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L'udienza presidenziale

2018

View metadata, citation and similar papers at core.ac.uk brought to you by CORE provided by Florence Research L’UDIENZA PRESIDENZIALE SOMMARIO 1. Profili generali. -2. Unitarietà della fase della presidenziale nei procedimenti di separazione personale dei coniugi, di divorzio, di scioglimento dell’unione civile. Struttura e funzione. – 3. Le condizioni funzionali all’esperimento del tentativo di conciliazione: la comparizione personale delle parti […]. -4. Segue: l’assistenza del difensore e la possibilità di farsi rappresentare da un procuratore speciale. -5. Il tentativo di conciliazione, la riconciliazione dei coniugi, il mutamento del rito da contenzioso a consensuale. - 6. Le altre attività dell’udienza presidenziale: l’audizione dei minori, l’attività istruttoria. 1. Profili generali L’ultimo trentennio è stato protagonista di grandi novità che hanno pervaso la società occidentale e, con essa, il mondo del diritto nella sua più ampia accezione. Non v’è settore che non abbia recepito, pur con le sue contraddizioni, i suoi arresti e finanche con moti retrogradi più o meno persistenti, i costanti impulsi di un movimento che, oserei dire, nasce dall’interno dell’uomo e che guarda alla valorizzazione delle sue istanze più profonde le quali, in definitiva, hanno alla loro radice una più compiuta idea di rispetto e di valorizzazione della persona. Questo movimento ha accomunato tutto il mondo occidentale e certamente appartiene per nascita alla sociologia più che al diritto, ma se come ricorda l’adagio (mai troppo meditato per il significato, eterno e rinnovato, che ripropone circa il ruolo e la funzione della legge) ubi societas ibi ius, non v’è dubbio che queste istanze di rinnovamento fossero destinate a essere considerate dal legislatore, con maggiore o minore prontezza a seconda dei caratteri costitutivi delle società di riferimento. La famiglia si offre d’esempio come ambito in cui questo fenomeno può essere facilmente colto: la società ha maturato nel tempo una diversa concezione della stessa idea di famiglia (1), infine approdata sul piano giuridico con il riconoscimento di forme articolate di rapporti parentali, viepiù tese all’emersione delle relazioni affettive alla loro base: non soltanto le forme pattizie di regolazione della famiglia, che costituiscono un esempio evidente, ma anche l’estensione di speciali forme d’adozione, quali quelle del configlio, rilevanti anche per le coppie same sex. Sul versante della protezione giurisdizionale, lo stesso trentennio è stato stigmatizzato da un mantra, quello della effettività. Non è che prima dell’emersione di questa felice formula cui tanto ha contribuito l’elaborazione giurisprudenziale delle corti sovranazionali ( 2 ), i subditi si accontentassero di un feticcio di tutela, ma –nel contesto dello stesso movimento di sensibilizzazione verso la persona- si è svegliata alla coscienza sociale e giuridica un’attenzione sull’efficacia dei mezzi con riferimento alle concrete caratteristiche di certe posizioni sostanziali, probabilmente non richiesta antecedentemente, forse per la diversa quantità e qualità del contenzioso: penso, sempre con riferimento al diritto di famiglia, all’incremento della crisi della famiglia, alla necessità di valorizzare e (1) Tra i molti, BARBAGLI, ANDERSON, LASLETT, GOODY, Famiglia e mutamento sociale, 1977, Torino; RESCIGNO, Matrimonio e famiglia, Torino, 2000; ZANATTA, Le nuove famiglie, Bologna, 2002; FERRANDO, Il diritto di famiglia oggi: c’è qualcosa di nuovo, anzi d’antico, Il Mulino-Rivisteweb, Politica del diritto, Fascicolo 1, marzo 2008. (2) TROCKER, La formazione del diritto processuale europeo, Torino, 2011, p. 107 ss., peraltro già presente in PIOVANI, Il significato del principio di effettività, Milano, 1953, recensito da CARNELUTTI, in Riv. dir. proc., 1954, I, 143. 1 proteggere il diritto alla bigenitorialità e al mantenimento del “rapporto familiare” inclusivo di quello con i nonni (3). L’Italia ha recepito le istanze provenienti dalle mutate esigenze sociali, con un certo ritardo rispetto ad alcuni Paesi e prima di altri, sovente sollecitata dalle grandi Corti, internazionali e nazionali, evidentemente più pronte del legislatore, per motivi che non è questo il luogo per indagare. Si tratta di pronunce incisive del diritto sostanziale e di quello processuale, com’è ovvio che sia data la necessaria proiezione sul secondo delle emersioni del primo (4). Queste brevi considerazioni di carattere generale non sono per nulla estranee al particolare tema trattato, essendo l’udienza presidenziale modificatasi ed arricchitasi di attività ed esigenze disvelatesi nel tempo pur a fronte di una pressoché invariata disciplina normativa. 2. Unitarietà della fase della presidenziale nei procedimenti di separazione personale dei coniugi, di divorzio, di scioglimento dell’unione civile. Struttura e funzione. <<Il presidente deve avanti tutto sentire separatamente l'uno e l'altro coniuge, e fare in seguito ad ambedue le rimostranze che creda atte a riconciliarli. Se la riconciliazione riesca, il presidente ne fa risultare da processo verbale (...). Se la riconciliazione non riesca, o la parte citata non comparisca, il presidente rimette con decreto le parti avanti il tribunale, e dà i provvedimenti temporanei che ravvisi urgenti nell'interesse dei coniugi e della prole, salvo quanto è stabilito dall'articolo precedente.>> Così recita l'articolo 808 c.p.c. del 1865, secondo una formula trasfusa con poche modifiche, perlopiù più di ammodernamento del linguaggio, nell'articolo 708 del c.p.c. in vigore, che del primo conserva, almeno nella lettera della legge (ma si veda ivi infra), la struttura e la funzione della fase presidenziale, prodromica alla fase (eventuale) della cognizione piena della separazione personale dei coniugi. Il rilievo che si trattasse di una normativa sostanzialmente invariata da centocinquant’anni <<senza avvertire che nel frattempo le cose sono un po’ cambiate>>, era, del resto, già stato autorevolmente formulato in sede di commento alle riforme del 2005 (5). Il procedimento di separazione (artt. 706 ss. c.p.c.), e per quanto qui interessa le previsioni dell’art. 708 c.p.c., sono state il modello procedurale di riferimento anche per (3) Il diritto dei contratti non si è, dal canto suo, sottratto agli impulsi di rinnovamento provenienti dal sociale; si pensi a come l’accesso al consumo da parte di un’ampissima categoria di soggetti, abbia raffinato forme di tutela accorte alle esigenze di protezione della parte più debole o, ancora, a come la protezione del lavoratore si sia estesa e sia oggi in grado di comprendere non soltanto i diritti propri del rapporto in questione (la retribuzione, le ferie), ma la protezione della persona tout court, compreso il diritto ad un luogo di lavoro che sia salubre anche psicologicamente e moralmente, questione su cui mi permetto di richiamare il mio studio su Il foro lavoristico nell’Unione Europea, Napoli, 2016, p. 24. (4) Mi riferisco, ad esempio, alle sentenze della C. eur. dir. uomo 15 settembre 2016, G. c. Italia, in Foro it., 2017, IV, c. 1 e 29 gennaio 2013, L. c. Governo Italia, id., 2013, IV, 349 circa il diritto di visita del figlio minore da parte del genitore non convivente; 20 gennaio 2015, M. c. Governo Italia, id., 2015, IV, 126 sul diritto di visita dei nonni; 7 novembre 2015, B. c. Governo Italia, id., 2016, IV, 117 con riferimento ad una compressione del diritto di visita paterno con la previsione di visite protette; le pronunce citate sono consultabili in versione integrale al sito ufficiale della Corte www.echr.coe.int. La nostra Corte Costituzionale si è recentemente pronunciata sull’acquisibilità del cognome materno da parte del figlio di genitori uniti o no in matrimonio, con sentenza 21 dicembre 2016, n. 286, in Foro it., 2017, I, c. 1. ( 5 ) CIPRIANI, Processi di separazione e di divorzio, in Foro it., 2005, V, c. 143, cui appartiene l’espressione virgolettata. 2 il legislatore del 1970, che l’ha recepito nell’art. 4, commi 7 e 8, della legge sul divorzio. E’ noto che, nonostante i disseminati interventi legislativi anche di carattere processuale ( 6 ), non v’è stata la determinazione a dettare una disciplina coerente ed unitaria dei due processi, né un raccordo ordinato tra gli stessi, oggi ancor più opportuno in considerazione del loro ravvicinamento temporale discendente dall’abbreviazione dei tempi di separazione idonei alla domanda di divorzio -introdotti con la legge n. 55 del 2015, correntemente richiamata con l’espressione “divorzio breve”, attecchita benché paia più corretto parlare di “separazione breve"- che amplifica i complessi problemi di connessione tra i procedimenti paralleli contemporaneamente pendenti (7), non a caso già definiti <<interferenze perniciose>> (8). (6) Si ricorda che l’art. 4 è stato modificato sensibilmente dalla legge n. 74 del 1987, mentre gli artt. 706 ss. c.p.c. sono stati modificati dalla legge n. 80 del 2005 (di conversione del d.l. n. 35 del 2005), dalla legge n. 263 del 2005 (che ha aggiunto la previsione della sentenza non definitiva nell’art. 709 c.p.c.) e poi, ancora, dalla legge n. 54 del 2006 che, tra le altre novità, ha previsto al comma secondo dell’art. 4, l’applicabilità delle disposizioni processuali anche al procedimento di divorzio e ai figli di genitori non coniugati, e dalla legge 8 febbraio 2006, entrambe incidenti sull’art. 709 ter c.p.c.; dalle leggi n. 154 del 2013 e n. 55 del 2015 (sia pure a contenuto prevalentemente sostanziale). Per un quadro sulle fonti normative in materia, M.A. LUPOI, Separazione e divorzio: quale modello procedimentale?, in AA.VV., Trattato della separazione e divorzio, a cura di M.A. LUPOI, Bologna, 2015, p. 11 ss. (7) Il raccordo tra i due processi era previsto nell’originario progetto di legge n. 55 del 2015 da cui è stato successivamente espunto, lasciando il problema all’interprete. Il Tribunale di Milano con provvedimento del suo Presidente del 25 maggio 2015 (che può leggersi in De Iure, banca dati on line), ha introdotto <<il criterio di assegnazione dei fascicoli di divorzio per “connessione ex lege 55/2015”, con effetto immediato, dalla data del 26 maggio 2015; [disponendo], conseguentemente, che la causa di divorzio depositata a partire dalla data del 26.5.2015 venga assegnata al magistrato investito della trattazione del procedimento di separazione giudiziale ove ancora pendente>>. Il provvedimento è preso sulla scorta delle seguenti ragioni:<<1) dal momento del deposito del ricorso divorzile (o, comunque, quanto meno dall’adozione dei provvedimenti provvisori ex art. 4 l. div.), il giudice della separazione non può più pronunciarsi sulle questioni genitoriali (cd. provvedimenti de futuro) avendo esclusiva potestas decidendi (sopravvenuta) il solo giudice del divorzio. Si registra, cioè, per quanto riguarda le questioni relative all’esercizio della responsabilità genitoriale, uno “svuotamento” del giudizio di separazione a favore di quello divorzile. Appare, conseguentemente, opportuno che il magistrato investito della trattazione sia il medesimo, quanto meno per evitare che strumenti di tutela dei minori, in itinere, possano subire un arresto o inconvenienti in fatto. Ciò, ovviamente, ferma restando la competenza decisoria del Collegio per l’uno (separazione) e per l’altro caso (divorzio). Questo accorgimento organizzativo, peraltro, agevola una definizione in tempi ragionevoli dei due processi, tenuto conto del sensibile aumento del contenzioso che inevitabilmente si registrerà per effetto della abbreviazione dei termini per l’accesso alla giurisdizione del divorzio. 2) Dal momento del deposito del ricorso divorzile (o, comunque, quanto meno dall’adozione dei provvedimenti provvisori ex art. 4 l. div.), il giudice della separazione non può più pronunciarsi sulle questioni economiche se non con riguardo al periodo compreso tra la data di deposito del ricorso per separazione e la data di deposito del ricorso divorzile, così che anche per tale aspetto appare all’evidenza ragionevole concentrare in capo ad un unico giudice la trattazione dei due procedimenti, al fine di garantirne la più sollecita definizione. Si stima, pertanto, utile introdurre un nuovo criterio di assegnazione dei procedimenti divorzili: attribuzione del procedimento di divorzio “per connessione” ex lege 55/2015. La modifica di assegnazione degli affari si profila, opportuna e necessaria, con le seguenti precisazioni. In primo luogo, la Cancelleria dovrà annotare le assegnazioni per connessione man mano che vengono disposte al fine di tenerne conto (con riduzione in proporzione) nell’assegnazione dei procedimenti di divorzio (carico mensile del singolo giudice) così da realizzare una adeguata e immediata perequazione dei carichi. In secondo luogo, l’assegnazione “per connessione” avrà luogo solo se il procedimento di separazione è ancora “pendente” in primo grado e davanti alla Sezione IX civile.