza n. 2, 12
febbraio 1897).
88. Anche sulla meticolosa ricerca
della pietra, il cantiere di restauro
del duomo piacentino presenta forti
analogie con quello fidentino (L’officina Benedetto Antelami, a cura di
B. Zilocchi, pp. 103-112). A Fidenza
la scelta ricadde su quella di Saltrio e
di Viggiù: una pietra resistente ma di
colore diverso dall’arenaria originale.
89. Durante l’infissione dei pali venivano alla luce sotto il sacrato, un
pozzo pieno di macerie davanti all’accesso principale e tre tombe, ai lati,
con copertura voltata. Il pozzo era
“elevato colla sua muratura circolare fino al ripiano della gradinata”. Fu
svuotato fino alla profondità di 7 m.
Nelle tombe erano stati trovati diversi
oggetti, vari crocefissi, medaglie, un
pezzo di fiala, che Guidotti proponeva di donare alla biblioteca comunale. I resti umani furono ricomposti e
si suggeriva di preparare un’epigrafe
storica di quel ritrovamento (ACCPC,
fasc. 8, adunanza n. 3 (9 giugno 1897)
e n. 4 (28 luglio 1897).
90. Il Regio Ispettore degli Scavi e
Monumenti di Ravenna in una sua
lettera (ACCPC, fasc. 8, adunanza 11
agosto 1897) consigliava per i restauri del duomo di Piacenza una pietra
tra il confine romagnolo e toscano,
distante 35 km da Ravenna, che induriva maggiormente tolta dalla cava,
mentre la ditta Monti, proponeva per
le modanature e aggetti la pietra di
Sarnico. Entrambe venivano scartate
perché la prima era troppo costosa e
la seconda non si integrava nel contesto esistente.
91. I funzionari Raffaele Faccioli e
Giovanni Tosi, durante l’incontro,
approvavano anche la rimozione del
quadrante dell’orologio e la sua collocazione sulla sommità del palazzo
vescovile. (ACCPC, fasc. 8, adunanza
del 28 luglio 1897).
92. La ditta Polloni aveva fornito diversi archetti, capitelli, fusti e basi per
le due gallerie mediane e sommitali,
per la fascia a spirale superiore, per il
retrofacciata, per la parasta di sinistra,
e conci lisci di rivestimento. Allegava all’elenco dei pezzi forniti un’utile
mappatura delle pietre sostituite (ACCPC, Commissione Amministrativa
pei restauri del duomo di Piacenza,
Spese dal 15 febbraio 1895 al 30 gennaio 1899, per lire 34.714,61, fasc. Restauri della facciata. Opere in pietra
eseguite a titolo di saggio dalla Ditta
Polloni Francesco e fratelli di Piacenza dal 18 agosto al 24 dicembre
dell’anno 1897, fasc. n. 12) (d’ora in
poi, ACCPC, n. 12).
93. Furono condotte dalla Regia
Scuola di Applicazioni per Ingegneri
di Bologna, diretta dal prof. Cesare
Stroppa e dal prof. Severino Brigidini
dell’Istituto Tecnico di Piacenza. Sui
campioni vennero eseguite delle prove di resistenza meccanica, di stress
termico e di permeabilità (Analisi
fisico-chimica e meccanica di arenarie piacentine compiute dal prof. Cesare Stroppa di Bologna, 8 gennaio
1898 e Relazione sulla durevolezza
di alcuni materiali naturali da costruzione, ing. Luigi Brigidini, Piacenza 26 marzo 1898, ACCPC, fasc.
n. 11).
94. Aveva visitato le cave di Ruino
(Nibbiano) e due del Chiarone vicino
a Roccapulzana (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 4 settembre 1897).
95. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6
dicembre 1897.
96. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 27
gennaio 1898.
97. Settimana dal 24 al 30 gennaio
1898 (ACCPC, Diario n. 14). La de-
105. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 18 luglio al 14 agosto 1898.
