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La Saja d'Oro: narrare e leggere paesaggi attraversandoli

2022, Ri-vista. Ricerche per la progettazione del paesaggio

Lo stretto rapporto che lega spazio e movimento è tale che l'uno può essere considerato generatore dell'altro e viceversa. Il movimento è un atto di lettura-(ri)scrittura del paesaggio e il progetto di paesaggio come progetto di mobilità lenta stabilisce direttrici di esplorazione e di conoscenza del territorio definendone, in maniera più o meno implicita, le chiavi di lettura. Modalità e tempi di percorrenza insieme alla cadenza delle soste producono una narrazione che coinvolge la comunità. Il caso presentato, il progetto di conversione in greenway di un ex tracciato ferroviario nell'area urbana di Palermo, mostra come un intervento progettuale possa condizionare il modo in cui ci si appropria dello spazio e, parallelamente, come la pratica del percorrere e dell'attraversare implichi la rinuncia alla pretesa monosemia funzionale che spesso si riscontra nei progetti di architettura. Parole chiave Paesaggio, greenway, comunità, luogo.

ri-vista La Saja d’Oro: narrare e leggere paesaggi attraversandoli Giancarlo Gallitano Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo [email protected] Eleonora Giannini Università degli Studi di Firenze, DIDA Dipartimento di Architettura [email protected] Manfredi Leone Dipartimento di Architettura, Università degli Studi di Palermo [email protected] Lorenzo Nofroni Università degli Studi di Firenze, DIDA Dipartimento di Architettura [email protected] 01 seconda serie 2022 Serena Savelli ricercatrice indipendente [email protected] Abstract Lo stretto rapporto che lega spazio e movimento è tale che l’uno può essere considerato generatore dell’altro e viceversa. Il movimento è un atto di lettura-(ri)scrittura del paesaggio e il progetto di paesaggio come progetto di mobilità lenta stabilisce direttrici di esplorazione e di conoscenza del territorio definendone, in maniera più o meno implicita, le chiavi di lettura. Modalità e tempi di percorrenza insieme alla cadenza delle soste producono una narrazione che coinvolge la comunità. Il caso presentato, il progetto di conversione in greenway di un ex tracciato ferroviario nell’area urbana di Palermo, mostra come un intervento progettuale possa condizionare il modo in cui ci si appropria dello spazio e, parallelamente, come la pratica del percorrere e dell’attraversare implichi la rinuncia alla pretesa monosemia funzionale che spesso si riscontra nei progetti di architettura. Parole chiave Paesaggio, greenway, comunità, luogo. Abstract The close relationship that binds space and movement is such that one can be considered the generator of the other and viceversa. Movement is an act of reading-(re)writing of the landscape and the landscape project as a slow mobility project establishes guidelines for the exploration and knowledge of the territory, defining more or less implicit interpretations. Methods and times of travel with the frequency of the stops produce a narrative that involves the community. The case presented, the project of conversion of a former railway line in the urban area of Palermo into greenway, shows how a design intervention can affect the way in which space is appropriated and, at the same time, how the practice of walking and crossing implies giving up the functional monosemic claim that can be often found in architectural projects. Keywords Landscape, greenway, community, place. 264 Received: December 2021 / Accepted: May 2022 | © 2021 Author(s). Open Access issue/article(s) edited by QULSO, distributed under the terms of the CC-BY-4.0 and published by Firenze University Press. Licence for metadata: CC0 1.0 DOI: 10.36253/rv-12525- www.fupress.net/index.php/ri-vista/ Gallitano et al. Introduzione1 Il contributo affronta, attraverso considerazioni di carattere teorico-disciplinare e metodologico-progettuale, il rapporto tra progetto di mobilità lenta e progetto di paesaggio a partire dell’esperienza condotta dagli autori nell’ambito del concorso internazionale di progettazione in due gradi per la Riconversione ad uso pista ciclabile greenway della dismessa ferroviaria a scartamento ridotto Palermo-Camporeale nel tratto Palermo-Monreale2. Oggetto del concorso di progettazione è stata la conversione in greenway dell’ex tracciato ferroviario a scartamento ridotto Palermo-Salaparuta, noto come ‘Ferrovia Palermo-Camporeale’, località fino a cui venne effettivamente