Academia.eduAcademia.edu

Per un femminismo senza potere

2022, EMMA Rivista

EM MA C U LT U R E E P E N S I E R I L I B E R T A R I 04 Sottoscrivi un abbonamento e ricevi tutte le uscite di EMMA (due numeri l’anno: marzo/settembre). ABBONAMENTO ANNUALE: 30 € spese di spedizione incluse SPEDIZIONI ESTERO: verifica il costo della spedizione scrivendo a [email protected] È possibile richiedere informazioni sui numeri passati scrivendo a [email protected]. C U LT U R E E P E N S I E R I L I B E R T A R I 04 Emma - Culture e pensieri libertari | Rivista semestrale n. 04, settembre2022 www.emmarivista.org [email protected] Hanno collaborato Alberto “Abo” Di Monte, Andrea Staid, Cooperativa La Libertaria, Cristian Ruggieri, David Bernardini, Davide Del Monte, Eleonora Meo, Erica Picco, Francesca Palmas, Giancarlo Pasquali, Jacopo Franchi, Irene Doda, Lorenzo Molfese, Manuel Garuti, Marco Rossi, Matthias Canapini, Nerosunero, Paolo Pasi, Pietro Spica, Renzo Sabatini, Selva Varengo, Tobia D’Onofrio, Valeria De Paoli Progetto grafico Giancarlo Pasquali Direzione editoriale Carlotta Pedrazzini EMMA ha riconosciuto laddove possibile i diritti delle autrici e degli autori delle immagini pubblicate su questo numero. Se vuoi rivendicare la maternità di un’immagine, contattaci e saremo felici di riconoscerla in uno dei prossimi numeri della rivista. Prospero Editore, Via della stampa, 25 - 20026, Novate Milanese (MI) www.prosperoeditore.com [email protected] Rivista Semestrale registrata al Tribunale Ordinario di Milano n. 15681/2021 Direttrice responsabile: Carlotta Pedrazzini ISBN 9788831304931 Stampato nel mese di settembre 2022 ad Asti, presso STAR 7 srl SOMMARIO 8 s o c i e tà Selva Varengo 68 Contro tutte le guerre del mondo 16 Disegnare il mondo che ci circonda r e p o r ta g e Matthias Canapini 72 La guerra non finisce mai 24 mondo Renzo Sabatini 76 82 s o c i e tà Cristian Ruggieri Illustrazioni di Giancarlo Pasquali 86 92 t ec n o lo g i e Jacopo Franchi Illustrazioni di Giancarlo Pasquali I cinque livelli della moderazione di contenuti r i t r at t i Lorenzo Molfese Illustrazione di Giancarlo Pasquali 98 Cent’anni di polvere 60 m o n ta g n a Alberto “Abo” Di Monte In alto a sinistra femminismi Eleonora Meo Per un femminismo senza potere 54 g los sar io David Bernardini Nazionalismo Che fine ha fatto l’anticlericalismo? 46 g r a p h i c n ov e l Valeria De Paoli La biodiversità che non mangiamo s o c i e tà Erica Picco La burocrazia non è neutra 40 co n t ros to r i a Marco Rossi Quando il populismo era nemico del potere Esilio infinito 32 a n t ro p o lo g i a Andrea Staid Illustrazioni di Pietro Spica a g r i c o lt u r a Cooperativa La Libertaria a cura di Manuel Garuti Chicchi di autogestione s o c i e tà Irene Doda La politica del desiderio 6 FEMMINISMI PER UN FEMMINISMO SENZA POTERE DI ELEONORA MEO Nonostante il grande contributo dell’anarco-femminismo alle istanze e al pensiero transfemminista, si crede che ci sia poco anarchismo nel pensiero femminista odierno e che i suoi apporti siano fermi al passato. Una riflessione sull’eredità e sui contributi dell’anarco-femminismo a partire dal Manifesto anarca-femminista di Chiara Bottici. Foto Markus Spiske “Ma la tradizione anarco-femminista del passato, per lungo tempo trascurata dall’accademia e dal dibattito pubblico, ha ancora molto da dirci. […] una delle convinzioni centrali dell’anarco-femminismo storico è stata che la libertà è indivisibile e che il «femminismo», quando combinato con l’assenza di archè, deve significare liberazione per tutti e non solo per alcuni generi.” Chiara Bottici, Manifesto anarca-femminista, Editori Laterza 2022. che avrebbero contraddistinto molti anni dopo i movimenti femministi e transfemministi più contemporanei. Saranno le studiose femministe degli anni ‘70, ad esempio, a riprendere la filosofia politica e sociale di Emma Goldman, rileggendone gli scritti, sulla spinta di un rinnovato interesse del movimento femminista durante