Merídion
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L’ABBAZIA
DI SAN LEONE
A BITONTO
UN MONUMENTO NEL TEMPO
a cura di
Marcello Mignozzi
quorumedizioni
Merídion
Collana diretta da
Marcello Mignozzi (Università degli Studi di Bari)
Comitato scientifico internazionale
Roberto Bartalini (Università degli Studi di Siena)
Gioia Bertelli (Università degli Studi di Bari)
Nicolas Bock (University of Lausanne)
Caroline Bruzelius (Duke University)
Fabio Coden (Università degli Studi di Verona)
Clario di Fabio (Università di Genova)
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Ivan Foletti (Masarykova Univerzita - Brno)
Vicky Foskolou (University of Crete)
Felicity Harley-McGowan (Yale University)
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Marcello Mignozzi (Università degli Studi di Bari)
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Alessia Trivellone (Université Paul-Valery - Montpellier)
William Tronzo (University of California - San Diego)
Il testo è stato sottoposto a revisione da parte di referees esterni e ha ottimamente superato la procedura di accettazione.
L’ABBAZIA
DI SAN LEONE
A BITONTO
UN MONUMENTO NEL TEMPO
a cura di
Marcello Mignozzi
quorumedizioni
La presente pubblicazione è stata realizzata grazie al contributo
concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti
culturali del Ministero della Cultura
Volume promosso da
Società Cooperativa Sociale
Bitonto
© 2023 Quorum Edizioni - Bari
Quorum Italia srl
Viale Caduti di Nassiriya 39 - Bari
Tel. 080.5576371
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tutti i diritti riservati
Progetto grafico: Paolo Azzella
Foto di copertina: Mauro de Pierro
Impaginazione: Quorum Italia - Bari
Stampa: Service4Media - Bari
ISSN 2785-2024
ISBN 979-12-81199-06-4
Printed in Italy
Laddove non altrimenti espilicitato (tra parentesi, al termine delle singole didascalie), gli autori delle
foto pubblicate sono sempre corrispondenti a quelli del saggio in cui sono inserite.
È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche
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per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura.
Sommario
Introduzione
Saldare un debito: l’abbazia di San Leone a Bitonto e le premesse per un’indagine ad ampio spettro
Marcello Mignozzi
Sezione I
Letteratura e Storia
Capitolo I
Il complesso monastico di San Leone a Bitonto: un percorso storiografico
Antonella Ventura
Capitolo II
Una storia ‘scritta’: l’abbazia di San Leone attraverso le sue carte
Antonella Ventura
Capitolo III
Un fenomeno sociale, economico e culturale: la fiera di San Leone a Bitonto
dalle origini alla sua soppressione
Michele Colaianni
Capitolo IV
Boccaccio, il Decameron e la fiera di San Leone a Bitonto
Chiara Cannito
Sezione II
Architettura, Scultura e Restauri
Capitolo V
La chiesa e l’abbazia: una lettura delle sopravvissute strutture medievali
Michele Colaianni
Capitolo VI
“Coenobium hoc claustrum continet spatiosum pulcherrimi aspectus”.
Il chiostro degli Olivetani
Francesco De Nicolo
Capitolo VII
Testimonianze superstiti di epoca moderna nella chiesa di San Leone
Francesco De Nicolo
Capitolo VIII
“Un raggio di sole è sufficiente per spazzar via molte ombre”.
