M INISTERO
B ENI E LE A TTIVITÀ C ULTURALI
PER I B ENI A RCHEOLOGICI DEL L AZIO
PER I
S OPRINTENDENZA
Lazio e Sabina
7
a cura di
GIUSEPPINA GHINI
Atti del Convegno
Settimo Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina
Roma
9-11 marzo 2010
ESTRATTO
EDIZIONI QUASAR
La necropoli imperiale di S. Domenico a Sora (Frosinone)*
Manuela Cerqua – Francesca Cerrone – Walter Pantano
Recenti indagini archeologiche, effettuate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio preventivamente alla costruzione di nuovi edifici per
l’ampliamento e la ristrutturazione della Fiera di
Sora, hanno portato alla luce i resti di una necropoli di età romana in località S. Domenico, ai margini
meridionali dell’antico ager Soranus, a confine con
quello di Arpinum1 (figg. 1-2).
Fig. 1. Carta topografica con indicazione della necropoli e dei principali siti oggetto di recenti indagini (unione delle tavolette III S.E. e III
S.O. del F. 152 dell’IGM).
* Ringraziamo la Dott.ssa Sandra Gatti, che ha diretto lo scavo,
per averci concesso lo studio e la presentazione dei dati, e tutti
coloro che, come lei, si sono prodigati in questo lavoro con en-
tusiasmo e professionalità.
1
I lavori di scavo, condotti dall’Impresa Terrezza S.r.l. di
San Giorgio a Liri (Fr), sono stati coordinati sul campo dalla
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MANUELA CERQUA – FRANCESCA CERRONE – WALTER PANTANO
Fig. 2. Stralcio Carta
Aerofotogrammetrica (Levata 6 –
1994): localizzazione
dell’area della necropoli indagata.
Elemento generatore e ordinatore dello sviluppo e dell’articolazione topografica della necropoli
fu l’antico asse viario, oggi ricalcato in questo tratto
extraurbano da via Ponte Marmone. Tale tracciato, tagliando la vasta pianura, si estendeva a sud
di Sora, da dove, dopo aver attraversato il Liri su
un ponte a tre arcate (I sec. a.C.) noto localmente
come “ponte Marmone”, si dirigeva verso Cereatae
Marianae e Verulae fino a Ferentinum e, quindi, alla
via Latina2.
Nella suddetta via è stato individuato l’asse portante della centuriazione dell’ager Soranus, probabilmente risalente già al tempo della prima deduzione
coloniale latina del 303 a.C., ma sicuramente rettificato e ampliato al tempo della seconda deduzione
coloniale (triumvirale o augustea), avvenuta negli
ultimi anni della Repubblica, quando a Sora furono
stanziati gruppi di veterani e venne effettuata una
seconda riorganizzazione dell’agro con una nuova
limitatio e la rettifica dei tracciati stradali.
La strada, denominata in epoca moderna via Vecchia, nel 1795, per volontà dei Borboni, fu abbandonata e trasformata in un canale, sul fondo del quale
sono stati rinvenuti, in momenti diversi, numerosi titoli sepolcrali3. In sostituzione fu tracciata la “Regia
strada consolare”, oggi S.S. 82 Valle del Liri, che segue da vicino, divergendone leggermente, il percorso
della via antica.
Nel suo aspetto attuale il sepolcreto appare costituito da due monumenti funerari addossati e allineati lungo la strada e da una necropoli caratterizzata,
fin dalla sua origine, da diverse tipologie sepolcrali
(fig. 3). Nell’angolo compreso tra il limite nord-est
dell’area in esame e la strada, l’indagine archeologica ha permesso di individuare resti di un complesso
monumentale a carattere funerario, che doveva es-
Dott.ssa M. Cerqua. I rilievi topografici e di dettaglio sono di
Giorgio Troja (Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio); le riprese fotografiche e i disegni dei materiali sono stati
effettuati dalla Dott.ssa M. Cerqua; lo studio epigrafico è stato
curato dalla Dott.ssa F. Cerrone; le analisi antropologiche sui
resti scheletrici sono del Dott. W. Pantano.
