ri-vista
La Saja d’Oro:
narrare e leggere paesaggi attraversandoli
Giancarlo Gallitano
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo
[email protected]
Eleonora Giannini
Università degli Studi di Firenze, DIDA Dipartimento di Architettura
[email protected]
Manfredi Leone
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo
[email protected]
Lorenzo Nofroni
Università degli Studi di Firenze, DIDA Dipartimento di Architettura
[email protected]
01
seconda serie
2022
Serena Savelli
ricercatrice indipendente
[email protected]
Abstract
Lo stretto rapporto che lega spazio e movimento è tale che l’uno può essere considerato generatore dell’altro e viceversa. Il movimento è un atto di lettura-(ri)scrittura del paesaggio e
il progetto di paesaggio come progetto di mobilità lenta stabilisce direttrici di esplorazione e
di conoscenza del territorio definendone, in maniera più o meno implicita, le chiavi di lettura.
Modalità e tempi di percorrenza insieme alla cadenza delle soste producono una narrazione
che coinvolge la comunità. Il caso presentato, il progetto di conversione in greenway di un ex
tracciato ferroviario nell’area urbana di Palermo, mostra come un intervento progettuale possa
condizionare il modo in cui ci si appropria dello spazio e, parallelamente, come la pratica del percorrere e dell’attraversare implichi la rinuncia alla pretesa monosemia funzionale che spesso si
riscontra nei progetti di architettura.
Parole chiave
Paesaggio, greenway, comunità, luogo.
Abstract
The close relationship that binds space and movement is such that one can be considered the
generator of the other and viceversa. Movement is an act of reading-(re)writing of the landscape
and the landscape project as a slow mobility project establishes guidelines for the exploration and
knowledge of the territory, defining more or less implicit interpretations. Methods and times of
travel with the frequency of the stops produce a narrative that involves the community. The case
presented, the project of conversion of a former railway line in the urban area of Palermo into
greenway, shows how a design intervention can affect the way in which space is appropriated
and, at the same time, how the practice of walking and crossing implies giving up the functional
monosemic claim that can be often found in architectural projects.
Keywords
Landscape, greenway, community, place.
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Received: December 2021 / Accepted: May 2022 | © 2021 Author(s). Open Access issue/article(s) edited by QULSO,
distributed under the terms of the CC-BY-4.0 and published by Firenze University Press. Licence for metadata: CC0 1.0
DOI: 10.36253/rv-12525- www.fupress.net/index.php/ri-vista/
Gallitano et al.
Introduzione1
Il contributo affronta, attraverso considerazioni di
carattere teorico-disciplinare e metodologico-progettuale, il rapporto tra progetto di mobilità lenta e
progetto di paesaggio a partire dell’esperienza condotta dagli autori nell’ambito del concorso internazionale di progettazione in due gradi per la Riconversione ad uso pista ciclabile greenway della dismessa
ferroviaria a scartamento ridotto Palermo-Camporeale nel tratto Palermo-Monreale2.
Oggetto del concorso di progettazione è stata la
conversione in greenway dell’ex tracciato ferroviario a scartamento ridotto Palermo-Salaparuta, noto come ‘Ferrovia Palermo-Camporeale’, località fino a cui venne effettivamente realizzato il sedime.
Il tracciato fu solo parzialmente realizzato negli anni Trenta del secolo scorso e la linea non entrò mai
in esercizio. Avrebbe dovuto collegare la Stazione di
Palermo Lolli, che ricade all’interno dell’espansione
tardo ottocentesca della città, con la stazione di Salaparuta in provincia di Trapani.
L’intervento è limitato al tratto che collega Palermo e Monreale, attraversando la Piana di Palermo
e costeggiando i monti che la lambiscono, tra i quali sorge il Comune di Monreale. Il progetto di conversione si inserisce nel programma di valorizzazione sociale e culturale del sito UNESCO Palermo
arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale (Azione prioritaria n. 1, Obiettivo n. 1), definen-
dolo “collegamento ciclopedonale eco-sostenibile
e di elevata caratterizzazione storico-paesaggistica, fra Palermo e Monreale” 3.