Nuove luci sui restauri all’abbazia di San Leone tra Bernich e Sylos
Liliana Tangorra
Capitolo IX
Un dono dal Medioevo: la conca in pietra
Gioia Bertelli
7
16
34
43
52
64
76
89
97
115
Sezione III
La decorazione pittorica
Capitolo X
‘Di colore era tutta agghindata’. La pittura a Bitonto in età angioina
Marcello Mignozzi
Capitolo XI
Storia di una scoperta: gli affreschi di San Leone nei carteggi dell’epoca (1893-1918)
Michele Colaianni
Capitolo XII
Gli affreschi della chiesa abbaziale di San Leone a Bitonto: la storia degli studi
per un approccio consapevole
Antonella Ventura
Capitolo XIII
Il Lignum vitae in San Leone a Bitonto: variazioni a un tema iconografico
Michele Colaianni
Capitolo XIV
Il Giudizio Universale nella badia di San Leone: visioni escatologiche e speranze di salvezza
nella Bitonto del XIV secolo
Francesco Calò
118
147
152
161
178
Capitolo XV
Gli affreschi della parete meridionale: tra consuetudini e rarità
Antonella Ventura
201
Capitolo XVI
I ‘limiti’ del sacro: bande, cornici e partimenti architettonici
Marcello Mignozzi
213
Conclusioni
Provare a ‘chiudere il cerchio’: il contesto, le opere, i punti saldi
Marcello Mignozzi
234
Bibliografia
255
Indice dei luoghi e delle fondazioni ecclesiastiche
273
Introduzione
Saldare un debito: l’abbazia di San Leone a Bitonto
e le premesse per un’indagine ad ampio spettro
Marcello Mignozzi
“L’abbazia di San Leone a Bitonto. Un monumento nel tempo”: è questo il titolo assegnato alla presente monografia. Si tratta del medesimo titolo che, nel
2019, avevo scelto per la Giornata di Studi da me coordinata, sotto invito della dottoressa Chiara Cannito
della Società Cooperativa Sociale ‘Ulixes’ di Bitonto, in
occasione della cosiddetta edizione ‘zero’ della nuova
fiera di San Leone, voluta dall’avvocato Nicola Roberto
Toscano e immaginata come evento culturale, rievocazione storica e occasione per riattivare commerci e
turismo nel comune pugliese1 (fig. 1).
Non si tratta, spero sia evidente, di mancanza di
fantasia, ma di una scelta mirata, che vuole creare una
connessione diretta con quella Giornata di lavori che fu
tanto proficua, ma che non ebbe seguito nella pubblicazione degli atti. Neanche tale decisione fu casuale, all’epoca. In quanto responsabile della direzione scientifica
dell’Incontro di Studi, difatti, sentii che i tempi non
erano ancora maturi per un volume, soprattutto perché
gli interventi (per quanto pianificati e concordati, affidati a personalità di indubbia competenza) avevano comunque presentato risultati preliminari, parzialmente
incongruenti per temi e cronologie, trascurando alcuni
aspetti rivelatisi poi fondamentali, così che ne sarebbe
derivato un testo disorganico, sbilanciato.
Anni dopo, dunque, ho pensato di prendere
nuovamente in mano la situazione e riunire un team di
persone dalle competenze eterogenee ma affini, alcune
delle quali già presenti al citato convegno, per dare vita
a un progetto coeso e coerente, immaginando una sequenza più fitta di contributi, su aspetti apparentemente ‘secondari’ ma utili a ricomporre un quadro quanto
più completo possibile. L’analisi sistematica del monumento, nelle sue componenti storico-letterarie, architettonico-restaurative e decorative (scultoree e pittoriche, soprattutto), ha permesso di ricostruire davvero
e con grande puntualità la storia di questo complesso,
con particolare attenzione alle innumerevoli trasformazioni subite nel corso dei secoli. In maniera trasversale, dunque, il contesto è stato letto dalle sue origini
sino ai giorni più vicini a noi, in modo tale da offrirne
una disamina completa e capace di soddisfare quasi
ogni quesito.
A prescindere dalle passioni, dalle naturali predisposizioni a gusti artistici o epoche, difatti, l’abbazia
Fig. 1. Pierfrancesco Uva, locandina dell’evento realizzato
nell’aprile del 2019.
L’ABBAZIA DI SAN LEONE A BITONTO
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Fig. 2. Bitonto, abbazia di San Leone, chiesa, esterno, fianco meridionale e campanile (da Toscano 2018).
di San Leone ha avuto un ruolo chiave nella storia di
Bitonto lungo il corso di tutti i secoli scorsi, cosicché
sarebbe stato parziale e limitante pensare di approfondirne solo un momento. Da medievista, difatti, sarei
spontaneamente portato a privilegiare soltanto i secoli
‘di mezzo’, ma come si può anche minimamente pensare di studiare un monumento senza leggerne l’intero
percorso evolutivo?