106. Piacenza 17 marzo 1898, lettera
di Camillo Guidotti a Enrico Astorri,
minuta con disegno allegato (ACCPC,
C. 1900-1902).
107. A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico dei portali
della Cattedrale di Piacenza, in Nicholaus e l’arte del suo tempo, Deputazione Provinciale Ferrarese di
Storia Patria, Ferrara 1985.
108. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 15 al 21 agosto 1898.
109. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 22 al 28 agosto e dal 5 all’11 settembre 1898.
110. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 5 al 25 settembre 1898.
111. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 29 agosto al 3 settembre 1898.
112. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 31 ottobre al 13 novembre 1898.
113. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 14 al 20 novembre 1898.
114. ACCPC, fasc. 8, adunanze del 3
settembre e 11 novembre 1898.
115. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 28 novembre al 4 dicembre 1898.
116. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 12 al 18 dicembre 1898.
117. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 19 al 25 dicembre 1898.
118. Elaborati grafici del consolidamento strutturale della volta della
prima campata della navata centrale,
sezioni orizzontale e verticali (scala
1:100), profilo della deformazione
della volta (scala 1:50), inchiostro su
carta, Enrico Rossi (Lettera di Enrico
Rossi a Raffaele Faccioli, con disegno
allegato, 18 marzo 1899, ASABAPPR,
ASBAP, b. PC/M 21, 1892-1905).
119. ACCPC, fasc. 8, adunanze del
1900.
120. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 6
maggio 1899.
121. ACCPC, Restauri al duomo di
Piacenza, Diario dei lavori, anno
1899, n. 15 (d’ora in poi, Diario n.
15), Settimana dal 23 febbraio al 9
aprile 1899.
122. Gli scalpellini erano: Pietro
Spelta, Giuseppe Bertini, Domenico
Tricò, Angelo Casalini, Luigi Ghelfi, i
muratori Eugenio Curotti e Gaetano
Roda, aiutati da 3 manovali e 1 garzone. A luglio all’equipe di scalpellini si
univa Righelli di Bobbio.
123. La descrizione delle sostituzioni è
molto precisa. A titolo di esempio il 24
marzo (settimana dal 18 al 24 marzo)
viene messa in opera la seconda colonna nuova (base, fusto, capitello) della
galleria sommitale a destra e così sarà
a seguire per tutte quelle che saranno
sostituite (ACCPC, Diario n. 15).
124. ACCPC, Diario n.15, Settimana
dal 3 al 21 aprile 1899.
125. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 24 marzo al 28 aprile 1899.
126. ACCPC, Diario n. 15, Settimane
dal 3 al 9, dal 10 al 15 e dal 16 al 21
aprile 1899.
scrizione risulta particolarmente interessante perché registrava la tipologia costruttiva del tetto in legno,
che fu sostituito con una copertura
in laterocemento nel 1958, su progetto del Genio Civile. La copertura
in legno appoggiava su un sistema di
pilastri disposti su tre file, che a loro
volta gravavano sulle volte ai terzi e
al centro. La sua geometria si desume
sia dai rilievi pubblicati nel 1895, sia
nella perizia del Genio Civile, dove si
legge dello smontaggio di 33 pilastri
(11 al centro della volta per reggere
il colmo e 11, per parte, ai terzi delle volte) di dimensioni 0,70x0,50m e
altezza 2,70m. Questa copertura era
più bassa di circa 20-25cm dell’attuale (Perizia generale relativa ai lavori di ripristino della Cattedrale di
Piacenza, 30 novembre 1954, ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21 dal 1930 al
1982). Rimandiamo al testo di A. C.
Quintavalle in questo volume, che ha
esaminato i livelli di accrescimento
dei tetti.