L’ex tracciato ferroviario è caratterizzato dalla presenza di manufatti e opere (case cantoniere, stazioni, gallerie, ponti, viadotti) di elevata qualità e in
buono stato di conservazione. Lungo i 12 Km di sviluppo, il percorso intercetta ambiti di paesaggio differenti (in fase di analisi ne sono stati individuati sette): dalla città consolidata, racchiusa dalla circonvallazione di Palermo, alle frange periurbane,
ove tuttora vegetano i jardini d’agrumi sui quali si
fonda il mito della Conca d’Oro.
Costruire e leggere paesaggi attraversandoli
“Si ha uno spazio dal momento in cui si prendono in considerazione vettori di direzione, quantità
di velocità e la variabile del tempo. Lo spazio è un
incrocio di entità mobili. [...] insomma, lo spazio è
un luogo praticato. Così la strada geograficamente
definita da un’urbanistica è trasformata in spazio
dai camminatori. Allo stesso modo la lettura è lo
spazio prodotto attraverso la pratica del luogo che
costituisce un sistema di segni – uno scritto” (de
Certeau, 2001, p. 176).
L’analogia con la lettura apre una riflessione interessante sulla dimensione progettuale dello spazio. È
utile richiamare la ricerca di Augoyard (1989) rela-
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tiva a una retorica del camminare che decodifica e
descrive le dimensioni sensoriali, socio-relazionali
e immaginarie che un abitante istaura con il proprio
quartiere. Una tale analisi può essere impiegata come strumento progettuale per definire percorsi che
leggono e interpretano il paesaggio attraversato.
Così come l’atto di leggere è una (ri)scrittura immobile di un testo, il camminare può essere interpretato come una lettura-(ri)scrittura del paesaggio. Se
camminare è una forma di espressione, allora esiste
una retorica del camminare “[...] che inserisce l’organizzazione degli stili di ogni abitante e le correlazioni tra questi stili all’interno di uno spazio comune”
(Augoyard, 1989, p. 29).
La complessità di significati che lo spazio progettato assume nelle camminate è espressa da quelle che Augoyard chiama ‘figure poliseme’: l’ambivalenza, quando il significato di un elemento oscilla tra
due poli opposti; la polisemia sfalsata, quando un
elemento assume diversi significati che sono simili e interconnessi; la biforcazione, il comportamento
in corrispondenza di un punto di scelta lungo un percorso; la metatesi della qualità, quando “[...] il passaggio ripetitivo su uno stesso luogo può cambiare
qualitativamente per la differenza nel ciclo cronologico quotidiano” (Augoyard, 1989, p. 50). Questo insieme di figure mostra come nell’esperienza quotidiana lo spazio progettato perda la presunta monosemia funzionale: “[...] la varietà di usi smantella l’elegante aspetto del prodotto finito” (Augoyard,
1989, p. 43).
A queste figure elementari Augoyard aggiunge
quelle combinatorie della ridondanza e della simmetria, che si notano alla scala di interi percorsi. Le
figure della ridondanza introducono nell’atto del
camminare l’elemento irrazionale del pathos. La
metabole è usata per descrivere i diversi toni (per es.
ironico, poetico, o giocoso) con cui una camminata è
condotta. L’anafora descrive una camminata caratterizzata da una dinamica centripeta attorno a un
elemento attrattore di carattere simbolico.
L’iperbole denota una deambulazione sovraccaricata di significati tradotti in espressioni esagerate
(come quando il verbo scalare è usato per descrivere
la camminata su una collinetta nel parco). Le figure
della simmetria descrivono il modo in cui i percorsi
sono combinati e orientano le proprie camminate.
La simmetria propriamente detta è alla base di tutte le alternanze di percorsi. La dissimmetria è prodotta per lo più per caso quando, dopo l’andata, il ritorno previsto non ha luogo e viene preso un altro
tragitto. L’asimmetria si può osservare ogniqualvolta un tragitto è caratterizzato nel suo insieme
da molteplici variazioni divergenti. Quest’insieme
di figure mostra il modo in cui lo spazio progettato è decostruito e spezzettato negli usi quotidiani.
Le ultime due figure retoriche di Augoyard, la sineddoche e l’asindeto, operano al livello delle relazioni tra le parti che compongono un percorso. La sineddoche concerne la relazione tra l’intero e le parti, quando una parte è usata per indicare l’intero o l’intero è usato per indicare una parte: come nel caso di una specifica porzione del parco descritta come ‘il parco’ tout court o nel caso di
uno spazio che è identificato riferendosi a uno dei
suoi elementi specifici. L’asindeto, invece, descrive
i legami attraverso i quali ciascun elemento dell’espressione (parte del tragitto) si relaziona agli altri
in modo da costruire l’espressione nel suo insieme
(l’intero percorso).