2
Sulla città di Sora in età romana: Mezzazzappa 2003; Scardozzi
2004a; Scardozzi 2004b, con bibl. prec.
3
Dalla zona della via Vecchia, e dell’Abbazia di S. Domenico,
provengono le iscrizioni CIL X, 5717-5722; 5724; 5728; 5730;
5733; 5734 (Kajava 1996, 211); 5735; 5737-5738; 5741; 5743;
5745 (= CLE, 176); 5750-5753; 5756-5758; 5760; 5763-5766;
5770-5772; 5775; 5777; Eph. Ep., VIII, nrr. 617-619; Solin 1981,
53, nr. 6 (con foto) inde AE, 1981, nr. 198; Tanzilli 1982, 90, nr.
4, 6, b; Tanzilli 1982, 90, nr. 4, 6, c; Solin 1981, 55-56, nr. 8 (inde
AE, 1981, nr. 200); Aurigemma 1910, 304, nr. 2; 305, nr. 3; 307,
nr. 7; Molle 2006.
446
LA NECROPOLI IMPERIALE DI S. DOMENICO A SORA (FROSINONE)
ficati con un angolo in comune e forse pertinenti a
un unico gruppo familiare5. Va aggiunto che, poiché
queste strutture monumentali si conservano unicamente a livello delle fondazioni a causa della pesante
spoliazione cui i monumenti furono sottoposti, è impossibile proporre, almeno per il momento, ipotesi
ricostruttive e pertanto ci si limita alla descrizione
dei resti conservati6. D’altra parte, la medesima sorte
è toccata alla quasi totalità dei monumenti funerari
che sorgevano lungo la via d’ingresso alla città, non
altrimenti documentati se non dal rinvenimento di
numerosi titoli sepolcrali, cippi, elementi architettonici e fregi dorici, in parte reimpiegati in altri edifici,
come accade nella vicina Abbazia di S. Domenico,
dove questi elementi appaiono abbondanti. Addossato all’angolo sinistro dell’abbazia, inoltre, è l’unico
monumento funerario, del tipo cosiddetto “a dado”,
che conserva ancora parte dell’alzato7.
L’area doveva essere delimitata da cippi iscritti.
Presso l’angolo est dell’edificio A è stato rinvenuto in situ, anche se leggermente ruotato, un terminus sepulcri che informa sull’estensione del terreno
pertinente alla tomba; il cippo si presenta stondato
superiormente e rastremato verso il basso, con la
parte inferiore, destinata ad essere infissa nel terreno, sommariamente sbozzata per i primi 47 centimetri recante il testo: in agr(o) p(edes) XVI8 (fig. 5).
Diversamente da altri cippi funerari di questo tipo
Fig. 3. Veduta dall’alto dei resti pertinenti ai due monumenti funerari.
sere composto da due edifici affiancati, con il fronte
adiacente e orientato parallelamente al corso della
strada4 (fig. 4). Del primo (A), a pianta quadrata,
con lati di m 4,50, si conservano, fino alla quota di
spiccato, le fondazioni in opera cementizia a sacco, larghe m 1,20 ca. Del secondo (B), oltre a una
grande fondazione rettangolare (m 4 x 3) in opera
cementizia, si conserva anche una breve porzione
dell’alzato in corrispondenza della fronte, del quale
rimane però solo parte del nucleo. I due edifici si
presentano come un complesso unitario, sia dal punto di vista strutturale sia da quello cronologico, edi-
Fig. 4. Planimetria dell’area della necropoli e sezione a-b dei monumenti funerari.
4
In generale per confronti vd. Tirelli 1998.
Ad Aquileia è noto il caso di sei monumenti funerari risalenti
alla prima età imperiale, in cui la regolarità degli spazi, i muri
laterali dei recinti in comune e la presenza di un unico muro di
fondo hanno fatto pensare a un progetto organico portato avanti
dal medesimo proprietario (Brusin 1942).
6
I resti risultano gravemente danneggiati anche dalla messa in
posa, in anni passati, di una tubazione dell’acqua ad uso irriguo
e della relativa valvola di approvvigionamento, che ha gravemente compromesso la leggibilità, oltre che la conservazione dei
livelli archeologici.
