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Oreste nelle tragedie greche frammentarie

2023, L. Carrara, R. Ferri, E. Medda (cur.), Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea (Lexis Supplementi 12), Edizioni Ca'Foscari, Venezia

https://doi.org/10.30687/978-88-6969-709-8/004

Abstract

In this paper, I will discuss testimonies and fragments which attest the presence of Orestes in fragmentary Greek tragedy, in order to better appreciate different dramaturgical choices such as imitation, reworking, and originality. Through my analysis, I will underline how the figure of Orestes intensely inspired Attic tragedy due to the various narrative opportunities offered by the myths surrounding him.

Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea a cura di Laura Carrara, Rolando Ferri, Enrico Medda Oreste nelle tragedie frammentarie Alessandro Boschi Ricercatore indipendente Abstract In this paper, I will discuss testimonies and fragments which attest the presence of Orestes in fragmentary Greek tragedy, in order to better appreciate different dramaturgical choices such as imitation, reworking, and originality. Through my analysis, I will underline how the figure of Orestes intensely inspired Attic tragedy due to the various narrative opportunities offered by the myths surrounding him. Keywords Orestes. Tragedy. Fragments. Myth. Greek. Le vicende mitiche del personaggio di Oreste concentrano in sé istanze etico-religiose capaci di interrogare nel profondo la società e i singoli individui, in relazione a concetti basilari come giustizia, vendetta, contaminazione, autodeterminazione umana ed eterodirezione divina. Inoltre, la saga di Oreste comprende vari filoni mitici non strettamente connessi al motivo della vendetta matricida, come quello relativo al rapporto con la sua sposa Ermione. Dunque, in questo mio contributo, intendo discutere le testimonianze e i frammenti che attestano la presenza della figura di Oreste nella tragedia greca frammentaria, così che si possano meglio apprezzare le diverse scelte drammaturgiche dei poeti tragici, tra imitazione, rielaborazione e originalità. Ad esempio, già Oreste infante doveva comparire come ostaggio nel Telefo di Euripide (F 696-727c Kannicht), con cui il tragediografo vinse il secondo premio alle Dionisie del 438 a.C.:1 infatti in questa tragedia Telefo, dopo essersi recato ad Argo perché Achille gua- 1 Cf. la hypothesis dell’Alcesti attribuita ad Aristofane di Bisanzio (p. 34.16-18 Diggle): ἐδιδάχθη (Alcestis scil.) ἐπὶ Γλαυκίνου ἄρχοντος ὀλυμπιάδι ‹π̅ε̅ ἔτει β̅›. πρῶτος Lexis Supplementi | Supplements 12 e-ISSN 2724-3362 | ISSN 2210-8866 ISBN [ebook] 978-88-6969-709-8 | ISBN [print] 978-88-6969-736-4 Edizioni Ca’Foscari Peer review | Open access Submitted 2022-10-13 | Accepted 2022-11-11 | Published 2023-07-07 © 2023 Boschi | cb 4.0 DOI 10.30687/978-88-6969-709-8/004 55 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie risse la ferita da lui stesso infertagli, riusciva a prendere il piccolo Oreste e a rifugiarsi con lui presso l’altare per giungere a un accordo con gli Achei.2 Questo episodio, che doveva essere il più sensazionale del dramma euripideo, era già stato rappresentato nel Telefo di Eschilo (F *238-40 Radt)3 secondo la testimonianza di schol. in Aristoph. Ach. 332 (p. 54.2-4 Wilson): τὰ δὲ μεγάλα πάθη ὑποπαίζει τῆς τραγῳδίας, ἐπεὶ καὶ ὁ Τήλεφος κατὰ τὸν τραγῳδοποιὸν †Αἰσχύλον, ἵνα τύχῃ παρὰ τοῖς Ἕλλησι σωτηρίας, τὸν Ὀρέστην εἶχε συλλαβών. Ma mette in ridicolo le grandi passioni della tragedia, poiché anche Telefo, secondo il poeta tragico Eschilo, affinché ottenesse la salvezza presso gli Elleni, teneva Oreste dopo averlo preso. Sebbene Wilson stampi Αἰσχύλον con la crux, e già Vater congetturasse di dover correggere Αἰσχύλον in Εὐριπίδην,4 in quanto il riferimento a Eschilo sarebbe fuori luogo nello scolio a un passo che doveva parodiare il Telefo di Euripide,5 ritengo che non ci sia un valido motivo per andare contro la tradizione manoscritta, per altro pressoché uniforme: infatti Αἰσχύλον è lezione dei codici Estensis α.U.5.10 (= E) e Laurentianus 31.15 (= Γ), e la lezione ἰσχύων del codice Holkhamensis gr. 88 (= Lh) è evidentemente il risultato della corruzione di Αἰσχύλον.6 Del resto, anche ammettendo l’eventualità che originariamente lo scoliasta intendesse far riferimento a Euripide, non è comunque detto che il testo tràdito ci trasmetta un’informazione errata: infatti un commentatore erudito avrebbe potuto essere a conoscenza del fatto che l’episodio di Telefo e Oreste fosse già stato rappresentato nel Telefo di Eschilo, e, per questo, avrebbe potuto aggiungere al testo il nome di questo tragediografo, il quale avrebbe finito per sostituire il riferimento ad Euripide. In particola- ἦν Σοφοκλῆς, δεύτερος Εὐριπίδης Κρήσσαις, Ἀλκμέωνι τῷ διὰ Ψωφῖδος, Τηλέφῳ, Ἀλκήστιδι, ‹τρίτος...›. 