Va sottolineato che per Augoyard i tragitti sarebbero composti da un insieme di frammenti tendenzialmente discontinui. Questa sarebbe la principale differenza strutturale tra il testo letterario e
il testo prodotto dal camminare.
Le figure retoriche del camminare descritte sono
usate da Augoyard per delineare i diversi modi in cui
lo spazio progettato è fatto proprio dagli abitanti di
un quartiere. Questi sembrano riconfigurarlo in maniere pressoché infinite, facendo apparire praticamente irrilevante la capacità del progetto di condizionarne le modalità di appropriazione.
Gallitano et al.
Fig.1 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Il tracciato della greenway e gli ‘ambiti paesaggistici’ di intervento, elaborazione degli autori.
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Fig.2 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Galleria artificiale dell’ex tracciato ferroviario in prossimità del Comune di Monreale
che ricrea lo sfondo originario di una delle fontane del Settecento poste sulla strada panoramica Palermo-Monreale.
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Invertendo questa chiave di lettura e utilizzando i
meccanismi di appropriazione di significato evidenziati da Augoyard attraverso le figure retoriche descritte, è possibile strutturare percorsi di progetto che
guidano verso la scoperta di significati di spazi precedentemente esclusi ma mai rifiutati. “È l’esclusione
di un territorio non raccontato che, non vissuto, equivale ad una pura assenza” (Augoyard, 1989, p. 32).
Progettare una greenway significa operare una narrazione a partire dalla lettura dei luoghi attraversati, soprattutto quando di essi si è persa la memoria nel quotidiano. Si tratta di operare la descrizione dello spazio e “[...] più precisamente la descrizione di ciò che non si guarda mai perché vi si è, o si crede di esservi, troppo abituati e per il quale non esiste
abitualmente discorso” (Perec, 1993, p. 91).Il luogo è
una questione in sospeso, occorre “[...] interrogarlo,
o, più semplicemente ancora, leggerlo; poiché quello che noi chiamiamo quotidiano non è evidenza, ma
opacità: una forma di cecità, una specie di anestesia” (Perec, 1989b, IV di copertina).
Un’altra pratica che disegna lo spazio urbano incurante dei sensi vietati, delle corsie preferenziali e dei
posti auto a pagamento, è quella del ciclista cittadino. Dall’alto della bicicletta il mondo è diverso, anzitutto, proprio grazie all’innalzamento del punto
di vista: il ciclista è indiscutibilmente fuori dalla mischia (Tronchet, 2004, p. 35).
Nel progetto di una greenway le narrazioni non possono che seguire anche il ritmo del ciclista: il racconto del ciclista e delle sue traiettorie, come per il camminatore, si lega a odori ed atmosfere ma, rispetto ad esso, sono gli accidenti dello spazio percorso
a emergere (salite, falsipiani, curve a gomito e discese). Allo stesso modo, vengono percepite le variabili del tempo (ore e stagioni) e della meteorologia. Lo spirito di adattamento e la valorizzazione degli eventi casuali a livello narrativo creano un contesto ludico in cui l’ironia permea lo sguardo sul mondo, come avviene nel Piccolo trattato di ciclosofia di
Didier Tronchet (2004).
Pertanto la narrazione del camminatore e del ciclista inevitabilmente si sovrappongono e i punti di discontinuità del tragitto (soste, deviazioni e attraversamenti) diventano nodi che operano relazioni
tra le parti che compongono il percorso e che insieme rileggono il paesaggio attraversato.
La greenway come dispositivo semiotico
Il progetto lega i temi della landscape literacy4 a
quelli della sostenibilità ambientale, secondo quattro indirizzi progettuali attraverso i quali la Saja D’Oro è proposta come: manifesto del paesaggio attraversato; dispositivo retro-innovativo che rielabora elementi tradizionali dello spazio idraulico arabo
della Conca d’Oro, secondo approcci progettuali di
Water Sensitive Urban Design (Lloyd et alii., 2002);
moltiplicatore di luoghi comunitari accessibili e percorribili; sistema di innesco e di supporto ai processi sociali. Pertanto, l’intervento aspira a essere uno
strumento di sedimentazione di un’immagine paesaggistica condivisa, un laboratorio di mappatura
sistematica e incrociata della percezione di abitanti-insider e viaggiatori-outsider e un percorso che si
ispira alle tecniche di mappatura e conoscenza del
territorio teorizzate da Kevin Lynch.