realizzato il sedime. Il tracciato fu solo parzialmente realizzato negli anni Trenta del secolo scorso e la linea non entrò mai in esercizio. Avrebbe dovuto collegare la Stazione di Palermo Lolli, che ricade all’interno dell’espansione tardo ottocentesca della città, con la stazione di Salaparuta in provincia di Trapani. L’intervento è limitato al tratto che collega Palermo e Monreale, attraversando la Piana di Palermo e costeggiando i monti che la lambiscono, tra i quali sorge il Comune di Monreale. Il progetto di conversione si inserisce nel programma di valorizzazione sociale e culturale del sito UNESCO Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale (Azione prioritaria n. 1, Obiettivo n. 1), definen- dolo “collegamento ciclopedonale eco-sostenibile e di elevata caratterizzazione storico-paesaggistica, fra Palermo e Monreale” 3. L’ex tracciato ferroviario è caratterizzato dalla presenza di manufatti e opere (case cantoniere, stazioni, gallerie, ponti, viadotti) di elevata qualità e in buono stato di conservazione. Lungo i 12 Km di sviluppo, il percorso intercetta ambiti di paesaggio differenti (in fase di analisi ne sono stati individuati sette): dalla città consolidata, racchiusa dalla circonvallazione di Palermo, alle frange periurbane, ove tuttora vegetano i jardini d’agrumi sui quali si fonda il mito della Conca d’Oro. Costruire e leggere paesaggi attraversandoli “Si ha uno spazio dal momento in cui si prendono in considerazione vettori di direzione, quantità di velocità e la variabile del tempo. Lo spazio è un incrocio di entità mobili. [...] insomma, lo spazio è un luogo praticato. Così la strada geograficamente definita da un’urbanistica è trasformata in spazio dai camminatori. Allo stesso modo la lettura è lo spazio prodotto attraverso la pratica del luogo che costituisce un sistema di segni – uno scritto” (de Certeau, 2001, p. 176). L’analogia con la lettura apre una riflessione interessante sulla dimensione progettuale dello spazio. È utile richiamare la ricerca di Augoyard (1989) rela- 265 ri-vista 01 seconda serie 2022 266 tiva a una retorica del camminare che decodifica e descrive le dimensioni sensoriali, socio-relazionali e immaginarie che un abitante istaura con il proprio quartiere. Una tale analisi può essere impiegata come strumento progettuale per definire percorsi che leggono e interpretano il paesaggio attraversato. Così come l’atto di leggere è una (ri)scrittura immobile di un testo, il camminare può essere interpretato come una lettura-(ri)scrittura del paesaggio. Se camminare è una forma di espressione, allora esiste una retorica del camminare “[...] che inserisce l’organizzazione degli stili di ogni abitante e le correlazioni tra questi stili all’interno di uno spazio comune” (Augoyard, 1989, p. 29). La complessità di significati che lo spazio progettato assume nelle camminate è espressa da quelle che Augoyard chiama ‘figure poliseme’: l’ambivalenza, quando il significato di un elemento oscilla tra due poli opposti; la polisemia sfalsata, quando un elemento assume diversi significati che sono simili e interconnessi; la biforcazione, il comportamento in corrispondenza di un punto di scelta lungo un percorso; la metatesi della qualità, quando “[...] il passaggio ripetitivo su uno stesso luogo può cambiare qualitativamente per la differenza nel ciclo cronologico quotidiano” (Augoyard, 1989, p. 50). Questo insieme di figure mostra come nell’esperienza quotidiana lo spazio progettato perda la presunta monosemia funzionale: “[...] la varietà di usi smantella l’elegante aspetto del prodotto finito” (Augoyard, 1989, p. 43). A queste figure elementari Augoyard aggiunge quelle combinatorie della ridondanza e della simmetria, che si notano alla scala di interi percorsi. Le figure della ridondanza introducono nell’atto del camminare l’elemento irrazionale del pathos. La metabole è usata per descrivere i diversi toni (per es. ironico, poetico, o giocoso) con cui una camminata è condotta. L’anafora descrive una camminata caratterizzata da una dinamica centripeta attorno a un elemento attrattore di carattere simbolico. L’iperbole denota una deambulazione sovraccaricata di significati tradotti in espressioni esagerate (come quando il verbo scalare è usato per descrivere la camminata su una collinetta nel parco). Le figure della simmetria descrivono il modo in cui i percorsi sono combinati e orientano le proprie camminate. La simmetria propriamente detta è alla base di tutte le alternanze di percorsi. La