gli anni della contestazione studentesca e del movimento contro la guerra. Tematiche come: le campagne per il controllo delle nascite e la libertà sessuale; il rifiuto della contrapposizione tra affettività e pensiero, così come tra vita personale e sociale; l’importanza centrale dell’individuo nella società e la consapevolezza della multidimensionalità dei piani di oppressione; si sono rivelate vere e proprie precorritrici dei tempi. Dietro al motto “il personale è politico” delle femministe della Seconda ondata, così come dietro al concetto di intersezionalità del movimento femminista nero, c’è dunque molto dell’eredità anarco-femminista. Nonostante questo grande contributo, sembra che oggi ci sia, per così dire, “poca anarchia” nel pensiero femminista e che le eredità dell’anarco-femminismo restino ancora sottotraccia o ferme nella storia. Ovviamente non si tratta qui di rivendicare alcuna maternità dei concetti, né di stabilire marcate linee gerarchiche – operazione che sarebbe in profonda contraddizione con le basi stesse del pensiero anarchico – bensì di rendere visibili alcuni dei rizomi della costellazione femminista contemporanea e riavvicinare, togliendolo dall’oblio del passato, il pensiero anarco-femminista ai giorni nostri. L’obiettivo è fare in modo che, quando si pensa all’anar- uando oggi si pensa al femminismo anarchico, la mente si dirige subito al passato verso figure storiche e iconiche come Emma Goldmann, Voltairine de Cleyre o alle Mujeres Libres della guerra civile spagnola. Queste donne hanno avuto il merito di riuscire a essere allo stesso tempo anarchiche e femministe; integrando il pensiero anarchico nel femminismo e il femminismo nel pensiero anarchico. L’hanno fatto al costo di apparire “poco femministe” agli occhi del primo movimento suffragista, e “poco anarchiche” agli occhi dei compagni del movimento otto e novecentesco. La divergenza con le suffragette poggiava sulla convinzione – in particolare di Emma Goldman – che l’indipendenza femminile non si sarebbe mai potuta realizzare semplicemente attraverso la conquista del voto e di concessioni “calate dall’alto”, ma tramite un cambiamento radicale delle donne a partire dal proprio modo di pensare e di pensarsi. I contrasti e le ostilità con gli anarchici scaturivano invece dalla certezza di quest’ultimi che la disuguaglianza tra i generi non fosse un tema centrale e che, in fondo, sarebbe scomparsa automaticamente una volta fatta la rivoluzione e instaurato il nuovo ordine sociale. ANARCO-FEMMINISTE: PRECORRITRICI DEI TEMPI Per quanto la tradizione anarco-femminista sia stata nei secoli costantemente messa in ombra e trascurata, alcune delle sue intuizioni più lucide sono riuscite ad anticipare temi 47 co-femminismo, la mente non resti ferma a un passato non più in grado di parlarci, ma riesca a riattivare un sapere capace ancora di fornirci preziosi metodi per le nostre lotte. Soprattutto nel contesto italiano, risulta sempre più complicato utilizzare l’anarchismo storico per parlare delle nuove istanze queer e transfemministe, poiché affrontano questioni troppo moderne che sembrano distanti dall’idea di anarchismo che abbiamo assimilato. Temi come razzismo, transfobia ed eurocentrismo risultano ancora poco battuti nel dibattito pubblico anarchico; basti pensare al ristretto numero di testi anarchici in lingua italiana che facciano esplicito riferimento a concetti così urgenti e attuali come queerness, razzismo, decolonizzazione, eurocentrismo, transfemminismo. Eppure il pensiero anarco-femminista ci ha dimostrato che, nonostante il peso degli anni, alcune delle sue teorizzazioni più avanzate sono ancora in grado di fornirci dei validi strumenti per leggere le oppressioni di genere, razza, classe, ecc. a partire dall’orizzonte anarchico. L’ANARCHISMO NEL MONDO CONTEMPORANEO Questa amnesia è probabilmente dovuta a due motivi che partono entrambi da premesse errate sul pensiero anarchico: il forte pregiudizio negativo che ancora lo bolla