2 Cf. Collard, Cropp, Lee 1995, 17-25; Preiser 2000, 41 ss.; Collard, Cropp 2008, 185-91. 3 A causa dell’esiguità delle informazioni in nostro possesso, ritengo audace il giudizio avanzato da Sommerstein 2008a, 242, secondo il quale Eschilo, in confronto a Euripide, avrebbe rappresentato l’episodio del ratto di Oreste «in a somewhat different (and less violent) form». 4 Cf. Vater 1835, 19. Diversamente, van de Sande Bakhuyzen 1877, 9, e U. von Wi- lamowitz-Moellendorff – nelle annotazioni scritte a margine dei Tragicorum Graecorum fragmenta di A. Nauck (cf. anche Robert 1881, 147) – indicarono di dover soltanto espungere Αἰσχύλον. 5 Cf. Rau 1967, 19-42. 6 La lezione Αἰσχύλον è stata difesa, ad esempio, da Welcker 1839-41, 1: 31; Jahn 1841, 36 ss.; Ribbeck 1864, 213; Pilling 1886, 17 ss. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 56 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie re, qualora nel testo originario il termine τραγῳδοποιόν fosse stato usato da solo, senza l’indicazione del nome di Euripide, ma comunque in riferimento a questo tragediografo, un commentatore avrebbe potuto riconoscervi un’allusione a Eschilo e avrebbe potuto integrare il suo nome nel testo dello scolio. Qualora, invece, fosse stato menzionato Euripide, il commentatore avrebbe potuto scrivere il nome di Eschilo accanto a quello di Euripide, e questa glossa sarebbe poi stata confusa per una correzione e integrata nel testo al posto del nome di Euripide.7 Infine, l’iconografia sembra attestare la presenza di Oreste nel mito di Telefo già prima del 438 a.C., ossia fin dalla metà del V sec.8 Sappiamo che Oreste fu portato in scena come personaggio principale dal poeta tragico, di epoca ignota, Timesiteo (TrGF 214 Snell), per il quale l’unica testimonianza conservataci è Suda τ 613: Τιμησίθεος, τραγικός. δράματα αὐτοῦ Δαναΐδες β´, Ἕκτορος λύτρα, Ἡρακλῆς, Ἰξίων, Καπανεύς, Μέμνων β´, Μνηστῆρες, Ζηνὸς γοναί, Ἑλένης ἀπαίτησις, Ὀρέστης, Πυλάδης, Κάστωρ καὶ Πολυδεύκης. Meineke preferiva integrare Ὀρέστης ‹καὶ› Πυλάδης,9 e dunque il tragediografo può aver scritto un Oreste o forse un Oreste e Pilade, rappresentando così le vicende dei due cugini amici. Prediligo comunque la prima opzione, ossia quella tràdita, poiché altrimenti, sulla base delle notizie in nostro possesso, il titolo tragico Ὀρέστης καὶ Πυλάδης sarebbe un unicum, a differenza di Oreste che, al di là della tragedia omonima di Euripide, era invece un titolo piuttosto diffuso. Un dramma intitolato Oreste, ad esempio, fu scritto dal poeta tragico annoverato da Snell come Euripide II (TrGF 17), secondo quanto si legge in Suda ε 3694: Εὐριπίδης, τραγικός, τοῦ προτέρου ἀδελφιδοῦς, ὡς Διονύσιος ἐν τοῖς χρονικοῖς (D.H. FGrHist 251 F 4). ἔγραψε δὲ Ὁμηρικὴν ἔκδοσιν, εἰ μὴ ἄρα ἑτέρου ἐστί. δράματα αὐτοῦ ταῦτα· Ὀρέστης, Μήδεια, Πολυξένη, «Euripides, tragic poet, nephew of the above, according to Dionysius in his Chronicle. He wrote an edition of Homer (unless this is by another Euripides). Plays of his are these: Orestes, Medea, Polyxena».10 Lo zio di questo tragediografo, anch’egli omonimo dell’Euripide più noto (il III secondo Snell), era Euripide I (TrGF 16 Snell), di cui si legge subito sopra nella Suda (ε 3693): Εὐριπίδης, Ἀθηναῖος, τραγικός, πρεσβύτερος τοῦ ἐνδόξου γενομένου. ἐδίδαξε δράματα ιβ´, εἷλε δὲ νίκας β´, «Euripides, Athenian, tragic poet, older than the one who became celebrated. He produced 7 Cf. Csapo 1990, 43. 8 Cf. Csapo 1990, 44-6; Preiser 2000, 51-9; Taplin 2007, 205 ss. e passim. 9 Cf. Meineke 1839, 391. 10 Trad. Cropp 2019, 75. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 57 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie 12 plays, and won 2 victories».11 Il nome di Euripide era comune e, per questo, non si può supporre che Euripide I e II (entrambi attivi nel V sec. a.C.) fossero parenti del più celebre III: infatti, se lo fossero stati, probabilmente ne avremmo testimonianza.12 Nel IV secolo a.C., anche Teodette di Faselide scrisse un Oreste, di cui ci resta un unico frammento certo (TrGF 72 F 5 Snell): δίκαιόν ἐστιν, ἥτις ἂν κτείνῃ πόσιν, ‹ταύτην θανεῖν, υἱόν τε τιμωρεῖν πατρί› È giusto che muoia colei che uccide il marito, ed è altrettanto giusto che a vendicare il padre sia il figlio. Questo frammento fu ricostruito già da Wilamowitz (nelle sue annotazioni scritte a margine dei Tragicorum Graecorum fragmenta di Nauck) sulla base di Arist. Rh. 2.24.1401a 35-1401b 2, in cui si cita il primo verso, e, immediatamente dopo, viene parafrasato il secondo:13 ἢ τὸ ἐν τῷ Ὀρέστῃ τῷ Θεοδέκτου· ἐκ διαιρέσεως γάρ ἐστιν· «δίκαιόν ἐστιν, ἥτις ἂν κτείνῃ πόσιν», ἀποθνήσκειν ταύτην, καὶ τῷ πατρί γε τιμωρεῖν τὸν υἱόν· οὐκοῦν ταῦτα καὶ πέπρακται. συντεθέντα γὰρ ἴσως οὐκέτι δίκαιον,14 «oppure quel che viene detto nell’Oreste di Teodette, e che è basato sulla suddivisione: ‘È giusto che la donna che ha ucciso il marito’ muoia, e che il figlio vendichi il padre: e questo