7
Tanzilli 1982, 69-75.
8
Il cippo misura in alt. cm 121, in largh. cm 47-34, in spess. cm
31-26; le lettere sono alte cm 9-7,5.
5
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MANUELA CERQUA – FRANCESCA CERRONE – WALTER PANTANO
gli usi funerari in questo territorio14. Le dimensioni
dei recinti sepolcrali, per quanto finora noto, oscillano nelle necropoli di Sora da un minimo di 12 piedi a
un massimo di 40; quest’ultimo appare, tuttavia, un
caso del tutto eccezionale, attestandosi la media tra
i 13 e i 17 piedi. Il rinvenimento da S. Domenico si
inserisce perfettamente nella casistica, con 16 piedi
(m 4,70 ca.).
Un secondo cippo, verosimilmente simile al primo ma frammentario e conservante la parte inferiore
appena sbozzata e destinata ad essere infissa nel terreno, è stato rinvenuto in situ presso l’angolo ovest
dell’edificio B. Presso questo secondo cippo sono
stati rinvenuti diversi scheggioni di calcare, in alcuni
casi recanti solchi di lettere, purtroppo non riconoscibili, e altri frammenti di cornici modanate.
Un terzo cippo, proveniente dall’angolo est
dell’edificio A, a differenza dei primi due, doveva
essere posto a chiusura di un’urna cineraria, cui doveva essere fissato tramite grappe di piombo, delle
quali ancora si conservano le tracce negli appositi
alloggiamenti (fig. 6); il segnacolo presenta base rettangolare con quattro volute a spirale sugli angoli e
alzato piramidale terminante con una cuspide a forma di pigna, elemento che si qualifica chiaramente in
senso simbolico escatologico, risultando di largo impiego in ambito sepolcrale; la faccia anteriore è decorata da un rilievo di foglie lanceolate riecheggianti
la pigna15. Lo stesso motivo decorativo “a squame”
compare anche su altri elementi architettonici pertinenti a monumenti funerari provenienti dallo stesso
ambito territoriale, datati tra la fine del I sec. a.C. e il
Fig. 5. Terminus
sepulcri iscritto: in
agr(o) p(edes) XVI
(cippo nr. 1).
rinvenuti a Sora, recanti gli elementi onomastici del/
dei defunto/i9, qui sono presenti le sole indicazioni sull’estensione del monumento in profondità (in
agro) rispetto al fronte stradale.
I termini, posti agli angoli dell’area sepolcrale,
venivano normalmente infissi con la faccia iscritta
verso l’esterno in modo da poter essere letti dai passanti10, tuttavia in questo caso il cippo è stato rinvenuto ruotato verso il nucleo cementizio, circostanza
indubbiamente attribuibile a fenomeni successivi
all’abbandono dell’area. Lo scavo ha permesso di
dimostrare l’esatta corrispondenza tra le misure reali dell’area occupata dal sepolcro (lato di m 4,50) e
quella riportata dall’iscrizione11. Sembrerebbe, dunque, come ampiamente dimostrato in altri scavi, che
le misure indicate dai cippi si riferiscano alla cella,
ovvero alla cella con il relativo recinto, ma non agli
apprestamenti esterni per il rituale12, confermando
la distinzione che intercorre tra il sepolcro e le strutture annesse, secondo quanto già noto dal diritto romano13.
Questo è il primo della ventina di cippi sorani
noti ad essere stato rinvenuto in situ e costituisce un
indubbio arricchimento delle nostre conoscenze su-
Fig. 6. Coperchio di ara a piramide squamata (cippo nr. 3).
9
Molle 2006; Solin 1981, 45-48, nr. 1, con foto a p. 46 (inde AE,
1981, nr. 193B), conservato nel Museo; CIL X, 5718 (cfr. Solin
1981, 59); CIL X, 5721; Solin 1984, 180, nr. 2 (inde AE, 1985,
nr. 265) nel Museo.