Già nel 1952 il Genio Civile avvertiva la Soprintendenza di Bologna della grave situazione in cui versava la
copertura. Nella lettera del 22 giugno
si legge: “il tetto della navata è spingente in quanto è retto da apparenti
capriate senza catena ed inoltre alcuni puntoni poggiano poco sui muri
laterali o sono del tutto sorretti di pilastri, che gravano sugli archi e sulle
volte. V’è poi un arco, già ancorato
con ferri a I” (si trattava dell’intervento di Guidotti), “che non risponde
assolutamente allo scopo in quanto
essi ferri a I mancano di contrasto
perché dette parti in ferro partendo
dal muro esterno accompagnano l’arco, una fino al centro e l’altra solo per
un quarto; mancando quindi di contrasto si può dire che anziché ridurre
le spinte aumentano i carichi” (ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21 dal 1930 al
1982, Lettera dell’Ufficio del Genio
Civile alla Soprintendenza ai monumenti per l’Emilia di Bologna, Piacenza 22 giugno 1952). Si vedano le figg.
61, 101, 102.
98. ACCPC, Diario n. 14.
99. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 14 al 19 febbraio 1898.
100. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 23 al 29 maggio e dal 30 maggio al
1° giugno 1898.
101. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 6 al 26 giugno 1898.
102. ACCPC, Diario n. 14, Settimana
dal 22 al 25 giugno 1898. Lo spessore
dei conci variava mediamente tra i 20
e i 30 cm (S. Ambrogio di Valpolicella,
30 novembre 1898, elenco di tutte le
pietre ordinate, lettera del marmista
Tommaso Piatti a Camillo Guidotti,
ACCPC, C. 1900-1902).
103. Le lavorazioni venivano eseguite
dal 16 settembre al 30 ottobre 1898
(ACCPC, Diario n. 14).
104. ACCPC, Diario n. 14, Settimane
dal 4 luglio al 10 luglio 1898.
56
127. ACCPC, Diario n. 15, Settimane
dal 1° maggio al 30 giugno 1899.
128. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 5 al 15 giugno 1899.
129. Trasmissione del bozzetto al
Luigi Monti (ACCPC, C. 1900-1902,
Lettera di Camillo Guidotti a Luigi
Monti, Piacenza 10 giugno 1899).
130. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 17 al 23 luglio 1899.
131. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 31 luglio al 6 agosto 1899.
132. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 7 al 13 agosto 1899.
133. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 19 al 30 agosto 1899.
134. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 7 al 13 agosto 1899. I due calchi
non avrebbero convinto la commissione e si sarebbe optato per l’acquisto di quelli dell’antiquario Rambaldi
di Bologna.
135. ACCPC, Diario n. 15, 25 agosto
1899.
136. Si otteneva con una tecnica molto semplice: “un secchio d’acqua pulita, un mezzo cucchiaio di terra nera,
un cucchiaio di terra d’ombra, quattro cucchiai di cemento in polvere”.
Così scriveva Ottavio Germano il 2
novembre 1900 (ASABAPPR, ASBAP,
PC/M 21, 1892-1905, Relazione di
sopralluogo), motivando che l’errata
esecuzione, lamentata in quei giorni
sul quotidiano “Libertà”, era dovuta
all’inesperienza dei muratori. L’operazione venne rifatta più volte.
137. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 2 all’8 ottobre 1899.
138. Durante le ispezioni nella settimana dal 26 giugno al 2 luglio, si rilevava che il livello era più basso.
139. ACCPC, Diario n. 15, Settimana
dal 16 al 23 luglio 1899.
140. I lavori di sterro erano iniziati
nella navata a destra del presbiterio
(abside minore sud) già ad agosto e poi
proseguivano nella settimana dall’11 al
16 settembre (ACCPC, Diario n. 15).
141. ACCPC, Diario n. 15, Settimane
dal 30 ottobre al 5 novembre e dal 6
al 12 novembre 1899.
142. Nel corso dell’anno avevano visitato il cantiere: Carlo Cattaneo (1° e 6
maggio), Enrico Astorri (19 maggio),
Raffaele Faccioli (22 maggio e 24 dicembre), il sottosegretario di Stato I.
Galimberti (19 luglio), l’architetto B.
Pesci e il conte Ludovico Marazzani (28
luglio), Luca Beltrami (25 agosto), gli
architetti viennesi Arthur Baron (18741944) e Oskar Neumann (1870-1951)
(tra l’11 e il 17 dicembre), il pittore
Steffanoni di Bergamo per prendere visione degli affreschi da strappare (24
dicembre), il conte Nasalli Rocca (27
dicembre) (ACCPC, Diario n. 15).