>>. In applicazione di suddetto criterio: Trib. Milano (ord., est. Buffone), 26 febbraio 2016, De Iure, banca dati on line, che ne mutua le argomentazioni in motivazione. Sulla questione del coordinamento dei due procedimenti, DANOVI, Al via il <<divorzio breve>: tempi ridotti ma manca il coordinamento con la separazione, in Famiglia e diritto., 2015, p. 607, ed ivi ulteriori indicazioni bibliografiche. 3 Non intendo in questa sede scendere nel dibattito scaturito in seguito alla riforma del 2005 circa la sopravvivenza o meno dell’art. 23 della l. n. 74 del 1987 che aveva sancito l’applicabilità dell’art. 4 della legge sul divorzio anche alla separazione, con ciò introducendo un espresso collegamento tra le due procedure ( 9 ). Può, in ogni caso, rilevarsi come il rapporto biunivoco tra i procedimenti di separazione e divorzio si sia conservato tanto nell’atteggiamento del legislatore che al comma 2° dell’art. 4 della legge n. 54 del 2006, dedicato alle disposizioni finali, ha espressamente sancito l’applicabilità delle previsioni introdotte (aventi come si ricorderà una portata sia sostanziale sia processuale, basti pensare all’introduzione dell’art. 709-ter c.p.c.) <<anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati>>, quanto nella prassi interpretativa d’applicazione analogica delle disposizioni del secondo al primo ( dal d.l. n. 35/2007 (art. 707 c.p.c.) (10). La trattazione unitaria dell’udienza presidenziale è, dunque, certamente consentita dalla suo ricorrere nell’uno come nell’altro procedimento, con identità di funzioni e di struttura. Analoghe considerazioni sono estensibili anche allo scioglimento delle unioni civili, previsto dall’art. 1, comma 24, e disciplinato proceduralmente dal successivo comma 25, della legge n. 76 del 2016. Quest’ultimo sancisce l’applicabilità al procedimento di scioglimento -con l’ormai immancabile formula <<in quanto compatibili>>- delle disposizioni di cui al Titolo II, del Libro IV e di numerose disposizioni della legge sul divorzio, tra le quali quasi tutte quelle processuali e, con queste, quelle concernenti la fase dell’udienza presidenziale e del suo raccordo con quella successiva di cognizione, destinata a svolgersi secondo le disposizioni concernenti i procedimenti in camera di consiglio (11). (8) CASABURI, Un utile passo avanti del legislatore: la l. 55/15 sul «divorzio breve», in Foro it., 2015, I, c. 230, il quale osserva <<la fase presidenziale della separazione (come poi del divorzio) si articola spesso in più udienze, con lo svolgimento di attività istruttoria (ascolto dei minori, talora addirittura c.t.u. psicologiche), prima della adozione dei provvedimenti provvisori.>>. (9) Si ricorda che l’art. 23, comma 1, della legge 74 del 1987 prevedeva che: <<1. Fino all'entrata in vigore del nuovo testo del codice di procedura civile, ai giudizi di separazione personale dei coniugi si applicano, in quanto compatibili, le regole di cui all'art. 4 della legge 1º dicembre 1970, n. 898, come sostituito dall'art. 8 della presente legge.>>. Seppure criticandone l’effetto, si sono, ad esempio, espressi per l’abrogazione dell’art. 23 GRAZIOSI, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, p. 1114; BALENA, Il processo di separazione personale dei coniugi, in Le riforme più recenti del processo civile, a cura di BOVE e BALENA, Napoli, 2006, p. 102; rilevava che potesse dubitarsi di tale abrogazione CIPRIANI, Processi di separazione e divorzio, in AA.VV., Le modifiche al codice di procedura civile previste dalla l. n. 80 del 2005, in Foro it., 2005, V, c. 89. ( 10 ) Ciò si giustifica in considerazione dell’identità funzionale dei due procedimenti come rileva DANOVI, Le nuove norme sui procedimenti, in Riv. dir. proc., 2005, p. 858; MONTANARI, Le nuove regole di comparizione personale delle parti all’udienza presidenziale dopo la riforma introdotta dal d. l. n. 35/2005 (art. 707 c.p.c.), in Codice ipertestuale di separazione e divorzio, a cura di BONILINI, CHIZZINI, CONFORTINI, Torino, 2008, p. 281. ( 11 ) L’art. 1, comma 25, della legge sulle unioni civili, dispone: <<25. Si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 4, 5, primo comma, e dal quinto all'undicesimo comma, 8, 9, 9-bis, 10, 12-bis, 12-ter, 12-quater, 12-quinquies e 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, nonché le disposizioni di cui al Titolo II del libro quarto del codice di procedura civile ed agli articoli 6 e 12 del decretolegge 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162.>>. Si vedano tra i molti commenti: LUISO, La convivenza di fatto dopo la l. 76/2016, in Dir. fam. e pers., 2016, p. 1083; QUERZOLA, Riflessioni sulla legge in materia di unioni civili, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2016, p. 843; CIAURRO, Ddl unioni civili e criticità procedurali: sessantanove commi da raccontare, in Rass. parl., 2016, p. 103. 4 Le funzioni dell’udienza presidenziale, passate indenni dai numerosi interventi legislativi, sono sinteticamente ed efficacemente espresse dalla rubrica dell’art. 708 c.p.c., che titola la disposizione <<Tentativo di conciliazione e provvedimenti del presidente>>, e sono riprese pedissequamente dall’art. 4 della legge sul divorzio ai commi 7 e 8. L’udienza in questione è, tuttavia, un’entità processuale complessa e, oserei dire, a struttura e a natura variabili (12), a seconda del suo ricorrere in procedimenti di natura contenziosa (separazione, divorzio e scioglimento dell’unione civile), ovvero nella separazione consensuale, fondata sulla comune volontà delle parti di modificare lo status e nell’individuare le condizioni alle quali farlo. Si ricorderà, invero, che la domanda congiunta di divorzio e quella congiunta di scioglimento dell’unione civile, ai sensi del comma 16 dell’art. 4 della legge di divorzio, sono destinate a svolgersi dinanzi al collegio, cui spetta la valutazione della ricorrenza delle condizioni di legge e decidere con sentenza. Soltanto nel caso in cui le condizioni concernenti i figli fossero ritenute in contrasto con i loro interessi, il procedimento virerebbe da consensuale a giudiziale, e con ciò da camerale a contenzioso, con applicazione della procedura di cui al comma 8, che riprende, per l’appunto, dall’udienza presidenziale (13). L’esistenza di numerosi profili privi di specifica disciplina legislativa o comunque oggetto di incertezze interpretative, come pure la regolamentazione delle molteplici attività che oggi trovano svolgimento nell’udienza presidenziale, sono sovente oggetto di prassi consolidate accolte in “protocolli d’intesa” adottati dai singoli tribunali spesso di concerto con l’Ordine degli Avvocati di riferimento, al fine di dare certezza e trasparenza alle attività da svolgere, nonché una loro ordinata scansione. 3. Le condizioni funzionali all’esperimento del tentativo di conciliazione: la comparizione personale delle parti […] Coerentemente al tentativo di conciliazione rimesso al presidente del tribunale e all’intento conservativo del vincolo che la sua permanente obbligatorietà palesa ( 14), l’art. 707 c.p.c. prevede la necessità della comparizione personale delle parti. Le parziali difformità intercorrenti tra il procedimento di separazione e quello di divorzio sono state rimosse dalla legge n. 80 del 2005 che ha allineato sul piano letterale le attività e le prerogative delle parti e del giudice ( 15 ), con la sola perdurante omissione della previsione dei <<gravi e comprovati motivi>> a giustificare la mancata comparizione, ricorrente nel processo di divorzio (all’art. 4, comma 7), ma non anche in quello di separazione. Si tratta di una differenza superata in via d’interpretazione analogica al fine di evitare un’ingiustificata disparità di trattamento tra i due procedimenti, costituzionalmente censurabile (16). La ricorrenza di questa esimente, che dà luogo ad (12) Mi permetto di richiamare le ampie indicazioni di VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, cit., 9 ss. sul dibattito dottrinale circa la natura -contenziosa, di volontaria giurisdizione, cautelare o mista- del processo di separazione. ( 13 ) NASCOSI, La separazione consensuale e il divorzio su ricorso congiunto, in I processi di separazione e divorzio, a cura di GRAZIOSI, Torino, 2011, p. 344 ss. ( 14 ) Tra i molti autori che l’hanno osservato sin da epoca risalente CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali “nell’interesse dei coniugi e della prole”, Napoli, 198, p. 112; TOMMASEO, in BONILINI e TOMMASEO, Commentario. Lo scioglimento del matrimonio – Art. 149 e l. 1° dicembre 1979, n. 898, Milano, 2010, sub art. 4, p. 381. ( 15 ) Si ricorda che la versione della norma antecedente alla modifica del 2005 disponeva <<Se il coniuge convenuto non compare o se la conciliazione non riesce, il presidente, sentiti, (…) i figli minori, dà, anche d’ufficio con ordinanza i provvedimenti temporanei e urgenti (...)>>. (16) Così, tra gli altri, MONTANARI, Le nuove regole di comparizione personale delle parti, cit., 283, condiviso da VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, in Commentario al 5 un’assenza giustificata di una o di entrambe le parti ( 17 ), lasciata “in bianco” dal legislatore, è considerata integrata da ragioni impeditive di carattere transitorio che devono essere provate dalla parte a carico della quale si sono prodotte, secondo una giurisprudenza risalente (18) e consolidata che riconosce al presidente l’insindacabile potere di valutare le ragioni addotte (19) e di fissare, o meno, una nuova udienza, con decisione non censurabile in sede di legittimità (20). Secondo la giurisprudenza parimenti costante, nella quale non si colgono significativi spostamenti in seguito alle modifiche introdotte con la legge n. 80 del 2005, la mancata fissazione dell’udienza ed il conseguente mancato esperimento del tentativo di conciliazione, non determina la nullità del procedimento, né la sua improcedibilità, poiché quest’ultimo <<pur configurando un atto necessario per l'indagine sull'irreversibilità della frattura spirituale e materiale del rapporto tra i coniugi, non costituisce, tuttavia, un presupposto indefettibile del giudizio di divorzio>> ( 21 ). A diversa conclusione una parte della dottrina giunge nel caso in cui il tentativo di conciliazione sia omesso pur essendo comparsi i coniugi, circostanza che costituirebbe motivo di nullità del procedimento (22); a questo orientamento si contrappongono coloro secondo i quali da tale mancanza non deriverebbe alcuna conseguenza ( 23 ). Non si rinvengono sulla questione significativi precedenti giurisprudenziali. Diversa la disciplina che la lettera dell’art. 707 contempla per la mancata comparizione della parte ricorrente e della parte convenuta. In caso di mancata presentazione del ricorrente, il secondo comma dispone che <<la domanda non ha effetto>> ed a questa ipotesi è equiparata quella in cui la stessa parte compaia, ma rinunci alla domanda. Se, invece, a non presentarsi è il convenuto, il presidente <<può>> fissare un nuovo giorno per la comparizione e ordinare la rinnovazione della notifica del ricorso e del decreto. La lapidarietà di questa previsione -ripetuta dall’art. 4, comma 7, della legge di divorzio- che pone il prosieguo del procedimento nella disponibilità esclusiva del ricorrente senza considerare che anche la parte convenuta potrebbe avere un interesse alla sua prosecuzione in particolare nell’ipotesi in cui abbia anch’essa formulato una codice di procedura civile. Libro quarto: Procedimenti speciali art. 706-720 bis, a cura di CHIARLONi, Bologna, 2011, p. 111. (17) L’assenza della parte convenuta, pur nell’assenza anche della parte ricorrente, dovrebbe ricadere nella previsione normativa e determinare senz’altro un rinvio dell’udienza secondo le previsioni della normativa specialistica, con l’opportuna applicazione dell’art. 181, comma 1, c.p.c. che pone a carico della cancelleria di effettuare le comunicazioni alle parti costituite; in questo senso già SANTOSUOSSO, voce Scioglimento del matrimonio (diritto vigente), in Enc. dir., XLI, Milano, 1989, p. 651. (18) Cass., 7 novembre 1981, n. 5874, in Giust. civ., 1981, I, p. 2837. ( 19 ) Che potrebbero essere anche oggetto di un’attività istruttoria in sede presidenziale volta ad accertare la ricorrenza e la natura delle circostanze impeditive, come rilevano VULLO, Procedimenti in materia di famiglia, cit., p. 114; CIPRIANI, La nuova disciplina processuale, in La nuova legge sul divorzio, a cura di CIPRIANI e QUADRI, II, Napoli, 1988, p. 262. (20) Cass., 17 ottobre 2014, n. 22111, in Dir. e giust., 2014, fasc. 20 ottobre; conf. Cass., 23 luglio, 2010, n. 17336, in Giust. civ., 2011, 9, I, p. 2115; Cass., 16 novembre 2005, n. 23070, in Foro it., 2006, I, c. 737, che a sua volta cita quale precedente Cass. 2875/1974. (21) Cass., 10 agosto 2001, n. 11059, in Giur. it., 2002, 1854; Cass., 16 novembre 2005, n. 23070, cit. alla nota precedente, da cui è tratta l’espressione virgolettata riportata nel testo; l’orientamento è stato ripetutamente confermato anche in tempi recenti, successivamente alla riforma del 2005 da Cass., 14 marzo 2014, n. 6016, in Foro it., 2015, I, c. 1350. (22) In tal senso CARPI, GRAZIOSI, voce Procedimenti in tema di famiglia, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIV, Torino, 1997, p. 540; BAGAROTTO, Sull’omissione del tentativo di conciliazione nei giudizi di separazione e divorzio, in Fam. e dir., 1998, p. 71; (23) BARBIERA, Il matrimonio, Padova, 2006, p. 452; CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali, cit., p. 85; tra i più risalenti SATTA, Commentario al codice di procedura civile. Procedimenti speciali, IV, Milano, 1971, p. 312. 