La chiesa e la sua abbazia sono arrivati a noi
dopo secoli di vicende e traversie che ne hanno condizionato le sembianze a tal punto da complicare davvero la possibilità di ricostruirne nitidamente l’aspetto
originario; eppure si può provare, idealmente, a immaginarlo: col supporto dell’analisi documentaria, storico-artistica e persino letteraria si può tornare indietro
nel passato e scoprire, imparare. Questo, difatti, è stato
l’approccio mentale adoperato: l’intera squadra di lavoro si è posta in relazione al monumento con grande umiltà, con la voglia di ascoltare quanto avesse da
raccontare senza forzare i risultati per comodità critica. I punti d’ombra hanno stimolato la discussione, la
crescita, hanno prodotto esiti inattesi. Chiaramente, la
positività dei dati a cui si è giunti si deve non soltanto alla metodologia multidisciplinare adoperata e al
supporto delle nuove tecnologie disponibili al giorno
d’oggi, ma anche e soprattutto alla competenza degli
autori, capaci di affondi valutativi raffinati, sempre diversi e mai banali. Ancora una volta, dunque, ho fatto
ricorso, per la maggior parte degli interventi, a menti
fresche, a voci nuove, a energie palpitanti2. Si tratta di
studiosi educati alla sfida, alla comparazione, all’analisi sistematica delle testimonianze materiali e documentarie (archivistiche o bibliografiche che siano), alla
loro interazione e integrazione. Credo molto, infatti,
nel valore dei contributori qui riuniti, nella loro capacità di osservare e ragionare ‘fuori dagli schemi’, pur
avvalendosi di conoscenze salde, che affondano le radici nella tradizione di studi storici e storico-artistici che
costellano, anche se in maniera discontinua, il passato
storiografico di tale monumento. Se dal punto di vista
storico e soprattutto in relazione alla sua antica fiera,
l’abbazia di San Leone può contare su un buon numero
di studi3 (anche se dalla limitata circolazione), da quello più strettamente storico-artistico, e con particolare
riferimento ai suoi affreschi trecenteschi, le lacune e i
salti temporali sono molto più evidenti4.
Oltre, quindi, alla doverosa disamina di tutto
il materiale bibliografico edito sull’argomento, la ri-
Saldare un debito: l’abbazia di San Leone a Bitonto e le premesse per un’indagine ad ampio spettro
costruzione dell’intero percorso di vita del complesso
bitontino è stata perseguita con un approccio multidisciplinare e partendo dalle fonti documentarie, molte
delle quali inedite.
Gli archivi sono stati tutti attentamente compulsati: quello della stessa abbazia di San Leone in primis e quello Diocesano di Bitonto in seconda battuta,
poi quello di Stato di Bari, quello di Stato di Napoli e
quello Centrale di Roma; infine, si è attinto anche alla
preziosa Fototeca e all’Archivio della Soprintendenza
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio - Città Metropolitana di Bari e all’archivio online dell’Istituto Centrale
per il Catalogo e la Documentazione dei Beni Culturali. Le informazioni emerse sono state confrontate con
quanto ancora oggi visibile, cercando di carpirne nessi
e discrasie. Si è, per tanto, osservato il monumento in
translucenza, così da poterne leggere i segni più antichi
e quelli frutto di addizioni seriori. La chiesa e l’abbazia
hanno dunque raccontato una storia di profonde mutazioni, di progetti arditi, esecuzioni raffinate, smontaggi
e dispersioni, reimpieghi e occultazioni. Quasi come
investigatori, quindi, gli autori hanno seguito gli indizi
per poi giungere a una risoluzione comune, capace di
‘chiudere il cerchio’.
Al fine di raggiungere tale obiettivo, il volume
è stato concepito con una suddivisione interna in tre
differenti parti, una per ‘Letteratura e Storia’, una per
‘Architettura, Scultura e Restauri’ e un’ultima per ‘La
decorazione pittorica’, col numero crescente di quattro,
cinque, sette capitoli ciascuna, per un totale di sedici.
La prima sezione è dedicata alla storia dell’edificio, ripercorsa mediante le sue fonti documentarie e
bibliografiche. Il primo approccio al monumento e alla
sua fortuna critica è garantito dal testo di Antonella
Ventura, che traccia la storia degli studi sull’abbazia e
la sua chiesa e segna così lo status quaestionis e il livello delle conoscenze acquisite sino ad oggi. La medesima autrice, poi, ci guida nella storia documentaria del
complesso, riassumendo l’esatta diacronia degli eventi e
sciogliendo alcuni nodi critici che, come luoghi comuni, si sono stancamente reiterati nel tempo, compromettendo l’esattezza di quanto noto sulla storia dell’intera
abbazia. Alla fortuna economica della stessa era strettamente legata la fiera di San Leone, celebre momento di
incontro commerciale con cadenza annuale, dalla forte
valenza politica e culturale. Michele Colaianni riprende le fila del discorso, ampiamente trattato dalla critica,
mettendolo in prospettiva e dimostrando la profonda
relazione tra lo ‘stato di salute’ della fiera e le sorti del
monastero. L’evento, nel Trecento, fu famoso a tal punto
da meritare una citazione nel Decameron di Boccaccio.