dissimmetria è prodotta per lo più per caso quando, dopo l’andata, il ritorno previsto non ha luogo e viene preso un altro tragitto. L’asimmetria si può osservare ogniqualvolta un tragitto è caratterizzato nel suo insieme da molteplici variazioni divergenti. Quest’insieme di figure mostra il modo in cui lo spazio progettato è decostruito e spezzettato negli usi quotidiani. Le ultime due figure retoriche di Augoyard, la sineddoche e l’asindeto, operano al livello delle relazioni tra le parti che compongono un percorso. La sineddoche concerne la relazione tra l’intero e le parti, quando una parte è usata per indicare l’intero o l’intero è usato per indicare una parte: come nel caso di una specifica porzione del parco descritta come ‘il parco’ tout court o nel caso di uno spazio che è identificato riferendosi a uno dei suoi elementi specifici. L’asindeto, invece, descrive i legami attraverso i quali ciascun elemento dell’espressione (parte del tragitto) si relaziona agli altri in modo da costruire l’espressione nel suo insieme (l’intero percorso). Va sottolineato che per Augoyard i tragitti sarebbero composti da un insieme di frammenti tendenzialmente discontinui. Questa sarebbe la principale differenza strutturale tra il testo letterario e il testo prodotto dal camminare. Le figure retoriche del camminare descritte sono usate da Augoyard per delineare i diversi modi in cui lo spazio progettato è fatto proprio dagli abitanti di un quartiere. Questi sembrano riconfigurarlo in maniere pressoché infinite, facendo apparire praticamente irrilevante la capacità del progetto di condizionarne le modalità di appropriazione. Gallitano et al. Fig.1 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Il tracciato della greenway e gli ‘ambiti paesaggistici’ di intervento, elaborazione degli autori. 267 ri-vista 01 seconda serie 2022 268 Fig.2 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Galleria artificiale dell’ex tracciato ferroviario in prossimità del Comune di Monreale che ricrea lo sfondo originario di una delle fontane del Settecento poste sulla strada panoramica Palermo-Monreale. 269 Gallitano et al. ri-vista 01 seconda serie 2022 270 Invertendo questa chiave di lettura e utilizzando i meccanismi di appropriazione di significato evidenziati da Augoyard attraverso le figure retoriche descritte, è possibile strutturare percorsi di progetto che guidano verso la scoperta di significati di spazi precedentemente esclusi ma mai rifiutati. “È l’esclusione di un territorio non raccontato che, non vissuto, equivale ad una pura assenza” (Augoyard, 1989, p. 32). Progettare una greenway significa operare una narrazione a partire dalla lettura dei luoghi attraversati, soprattutto quando di essi si è persa la memoria nel quotidiano. Si tratta di operare la descrizione dello spazio e “[...] più precisamente la descrizione di ciò che non si guarda mai perché vi si è, o si crede di esservi, troppo abituati e per il quale non esiste abitualmente discorso” (Perec, 1993, p. 91).Il luogo è una questione in sospeso, occorre “[...] interrogarlo, o, più semplicemente ancora, leggerlo; poiché quello che noi chiamiamo quotidiano non è evidenza, ma opacità: una forma di cecità, una specie di anestesia” (Perec, 1989b, IV di copertina). Un’altra pratica che disegna lo spazio urbano incurante dei sensi vietati, delle corsie preferenziali e dei posti auto a pagamento, è quella del ciclista cittadino. Dall’alto della bicicletta il mondo è diverso, anzitutto, proprio grazie all’innalzamento del punto di vista: il ciclista è indiscutibilmente fuori dalla mischia (Tronchet, 2004, p. 35). Nel progetto di una greenway le narrazioni non possono che seguire anche il ritmo del ciclista: il racconto del ciclista e delle sue traiettorie, come per il camminatore, si lega a odori ed atmosfere ma, rispetto ad esso, sono gli accidenti dello spazio percorso a emergere (salite, falsipiani, curve a gomito e discese). Allo stesso modo, vengono percepite le variabili del tempo (ore e stagioni) e della meteorologia. Lo spirito di adattamento e la valorizzazione degli eventi casuali a livello narrativo creano un contesto ludico in cui l’ironia permea lo sguardo sul mondo, come avviene nel Piccolo trattato di ciclosofia di Didier Tronchet (2004). Pertanto la narrazione del camminatore e del ciclista inevitabilmente si sovrappongono e i punti di discontinuità del tragitto (soste, deviazioni e attraversamenti) diventano nodi che operano relazioni tra le parti che compongono il percorso