143 ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21,
1892-1905, Lettera di Camillo Guidotti a Raffaele Faccioli, Piacenza, 30
gennaio 1901.
144. ASABAPPR, ASBAP, PC/M 21,
1892-1905, I restauri al Duomo di
Piacenza, Commissione consultiva
per la conservazione dei monumenti,
seduta del 6 marzo 1901.
145. ACS, MPI, DGABB, Mn, b. 671,
fasc. Duomo di Piacenza, Fotografie
dei modelli per le sculture del nuovo
pulpito nel duomo di Piacenza.
146. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 30
maggio 1900.
147. Per gli interventi sugli affreschi
si veda S. Pighi, Pitture murali in
duomo tra medioevo ed età moderna
e D. Costa, Restauri e decorazioni tra
Otto e Novecento.
148. ACCPC, adunanza del 10 novembre 1900 (ACCPC, C. 1900-1902).
149. Le ditte impegnate all’interno
erano cinque: Rovelli, Cantoni, Micheli, Monti, Eberli.
150. ACCPC, Restauri al duomo di
Piacenza, Diario dei lavori, anno
1900, n.16 (d’ora in poi, Diario n. 16),
Settimana dal 26 febbraio al 3 marzo
1900.
151. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 19 al 24 marzo 1900.
152. La copertura in lastroni veniva
completata alla fine settembre (settimana dal 24 al 29, ACCPC, Diario
n. 16).
153. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 28 al 30 maggio 1900.
154. 1° giugno 1900 (settimana dal 28
maggio al 2 giugno (ACCPC, Diario n.
16). Dal 30 maggio Guidotti veniva
affiancato dall’ingegnere Ettore Martini, che rivestì principalmente il ruolo
di assistente. La progettazione e la direzione lavori rimanevano assegnate
a Guidotti. Ogni decisione spettava
esclusivamente a lui (ACCPC, fasc. 8,
adunanza del 30 maggio 1900).
155. Il consolidamento con innesti
parziali di blocchi di marmo, non
raggiungeva l’esito sperato e gli scalpellini si dissero costretti a smontarlo
completamente per poi rifarlo (ACCPC, Diario n. 16, settimana dal 18
al 23 giugno).
156. Per questa ragione i pezzi di
marmo forniti dalla ditta Piatti e rendicontati il 30 novembre 1898, erano
calcolati a metro lineare.
157. La tecnica è descritta nel verbale
di sopralluogo datato 11 agosto 1900
(ACCPC, C. 1900-1902), nel quale
Raffaele Faccioli e Ottavio Germano
prendono atto che 8 basi, 3 fusti, 4
capitelli e 7 archetti della galleria mediana, lesionati sia in senso orizzontale che verticale, erano stati sostituiti,
perché non era stato possibile consolidarli con “alie di ottone” (leggi: perni).
158. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 16 al 21 luglio 1900.
159. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 15 ottobre al 17 novembre 1900.
160. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 5 al 10 novembre e poi, per nuovi
conci della strombatura del portale,
dal 12 al 17 novembre (Diario dei lavori n. 16). Ancora dal 19 al 24 novembre si lavoravano conci nuovi in
marmo vicino all’architrave del portale centrale.
e Daniela Costa, Restauri e decorazioni tra Otto e Novecento, Piacenza
2013.
191. Dei due leoni acquistati per il
protiro su via Guastafredda ha scritto
Antonella Gigli (A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico
dei portali della Cattedrale di Piacenza, in Nicholaus e l’arte del suo
tempo, Ferrara 1985). L’antiquario
Rambaldi aveva spedito anche un
piccolo leone antico da collocare sulla
sommità della facciata sotto alla croce in ferro più consona, che avrebbe
dovuto sostituire quella in marmo secondo le disposizioni di Raffaele Faccioli (ACCPC, fasc. 8, adunanza del
1° giugno 1901). La croce in marmo
non venne sostituita e si disponeva
che il piccolo leone fosse impiegato in
un altro posto della cattedrale.