Chiara Cannito analizza la novella che include tale riferimento in tutte le sue componenti, desumendone elementi di storia sociale e rivalutando il ruolo della fiera
nell’ambito delle dinamiche dell’epoca, spiegandone allegorie linguistiche e messaggi subliminali.
La seconda sezione si focalizza sulle trasformazioni architettoniche vissute dall’intera abbazia
nel corso dei secoli. In più, vengono prese in esame
le attestazioni scultoree che, spesso strettamente vincolate alle strutture murarie, costituiscono il segno
di un determinato intervento, non sempre segnalato
dalle fonti archivistiche. Il dato materiale, quindi, assume pienamente il valore di testimonianza storica e
concorre alla ricostruzione di un percorso articolato e
spesso umbratile. Procedendo in ordine cronologico,
il primo dei cinque capitoli in cui questa sezione è a
sua volta organizzata è firmato da Michele Colaianni
e ripercorre le primigenie fasi di sviluppo dell’abbazia
e della sua chiesa, in relazione all’urbanistica cittadina. Grazie all’analisi comparativa tra il caso di studio
e alcune strutture consimili rintracciabili nel territorio
pugliese, si immagina lo schema edilizio messo in opera nella seconda metà del Duecento, quando si riedificò
la chiesa, e si analizzano alcuni inediti pezzi scultorei. Si pone poi attenzione all’emblematico campanile
a vela, tutt’oggi punto di riferimento visivo e simbolo
architettonico dell’intero complesso (fig. 2). Le trasformazioni di età moderna sono affidate alle parole di
Francesco De Nicolo, che dapprima dedica attenzione
agli spazi abbaziali e in particolar modo alla riedizione
del chiostro e poi, in seconda battuta, ancora in relazione alla presenza olivetana presso il monastero, analizza
alcune testimonianze scultoree, incluso il simulacro
del santo titolare, proponendone analisi formali e plausibili attribuzioni. Il quarto capitolo di questa sezione
è a firma di Liliana Tangorra che, col ricorso a molte
fonti inedite, ricostruisce la storia dei restauri otto-novecenteschi realizzati presso l’abbazia e, in particolar
modo, nella sua chiesa: si restituisce la giusta paternità
agli interventi, si rintracciano progetti decorativi e si
possono così spiegare tutte quelle porzioni edilizie che,
pur con sembianze medievaleggianti, sono invece l’esito di restauri mimetici; di grande impatto e utilità è la
ricomposizione dell’altare principale, ormai smantellato, i cui pezzi sono stati dispersi e reimpiegati in tutto
l’edificio e qui puntualmente rintracciati e idealmente
ricollocati. Infine, si analizza la produzione scultorea
degli altari laterali, con assegnazione precisa delle sacre
figure inseritevi ai nomi di sapienti maestri cartapestai.
L’ultimo capitolo del gruppo è riservato a una testimonianza scultorea altomedievale studiata da Gioia Bertelli, donata all’abbazia soltanto nei primi anni Ottanta
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L’ABBAZIA DI SAN LEONE A BITONTO
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del XX secolo, utile ad accentuare il ritrovato sapore
medievale del complesso in seguito alle ulteriori trasformazioni degli anni Sessanta e Settanta, ben enucleate nel capitolo precedente.
La terza e ultima sezione del volume, che raccoglie ben sette diversi capitoli, è destinata interamente
all’analisi delle testimonianze pittoriche conservatesi
nel coro della chiesa abbaziale (fig. 3). La comprensione del più ampio contesto culturale è garantita da
un primo capitolo, dello scrivente, dedicato alla storia
della pittura di età angioina nell’intero comune pugliese: vengono prese in considerazione le testimonianze
ad affresco e su tavola di Bitonto tra la seconda metà
del XIII secolo e la metà del XV secolo, coprendo in
tal modo tutto l’arco della presenza dei regnanti francesi nel Meridione italico; si indagano, nello specifico,
tutte quelle attestazioni che esibiscono una naturale
adesione al momento politico in essere, adeguandosi a
consuetudini ‘cortesi’, talvolta in fatto di stile, talvolta
in fatto di iconografia. Tra novità e casi noti, gli affreschi di gusto post-giottesco in San Leone si impongono
per la loro unicità ed emergono per la raffinatezza formale e per i colti riferimenti scritturistici ed esegetici.
Michele Colaianni ricostruisce, grazie ai documenti
Fig. 3. Bitonto, abbazia di San Leone, chiesa, interno, coro affrescato (da Toscano 2018).