6 propria domanda, ha originato divisioni in seno alla dottrina, privilegiando alcuni autori l’interpretazione logica e sistematica secondo la quale la rinuncia agli atti in cui si sostanzia l’inerzia del ricorrente, richiede la necessaria accettazione della parte convenuta all’estinzione del giudizio, mentre secondo un diverso orientamento che privilegia il dato letterale non sarebbe richiesta l’accettazione del convenuto (24). La giurisprudenza, dal canto suo e forse suo malgrado, prende atto che nel corso del tempo e delle reiterate modifiche introdotte alla normativa concernente sia la separazione sia il divorzio, si è assistito a un progressivo irrigidimento degli effetti caducatori della mancata comparizione, o della rinuncia, della parte ricorrente ( 25 ) nella perdurante, quanto anacronistica, ottica del favor matrimonii (26), oggi ancor meno giustificata alla luce dell’abbreviamento dei termini introdotta con la legge n. 55 del 2015. 4. Segue: l’assistenza del difensore e la possibilità di farsi rappresentare da un procuratore speciale L’ultima modifica dell’art. 707 c.p.c. -portata dalla l. n. 80 del 2005- ha previsto che i <<coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l’assistenza del ( 24 ) POLI, L’udienza presidenziale e i provvedimenti provvisori ed urgenti, in Trattato della separazione e divorzio, a cura di M.A. Lupoi, Bologna, 2011, p. 193; TOMMASEO, La disciplina processuale del divorzio, in BONILINI-TOMMASEO, Lo scioglimento del matrimonio. Art. 149 e l. 1° dicembre 1970 n. 898, Milano, 2010, p. 376 ss.; DANOVI, Il procedimento di separazione e di divorzio alla luce delle ultime riforme normative, in AA.VV., Le prassi giudiziali nei procedimenti di separazione e divorzio, Torino, 2007, p. 172; SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, in Fam. e dir., 2006, p. 362; CEA, I processi di separazione e di divorzio all’indomani della promulgazione della l. n. 80 del 2005, in Riv. dir. civ., 2006, II, p. 125; cfr., CARNEVALE, La fase presidenziale, in AA.VV., I processi di separazione e divorzio, a cura di Graziosi, Torino, 2011, p. 47 ss.; LUISO, La nuova fase introduttiva del processo di separazione e divorzio, in Giusto processo civ., 2006, 49. (25) Così, in particolare, Trib. Siena, 25 febbraio 2010, in Foro it., 2012, I, c. 1592 che in motivazione rileva: <<Nell’originaria formulazione della norma, pur essendo prevista la comparizione personale dei coniugi davanti al presidente, dal che la dottrina professava un onere di conferma della domanda da parte del ricorrente, la giurisprudenza riteneva che una volta instaurato regolarmente il contraddittorio, la mancata comparizione di una delle parti non incidesse sulla procedibilità dell’azione (Cass. 28 settembre 1977, n. 4119, Foro it., Rep. 1977, voce Matrimonio, n. 198) e che in particolare la comparizione di un rappresentante del coniuge istante all’udienza presidenziale, se pure inidonea a consentire l’esperimento del tentativo di conciliazione (che richiede inderogabilmente la presenza personale di entrambi i coniugi), non comportasse l’improcedibilità dell’azione, né imponesse la fissazione di una nuova udienza per detto tentativo (Cass. 2 giugno 1978, n. 2757, id., 1979, I, 751), purché risultasse la persistente volontà della parte non comparsa di chiedere il divorzio (Cass. 10 agosto 2001, n. 11059, id., Rep. 2001, voce cit., n. 130). Con la modifica di cui all’art. 2, 3° comma, lett. e bis), d.l. 14 marzo 2005 n. 35, nel testo convertito dalla l. 14 maggio 2005 n. 80, all’obbligo di comparizione personale dei coniugi davanti al presidente è aggiunta la previsione di inefficacia della domanda, se il ricorrente non si presenta o rinuncia. La riformulazione dell’art. 4, 7° comma, l. n. 898 del 1970, viene a risolvere espressamente ogni dubbio interpretativo, con la tassativa previsione dell’effetto caducatorio della domanda derivante dalla mancata comparizione del ricorrente, oltre che dalla rinuncia del ricorrente (già presente nella disciplina previgente, quale causa determinante l’estinzione dell’azione). L’impatto innovativo della modifica legislativa è intuito dalla recente giurisprudenza, che, nel mentre conferma l’indirizzo sopra cennato, del non impedimento della mancata comparizione dei coniugi alla procedibilità dell’azione di divorzio, precisa che ciò vale per i procedimenti introdotti anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 80 del 2005, con questo postulando una ricostruzione diversa alla luce della riforma (Cass. 23 luglio 2010, n. 17336, id., Rep. 2010, voce cit., n. 176).>>; cfr. Trib. Nola, 8 giugno 2012, in De Iure, Banca dati on line. In sostanza, pare ancora attuale l’indicazione di Cass., 23 luglio 1981, n. 4734, Riv. dir. fam., 1981, p. 1040, secondo la quale la comparizione del ricorrente <<consolida irretrattabilmente gli effetti della domanda>>, nel senso che anche una sua successiva assenza non avrebbe potuto più operare come <<condizione legale risolutiva>>. ( 26 ) Si vedano le già critiche posizioni di GRAZIOSI, Osservazioni sulla riforma dei processi di separazione e di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, p. 1133. 7 difensore>>. L’intento di quest’ultimo intervento è stato quello di omologare il testo dell’art. 707 alla previsione dell’art. 4, comma 7, della legge sul divorzio il quale, pur ritenuto applicabile alla separazione in via interpretativa, era però in contrasto con la lettera dell’art. 707 (previgente alla modifica del 2005), che, in segno opposto, prevedeva la comparizione dei coniugi <<senza l’assistenza del difensore>> (27). La norma ha lasciato aperta qualche perplessità circa l’adeguatezza del diritto di difesa nell’ipotesi in cui la parte convenuta si presenti senza l’assistenza del difensore e ciò impedisca anche di procedere al mero tentativo di conciliazione. La questione è stata rimessa all’esame della Corte costituzionale dal presidente del Tribunale di Lamezia Terme, pervenendo a due pronunce di manifesta inammissibilità per ragioni di rito circa la formulazione del quesito. La questione che esortava la rimessione alla Corte costituzionale, nasceva da una fattispecie concernente un ricorso per separazione giudiziale in cui la parte convenuta pur non essendosi costituita, si era presentata all’udienza di comparizione personalmente e senza l’assistenza del difensore del quale dichiarava di non volersi avvalere. Il presidente formulava una prima ordinanza di rimessione, ritenendo non conforme alla Costituzione parificare questo caso all’ipotesi del convenuto non comparso -come sosteneva la difesa avversaria e con lei la migliore dottrina- e ritenendo, pertanto, di non poter né fissare una nuova udienza di comparizione (alla quale il convenuto si sarebbe ripresentato senza difensore), né procedere al tentativo di conciliazione ( 28 ). La Corte costituzionale dichiarava la questione manifestamente inammissibile per indeterminatezza del petitum (29). Fissata una nuova udienza di comparazione, il convenuto si ripresentava privo del difensore e il presidente riformulava il quesito sull’illegittimità costituzionale, esplicitando come <<la previsione della assistenza obbligatoria in tutta la fase presidenziale (e specificamente «nella prima fase dell'udienza presidenziale»), in sostituzione dell'originario divieto di assistenza, determinerebbe («pur essendo rimasta inalterata la ratio») la lesione del principio, affermato da questa Corte nelle sentenze n. 151 e n. 201 del 1971, secondo cui il «diritto» di farsi assistere dal difensore durante lo svolgimento dell'udienza presidenziale nel giudizio di separazione sorgeva per le parti solo nella fase successiva al fallimento del tentativo di conciliazione, essendo legittimo, giustificato ed opportuno il «divieto di assistenza del difensore» nella prima fase presidenziale del tentativo di conciliazione; (…)>>. La Corte costituzionale reiterava la declaratoria di manifesta inammissibilità, questa volta per difetto di motivazione, atteso che <<il rimettente non ha sperimentato - in un contesto caratterizzato dall'ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in tema di disciplina processuale - una interpretazione costituzionalmente conforme delle norme impugnate, in tal modo cercando di ottenere dalla Corte costituzionale un avallo interpretativo>> (30). Si ricorderà, che le due pronunce della Corte costituzionale evocate nell’ordinanza di rimessione poco sopra ricordata, avevano dichiarato l’una (la n. 151 del 1971) ( 31 ), incostituzionale l’art. 707 c.p.c. nella parte in cui non consentiva la difesa tecnica ai coniugi comparsi personalmente nella fase successiva al tentativo di conciliazione e, (27) La dottrina maggioritaria si era espressa in favore della facoltà per le parti, e non dell’obbligo, di farsi rappresentare in udienza presidenziale; ricordo in particolare CIPRIANI, La nuova disciplina processuale, cit., p. 261, favorevole a riconoscere la facoltà per le parti, ma non l’obbligo, di farsi rappresentare nel corso dell’udienza presidenziale e, nello stesso senso, CARPI, GRAZIOSI, voce Procedimenti in tema di famiglia, cit., p. 540. (28) Trib. Lamezia Terme, 5 maggio 2011, Rass. dir. civ., 2012, 2, p. 550 con nota di MAZZUCA. (29) Corte cost., 20 gennaio 2011, n. 21, in Giur. cost., 2011, 1, p. 172. (30) Corte cost., 16 febbraio 2012, n. 26, in Giur. cost., 2012, 1, p. 327. ( 31 ) Corte cost., 30 giugno 1971, n. 151, può leggersi integralmente all’indirizzo internet http://www.giurcost.org/decisioni/1971/0151s-71.html. 8 l’altra (la n. 2017 del 1971) (32), costituzionale la stessa disposizione nella parte in cui escludeva i difensori dal tentativo di conciliazione, con ciò avallando, tra l’altro, l’articolazione dell’udienza presidenziale in due fasi di cui la prima volta al tentativo di conciliazione e la seconda all’attività conseguente il suo fallimento. Autorevole dottrina ha rilevato come la scelta legislativa di prevedere invariabilmente la figura del difensore, senza distinzione di fasi entro lo stesso procedimento di separazione giudiziale, abbia avuto il significato di privilegiare i valori del giusto processo rispetto al favor matrimonii con la conseguenza, in difetto di costituzione del convenuto, di dover equiparare tale ipotesi a quella in cui la parte compaia non munita di difensore (33). Dalla necessità della comparizione personale dei coniugi, funzionalmente al valore confermativo del ricorso da parte del ricorrente e all’esperimento del tentativo di conciliazione, è scaturita anche l’incertezza sulla possibilità per i coniugi di farsi sostituire all’udienza da un procuratore speciale. L’ipotesi resta in ogni caso circoscritta alla ricorrenza dei <<gravi e comprovati motivi>> che, come si è visto poco sopra, possono giustificare l’assenza personale delle parti ed indurre il presidente alla fissazione di una nuova udienza. La giurisprudenza è rarefatta ed il precedente storico può forse individuarsi nella pronuncia della Corte di cassazione del 2 giugno 1978, n. 2757, la quale, emessa con riferimento ad un procedimento di divorzio, ha affermato che <<la mancata comparizione della parte ricorrente>> dinanzi al presidente per gravi e comprovati motivi suscettibili di essere desunti dal giudice anche dall’esistenza stessa della procura <<non rende improcedibile l’azione e non impone di fissare una nuova udienza per l’esperimento del tentativo di conciliazione>> (34). Qualche anno più tardi, la Corte è tornata sulla questione ed ha affermato con riferimento all’art. 150 c.c., che se la norma riconosce <<ai coniugi>> il diritto di domandare la separazione giudiziale o l’omologa di quella consensuale, ciò non esclude che tali attività possano essere svolte per mezzo di un procuratore speciale e con l’indicazione della volontà che si intenda far valere suo tramite, pur <<con esclusione comunque di quelle attività (come la comparizione delle parti innanzi al presidente del tribunale) che la legge esige siano compiute personalmente dalla parte.