192. I membri della commissione decidevano che gli affreschi staccati dai
pennacchi venissero trasferiti su telai
e collocati nel palazzo gotico (ACCPC, fasc. 8, adunanza del 22 giugno
e del 21 dicembre 1901).
193. Giovanni Pagani fu incaricato
di scolpire 45 capitelli “a fogliami in
arenaria di Bobbio”, per un importo
di 18,80 lire per ciascun capitello. I
lavori furono saldati il 5 dicembre
1902. Insieme a Fedele Toscani, Giovanni Pagani fu incaricato anche per
la realizzazione del nuovo pergamo in
marmo botticino. Il costo pattuito era
di 10.233 lire (lettera del 24 marzo
1901) (ACCPC, C. 1900-1901-1902,
fasc. Contratti Pergamo, altari del
SS mo e della Madonna del Popolo,
vetrata Bertini, cancellata nel cortile, fornitura capitelli testata esterna
trasversa, opere murarie ad economia).
194. Restauri del duomo di Piacenza, Diario dei lavori. Anno 1901, n
17 (d’ora in poi, Diario n. 17), Settimana dal 31 dicembre al 5 gennaio
1901.
195. Diario n. 17, Settimana dal 14 al
19 gennaio 1901.
196. Diario n. 17, Settimana dal 28
gennaio al 2 febbraio 1901.
197. Diario n. 17, Settimana dall’11 al
16 febbraio 1901.
198. Diario n. 17, Settimana dal 4 al
9 marzo 1901.
199. Diario n. 17, Settimana dall’11 al
16 marzo 1901.
200. Diario n. 17, Settimana dal 18 al
23 marzo 1901.
201. Diario n. 17, Settimana dal 25 al
30 marzo 1901.
202. Monti costruiva i gradini, Spelta
le modanature del portale, Giovanni
Pagani capitelli e colonne, Fedele Toscani lavorava alle sculture. Gli affidamenti si leggono nei pagamenti (ACCPC, fasc. 8, Specifica dei pagamenti
fatti dalla Commissione amministrativa dei restauri): a “Giovanni
Pagani, per i nuovi portali della cripta; a Fedele Toscani per le sculture
degli amboni; Luigi Morgari: affreschi
161. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 10 al 15 dicembre 1900.
162. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 18 al 22 dicembre 1900. Il leone
viene rimosso il 18 dicembre.
163. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 24 al 29 dicembre 1900.
164. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 23 al 28 luglio 1900.
165. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 26 febbraio al 3 marzo 1900.
166. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 28 maggio al 2 giugno 1900.
167. La recente caduta di alcuni conci ha portato in luce un sodo murario
in laterizi frammentati riconducibili
all’intervento del ‘cantiere Guidotti’.
168. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 19 al 24 novembre 1900.
169. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 25 al 30 giugno 1900.
170. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 24 al 29 settembre 1900. I lavori
proseguirono fino alla fine dell’anno.
171. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 4 al 6 giugno 1900.
172. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 4 al 6 giugno 1900.
173. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 14 al 19 maggio 1900.
174. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 12 al 17 novembre 1900.
175. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 12 al 18 febbraio 1900.
176. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 12 al 17 marzo 1900.
177. ACCPC, Diario n. 16, Settimana dal 7 al 12 maggio 1900. I lavori
di stamponamento si concluderanno
agli inizi di luglio.
178. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 17 al 22 dicembre 1900.
179. ACCPC, Diario n. 16, Settimane
dal 15 gennaio al 3 marzo (Diario n.
16). Tra il 30 aprile il 5 maggio iniziava lo smontaggio della cantoria e
dell’organo.
180. ACCPC, Diario n. 16, Settimane
dall’8 gennaio al 7 aprile 1900.
181. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dall’8 al 14 gennaio 1900.
182. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 15 al 21 gennaio 1900.
183. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 22 al 28 gennaio 1900.