e che insieme rileggono il paesaggio attraversato. La greenway come dispositivo semiotico Il progetto lega i temi della landscape literacy4 a quelli della sostenibilità ambientale, secondo quattro indirizzi progettuali attraverso i quali la Saja D’Oro è proposta come: manifesto del paesaggio attraversato; dispositivo retro-innovativo che rielabora elementi tradizionali dello spazio idraulico arabo della Conca d’Oro, secondo approcci progettuali di Water Sensitive Urban Design (Lloyd et alii., 2002); moltiplicatore di luoghi comunitari accessibili e percorribili; sistema di innesco e di supporto ai processi sociali. Pertanto, l’intervento aspira a essere uno strumento di sedimentazione di un’immagine paesaggistica condivisa, un laboratorio di mappatura sistematica e incrociata della percezione di abitanti-insider e viaggiatori-outsider e un percorso che si ispira alle tecniche di mappatura e conoscenza del territorio teorizzate da Kevin Lynch. Rispetto al primo indirizzo progettuale, la greenway è stata interpretata come occasione per strutturare un percorso di narrazione diacronica e multilivello del paesaggio attraversato. Tale percorso, basato sull’apporto conoscitivo delle comunità locali, grazie a interventi di grafica pavimentale o muraria supportati da una ricognizione bibliografica e alla realizzazione di parchi e giardini ispirati agli elementi iconemici della Conca d’Oro, guida viatores e ciclisti alla lettura e alla conoscenza del paesaggio attraversato. Per rafforzare l’attitudine intrinseca del percorso quale strumento di narrazione del territorio esso viene disseminato di segni, indizi e inviti a guardare, comprendere, conoscere gli elementi salienti, evidenti o nascosti, enfatizzando e rivelando elementi del ‘paesaggio infra-ordinario’ (Perec, 1989a). Gallitano et al. Fig. 3 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Intervento di grafica pavimentale: punto di partenza del tracciato (Stazione Notarbartolo). Fig.4 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Punto panoramico sulla Conca d’Oro: uno dei landmark individuati come punto significativo per viaggiatori e abitanti 271 ri-vista 01 seconda serie 2022 272 Fig.5 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Giardino di pomelie (Plumeria L.): intervento in corrispondenza del viadotto Boccadifalco. 273 Gallitano et al. ri-vista 01 seconda serie 2022 274 Il percorso offre molteplici livelli di lettura (geomorfologica, idrologica, pedologica, botanica, etnobotanica, urbanistica, architettonica e antropologica), ma si concentra soprattutto sull’agricoltura palermitana nell’intervallo che descrive la sua età dell’oro, dalle prime applicazioni della rivoluzione idraulica araba al lussureggiamento dei giardini d’agrumi sette-ottocenteschi (cfr. Barbera, La Mantia, 2007). Il progetto prevede una sequenza di sessantacinque citazioni/interventi come primo corpo della narrazione paesaggistica. Queste sono inserite in corrispondenza dei Landmark (Lynch, 1960), punti di riferimento spaziali presi in considerazione sia dagli abitanti, come luoghi di interesse della comunità, sia dai diari di viaggio del Grand Tour: manufatti artistici e architettonici e punti panoramici di indiscusso valore. Gli interventi di landscape literacy sono volti a promuovere la vocazione intrinseca del camminare quale pratica estetica e analitica del paesaggio. Questi sono essenzialmente di due tipi: diretti e indiretti. I primi rilevano o ricostruiscono i frammenti di paesaggio, piccoli o arealmente significativi: attraverso la vegetazione, si evidenziano gli elementi chiave ai fini della comprensione del paesaggio storico e contemporaneo della Conca d’Oro. Trattasi di pochi interventi volti a integrare il trasferimento di conoscenze sul paesaggio alla realizzazione di spazi e servizi per gli utenti. Afferiscono a questa tipologia d’intervento la messa a coltura di un palmizio o il restauro di un frutteto; in entrambi i casi si attua una rievocazione, più o meno creativa, di iconemi portanti dell’immagine del paesaggio attraversato. Il primo, simbolo per eccellenza della rivoluzione agricola araba, rimanda all’antico e perduto palmeto che vegetava nei pressi della città, mentre il secondo consta nella ricreazione di un lembo di quell’agricoltura tradizionale che costituiva la matrice paesaggistica della Conca d’Oro fino ai primi anni Cinquanta e che ora sopravvive solo in pochi luoghi non direttamente esperibili lungo il tracciato della greenway. Tali interventi, oltre che a