Saldare un debito: l’abbazia di San Leone a Bitonto e le premesse per un’indagine ad ampio spettro
d’archivio, le vicende relative alla riscoperta delle pitture nel coro della chiesa in esame; Antonella Ventura,
subito dopo, ripercorre la storia degli studi che riguardano tali testimonianze, riassumendone le posizioni
critiche e ricordandone, di volta in volta, le interpretazioni iconografiche e iconologiche. Tale strumento permette di affrontare con piena consapevolezza la lettura
dei tre capitoli successivi. Di seguito, infatti, parete per
parete, si prendono in esame le immagini ivi affrescate
e se ne spiegano temi e nessi logici. Michele Colaianni
si concentra sull’Albero della Croce campito sulla parete settentrionale; Francesco Calò si dedica al Giudizio
Universale della parete di fondo, quella orientale; Antonella Ventura analizza i pannelli con i santi della parete meridionale. Emergono giochi di specchi e rimandi ‘a rimbalzo’ tra una parete e l’altra, richiami a testi
comuni e sofisticate intersezioni tematiche. Soluzioni
ardite e stratagemmi decorativi sembrano esaltare tali
scelte ed emergono anche grazie all’analisi dell’impianto di cornici ed elementi architettonici inseriti soprattutto nella parete di fondo, cui chi scrive ha dedicato il
capitolo conclusivo della sezione dedicata alla pittura.
Si tratta di uno studio pionieristico in tal senso, che
per la prima volta riserva uno spazio mirato soltanto
alle partiture tra pannelli, cercando di comprenderne
il valore iconologico, in aggiunta a quello meramente
pratico, in linea con una folta serie di indagini affini
svolte nel nord e centro Italia su contesti giotteschi e
post-giotteschi di grande interesse. La grande quantità
di dati nuovi, l’attenzione al dettaglio e il ricco apparato fotografico hanno fatto sì che questa sezione fosse
quella con lo spazio editoriale più esteso.
Pare ovvio che, in una collana principalmente
dedicata al Medioevo (ma che, come abbondantemente
ricordato, non lascia in ombra le fasi seriori), trovino
più ampio respiro proprio le testimonianze artistiche
afferibili a tale periodo. Se il monumento verrà analizzato nella sua trasversalità storica e dunque stilistica,
dalle sue origini medievali fino alla contemporaneità, è
al corredo pittorico dell’edificio che si è inteso dedicare la porzione più vasta di questo volume. Si tratta, in
effetti, di affreschi trecenteschi che se da un lato hanno
meritato un numero quasi sterminato di citazioni, nella letteratura tanto locale quanto accademica, dall’altro
non vantano studi analitici che ne indaghino approfonditamente tutti gli aspetti stilistici, iconografici e iconologici. Tali elementi, infatti, una volta enucleati, permetteranno l’inserimento di queste attestazioni nella
cronostoria della pittura di età angioina pugliese, che
solo di recente sta vedendo aumentare l’interesse critico nei suoi confronti. Che ruolo ha, difatti, Bitonto nel
panorama dell’arte basso-medievale meridionale? Che
posizione possono occupare gli affreschi della chiesa di
San Leone? Sono rintracciabili relazioni con contesti
vicini o lontani che possano favorire la comprensione
delle sue matrici culturali? Da cosa trassero ispirazione
coloro i quali affrescarono il coro della chiesa bitontina? E – ancor più interessante – furono gli affreschi in
San Leone capaci di ispirare a loro volta altri contesti?
A chi erano destinati? Chi e come ne avrebbe fruito?
Chi ideò i temi da affrescare? Chi ne commissionò e
finanziò l’esecuzione? Sono questi i quesiti che ci si è
posti prima di avviare le ricerche i cui esiti trovano qui
la loro compiuta forma scritta. Alcuni, è bene anticiparlo, hanno il sapore della vaghezza e sembrano destinati a lasciare determinati interrogativi insoddisfatti,
almeno in mancanza di dati documentari nuovi. Se,
difatti, solo materiali ad oggi ignoti potrebbero gettar
luce sui punti d’ombra ancora in essere, non rimane
nulla da indagare rispetto a quanto già pubblicato e ai
documenti noti. Alcune carte inedite, difatti, svelano
nuove interessanti verità sul contesto in generale e sulla
sua storia nei secoli, ma sono proprio le fasi di vita più
antiche a mostrare ancora discrepanze e lacune. Si è
fatto, in sostanza, il massimo. L’impressione generale
è che ne sia emerso un puzzle con ancora molti pezzi
mancanti, ma il cui disegno generale si legge adesso
con molta più chiarezza, così che non solo è più facile
approcciarsi al monumento nella sua integrità, guardando ai suoi punti di forza, ma è anche più semplice
individuare le assenze, i suoi punti deboli, facilitando
il compito di chi, in futuro, se vorrà, sentirà di poter
intervenire a colmare tali vuoti.