Rispetto al primo indirizzo progettuale, la greenway è
stata interpretata come occasione per strutturare un
percorso di narrazione diacronica e multilivello del paesaggio attraversato. Tale percorso, basato sull’apporto conoscitivo delle comunità locali, grazie a interventi di grafica pavimentale o muraria supportati da
una ricognizione bibliografica e alla realizzazione di
parchi e giardini ispirati agli elementi iconemici della
Conca d’Oro, guida viatores e ciclisti alla lettura e alla
conoscenza del paesaggio attraversato.
Per rafforzare l’attitudine intrinseca del percorso
quale strumento di narrazione del territorio esso
viene disseminato di segni, indizi e inviti a guardare,
comprendere, conoscere gli elementi salienti, evidenti o nascosti, enfatizzando e rivelando elementi
del ‘paesaggio infra-ordinario’ (Perec, 1989a).
Gallitano et al.
Fig. 3 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Intervento di grafica pavimentale: punto di partenza del tracciato (Stazione Notarbartolo).
Fig.4 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Punto panoramico sulla Conca d’Oro: uno dei landmark individuati come punto significativo per viaggiatori e abitanti
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Fig.5 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Giardino di pomelie (Plumeria L.): intervento in corrispondenza del viadotto Boccadifalco.
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Il percorso offre molteplici livelli di lettura (geomorfologica, idrologica, pedologica, botanica, etnobotanica, urbanistica, architettonica e antropologica),
ma si concentra soprattutto sull’agricoltura palermitana nell’intervallo che descrive la sua età dell’oro, dalle prime applicazioni della rivoluzione idraulica araba al lussureggiamento dei giardini d’agrumi
sette-ottocenteschi (cfr. Barbera, La Mantia, 2007).
Il progetto prevede una sequenza di sessantacinque
citazioni/interventi come primo corpo della narrazione paesaggistica. Queste sono inserite in corrispondenza dei Landmark (Lynch, 1960), punti di riferimento spaziali presi in considerazione sia dagli abitanti,
come luoghi di interesse della comunità, sia dai diari di viaggio del Grand Tour: manufatti artistici e architettonici e punti panoramici di indiscusso valore.
Gli interventi di landscape literacy sono volti a promuovere la vocazione intrinseca del camminare quale
pratica estetica e analitica del paesaggio. Questi sono essenzialmente di due tipi: diretti e indiretti. I primi rilevano o ricostruiscono i frammenti di paesaggio,
piccoli o arealmente significativi: attraverso la vegetazione, si evidenziano gli elementi chiave ai fini della comprensione del paesaggio storico e contemporaneo della Conca d’Oro. Trattasi di pochi interventi volti a integrare il trasferimento di conoscenze sul paesaggio alla realizzazione di spazi e servizi per gli utenti. Afferiscono a questa tipologia d’intervento la messa a coltura di un palmizio o il restauro di un frutteto;
in entrambi i casi si attua una rievocazione, più o meno creativa, di iconemi portanti dell’immagine del paesaggio attraversato. Il primo, simbolo per eccellenza della rivoluzione agricola araba, rimanda all’antico
e perduto palmeto che vegetava nei pressi della città,
mentre il secondo consta nella ricreazione di un lembo di quell’agricoltura tradizionale che costituiva la
matrice paesaggistica della Conca d’Oro fino ai primi
anni Cinquanta e che ora sopravvive solo in pochi luoghi non direttamente esperibili lungo il tracciato della
greenway. Tali interventi, oltre che a costituirsi come
luoghi ameni per abitanti e fruitori, mirano a evoca-
re e a far provare l’esperienza di stupore per il rigoglio e la biodiversità della vegetazione palermitana
che sistematicamente colpiva e che tutt’ora colpisce laddove le sia dato spazio.