10
Per un’analisi dei vari aspetti epigrafici connessi alla documentazione romana si rinvia a Gregori 2005. Studi analoghi, per lo più
incentrati sulla realtà di Altinum, Aquileia e dell’Italia settentrionale, sono raccolti in Cresci Marrone – Tirelli (eds.) 2005.
11
Purtroppo non conosciamo la provenienza del cippo sorano
CIL X, 5777, da tempo irreperibile, che presenta testo analogo
a quello da S. Domenico (In ag(ro) p(edes) XVI) e che sarebbe
suggestivo ipotizzare come gemello del nostro.
12
Morselli 1990.
13
Visscher 1963, 58-59.
14
Altro caso geograficamente vicino di recinto sepolcrale con
cippi ancora infissi agli angoli dello spazio religiosus è stato documentato nel territorio di Cassino, loc. Campo Porro, per cui
vd. Cassatella 2004.
15
Sul simbolismo dei cippi a pigna si veda in generale Pensabene 1982.
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LA NECROPOLI IMPERIALE DI S. DOMENICO A SORA (FROSINONE)
I d.C.: si veda ad esempio il pulvino, conservato nel
Museo di Sora, del quale non si conosce l’esatta provenienza16; pulvini con rilievi a squame provengono
anche da monumenti funerari di tradizione italica
sparsi nel territorio circostante, come, ad esempio,
quelli in calcare da Cassino17.
Al di fuori di questo contesto, confronti stringenti rimandano alla necropoli di Aquileia, da dove provengono esempi di are-ossuario con coperchio a piramide squamata, pigna cuspidale e volute vegetali,
che si datano generalmente, per i caratteri delle epigrafi funerarie, al I sec. d.C.: ne sono esempi l’ara di
C. Oetius Rixa, datata al terzo quarto del I secolo18,
il monumento funerario di Q. Etuvius Capreolus, di
età flavia19, il monumento dei Curii 20, datato nella
prima metà del I secolo, con cinerari angolari con
copertura “a cuspide a lati inflessi, decorati a squame”21. Si ricorda, inoltre, che nello stesso periodo, e
in particolare tra il secondo triumvirato e il principato augusteo, una delle più caratteristiche espressioni
della volontà di monumentalizzare ed enfatizzare il
sepolcro fu rappresentata dal tipo di monumento a
edicola cuspidata (copertura a cuspide piramidale
con i quattro lati più o meno inflessi dotata di un
coronamento alla sommità, solitamente sostenuto da
un capitello corinzio a profilo quadrato e costituito
da un oggetto connesso al simbolismo funerario).
L’area sepolcrale si estende intorno all’edificio
tombale e verso sud-ovest (fig. 4).
La presenza di buchi di palo in corrispondenza
dello stesso suolo nel quale appaiono scavate le fosse
delle tombe, riempiti con ciottoli, denotano che l’area
sepolcrale doveva essere dotata anche di strutture di
recinzione più labili, come pali lignei infissi nel terreno, tese a determinare pertinenze d’uso piuttosto
che proprietà private. Nei sepolcreti, infatti, è stata
frequentemente riscontrata la presenza di recinzioni
che suddividevano alcune aree o che perimetravano
i terreni destinati alle sepolture collettive di nuclei
familiari o gruppi sociali22.
Nel complesso sono state portate in luce dodici
sepolture23, nessuna delle quali concepita come emergente dal piano di campagna, se non per la presenza
sporadica di un elemento di segnalazione esterna. A
questo proposito si segnala anche il rinvenimento
in quest’area di un quarto cippo, frammentario, del
tipo cosiddetto “a pigna” (fig. 7), piuttosto diffuso
nel Lazio, decorato da un rilievo vegetale, e collocabile anch’esso tra la fine I sec. a.C. e il I d.C.24
Sul totale delle sepolture, dieci erano a cremazione indiretta, con le ceneri deposte all’interno di
olle o in semplice fossa terragna; solo in due casi è
attestata l’inumazione (T. I e II). La necropoli, tuttavia, sembra rispecchiare un atteggiamento “comunitario” uniforme nei confronti del rito adottato per
le sepolture, pur considerata la coesistenza di tombe
a incinerazione e a inumazione. Le uniche due inumazioni, infatti, rinvenute a poca distanza dal monumento funerario, si riferiscono a individui in età
infantile: la prima (T. I) ubicata presso l’angolo est
del edificio A e la seconda (T. II) m 6 ca. a sud-ovest
della precedente. Sembrerebbe possibile, dunque,
che si tratti di un’area sepolcrale “familiare”, con le
sepolture degli infanti disposte intorno al monumento funerario del capostipite25. La prima sepoltura (T.