In sintesi, per concludere questa breve premessa e per invogliare il lettore a proseguire senza timore
o pregiudizi, il lavoro di ricerca effettuato per questo
volume ha provato a non lasciare nulla di intentato e
ha dato spazio a ogni singola componente di questo affascinante monumento, facendo in modo che parlasse
per sé. Si sono evitate, difatti, manipolazioni dei dati
esistenti al fine di piegare la storia a biechi auto-convincimenti. Si è preferita la più pura onestà intellettuale, quella che ha consapevolezza dei limiti, di sé e dei
fatti. Se, per l’appunto, questo monumento reclama a
gran voce, con questo volume, un ruolo autonomo nel
panorama di studi sul Medioevo pugliese (così come su
quelli di età moderna e contemporanea), non c’è però
la pretesa che esso assuma un valore assoluto e di primo piano. I limiti di un monumento medievale profondamente rimaneggiato, trasformato, parzialmente
distrutto e ricostruito, abbandonato e poi recuperato,
come quello in questione, sono perfettamente chiari a
tutti gli autori dei contributi raccolti in questo volume,
11
L’ABBAZIA DI SAN LEONE A BITONTO
12
che hanno saputo trarre il meglio, però, dal materiale a
loro disposizione. Si può rimanere ai margini, dunque,
ma risultare comunque significativi e memorabili.
L’obiettivo e insieme l’auspicio di questo testo è,
quindi, quello di incitare a una rivalutazione complessiva dell’abbazia di San Leone a Bitonto, non solo a livello
critico, ma anche a livello sociale: sarebbe gratificante
se la collettività apprendesse il valore storico e artistico
del monumento giunto sino a noi, così da perpetuarne la memoria, inculcarne il rispetto e tramandarne le
peripezie. Sarebbe altrettanto bello se la comunità percepisse l’intero complesso come parte integrante della vita cittadina, così come è sempre stato sin dai suoi
albori, e lo proteggesse dall’incuria e dall’indifferenza, triste sorte che tocca a molti monumenti pugliesi,
a causa della mancata sensibilità non soltanto al loro
valore culturale, ma anche a quello socialmente identitario. L’abbazia di San Leone a Bitonto, difatti, è un
caso emblematico in tal senso: le sue vicende di alterna
fortuna seguono tutto l’asse della storia e testimoniano
fasi di vita dell’intero comune pugliese, dal Medioevo
ai giorni più vicini a noi. La chiesa abbaziale ha assistito ai cambi di potere politico, all’avvicendarsi degli
Ordini religiosi, alle crisi sociali e ai momenti di ritrovato benessere, come uno spettatore silente, inattivo
ma sempre presente. Così, se l’arte è figlia del tempo
che l’ha prodotta, l’abbazia di San Leone è certamente
un laboratorio d’osservazione privilegiato, in cui ogni
momento storico ha lasciato un segno tangibile, che in
questo libro riguadagna la sua naturale dignità.
Desidero ringraziare padre Pietro Carfagna, ex
guardiano del convento di San Leone, per aver favorito
il nostro primo approccio al monumento e aver ospitato il Convegno di Studi nell’aprile del 2019, e padre
Leonardo Civitavecchia, attuale guardiano in carica,
per aver garantito l’accesso agli ambienti e aver incoraggiato la prosecuzione dei lavori di ricerca nel 2022.
I luoghi sacri vivono grazie alle personalità che li abitano, è perciò importante che siano nelle mani di coscienziosi e volenterosi uomini di Dio, sempre memori
del fatto che “la casa del Signore è la casa di tutti”.
Un ringraziamento va anche a don Marino Cutrone, priore della Cattedrale di Santa Maria Assunta e
San Valentino a Bitonto, a don Francesco ‘Ciccio’ Acquafredda, ex priore della Cattedrale bitontina, e a don
Francesco Micunco, responsabile della sezione Beni
Culturali della Diocesi Bari-Bitonto, per aver permesso
la visita alla cripta della Cattedrale, per avermi accompagnato nell’esplorazione della chiesa di San Paolo e
di quella di San Giovanni ad muros, tutte a Bitonto, al
fine di osservare e fotografare le testimonianze pitto-
riche di età angioina superstiti e per aver concesso di
pubblicare in questo volume gli esiti di tali campagne.