Gli interventi indiretti agiscono mettendo in evidenza segni e contenuti del paesaggio che altrimenti sfuggirebbero perché piccoli, occultati, confusi
nel caos semiotico della città, o perché immateriali e quindi invisibili, o trapassati e scomparsi, oppure perché visibili e intellegibili solo a chi dispone dei
riferimenti culturali della semiosi in-group e cioè solo agli abitanti. Ciò, ad esempio, accade nel caso del
particolare significato etnobotanico attribuito, nella tradizione locale, alla pomelia (Plumeria L.). Tali
contenuti sommersi sono portati all’attenzione del
camminatore e del ciclista dalle frasi di alcuni autori locali, scelti tra i più significativi e competenti, nonché tra i diari di viaggio.
Sono la sede stradale, o alcune superfici verticali nelle sue immediate vicinanze, a fare da medium tra il
narratore e il passeggiatore, riportando opportune
citazioni a mezzo di pittura spray con tecnica stencil.
Trattasi sempre di brevi cenni e indizi, e non di informazioni didascaliche, usati come note a piè di pagina
del testo paesaggistico: non si propongono di spiegare, ma di incuriosire. Data l’economicità e la semplicità della realizzazione, la narrazione operata è suscettibile di essere integrata nel tempo nonché di essere, auspicabilmente, emulata e replicata per iniziativa spontanea da parte di scuole e associazioni
culturali assistite a mezzo di processi partecipativi5.
La greenway come dispositivo retroinnovativo
Anche la stessa infrastruttura è un richiamo semantico al paesaggio agrario attraverso un sistema integrato di gestione delle acque meteoriche che richiama lo spazio idraulico arabo (Barbera, 2007). Infatti, rispetto alla seconda linea progettuale, il percorso ciclo-pedonale integra un ‘dispositivo retro-innovativo’ che opera come meccanismo di mitigazione
ambientale per la gestione delle acque meteoriche.
Gallitano et al.
Fig.6 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Il dispositivo saja: la condotta alimenta un sistema di raingarden.
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Fig.7 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Il dispositivo saja: la gestione delle pendenze permette di portare in quota
l’acqua ed alimentare per gravità il giardino di agrumi all’interno di Parco Villa Turrisi.
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Tale sistema è un richiamo a un elemento della tradizione irrigua della Conca d’Oro: la saja. Nella Piana di Palermo la gestione e distribuzione dell’acqua
irrigua proveniente dalle sorgenti, dagli sbocchi dei
qanat (sorgenti artificiali) e dai pozzi a ruota idraulica (senie) era assicurata da una fitta rete di canalizzazioni a scacchiera denominate, con etimo di derivazione araba, saje (saqiya). Si tratta di condotte a
cielo aperto a sezione quadrata o rettangolare quasi sempre rettilinee. Solitamente erano realizzate in
conci di calcarenite messi in opera e sigillati con malta di calce idraulica, con fondo talvolta rivestito con
mattoni in terracotta per preservarlo dall’erosione,
oppure erano scavate direttamente nella roccia, ove
affiorante. Le dimensioni (in media 20-30 cm di lato) variavano in relazione alla gerarchia idraulica. La
saja mastra rappresentava il primo livello di distribuzione dell’acqua attraverso una serie di canali secondari sempre più ramificati e di minore sezione. Dalle
vasche idriche irrigue (gebbie), l’acqua era distribuita
con le saje, che negli orti trovavano le loro ultime ramificazioni attraverso i solchi dei vattali6 (batil).
Recuperando e innovando l’elemento tradizionale della saja, la greenway incorpora un manufatto idraulico contemporaneo che funge da elemento di raccolta, rallentamento, infiltrazione e stoccaggio delle acque piovane. Trattasi di una canaletta a sezione quadrata che capta le acque provenienti dai tratti stradali attraversati, le convoglia tramite caditoie all’interno di una condotta sottostante e le immette all’interno di un sistema di cisterne di detenzione, accumulo e/o rilascio. Questo dispositivo serve a mitigare gli effetti delle periodiche
e violente piogge che colpiscono la città e che nelle
aree di intervento causano allagamenti e danni. In
fase di analisi, infatti, è emerso il problema del dissesto idrogeologico determinato dalla speculazione
edilizia nel periodo del ‘Sacco di Palermo’, che ha distrutto il sistema di regimentazione delle acque della Piana. Là dove la greenway intercetta l’area delle
periferie edificate tra gli anni Sessanta e Settanta,
si verificano periodici fenomeni di allagamento dovuti alla scarsa permeabilità dei suoli e all’interruzione del sistema di canalizzazione delle acque. Un
problema percepito come cruciale e critico, sottolineato più volte dai cittadini nel corso dei sopralluoghi, oltre che segnalato dal Piano di Assetto Idrogeologico ed evidenziato come tale dai sempre più disastrosi e ricorrenti accadimenti.