è quello che è stato fatto. Ma se le due cose vengono combinate, forse non è più giusto».15 Aristotele, dunque, cita questo passo del dramma di Teodette per apportare un esempio di uno dei casi in cui è possibile incorrere in un entimema apparente.16 Il caso in questione è quello che consiste nel riunire ciò che era diviso e separare ciò che era unito.17 Infatti, benché siano considerate giuste, se prese separatamente, tanto la condanna a morte di colei che ha ucciso il proprio sposo, quanto la vendetta del figlio, l’unione dei due atti a opera di quest’ultimo rende fasulla la consequenzialità logica del ragionamento: uc- 11 Trad. Cropp 2019, 75. Ci è noto anche un Euripide IV (TrGF p. 1106 Kannicht), figlio dell’Euripide più celebre, che avrebbe messo in scena gli ultimi drammi del padre (Ifigenia in Aulide, Alcmeone a Corinto e Baccanti) poco dopo la morte di questi, ossia nel 405 a.C., alle Dionisie cittadine (cf. schol. in Aristoph. Ran. 67). 12 Cf. Sutton 1987, 16; Cropp 2019, 74. 13 Cf. Del Grande 1934, 199. 14 Riporto il testo secondo l’edizione di Kassel 1976, 139. 15 Trad. M. Dorati in Montanari, Dorati 2016, 267. 16 Per entimema apparente si intende un’argomentazione che, pur non essendo un sillogismo reale, ne conserva tuttavia la consequenzialità logica, assumendone anche la medesima potenza persuasiva (cf. Pacelli 2016, 154). 17 Cf. Arist. Rh. 2.24.1401a 24-5 Kassel: ἄλλος τὸ διῃρημένον συντιθέντα λέγειν ἢ τὸ συγκείμενον διαιροῦντα. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 58 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie cidendo Clitemestra e vendicando l’assassinio di Agamennone, Oreste agisce contro giustizia macchiandosi del crimine di matricidio.18 Quanto al frammento, Pacelli ritiene abbastanza plausibile l’ipotesi che a parlare sia Oreste stesso durante il processo che lo vede implicato per l’uccisione della madre.19 Egli si difenderebbe ricorrendo a un ragionamento, per così dire, sofistico, basato sulla distinzione fra l’atto in sé di condannare a morte colei che ha ucciso il marito, e l’agente, ossia il figlio dell’assassina. Tuttavia, a ben vedere, non è detto che i versi di Teodette fossero pronunciati da Oreste: questi, infatti, distinguendo tra la liceità dell’atto e l’identità dell’autore, starebbe riconoscendo implicitamente la propria colpevolezza. Del resto, che il risultato di quella differenziazione fosse l’ingiustizia del matricidio, e dunque la condanna di Oreste stesso, era già stato messo in luce da Euripide: infatti, nell’Elettra, Castore afferma che il trattamento ricevuto da Clitemestra è giusto, ma ingiusta è l’azione di Oreste (v. 1244: δίκαια μὲν νῦν ἥδ’ ἔχει, σὺ δ’ οὐχὶ δρᾷς), e nell’Oreste Tindaro riconosce che sua figlia ha pagato la sua colpa come meritava, ma nega che dovesse morire per mano del figlio (vv. 538-9: θυγάτηρ δ’ ἐμὴ θανοῦσ’ ἔπραξεν ἔνδικα· / ἀλλ’ οὐχὶ πρὸς τοῦδ’ εἰκὸς ἦν αὐτὴν θανεῖν).20 Il motivo della distinzione tra la natura dell’atto e l’identità dell’agente, proprio anche del linguaggio forense, ricorre anche in un altro frammento di Teodette, tratto questa volta dal suo Alcmeone (TrGF 72 F 2 Snell), in cui a dialogare sono Alcmeone stesso e sua moglie Alfesibea: ΑΛΦ. μητέρα δὲ τὴν σὴν οὔτις ἐστύγει βροτῶν; / ΑΛΚ. × – ⏑ ἀλλὰ διαλαβόντα χρὴ σκοπεῖν. / ΑΛΦ. πῶς... ; / ΑΛΚ. τὴν μὲν θανεῖν ἔκριναν, ἐμὲ δὲ μὴ κτανεῖν, «Alf. Nessuno dei mortali odiava tua madre? / Alcm. … bisogna analizzare la questione distinguendo. / Alf. Come … ? / Alcm. Decisero di ucciderla ma non che a ucciderla fossi io».21 Qui, al tentativo da parte di Alfesibea di giustificare l’omicidio dell’odiosa Erifile per mano di suo figlio Alcmeone, questi reagisce distinguendo l’atto dall’agente, poiché, anche se la madre meritava il suo destino, non era ritenuto giusto che fosse suo figlio a ucciderla. Il fatto che sia in Euripide sia in Teodette dei personaggi ritengano importante distinguere tra l’atto e l’agente riflette una conformità sempre maggiore a un senso etico condiviso, sentita come necessaria in un periodo così convulso come fu quello tra la fine del V sec. e il IV sec. a.C.22 Vista la mancanza di altre informazioni, resta impossibile ricostruire la vicenda drammatica dell’Oreste di Teodette, sebbene alcuni stu- 18 Cf. Pacelli 2016, 155. 19 Questa ipotesi fu sostenuta già da Xanthakis-Karamanos 1979, 71, e XanthakisKaramanos 1980, 64. 20 Cf. Xanthakis-Karamanos 1979, 70-1; Pacelli 2016, 156. 21 Trad. Pacelli 2016, 75 nota 277. 22 Cf. Xanthakis-Karamanos 1979, 70-1; Pacelli 2016, 156-7. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 59 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie diosi abbiano comunque avanzato delle ipotesi: ad esempio, secondo Ravenna gli avvenimenti narrati si sarebbero svolti dopo l’uccisione di Clitemestra ed Egisto, mentre Del Grande credeva che l’argomento della tragedia fosse stato sviluppato alla maniera dell’Oreste di Euripide, «mettendo da parte la sostanza della trama eschilea».23 Il dramma di Teodette era forse citato anche in P. Oxy. 13, 1611 fr. 17 (= TrGF 72 F 19? Snell), datato al III sec. d.C., e probabilmente tratto dall’opera di critica letteraria di un grammaticus ignoto:24 [Θεοδέκ ?]