>> (35). Una certa influenza, grazie anche all’autorevolezza delle nota adesiva alla pronuncia, è derivata dal decreto del Tribunale di Verona il quale, adito da un coniuge che chiedeva di essere autorizzato a partecipare all’udienza di comparizione personale nell’instaurando procedimento di divorzio per mezzo di un procuratore speciale, ha accolto la richiesta affermando l’applicabilità in via analogica dell’art. 111 c.c., osservando che <<Se, per un evento di straordinaria rilevanza quale è il matrimonio, il legislatore ha reputato possibile la celebrazione in assenza di uno dei coniugi, sostituito da un nuncius, portatore della volontà dell’assente, così un siffatto meccanismo può ( 32 ) Corte cost., 16 dicembre 1971, n. 201, può leggersi integralmente all’indirizzo internet http://www.giurcost.org/decisioni/1971/0201s-71.html. (33) VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, cit., p. 107 ss., osserva come negli anni settanta, nel quadro delineato dalle due ricordate pronunce della corte costituzionale, la figura del difensore assumesse un valore non univoco, necessario per un verso a garantire il diritto di difesa delle parti, ma potenzialmente d’intralcio alla missione conciliativa. Nell’evoluzione sociale e processuale, la difesa tecnica ha assunto un valore prevalente ed il legislatore avrebbe privilegiato la presenza del difensore favorevolmente al diritto di difesa delle parti ed in direzione del giusto processo. (34) Che può leggersi in Foro it., 1979, I, 753. (35) Cass., 11 novembre 1981, n. 5973, in Rep. Foro it., <<voce Separazione di coniugi>>, n. 37. Sulla possibilità di manifestazione della volontà per mezzo di terzi (esempio tutore) si vedano le considerazioni di A. FINOCCHIARO, M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, I, Milano, 1984-1988, p. 451; DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo. I problemi interpretativi, Torino, 1995, p. 24. 9 essere riprodotto per l’atto che scioglie il vincolo coniugale, avuto riguardo al fatto che, nel contesto di un procedimento giudiziario, il fattore prevalente è la volontà dei coniugi.>> (36). La motivazione valorizza anche la bontà della soluzione prescelta alla luce dell’accentuata natura negoziale del <<divorzio consensuale>> (l’espressione è quella utilizzata dalla decisione) introdotto dalla (allora) recente legge n. 74 del 1987. Il rilievo riecheggia le osservazioni di Trabucchi che nella novella aveva riconosciuto una sorta di “privatizzazione” del divorzio (37) e che induceva Cipriani, in commento alla pronuncia in questione, a rimeditare il ruolo del tentativo di conciliazione e a ritenere che <<l’essenziale>> dell’udienza presidenziale fosse che almeno uno dei coniugi, comparendo personalmente o a mezzo del procuratore speciale in caso di gravi e comprovati motivi, confermasse la domanda e consentisse la prosecuzione del procedimento, mentre il tentativo di conciliazione restasse destinato al solo caso di comparizione di entrambi i coniugi. Con questo rilievo Cipriani toglieva al tentativo di conciliazione il ruolo centrale tradizionalmente attribuitogli (anche da lui stesso) e riconosceva anche al convenuto il potere confermativo della domanda (38). Non priva di dubbi interpretativi è anche la questione relativa alla necessità della comparizione personale delle parti e della difesa tecnica nel procedimento di separazione consensuale, pure destinato a transitare dall’udienza presidenziale che ne costituisce (o almeno ne dovrebbe costituire) l’unico momento giurisdizionale. La questione sarà più ampiamente ripresa nella sezione dedicata a questo istituto (39) e può qui limitarsi a rilevare come il carattere volontario del procedimento abbia indotto orientamenti contrastanti (40). La prassi pare andare incontro alle indicazioni di chi già da tempo aveva affermato che la difesa tecnica non fosse necessaria nell’ipotesi di ricorso congiunto ( 41 ). Sovente i modelli di ricorso per separazione consensuale reperibili sui siti internet di alcuni tribunali accolgono quest’ultima indicazione (42), ma non mancano esempi di segno opposto ( 43 ). Sempre con riferimento al ricorso per (36) Trib. Verona, 2 aprile 1988, in Foro it., I, c. 2391, con nota di CIPRIANI, Sull’audizione dei coniugi nel procedimento camerale di divorzio. (37) TRABUCCHI, Un nuovo divorzio. Il contenuto e il senso della riforma, in Riv. dir. civ., 1987, II, pp. 128 e 140. (38) CIPRIANI, Sull’audizione dei coniugi nel procedimento camerale di divorzio, cit., c. 2391 ss. (39) Ivi, infra sezione Separazione consensuale. ( 40 ) Esclude la necessità della difesa tecnica, ad esempio, BARBIERA, Separazione e divorzio: fattispecie, disciplina, processuale, effetti patrimoniali, Bologna, 1997, p. 25; DOGLIOTTI, Separazione e divorzio. Il dato normativo, i problemi interpretativi, cit., p. 25; contra TOMMASEO, in Commentario al diritto italiano della famiglia, a cura di Cian, Oppo, Trabucchi, Padova, 1993, sub art. 711, p. 588, secondo il quale il procedimento per separazione consensuale non derogherebbe alla regola generale di cui all’art. 82 c.p.c. ( 41 ) ARIETA, La separazione consensuale tra coniugi, in Trattato di diritto processuale civile, MONTESANO, ARIETA, II, Torino, 1999, p. 686, dove è affermata la necessità del patrocinio in caso di ricorso individuale, ma non in caso di ricorso “congiunto”. 42 ( ) Così, ad esempio, il Tribunale di Milano, https://www.tribunale.milano.giustizia.it/files/FAM_MOD_01_01_Ricorso%20separazione%20consensu ale.pdf; il Tribunale di Firenze http://www.tribunale.firenze.giustizia.it/FileTribunali/173/Sito/MODULISTICA/SEPARAZIONE%20C ONSENSUALE/fac_simile_accordo_separazione_consensuale.pdf (43) Sul sito internet del Tribunale di Messina, ad esempio, non è rinvenibile un fac simile di ricorso per separazione consensuale, ma una scheda tecnica informativa sulla documentazione necessaria e sulle caratteristiche del ricorso nella quale, alla voce “chi può richiederlo”, è indicato: <<I coniugi in maniera congiunta, con l’assistenza di un avvocato difensore. Il ricorso può essere presentato anche da un solo coniuge, ma l’istanza deve essere sottoscritta da entrambi.>>; le informazione in questione (presenti sul sito alla data del 6 luglio 2017) sono reperibili al seguente indirizzo http://www.tribunale.messina.it/articoli.php?id_articolo=780. In senso conforme Trib. Bologna, 20 settembre 2000, in Rass. forense, 2002, p. 164, secondo il quale: <<I procedimenti di separazione personale consensuale dei coniugi, in quanto iscritti per circolare 10 separazione consensuale, si registra qualche incertezza sulla necessità della comparizione personale dei coniugi ai fini del tentativo di conciliazione e della conferma del ricorso, atteso che <<il consenso alla separazione può essere manifestato solo in quella sede>> ( 44 ). La giurisprudenza, peraltro non copiosa e abbastanza risalente, dà segnali nel senso di ritenere non necessaria la comparizione personale delle parti, ammettendo quella del procuratore speciale che conferma il ricorso (45), o anche la comparizione d'uno soltanto dei coniugi all'udienza presidenziale con la conseguente impossibilità del tentativo di conciliazione, quando il ricorso congiunto sia stato confermato dal coniuge comparso e dal difensore dell'altro e le condizioni della separazione concordate tra i coniugi non siano contrarie a norma imperativa (46). 5. Il tentativo di conciliazione, la riconciliazione dei coniugi, il mutamento del rito da contenzioso a consensuale. Elemento invariabilmente ricorrente tra le attività svolte dal presidente è la sua missione conciliativa, presente quale che sia il procedimento che si svolge dinanzi a lui: a tenore dell’art. 708 c.p.c., egli <<deve sentire i coniugi prima separatamente e poi congiuntamente, tentandone la conciliazione>> ed analogamente prevede l’art. 4, comma 7, della legge sul divorzio, normativa richiamata anche dall’art. 1, comma 25, l. n. 76 del 2016 sulle unioni civili. L’art. 708 c.p.c., indica sommariamente le modalità di esperimento del tentativo di conciliazione, prescrivendo l’audizione dei coniugi <<prima separatamente e poi congiuntamente>>. La previsione, che ha l’ovvio intento di creare una sorta di atmosfera “intimista” col presidente affinché le parti possano aprirgli i loro cuori e consentire di fare breccia alla sua speciale missione ( 47 ), non precisa il ruolo dei rispettivi difensori e, segnatamente, se questi possano o debbano essere presenti all’audizione del singolo coniuge, costituente la “controparte”. Benché autorevole dottrina sia per la positiva in considerazione della necessaria esplicazione del diritto di difesa anche in questa fase (48), la direzione privilegiata dalla prassi si palesa, almeno in linea di massima, di segno opposto. ministeriale nel registro degli affari contenziosi, debbono seguire le disposizioni proprie degli altri procedimenti camerali previsti per situazioni sostanziali di diritti soggettivi o di "status". Pertanto i coniugi che presentino personalmente domande di separazione personale consensuale o domande congiunte di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio devono avvalersi del patrocinio di un difensore.>>; pur piuttosto risalente la pronuncia ricalca la ripartizione attuale delle liti ricorrente sulla cancelleria telematica, nelle quali anche la separazione consensuale è annoverata sotto la voce “procedimento contenzioso”. (44) VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, cit., p. 421, cui appartiene l’espressione virgolettata. ( 45 ) Così App. Roma, 12 gennaio 1998, in Giust. civ., 1999, I, p. 587, secondo la quale: <<La mancata comparizione personale delle parti all'udienza presidenziale (udienza presidenziale cui abbiano partecipato dei nuncii delle parti, che in forza di procura speciale siano stati abilitati a "comparire dinanzi al presidente del tribunale, rispondendo negativamente al tentativo di conciliazione, rilasciare le necessarie dichiarazioni, sottoscrivere l'istanza di omologazione") non rende inefficace il ricorso per separazione consensuale dei coniugi e il mancato espletamento del tentativo di conciliazione non è causa di nullità del procedimento, ai sensi dell'art. 156 comma 2 c.p.c.>>; già in favore della possibilità di proporre a mezzo di procuratore speciale il ricorso per separazione giudiziale o la richiesta di omologa di quella consensuale Cass., 11 novembre 1981, n. 5973, cit. (46) Così, quasi testualmente, Trib. Potenza, 12 novembre 2002, in Giur. merito, 2003, p. 1429. ( 47 ) In questo senso Cass., 22 giugno 1951, n. 1666, in Giur. it., 1952, I, 1, 208, ricordata da MANDRIOLI, CARRATTA, Diritto processuale civile. I procedimenti speciali, III, Torino, 2016, p. 13. (48) Così, CIPRIANI, Processi di separazione e di divorzio, cit., c. 142; VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, cit., p. 124; nello stesso senso parrebbe SALVANESCHI, I procedimenti di separazione e divorzio, cit., 362 ss. 11 Una certa conferma a questa linea che valorizza la logica conciliativa rispetto a quella giudiziaria, mi pare si possa rinvenire nella giurisprudenza di legittimità che anche molto recentemente ha riconfermato la negazione del valore di confessione giudiziale alle dichiarazioni rese dai coniugi in sede di udienza presidenziale, riconoscendo loro natura di <<elementi di fatto concorrenti alla complessiva valutazione finale da parte del giudice di merito>> (49). La pronuncia non precisa in motivazione se le dichiarazioni rese contra se -aventi ad oggetto, nella fattispecie, l’ammissione dell’infedeltà da parte di uno dei coniugi- fossero state rese dinanzi al presidente in fase di audizione separata, ovvero di audizione congiunta, ma il tenore degli argomenti lascia trasparire come la funzione conciliativa sia considerata l’ambiente in cui si svolgono entrambe e giustifichi l’attribuzione di un valore degradato, segnatamente di natura indiziaria, alle dichiarazioni rese. La sentenza riprende (pur non essendo citati i precedenti) una più risalente giurisprudenza che pur dettando quale sorta di regola generale quella secondo la quale il giudice può trarre soltanto elementi presuntivi dalle dichiarazioni rese dai coniugi in sede di udienza presidenziale, segnava anche i limiti di operatività di tale principio in omaggio al diritto alla prova, precisando che le stesse <<tuttavia, possono costituire l’unico fondamento del convincimento del giudice allorquando i fatti da provare siano di tale natura riservata da essere conosciuti soltanto dalle parti in causa, e sempre che le dichiarazioni stesse presentino caratteri di certezza e univocità (…)>> (50). Identico divieto di accesso delle prove legali nella fase presidenziale, ma fondato sulla diversa ratio della natura indisponibile del diritto di <<ottenere pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio>>, opera con riferimento alle condizioni legislativamente fissate cui è collegato l’effetto demolitivo del vincolo, ovviamente sottratto all’autonomia privata e suscettibile di <<conseguire solo al rigoroso riscontro, ad opera del giudice, della ricorrenza in concreto dei requisiti di legge>> (51). In considerazione della notevole dilatazione, come si vedrà nel prosieguo, delle attività suscettibili di essere svolte in sede di udienza presidenziale, mi pare che il valore indiziario alle dichiarazioni rese su diritti disponibili possa fondatamente operare solo nella fase dell’udienza volta al tentativo di conciliazione, ma non anche nelle fasi successive -dirette, ad esempio, all’acquisizione di elementi di convincimento del giudice- che assumono un più acceso carattere contenzioso. Se il tentativo di conciliazione riesce, <<il presidente fa redigere il processo verbale della conciliazione>>, previsione con cui l’art. 708, comma 2°, esaurisce le indicazioni per l’ipotesi in questione. E’ l’art. 154 c.c., a stabilire che essa <<comporta l’abbandono della domanda di separazione personale già proposta>>. Benché la norma in questione segni l’effetto processuale principale prodotto dalla riconciliazione, essa lascia aperto il problema del se possa la riconciliazione avere ulteriori effetti in caso di avvio di un nuovo giudizio della stessa natura di quello riconciliato. I pareri della dottrina si sono divisi sull’efficacia preclusiva che una siffatta ipotesi avrebbe circa la riproponibilità di una nuova domanda di separazione basata sugli stessi fatti su cui si basava quella riconciliata. Secondo un orientamento più restrittivo, la riconciliazione dovrebbe inquadrarsi quale rinuncia all’azione, con la conseguenza che essa precluderebbe la possibilità di riproporre la domanda sulla base degli stessi fatti; secondo un diverso argomentare, la riconciliazione si risolverebbe, invece, in una rinuncia alla domanda e agli atti del giudizio, con l’effetto di consentire (49) Cass., 24 febbraio 2017, n. 4860, in De Iure, Banca data on line. (50) Cass. 16 aprile 1975, n. 1433, in Mass. Giust. Civ., 1975, p. 730. (51) Cass., 18 maggio 1977, n. 2025, in Mass. Giust. Civ., 1977, p. 851, cui appartiene l’espressione virgolettata. 