184. Nella settimana dal 12 al 18 febbraio 1900 (ACCPC, Diario n. 16)
si demolivano le “4 voltine avendo
dovuto innalzare il muro divisorio
d’ambito di sostegno per le rimanenti
conservate e formanti con muro piè
di croce”.
185. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 12 al 18 febbraio 1900.
186. ACCPC, Diario n. 16, Settimane
dal 12 al 24 marzo.
187. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 4 al 9 giugno.
188. ACCPC, Diario n. 16, Settimana
dal 2 al 7 luglio.
189. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 22
marzo 1901.
190. S. Pighi, Pitture murali in duomo tra medioevo ed età moderna,
57
nella cappella di san Martino; Aristide
Secchi: decorazione a fascia attorno
ai dipinti del Procaccino ; Tommaso
Piatti per la scala maggiore: Toscani
e Pagani per altari del SS Sacramento e Madonna del Popolo; Toscani per
parapetto amboni e Pagani per cornici amboni; Tommaso Piatti per altari
piccoli; Alfredo Tansini, per affresco
sacra Famiglia; Pietro Spelta lavori
alla galleria nord (pezzi squadrati);
ditta Monti per calchi in gesso fatti a
Chiaravalle della Colomba; Giovanni
Pagani per i capitelli della rotonda
a nord (abside transetto nord) e tre
lati contigui, Giovanni Pagani per 4
colonne del tempietto della madonna del Popolo; Pietro Spelta, per la
galleria sotto il campanile o della testata in curva; Fedele Toscani per le
sculture di restauro al portale verso
via Guastafredda; Giovanni Pagani,
per i capitelli nuovi del portale di via
Guastafredda; Spelta, lavori al portale
di via Guastafredda basamento e gradinata”.
203. Diario n. 17, Settimana dal 7 al
12 gennaio 1901.
204. A. Gigli, Introduzione ai restauri dell’apparato plastico dei portali
della Cattedrale di Piacenza, 1985.
205. Diario n. 17, Settimana dal 14 al
19 gennaio 1901.
206. Diario n. 17, Settimana dall’11 al
16 marzo 1901.
207. Diario n. 17, Settimana dal 4 al
9 marzo 1901.
208. Diario n. 17, Settimana dal 4 al
9 marzo 1901.
209. Diario n. 17, Settimana dal 25 al
30 marzo 1901.
210. Diario n. 17, Settimane dal 4 al
23 marzo 1901.
211. Diario n. 17, Settimane dal 31
dicembre 1900 al 30 marzo 1901.
212. Diario n. 17, Settimana dal 25
maggio al 1° giugno 1901.
213. Il portale merita, d’ora in poi,
un’attenta indagine dei pezzi e dei
litotipi.
214. Diario n. 17, Settimane dal 25
maggio al 15 giugno 1901.
215. R. Cassanelli, Proposte per una
definizione degli interventi di restauro della decorazione plastica della
cattedrale di Piacenza, in Nicholaus
e l’arte del suo tempo, Atti del seminario internazionale (Ferrara, 1981),
a cura di A.M. Romanini, ed. Corbo,
Ferrara 1985, p. 150.
216. Diario n. 17, Settimane dal 25
aprile al 18 maggio 1901.
217. Diario n. 17, Settimana dal 16
all’11 maggio 1901.
218. Diario n. 17, Settimane dal 6 al
18 maggio 1901. Il 28 maggio veniva
rimossa la muratura dall’ultimo pennacchio.
219. Diario n. 17, Settimane dal 1°
luglio al 21 settembre 1901.
220. Diario n. 17, Settimana dal 2 al 7
settembre 1901.
221. Diario n. 17, Settimana dal 30
settembre al 5 ottobre 1901.
222. Diario n. 17, Settimana dall’8 al
13 luglio 1901.
223. Diario n. 17, Settimana dal 5 al
10 agosto 1901.
224. ACCPC, fasc. 8, adunanza del 3
gennaio 1917.
225. C. Guidotti, La cupola del duomo di Piacenza. Sue condizioni statiche, proposte di robustimento, luglio
1905 (ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M
21,1892-1905).
226. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928.
227. Opere di consolidamento della
cupola dell’insigne Cattedrale di Piacenza, spese sostenute dal 18 gennaio
1905 al 10 maggio 1911, Camillo
Guidotti, 14 giugno 1911(ASABAPPR,
ASBAP, b. PC/M 21, 1901-1928).
228. M. Strinati, Carlo Strinati 18931964, in “Strenna Piacentina”, 2018.
229. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1892-1905; b. PC/M 21 Duomo 19011928; b. PC/M 21, 1930-1982.
230. Archivio Opera Parrocchiale
della Cattedrale di Piacenza (d’ora
in poi, AOPCPC), b. 10, fasc. Lavori
dell’abside 1922-1925.
231. Sarebbe interessante indagare
due altri archivi fotografici di Piacenza, quello di Francesco Fornaroli e
M. Carlotti, che ci risulta avrebbero
ripreso i lavori di restauro (AOPCPC,
b. 10, fasc. Lavori dell’abside 19221925, Restauri all’esterno dell’abside maggiore negli anni 1922-1923.
Alligati n. 8, relazione di Camillo
Guidotti all’arciprete e presidente
dell’Opera Parrocchiale Ludovico
Mondini, Piacenza 15 gennaio 1924),
ma al momento della nostra ricerca
non ci è stato possibile rintracciare il
materiale
232. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo
di Piacenza. Rapporti, stime, perizie
chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del
duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di
massima dei restauri, Guglielmo della Cella, 30 dicembre 1884.
233. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo
di Piacenza. Rapporti, stime, perizie
chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del
duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di
massima dei restauri, 1° aprile 1885.
234. ACCPC, Commissione Amministrativa per i restauri del duomo di
Piacenza. Rapporti, stime, perizie
chimiche ecc. n.11, fasc. Commissione amministrativa pei restauri del
duomo di Piacenza. Copia della perizia sommaria relativa al progetto di
massima dei restauri, 21 febbraio
1895.
235. ACCPC, Dario 1898, n. 14.
236. ACCPC, Diario 1899, n. 15.
237. ACCPC, fasc. Città di Piacenza, Commissione Amministrativa,
Restauri del Duomo, Libro delle deliberazioni, 1897-1912, n. 8, adunanza
del 21 settembre 1899. Si veda anche
BELTRAMI, 1899.
238. ASABAPPR, ASBSA, Piacenza
Duomo, A.V. 21 (1890-1905), lettera del vescovo Giovanni Battista
Scalabrini al direttore dell’Ufficio
Regionale per la Conservazione dei
Monumenti dell’Emilia, Piacenza 6
dicembre 1899.
239. ACCPC, Diario 1900, n. 16.
240. ACCPC, Diario 1900, n. 16.
241. ACCPC, Diario 1900, n. 16.
242. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
Cattedrale 1901-1928, Restauri al
duomo di Piacenza, 1902 (?).
243. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
Cattedrale 1901-1928, lettera di Luigi
Corsini (Soprintendente della Regia
Soprintendenza ai Monumenti dell’Emilia in Bologna) a Camillo Guidotti
(ora Ispettore onorario dei Monumenti), Bologna, 18 novembre 1920.
244. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M
21, Cattedrale 1901-1928, lettera di
Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 19 novembre 1920.
245. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Opere di
restauro e di consolidamento alla
grande abside corale. Preventivo
delle spese da sostenersi 1922.
246. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri
all’abside maggiore del duomo di
Piacenza, contratto stipulato tra la
Veneranda Opera Parrocchiale del
Duomo e lo scultore Carlo Strinati,
s.d. (1922, fine).
247. Carlo Strinati (Piacenza, 7 giugno
1893 – Piacenza, 21 gennaio 1964),
si forma all’Accademia Albertina di
Torino, completando gli studi artistici
come scultore. Dal 1910 al 1915 vive
e lavora a Parigi frequentando la bottega di Auguste Rodin come praticièn.