τ̣[η]ς δ’ ἐν Ὀρέστη[ι [περὶ ?...]ατειας φησίν· ].θην ὑπο ]ι ̣δ̣[.]μ̣ος δ[ Tuttavia, anche qualora l’Oreste fosse davvero citato nel frammento, questo risulta comunque troppo lacunoso per poterci fornire qualche informazione in più sul dramma. Sempre nel IV sec. a.C., Afareo (TrGF 73 Snell), figlio del sofista Ippia, e adottato, dopo la morte di questi, da Isocrate,25 deve aver vinto il terzo premio con la trilogia, evidentemente ʻslegataʼ, composta dalle tragedie Peliadi, Oreste e Auge (DID A 2a.11-14 Snell). In particolare, nel testo della didascalia in oggetto, che si riferisce alle Dionisie del 341 a.C., il nome di Afareo è stato del tutto integrato da Susemihl26 sulla base di [Plu.] vit. X orat. 839d (= TrGF 73 T2.16-19 Snell): ἀρξάμενος δ’ ἀπὸ Λυσιστράτου (368 a.C.) διδάσκειν ἄχρι Σωσιγένους (341 a.C.) ἐν ἔτεσιν εἰκοσιοκτὼ διδασκαλίας ἀστικὰς καθῆκεν ἓξ καὶ δὶς ἐνίκησε διὰ Διονυσίου, καθεὶς καὶ δι’ ἑτέρων ἑτέρας δύο Ληναϊκάς. Poiché, infatti, lo pseudo-Plutarco attesta che Afareo fece rappresentare i suoi drammi alle Dionisie fino al 341 a.C., egli deve averlo fatto anche in quell’anno. A Carcino il Giovane27 Snell attribuisce un Oreste,28 di cui congettura l’esistenza sulla base della notizia riportata da Phot. κ 193 = Sud. κ 397 (Paus. att. κ 15 Erbse): 23 Cf. Ravenna 1903, 799; Del Grande 1934, 200. 24 Cf. Pack 1965, 124, nr. 2290. 25 Cf. Sud. α 4556 (= TrGF 73 T1.1-2 Snell): Ἀφαρεύς, Ἀθηναῖος, ῥήτωρ, υἱὸς τοῦ σοφιστοῦ Ἱππίου καὶ Πλαθάνης, πρόγονος δὲ Ἰσοκράτους τοῦ ῥήτορος; [Plu.] vit. X orat. 838a (= TrGF 73 T2.1-2 Snell): ἐγένετο δ’ αὐτῷ (scil. Ἰσοκράτει) καὶ παῖς Ἀφαρεὺς πρεσβύτῃ ὄντι ἐκ Πλαθάνης τῆς Ἱππίου τοῦ ῥήτορος ποιητός; D.H. Isoc. 18 (= TrGF 73 T3.1-2 Snell): Ἀφαρεὺς ὁ πρόγονός τε καὶ εἰσποίητος Ἰσοκράτει γενόμενος. 26 Cf. Susemihl 1894; Snell 1986, 26, in apparato a DID A 2a.11. 27 Si tratta del nipote di Carcino il Vecchio (TrGF 21 Snell), che è ridicolizzato in Aristoph. Vesp. 1498-532. Cf. Wright 2016, 105 e 107. 28 Cf. Snell 1986, 213. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 60 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie Καρκίνου ποιήματα· Μένανδρος Ψευδηρακλεῖ (F 415 Kassel-Austin) ἀντὶ τοῦ αἰνιγματώδη. ὁ γὰρ Καρκίνος Ὀρέστην ὑπὸ †Ἰλίου† ἀναγκαζόμενον ὁμολογῆσαι, ὅτι ἐμητροκτόνησεν, ἐποίησε δι’ αἰνιγμάτων ἀποκρινόμενον (TrGF 70 F 1g Snell). Poesie di Carcino: Menandro nel Falso Eracle in luogo di ʻenigmaticheʼ. Infatti Carcino rappresentò Oreste costretto da Ilio (?) a confessare che uccise la madre, rispondendo per enigmi. Come è stato riconosciuto da Erbse stesso, risulta evidente che il riferimento a Ilio sia qui privo di senso. Al fine di tentare una ricostruzione più attendibile del testo di Pausania grammatico, si tenga presente che ὑπὸ è, in realtà, una correzione di Valckenaer,29 in quanto sia in Fozio sia nella Suda si legge ἀπὸ: si tratta, comunque, di un emendamento non necessario, in quanto anche ἀπό + genitivo può avere valore d’agente (cf. Thuc. 1.17: ἐπράχθη... ἀπ’ αὐτῶν), soprattutto nel greco tardo.30 Preferisco, dunque, mantenere la lezione ἀπὸ nel rispetto della tradizione. Inoltre, Ἰλίου è la lezione attestata dalla Suda, mentre in Fozio si legge Ἡλίου, ossia una variante che apparentemente non permette di sanare la corruttela: infatti Theodoridis stampa ἀπὸ †Ἡλίου†.31 Vari sono stati i tentativi di ricostruire un valido complemento d’agente: Hemsterhuis propose la congettura Μενελάου, sostenuta anche dal suo allievo Valckenaer, e successivamente Dobree propose Ἀπόλλωνος.32 Infine, in tempi più recenti, Snell ha congetturato il nome Περιλάου, rifacendosi a una versione marginale del mito attestata soltanto in Paus. 8.34.4: τῷ Ὀρέστῃ... κατήγορον... Περίλαον... ἐπιστῆναι, δίκην ἐπὶ τῷ αἵματι τῆς μητρὸς αἰτοῦντα, ἅτε ἀνεψιὸν τῆς Κλυταιμνήστρας· Ἰκαρίου γὰρ παῖδα εἶναι Περίλαον, «il suo (scil. di Oreste) accusatore fu […] Perilao, che chiedeva giustizia per l’uccisione della madre, in quanto era cugino di Clitemnestra; Perilao, infatti, era figlio di Icario».33 Tuttavia, Pausania periegeta non fa riferimento ad alcuna costrizione subita da Oreste, la quale doveva caratterizzare invece la rappresentazione drammatica di Carcino. In ogni caso, volendo esprimere una preferenza tra le lezioni Ἡλίου e Ἰλίου, ritengo si debba considerare la questione assai dibattuta sui rapporti tra Fozio e la Suda,34 e, a questo proposito, Bossi conclude: «malgrado la com- 29 Cf. Theodoridis 1998, 360 (in apparato). 30 Cf. LSJ, s.v. ἀπό, p. 192: «in later Greek freq. of the direct agent». 31 Cf. Theodoridis 1998, 360. 32 Cf. Snell 1986, 213 (in apparato). 