Analogamente all’esperienza di Mill Creek (Spirn,
2005), la gestione delle acque meteoriche diventa occasione per il recupero paesaggistico delle aree
residuali che mira ad attivare processi di ‘alfabetizzazione’ al paesaggio e dunque anche questa direttrice progettuale entra nel racconto che la Saja d’Oro opera. In esso assumono un rilievo centrale i manufatti irrigui a mezzo dei quali si applica la tecnica
idraulica tradizionale. Questi, dei quali la stessa saja
è simbolo, costituiscono le sotto-trame dello ‘spazio idraulico arabo’ che ha consentito il lussureggiamento dei frutteti della “paradisiaca Conca d’Oro di
Palermo paesaggio di giardini e miracolo prodotto
dal condizionamento delle acque” (Braudel, 1995).
Nella disponibilità e nella padronanza dell’acqua si
individua l’origine del mito della Conca d’oro che la
saja si propone di narrare. Mito, quest’ultimo, che a
sua volta si fonda su un altro (Barbera, 2007), quello della rivoluzione agricola araba, ritenuta per la Sicilia, nella sua lunga storia, la sola vera rivoluzione
agricola (D’Alessandro, 1994).
Un tracciato di spazi comunitari
Secondo la terza linea progettuale, la Saja D’Oro aspira ad essere un meccanismo moltiplicatore
di luoghi comunitari accessibili e percorribili. Dall’analisi del contesto di intervento e dall’ascolto delle istanze degli abitanti, è emerso un fabbisogno di
spazi comunitari. Discostandosi dalle grandi arterie
viarie, la greenway svela un arcipelago di aree verdi
residuali, attualmente intercluse e celate, che possono costituire un sistema di spazi di uso pubblico a
integrazione della carente dotazione attuale.
Gallitano et al.
Fig.8 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017.
Intervento sull’area di Parco Villa Turrisi: recupero della stazione e dell’area ferroviaria in parco agricolo e servizi per la comunità.
In questo senso, la Saja D’oro si configura come una
infrastruttura verde urbana (Peraboni, 2010) che,
basandosi su una dimensione multifunzionale delle aree verdi intercettate, risponde alla domanda di
qualità dei luoghi espressa dagli abitanti.
Strettamente connessa alla precedente, l’ultima linea di progetto interpreta la Saja D’Oro come sistema di innesco e di supporto ai processi sociali legati
ad azioni di rigenerazione di alcune aree verdi presenti nell’area di intervento. In particolare, la greenway
intercetta o lambisce alcune spazi residuali che sono
oggetto di pratiche di place-keeping (Dempsey, Burton, 2012) da parte di gruppi di cittadini. Grazie all’apporto conoscitivo di questi gruppi più o meno organizzati, è stato possibile approfondire la conoscenza
del territorio e comprendere il rapporto che gli abitanti hanno con esso. In particolare la greenway attraversa la V Circoscrizione di Palermo, dove negli ultimi anni sono state avviate rigenerazioni di aree verdi abbandonate da parte di associazioni di cittadini. Fra
queste aree spicca Parco Uditore, un vecchio fondo
agricolo di proprietà della Regione Siciliana, sul quale doveva essere edificato il suo centro direzionale,
aperto nel 2012 grazie a una mobilitazione cittadina e
oggi gestito da una cooperativa di residenti.
Un’altra area di elevato interesse è quella del parco di Villa Turrisi, area agricola di pertinenza di una
villa settecentesca oggi scomparsa. L’area, attraversata dal tracciato dell’ex ferrovia e contenente
una delle stazioni, presenta caratteri di pregio come elemento residuale del paesaggio agricolo. Per
questo motivo dal 2013 l’Associazione Parco Villa Turrisi si adopera affinché l’area venga trasformata in parco pubblico, in ottemperanza alle previsioni del PRG di Palermo. Va sottolineato che i processi di riappropriazione delle aree verdi in atto sono orientati anche al ripristino della legalità e al rispetto dei diritti di cittadinanza. Queste esperienze testimoniano come processi di landscape literacy, promossi da gruppi di cittadini, non si limitino
a leggere il paesaggio, ma lo interpretino in chiave
immaginifica e progettuale a partire dal riconoscimento di un suo valore.