12 la riproposizione di una nuova domanda basata sui fatti anteriori (52). La giurisprudenza, non copiosa, ma costante, annovera l’uno o l’altro effetto ad una puntuale, quanto difficile e forse discutibile, indagine sulla ricorrenza <<oltre che [del] perdono delle colpe precedenti, anche dal completo ripristino della convivenza coniugale mediante la ripresa di quei rapporti materiali e spirituali che devono caratterizzare il vincolo matrimoniale>> (53); solo in questo caso, l’effetto catartico del perdono (54) svolgerebbe i propri effetti anche sul piano processuale precludendo la riproponibilità di una nuova domanda di separazione fondata soltanto sui fatti anteriori. Significativo contributo al chiarimento del dibattito, è provenuto dalla Corte Costituzionale, la quale nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità dell’art. 154 c.c. anche alla luce della diversità di trattamento rispetto all’art. 157 c.c., ha avallato, e nel contempo chiarito, l’interpretazione del giudice delle leggi, rilevando che i fatti antecedenti <<non possono "da soli" giustificare una pronunzia di separazione, pur potendo valere a lumeggiare nuovi fatti successivi alla riconciliazione. Ciò evidentemente significa che vecchi e nuovi fatti confluiscono, sia pure con peso diverso, a formare il libero convincimento del giudice>> (55). Il tentativo di conciliazione, legislativamente teso alla ricostituzione del vincolo matrimoniale, ben più frequentemente nella pratica è suscettibile di sfociare in un accordo sulle condizioni a cui addivenire alla separazione, trasformando il procedimento da giudiziale a consensuale (56). Si tratta di un’ipotesi di passerelle non disciplinata dalla legge, che la prassi ammette per il suo indiscutibile valore di economicità dei giudizi e che ha variamente articolato con sensibili modifiche da tribunale a tribunale. Una delle modalità più semplici adottate dalla pratica, prevede che sia dato atto nel verbale di udienza presidenziale dell’intervenuto accordo delle parti sulle condizioni cui addivenire alla separazione, analiticamente indicate nello stesso atto; il presidente, previa disposizione del mutamento del rito da giudiziale a consensuale, rimette il verbale al pubblico ministero (se del caso) e al tribunale per l’omologa della separazione ( 57 ). Diversa modalità, ma identica finalità, persegue la prassi delle separazioni e dei divorzi, così detti, “consensualizzati”, in virtù della quale il presidente, adito in via giudiziale, formula una proposta di accordo e rinvia, sino a un massimo normalmente di due volte, l’udienza affinché le parti possano avere il tempo di (52) Per l’orientamento restrittivo CIPRIANI, La nuova disciplina processuale, cit., II, p. 271; contra A. FINOCCHIARO, M. FINOCCHIARO, Diritto di famiglia, cit., I, sub art. 35, p. 546; BONILINI, Manuale di diritto di famiglia, Torino, 2000, p. 190; DE FILIPPIS, CASABURI, Separazione e divorzio nella dottrina e nella giurisprudenza, Padova, 2004, p. 502. (53) Cass. 7 luglio 2004, n. 12427, in Mass. Giust. Civ., 2004, p. 7, cui appartengono le espressioni virgolettate; conf. Cass., 6 ottobre 2005, n. 19497, in Riv. not., 2006, 2, p. 500; negli stessi termini Cass., 6 febbraio 1976, n. 414, in Foro pad., 1976, I, p. 102; Cass., 20 gennaio 1978, n. 256, in Mass. Giust. Civ., 1978. (54) La giurisprudenza più recente sulla riconciliazione ha espunto il riferimento al perdono, preferendo evocare la ricorrenza di elementi oggettivi: così, ad esempio, Cass., 17 settembre 2014, n. 19535 e Cass., 24 dicembre 2013, n. 28655 entrambe possono leggersi per intero in De Iure, banca dati on line; si tratta, tuttavia di decisioni che non si soffermano sul profilo specificamente trattato nel testo. (55) Corte cost., 21 aprile 1983, n. 104, in Giur. it., 1984, I, 1, p. 217. (56) Costituisce un rilievo comune la scarsa rilevanza pratica del tentativo di conciliazione ai fini della ricostituzione del vincolo, come, tra i molti, M. A. LUPOI, voce Procedimento di separazione e divorzio, in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2007, p. 964, come pure è riconosciuta l’utilità dell’intervento presidenziale al fine di trasformare la separazione da consensuale a giudiziale, come rilevano MANDRIOLI, CARRATTA, Diritto processuale civile, III, cit., p. 94. (57) Così, ad esempio, il facsimile predisposto dall’Ordine degli Avvocati di Isernia, che può leggersi all’indirizzo http://www.ordineavvocatiisernia.it/Documenti/doc%201%20Separazione%20coniugale%20giudiziale% 20trasformata%20in%20consensuale.docx. 13 discutere e riflettere sul tenore delle condizioni proposte (58). Analoghe modalità sono adottate per esortare il passaggio dal divorzio giudiziale a quello congiunto che, ove riesca, sfocia nella fissazione da parte del presidente di un’udienza di comparizione delle parti dinanzi al collegio ( 59 ). Altri tribunali preferiscono, invece, richiedere ai coniugi la formulazione di un ricorso congiunto nel quale indicare le condizioni sulle quali hanno raggiunto il consenso, in seguito al quale il presidente, pur sempre nell’ambito del procedimento iniziale e dunque mantenendo l’originario numero di ruolo, fissa una nuova udienza nella quale procederà come si fosse trattato di una separazione nata consensuale. L’assenza di disciplina legislativa nel passaggio tra separazione giudiziale e separazione consensuale, ha posto qualche problema con riferimento all’individuazione del dies a quo della condizione temporale per la proposizione del divorzio, o dello scioglimento della comunione. La riforma introdotta con l. n. 55 del 2015, ha porto agli interpreti l’occasione di meglio coordinare il passaggio in questione, prevedendo che il termine semestrale per la proposizione del ricorso di divorzio sia da considerare decorrente anche <<in caso di separazione giudiziale trasformata in consensuale (…) dall’udienza ex art. 708 c.p.c. e non da quella ex art. 711 c.p.c., altrimenti si creerebbe una inutile disparità di trattamento, peraltro contraria ai principi del giusto processo ex art. 111 Cost., e all’obiettivo stesso enunciato dalla novella legislativa, che è quello di ridurre i tempi necessari allo scioglimento del vincolo.>> (60). Ed ancora, nel caso in cui i coniugi raggiungano un accordo e sia disposta la trasformazione del rito da separazione giudiziale a separazione consensuale, <<in assenza di ordinanza ex art. 708 c.p.c. che autorizzi i coniugi a vivere separati, l’effetto della cessazione della comunione legale decorre dalla sottoscrizione del verbale di separazione consensuale (…). Pertanto, è il citato verbale e non l’ordinanza di conversione del rito che va comunicato all’ufficiale dello Stato Civile.>> (61). Il riferimento alla comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del tribunale, oltre a costituire un dato aderente al dettato legislativo di cui all’art. 3, n. 2 lett. b), offre maggiore certezza alla decorrenza degli effetti in questione, non soltanto nelle ipotesi di mutamento del rito, ma anche nei casi in cui la separazione prosegua nella forma contenziosa (62). In particolare, considerando che le attività suscettibili di svolgimento nell’udienza presidenziale si sono sensibilmente dilatate (ivi infra paragrafo successivo), con la conseguenza che la stessa può durare anche molti mesi, individuare il dies a quo nell’autorizzazione ai coniugi a vivere separati ingenera incertezze e trattamenti differenziati ogniqualvolta per le ragioni più diverse tale autorizzazione non sia resa nella prima udienza di comparizione, ma in un momento successivo. A questa risolutiva considerazione di opportunità, si aggiunge che secondo autorevole dottrina ( 63 ), l’autorizzazione a vivere separati, benché usualmente ricorrente nell’ordinanza (58) Le modalità di cui al testo sono tratte dal protocollo del Tribunale di Brescia, rinvenibile al sito: http://www.tribunale.brescia.it/allegati/8_Buone_pratiche_Separazioni_e_Divorzi_consensualizzati.pdf. ( 59 ) In tal senso, ad esempio, il protocollo adottato dal Tribunale di Treviso, che può leggersi all’indirizzo: http://www.ordineavvocatitreviso.it/sito/images/stories/PROTOCOLLO_FAMIGLIA_DEF._15.9.14.pdf. (60) Trib. Milano, 9 luglio 2015, n. 37959, può leggersi integralmente in De Iure, Banca dati on line. ( 61 ) Trib. Milano, 26 maggio 2015, può leggersi integralmente al seguente indirizzo internet http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/13336.pdf. (62) Nel senso della rilevanza dell’udienza di comparizione dei coniugi ai fini del dies a quo per il divorzio, recentemente Trib. Monza, 4 maggio 2016, n. 1215, nonché Trib. Trento, 16 ottobre 2015, n. 952 entrambe possono leggersi in De Iure, Banca dati on line, (63) ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1957-1964, p. 326; MANDRIOLI, Separazione per ordinanza presidenziale?, in Riv. dir. proc., 1972, p. 229. 14 presidenziale, non ne costituisce un presupposto indefettibile e non sarebbe neanche necessaria avendo, piuttosto, valore ricognitivo di una situazione già verificatasi (64). Ove, invero, la missione conciliativa del presidente fallisca completamente, non pervenendo né alla riconciliazione né all’accordo sulle condizioni di separazione, inizia la fase del procedimento più propriamente contenziosa. 6. Le altre attività dell’udienza presidenziale: l’audizione dei minori, l’attività istruttoria. Accennavo in apertura della presente trattazione come l’udienza presidenziale nei procedimenti contenziosi si sia dilatata nelle attività suscettibili di esservi svolte e, conseguentemente, nella sua durata e nel numero delle sue udienze (65). Si tratta di attività imposte dall’evoluzione del diritto, del progresso scientifico e anche dei mezzi tecnologici oggi a disposizione, che sono entrate nell’udienza presidenziale modificandone la struttura originale, che si è visto risalire al codice di procedura del 1865, facendone, almeno nei casi più complessi, un vero e proprio <<procedimento>>. Una di queste attività che la modernità ha aggiunto al novero di quelle suscettibili di essere svolte nell’udienza presidenziale, è l’ascolto dei minori -normalmente fissato all’età di dodici anni, ma anche di bambini più piccoli in certi casi- che presente da tempo in importanti accordi internazionali ratificati dal nostro Paese, nonché nella normativa dell’Unione Europea, è stato oggetto di una lenta elaborazione e sensibilizzazione che, infine, è filtrata nei tribunali nazionali (66). L’ampiezza delle fonti internazionali, oltre all’accuratezza con cui, perlomeno alcune, individuano e articolano il diritto del minore ad una vera e propria partecipazione alla formazione delle decisioni che li riguardano, merita perlomeno un accenno. La prima in ordine temporale a prevedere, al suo art. 12, l’audizione diretta o indiretta del minore in tutti i procedimenti giuridici o amministrativi che lo concernono, è stata la Convenzione di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo (67), ratificata dall’Italia con l. n. 176 del 1991. E’ seguita la Convenzione dell’Aja del 29 maggio 1993, in materia di adozione internazionale, ratificata dall’Italia con l. n. 476 del 1998, la quale all’art. 4 prevede che le adozioni possano aver luogo solo se le autorità nazionali competenti si sono assicurate, tenuto conto dell'età e della maturità del minore: <<che questi sia stato assistito mediante una consulenza e che sia stato debitamente informato sulle conseguenze dell'adozione e del suo consenso all'adozione qualora tale consenso sia richiesto; che i desideri e le opinioni del minore all'adozione siano stati presi in considerazione; che il consenso del minore all'adozione quando è richiesto, sia stato prestato liberamente, nelle forme legalmente stabilite, e sia stato espresso constatato per ( 64 ) Così, quasi testualmente, DANOVI, Principio della domanda e ultrapetizione nei giudizi di separazione, in Riv. dir. proc., 1998, p. 737. ( 65 ) In tema le osservazioni di CASABURI, Un utile passo avanti del legislatore: la l. 55/15 sul «divorzio breve», in Foro it., 2015, I, c. 2304. (66) Si ricordi che Corte cost., 30 gennaio 2002, n. 1, in Foro it., 2013, c. 423 ss., con note di SERGIO e di PROTO PISANI, ha affermato che <<il minore si configura come “parte” del procedimento con la necessità del contraddittorio nei suoi confronti, se del caso previa nomina di un curatore speciale ai sensi dell’art. 78 c.p.c.