costituirsi come luoghi ameni per abitanti e fruitori, mirano a evoca- re e a far provare l’esperienza di stupore per il rigoglio e la biodiversità della vegetazione palermitana che sistematicamente colpiva e che tutt’ora colpisce laddove le sia dato spazio. Gli interventi indiretti agiscono mettendo in evidenza segni e contenuti del paesaggio che altrimenti sfuggirebbero perché piccoli, occultati, confusi nel caos semiotico della città, o perché immateriali e quindi invisibili, o trapassati e scomparsi, oppure perché visibili e intellegibili solo a chi dispone dei riferimenti culturali della semiosi in-group e cioè solo agli abitanti. Ciò, ad esempio, accade nel caso del particolare significato etnobotanico attribuito, nella tradizione locale, alla pomelia (Plumeria L.). Tali contenuti sommersi sono portati all’attenzione del camminatore e del ciclista dalle frasi di alcuni autori locali, scelti tra i più significativi e competenti, nonché tra i diari di viaggio. Sono la sede stradale, o alcune superfici verticali nelle sue immediate vicinanze, a fare da medium tra il narratore e il passeggiatore, riportando opportune citazioni a mezzo di pittura spray con tecnica stencil. Trattasi sempre di brevi cenni e indizi, e non di informazioni didascaliche, usati come note a piè di pagina del testo paesaggistico: non si propongono di spiegare, ma di incuriosire. Data l’economicità e la semplicità della realizzazione, la narrazione operata è suscettibile di essere integrata nel tempo nonché di essere, auspicabilmente, emulata e replicata per iniziativa spontanea da parte di scuole e associazioni culturali assistite a mezzo di processi partecipativi5. La greenway come dispositivo retroinnovativo Anche la stessa infrastruttura è un richiamo semantico al paesaggio agrario attraverso un sistema integrato di gestione delle acque meteoriche che richiama lo spazio idraulico arabo (Barbera, 2007). Infatti, rispetto alla seconda linea progettuale, il percorso ciclo-pedonale integra un ‘dispositivo retro-innovativo’ che opera come meccanismo di mitigazione ambientale per la gestione delle acque meteoriche. Gallitano et al. Fig.6 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Il dispositivo saja: la condotta alimenta un sistema di raingarden. 275 ri-vista 01 seconda serie 2022 276 Fig.7 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Il dispositivo saja: la gestione delle pendenze permette di portare in quota l’acqua ed alimentare per gravità il giardino di agrumi all’interno di Parco Villa Turrisi. 277 Gallitano et al. ri-vista 01 seconda serie 2022 278 Tale sistema è un richiamo a un elemento della tradizione irrigua della Conca d’Oro: la saja. Nella Piana di Palermo la gestione e distribuzione dell’acqua irrigua proveniente dalle sorgenti, dagli sbocchi dei qanat (sorgenti artificiali) e dai pozzi a ruota idraulica (senie) era assicurata da una fitta rete di canalizzazioni a scacchiera denominate, con etimo di derivazione araba, saje (saqiya). Si tratta di condotte a cielo aperto a sezione quadrata o rettangolare quasi sempre rettilinee. Solitamente erano realizzate in conci di calcarenite messi in opera e sigillati con malta di calce idraulica, con fondo talvolta rivestito con mattoni in terracotta per preservarlo dall’erosione, oppure erano scavate direttamente nella roccia, ove affiorante. Le dimensioni (in media 20-30 cm di lato) variavano in relazione alla gerarchia idraulica. La saja mastra rappresentava il primo livello di distribuzione dell’acqua attraverso una serie di canali secondari sempre più ramificati e di minore sezione. Dalle vasche idriche irrigue (gebbie), l’acqua era distribuita con le saje, che negli orti trovavano le loro ultime ramificazioni attraverso i solchi dei vattali6 (batil). Recuperando e innovando l’elemento tradizionale della saja, la greenway incorpora un manufatto idraulico contemporaneo che funge da elemento di raccolta, rallentamento, infiltrazione e stoccaggio delle acque piovane. Trattasi di una canaletta a sezione quadrata che capta le acque provenienti dai tratti stradali attraversati, le convoglia tramite caditoie all’interno di una condotta sottostante e le immette all’interno di un sistema di cisterne di detenzione, accumulo e/o rilascio. Questo dispositivo serve a mitigare gli effetti delle periodiche e violente piogge che colpiscono la città e che nelle aree di intervento causano allagamenti e danni. In fase di analisi, infatti, è emerso il problema del dissesto idrogeologico determinato