I), priva di corredo, appartiene a un bambino deposto supino e con le braccia lungo i fianchi, all’interno
di un coppo. La seconda (T. II) era costituita da una
cassa di laterizi, entro fossa, chiusa da un unico tegolone. Dell’infante si conservava solo il cranio, accanto al quale era il corredo: un ninnolo in pasta vitrea
e una conchiglia.
L’adozione del rito inumatorio in queste due sepolture non si discosta, dunque, da una prassi che in
epoca romana è pressoché quasi esclusiva per soggetti perinatali o neonatali. Per gli infanti, in generale,
è spesso attestata una ritualità differente rispetto alle
consuetudini rituali adottate per gli adulti. Tale uso
appare confermato anche dalle fonti letterarie: Plinio
il Vecchio afferma che non si usa cremare un uomo
cui non siano ancora spuntati i denti, che cominciano ad apparire intorno ai sei mesi d’età26; anche Giovenale fa riferimento alla consuetudine di seppellire
16
23
Fig. 7. Cippo “a pigna” (cippo nr. 4).
Tanzilli 2009 (ed.), 114.
Ghini – Valenti 1995, 40.
18
Bertacchi 1997, 160-161, con bibl. prec.; Santa Maria Scrinari
1972, 132, nr. 376; InscrAq, I, nr. 497.
19
Santa Maria Scrinari 1972, 132, nr. 387; InscrAq, II, nr. 2744.
20
InscrAq, I, nr. 1049.
21
Questa la definizione delle urne in Maselli Scotti 1997, 141.
22
Ortalli 2008, 139.
La necropoli doveva estendersi ben oltre i limiti spaziali imposti allo scavo.
24
Gentilini 1995; Rizzello 1985, 28, 45-46. Si confronti anche
con il cippo conservato all’interno del Museo della Media Valle
del Liri di Sora: Tanzilli 2009 (ed.), 113.
25
Bergamini (ed.) 1998.
26
Plin., Nat. Hist., VII, 16, 72: …Hominem priusquam genito
dente cremari mos gentium non est…
17
449
MANUELA CERQUA – FRANCESCA CERRONE – WALTER PANTANO
i bambini, troppo piccoli per la fiamma del rogo27. Il
rito dell’incinerazione, dunque, non era applicato di
norma ai neonati, dei quali, dopo l’esposizione alle
fiamme, non sarebbe rimasto più nulla. Esistono comunque delle eccezioni a questa regola: è il caso, per
esempio, della necropoli di Altino, dove il ricorso a
cremazioni infantili rivela chiaramente un diverso
procedimento da parte della comunità locale28.
Fra le tombe infantili e il monumento funerario
lo scavo ha messo in luce una fossa poco profonda
di forma sub-rettangolare (m 1,50 x 1,10) con pareti
e fondo di terreno concotto. Alcuni elementi farebbero pensare a un ustrinum (lo spazio aperto entro
il quale avvenivano le cremazioni), di carattere verosimilmente familiare, in quanto sembrerebbe chiaramente in relazione all’edificio funerario. All’interno
sono state raccolte minute scaglie di ossa calcinate
frammiste a ceneri e a diversi frammenti ceramici,
probabilmente residui di più cremazioni.
Le sepolture a incinerazione occupavano l’area a
sud-ovest del monumento (fig. 4).
Lo scavo microstratigrafico29 non ha evidenziato una particolare disposizione dei frammenti ossei
all’interno del cinerario, dove sono rappresentati
tutti i distretti scheletrici. Anche i risultati dell’analisi quantitativa dei resti fanno pensare a una raccolta
quasi completa, e non selettiva, delle ossa cremate30.