>>, desumendo il principio sia dall’art.12 della Convenzione sui diritti del fanciullo (New York ,1989) e della relativa legge di ratifica, sia dalle previsioni della l. n.149 del 2001, recante modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sulla «Disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile. (67) Si veda in particolare Comitato dei diritti dell’infanzia. Commento Generale n. 12. Il diritto del bambino e dell’adolescente di essere ascoltato, Ginevra, 25 maggio-12 giugno 2009, può leggersi, http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/documenti/12Commento_generale.pdf . 15 iscritto; che il consenso non sia stato ottenuto mediante pagamento o contropartita di alcun genere>>. La Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata dall’Italia con l. n. 77 del 2003, indica puntualmente, all’art. 3, non solo il diritto del fanciullo <<avente un discernimento sufficiente>> ad essere ascoltato nelle procedure di natura giudiziaria, ma anche quello ad una compiuta informazione pertinente a quanto lo coinvolge, comprese le conseguenze di ogni sua decisione, affinché possa correttamente e compiutamente formare l’opinione che ha il diritto di esprimere. La Convenzione dei diritti del fanciullo, stipulata a New York il 6 settembre 2000, ratificata in Italia con l. n. 46 del 2002, considera in particolare il fanciullo quale “vittima vulnerabile” nei procedimenti penali ed è richiamata dalla Carta di Noto. Contributi di grande rilievo in materia sono offerti anche dalla normativa dell’Unione Europea. Il diritto dei minori ad <<esprimere liberamente la loro opinione>>, destinata ad essere presa in considerazione <<sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità>>, è stato recepito nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. Nel regolamento n. 2201/2003 il mancato ascolto dei minori è, in certi casi, addirittura previsto quale motivo ostativo alla circolazione delle decisioni giurisdizionali che li concernono (68). La tutela del minore, anche sotto il profilo del suo ruolo processuale, è sempre più spesso posta al centro delle politiche UE, ormai in aperto dialogo con quelle del Consiglio d’Europa (69). La l. n. 54 del 2006 ha ampliato i poteri d’ufficio del giudice nell’ambito dei procedimenti di famiglia mediante l’inserimento dell’art. 155-sexies c.c., poi trasfuso nell’art. 337-octies della l. n. 54 del 2013 (70). La terna di leggi, segnatamente la l. n. 80 del 2005, la l. n. 54 del 2006 e la l. n. 154 del 2013, ha variamente inciso sui poteri del giudice della famiglia, ricadendo anche sulle attività del presidente nei procedimenti che ci occupano. La l. n. 54 del 2006, in primo luogo, ha prescritto l’audizione del minore che ha compiuto gli anni dodici ed in certi casi anche se più piccolo ( 71 ), allineando le prescrizioni dettate in materia di separazione a quelle divorzili; soltanto quest’ultime, invero, prevedevano l’ascolto del minore ai sensi dell’art. 4, comma 8°, l. divorzio, benché i commentatori fossero pressoché concordi nel ritenere che analoga prerogativa appartenesse anche al giudice della separazione (72). La l. n. 154 del 2013 ha abrogato l’art. 155-sexies c.c. e reintrodotto la prescrizione dell’audizione del minore nell’art. 337-octies c.c. ampliandone l’ambito di applicazione con alcune significative differenze anche nella delimitazione della discrezionalità del (68) Si tratta del Regolamento del 27 novembre 2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, il quale prevede il mancato ascolto del minore tra i motivi ostativi alla circolazione delle decisioni che lo riguardano, salvo il ricorrere dell’urgenza (art. 23, lett. b), ovvero nei casi in cui che la sua audizione non sia stata ritenuta opportuna per ragioni di età nei casi di cui agli artt. 41 e 42. (69) Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, Giustizia a misura di minore: prospettive ed esperienze di professionisti, Vienna, 2015, può leggersi al seguente indirizzo internet http://fra.europa.eu/sites/default/files/fra-2015-child-friendly-justice-professionals-summary_it_0.pdf.; Linee guida del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa per una giustizia a misura di minore, adottate dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 17 novembre 2010 e possono essere lette al seguente indirizzo internet http://www.garanteinfanzia.org/sites/default/files/documenti/GuidelinesChildFriendlyJustice_IT_0.pdf. (70) Su questi profili si vedano anche le osservazioni di LUPOI, Aspetti processuali della normativa sull’affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, p. 1063. (71) Si ricorda che la l. n. 54 del 2006 ha introdotto la previsione concernente l’ascolto dei minori nell’art. 155-sexies c.c.; la legge l. n. 154 del 2013 ha inserito nel Capo II del Titolo IX del Libro I, gli artt. da 337-bis a 337-octies nei quali sono stati integralmente trasfusi gli artt. da 155 a 156-sexies c.c. (72) Ciò in virtù del rinvio alle disposizioni sul divorzio contenuta nell’art. 23 della l. n. 74 del 1987. 16 giudice: mentre il regime previgente rimetteva l’audizione alla decisione del presidente <<qualora lo ritenga strettamente necessario anche in considerazione della loro età>>, con maggiore perentorietà la versione novata stabilisce che il presidente <<disponga l’audizione del minore>> che abbia compiuto dodici anni <<e anche di età inferiore ove capace di discernimento>>. Alla stessa legge si deve l’inserimento dell’art. 336-bis c.c. che eleva l’ascolto del minore a regola generale <<nell’ambito dei procedimenti nei quali devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano>>. Si tratta, anche in questo caso, di un’attività che spesso nella sua articolazione pratica è disciplinata da protocolli d’intesa adottati dai vari tribunali, concepiti in linea con la migliore giurisprudenza e nell’ottica di evitare che l’ascolto si trasformi da garanzia in un’occasione di pressione in particolare per quei minori già affaticati dalla conflittualità genitoriale, in cui immancabilmente si colloca la necessità di sentirli. Per queste ragioni l’audizione del minore è normalmente esclusa nei procedimenti di natura consensualistica, mentre in quelli contenziosi si procede all’ascolto <<solo laddove particolari circostanze del caso lo facciano ritenere opportuno>>, tra le quali rientrano sia quelle in cui i genitori sono in disaccordo sulle modalità dell’affidamento e del regime di visita, sia quelle in cui le loro scelte, pur consensuali, siano ritenute in contrasto con l’interesse del minore; l’ascolto è espressamente escluso per le questioni economiche che pur lo riguardino. Resta sempre fermo l’obbligo del giudice di esporre in motivazione le ragioni per le quali non ha disposto l’ascolto (73). Si tratta, come dicevo, di previsioni che seguono le indicazioni della Corte di Cassazione, che si è pronunciata in più occasioni sull’obbligo di sentire il minore premurandosi anche di temperare lo stesso attraverso la rimessione al giudice della valutazione circa l’opportunità di non procedervi, fermo restando l’onere di dare conto in motivazione delle ragione che l’hanno condotto a tale scelta, a pena di nullità del provvedimento ( 74 ). Analogamente, i protocolli ricordati sintetizzano la migliore giurisprudenza di merito che dell’ascolto del minore ha tracciato il perimetro con una certa uniformità, escludendolo quando i genitori abbiano concordato in maniera consona ai loro interessi le modalità dell’affidamento e restino in gioco soltanto questioni economiche relative al loro mantenimento (75). L’ascolto del minore costituisce un terreno interdisciplinare in cui si cerca di raffinare le modalità più idonee alla sua gestione grazie ad un virtuoso colloquio tra la (73) Così, ad esempio, prevede il protocollo d’intesa tra il Tribunale di Pistoia ed il locale Ordine degli Avvocati, che può leggersi al seguente indirizzo internet http://www.avvocatipistoia.it/assets/protocollointesa-famiglia.pdf. (74) Tra le molte, Cass., sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238, in Foro it., 2010, I, c. 903; Cass. 11 settembre 2014, n. 19202, nel procedimento d’adottabilità; Cass. 7 ottobre 2014, n. 21101, concernente i figli nati fuori dal matrimonio; Cass., 10 settembre 2014, n. 19007, riferita all’adozione, ma che offrono indicazioni di portata generale e valevoli anche nella separazione e nel divorzio, tutte in Foro it., 2014, I, c. 3077 ss.; Cass., 26 marzo 2015, n. 6132, in Foro it., 2015, I, c. 1543. In dottrina, e per ulteriori riferimenti, BASINI, BONILINI, CONFORTINI, Codice di famiglia, minori e soggetti deboli, Torino, 2014, I, sub art. 337-octies c.c., p. 1244; PESCE, L’ascolto del minore tra riforme legislative e recenti applicazioni giurisprudenziali (osservazioni a Cass. 5097/14 e 5237/14), in Dir. ind., 2015, 252; MARTINELLI, MAZZA GALANTI, L’ascolto del minore, in Affidamento condiviso e diritti dei minori, a cura di Dogliotti, Torino, 2008, p. 249 ss. (75) Trib. Milano, 18 marzo 2016, in Foro it., 2016, I, c. 1458; Trib. Milano, 20 marzo 2014, in www.il caso.it; Trib. min. Trieste, 18 maggio 2011, in Fam. min., 2011, p. 67. AA.VV., Commentario breve al diritto di famiglia, a cura di ZACCARIA, Padova, 2016, sub art. 336-bis c.c., sull’esclusione dell’ascolto nelle controversie tra i genitori di ordine solo patrimoniale, pur relativi ai minori stessi. 17 giurisprudenza e la psicologia, che offre il suo indispensabile contributo anche mediante linee guida che compendiano l’esperienza scientifica e pratica (76). Il secondo versante che ha subito una sensibile lievitazione nel corso del tempo in forza della terna di leggi sopra ricordata, è l’attività istruttoria che il presidente può trovarsi a dover esperire al fine di adottare i provvedimenti <<con cognizione sufficiente, pur se sommaria>> (77). Si tratta di un’esigenza che, nell’originaria struttura dell’udienza e nell’idea che la stessa avrebbe dovuto risolversi in un atto unico, era perlopiù affidata alle allegazioni delle parti con la conseguenza che i provvedimenti erano resi “allo stato degli atti” ( 78), per quanto riguardasse sia il mantenimento, sia l’affidamento, del resto più rigidamente ancorati a schemi che privilegiavano l’affidamento materno e prevedevano modalità standard di frequentazione dei minori da parte del padre. Senza bisogno di ricostruire nel dettaglio gli inserimenti legislativi, le abrogazioni che ne sono seguite e le estensioni interpretative (79), i procedimenti di separazione e di divorzio godono oggi di una sostanziale identità procedimentale che riguarda anche l’udienza presidenziale. Sia pure con numerosi difetti e lacune concernenti la tecnica legislativa che i commentatori hanno subitamente rilevato, la l. n. 54 del 2006, ha rappresentato una svolta cruciale grazie all’introduzione del principio della, così detta, bigenitorialità. Il passaggio dal paradigma tradizionale di affidamento esclusivo alla madre, a quello di parità rispetto alla figura paterna (peraltro ancor oggi in stato di limitata effettività), ha posto diverse e più ampie esigenze d’indagine processuale al fine di individuare l’assetto più idoneo della permanenza del minore presso ciascun genitore. La legge da ultimo ricordata ha introdotto l’art. 155-sexies, oggi art. 337-octies c.c., secondo il quale <<Prima dell’emanazione, anche in via provvisoria, dei provvedimenti di cui all’art. 330-ter, il giudice può assumere, ad istanza di parte o d’ufficio, mezzi di prova.