Lungo i dodici chilometri del tracciato sono presenti cinque case cantoniere e tre stazioni di sosta. Questi immobili, e le relative pertinenze, sono stati interpretati come risorse per attivare un sistema di luoghi
comunitari, vere e proprie ‘case di quartiere’7, in cui i
cittadini possono collaborare alla cura e gestione del
proprio ambiente di vita.
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Per sostanziare gli obiettivi di progetto è stata posta molta attenzione all’analisi del contesto territoriale. Oltre alla ricognizione dei beni vincolati e degli
elementi di pregio paesaggistico-ambientale, attraverso sopralluoghi specifici si è cercato di ascoltare la
voce degli abitanti. Le conoscenze dirette e indirette
del territorio, pervenute attraverso esperienze e percezioni degli abitanti, hanno permesso di focalizzare
i nodi chiave dell’intervento. Sono state soprattutto
le esperienze di attivismo civico individuate a rappresentare un importante bagaglio di conoscenze, testimoniando la notevole sensibilità dei cittadini nei confronti della ricerca, riscoperta e salvaguardia degli elementi del paesaggio tradizionale della Conca d’Oro.
Occorre sottolineare che il contributo dei cittadini
all’elaborazione del progetto è avvenuto già nella fase di redazione dei documenti preliminari alla progettazione. Per approfondire il quadro conoscitivo, l’Amministrazione locale, infatti, si è avvalsa della collaborazione di diverse associazioni che si adoperano per la
valorizzazione delle risorse del territorio (tra cui l’Associazione Parco Villa Turrisi). In più, durante la fase
del progetto preliminare, sono stati condotti due incontri partecipativi, con l’obiettivo di discutere e affinare le scelte progettuali prima di passare alle successive fasi di progettazione.
Il viaggio come metafora di progetto
Il caso presentato mostra come la riattivazione di un
antico percorso, un ex tracciato ferroviario, generi una
rilettura del paesaggio attraversato.Un tale tipo di intervento non può risolversi in un’ottica puramente
funzionale che guardi alla greenway esclusivamente
come infrastruttura di mobilità dolce, ma può e deve
ambire a innescare un processo di significazione per
gradi che metta al centro la comunità.
Il progetto di una greenway non può che essere considerato sotto la prospettiva del viaggio. Come afferma Mario Soldati (1984), il viaggio è “[...] uno strumento per ordinare i significati, per illuminare il profilo delle cose e tenere insieme la complessità”. Così
il viaggio, analogamente al progetto di paesaggio, è
al tempo stesso processo cognitivo, ma anche progetto costruito sulla ricerca del nuovo e dell’inesplorato. Un percorso di formazione e conoscenza attraverso la scoperta. Come suggerisce la scrittrice Edith Wharton (1994), il fascino autentico del viaggio sta
nella “marginalità insondata”, che fa di esso un progetto aperto analogamente a quello di paesaggio in
cui “l’esclusività”, pianificata dal progettista, deve lasciare spazio alla “eccezionalità” della scoperta.
L’intervento di mobilità lenta diventa progetto di un
racconto di viaggio. Da qui lo sforzo di adattare le considerazioni teoriche di Augoyard (1989) a criteri utili
per strutturare la progettazione del percorso.
Gallitano et al.
Una dimensione narrativa e un approccio testuale
al progetto permettono di proporre letture e sguardi differenti, interpretazioni che “[...] avvicinano lo
sguardo dello spettatore/outsider a quello dell’attore/insider grazie all’uso di metodologie di ricerca e di
approcci attenti alla dimensione esperienziale e fenomenologica del paesaggio” (Turri, 1998, p. 248). In
tal modo un percorso diventa manifesto del paesaggio attraversato e mette in relazione diretta le “molteplici esperienze di paesaggio che contribuiscono
ad animare e co-costruire i paesaggi delle città contemporanee” (ibid.).
La Saja d’Oro è un progetto di paesaggio del quotidiano che si fa progetto di mobilità lenta: afferma la
volontà dei progettisti di opporsi “[...] all’abbandono dei luoghi del quotidiano, dei quartieri residenziali o di quelle aree interstiziali, paesaggi minimi spesso paradossalmente ricchi di biodiversità (Ferlinghetti, 2009), generata come effetto secondario e indiretto dello sviluppo delle mobilità veloci” (Cisani, 2018,
p. 251). La Saja d’Oro, sottolineando tali paesaggi minimi, promuove la diffusione di luoghi comunitari accessibili e percorribili e, nel tentativo di recuperarli, si
fa essa stessa racconto della perdita dei valori.