come teoria della violenza e dell’assenza di organizzazione; la sua presunta inattualità. Considerato anacronistico, utopistico, se non addirittura violento e pericoloso, il pensiero anarchico resta dunque in bilico tra un senso di inadeguatezza e di paura. Se è vero che stampa e media borghesi hanno fatto di tutto nel corso degli anni per diffondere nel dibattito pubblico disinformazione e confusione circa i reali principi su cui si fonda il pensiero anarchico, è altrettanto vero che come anarchiche e anarchici dovremmo in parte assumerci le responsabilità di questo cortocircuito comunicativo – soprattutto nei confronti delle nuove generazioni – e cercare di intensificare le nostre letture in chiave contemporanea, evitando di cristallizzarci nell’anarchismo storico tradizionale. Lungi dal suggerire di abbandonare le nostre radici storiche, il cui peso politico e autorevolezza restano di indiscutibile valore e utilità sociale, dovremmo cercare di abbandonare un certo “purismo” ideologico e sfruttare invece la “multidimensionalità” del pensiero anarchico, scovando le tracce di anarchismo che si nascondono (spesso inconsapevolmente) dietro alcune teorie contemporanee o contaminare, a nostra volta, queste ultime. Non si tratta di tradire il nostro orizzonte politico, quanto piuttosto di contribuire all’avanzamento del pensiero anarchico nella contemporaneità; distenderne leggermente i margini, renderli più porosi e riattualizzare l’eredità anarchica attraverso nuove e tempestive analisi sul presente. AGGIORNARE L’AGENDA DEL FEMMINISMO ANARCHICO Il libro di Chiara Bottici Manifesto anarca-femminista, uscito negli Stati Uniti nel 2021 e tradotto in italiano già quest’anno da Laterza, può essere un utile strumento non solo per aggiornare l’agenda del femminismo anarchico – spesso, come si è detto, ferma all’inizio del Novecento e ancorata esclusivamente alle sue figure storiche – ma anche per disinnescare le faide interne al movimento femminista che, tutt’oggi, finiscono per essere divisive e indebolire la ricomposizione sociale della lotta transfemminista. Bottici, filosofa al Gender and Sexualities Studies Institute della New School for Social Research di New York, propone l’anarca-femminismo come femminismo senza arché, ovvero senza una gerarchia e una struttura prestabilite che possano ricreare indirettamente forme di potere all’interno delle teorizzazioni femministe. Il prefisso anarca serve a tenere aperti gli sguardi alle diverse forme di oppressione che vivono “i secondi sessi” e disattivare, così, le tendenze set- 48 Foto Markus Spiske 49 tarie e di non-dialogo tra le varie correnti femministe. È proprio su questo punto che la tradizione anarco-femminista, secondo Bottici, può esserci di grande aiuto. Il movimento femminista ha una storia di gerarchie interne segnata da rotture e ricomposizioni dipese dal tipo di spiegazione che, a seconda del momento storico, si dava del patriarcato e della misoginia. In particolare, è nota la critica avanzata – a partire dagli anni ‘70 – dal movimento femminista nero e intersezionale nei confronti delle femministe bianche. Queste ultime erano accusate di silenziare le voci delle donne nere all’interno di una presunta universalità del concetto di donna, e di non tenere in considerazione le diverse tipologie di oppressioni di razza e classe che, a differenza loro, le donne nere subivano. A causa del loro privilegio, derivato dall’essere bianche e di classe media, molte delle prime femministe (anche quelle più radicali e critiche contro lo status quo) finivano per creare un femminismo in cui le donne nere si trovavano a disagio, se non addirittura marginalizzate. Con il passare degli anni, le rotture e le ricomposizioni del movimento femminista hanno visto emergere nuove accuse – come quelle di transfobia e di marginalizzazione delle persone non binarie, appartenenti alla costellazione LGBTQIAP+ – incentrate sui rischi di una visione binaristica ed essenzializzata dei generi che