33 Trad. M. Moggi in Moggi, Osanna 2007, 183. Cf. Theodoridis 1998, 360; Snell 1986, 213; Pucci 2017, 209-12. 34 Cf. Theodoridis 1998, XXVII-XL. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 61 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie plessa trasmissione dei lessici, forse l’ipotesi maggiormente economica è però ritenere che la Suda dipenda in effetti da una tradizione foziana: non esente da errori, ma non così interpolata come quella giunta a noi».35 Sulla base di questa ipotesi, allora, si può facilmente ritenere che la lezione Ἰλίου della Suda sia il risultato della corruzione della lezione Ἡλίου conservata in Fozio, e che l’errore sia dovuto al fenomeno dello iotacismo. Comprovata la priorità della lezione Ἡλίου, non resta che indagare sulla relazione tra il Sole e il mito di Oreste, che potrebbe essere attestata da Aesch. Ch. 983-9, in cui è proprio il matricida a parlare, riferendosi alla veste/trappola grazie alla quale Clitemestra ed Egisto hanno avuto la meglio su Agamennone: ἐκτείνατ’ αὐτὸν καὶ κύκλῳ παρασταδὸν στέγαστρον ἀνδρὸς δείξαθ’, ὡς ἴδῃ πατήρ – οὐχ οὑμός, ἀλλ’ ὁ πάντ’ ἐποπτεύων τάδε Ἥλιος – ἄναγνα μητρὸς ἔργα τῆς ἐμῆς, ὡς ἂν παρῇ μοι μάρτυς ἐν δίκῃ ποτέ, ὡς τόνδ’ ἐγὼ μετῆλθον ἐνδίκως μόρον τὸν μητρός … 985 Il peplo dispiegate e tutt’intorno fermatevi vicino ad ogni donna: mostrate l’avvolgente drappo, perché non il padre mio, ma chi sul mondo tutto volge l’occhio, il Sole, contempli le impure colpe della madre mia. E sarà dunque in un giudizio, un giorno, mio testimone che conforme al giusto per la vendetta mia madre uccisi.36 Tuttavia, West, riportando e discutendo un’osservazione di Barrett, ha sostenuto che il v. 986 (Ἥλιος – ἄναγνα μητρὸς ἔργα τῆς ἐμῆς) sia stato interpolato: infatti, un lettore antico delle Coefore avrebbe inteso l’espressione ὁ πάντ’ ἐποπτεύων τάδε in riferimento al Sole che vede e ode tutte le cose (cf. Hom. Il. 3.277: Ἠέλιός θ’, ὃς πάντ’ ἐφορᾷς καὶ πάντ’ ἐπακούεις), e così avrebbe aggiunto il nome Ἥλιος per poi completare il trimetro. L’intenzione di Oreste, prima di specificare di non riferirsi ad Agamennone, sarebbe stata dire, tout court, πατήρ, e il dio πατήρ per eccellenza è Zeus: cf. Aesch. Sept. 116, 512, Suppl. 139 (πατὴρ ὁ παντόπτας), 592. Dunque il dio che Eschilo aveva in mente sarebbe stato non Helios, ma Zeus. Inoltre, West osserva che il v. 986 è metricamente anomalo per essere eschileo, poiché nel nostro tragediografo una parola dattilica non corrisponderebbe mai propriamente al primo piede del trimetro.37 Sulla scia di West, 35 Cf. Bossi 2002, 270. 36 Trad. M. Untersteiner in Lapini, Citti 2002, 151. 37 Cf. West 1990, 262-3. Il verso è dunque espunto in West 1991, 58. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 62 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie il verso in questione è stato espunto, per le medesime ragioni, anche da Sommerstein.38 A mio avviso, l’argomentazione di West a sostegno dell’espunzione del v. 986 delle Coefore, per quanto allettante, non fuga comunque ogni dubbio sulla paternità eschilea di questo trimetro, in quanto le considerazioni dello studioso si fondano essenzialmente su una singola interpretazione del passo eschileo, che non ne esclude definitivamente l’altra, ossia quella di «every reader» (come dice precisamente West) che, leggendo l’espressione ὁ πάντ’ ἐποπτεύων τάδε (v. 985), penserebbe immediatamente all’Helios omerico.39 In ogni caso, tornando al frammento di Carcino, in mancanza di una testimonianza certa della relazione tra Oreste e il Sole, ritengo più verosimile che questo poeta chiamasse «Helios» il dio Febo Apollo,40 il cui oracolo, com’è noto, profetizzò il matricidio. A differenza di Dobree, che congetturò Ἀπόλλωνος in luogo del tràdito Ἡλίου, preferisco accogliere la lezione foziana ipotizzando che Carcino intendesse alludere propriamente ad Apollo. Questo è possibile, in quanto la prima attestazione letteraria certa dell’identificazione del Sole (divinità tradizionalmente dotata di caratteri propri, come in Omero e nell’Olimpica VII di Pindaro) con Apollo si trova in Euripide, e dunque prima dell’attività drammaturgica di Carcino,41 precisamente in F 781.11-13 Kannicht dal Fetonte (parla Climene):42 ὦ καλλιφεγγὲς Ἥλι’, ὥς μ’ ἀπώλεσας / καὶ τόνδ’· Ἀπόλλων δ’ ἐν βροτοῖς ὀρθῶς καλῇ, / ὅστις τὰ σιγῶντ’ ὀνόματ’ οἶδε δαιμόνων, «o Helios che splendi di bella luce, come hai distrutto me e questi (scil. Fetonte)! E sei chiamato correttamente Apollo tra i mortali, chiunque conosca il senso nascosto dei nomi degli dei».43 È significativo che, tra i testimoni del frammento del Fetonte, schol. MTB in Eur. Or. 1388 riporti, in luogo del vocativo Ἥλι(ε), l’errore ἴλιον: prova indiretta del fatto che si debba preferire la lezione Ἡλίου piuttosto che Ἰλίου per la testimonianza di Pausania grammatico. Dunque già Pausania grammatico, da cui dipende la tradizione lessicografica successiva, avrebbe facilmente incluso l’appellativo Helios nella sua testimonianza, attingendolo direttamente da quello che poteva essere l’unico passo a lui noto del dramma di Car- 38 Cf. Sommerstein 2008b, 338. 