Sono molto grato anche alla dottoressa Marilisa Rienzo
della Cooperativa ‘ReArTù’, per avermi generosamente
svelato i ‘segreti’ dell’ex campanile meridionale della
Cattedrale e del suo soccorpo.
Ringrazio Chiara Cannito e Liliana Tangorra
della Società Cooperativa Sociale ‘Ulixes’ di Bitonto,
per aver sostenuto questo lavoro con ogni risorsa possibile, nella logistica fondamentale all’organizzazione dei
sopralluoghi e della consultazione del materiale bibliografico e archivistico e, soprattutto, nell’ottenimento
dei finanziamenti ministeriali grazie ai quali questo
volume vede la luce. Le ringrazio, inoltre, per aver preso parte alla pubblicazione con due interventi puntuali
e raffinati. Di medesima qualità e spessore scientifico
sono anche, senza dubbio, i contributi di Francesco
Calò e Francesco De Nicolo, nonché quelli dei miei
allievi Michele Colaianni e Antonella Ventura. Preziosa, infine, la breve nota offertami da Gioia Bertelli,
mia maestra e studiosa di fama internazionale. Ogni
testo ha superato le mie aspettative e mi ha permesso
di raggiungere l’obiettivo prefissato: un volume completo, in grado di soddisfare tutti gli appetiti, anche
quelli più esigenti, in ambito letterario quanto archivistico, storico quanto artistico, architettonico quanto
pittorico, tecnico quanto ideologico. Non abbiamo mai
dimenticato, difatti, che il monumento in esame è in
primis un luogo sacro e, in quanto tale, è carico di una
serie di aspetti spirituali intangibili che ne alterano e
al contempo intensificano la percettibilità: questo tempio dello spirito si è palesato a noi come museo d’arte e
storia, ma anche come spazio della meditazione e della
preghiera (fig. 4).
È proprio il fascino intrinseco di questi ambienti
ad aver guidato Mauro de Pierro nelle sue campagne
fotografiche. A lui va il mio personale e sincero ringraziamento, per aver messo il suo talento artistico a
disposizione mia e dell’intero team di lavoro. Al suo
occhio attento si deve la foto in copertina, scelta insieme proprio per enfatizzare quanto questo volume
si concentri sui dettagli, per sottolineare il peso che al
suo interno verrà dedicato alla facies medievale di questo prezioso monumento e in particolare al suo corredo
pittorico, che non ha mai meritato la copertina di nessuno dei volumi editi sinora; l’immagine indica altresì
che le pitture verranno indagate anche nei loro intrinseci significati iconologici, utili ad avvicinarci idealmente a un Medioevo che, altrimenti, rischierebbe di
sembrare troppo sfuggente, distante da noi e dal nostro
modo di pensare, troppo spesso contaminato da luoghi
comuni penalizzanti.
Saldare un debito: l’abbazia di San Leone a Bitonto e le premesse per un’indagine ad ampio spettro
Fig. 4. Bitonto, abbazia di San Leone, chiostro e facciata della chiesa (da Toscano 2018).
Ricollegandomi a quanto scritto nell’incipit di
queste brevi note introduttive, dunque, con questo
volume estinguo un debito contratto anni or sono
con questo straordinario monumento. La promessa,
mantenuta, ha preso forma in un libro prezioso, per
i contenuti testuali e per quelli iconografici. Le attente campagne fotografiche, eseguite a più riprese e
in tempi e orari diversi, per cogliere sempre livelli di
luminosità differente e poter dunque percepire il monumento nella sua più naturale e spontanea bellezza,
permettono al lettore di osservare da vicino dettagli
altrimenti difficili da mettere a fuoco, anche dal vivo.
Il testo che qui si introduce, quindi, crea un approccio
alternativo alla visualizzazione dell’edificio sacro, lo
valorizza e lo ferma nel tempo, lo immortala nella sua
attualità.
Un volume per Bitonto e per tutti, dunque. Un
pegno d’amore per la storia e l’arte pugliesi, un punto
d’arrivo ma anche un nuovo inizio, un segno nel presente e una speranza per il futuro.