Il progetto di paesaggio deve necessariamente avere un approccio di intervento multilivello. A Palermo,
analogamente all’esperienza di Mill Creek, la questione del dissesto idrogeologico è occasione per recupe-
rare elementi del paesaggio agrario tradizionale, legandoli ai temi della sostenibilità ambientale e del
cambiamento climatico. Il progetto di paesaggio diventa strumento di conoscenza e sensibilizzazione
secondo i princìpi della landscape literacy, ricordando
che imparare a vedere è il presupposto per imparare
ad agire (Turri, 1974).
Il paesaggio come costruzione sociale richiede un’azione educativa pragmatica (Zanato Orlandini, 2007;
Castiglioni et alii., 2020) e può attuarsi attraverso
narrazioni nel progetto quando questo si configura come occasione di educazione alla cittadinanza.
Occorre comunicare che i paesaggi sono l’esito delle
scelte di chi ci ha preceduto, in cui ha avuto peso il diverso ruolo giocato dai diversi attori. Contemporaneamente è auspicabile che il progetto educhi a guardare i paesaggi di oggi in prospettiva futura, promuovendo l’acquisizione di un senso di responsabilità che tenga conto del contesto, del sistema di regole e dell’apporto del singolo nell’alimentare una narrazione continua. Ciò può avvenire se il progetto favorisce il coinvolgimento,anche emotivo, generando
motivazioni per azioni di cura e tutela del paesaggio
(Spirn, 2005) e facilitando l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del ruolo del singolo e della società relativamente alla trasformazione dei paesaggi
(Spirn, 2005; Castiglioni et al. 2007).
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ri-vista
01
seconda serie
2022
282
Note
Benché questo contributo possa essere considerato il risultato delle comuni riflessioni degli autori, ai fini dell’attribuzione dei paragrafi il 2°si deve a Giancarlo Gallitano,il
3° a Serena Savelli, il 4° a Lorenzo Nofroni, il 5° a Eleonora Giannini e il 6° a Manfredi Leone. L’introduzione è stata
scritta congiuntamente dagli autori.
2
Il concorso, bandito dal Comune di Palermo nell’ottobre
del 2017 e conclusosi a luglio del 2018, ha visto l’assegnazione di due primi premi ex-equo. I due gruppi vincitori collaborano per integrare i due progetti e presentare una proposta unitaria. Attualmente il progetto è in fase di progettazione esecutiva. Il presente contributo fa riferimento al
solo progetto ‘La Saja d’Oro’ del quale gli scriventi sono coautori insieme agli architetti Antonino Terrana (capogruppo), Lucio Lorenzo Pettine e Marco Viggiano.
3
Consultabile al seguente link: http http://unescosicilia.
it/wp/wp-content/uploads/2015/07/Piano-di-Gestione-PA-ARAB.pdf (ultimo accesso 10/12/2021).
4
Processo volto a costruire reale coinvolgimento della popolazione sui temi del paesaggio, a partire dalla sensibilizzazione e dall’educazione. Il concetto è utilizzato e approfondito da Anne Whiston Spirn (2005), che illustra il
processo di coinvolgimento della popolazione locale nella
ri-progettazione di un sobborgo di Philadelphia grazie alla
condivisione dei diversi punti di vista sul paesaggio.
5
Questa esperienza di landscape literacy è stata solo prevista in fase di progetto ed è stata suggerita dalle esperienze dei progetti “Palermo città educativa” e “Panormus”
promossi dal Comune di Palermo in cui uno degli autori ha
partecipato attivamente (cfr. Picone, Schilleci, 2019).
6
Vattale: termine dialettale d’uso comune nella conca d’oro di Palermo, di derivazione araba (da bàtil); sistemazione
idraulica effimera tracciata con la zappa e formata da un
fossatello centrale e due piccoli argini, atta a condurre l’acqua dal termine della rete di manufatti irrigui sino al colletto dell’albero (in genere d’agrume).
1
7
Quella delle Case di Quartiere è una politica e una rete che
la città di Torino sta implementando dal 2006 e che promuove la diffusione di spazi comunitari in tutta la città
(cfr. Ferrero, 2012).
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