39 Cf. West 1990, 262. 40 Cf. Gantz 1993, 87-8: «the connection between god and sun […] was surely fostered by Apollo’s title of Phoibos, used so often by Homer and the Hymn to Apollo (with or without Apollo added), and meaning (or thought to mean) ‘shining’». 41 Cf. Sud. κ 394: Καρκίνος... ἤκμαζε κατὰ τὴν ρˊ (100) Ὀλυμπιάδα (380/79-377/76) πρὸ τῆς Φιλίππου βασιλείας τοῦ Μακεδόνος. 42 Cf. Diggle 1970, 147: «this is the earliest certain literary identification of Helios and Apollo». Cf. Collard, Cropp, Lee 1995, 234. 43 In merito all’interpretazione di τὰ σιγῶντ’ ὀνόματ’… δαιμόνων, cf. Diggle 1970, 147-8. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 63 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie cino, oppure da una testimonianza di questo dramma ancora più antica e per noi andata perduta. La mancata valorizzazione, nel testo di Fozio e in quello della Suda, dell’identificazione tra Helios e Apollo, esplicitata invece nel frammento del Fetonte, potrebbe essere giustificata dalla forma riassuntiva della notizia riportata dai due lessici. Dunque, alla luce di questa mia analisi filologica, accolgo la seguente ricostruzione del testo di Pausania grammatico: ὁ γὰρ Καρκίνος Ὀρέστην ἀπὸ Ἡλίου ἀναγκαζόμενον ὁμολογῆσαι, ὅτι ἐμητροκτόνησεν, ἐποίησε δι’ αἰνιγμάτων ἀποκρινόμενον («infatti Carcino rappresentò Oreste costretto da parte di Helios – scil. Apollo – a confessare che uccise la madre, rispondendo per enigmi»). Se diamo credito alla testimonianza di Pausania, è evidente che, rispetto al modello delle Eumenidi di Eschilo, Carcino deve aver presentato il processo di Oreste con almeno due apporti originali: la costrizione a confessare da parte di Helios/Apollo, il quale parrebbe così rivestire un ruolo effettivamente atipico rispetto alla tradizione, per quanto non necessariamente ostile al matricida (non viene detto, infatti, che ne fosse l’accusatore), e la risposta di Oreste per enigmi (δι’ αἰνιγμάτων). A proposito di quest’ultimo motivo, non deve stupire che la confessione di Oreste fosse resa sotto forma di enigmi veri e propri, in quanto l’αἴνιγμα o γρῖφος, già prima di ricevere una trattazione sistematica nel Περὶ γρίφων del peripatetico Clearco di Soli, era usuale nel teatro del IV secolo: infatti, si trovano enigmi sia in commedia (cf. Antiph. F 192 e 194 Kassel-Austin), sia in tragedia (cf. Theodect. F 4, 6 e 18 Snell). Proprio Teodette di Faselide sarà definito da Ermippo di Smirne – anch’egli peripatetico – «bravissimo a trovare la soluzione degli indovinelli che gli venivano posti, e […] abile a proporne lui stesso».44 In particolare, tra i suoi enigmi, l’unico tratto da un dramma certo è quello riportato in F 4 Snell dall’Edipo, citato da Athen. 10.451f-452a: εἰσὶ κασίγνηται δισσαί, ὧν ἡ μία τίκτει / τὴν ἑτέραν, αὐτὴ δὲ τεκοῦσ’ ὑπὸ τῆσδε τεκνοῦται, «son due sorelle, delle quali l’una partorisce l’altra, e quella che ha partorito a sua volta è nata da questa».45 La soluzione di questo indovinello è, come ci viene detto da Ateneo stesso, «la notte e il giorno»,46 e a pronunciarlo era la Sfinge,47 il cui modo enigmatico di parlare era tradizionale, oppure, più significativamente, Edipo, che forse «svelava a se stesso e al pubblico, enigma dopo enigma, 44 Cf. Athen. 10.451e. Trad. R. Cherubina in Canfora 2001, 1112: Θεοδέκτην δὲ τὸν Φασηλίτην φησὶν Ἕρμιππος ἐν τοῖς Περὶ τῶν Ἰσοκράτους Μαθητῶν ἱκανώτατον γεγονέναι ἀνευρεῖν τὸν προβληθέντα γρῖφον καὶ αὐτὸν προβαλεῖν ἑτέροις ἐπιδεξίως. 45 Trad. Pacelli 2016, 124. 46 Cf. Athen. 10.451f: τὴν νύκτα καὶ τὴν ἡμέραν εἴρηκεν αἰνιττόμενος. In greco, infatti, i due sostantivi sono femminili e dunque ʻsororaliʼ. 47 Cf. Webster 1954, 303. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 64 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie la sua storia e la sua involontaria colpa».48 L’enigma della notte e del giorno, infatti, così com’è formulato, poteva presentarsi, nell’economia del dramma, come premonitore dell’incesto fra i suoi protagonisti, seppur in maniera approssimativa, giacché, se è vero che Edipo è stato generato da Giocasta, non è altrettanto vero che Giocasta sia stata generata dal figlio.49 Dunque, forse in maniera simile all’Edipo di Teodette, anche l’Oreste di Carcino avrebbe riscontrato delle difficoltà nel confessare con parole chiare ai suoi interlocutori, e in primis a se stesso, la verità di una colpa tanto grave e indicibile da poter essere svelata soltanto indirettamente tramite degli enigmi.50 Un discorso a parte merita il rapporto tra Oreste ed Ermione. Questo era rappresentato nell’Ermione di Sofocle,51 tragedia il cui argomento ci è tramandato da Eust. ad Od. 4.3: Σοφοκλῆς