NOTE
1
L’evento, patrocinato dalle istituzioni locali e sostenuto dalle realtà associazionistiche bitontine, si è tenuto nella Sala
San Damiano dell’abbazia di San Leone in data 6 aprile
composto: prof.ssa Gioia Bertelli (Università degli Studi di
Bari ‘Aldo Moro’), dott.ssa Chiara Cannito (Società Cooperativa Sociale ‘Ulixes’), padre Pietro Carfagna (guardiano
del convento di San Leone), prof. Mauro Vincenzo Fontana
(Università degli Studi Roma Tre), prof. Marcello Mignozzi
(Università degli Studi di Bari ‘Aldo Moro’), prof. Stefano
Milillo (Centro Ricerche di Storia e Arte Bitonto), avv. Nicola Roberto Toscano (coordinatore progetto ‘Antica Fiera di San Leone’), dott.ssa Liliana Tangorra (Cooperativa
‘Argo Puglia’). Durante la giornata, dopo i saluti istituzionali di Rosa Calò, Nicola Roberto Toscano, Pietro Carfagna
e Marcello Mignozzi, si poté assistere agli interventi di:
Carmela Minenna, Chiara Cannito e Pietro Carfagna per
la sessione mattutina moderata da Domenico Saracino; Ni-
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L’ABBAZIA DI SAN LEONE A BITONTO
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cola Parisi, Marcello Mignozzi, Francesco Calò, Ruggiero
Doronzo, Liliana Tangorra per la sessione pomeridiana moderata da Gioia Bertelli.
Un’operazione editoriale analoga, difatti, è quella curata
dalla mia allieva Antonella Ventura, che ha preso il titolo
di “San Nicola ‘Metropolitano’. Arte e devozione per il
santo di Myra nella Città Metropolitana di Bari dall’XI
al XXI secolo”, Bari 2021, primo volume della collana
“Merídion”, diretta dallo scrivente. Alla pubblicazione
hanno preso parte: Gerardo Cioffari, Francesco Calò, Clara Gelao, Francesco De Nicolo, Lucrezia Naglieri, Liliana Tangorra, Michele Colaianni, Nicola Albergo, Emilio
Mastropasqua, Francesco Giaconella, Chiara Cannito,
Ilaria Lavacca, Maria Luisa Rienzo, Alessandro De Luisi,
Alina De Carolis, Mariannunziata Annarita Stufano, Aurelia Maria Caputo, Lucrezia Modugno, Angelo Dimola,
Cecilia Vulpis, Lorenzo Tomacelli, Caterina Bradascio,
Domenica Massaro, Cinzia Campobasso e, ovviamente,
Antonella Ventura.
DE SIMONE 1876, pp. 245-288, 295-386; BERNICH 1894; IDEM
1901; ANTONUCCI 1933; ACQUAFREDDA 1937, pp. 56-62; IDEM
1938, pp. 25-26, 37-64, 128-131; ANTONUCCI 1939; PASCULLI
1962, pp. 55-57, 109, 118-137, 153-154, 315-321; CASTELLANO
1965; MONGIELLO 1970, pp. 34, 126, 162-163; CASTELLANO
4
1972b; MILILLO 1975a; LUNARDI 1980a; LORUSSO 1981; SYLOS
1983, pp. 29-31, 36-37; CASTELLANO 1986; MILILLO 1986a;
IDEM 1986b; IDEM 1992; CASTELLANO 1993b; CIOCE 1996; MILILLO 1996; TAMPOIA 1999; M ILILLO 2001, pp. 125-128; I DEM
2016; TOSCANO 2018; CARFAGNA 2022. Si citano qui soltanto
mina completa si guardi quanto scritto da A. Ventura nel
Capitolo I di questo volume, e si osservi anche la bibliogra
SALMI 1919a, p. 32; IDEM 1919b, pp. 149-151; CASTELLANO
1965, pp. 6-8; CALÒ 1967, p. 62; CASTELLANO 1972b, pp. 99100; MILILLO 1975a, pp. 87-88; GENCO 1990; EADEM 1991;
CASTELLANO 1993b, pp. 27-30; CASTELLANO, MUSCHITIELLO
1995, pp. 89-91, 268; LEONE DE CASTRIS 1995, p. 201; PENCO
1996; MANACORDA 1997, p. 69; CALÒ MARIANI 2001, pp. 3336; EADEM 2002, p. 250; CALÒ 2013-2014; MIGNOZZI 2018,
pp. 126-127; LAVACCA 2018, pp. 154-159; CARAMICO 2020,
pp. 150-151; CALÒ 2021, p. 38; CARFAGNA 2022, pp. 25-32.
Anche in questo caso si fa riferimento agli studi principali,
taluni di carattere più generale e altri dedicati all’analisi di
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nelle note dei capitoli dell’intera Sezione III.