>>; la disposizione non era un’assoluta novità, essendo già presente nell’abrogato art. 155, comma 7°, (oggi art. 337-ter) la previsione, ovvia per certi versi, secondo la quale il giudice del procedimento avrebbe dovuto adottare i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli e il contributo al loro mantenimento <<dopo l’assunzione di mezzi di prova dedotti dalle parti o disposti d’ufficio dal giudice>>. La norma originaria non faceva, tuttavia, alcun riferimento alla “via provvisoria” e benché questa modifica fosse stata inizialmente interpretata come tale da non consentire l’estensione di queste attività anche all’udienza presidenziale (80), l’evoluzione applicativa è andata in questa direzione. Con riferimento ai poteri del presidente funzionali all’adozione dei provvedimenti di carattere economico, le parti devono produrre con i rispettivi atti introduttivi le loro dichiarazioni dei redditi, che la prassi indica generalmente in quelle relative agli ultimi tre anni (81). La previsione è stata introdotta per il procedimento di separazione dalla l. ( 76 ) Molti ordini degli psicologi si sono dotati di linee guida; ricordo ad esempio l’Ordine degli Psicologi del Lazio, le cui Linee guida per l’ascolto del minore nelle separazioni e divorzi, 2011-2012, possono leggersi all’indirizzo http://www.osservatoriofamiglia.it/moduli/17506320__Ascolto.minore.separazioni.OPlazio.pdf. ( 77 ) Così Trib. Trani, 18 maggio 2015, in Riv. dir. fam. e pers., 2015, 3, p. 996, da cui è tratta l’espressione virgolettata. (78) Cfr. CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali «nell’interesse dei coniugi e della prole», cit. p. 45 ss. (79) Le indicazioni sul quadro che, infine, risulta dalla somma algebrica dei vari interventi, è indicato volta per volta, in testo e note successive. (80) BALENA, Il processo di separazione personale dei coniugi, cit., p. 417. (81) Nel senso che il nuovo art. 706, 3° comma, e il nuovo art. 4, 6° comma, della legge sul divorzio utilizzassero un’espressione al plurale («le ultime dichiarazioni») che implicava l’insufficienza della produzione soltanto dell’ultima dichiarazione, CIPRIANI, Processi di separazione e di divorzio, cit., c. 143 18 n. 80 del 2005, che ha modificato l’art. 706, comma 4°, benché anche antecedentemente a questo intervento legislativo fosse ritenuto applicabile a questo procedimento la previsione dell’art. 5, comma 9°, della legge sul divorzio (82). Si tratta di un obbligo privo di sanzione che potrà determinare, ove inadempiuto, l’ordine di esibizione da parte del presidente (83). Resta, tuttavia, una incertezza circa le attività istruttorie che il dato normativo prevede per l’udienza presidenziale (84). Benché i richiami, anche recentissimi, della giurisprudenza di legittimità facciano dubitare della sostenuta abrogazione dell’art. 5, comma 9°, l. divorzio (85 ), non v’è dubbio che la previsione di cui all’art. 5, comma 9°, l. n. 898 del 1970, paia -ma la formula dubitativa è d’obbligo- distinguere tra le attività destinate ad essere svolte dinanzi al “presidente del tribunale” e dinanzi al “tribunale”. L’articolo in questione specifica, invero, che i coniugi all’udienza di comparizione avanti il presidente, devono <<presentare la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune>>. Il periodo si arresta con l’interpunzione del punto fermo, dopo il quale ma entro lo stesso comma, la norma prosegue precisando che ove vi siano contestazioni, evidentemente circa la consistenza di questi elementi patrimoniali, <<il tribunale>> dispone indagini sui redditi, sul patrimonio e sull’effettivo tenore di vita anche valendosi della polizia tributaria. Pare, dicevo, che l’articolazione e la successione dei periodi, corrisponda alla successione delle fasi processuali che, passando dal presidente al tribunale, ampliano l’attività istruttoria dalle mere emergenze documentali operanti nella fase presidenziale, a quella più articolata della cognizione piena. Si tratta, in ogni caso, di indagini considerate derogatorie delle regole generali sull'onere della prova, con la conseguenza che l'esercizio di tale potere discrezionale da parte del giudice <<non può sopperire alla carenza probatoria della parte onerata>>, ma può avere soltanto una funzione integrativa <<del "bagaglio istruttorio" già fornito, incompleto o non completabile attraverso gli ordinari mezzi di prova>> e non attivabile <<a fini meramente esplorativi>> (86). Più ampio il respiro degli artt. 337-ter e 337-octies c.c., i quali tratteggiano l’attività istruttoria del <<giudice>> che conosce della materia di famiglia, senz’altra distinzione circa il momento procedimentale del suo esercizio, cui si aggiunge la precisazione dell’art. 337-octies per la quale le attività istruttorie possono precedere l’emanazione dei ss.; FINOCCHIARO, Separazione e divorzio. Nel ricorso anche la dichiarazione dei redditi, in Guida dir., 2005, fasc. 22, 95. La prassi si è attestata, in linea generale, sulle dichiarazioni degli ultimi tre anni; si tratta di informazioni che sovente i tribunali rendono nei loro siti; in tal senso, tra i molti, il Tribunale di Firenze per la separazione e per il divorzio, come può leggersi al seguente indirizzo; http://www.tribunale.firenze.giustizia.it/it/Content/Index/42595. ( 82 ) L’art. 5, comma 9°, della legge sul divorzio, era considerato applicabile al procedimento di separazione anche prima della riforma del 2005, consentendo al giudice il potere di indagine dallo stesso previsto; si veda sulla questione, MASONI, Norme processuali nella legge sul divorzio e compatibilità con il giudizio di separazione, in Giust. civ., 2001, II, p. 142; in giurisprudenza, ad esempio, Trib. Napoli, 14 novembre 1995, in Fam. e dir., 1996, p. 464; Trib. Catania, 19 luglio 1988, in Fam. e dir., 1989, p. 143. (83) Così CIPRIANI, La fase presidenziale, cit., c. 143 ss. (84) In commento alle modifiche introdotte dalla l. n. 80 del 2005, ad esempio, BALENA, Il processo di separazione personale dei coniugi, cit., p. 400, mantiene separata l’attività dell’udienza presidenziale, nella quale non può essere svolta, secondo l’autore, istruttoria, che resterebbe riservata al giudice istruttore nel prosieguo del giudizio. (85) Secondo CARNEVALE, l’art. 5, comma 9°, della legge sul divorzio deve ritenersi abrogato in quanto sostituito dall’art. 155 c.c., La fase presidenziale, cit., p. 60, a sua volta sostituito dall’art. 337-ter c.c.; l’orientamento non pare condiviso dalla giurisprudenza della corte di legittimità che anche recentemente si è richiamata alla disposizione in questione; così Cass. 20 febbraio 2017, n. 4292, in Dir. e giust., 2017, p. 21. (86) Cass., 20 febbraio 2017, n. 4249, cit. 19 provvedimenti <<anche in via provvisoria>> (87). Come accennavo poco sopra, la prassi applicativa ha dato una risposta netta nella direzione di aprire alle attività istruttorie presidenziali, come espressamente dimostrano, ancora una volta, i protocolli d’intesa adottati da vari tribunali. Si tratta, in particolare, della previsione di indagini funzionali ai provvedimenti da adottare per l’affidamento dei minori soprattutto nei casi di grave conflittualità tra i genitori, nei quali la prassi ormai diffusa, vede il presidente avvalersi della consulenza tecnica psicologica al fine di indagare sulla capacità genitoriale delle parti e di individuare un punto di equilibrio rispettoso delle esigenze del minore ad una frequentazione equilibrata con entrambi i genitori. Sempre funzionalmente, in particolare, all’adozione dei provvedimenti di mantenimento dei figli, i protocolli prevedono anche la possibilità per il presidente di avvalersi di un consulente tecnico-contabile (88). In maniera crescente compare anche la pratica di fissare l’udienza di comparizione con la contestuale indicazione nello stesso provvedimento di una serie di documenti che devono essere prodotti, secondo una modalità che non si è tardato a indicare come un modello di disclosure peculiare a questi procedimenti (89). 6. I provvedimenti <<temporanei e urgenti>> del presidente: natura, efficacia nel tempo, contenuto La natura dei provvedimenti previdenziali costituisce uno dei temi che più hanno appassionato gli studiosi dei processi della famiglia, dando luogo a orientamenti profondamenti diversi (90) che in seguito alle riforme attuate a partire dalla l. n. 80 del 2005, si sono assestati su un’idea largamente accettata, pur convivente con una serie di differenziata di tesi che, in definitiva, accoglie le indicazioni della dottrina tradizionale, pur in un quadro normativo mutato, almeno sotto il profilo dei rimedi previsti contro l’ordinanza in questione. (87) Molte le voci in questo senso: ACHILLI, Il procedimento di divorzio, in Gli aspetti di separazione e divorzio nella famiglia, a cura di Oberto, Padova, 2012, p. 200; CARNEVALE, La fase presidenziale, cit., p. 64; RIMINI, L’accertamento del reddito e del patrimonio delle parti nei giudizi di separazione e divorzio: proposta per un modello di disclosure, in Fam. e dir., 2011, p. 739; LAI, Profili dell’istruttoria presidenziale nel giudizio di separazione: tra accertamenti reddituali e oneri di allegazione, in Fam. e dir., 2011, p. 901; GIUSTI, Gli effetti processuali della separazione e del divorzio, Milano, 2008, p. 95. (88) In questo senso, ad esempio, i protocolli del Tribunale di Pistoia e del Tribunale di Lucca, cit., i quali, con riferimento alla consulenza psicologica prevedono anche linee guida che precisano le attività suscettibili di essere svolte, quali le visite domiciliari, le video riprese dei colloqui, la normale assenza dei difensori alle operazioni. (89) Trib. Torino, 20 maggio 2013, in Fam. e dir., 2014, p. 380, con nota di RAZZARI, Un nuovo modello di disclosure nell’ambito dei procedimenti di separazione e di divorzio, che cita come conformi anche Trib. Roma, 25 novembre 2011, Trib. Monza, 10 gennaio 2012, inedite. ( 90 ) Diversi autori riconoscono a questa ordinanza una natura mista a seconda dei capi che essa contiene; così, ad esempio, CIPRIANI, La nuova legge sul divorzio. Presupposti. Profili personali e processuali, a cura di Cipriani, Quadri, Napoli, II, 1988 p. 281, il quale riconosce natura di volontaria giurisdizione all’autorizzazione a vivere separati, all’affidamento e all’assegnazione della casa, mentre natura cautelare al capo relativo al mantenimento; cfr. DENTI, Note sui provvedimenti non impugnabili nel processo civile, in Riv. dir. proc., 1954, I, p. 10, secondo il quale nei provvedimenti presidenziali conviverebbe la natura volontaria e cautelare; MANDRIOLI, Per una nozione strutturale dei provvedimenti anticipatori e interinali, in Riv. dir. proc., 1964, p. 551 ss., annovera i provvedimenti presidenziali i provvedimenti anticipatori non cautelari; nello stesso senso anche TOMMASEO, in BONILINI e TOMMASEO, Commentario, sub art. 4, cit., 357; CARPI, Provvedimenti interinali di condanna, esecutorietà e tutela delle parti, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1977, p. 629; cfr. PROTO PISANI, Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, p. 249 che ne riconosce la natura di provvedimenti sommari-semplificati-esecutivi. Per un’ampia ricostruzione dell’evoluzione dottrinale e giurisprudenziale VULLO, Procedimenti in materia di famiglia e di stato delle persone, cit., p. 131 ss. 20 Già sotto la vigenza dell’art. 808, comma 3°, c.p.c. del 1865 (91), autorevoli voci riconoscono al provvedimento presidenziale natura cautelare e Chiovenda accoglie analoga idea nei Principi (92), circostanza che guadagna all’orientamento un notevole credito ( 93 ). L’impostazione è ripresa anche dopo l’entrata in vigore del codice di procedura civile del 1942 ( 94 ) e successivamente alle riforme adottate nel corso del tempo che, come accennavo, hanno condotto ad una ampia convergenza di opinioni in particolare dopo l’introduzione del processo cautelare uniforme. L’allentamento del vincolo di strumentalità per i provvedimenti anticipatori previsto in via generale dall’art. 669-novies c.p.c., ha fatto cadere la principale obiezione mossa alla natura cautelare dell’ordinanza, costituita dalla sua sopravvivenza all’estinzione del processo sancita dall’art. 189 disp. att. c.p.c.; la previsione del reclamo (introdotto con l. n. 54 del 2006) -benché alla corte d’appello ex art. 739 c.p.c., anziché quello collegiale di cui all’art. 669-terdecies (95)- ha offerto argomenti ulteriormente persuasivi in favore della tesi in questione (96). La giurisprudenza è, da tempo, favorevolmente orientata in questa direzione (97), con poche e risalenti eccezioni tese a riconoscerne all’ordinanza presidenziale la natura di provvedimento di volontaria giurisdizione (98). Si tratta, in ogni caso, di provvedimenti cautelari peculiari, nei quali, si è detto, la valutazione del periculum è in re ipsa quale conseguenza dello scioglimento del vincolo coniugale e della necessità di tutelare il coniuge più debole ( 99 ) e di procedere all’affidamento. Questa riflessione mette a fuoco l’argomento che più di altri ha (91) Ricordo, ad esempio, CARNELUTTI, Riflessioni intorno al processo per determinazione del regime della prole di coniugi separati, Riv. dir. proc., 1927, p. 305; CONIGLIO, Il sequestro giudiziario e conservativo, Torino, 1926, p. 247. (92) CHIOVENDA, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1928, p. 1250. (93) Così, CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali, cit., p. 386. (94) Ricordo, ad esempio, MONTESANO, I provvedimenti d’urgenza nel processo civile, Napoli, 1955, p. 65; GARBAGNATI, In tema di esecuzione dei provvedimenti temporanei ex art. 708 cod. proc. civ., in Foro pad., 1958, I, p. 1218; CALVOSA, Sui provvedimenti presidenziali ex art. 708 cod. proc. civ., in Riv. dir. proc., 1962, p. 24. ( 95 ) La previsione del reclamo alla corte d’appello non sposta la questione della natura cautelare dell’ordinanza presidenziale e si giustifica sia nell’ottica di affrancare il giudice dell’impugnazione da condizionamenti psicologici, come pure per evitare che il reclamo debba essere deciso senza la presenza del presidente del collegio, come notano CIPRIANI, Sulla reclamabilità dei provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., in Foro it., 2004; I, c. 2534 e BALENA, Il processo di separazione personale dei coniugi, cit., p. 407 ( 96 ) Tra i molti, CONSOLO, Il nuovo processo cautelare. Problemi e casi, Torino, 1998, p. 130; TOMMASEO, Garanzia del reclamo ed ordinanze interinali istruttorie nei giudizi di separazione e divorzio, in Fam. e dir., 2008, p. 73; (97) Cass., 12 aprile 1994, n. 3415, in Giust. civ., 1994, I, 2865; conf. Cass. 5 ottobre 1999, n. 11029, in Giust. civ., 1999, I, p. 2928; conf. Cass. 10 maggio 1984, n. 2864, in Rep. Foro it., 1984, <<voce Separazione di coniugi>>, n. 47; per la giurisprudenza di merito, tra le molte, App. Firenze, 9 aprile 2010, in Foro it-, 2010, I, c. 2199 ss. con nota di CEA, Il controllo dei provvedimenti nell’interesse dei coniugi e della prole tra corti d’appello e giudici istruttori e di PROTO PISANI, In tema di reclamabilità e revocabilità dei provvedimenti presidenziali; Trib. Rovereto, 18 febbraio 2005 e Trib. Genova, 22 novembre 2004, entrambe in Foro it., 2005, I, 1592; Trib Napoli, 29 dicembre 2000, in Giur. it., 2001, p. 931. (98) Cass., 22 giugno 1951, n. 1666, in Foro it., 1951, I, c. 851. (99) Così VULLO, Procedimenti in materia di famiglia, cit., p. 141, il quale fa propria l’osservazione di CIVININI, Provvedimenti cautelari e rapporti patrimoniali tra coniugi in crisi, in Fam e dir., 1995, p. 376, secondo la quale il soggetto da tutelare non sarebbe necessariamente l’attore, ma il coniuge più debole; quest’ultima giunge, tuttavia, alla conclusione della natura sommaria -semplificata-esecutiva di questi provvedimenti; nello stesso senso BALENA, Il processo di separazione personale dei coniugi, cit., p. 106 ss., il quale rileva che si tratta di provvedimenti cautelari anche se prescindono dalla prova dell’urgenza, tali essendo considerati dal legislatore; secondo lo stesso autore la natura cautelare dovrebbe riconoscersi anche alle ordinanze con cui il giudice istruttore modifica o revoca quelle presidenziali. 