delegittima tutte quelle donne, per così dire, non “biologiche” o eteronormate. a subire un’intersezione di oppressioni (di classe, genere, razza, impero, disabilità, ecologia, ecc.) nella sfera politica, economica, sociale e sessuale. Facendo tesoro delle riflessioni queer, l’autrice utilizza il termine “donna” in un modo che include tutti i tipi di donne: le donne femmine, le donne maschio, le donne lesbiche, le donne-trans e anche le donne queer. UOMOCRAZIA, NON PATRIARCATO Ad essere in corso, infatti, è una guerra globale contro donne, two-spirit e persone LGBTQIAP+ e non possiamo più permetterci di lasciarne indietro nessuna. Gli strumenti di cui si dota “l’uomocrazia globale” per portare avanti questa guerra sono il gendericidio globale, la violenza del potere statale, il capitale e ciò che Bottici chiama l’“immaginale”. Bottici preferisce parlare di “uomocrazia” anziché di patriarcato, poiché questo termine ci aiuta a capire meglio come mai, nonostante il patriarcato (inteso come sistema politico centrato sul comando del patriarca) sia tendenzialmente in declino, il potere degli uomini continui invece a persistere (in forme, oltretutto, non sempre chiaramente riconoscibili). Per quanto sia importante mettere in evidenza le trappole di qualsiasi semplicistica categorizzazione di genere (in particolare quelle che oppongono dicotomicamente “donne” e “uomini”), diventa cruciale per la filosofa non perdere di vista il fatto che certi corpi sono sistematicamente oggetto di discriminazione proprio perché percepiti come corpi di donna. Attualmente, scrive l’autrice, oltre 126 milioni di donne mancano all’appello della popolazione globale come conseguenza di aborti selettivi, infanticidi e disuguaglianze nella cura infantile. Fino a oggi, almeno il 35% delle donne nel mondo è stata vittima di violenza fisica e/o sessuale, mentre tra le vittime di gendericidio non figurano soltanto le donne “biologiche” ma anche le persone transgender e gender non LA GUERRA DEI SECONDI SESSI Riprendendo un femminismo in linea con lo spirito della teoria queer e della teoria anarchica, Bottici ci ricorda che tutte coloro che appartengono ai “secondi sessi”, quindi donne e persone gender non-conforming (persone two-spirit – termine coniato dai nativi americani per riferirsi a tutte quelle persone che possiedono una molteplice combinazione di diverse identità di genere – e persone LGBTQIAP+), continuano 50 conforming che continuano ad essere vittime di omicidi, violenze (transmisoginia) e criminalizzazioni da parte di apparati carcerari, polizia e leggi nazionali. Basti pensare che il 16% delle persone transgender è stato in carcere almeno una volta nella vita (e il tasso sale al 21% nel caso di donne transgender) mentre, se consideriamo anche il fattore razziale, negli Stati Uniti quasi la metà delle donne transgender di colore finisce in carcere (ben il 47% dell’intera popolazione di riferimento). pio filo allo sviluppo del sistema capitalistico mondiale. A differenza di oggi, infatti, prima dell’esperienza coloniale i ruoli di genere non solo non erano necessariamente binari, ma non erano neanche universalmente considerati come criteri primari per la classificazione dei corpi. Lo Stato, soprattutto, non se ne era fatto l’amministratore biopolitico. È stato solo con l’avvento del capitalismo moderno, che la famiglia borghese mononucleare e i suoi corollari culturali sono diventati egemonici e funzionali allo sfruttamento e all’estrazione illimitata di profitto da corpi e generi. POTERE STATALE E INVENZIONE DEI GENERI Muovendo una critica allo Stato moderno, come ordinatore principale della politica e della società, Bottici mette in evidenza le connessioni tra potere statale e oppressioni di genere, focalizzando l’attenzione su uno degli strumenti fondamentali per il controllo e la gestione della popolazione: il sistema di regolamentazione delle frontiere. L’apparato burocratico dello Stato fa in modo da garantire che l’identità dei