dalla speculazione edilizia nel periodo del ‘Sacco di Palermo’, che ha distrutto il sistema di regimentazione delle acque della Piana. Là dove la greenway intercetta l’area delle periferie edificate tra gli anni Sessanta e Settanta, si verificano periodici fenomeni di allagamento dovuti alla scarsa permeabilità dei suoli e all’interruzione del sistema di canalizzazione delle acque. Un problema percepito come cruciale e critico, sottolineato più volte dai cittadini nel corso dei sopralluoghi, oltre che segnalato dal Piano di Assetto Idrogeologico ed evidenziato come tale dai sempre più disastrosi e ricorrenti accadimenti. Analogamente all’esperienza di Mill Creek (Spirn, 2005), la gestione delle acque meteoriche diventa occasione per il recupero paesaggistico delle aree residuali che mira ad attivare processi di ‘alfabetizzazione’ al paesaggio e dunque anche questa direttrice progettuale entra nel racconto che la Saja d’Oro opera. In esso assumono un rilievo centrale i manufatti irrigui a mezzo dei quali si applica la tecnica idraulica tradizionale. Questi, dei quali la stessa saja è simbolo, costituiscono le sotto-trame dello ‘spazio idraulico arabo’ che ha consentito il lussureggiamento dei frutteti della “paradisiaca Conca d’Oro di Palermo paesaggio di giardini e miracolo prodotto dal condizionamento delle acque” (Braudel, 1995). Nella disponibilità e nella padronanza dell’acqua si individua l’origine del mito della Conca d’oro che la saja si propone di narrare. Mito, quest’ultimo, che a sua volta si fonda su un altro (Barbera, 2007), quello della rivoluzione agricola araba, ritenuta per la Sicilia, nella sua lunga storia, la sola vera rivoluzione agricola (D’Alessandro, 1994). Un tracciato di spazi comunitari Secondo la terza linea progettuale, la Saja D’Oro aspira ad essere un meccanismo moltiplicatore di luoghi comunitari accessibili e percorribili. Dall’analisi del contesto di intervento e dall’ascolto delle istanze degli abitanti, è emerso un fabbisogno di spazi comunitari. Discostandosi dalle grandi arterie viarie, la greenway svela un arcipelago di aree verdi residuali, attualmente intercluse e celate, che possono costituire un sistema di spazi di uso pubblico a integrazione della carente dotazione attuale. Gallitano et al. Fig.8 – Gallitano G., Giannini E., Nofroni L., Pettine L., Savelli S., Terrana A., Viggiano M., 2017. Intervento sull’area di Parco Villa Turrisi: recupero della stazione e dell’area ferroviaria in parco agricolo e servizi per la comunità. In questo senso, la Saja D’oro si configura come una infrastruttura verde urbana (Peraboni, 2010) che, basandosi su una dimensione multifunzionale delle aree verdi intercettate, risponde alla domanda di qualità dei luoghi espressa dagli abitanti. Strettamente connessa alla precedente, l’ultima linea di progetto interpreta la Saja D’Oro come sistema di innesco e di supporto ai processi sociali legati ad azioni di rigenerazione di alcune aree verdi presenti nell’area di intervento. In particolare, la greenway intercetta o lambisce alcune spazi residuali che sono oggetto di pratiche di place-keeping (Dempsey, Burton, 2012) da parte di gruppi di cittadini. Grazie all’apporto conoscitivo di questi gruppi più o meno organizzati, è stato possibile approfondire la conoscenza del territorio e comprendere il rapporto che gli abitanti hanno con esso. In particolare la greenway attraversa la V Circoscrizione di Palermo, dove negli ultimi anni sono state avviate rigenerazioni di aree verdi abbandonate da parte di associazioni di cittadini. Fra queste aree spicca Parco Uditore, un vecchio fondo agricolo di proprietà della Regione Siciliana, sul quale doveva essere edificato il suo centro direzionale, aperto nel 2012 grazie a una mobilitazione cittadina e oggi gestito da una cooperativa di residenti. Un’altra area di elevato interesse è quella del parco di Villa Turrisi, area agricola di pertinenza di una villa settecentesca oggi scomparsa. L’area, attraversata dal tracciato dell’ex ferrovia e contenente una delle stazioni, presenta caratteri di pregio come elemento residuale del paesaggio agricolo. Per questo motivo dal 2013 l’Associazione Parco Villa Turrisi si adopera affinché l’area venga trasformata in parco pubblico, in ottemperanza alle previsioni del PRG di Palermo. Va sottolineato che i processi di riappropriazione delle aree verdi in atto sono orientati anche al ripristino della legalità e al rispetto dei diritti di cittadinanza. Queste esperienze testimoniano come processi