21 consentito di sostenere la loro natura cautelare sin dai tempi più remoti, dai quali la funzione svolta da questi provvedimenti è passata indenne ai giorni nostri. I rilievi da ultimo ricordati, mi pare che possano autorizzare a individuare in questi provvedimenti una speciale funzione cautelare che i francesi definirebbero “di attesa” (d’attente), che se per certi versi ed entro certo limiti assolve a finalità che nel nostro ordinamento definiremmo ora conservative, ora anticipatorie, Oltralpe è utilizzata per enfatizzare la finalizzazione di un provvedimento provvisorio alla assicurazione, gestione, conservazione temporanea, del diritto controverso nell’attesa di una definizione della lite (100). Mi pare che questo aspetto ricorra tutto nei provvedimenti presidenziali resi ai sensi dell’art. 708 c.p.c. che sul piano funzionale sopperiscono alla indifferibile necessità di disciplinare profili organizzativi e di vita, cioè l’affidamento dei figli minori o incapaci e il mantenimento del coniuge e della prole, non suscettibili per loro natura di attendere i tempi del processo di cognizione. La ricordata giurisprudenza di legittimità che fa propria l’opinione circa la natura cautelare dell’ordinanza (101), affronta congiuntamente a quella la questione della sua efficacia nel tempo. Dall’affermazione che <<il provvedimento presidenziale di fissazione di un assegno di mantenimento, emesso in via provvisoria ai sensi dell'art. 708 c.p.c., ha natura cautelare e tende ad assicurare il diritto al mantenimento del coniuge (…)>>, è fatta discendere l’efficacia temporale della stessa, destinata a durare <<fino all'eventuale esclusione o al suo affievolimento in un diritto meramente alimentare, che può derivare solo dal giudicato: conseguentemente, gli effetti della decisione che esclude il diritto al mantenimento, ovvero ne riduce la misura, non possono comportare la ripetibilità delle somme - o maggiori somme - a quel titolo corrisposte sino al formarsi del giudicato, anche in relazione alla norma dell'art. 189 disp. att. cod. proc. civ., la quale, nel disporre che il provvedimento presidenziale conserva i suoi effetti pure nel caso di estinzione del processo, implicitamente stabilisce che questi possono essere modificati solo da un provvedimento di carattere sostanziale e definitivo (tra le altre, Cass. 3415-94 e 9728-91).>> (102). L’ordinanza presidenziale sopravvive anche all’estinzione del giudizio, come sancito dal ricordato art. 189 disp. att. c.p.c., sino a che la stessa non sia sostituita da un altro provvedimento presidenziale o del giudice istruttore a seguito di un nuovo ricorso. La Corte di cassazione ha precisato che la sentenza che definisce il procedimento può integrare ex tunc, con decorrenza dalla domanda, l’importo dell’assegno stabilito in sede provvisoria (103). (100) Se si vuole, per questi profili, SILVESTRI, Il référé nell’esperienza giuridica francese, Torino, 2005, p. 202. (101) Ivi, nota n. 98. (102) Identicamente argomentano nel senso di cui al testo le sentenze citate alla nota precedente; conf. circa la irripetibilità del mantenimento, ex multis, Cass., 4 dicembre 2012, n. 21675, in Foro it., I, c. 1193, che riafferma il principio sia pure in un obiter dicta; Cass. 20 marzo 2009, n. 6864, in Mass. Giust. civ., 2009, 3, p. 499; Cass. 12 giugno 2006, n. 13593, in Fam. e dir., 2007, p. 603; Cass. 25 giugno 2004, n. 11863, in Rep. Foro it., 2005, <<voce Matrimonio>>, n. 128 (sulla non ripetibilità delle somme versate in virtù di un provvedimento non definitivo da un genitore divorziato, o separato, all’altro per il mantenimento del figlio maggiorenne, e sino al formarsi del giudicato del provvedimento che ha escluso il diritto al mantenimento stesso); Cass., 23 aprile 1998, n. 4198, in Rep. Foro it., 1998, <<voce Separazione di coniugi>>, n. 92, la quale chiarisce che l’irripetibilità discende dal fatto che l’assegno provvisorio è ontologicamente destinato ad assicurare i mezzi adeguati al sostentamento del beneficiario, il quale non è tenuto ad accantonarne una parte in previsione dell’eventuale riduzione. Specificatamente in tema SALVANESCHI, Natura cautelare dei provvedimenti presidenziali e decorrenza della revoca dell’assegno di mantenimento, in Giust. civ., 1994, I, p. 2865; BIANCHI, Sulla natura, la durata e gli effetti nel tempo del provvedimento presidenziale ex art. 708 cod. proc. civ., Fam e dir., 2007, p. 603. (103) Cass., 21 agosto 2013, n. 19309, in Rep. Foro it., 2013, <<voce Separazione di coniugi>>, n. 143. 22 L’ordinanza presidenziale ha efficacia esecutiva, è suscettibile di esecuzione in “via breve”, cioè senza la necessità della spedizione in forma esecutiva e della previa notifica del precetto, ma non costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale né per l’ottenimento di un ingiunzione di pagamento (104). Con riferimento al contenuto, l’ordinanza in questione contiene classicamente i provvedimenti relativi all’affidamento dei figli minori o portatori di handicap, al loro mantenimento e a quello del coniuge più debole, nonché l’assegnazione dell’uso della casa coniugale. Deve essere perlomeno segnalato come il provvedimento relativo all’affidamento possa in certi casi, perlopiù di particolare conflittualità tra i genitori, variamente articolare forme di aiuto, o di controllo, che possono andare sotto il nome di “monitoraggio” affidato ad una figura professionale, che perlopiù è lo stesso consulente tecnico che ha svolto le indagini sulla capacità genitoriale, ovvero del “coordinatore familiare o genitoriale”, specificamente volto all’aiuto dei genitori. Si tratta di figure che hanno per un verso una funzione di controllo circa il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento fissate nel provvedimento, ma anche di aiuto ai genitori nella gestione della loro conflittualità, con lo specifico compito di facilitare le liti ed evitare il ricorso ad azioni giudiziarie (105). Particolare menzione meritano le linee guida di recente adozione da parte della sezione civile del Tribunale di Brindisi informate dal dichiarato intento di dare “effettività” e piena attuazione del criterio della bigenitorialità sancito dalla l. 54 del 2006 ( 106 ), che ancor oggi stenta a concretizzarsi nel diritto vivente. Si tratta di indicazioni espressamente formulate per coloro che intendano definire consensualmente le modalità dell’affidamento, ma è evidente che esse portino in sé un valore culturale ed educativo, e perciò di indirizzo, valido anche per il giudice che si trovi a dirimere un contenzioso. Con l’ordinanza presidenziale potranno anche essere ordinate misure di protezione (107). L’ordinanza presidenziale costituisce lo strumento di raccordo tra questa fase processuale e quella di cognizione piena: ai sensi dell’art. 708, comma 3°, il presidente procede alla nomina del giudice istruttore e fissa l’udienza di comparizione e trattazione davanti a questo. (104) Si tratta di affermazioni costanti nella giurisprudenza: Cass., 12 novembre 1984, n. 5696, secondo la quale l’esecuzione in forma breve è alternativa a quella tradizionale; Cass., 29 gennaio 1999, n. 782, in Fam e dir., 1999, p. 295; Cass., 29 aprile 1991, n. 4722, in Nuova giur. civ. comm., 1992, I, p. 870, con nota di DALMOTTO; Cass. 24 febbraio 2011, n. 4543, in Il civilista, 2011, 11, p. 9, con nota di RISOLO; Cass., 31 gennaio 2012, n. 1367, in Mass. Giust. civ., 2012, 1, p. 95; Trib. Modena, 3 maggio 2012, n. 710; Tribunale Reggio Emilia 27 aprile 2012, n. 785, sull’esecuzione breve, entrambe possono leggersi in De Iure, Banca dati on line. (105) Pur non trattandosi di ordinanza presidenziale, un esempio dei provvedimenti di cui al testo è offerto da Trib. Milano, 7 luglio 2016, in http://www.ilcaso.it/giurisprudenza/archivio/15709.pdf. ( 106 ) Tribunale civile di Brindisi, linee guida del 3 marzo 2017, secondo le quali, ad esempio, la domiciliazione del figlio sarà presso entrambi i genitori, al fine di contrastare la prassi del collocatario, che tende a reiterare nel concreto quella previgente del genitore affidatario; la frequentazione dovrà essere tendenzialmente quotidiana; il mantenimento esercitato in forma diretta da entrambi i genitori e la dazione di un assegno dovrà restare residuale e con valenza perequativa; la casa coniugale dovrà essere assegnata al genitore che ne è proprietario; in http://www.tribunale.brindisi.giustizia.it/FileTribunali/17/Sito/News/Tribunale%20di%20Brindisi_Linee %20Guida%20Famiglia.pdf. (107) App. Catania, 29 febbraio 2016, in Ilfamiliarista.it, secondo la quale l’ordine di protezione emesso in sede di art. 708 c.p.c. assume la natura giuridica dell’ordinanza che lo contiene ed è, quindi, reclamabile dinanzi alla corte d’appello. 23 Nell’ipotesi in cui il presidente del tribunale ritenga di essere territorialmente incompetente, l’opinione prevalente è nel senso di riconoscere che in questa sede non possa procedersi ad alcuna pronuncia sulla competenza, questione che inevitabilmente ricade sulla adottabilità da parte del presidente dei provvedimenti provvisori e urgenti che gli competono ai sensi dell’art. 708 c.p.c. Secondo autorevole dottrina, fermo restando che il presidente non possa pronunciarsi sulla competenza, qualora dubiti della stessa, dovrà astenersi dall’adottare i provvedimenti temporanei e urgenti e rimettere le parti dinanzi al giudice istruttore affinché proceda come di rito (108). Di contrario parere Cipriani, secondo il quale il presidente non potrebbe astenersi dal rendere i provvedimenti provvisori e urgenti nell’interesse dei coniugi e della prole nella considerazione che l’investitura di queste funzioni avviene per il sol fatto di essere presidente del tribunale adito e che delle questioni di competenza si inizierà a discutere dinanzi al giudice istruttore (109). In questo senso pare orientata la giurisprudenza di merito ( 110 ), mentre non si rinvengono pronunce del giudice di legittimità. (108) PUNZI, I soggetti e gli atti del processo di divorzio, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, p. 666 ss.; ANDRIOLI, in Commento al codice di procedura civile, IV, Napoli, 1964, sub art. 708, p. 317 ss.; MONTELEONE, Manuale di diritto processuale civile, II, Padova, 2009, p. 464, nota n. 5; MANDRIOLI, Diritto processuale civile, III, cit., p. 96, nel testo e nella nota n. 39; cfr. anche D'ANTONIO, Inderogabilità della competenza territoriale anche per i provvedimenti temporanei del Presidente nel giudizio di separazione personale, in Giur. it., 1961, I, 2, p. 744; AZZOLINA, Eccezione d'incompetenza ed esercizio dei poteri presidenziali a sensi dell'art. 708 codice di proc. civile, in Giur. it., 1962, I, 2, p. 617; più recentemente è tornato sul tema ZINGALES, Questione di competenza territoriale nel giudizio di separazione dei coniugi e provvedimenti presidenziali ex art. 708 c.p.c., in Dir. fam. e pers., I, 2013, p. 1428. (109) CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali nell'interesse dei coniugi e della prole, cit., p. 151 ss (110) Trib. Messina, 29 marzo 2013, Dir fam e pers., I, 2013, p. 1426 con nota di ZINGALES, cit., nota precedente; App. Firenze, 15 ottobre 2007, n. 1209, può leggersi in De Iure, Banca dati on line. 24