δέ φασιν ἐν Ἑρμιόνῃ ἱστορεῖ, ἐν Τροίᾳ ὄντος ἔτι Μενελάου, ἐκδοθῆναι τὴν Ἑρμιόνην ὑπὸ τοῦ Τυνδάρεω τῷ Ὀρέστη. εἶτα ὕστερον ἀφαιρεθεῖσαν αὐτοῦ, ἐκδοθῆναι τῷ Νεοπτολέμῳ κατὰ τὴν ἐν Τροίᾳ ὑπόσχεσιν. αὐτοῦ δὲ Πυθοῖ ἀναιρεθέντος ὑπὸ Μαχαιρέως ὅτε τὸν Ἀπόλλω τινύμενος τὸν τοῦ πατρὸς ἐξεδίκει φόνον, ἀποκαταστῆναι αὖθις αὐτὴν τῷ Ὀρέστῃ. ἐξ ὧν γενέσθαι τὸν Τισαμενόν, φερωνύμως οὕτω κληθέντα, παρὰ τὴν μετὰ μένους τίσιν. ἐπεὶ ὁ πατὴρ Ὀρέστης ἐτίσατο τοὺς φονεῖς τοῦ Ἀγαμέμνονος. E Sofocle, dicono, in Ermione narra che, mentre Menelao era ancora a Troia, Ermione fu data in sposa da Tindaro a Oreste. Allora, sottratta in seguito a lui, fu data in sposa a Neottolemo secondo la promessa (scil. fatta da Menelao) a Troia. Ma dopo che lui fu ucciso a Pito da Machereo, allorché tentava di vendicare l’uccisione di suo padre punendo Apollo, lei fu riportata indietro da Oreste. Dunque da loro nacque Tisameno,52 chiamato così con il nome adatto, per la ‘vendetta con la forza’. E infatti suo padre Oreste l’aveva fatta pagare agli assassini di Agamennone.53 48 Cf. Monda 2000, 38. 49 Cf. Pacelli 2016, 126 50 Cf. Pacelli 2016, 127; Monda 2000, 38; Webster 1954, 303. 51 Cf. Radt 1999, 192-3. 52 Su questo figlio di Oreste ed Ermione, che regnò, dopo la morte del padre, su Argo e Sparta fino al ritorno degli Eraclidi, cf. Paus. 2.18.6-8. 53 L’argomento dell’Ermione ci è tramandato anche da schol. in Hom. Od. 4.5, che riporta un testo molto simile a quello di Eustazio. Non è chiaro, invece, il riferimento a Sofocle in schol. in Eur. Or. 1655, che riporta il resoconto di Ferecide (F 11 Dolcetti) sul matrimonio tra Ermione e Neottolemo e sulla morte di quest’ultimo, e poi aggiunge ταῦτα γενεαλογεῖ καὶ Σοφοκλῆς (anche Sofocle riporta questa genealogia). Poiché questa citazione da Ferecide non presenta alcuna genealogia, ritengo assai probabile che, come congetturò Wagner 1891, 276, nota 2, il testo dello scolio comprendesse oriLexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 65 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie Dunque Oreste doveva essere un personaggio di questo dramma, e sembra che egli non tramasse contro la vita di Neottolemo, diversamente da come lo stesso personaggio si comporta nell’Andromaca di Euripide, in cui Oreste rivela a Ermione che ha fatto tendere un agguato a Neottolemo, per cui ella può considerarsi libera di contrarre nuove nozze con lui (vv. 993-1008). Ci è noto che le vicende di Ermione furono rappresentate anche da Filocle il Vecchio (24 F 2 Snell), contemporaneo di Euripide e nipote di Eschilo, nonché vincitore del primo premio alle Dionisie cittadine alle quali partecipò anche Sofocle con la tetralogia comprendente l’Edipo re,54 e da Teognide (28 F 2 Snell), attivo anche lui nel V sec. a.C., e ridicolizzato da Aristofane per la freddezza dei suoi versi (Ach. 11 e 140, Thesm. 170, ossia TrGF 28 T 1, 2 e 3 Snell). Questa, infatti, è la testimonianza trasmessa, in merito a entrambi i tragediografi, da schol. in Eur. Andr. 32, in cui si trovano attestate, in maniera confusa e testualmente corrotta, anche altre tradizioni su Ermione e Neottolemo:55 Φιλοκλῆς δὲ ὁ τραγῳδοποιὸς καὶ Θέογνις προεκδοθῆναί φασιν ὑπὸ Τυνδάρεω τὴν Ἑρμιόνην τῷ Ὀρέστῃ καὶ ἤδη ἐγκυμονοῦσαν ὑπὸ Μενελάου δοθῆναι Νεοπτολέμῳ καὶ γεννῆσαι Ἀμφικτύονα.56 Il tragediografo Filocle e Teognide dicono che Ermione fu prima data in moglie da Tindaro a Oreste, e che, ormai incinta, fu data da Menelao a Neottolemo e generò Anfizione. Dunque, in drammi simili tra loro, Filocle il Vecchio e Teognide (forse uno imitatore dell’altro) chiamavano Anfizione (e non Tisameno) il figlio di Ermione e Oreste. Ci sono noti due personaggi mitici con questo nome: l’uno, figlio o nipote di Deucalione, fu il fondatore dell’anfizionia delfico-pilaica, l’altro, nato dalla terra (αὐτόχθων in [Apollod.] Bibl. 3.14.6), succedette a Cranao sul trono di Atene.57 Poiché nessuno dei due risulta identificabile con il figlio di Ermione e Oreste, resta oscura la motivazione della scelta del nome Anfizione, sulla quale lo scoliasta non ci dà alcun ragguaglio: forse, come ipotizzato da Cropp, ginariamente anche un riferimento al ricongiungimento tra Ermione e Oreste, nonché alla nascita di Tisameno, la quale è menzionata in Eustazio, nello scolio all’Odissea, e in schol. in Eur. Or. 1654. 54 Cf. Sud. φ 378 (= TrGF 24 T 1 Snell): Φιλοκλῆς... τοῖς χρόνοις κατ’ Εὐριπίδην... Αἰσχύλου δὲ τοῦ τραγικοῦ ἦν ἀδελφιδοῦς; schol. in Aristoph. Av. 281c (= TrGF 24 T 2 Snell): Φιλοκλῆς... Φιλοπείθους υἱὸς ἐξ Αἰσχύλου ἀδελφῆς; Hypoth. II Soph. OT (= TrGF 24 T 3a Snell): Τύραννον... ἡττηθέντα ὑπὸ Φιλοκλέους, ὥς φησι Δικαίαρχος; Aristid. Or. 46 (= TrGF 24 T 3b Snell): Σοφοκλῆς Φιλοκλέους ἡττᾶτο ἐν Ἀθηναίοις τὸν Οἰδίπουν. 55 Cf. Cropp 2019, 133. 56 Cf. Schwartz 1891, 253-4. 57 Cf. H.W. Stoll, s.v. Amphiktyon, in Roscher 1884-90, cc. 304-5. Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 66 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie i due poeti intendevano far riferimento, tramite il nome di questo figlio, all’anfizionia delfica, e appunto a Delfi Neottolemo trovò la morte secondo il mito ripreso, come si è visto, da Sofocle nell’Ermione.58 I drammi di Filocle e Teognide in cui erano rappresentate le vicende di Ermione restano per noi dal titolo incerto: è presumibile, tuttavia, che si intitolassero, come la tragedia di Sofocle, Ermione, giacché la trama riportata da schol. in Eur. Andr. 32 attesta la centralità di questo personaggio, che è protagonista delle unioni matrimoniali cui fa riferimento lo scoliasta. Riguardo, infine, al ruolo di Oreste, non è detto che questi fosse un personaggio del dramma: forse egli era soltanto nominato nel prologo delle due tragedie,59 allorché si narravano gli antefatti della storia di Ermione, prima delle sue nozze con Neottolemo. La fortuna teatrale del mito di Ermione proseguì anche dopo il V sec. Ci è noto, infatti, che il drammaturgo Teodoro (II sec. a.C.) compose un’Ermione (DID A 13,1 Snell), di cui ci resta soltanto il titolo: non sappiamo dunque se Oreste fosse uno dei personaggi del dramma. Ancora, in ambito latino, autori di tragedie dal titolo Hermiona furono Livio Andronico e Marco Pacuvio. Diversamente dall’opera del primo, di cui ci è noto ben poco,60 dell’Hermiona del secondo si può invece tentare una ricostruzione.61 Ai fini di questo mio contributo, sarà comunque sufficiente constatare che, sebbene Oreste fosse un personaggio della tragedia di Pacuvio, assai difficilmente l’analisi dei resti di questa può permettere di desumere informazioni sulle modalità di rappresentazione del rapporto tra Oreste ed Ermione nei modelli greci (in primis nell’Ermione di Sofocle) che il drammaturgo avrebbe imitato, giacché, come commenta Cropp, «we are dealing here with a novel version of the old story, one that could have been conceived only for the Roman, not the Greek, stage».62 È comunque possibile affermare che Pacuvio abbia riproposto almeno un motivo narrativo della tradizione, ossia l’originaria unione tra Oreste ed Ermione per opera di Tindaro,63 così come nell’Ermione di Sofocle e nei drammi incerti di Filocle il Vecchio e Teognide. 58 Cf. Cropp 2019, 133. 59 Secondo Snell 1986, 142 (in apparato), le informazioni riportate da schol. in Eur. Andr. 32 deriverebbero dal prologo dei drammi di Filocle e Teognide. 60 Cf. Cropp 2019, 22 nota 80. 61 Cf. Cropp 2019, 22-5. 62 Cf. Cropp 2019, 25. 63 Cf. A.H. Sommerstein in Sommerstein, Fitzpatrick, Talboy 2006, 22 e 25. Cf. War- mington 1936, 228-31, ffr. 181-2 e 184: … Tyndareo fieri contumeliam, / cuius a te veretur maxime!, «That outrage should be done to Tyndareus! / Of whom there’s shown the greatest awe by you»; prius data est quam tibi dari dicta aut quam reditum est Pergamo, «Given was she already as a wife / before she was bespoken to be given / to you, before our hosts’ return from Troy». Lexis Supplementi | Supplements 12 Studi di Letteratura Greca e Latina | Lexis Studies in Greek and Latin Literature 8 Il mito degli Atridi dal teatro antico all’epoca contemporanea, 55-70 67 Alessandro Boschi Oreste nelle tragedie frammentarie Alla luce dell’analisi da me condotta in questo contributo relativamente alla sola tragedia frammentaria, appare dunque ancor più evidente quanto intensamente la figura di Oreste abbia ispirato il teatro tragico attico, anche in virtù delle varie opportunità narrative offerte dalla sua saga. Il pubblico di spettatori vide comparire Oreste infante nel Telefo di Eschilo (secondo la mia discussione dello scolio ad Aristoph. Ach. 332) e in quello di Euripide; lo vide rappresentato come personaggio principale, nel V sec., nell’Oreste di Euripide II, nel IV sec. nell’Oreste di Teodette di Faselide e in quello di Afareo, e probabilmente, in epoca per noi ignota, nell’Oreste di Timesiteo. Ancora il pubblico deve aver visto Oreste rappresentato come personaggio da Sofocle nell’Ermione, e in seguito, nel IV sec., costretto da Helios/ Apollo a confessare nel dramma di Carcino il Giovane. Infine, Oreste era almeno menzionato nelle tragedie dal titolo incerto di Filocle il Vecchio e Teognide. In maniera costante, dunque, la saga mitica del figlio di Agamennone fornì ai poeti tragici materiale di lavoro particolarmente adatto per suscitare nel pubblico le riflessioni desiderate. Bibliografia Bossi, F. (2002). «Sui rapporti tra Fozio e la Suda». Eikasmos, 13, 269-71. Canfora, L. (2001). Ateneo. I Deipnosofisti. I dotti a banchetto. Vol. 2, Libri VI-XI. Roma: Salerno Editrice. Collard, C.; Cropp, M.J. (2008). Euripides. Fragments. Oedipus-Chrysippus. Other Fragments. Cambridge, MA; London: Harvard University Press. Collard, C.; Cropp, M.J.; Lee, K.H. (1995). Euripides. Selected Fragmentary Plays. 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