La sua arte risentirà sempre dell’influenza del maestro. I 5 anni a Parigi
gli permettono di frequentare l’ambiente dell’avanguardia artistica del
‘900 e stringe legami con vari artisti
come Modigliani. Nel 1915 si arruola
come volontario partendo per il fronte. Dopo la guerra, tornato a Piacenza
riprende la sua carriera di scultore realizzando numerose opere pubbliche,
fra cui i lavori all’abside del Duomo
di Piacenza (1923-25), l’altorilievo
ad Alessandro Casali nel famedio di
palazzo Gotico (1926), il rosone di S.
Francesco (1931), la statua del Partigiano Giannino Bosi nel cimitero cittadino, inaugurata nel 1946, la tomba di
mons. Pellizzari in Duomo, le sculture
per l’ingresso della Casa del Mutilato
(1938). È assunto come ‘ornatista’
dal 1940 al 1943 presso la Veneranda
Fabbrica del Duomo di Milano. Partecipa a diverse mostre d’arte cittadine e
provinciali e nel 1934 vince il premio
alla mostra Interprovinciale Sindacale
Emiliana con l’opera il Bisavolo oggi
custodita presso la Galleria Ricci Oddi
(Pc). Si dedica anche al ripristino architettonico progettando la facciata
della chiesa di Tavernago (Pc). Negli
anni ’50, restaura le parti figurative
scultoree della basilica di S. Agostino
(notizie da Roberta Morisi).
248. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri
all’abside maggiore della cattedrale
di Piacenza, acconto e residuo, lettera di Carlo Strinati all’Opera parrocchiale del duomo, 27 dicembre 1923.
249. F. Arisi, Quella finestra che arricchisce l’abside del nostro Duomo,
in “Il Nuovo Giornale”, 17 aprile 2009.
250. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori dell’abside 1922-1925, Restauri
all’abside maggiore del duomo di
58
Piacenza, contratto stipulato tra la
Veneranda Opera Parrocchiale del
Duomo e gli scalpellini Sante Bassi e
Pietro Spelta, s.d. (1922, fine).
251. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori
dell’abside 1922-1925, Resoconto dei
lavori della ditta Bassi & Spelta, Piacenza 27 dicembre 1923.
252. AOPCPC, b. 10, fasc. Lavori
dell’abside 1922-1925, Specifica e
importo dei lavori, Camillo Guidotti,
Piacenza 7 gennaio 2024; poi Restauri
all’esterno dell’abside maggiore negli
anni 1922-1923. Alligati n. 8, relazione del direttore dei lavori Camillo Guidotti all’arciprete e presidente dell’Opera Parrocchiale Ludovico Mondini,
Piacenza 15 gennaio 1924.
253. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928, Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 15
luglio 1922.
254. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928, Lettera di Camillo Guidotti a Luigi Corsini, Piacenza, 15
luglio 1923.
255. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928, Lettera di Augusto Bisotti a
Luigi Corsini, Piacenza, 15 giugno 1925.
256. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928, Lettera di Luigi Corsini a
Augusto Bisotti, Piacenza, 17 giugno
1925.
257. ASABAPPR, ASBAP, b. PC/M 21,
1901-1928, Lettera di Luigi Corsini a
mons. Mondini (capo del Capitolo),
Bologna, 6 luglio 1925.
258. Si ringraziano: le restauratrici
Arianna Rastelli e Roberta Ferrari
della ditta Restauro snc di Piacenza,
attualmente impegnate nel restauro
dell’abside, per il confronto critico e
la disponibilità di averci accolti sui
ponteggi; l’architetto Camilla Burresi, funzionario della Soprintendenza
Archeologia Belle Arti e Paesaggio per
le province di Parma e Piacenza, per
averci illustrato le metodologie adottate nel restauro in corso e il progettista e direttore dei lavori architetto
Fiorenzo Barbieri, che ci ha permesso
di accedere al cantiere.
259. Analisi non invasiva tramite diffrazione dei raggi X in situ (XRD) e
fluorescenza dei raggi X (XRF).