di landscape literacy, promossi da gruppi di cittadini, non si limitino a leggere il paesaggio, ma lo interpretino in chiave immaginifica e progettuale a partire dal riconoscimento di un suo valore. Lungo i dodici chilometri del tracciato sono presenti cinque case cantoniere e tre stazioni di sosta. Questi immobili, e le relative pertinenze, sono stati interpretati come risorse per attivare un sistema di luoghi comunitari, vere e proprie ‘case di quartiere’7, in cui i cittadini possono collaborare alla cura e gestione del proprio ambiente di vita. 279 ri-vista 01 seconda serie 2022 280 Per sostanziare gli obiettivi di progetto è stata posta molta attenzione all’analisi del contesto territoriale. Oltre alla ricognizione dei beni vincolati e degli elementi di pregio paesaggistico-ambientale, attraverso sopralluoghi specifici si è cercato di ascoltare la voce degli abitanti. Le conoscenze dirette e indirette del territorio, pervenute attraverso esperienze e percezioni degli abitanti, hanno permesso di focalizzare i nodi chiave dell’intervento. Sono state soprattutto le esperienze di attivismo civico individuate a rappresentare un importante bagaglio di conoscenze, testimoniando la notevole sensibilità dei cittadini nei confronti della ricerca, riscoperta e salvaguardia degli elementi del paesaggio tradizionale della Conca d’Oro. Occorre sottolineare che il contributo dei cittadini all’elaborazione del progetto è avvenuto già nella fase di redazione dei documenti preliminari alla progettazione. Per approfondire il quadro conoscitivo, l’Amministrazione locale, infatti, si è avvalsa della collaborazione di diverse associazioni che si adoperano per la valorizzazione delle risorse del territorio (tra cui l’Associazione Parco Villa Turrisi). In più, durante la fase del progetto preliminare, sono stati condotti due incontri partecipativi, con l’obiettivo di discutere e affinare le scelte progettuali prima di passare alle successive fasi di progettazione. Il viaggio come metafora di progetto Il caso presentato mostra come la riattivazione di un antico percorso, un ex tracciato ferroviario, generi una rilettura del paesaggio attraversato.Un tale tipo di intervento non può risolversi in un’ottica puramente funzionale che guardi alla greenway esclusivamente come infrastruttura di mobilità dolce, ma può e deve ambire a innescare un processo di significazione per gradi che metta al centro la comunità. Il progetto di una greenway non può che essere considerato sotto la prospettiva del viaggio. Come afferma Mario Soldati (1984), il viaggio è “[...] uno strumento per ordinare i significati, per illuminare il profilo delle cose e tenere insieme la complessità”. Così il viaggio, analogamente al progetto di paesaggio, è al tempo stesso processo cognitivo, ma anche progetto costruito sulla ricerca del nuovo e dell’inesplorato. Un percorso di formazione e conoscenza attraverso la scoperta. Come suggerisce la scrittrice Edith Wharton (1994), il fascino autentico del viaggio sta nella “marginalità insondata”, che fa di esso un progetto aperto analogamente a quello di paesaggio in cui “l’esclusività”, pianificata dal progettista, deve lasciare spazio alla “eccezionalità” della scoperta. L’intervento di mobilità lenta diventa progetto di un racconto di viaggio. Da qui lo sforzo di adattare le considerazioni teoriche di Augoyard (1989) a criteri utili per strutturare la progettazione del percorso. Gallitano et al. Una dimensione narrativa e un approccio testuale al progetto permettono di proporre letture e sguardi differenti, interpretazioni che “[...] avvicinano lo sguardo dello spettatore/outsider a quello dell’attore/insider grazie all’uso di metodologie di ricerca e di approcci attenti alla dimensione esperienziale e fenomenologica del paesaggio” (Turri, 1998, p. 248). In tal modo un percorso diventa manifesto del paesaggio attraversato e mette in relazione diretta le “molteplici esperienze di paesaggio che contribuiscono ad animare e co-costruire i paesaggi delle città contemporanee” (ibid.). La Saja d’Oro è un progetto di paesaggio del quotidiano che si fa progetto di mobilità lenta: afferma la volontà dei progettisti di opporsi “[...] all’abbandono dei luoghi del quotidiano, dei quartieri residenziali o di quelle aree interstiziali, paesaggi minimi spesso paradossalmente ricchi di biodiversità (Ferlinghetti, 2009), generata come effetto secondario e indiretto dello sviluppo delle mobilità veloci” (Cisani, 2018, p. 251). La Saja d’Oro, sottolineando