suoi cittadini sia sempre anche una identità di genere, dettata dal sesso assegnato alla nascita. Dottori e burocrati hanno il compito di determinare il nostro “sesso” per poi bloccarlo in carte d’identità, passaporti, documenti e certificati di nascita, riproducendo un sistema binario di genere le cui origini – ci ricorda Bottici – sono tutte coloniali e legate a dop- DONNE SI DIVENTA Utilizzando la filosofia del transindividuale, Bottici riesce così a tenere insieme due concetti fondamentali per il femminismo, come la differenza e l’apertura, avvalorando l’idea che le “donne” non siano oggetti già dati, ma processi in divenire, ovvero il prodotto di relazioni sociali in costante mutamento. I corpi sono quindi considerati non come individui, ma come processi sempre incompleti e soprattutto negoziabili, che eccedono costantemente i propri confini individuali. Ogni individualità (sia essa una persona o un animale) è vista come un essere costituito da processi di individuazione, che operano a diversi livelli (infra, inter e sovra individuali), mentre il corpo, in particolare di don- 51 Foto Claudio Schwarz 52 Le riflessioni contenute nel libro di Bottici ravvivano l’agenda anarco-femminista e mettono al centro del femminismo la metodologia anarchica, dimostrando che la sua eredità è ancora di primissima attualità. Bottici ci ricorda che la nostra lotta contro il patriarcato non solo non può prescindere dal mantenere la coerenza tra i mezzi e i fini (non si conquista la libertà con il potere), ma deve essere anche accompagnata da un’articolazione teorica, che non ricada in gerarchie, inclusi i binarismi di genere o quelli di classe. ne e “secondi sessi”, è solo il risultato di questi processi. È grazie a questa nuova ontologia del transindividuale che il processo di transizione di genere diventa solo una delle possibilità che ha un individuo nella società di individualizzarsi in quanto donna. Per Bottici, è in quest’ottica che andrebbero lette le questioni di genere, non solo per riuscire ad aggirare il pericolo della transfobia all’interno del movimento femminista, ma anche per unificare teoria femminista e prospettiva ecologista, eliminando definitivamente la separazione tra corpi/individui e ambiente circostante. L’anarca-femminismo, infatti, interrompendo la classica visione coloniale antropocentrica, si configura anche come un’ecologia sociale in grado di riflettere sulla mutua capacità degli esseri viventi di modificare ed essere modificati senza che vi sia un’archè o relazioni gerarchiche. RITORNARE AL METODO ANARCHICO Le riflessioni contenute in Manifesto anarca-femminista, lungi dall’essere una mera sommatoria di femminismo e anarchismo, ravvivano l’agenda anarco-femminista e mettono al centro del femminismo la metodologia anarchica, dimostrando che la sua eredità è ancora di primissima attualità. Bottici ci ricorda che la nostra lotta contro il patriarcato non solo non può prescindere dal mantenere la coerenza tra i mezzi e i fini (non si conquista la libertà con il potere), ma deve essere anche accompagnata da un’articolazione teorica, che non ricada in gerarchie, inclusi i binarismi di genere o quelli di classe: “Perché parlare proprio di anarca-femminismo, dunque? Perché è l’antidoto migliore contro la trasformazione del femminismo in elitismo di classe, o, ancora peggio, nel privilegio di alcune razze. In un’epoca in cui l’elezione di una sola donna a presidente è spesso presentata come liberazione per tutte le donne; in cui donne come Ivanka Trump possono appropriarsi delle battaglie femministe, trasformando l’ha- shtag #womenwhowork in fashion brand e dimenticando che ogni #womanwhoworks d’élite dovrà essere sostituita da una donna meno fortunata nella cura della casa e dei figli, il messaggio fondamentale dell’anarco-femminismo del passato è più urgente che mai: «Femminismo non significa potere corporativo per le donne o una donna presidente: significa nessun potere corporativo e nessun presidente».” 53