Queste ultime, inoltre, devono essere state raccolte
e deposte nel cinerario senza le ceneri e i carboni
del rogo, in quanto il terreno presente all’interno
è risultato di infiltrazione. In accordo con i metodi
basati su scale cromatiche e dallo studio di alcune
caratteristiche alterazioni del tessuto osseo, osservabili a livello macroscopico31, è stato possibile stimare
la temperatura di combustione raggiunta durante la
cremazione tra 600° e 900°C. Il cromatismo dei reperti è piuttosto omogeneo e l’elevata temperatura
ha determinato anche una notevole frammentazione
e deformazione dei resti antropologici.
Poiché sugli elementi scheletrici sono state riscontrate tipiche alterazioni che si producono solo
nella combustione di ossa ancora coperte da tessuti e
da masse muscolari, la cremazione deve essere avvenuta subito o poco dopo la morte32.
L’analisi paleopatologica non ha evidenziato gravi
patologie e la maggior parte delle alterazioni scheletriche osservate sono correlate a fenomeni degenerativi legati all’età avanzata, oppure a stress aspecifici.
Le tombe presentavano un corredo generalmente modesto (balsamari in vetro, monete, coppette e
ollette in ceramica comune o a pareti sottili), posto
all’interno dell’olla o nella fossetta terragna, al di sopra dei resti ossei.
In stretta connessione con le incinerazioni (direttamente al di sopra dell’olla o presso la stessa) è stata
documentata la presenza di spesse lenti di terreno
fortemente carbonioso, che testimoniano archeologicamente la celebrazione di banchetti e riti intorno
alla tomba, ai quali sono da ricondurre anche i frammenti di vasellame da mensa e di balsamari in vetro
trovati nei livelli di frequentazione contemporanei
alle deposizioni.
In un caso (T. VII) il pozzetto entro il quale era
alloggiata l’olla era chiuso in superficie mediante un
coperchio (operculum) poggiato sull’orlo del vaso,
che, oltre ad avere la funzione di segnalare la tomba
in superficie, consentiva, una volta sollevato, di versare sull’urna cineraria le libagioni in occasione dei
riti funebri (fig. 8, a-b).
La T. XII conteneva una sepoltura singola, riferibile a un individuo femminile di età compresa tra
i 20 e i 40 anni. All’interno dell’olla il corredo era
costituito da una coppetta a pareti sottili e chiodi in
ferro (fig. 8, d, nel corso dello scavo microstratigrafico).
È possibile che anche la coppetta rinvenuta presso i resti della T. V fosse in origine deposta all’interno del cinerario; nonostante l’esiguità dei resti ossei
conservati è stato comunque possibile attribuirne la
27
30
Fig. 8. Cinerari in corso di scavo.
Giov., Sat., XV, 139-140: …vel terra clauditur infans et minor
igne rogi.
28
Tirelli 2001.
29
Lo scavo microstratigrafico dei cinerari è stato effettuato in
laboratorio dal Dott. W. Pantano.
Mc Kinley 1993.
Bonucci – Graziani 1975; Shipman – Foster – Schoeninger
1984; Holck 1986; Mays 1988.
32
Reverte Coma 1996.
31
450
LA NECROPOLI IMPERIALE DI S. DOMENICO A SORA (FROSINONE)
pertinenza a un sub-adulto di età compresa fra i 13
e i 18 anni, mentre non si è potuto determinare il
sesso.
La T. VI (fig. 8, c) conteneva una sepoltura singola pertinente a un maschio adulto, di età superiore
ai 40 anni. All’interno dell’olla era una moneta in
bronzo, il cui buono stato di conservazione e l’assenza di tracce di combustione fanno escludere che si
trovasse nella bocca del cremato in qualità di obolo.
Si tratta di un asse di Tiberio33 databile al 22-23 d.C.,
anno della XXIV tribunicia potestas dell’imperatore
(fig. 9, a).
Con questa datazione concordano le indicazioni cronologiche che vengono dal rinvenimento, nel
pozzetto della stessa tomba, di un piatto frammentario in terra sigillata italica del tipo Goudineau 39,
recante sul fondo un bollo in cartiglio rettangolare
quadrilobato (C. Vib.), che caratterizza una produzione aretina di Caius Vibienus34, databile tra l’1 e il
40 d.C. (fig. 10).