tali paesaggi minimi, promuove la diffusione di luoghi comunitari accessibili e percorribili e, nel tentativo di recuperarli, si fa essa stessa racconto della perdita dei valori. Il progetto di paesaggio deve necessariamente avere un approccio di intervento multilivello. A Palermo, analogamente all’esperienza di Mill Creek, la questione del dissesto idrogeologico è occasione per recupe- rare elementi del paesaggio agrario tradizionale, legandoli ai temi della sostenibilità ambientale e del cambiamento climatico. Il progetto di paesaggio diventa strumento di conoscenza e sensibilizzazione secondo i princìpi della landscape literacy, ricordando che imparare a vedere è il presupposto per imparare ad agire (Turri, 1974). Il paesaggio come costruzione sociale richiede un’azione educativa pragmatica (Zanato Orlandini, 2007; Castiglioni et alii., 2020) e può attuarsi attraverso narrazioni nel progetto quando questo si configura come occasione di educazione alla cittadinanza. Occorre comunicare che i paesaggi sono l’esito delle scelte di chi ci ha preceduto, in cui ha avuto peso il diverso ruolo giocato dai diversi attori. Contemporaneamente è auspicabile che il progetto educhi a guardare i paesaggi di oggi in prospettiva futura, promuovendo l’acquisizione di un senso di responsabilità che tenga conto del contesto, del sistema di regole e dell’apporto del singolo nell’alimentare una narrazione continua. Ciò può avvenire se il progetto favorisce il coinvolgimento,anche emotivo, generando motivazioni per azioni di cura e tutela del paesaggio (Spirn, 2005) e facilitando l’acquisizione di una maggiore consapevolezza del ruolo del singolo e della società relativamente alla trasformazione dei paesaggi (Spirn, 2005; Castiglioni et al. 2007). 281 ri-vista 01 seconda serie 2022 282 Note Benché questo contributo possa essere considerato il risultato delle comuni riflessioni degli autori, ai fini dell’attribuzione dei paragrafi il 2°si deve a Giancarlo Gallitano,il 3° a Serena Savelli, il 4° a Lorenzo Nofroni, il 5° a Eleonora Giannini e il 6° a Manfredi Leone. L’introduzione è stata scritta congiuntamente dagli autori. 2 Il concorso, bandito dal Comune di Palermo nell’ottobre del 2017 e conclusosi a luglio del 2018, ha visto l’assegnazione di due primi premi ex-equo. I due gruppi vincitori collaborano per integrare i due progetti e presentare una proposta unitaria. Attualmente il progetto è in fase di progettazione esecutiva. Il presente contributo fa riferimento al solo progetto ‘La Saja d’Oro’ del quale gli scriventi sono coautori insieme agli architetti Antonino Terrana (capogruppo), Lucio Lorenzo Pettine e Marco Viggiano. 3 Consultabile al seguente link: http http://unescosicilia. it/wp/wp-content/uploads/2015/07/Piano-di-Gestione-PA-ARAB.pdf (ultimo accesso 10/12/2021). 4 Processo volto a costruire reale coinvolgimento della popolazione sui temi del paesaggio, a partire dalla sensibilizzazione e dall’educazione. Il concetto è utilizzato e approfondito da Anne Whiston Spirn (2005), che illustra il processo di coinvolgimento della popolazione locale nella ri-progettazione di un sobborgo di Philadelphia grazie alla condivisione dei diversi punti di vista sul paesaggio. 5 Questa esperienza di landscape literacy è stata solo prevista in fase di progetto ed è stata suggerita dalle esperienze dei progetti “Palermo città educativa” e “Panormus” promossi dal Comune di Palermo in cui uno degli autori ha partecipato attivamente (cfr. Picone, Schilleci, 2019). 6 Vattale: termine dialettale d’uso comune nella conca d’oro di Palermo, di derivazione araba (da bàtil); sistemazione idraulica effimera tracciata con la zappa e formata da un fossatello centrale e due piccoli argini, atta a condurre l’acqua dal termine della rete di manufatti irrigui sino al colletto dell’albero (in genere d’agrume). 1 7 Quella delle Case di Quartiere è una politica e una rete che la città di Torino sta implementando dal 2006 e che promuove la diffusione di spazi comunitari in tutta la città (cfr. Ferrero, 2012). Bibliografia Augoyard J.F. 1989, Passo passo: Il percorso quotidiano in ambiente urbano, Edizioni del Lavoro, Roma. Barbera G. 2007, Parchi, frutteti, giardini e orti nella Conca d’oro di Palermo araba e normanna, «Italus Hortus», vol. 14, n. 4, pp. 14-27. Barbera G., La Mantia T. 2007, L’agricoltura della Conca d’oro: funzioni e iniziative per la tutela e valorizzazione, Aracne, Roma. Braudel F. 1995, Il Mediterraneo. 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