La T. IX, sempre ad incinerazione, documenta
l’altro sistema di deposizione in fossetta terragna.
Alla sommità della deposizione si trovava il corredo
costituito da un balsamario di vetro e da una moneta
(fig. 11). Si tratta di un asse di P. Lurio Agrippa35,
la cui monetazione è variamente datata al 7 a.C.36
(fig. 9, b).
Nonostante l’esiguità dell’area indagata, lo scavo
della necropoli ha fornito dunque dati molto interessanti per la ricostruzione degli usi funerari della co-
Fig. 10. Fondo di sigillata italica con bollo in cartiglio rettangolare quadrilobato di Caius
Vibienus.
Fig. 11. Balsamario di vetro dalla T. IX.
lonia di Sora. Infatti, se di alcune tipologie sepolcrali
conoscevamo la sicura presenza nel territorio attraverso i pochi frammenti architettonici riutilizzati nei
monumenti posteriori (per lo più monumenti a dado,
con fregi dorici e fregi di armi), le inumazioni in fossa
terragna semplice, le olle cinerarie entro fossetta, gli
ustrina, i buchi di palo per recinzioni lignee, essendo
testimonianze più labili, non erano state rintracciate
e documentate negli sterri di fine Ottocento.
Il particolare coperchio troncopiramidale (posto evidentemente a copertura di un’urna cineraria)
trova confronti tipologici, oltre che con esemplari
centro-italici, con alcuni monumenti aquileiesi del I
sec. d.C., venendosi così ad inserire bene nel quadro
dei contatti e dei rapporti commerciali che Sora, insieme ad altre città centro-italiche, intrattenne con
Aquileia già dalla fine dell’età repubblicana, come è
accertato dall’iscrizione del sorano P. Caesius P. f.,
che si definisce edile a Sora e pubblicano a Roma, in
un’iscrizione proveniente dalla città portuale37.
MANUELA CERQUA
[email protected]
FRANCESCA CERRONE
[email protected]
WALTER PANTANO
[email protected]
Fig. 9. Asse di Tiberio (a) e asse di Publio Lurio Agrippa (b).
Asse, Roma, gr. 9, ∅ mm 30, bordo perlinato; al dritto: testa
di Tiberio nuda, a sinistra; TI CAESAR DIVI AUG F AUGU[ST
IM]P VIII; al rovescio: PONTIF MAXIM TRIBUN POTEST
XXIIII; S C grande al centro (RIC2, I, nr. 44).
34
Oxé – Comfort 2000, nr. 473.
35
Asse, Roma, AE, gr. 10, ∅ mm 27. Bordo perlinato. Al dritto: testa di Augusto nuda a sinistra; CAESAR AUGUST PONT
MAX TRIBUNIC POT; al rovescio: SC grande al centro; P LURIUS AGRIPPA IIIVIR AAAFF (RIC 2, I, nr. 428).
33
36
P. Lurius Agrippa (PIR2 L 426) fu triumviro auro argento aere
flando feriundo insieme a M. Maecilius Tullius e M. Salvius Otho
in età augustea (12-3 a.C.). Forse fu figlio di M. Lurius (PIR2 L
425), governatore in Sardinia e proconsole o legato di Ottavio
nel 40 a.C.
37
CIL, V 976 = ILS 1496 = Inscr. Aqu. I, 519: P. Caesius P.f.
Rom(ilia tribu) / aedilis Sorae / publicanus Romae. / Arri Pedatis
/ [et] Hilari l(iberti) ME[- - -], che viene generalmente datata alla
metà del I a.C. o al massimo in età proto-imperiale.
451
MANUELA CERQUA – FRANCESCA CERRONE – WALTER PANTANO
MEZZAZZAPPA S. 2003: “La forma della città di Sora e i suoi santuari”, in Santuari e luoghi di culto nell’Italia antica, Roma, 99126.
MOLLE C. 2006: “Un seviro tra Arpinum, Cereatae Marianae e
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